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Beat!


Ecco un altro libro di quelli che suonano - questo però oltre che suonare, urla pure, protesta e soprattutto cerca di difendersi.


Dentro ci sono "quei ragazzi e ragazze che nella metà degli anni Sessanta hanno desiderato la libertà totale al posto dell'ipocrisia e la dignità umana al posto dell'arrivismo". Quelli che hanno anticipato le grandi rivolte del Sessantotto, quelli che "hanno trovato l'anarchia sulla loro strada, spesso senza saperlo, spesso senza alcun filo diretto con quel movimento, pur parlando la stessa lingua senza che alcuno l'abbia insegnata".

iyezine.com/beat



Uccisioni di massa tra i profughi che provano a fuggire dall’Etiopia


I rapporti delle organizzazioni internazionali rivelano l'utilizzo di torture, stupri e lavoro forzato lungo la via che dal Corno d'Africa raggiunge l'Arabia Saudita L'articolo Uccisioni di massa tra i profughi che provano a fuggire dall’Etiopia proviene

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Pagine Esteri, 6 luglio 2023. Un nuovo rapporto del Mixed Migration Center riporta uccisioni di massa, violenze deliberate e assassinii tra i profughi che provano a raggiungere l’Arabia Saudita.

Sono sempre più i migranti che tentano di lasciare il Corno d’Africa intraprendendo un lungo, difficile e pericoloso viaggio attraverso lo Yemen. Per la maggior parte provengono dall’Etiopia, dove due anni di guerra in Tigray hanno causato circa 500.000 vittime, 2 milioni di sfollati interni e una gravissima carestia.

Per fuggire ci si deve affidare a reti di trafficanti che riscuotono il proprio compenso attraverso il lavoro forzato, il traffico di droga e lo sfruttamento sessuale.

Nel mese di ottobre un rapporto dell’ONU ha rivelato che tra il 1° Gennaio e il 30 Aprile 2022 430 persone sono state uccise e 650 ferite lungo il confine tra lo Yemen e l’Arabia Saudita dall’artiglieria e dai fucili delle forze armate saudite. Erano quasi tutti rifugiati, richiedenti asilo che provenivano dall’Africa. Anche le milizie Youthi, secondo i rapporti di Human Rights Watch, si sono macchiate di pesanti crimini.

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La maggior parte delle persone uccise sono uomini ma il numero di donne e bambini massacrati sta crescendo in maniera allarmante: il 30% sono donne e il 7% bambini, secondo i dati ONU. Proprio per le donne il viaggio è particolarmente pericoloso: le testimonianze dei sopravvissuti e le notizie raccolte dalle organizzazioni internazionali, rivelano torture e stupri.

Le guardie di frontiera saudite utilizzano esplosivi pesanti per uccidere deliberatamente e in maniera indiscriminata i richiedenti asilo che si avvicinano al confine. Centri di tortura e detenzione non mancano lungo il percorso e un numero imprecisato di migranti muore di stenti a causa della mancanza di acqua.

L’Arabia Saudita ha rigettato le accuse e si è opposta all’apertura di un’inchiesta, dichiarando che non esistono prove sufficienti. Pagine Esteri

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In Cina e in Asia – Piogge torrenziali nel Sud della Cina fanno almeno 15 morti


In Cina e in Asia – Piogge torrenziali nel Sud della Cina fanno almeno 15 morti 8089053
I titoli di oggi: Le piogge torrenziali che hanno colpito il meridione cinese preoccupano Xi La Cina sospende due media online indipendenti Sale il tasso di suicidi dei giovani cinesi Arrestati altri quattro attivisti di Hong Kong La Corea del Sud modifica la legge sulla registrazione delle nascite, ma esclude i bambini stranieri Le piogge torrenziali che hanno colpito il ...

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Salutiamo a pugno chiuso il compagno Marcello Colasurdo, artista che non ha mai smesso di stare dalla parte degli oppressi, degli sfruttati, dei poveri, degli e


Cosa ci guadagna Meta a "entrare nel Fediverso"? Nulla di economicamente rilevante, almeno nell'immediato. Il progetto è "soltanto" di natura strategica

@Che succede nel Fediverso?

Riportiamo per intero la nostra risposta a un thread comparso su feddit.it e in particolare all'osservazione di @Darjuz (È un’azienda è ovvio che cerca di inserirsi in un ambito che le sembra promettente per farsi i soldi…)

Non saprei. Il Fediverso non è facilmente monetizzabile e quella che sta facendo Meta non è un’operazione ad alto rendimento sebbene sia sicuramente un’operazione a bassissimo costo.

Quello che Facebook non può sopportare è il fatto che gli utenti socializzino al di fuori del suo giardino recintato, in cui le persone sono costrette a consumare nel baretto aziendale! Per il momento sono pochi utenti, ma la minaccia può essere devastante sul lungo termine.

Ora, in qualsiasi azienda, se esiste un rischio esistenziale, si cerca di di battersi fino in fondo per eliminarlo o mitigarne gli effetti. Come ultima soluzione ci si può assicurare contro quel rischio.

Siamo arrivati al nocciolo della questione: questa iniziativa di Meta, non è altro che un piccolo costo assicurativo.

Come funziona questa assicurazione? Mi sembra abbastanza chiaro: Meta si trova a muovere truppe in un terreno sconosciuto per portare, come direbbe un’altra simpatica realtà che abbiamo imparato a conoscere meglio in quest’ultimo anno e mezzo, un’operazione speciale per degratuitizzare il Fediverso.

Questa operazione presenta una grandissima possibilità di successo, considerando l’immensa sproporzione a favore di Meta. Inoltre, sempre per riprendere la metafora Ucraina, Zuckerberg confida nell’avidità di alcuni importanti amministratori di istanza: «questi amministratori hanno concentrato sulle proprie istanze la maggior parte degli utenti del Fediverso, quindi parlano la mia stessa lingua e quindi saranno alleati della mia impresa contro il temibile spettro della gratuità. Basterà far avere loro quattro spicci e un piatto di lenticchie»

Funzionerà questa strategia? Ci sono molti elementi che suggeriscono di sì. Esattamente come la Russia aveva sufficienti elementi per immaginare una conquista dell’Ucraina in tempi piuttosto rapidi, perché « Noi siamo una superpotenza e tutti i russofoni d’Ucraina ci saluteranno come liberatori e imbraceranno le armi contro il loro governo antirusso»

Naturalmente, Questa è l’unica cosa che insegni la storia, anche i piani ben studiati non per questo si concretizzano…

Ecco perché è importante dare seguito alla proposta di defederazione delle istanze di Zuckerberg: Il motivo è che non bisogna mai dare nulla per scontato!

PS: riportiamo anche le osservazioni completamente diverse di @Uriel Fanelli (no, molto probabilmente non lo troverete perché avrà bloccato voi o la vostra istanza... 🙃) che prevede la volontaria non federazione da parte di Meta.

Immagine ripresa dall'articolo di Pradeep Viswanathan su Big Tech Wire



è ovvio che cerca di inserirsi in un ambito che le sembra promettente per farsi i soldi


Non saprei. Il Fediverso non è facilmente monetizzabile e quella che sta facendo Meta non è un'operazione ad alto rendimento sebbene sia sicuramente un'operazione a bassissimo costo.

Quello che Facebook non può sopportare è il fatto che gli utenti socializzino al di fuori del suo giardino recintato, in cui le persone sono costrette a consumare nel baretto aziendale! Per il momento sono pochi utenti, ma la minaccia può essere devastante sul lungo termine.

Ora, in qualsiasi azienda, se esiste un rischio esistenziale, si cerca di di battersi fino in fondo per eliminarlo o mitigarne gli effetti. Come ultima soluzione ci si può assicurare contro quel rischio.

Siamo arrivati al nocciolo della questione: questa iniziativa di Meta, non è altro che un piccolo costo assicurativo.

Come funziona questa assicurazione? Mi sembra abbastanza chiaro: Meta si trova a muovere truppe in un terreno sconosciuto per portare, come direbbe un'altra simpatica realtà che abbiamo imparato a conoscere meglio in quest'ultimo anno e mezzo, un'operazione speciale per degratuitizzare il Fediverso.

Questa operazione presenta una grandissima possibilità di successo, considerando l'immensa sproporzione a favore di Meta. Inoltre, sempre per riprendere la metafora Ucraina, Zuckerberg confida nell'avidità di alcuni importanti amministratori di istanza: «questi amministratori hanno concentrato sulle proprie istanze la maggior parte degli utenti del Fediverso, quindi parlano la mia stessa lingua e quindi saranno alleati della mia impresa contro il temibile spettro della gratuità. Basterà far avere loro quattro spicci e un piatto di lenticchie»

Funzionerà questa strategia? Ci sono molti elementi che suggeriscono di sì. Esattamente come la Russia aveva sufficienti elementi per immaginare una conquista dell'Ucraina in tempi piuttosto rapidi, perché « Noi siamo una superpotenza e tutti i russofoni d'Ucraina ci saluteranno come liberatori e imbraceranno le armi contro il loro governo antirusso»

Naturalmente, Questa è l'unica cosa che insegni la storia, anche i piani ben studiati non per questo si concretizzano...

Ecco perché è importante dare seguito alla proposta di defederazione delle istanze di Zuckerberg: Il motivo è che non bisogna mai dare nulla per scontato!


in reply to La Scimmia di Mare

Se hai però tutte le impostazioni buone e corrette (DMARC e compagnia) non esiste per ora questo problema in realtà. Uso un dominio personale su Proton da tempo e non è mai finito in spam da nessuna parte, nemmeno da Google.
Questa voce è stata modificata (2 anni fa)
in reply to skariko

Io ho avuto esperienza opposta, ma confesso in pochi casi (e per poco tempo)


I tre giorni di attacco dell'esercito israeliano a Jenin, con 12 morti e migliaia di palestinesi cacciati dalle loro case, sono l'ennesimo atto di terrorismo da


Europee, la differenza la retorica e la realtà


Nel garbuglio delle dichiarazioni più o meno conflittuali dei leader del centrodestra in vista delle prossime elezioni europee si intravedono almeno due bluff. Il primo è quello di Matteo Salvini. Il leader leghista cerca come meglio può di erodere i cons

Nel garbuglio delle dichiarazioni più o meno conflittuali dei leader del centrodestra in vista delle prossime elezioni europee si intravedono almeno due bluff. Il primo è quello di Matteo Salvini.

Il leader leghista cerca come meglio può di erodere i consensi di Giorgia Meloni e per farlo dà libero sfogo a quel sentimento antieuropeista che fino alle scorse Politiche caratterizzava anche Fratelli d’Italia. È una strategia spregiudicata, che compromette l’immagine dell’Italia come Paese affidabile agli occhi delle istituzioni europee e dei mercati finanziari. Ma quando Salvini invoca una maggioranza organica di centrodestra in Europa analoga a quella che governa l’Italia sa di chiedere l’impossibile. Così come i gollisti francesi non concepiscono alcun accordo politico con il Fronte nazionale di Marine Le Pen, i Cristiano democratici tedeschi non lo concepiscono con i neonazisti di Alternativa per la Germania (AfD). Nel negare tale prospettiva (“con Salvini è senz’altro possibile un’alleanza in Europa, il problema sono a AfD e Le Pen, che sono antieuropeisti”) Antonio Tajani ha dunque detto quel che tutti sanno. Anche Salvini. Il quale si arrocca di conseguenza nel gruppo europeo di Identità e democrazia assieme a Le Pen e AfD senza avere alcuna concreta possibilità di uscirne. Un bluff ai limiti del masochismo politico.

Ma è, tutto sommato, un bluff anche quello di Giorgia Meloni, che teorizza un’alleanza tra il Ppe e i Conservatori fingendo di non sapere che ad oggi tale alleanza non avrebbe i numeri per costituire una maggioranza all’Europarlamento. Come ha ricordato Giovanni Orsina sulla Stampa, a Bruxelles la maggioranza necessaria per eleggere il presidente della Commissione conta infatti 353 europarlamentari, ma per una navigazione politica vagamente serena ne occorrerebbero 400. Se il prossimo anno gli attuali sondaggi verranno confermati dal voto dei cittadini, i Conservatori saranno 83: troppo pochi per dar vita ad un’alleanza di governo con i soli popolari (la somma dei due partiti darebbe 248 parlamentari) senza Identità e democrazia. Ad oggi, pertanto, una coalizione su modello di quella che nel 2019 elesse Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea appare l’unica prospettiva realistica, dal momento che i socialisti vengono accreditati dai sondaggi di ben 142 parlamentari.

È dunque cominciata la campagna elettorale per le europee. È cominciata con due bluff e con un conflitto interno alla maggioranza che può forse fare l’interesse di questo o quel leader, ma che ci certo non fa l’interesse dell’Italia.

L'articolo Europee, la differenza la retorica e la realtà proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Bisogna aumentare la produzione di munizioni. Il punto del gen. Portolano


L’attuale modello produttivo del munizionamento può sembrare vantaggioso in tempo di pace, ma espone i suoi limiti in situazioni di crisi, quando la domanda aumenta in maniera inaspettata. È questo il nodo centrale espresso dal segretario generale della D

L’attuale modello produttivo del munizionamento può sembrare vantaggioso in tempo di pace, ma espone i suoi limiti in situazioni di crisi, quando la domanda aumenta in maniera inaspettata. È questo il nodo centrale espresso dal segretario generale della Difesa e direttore nazionale degli armamenti, generale Luciano Portolano, in audizione davanti alla commissione Esteri e Difesa del Senato, nell’ambito dell’analisi sulla legge a sostegno della produzione di munizioni. “Nel settore della produzione di armamenti abbiamo assistito a un cambiamento da un’economia strategica ad un’economia di mercato” ha detto il generale, sottolineando come tale approccio abbia “condotto a un sistema economico sempre più interconnesso che ha portato negli anni a preferire dinamiche di delocalizzazione e frammentazione dei processi produttivi con la conseguente perdita di alcune capacità produttive essenziali”.

L’efficienza nella produzione in tempo di crisi

In particolare, si è affermato secondo Portolano un modello di supply chain definito just in time “in cui la produzione è perfettamente allineata alla domanda e non si prevedono scorte di magazzino”. Tale modello just in time ha prodotto due effetti, secondo Portolano: “ha intaccato la sovranità tecnologica e l’autonomia strategica dei Paesi europei” dipendenti dall’estero per le materie prime, semilavorati e sottocomponenti. Tutto ciò “ha ridotto la flessibilità di adeguamento della produzione in caso di aumento inatteso della domanda”, una soluzione economicamente valida se in pace, ma assolutamente inadatta di fronte alle crisi.

Le lezioni ucraine

Ovviamente, la guerra in Ucraina è un momento di crisi per l’intero Occidente. Alla guerra scatenata dal Cremlino, l’Europa ha risposto supportando Kiev “attingendo alle proprie scorte di armamenti e munizioni”, che tuttavia “si stanno dimostrando non adeguate a sostenere lo sforzo ucraino intenso e prolungato”. Di fronte a questa realizzazione i Paesi hanno cercato di aumentare la produzione, ma il tentativo ha fatto emergere ulteriori due aspetti: “il sottodimensionamento della capacità produttiva, tarata per sostenere la domanda tipica del tempo di pace, e la presenza di numerose vulnerabilità nella catena di approvvigionamento”. Ci troviamo, per il generale, nel paradosso per cui l’Occidente “sta supportando un Paese in guerra con una logica del tempo di pace”, una sfida “a cui non eravamo preparati”.

Gli opifici nazionali

Per il generale, l’obbiettivo è chiaro, incrementare la produzione: “La necessità del ramp up si applica allo stesso modo sia alla produzione di munizioni e missili sia a quella di nuovi sistemi d’arma”, con un focus speciale, dettato dall’urgenza, sulle munizioni, “perché se non saremo in grado di assicurare un adeguato livello di disponibilità in tempi rapidi potremmo mettere a rischio la possibilità di successo dello sforzo ucraino”. Senza le munizioni, infatti, anche i sistemi più all’avanguardia non funzionano. La soluzione? Per il generale è investire “sugli opifici nazionali, anche beneficiando dei finanziamenti dell’Ue” un modo per dare più flessibilità al sistema, conferendo “maggiore autonomia nella gestione dei processi produttivi, garantendo flessibilità al sistema di difesa nazionale, che acquisirebbe la capacità di modulare la produzione in funzione delle esigenze” oltre ad assicurare una maggiore “indipendenza da attori esterni, autonomia strategica e resilienza nazionale”.


formiche.net/2023/07/produzion…



Threads e il Fediverso. Alcune considerazioni sul nuovo social di Meta e la federazione con le altre istanze ActivityPub

@Che succede nel Fediverso?

C'e' una certa eccitazione nel Fediverso (o "Mastodon" per i cefalopodi) per via della notizia che "Threads" abbia un'interfaccia ActivityPub, ovvero sarebbe capace di federarsi con il Fediverso, cioe' con qualsiasi altra cosa parli ActivityPub. Ci sono gia' le petizioni dei sysadmin , che rifiutano a priori di federarsi. E che a mio avviso sono tempo perso.

Ci sono molte ragioni per cui lo dico.

Krusty doesn't like this.

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in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂

Tagliamo i ponti. Chiunque deve avere 10 30 50 milioni di coscritti per sentirsi a suo agio in una comunità può farsi un secondo account e provarselo da lì. E da pazzi dare accesso ad una comunità indipendente al MAGNAte di Facebook. Tanto valeva restare su Twitter.
Questa voce è stata modificata (2 anni fa)


L’adesione alla Nato divide l’Irlanda


In Irlanda il governo di centrodestra spinge per l'ingresso nella Nato, ma di fronte all'opposizione dell'opinione pubblica e di varie forze politiche sembra optare per una strategia più graduale di integrazione nei meccanismi militari dell'Alleanza Atlan

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di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 5 luglio 2023 – L’invasione russa dell’Ucraina ha rafforzato le argomentazioni degli ambienti politici e militari che perorano l’ingresso nell’Alleanza Atlantica dei paesi finora rimasti fuori. È accaduto principalmente nei paesi scandinavi, con la Finlandiaentrata nella NATO in tempi record e la Svezia che dovrà attendere il via libera della Turchia (in cambio dell’abbandono della protezione finora concessa ai movimenti curdi).

Anche in Irlanda gli ambienti atlantisti stanno cercando di approfittare dei timori suscitati nell’opinione pubblica dall’operazione bellica di Mosca per avvicinare il paese all’alleanza militare guidata da Washington, ponendo fine alla tradizionale neutralità del paese celtico.

Aderire alla Nato, anzi no
A premere per la storica svolta sono in particolare i leader della coalizione politica che governa il paese dal 2020, formata dai partiti di centrodestra Fianna Fáil e Fine Gael e dai Verdi.
«Non abbiamo bisogno di un referendum per entrare nella Nato. È una decisione politica del governo. La brutale aggressione e invasione russa dell’Ucraina illustra l’entità della minaccia al multilateralismo» aveva perentoriamente affermato l’allora Taoiseach (Primo Ministro) e leader del Fianna Fáil Micheál Martin nel giugno del 2022, riaprendo il dibattito sulla questione dopo i primi timidi tentativi degli anni precedenti. A dargli manforte quello che all’epoca era il Tánaiste (“il secondo”, cioè vicepremier) e leader del Fine Gael Leo Varadkar, che in base a un accordo tra le formazioni che compongono la maggioranza il 17 dicembre del 2022 ne ha preso il posto alla guida dell’esecutivo, mentre Martin ha assunto la carica di Ministro degli Esteri e della Difesa.

L’iter intrapreso, però, si è dimostrato assai più accidentato di quanto previsto, nonostante il sostegno espresso dal presidente statunitense Joe Biden (che può vantare le sue ascendenze irlandesi) in visita a Dublino nell’aprile scorso.
I molti no e i dubbi espressi anche da vari esponenti dei propri stessi partiti hanno convinto i leader dell’esecutivo ad ammorbidire i toni, negando addirittura recentemente di aver mai proposto l’ingresso di Dublino nel Patto Atlantico.

«Non si tratta di aderire alla NATO o di cambiare la nostra politica di neutralità militare di lunga data (ma) la nostra sicurezza e il nostro benessere economico vengono messi alla prova in modi nuovi e più impegnativi», ha detto Varadkar, provando a rettificare il tiro.

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Il presidente Higgins

Le accuse del Presidente della Repubblica
Ma le polemiche non si sono placate. Contro le argomentazioni di Martin e Varadkar è intervenuto anche il Presidente della Repubblica Michael Higgins affermando, in un’intervista pubblicata il 18 giugno dal quotidiano Business Post che i ministri «stanno giocando con il fuoco», dicendosi preoccupato per la «deriva» verso la NATO della politica estera del paese. L’Irlanda deve evitare di «farsi seppellire dalle agende» e dagli interessi di paesi terzi, ha spiegato il popolare e storico esponente del Partito Laburista, eletto per due volte consecutive – nel 2011 e poi nel 2018 – alla presidenza. Poi ha rincarato la dose, avvisando che l’isola deve evitare di «pavoneggiarsi e battere il petto» e di seguire coloro che vorrebbero che Dublino «marciasse in prima fila» in alleanze militari come la NATO. Higgins ha anche criticato il presidente francese Macron e il suo obiettivo di trasformare l’Europa in un pilastro dell’Alleanza Atlantica. L’Irlanda, attraverso la sua politica estera, dovrebbe impegnarsi in «una [politica estera] più inclusiva, più profonda, più ampia, più sicura di sé, non solo in consultazione con le potenze imperiali in via di estinzione, ma con le popolazioni emergenti del mondo» ha spiegato.
L’anziano esponente politico (nonché poeta e scrittore) si è infine scagliato contro la decisione del governo di promuovere una serie di Forum consultivi sulla politica di sicurezza internazionale, incontri che si sono tenuti nel mese di giugno allo scopo di approfondire ed estendere il dibattito su quelli che sono stati presentati come i necessari cambiamenti da apportare alla politica estera irlandese in virtù dei nuovi scenari. Higgins ha esplicitamente criticato la faziosità dei panel di “esperti” predisposti dal governo per condurre il dibattito, composti per lo più da personaggi – comandanti militari, docenti ed esponenti politici, oltre a funzionari stranieri – favorevoli all’avvicinamento alla NATO. Il Presidente si è chiesto come mai non siano stati invitati anche rappresentanti dei paesi europei che vogliono rimanere neutrali come l’Austria o Malta.

Il ricatto della “minaccia esterna”
Il capo dello stato, che nell’ordinamento irlandese ha esclusivamente compiti di rappresentanza e garanzia, è stato fortemente criticato. Ma il vicepremier Martin subito dopo ha dovuto chiarire che i forum consultivi promossi – simili a quelli organizzati in passato per introdurre cambiamenti legislativi storici come la depenalizzazione dell’aborto o la legalizzazione dei matrimoni omosessuali – non intendono imporre «una discussione binaria sulla neutralità» e che il governo «non intende cambiare la politica irlandese di neutralità militare».

«In 20 anni di lavoro al quartier generale della NATO di Bruxelles la questione dell’adesione dell’Irlanda non è mai stata discussa nemmeno una volta» ha inoltre detto James Mackey, un alto funzionario dell’Alleanza Atlantica invitato a intervenire in uno dei forum.

Eppure i massimi esponenti del governo insistono sul fatto che l’invasione russa dell’Ucraina costringe Dublino a mettere in discussione le vecchie certezze. I settori atlantisti (così come i dirigenti della NATO) evidenziano la scarsa preparazione militare e tecnologica del paese di fronte all’incremento della guerra ibrida da parte di Mosca. I timori sono cresciuti dopo che nel 2021 un attacco di hacker presumibilmente russi ha a lungo paralizzato il servizio sanitario pubblico dell’isola.
Recentemente, poi, Mosca avrebbe inviato delle navi militari al largo delle coste irlandesi per mappare i cavi in fibra ottica che collegano l’isola con gli Stati Uniti. Per contrastare proteggere le proprie infrastrutture – ad esempio i gasdotti con la Scozia – Dublino disporrebbe attualmente soltanto di sei pattugliatori e di due aerei, e avrebbe quindi la necessità di rivolgersi ai propri alleati dell’UE e della Nato. Non a caso nelle scorse settimane alcuni funzionari del governo irlandese hanno espresso la volontà di collaborare con il neonato Centro di coordinamento delle infrastrutture sottomarine critiche del Patto Atlantico, affidato al generale Hans-Werner Wiermann.
Non è neanche un caso che i forum consultivi aperti al pubblico e promossi dal governo irlandese siano stati incentrati proprio sulla vulnerabilità dell’isola (vera o presunta), un argomento che preoccupa molti cittadini.

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Protesta contro la Nato a Dublino

Manifestazioni e contestazioni
Ma la strategia di Varadkar e Martin non ha impedito che i forum fossero oggetto di una capillare contestazione. In particolare il primo incontro, organizzato presso l’University College di Cork il 22 giugno, ha visto un gruppo di giovani attivisti del Connolly Youth Movement (un’organizzazione comunista e repubblicana) interrompere l’intervento del Tánaiste Martin esponendo uno striscione che recitava «Guerre della Nato, milioni di morti». All’esterno un centinaio di persone di vari collettivi protestavano con slogan come «Resta neutrale, opponiti alla guerra» e «combatti la guerra non le guerre». Anche i forum di Galway e di Dublino sono stati oggetto di contestazioni.

«Non possiamo permettere che la neutralità venga riformulata e descritta come una debolezza da coloro che vorrebbero che ci allineassimo ulteriormente alla NATO» ha affermato il responsabile esteri del partito repubblicano di sinistra Sinn Fein, Matt Carthy. Durante il forum di Cork, il deputato ha affermato che «l’Irlanda dovrebbe concentrarsi sulla fine del conflitto piuttosto che sulla sua partecipazione alla guerra» e che finora «la neutralità dell’Irlanda ha servito bene il paese». «Vogliamo difendere la neutralità irlandese e vogliamo vederla sancita nella nostra costituzione» ha invece spiegato a EURACTIV l’eurodeputato repubblicano Chris MacManus, che ha accusato il governo irlandese di voler manipolare l’opinione pubblica attraverso un dibattito fortemente sbilanciato.

La formazione, che i sondaggi danno in testa alle intenzioni di voto, ha condannato l’invasione russa dell’Ucraina e difeso la strategia occidentale di sostegno a Kiev, chiedendo però a Dublino un maggiore protagonismo nella ricerca di una mediazione per giungere quanto prima al cessate il fuoco.

«Una politica estera irlandese indipendente, con al centro l’uguaglianza e l’umanitarismo, la costruzione della pace e la cooperazione, può svolgere un ruolo importante in un mondo sempre più teso (…) La neutralità non è una politica di indifferenza o isolazionismo (…). Neutralità positiva significa svolgere un ruolo costruttivo nella promozione dei diritti umani e della libertà, difendere le persone dall’oppressione, sostenere la pace e partecipare come forze di pace agli sforzi delle Nazioni Unite» ha scritto Gerry Adams.

Riferendosi all’operato dell’esecutivo irlandese, poi, l’ex leader repubblicano ha aggiunto: «Invece di perseguire una strategia di politica estera indipendente, ad esempio sul sostegno ai diritti dei palestinesi, hanno ammanettato lo stato a un’agenda di politica estera dell’UE che rifiuta di sfidare il regime di apartheid di Israele. Hanno anche sostenuto misure come la fine delle operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo che hanno salvato migliaia di vite in passato».

Altre formazioni di sinistra come People Before Profit (PBP) e anche il più moderato Labour accusano l’esecutivo di Dublino di voler portare l’Irlanda nella NATO attraverso un iter truffaldino e poco trasparente, “di nascosto”, e denunciano le crescenti politiche di militarizzazione.
Intanto i sondaggi rilevano un atteggiamento ambivalente da parte dell’opinione pubblica irlandese. Secondo una rilevazione realizzata a giugno da Ipsos per conto del quotidiano “Irish Times”, il 61% dei sondati sostiene la neutralità dell’Irlanda e solo un quarto è a favore di un cambiamento, ma il 55% appoggia comunque un “aumento significativo” delle capacità militari del paese.

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Militari irlandesi

Dublino opta per il giro largo
Una strada già intrapresa dell’esecutivo, che entro il 2028 vuole portare la spesa militare da 1,1 a 1,5 miliardi. Si tratta di un aumento record del bilancio della Difesa per un paese che fino al 2022 ha destinato a questo capitolo solo lo 0,3% del proprio Pil e che, anche in virtù della neutralità militare inaugurata subito dopo l’indipendenza dal Regno Unito, può contare su un esercito composto da appena 8.500 unità e che può utilizzare all’estero solo in missioni di pace approvate dalle Nazioni Unite.

Vista la diffusa e trasversale opposizione, probabilmente Dublino dovrà rinunciare, almeno per ora, ad un’adesione formale all’Alleanza Atlantica, ma l’attuale esecutivo sta già facendo dei passi per portare il paese all’interno dei meccanismi di integrazione militare della Natoe dell’Unione Europea.
A febbraio l’Irlanda ha deciso di partecipare alla missione di assistenza militare dell’UE in Ucraina, fornendo 30 membri delle forze di difesa irlandesi per addestrare le forze armate ucraine. Inoltre, a settembre del 2022, Dublino ha fornito a Kiev aiuti militari “non letali” per 55 milioni di euro attraverso il Fondo Europeo per la Pace (EPF).
Fin dal 2001, poi, l’aeroporto di Shannon è a disposizione dell’aviazione militare degli Stati Uniti e della Nato, nonostante le periodiche manifestazioni pacifiste e antimilitariste.

Prima ancora, nel 1999 Dublino ha aderito al programma “Nato Partnership for Peace” (PfP), una sorta di anello esterno dell’Alleanza Atlantica, mentre lo scorso anno l’esecutivo di centrodestra ha aderito alla struttura di cooperazione strutturata permanente (PESCO) dell’UE che persegue l’integrazione delle forze armate del continente.

Questi passi potrebbero rivelarsi sostanzialmente irreversibili, visto che i nuovi dirigenti del Sinn Fein, in vista di un possibile ingresso nel governo della Repubblica dopo le prossime elezioni, potrebbero rinunciare alla rottura con questi meccanismi di integrazione militare, come il PfP e la PESCO. – Pagine Esteri

8073564* Marco Santopadre, giornalista e scrittore, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna, America Latina e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria.

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Minimalìa


Anche sul salario minimo si rischia l’ennesima malìa, fra magica aspettativa e inutile seduzione. L’ennesima sfida fra sbandieratori, non troppo attenti al significato dei vessilli che sventolano. Lo strumento è così vario che, al contrario del purgante c

Anche sul salario minimo si rischia l’ennesima malìa, fra magica aspettativa e inutile seduzione. L’ennesima sfida fra sbandieratori, non troppo attenti al significato dei vessilli che sventolano. Lo strumento è così vario che, al contrario del purgante che conoscemmo con Carosello, non <<basta la parola>>.

La prima questione è già equivoca in sé, ovvero dovere stabilire se quel minimo lo si iscrive in una legge o lo si regola con i contratti. L’opposizione e la Cgil, vorrebbero la prima cosa, mentre il governo, Cisl e Uil la seconda. Messa così non ha senso, perché i contratti collettivi esistenti hanno già un minimo retributivo applicabile, mentre ha senso parlare di salario minimo generale solo se la legge lo impone quale punto di partenza di ogni altra contrattazione. Quindi: a. in Italia esiste già per circa l’85% dei lavoratori dipendenti, assunti con contratti collettivi; b. se lo si vuole fissare per tutti occorre usare la legge. Solo che si usa “salario minimo” avendo ciascuno in mente ipotesi e rappresentazioni diverse.

Una cosa è la retribuzione minima consentita per ogni ora lavorata, altra la retribuzione minima consentita tenendo conto anche della tredicesima, del trattamento fine rapporto e di altri premi. Nel secondo caso la legge diventa uno strumento troppo rigido e non si può che cedere il passo alla contrattazione. Il che porta dritto allo stabilire il livello cui fissarlo. Mi pare ci si orienti sui 9 euro, ma anche questo significa poco se non si capisce cosa è compreso e cosa escluso. Dentro il mercato unico europeo, tanto per capirsi, si adottano salari minimi nazionali che vanno da circa 2 euro a poco più di 13. E ci vuole fantasia per supporre che si stia parlando delle stesse cose.

Sono diverse le regolamentazioni nazionali, ma anche il potere d’acquisto e il tasso d’inflazione. E questo vale anche dentro i nostri confini, sicché un salario minimo fissato a X sarà più alto dove il costo della vita è più basso e viceversa. Quindi non sarebbe uguale neanche fra due lavoratori italiani. Con uno strambo risultato: sembrerebbero favoriti gli italiani delle aree meno sviluppate, mentre buona parte di quelle tipologie salariali si concentra nei servizi, che si trovano prevalentemente nelle aree più sviluppate; mentre il lavoro in condizioni di sostanziale schiavitù, soprattutto nei campi, è e resterà in nero, quindi immune dal minimo codificato.

In queste condizioni supporre che il salario minimo cancelli il lavoro povero ha l’aria d’essere una pia illusione, rischiando, in alcune aree e settori di cancellare il lavoro, spingendo l’impresa fuori mercato. Tutto questo non significa né che le cose vadano bene come vanno, né che ci si debba rassegnare a che vadano male, significa, però, che portare il lavoro povero ad essere prima dignitosamente e poi lautamente retribuito non è una questione che si risolva tondeggiando le parole con cui compitare l’ennesimo decreto, destinato a sempiterna attesa della propria attuazione, bensì lavorando sulle ragioni profonde di quella condizione: 1. scarsa formazione del lavoratore, rimediabile, specie per i giovani, con il far funzionare non solo le scuole, ma anche gli aggiornamenti continui; 2. scarsa meritocrazia retributiva, che si rimedia con maggiore competizione ed elasticità del mercato del lavoro (che aiuterebbe anche il sindacato ad avere un ruolo più attivo nel lavoro e nel sottrarsi alla sorte presente, di rappresentare più che altro pensionati).

Perché la discussione abbia un senso è necessario, almeno, che si scriva sulla lavagna il significato delle parole, di modo da cogliere non solo le evocazioni sentimentali, ma le conseguenze fattuali delle posizioni di ciascuno. Altrimenti ci si muove nel solito “significante” lacaniano, il cui lato divertente è che quasi nessuno capisce quel che legge e dice, mentre quelli che dicono di capirlo o sono fra i re degli allocchi o concorrono per la corona degli imbonitori. La malìa non aiuta, fosse anche mini.

La Ragione

L'articolo Minimalìa proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



I talebani vietano i saloni di bellezza: “miglioriamo la vita delle donne”


I centri estetici hanno un mese di tempo per chiudere i battenti in tutto il Paese. Secondo il leader supremo si tratta di misure che migliorano la vita delle donne L'articolo I talebani vietano i saloni di bellezza: “miglioriamo la vita delle donne” pro

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Pagine Esteri, 5 luglio 2023. La notizia circolava già da qualche giorno ma la conferma è arrivata nella giornata di oggi. Fonti governative hanno annunciato l’ordine di chiusura di tutti i saloni di bellezza.

Gli esercizi commerciali hanno un mese di tempo, a partire da oggi, per dismettere ogni attività e comunicare l’avvenuta chiusura. L’ordine, spiegano, viene dato in base a “istruzioni orali rilasciare del leader supremo”, Haibatullah Akhunzada, il quale ha affermato che il suo governo sta prendendo le misure necessarie per il miglioramento della vita delle donne in Afghanistan.

Le motivazioni non si conoscono, o per meglio dire non sono state ancora comunicate ufficialmente. “Condivideremo con i media i motivi della decisione una volta che i saloni saranno chiusi”, ha dichiarato all’AFP Mohammad Sadeq Akif Muhajir, portavoce del Ministero per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio.

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È solo l’ultimo di una serie di divieti che allontanano le donne dalla vita pubblica e sociale, impedendone l’istruzione, il lavoro, separandole dagli spazi pubblici come parchi e palestre. Nonostante i talebani avessero promesso, una volta tornati al potere, di optare per misure meno restrittive rispetto a quelle adottate negli anni ’90, le condizioni di vita delle donne afghane continuano a peggiorare.

L’obiettivo ultimo è chiaramente quello di imprigionarle negli unici ambiti che, secondo i talebani, sono loro congeniali: famiglia, casa, matrimonio, riproduzione, accudimento. Pagine Esteri

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In Cina e Asia – Ue-Cina, dialogo sul Clima. Ma Pechino cancella la visita di Borrell


In Cina e Asia – Ue-Cina, dialogo sul Clima. Ma Pechino cancella la visita di Borrell asean
I titoli di oggi:
Clima, Ue e Cina cercano un dialogo. Ma Pechino cancella la visita di Borrell
Meta tenta il rientro in Cina, ma non sarà semplice
Cina, He promette di mutare i geni per prevenire l'Alzheimer
Ucraina, le esercitazioni della Pla fanno luce sulle preoccupazioni cinesi
Thailandia, arriva l'accordo sul presidente della Camera

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Investimenti, tecnologia e export. Le necessità della Difesa per l’Aiad


Sulla Difesa, non possiamo sprecare né risorse, né tempo, il Paese non può permetterselo. A dirlo è stato il ministro della Difesa, Guido Crosetto, intervenendo all’assemblea dell’Aiad, la Federazione aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicu

Sulla Difesa, non possiamo sprecare né risorse, né tempo, il Paese non può permetterselo. A dirlo è stato il ministro della Difesa, Guido Crosetto, intervenendo all’assemblea dell’Aiad, la Federazione aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza, svoltasi a Roma, ospitata del Centro alti studi della Difesa (Casd) guidato dall’ammiraglio Giacinto Ottaviani. Per il ministro “i soldi pubblici sono troppo importanti per essere sprecati” e per questo sarà necessaria una cooperazione tra industria e Difesa costante e quotidiana. “Dalle vostre capacità dipende il futuro delle Forze armate – ha continuato Crosetto rivolgendosi alle aziende – dal vostro lavoro dipende il fatto che i soldati che difendono il Paese siano i più sicuri al mondo”. Una questione da cui dipende la stessa sicurezza della nazione “perché è la deterrenza ciò che ci salva dal conflitto, deterrenza che dipende dalla tecnologia, che a sua volta dipende dalle capacità espresse dal settore industriale della Difesa e dell’aerospazio”.

Una politica industriale della Difesa

Per il capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, “i tempi sono maturi per una politica industriale della Difesa e dell’aerospazio”. Secondo l’ammiraglio, “l’industria deve essere messa in grado di produrre le capacità necessarie ai bisogni delle Forze armate”. In questo senso, i piani strategici messi in campo dal ministero della Difesa, possono fornire “l’architrave per una politica industriale” realistica, che punti all’ammodernamento delle forze, mantenendo al contempo la sovranità tecnologica nazionale. Per migliorare l’ecosistema industriale, ha continuato l’ammiraglio, bisogna mettere in campo alcune misure che “aumentino la trasparenza delle misure amministrativi, con i processi autorizzativi che devono essere intellegibili anche alle aziende per permettere la strutturazione della loro programmazione”. Per il capo di Stato maggiore, inoltre, il tempo sarà un fattore-chiave, e l’attuale finestra temporale è positiva e va colta. “abbiamo un governo con un’ampia solidità, un ministro profondo conoscitore del settore, e risorse adeguate”, a cui si aggiunge il fatto che la guerra in Ucraina “ha squarciato la coltre di negatività e mistificazione che avvolgeva l’importanza della Difesa e le necessità di uno strumento militare all’altezza”.

L’export della Difesa

Di fondamentale importanza, ha sottolineato sempre il ministro, l’aspetto delle esportazioni della Difesa, fonte fondamentale di finanziamento per le società del settore. Per questo, per il ministro, uno degli obiettivi del comparto sarà anche quello di realizzare prodotti “che hanno un mercato internazionale”, un orizzonte senza il quale non sarebbero sostenibili nel lungo periodo. Quello delle esportazioni è stato un tema toccato anche dal segretario generale di Aiad, Carlo Festucci, che ha presieduto l’iniziativa insieme al presidente della Federazione, Giuseppe Cossiga, che sul tema ha voluto sottolineare “i limiti della legge 185” sulle esportazioni di materiale d’armamento e la necessità di una “banca completamente dedicata a sostenere le esportazioni, e in particolare l’export della Difesa”. L’obiettivo, per Festucci, è riuscire a mettere tutti i fattori nazionali a sistema per essere competitivi a livello internazionale: “La competitività è una esigenza europea – ha sottolineato il segretario generale – e dobbiamo presentarci all’estero come un blocco compatto; l’Aiad vuole essere un aggregatore di realtà”.

La competitività globale

“Abbiamo tutto l’interesse a che le nostre realtà abbiamo successo internazionale, perché oggi il 70% del fatturato industriale viene dall’export”, ha sottolineato anche il segretario generale della Difesa e direttore nazionale armamenti, generale Luciano Portolano. “C’è una consapevolezza internazionale della necessità di colmare i gap tecnologico, cosa che espone il sistema a dinamiche di mercato competitive”. Da una parte, ha spiegato ancora il generale Portolano, cìè la tendenza a rifornirsi da piattaforme off-the-shelf, dall’all’altra una difesa dell’autonomia strategica e sovranità tecnologica europea. “Le soluzioni più idonee – per il generale – non sono quelle più estreme”. Serve invece una strategia che faccia convergere le esigenze di sviluppo militare con obiettivi di crescita e competitività delle industrie. Le strade da percorrere per raggiungere tale obiettivo sono tre, gli accordi government-to-government (G2G); quelli government-to-business (G2B) e infine quelli business-to-business (B2B). I primi “offrono soluzioni rapide off-the-shelf e per quei Paesi senza una struttura consolidata per il procurement; nelle situazioni dove esiste un processo competitivo è necessario spingere su iniziative G2B, mentre il B2B è valido con quelle nazioni che vogliono aumentare il proprio know how aziendale”, principi che possono valere anche quando si parla di procurement nazionale.

Parola all’industria

“Stiamo assistendo a due cambiamenti epocali”, ha detto l’amministratore delegato di Leonardo, Roberto Cingolani, nella sua prima uscita ufficiale da manager del gruppo di Piazza Monte Grappa. “Da un lato da Difesa è fatta da ‘bullet and byte’, dove i Paesi più forti sono quelli con una capacità di calcolo pro capite più alta, e dall’altro la Difesa sta inglobando sempre più nuovi concetti di sicurezza, delle infrastrutture, dell’energia, fino a quella alimentare”. Inoltre, la guerra in Ucraina, al di là della tragedia umana, ha anche dimostrato la necessità impellente di dotarsi di una Difesa adeguata. Come registrato dal presidente di Elt Group, Enzo Benigni, adesso “c’è un allineamento stellare tra il governo, un ministro che conosce i problemi della difesa profondamente, con il quale colloquiare”. Per il presidente di Fincantieri, Claudio Graziano, è necessario comprendere che le aziende della Difesa “lavorano sempre in un ambiente geopolitico” e che fanno parte “dei quattro poteri dello Stato, oltre a quello politico, militare e diplomatico”.

Lo spazio globale, tra l’altro, è fondamentale anche per quanto riguarda la supply chain, come ha ricordato l’amministratore delegato di Iveco Defence Vehicles, Claudio Catalano, “sempre più spesso abbiamo sofferto sospensioni o rallentamenti sui contratti per la ritardata o mancata autorizzazione all’esportazione da parte di un Paese fornitore”, una contingenza che ha portato l’azienda a sviluppare in Italia la maggior parte della propria catena del valore “elementi essenziali verso l’autonomia strategia e la sovranità tecnologica”. Ruolo-chiave lo giocheranno anche le piccole e medie imprese “la spina dorsale del Paese” come le ha definite Antonio Alunni, in rappresentanza delle Pmi all’assemblea Aiad. La collaborazione tra piccole e grandi imprese, allora, può essere la chiave verso un aumento di competitività che faccia posizionare il Paese al meglio nella competizione internazionale.


formiche.net/2023/07/investime…



Il futuro della Nato e il ruolo dell’Italia. Lo studio del Comitato atlantico


All’approssimarsi del vertice di Vilnius, che riunirà i capi di Stato e di governo dei Paesi Nato per fornire una nuova direzione strategica all’Alleanza, è giunto il momento di fare il punto sulle sfide che intraprenderà la Nato e le possibilità per il n

All’approssimarsi del vertice di Vilnius, che riunirà i capi di Stato e di governo dei Paesi Nato per fornire una nuova direzione strategica all’Alleanza, è giunto il momento di fare il punto sulle sfide che intraprenderà la Nato e le possibilità per il nostro Paese. Questi sono stati i temi al centro dell’evento “Il futuro della Nato e il ruolo dell’Italia”, organizzato dal Comitato atlantico italiano e promosso dal senatore Giulio Terzi di Sant’Agata, presidente della Commissione politiche dell’Ue. Un confronto volto a promuovere una riflessione sui futuri assetti geopolitici e strategici che la Comunità euro-atlantica, e più in generale l’Occidente, sono chiamati ad affrontare. Riflessione che prende vita nell’approfondita analisi redatta dal Comitato atlantico italiano, volta a individuare le strategie efficaci per tutelare e promuovere gli interessi nazionali in ambito euro-atlantico, con una particolare attenzione al Mediterraneo allargato.

Lo studio

È stata la Sala caduti di Nassirya del Senato a fare da sfondo alla presentazione del nuovo studio del Comitato (scaricabile al link) che raccoglie nelle sue 40 pagine elementi di riflessione e proposte destinate a rafforzare il ruolo dell’Italia nella Nato. “È più di un policy paper”, ha infatti raccontato Fabrizio W. Luciolli, presidente del Comitato atlantico italiano, che ha posto l’accento sullo “scenario di epocale complessità che attende il vertice di Vilnius e che richiede una riflessione profonda”, così come “una straordinaria capacità di adattare gli strumenti al mutare dello scenario di sicurezza”. Tra le molte sfide che attendono l’Alleanza, rientrano anche le strategie per sostenere una piena sinergia tra la Nato stessa e l’Ue, così come tra la Comunità euro-atlantica e altre organizzazioni internazionali like-minded. Per provvedere al meglio a tali esigenze di sicurezza, lo studio intende anche promuovere una comprensione più diffusa della necessità di destinare il 2% del Pil all’Alleanza atlantica, per poter far fronte ai suoi compiti di deterrenza e difesa. Sul punto, come ha osservato il vice presidente del Senato Maurizio Gasparri, siamo “in ritardo” sull’adeguamento della spesa militare al livello richiesto dall’Alleanza.

Occhi puntati sul Dragone

Il summit si prepara dunque a essere storico per la Nato, anche in risposta alla sfida sistemica e valoriale della Cina e le instabilità del Sud. “La Cina è un alleato della Russia sul piano politico”, ha osservato Terzi, mentre “per l’Europa e l’Occidente è un Paese partner, ma anche un avversario sistemico”. Tuttavia, l’auspicio è che in futuro possa diventare sempre più un concorrente costruttivo. In tale contesto, le tensioni del quadrante Indo-Pacifico, e in particolare “ciò che avviene attorno a Taiwan, rappresenta una sfida a tutto il mondo ma soprattutto una sfida all’Occidente”, ha evidenziato ancora Terzi, parlando inoltre dell’indivisibilità della sicurezza, delle diverse infrastrutture della Nuova via della seta e facendo cenno al processo di trasformazione che vede Pechino fondere sempre più gli strumenti civili e militari.

Il ruolo italiano

Di fronte a una Nato che è ormai “cambiata totalmente”, come osservato dall’onorevole Lorenzo Cesa, presidente della delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare Nato, “è sempre più centrale occuparsi dell’Alleanza Atlantica” e “rafforzare il ruolo dell’Europa nella Nato”, e l’Italia può fare la sua parte. In quanto secondo Paese Nato contributore in termini di risorse umane e quinto sul piano finanziario, l’Italia è pronta quindi a giocare un ruolo da protagonista in seno all’Alleanza, soprattutto se guarderà sempre più al Mediterraneo allargato.


formiche.net/2023/07/futuro-na…



#37 / Pesca a strascico


Causa miliardaria contro OpenAI (chatGPT) / Le reti a strascico di Google / Twitter Files: sorveglianza e censura dalla FBI e intelligence Ucraina / Meme e citazione del giorno.

Causa miliardaria contro OpenAI (chatGP)


Dopo le peripezie italiche arrivano guai anche oltre oceano per OpenAI, l’azienda acquisita da Microsoft che sviluppa e gestisce chatGPT. Pare infatti che il 28 giugno un gruppo di persone abbiano intentato un’azione legale congiunta per chiedere a OpenAI un risarcimento danni di ben tre miliardi di dollari.

OpenAI è accusata di aver allenato il suo algoritmo usando dati acquisiti illegalmente dal web1 con la tecnica dello scraping. In italiano si potrebbe tradurre con raschiare o grattare, ed è quella tecnica automatizzata che permette di raccogliere a strascico dati disponibili pubblicamente su Internet — come ad esempio post e foto sui social network.

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I casi analoghi non mancano, come ad esempio quello di ClearViewAI che ha raccolto ben trenta miliardi di foto dal web per allenare i suoi algoritmi di riconoscimento facciale e poi vendere i servizi a polizia e intelligence statunitensi. In quel caso ci furono diverse sanzioni milionarie da parte delle autorità ma non mi risulta che l’azienda se ne sia curata più di tanto.

In almeno un caso la Federal Trade Commission ha intimato la distruzione di algoritmi allenati senza il consenso dei soggetti a cui facevano riferimento i dati. Se i giudici dovessero decidere che OpenAI ha allenato i suoi modelli in modo illecito, giungerebbero alla stessa decisione? Probabilmente no, dato che anche ClearViewAI è ancora in piedi.

Le reti a strascico di Google


Un recente aggiornamento alla privacy policy di Google lascia intendere che è ufficialmente iniziata una gara con OpenAI che sarà combattuta a suon di reti da pesca virtuali.

Nell’ultima versione dell’informativa si legge che l’azienda userà dati disponibili pubblicamente per allenare i suoi modelli di intelligenza artificiale come Google Translate, Bard (il competitor di ChatGPT) e altri servizi in Cloud2.

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“Se tu o le tue informazioni sono presenti su un sito web, potremmo indicizzarle ed esporle sui servizi Google”.

Sembra davvero non esserci scampo. Siamo tutti condannati ad essere cavie da laboratorio e fattori di produzione per i nuovi scintillanti strumenti di intelligenza artificiale che amiamo. Ora scusate ma vado a rinnovare l’abbonamento a ChatGPT, che mi è più simpatico di Bard.

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Alcuni documenti interni a Twitter mostrano che l’FBI ha collaborato con l’intelligence Ucraina (SBU - Security Service of Ukraine) per censurare alcuni account Twitter e ottenere informazioni personali sui proprietari.

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Non dovrebbe essere una novità per chi ha seguito le vicende dei Twitter Files, di cui fanno parte anche questi documenti più recenti, ma dovrebbe certamente ricordarci il livello di sorveglianza e censura costante a cui siamo assoggettati noi altri del mondo libero.

“Thank you very much for your time to discuss the assistance to Ukraine, I am including a list of accounts I received over a couple of weeks from the Security Service of Ukraine. These accounts are suspected by the SBU in spreading fear and disinformation. For your review and consideration.”


La lista è di circa 163 account, tra cui alcuni di giornalisti americani e canadesi colpevoli di aver espresso la loro opinione sulla guerra in Ucraina in termini non favorevoli alla propaganda occidentale.

Il referente interno, Yoel Roth, il dirigente che gestiva direttamente i rapporti con l’FBI, è stato licenziato a novembre 2022 da Elon Musk poco prima della diffusione dei Twitter Files.

Per chi avesse perso le puntate precedenti, consiglio questo breve ripasso:

Strike: news e trend topic di privacy


Per chi bazzica LinkedIn, ogni lunedì sera c’è STRIKE, un nuovo format video in cui insieme a due colleghi parlo di news e trend topic di privacy.

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Sono già usciti i primi due episodi, in cui abbiamo parlato della nuova stagione di Black Mirror (spoiler alert) e del nuovo sistema IT-Alert.

È probabile che nel prossimo futuro verrà proposto anche su altre piattaforme social, ma per ora è solo su LinkedIn. È una produzione di Privacy Week, la media company che si occupa di privacy, cybersecurity, nuove tecnologie e diritti umani.

Qui trovate i primi due episodi:


Meme del giorno


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Citazione del giorno

“On matters of style, swim with the current, on matters of principle, stand like a rock.”
Thomas Jefferson

Articolo consigliato


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Summit Sco a distanza di sicurezza


Summit Sco a distanza di sicurezza 8069055
Si è svolto in formato virtuale il vertice annuale dei leader della Shanghai Cooperation Organization. Una scelta del paese ospitante, l'India, per evitare imbarazzi nel ricevere Vladimir Putin al primo intervento internazionale dopo la rivolta del Gruppo Wagner. Sotto traccia le frizioni tra Nuova Delhi e Pechino. L'Iran entra nel gruppo. Prosegue intanto la chip war con le restrizioni cinesi su gallio e germanio

L'articolo Summit Sco a distanza di sicurezza proviene da China Files.



Dante Alighieri - Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io


Immaginare di fare un viaggio in barca a vela con i due amici del cuore. Senza una meta precisa, in compagnia delle tre donne amate, passando il tempo a parlare(?!) di amore. Dante.


Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io
fossimo presi per incantamento
e messi in un vasel, ch’ad ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio;

sì che fortuna od altro tempo rio
non ci potesse dare impedimento,
anzi, vivendo sempre in un talento,
di stare insieme crescesse ’l disio.

E monna Vanna e monna Lagia poi
con quella ch’è sul numer de le trenta
con noi ponesse il buono incantatore:

e quivi ragionar sempre d’amore,
e ciascuna di lor fosse contenta,
sì come i’ credo che saremmo noi



Calderoli vuole spezzare l’Italia, ma è il suo progetto ad andare in pezzi Lasciano l’incarico altri 4 illustri esponenti chiamati dal Ministro Calderol

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Il mio 4 luglio in difesa della libertà


Quando dettero vita a una repubblica basata sulle libertà dell’individuo e sul pluralismo politico, impegnandosi a vivere da «Stati liberi e indipendenti», i padri fondatori dell’America cambiarono la Storia. Quello fu ed è il più grandioso tentativo mai

Quando dettero vita a una repubblica basata sulle libertà dell’individuo e sul pluralismo politico, impegnandosi a vivere da «Stati liberi e indipendenti», i padri fondatori dell’America cambiarono la Storia. Quello fu ed è il più grandioso tentativo mai fatto di affrancare l’umanità dalla tirannide, e mise fine a secoli di sudditanza per creare un nuovo tipo di Nazione, in cui tutti sono uguali e vivono liberi.

Questa realtà straordinaria fu creata il 4 luglio 1776. Il 24 febbraio 2022 noi ucraini abbiamo fatto la stessa scelta. Il popolo americano si è schierato dalla nostra parte e, ne sono sicuro, resterà al nostro
fianco fino alla fine.

Oggi, mentre gli americani celebrano la loro libertà e la loro indipendenza, noi festeggiamo con voi, sognando il giorno in cui ogni centimetro quadrato di Ucraina sarà libero dalla tirannide che cerca di annientarci.

Più o meno una decina di anni fa, l’attuale leader della Russia scrisse che «l’America non è un’eccezione». Quello che ha fatto in seguito dimostra ciò che intendeva dire.

Nel corso della Storia umana, molti dittatori hanno dichiarato di avere un’influenza globale, ma nessuno di loro è riuscito a ispirare il resto del genere umano a lottare per il meglio della natura umana. Per questo, gli odierni tiranni della Russia – come tutti i tiranni – sono sostanzialmente deboli e con il passare del tempo il loro regime si sgretolerà. Quando odia l’America e ne nega il ruolo eccezionale nella lotta per la libertà, il despota in sostanza ammette la sua inevitabile sconfitta. All’assolutismo russo io dico che il mondo ha bisogno di più eccezionalismo americano, nondimeno.

Nel 2014, quando scesero in piazza per scacciare il tiranno appoggiato dai russi, gli ucraini lo fecero perché volevano a tutti i costi essere liberi, far parte dell’Occidente, essere governati dagli ideali forgiati durante la Rivoluzione Americana, l’idea che «tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti vi sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità».

Nel 2022, quando ha invaso l’Ucraina, la Russia ha provato non soltanto ad assoggettare tutto il popolo ucraino al regime dittatoriale di Vladimir Putin, ma anche ad annientare gli ideali che ispirano gli uomini a essere liberi. Da quando l’Ucraina si è conquistata l’indipendenza, gli ucraini hanno sempre sostenuto la democrazia, hanno difeso la dignità di ogni individuo, hanno lottato per vivere in un mondo libero insieme alle altre nazioni europee.

Se osserva l’Ucraina, la tirannide russa vede di non essere né eterna né sostenibile: un’Ucraina libera e indipendente; un’Ucraina forte e democratica che diffonde la vera democrazia e la libertà qui, sul fianco
orientale dell’Europa, e soprattutto in Russia. Un’Ucraina integrata nell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord e nell’Occidente è garanzia che la libertà continuerà a prevalere e la pace trionferà.

La dittatura russa sta cercando in ogni modo possibile di attirare altri nemici della libertà, in particolare il regime iraniano che cerca di intimorire le libere nazioni di tutto il mondo e che fornisce alla Russia armi che tutti i giorni massacrano innocenti civili ucraini. Se la Russia dovesse prevalere sull’Ucraina – Dio non volesse -, altri Paesi si sentirebbero incoraggiati a prendere le armi e fare guerra ai popoli liberi di altre regioni del pianeta. La Russia si sentirebbe spronata ad invadere l’Europa ancor più in profondità, arrivando a un confronto diretto con la Nato.

Tutti gli scenari di questo tipo possono essere nullificati soltanto con la difesa a oltranza della libertà, di coloro che aspirano a essere liberi e delle alleanze nate a tutela della libertà.

Noi ucraini e voi americani non rinunceremo mai alla libertà.

L'articolo Il mio 4 luglio in difesa della libertà proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Oggi, i bambini di allora stanno lottando per difendere il loro campo profughi e per la propria città. A distanza di vent’anni, lo scenario non è cambiato.


Completata la traduzione di Riprendersi la città. Guida per i cittadini, con 40 idee per riappropriarsi della città.


Cinque mesi fa era stata pubblicata la prima parte della traduzione italiana, ora finalmente abbiamo completato tutta la traduzione della guida (44 pagine in formato .pdf).

La guida si può scaricare da qui: dgxy.link/riprendersi_la_citta
#MobilitàSostenibile #PianificazioneUrbanistica #città #PisteCiclabili #bicicletta #SpazioPubblico

Come avevo già scritto, "Recuperar la ciudad. Reclaim the city", è una guida scritta da un gruppo di attivisti spagnoli che si propone di individuare degli strumenti e delle azioni concrete per limitare lo strapotere del traffico automobilistico privato, promuovere una mobilità sostenibile e ridare alla città il suo carattere di spazio pubblico fruibile da tutti i cittadini.

Si è trattato di una traduzione collaborativa: come attività di educazione civica ho proposto alla mia classe quinta linguistico dell’IIS Carlo Emilio Gadda di Paderno Dugnano di suddividersi in gruppi e ciascun gruppo aveva il compito di tradurre una parte delle 40 idee che venivano presentate nella guida. Per i molti impegni degli studenti, il lavoro di traduzione si è sviluppato in un periodo di tempo più lungo del previsto e ha richiesto un’ulteriore revisione linguistica, visto che l’argomento e la terminologia della guida non erano dei più familiari, almeno per le studentesse della mia classe (che comprende un solo impavido studente). Anche la successiva impaginazione di testi e immagini, di cui mi sono occupato io, ha richiesto un tempo superiore al previsto. Alla fine però ce l’abbiamo fatta e la guida è stata messa a disposizione di tutta la classe per poter essere usata eventualmente nel colloquio orale dell’esame di stato. Naturalmente sia la traduzione che l’impaginazione si possono sempre migliorate.


Le 40 idee presentate nella seconda parte della guida offrono un catalogo davvero ampio di buone pratiche che i cittadini possono intraprendere, si tratta in realtà di un piccolo manuale di educazione civica che potrebbe essere davvero utile per aumentare la consapevolezza di tutti sull’importanza dell’utilizzo e della condivisione degli spazi pubblici e sulla necessità di promuovere una mobilità davvero sostenibile.


Salvo alcune idee che contengono specifici riferimenti al contesto e alla legislazione spagnoli, le altre idee hanno una validità davvero universale.
Perché non diffondere questa guida nelle amministrazioni pubbliche e nelle scuole?
Per intanto la traduzione italiana è a disposizione di tuttə, condividetela pure senza risparmio 😀

La guida è distribuita con licenza Creative Commons BY-NC-SA

Naturalmente un grandissimo grazie (muchissimas gracias 😀 a @Marcos M. e a tutte le persone che hanno collaborato alla stesura della versione originale in spagnolo.

Si può scaricare il testo da qui: dgxy.link/riprendersi_la_citta

#MobilitàSostenibile #PianificazioneUrbana #SpazioPubblico #città #PisteCiclabili #bicicletta #traduzioni @macfranc @Rivoluzione mobilità urbana🚶🚲🚋


#Riprendersi la città. Guida per i cittadini, con 40 idee per riappropriarsi della città


"Recuperar la ciudad. Reclaim the city" è una guida scritta da un gruppo di attivisti spagnoli che si propone di individuare degli strumenti e delle azioni concrete per limitare lo strapotere del traffico automobilistico privato, promuovere una mobilità sostenibile e ridare alla città il suo carattere di spazio pubblico fruibile da tutti i cittadini.
Un numeroso gruppo di persone affronta il traffico inquinante delle auto. | BiciMan

La guida è disponibile sul web in spagnolo (recuperarlaciudad.notion.site/…) e in inglese (recuperarlaciudad.notion.site/…) oppure dalle stesse pagine si può scaricare una versione bilingue in formato pdf.

In italiano, al momento, è disponibile solo la prima parte della guida (l'introduzione), qui sotto trovate l'incipit e questo è il link per scaricare il testo tradotto finora: nilocram.eu/edu/Riprendersi_la…

Sono disponibili in italiano anche due numeri della newsletter curata dallo stesso gruppo di attivisti:

Perché abbiamo bisogno di più ciclistə nelle nostre città?

Promuovere la mobilità in bicicletta attraverso misure di pianificazione urbana

Buona lettura 😀

Se avete tra le mani questo testo, è probabile che vi siate resi conto dell'importanza per le persone di riappropriarsi dello spazio della città, nonché dei problemi che sorgono nel tessuto urbano quando ciò non avviene. Potreste anche essere qui perché sospettate di avere la capacità di migliorare il comune in cui vivete o perché siete alla ricerca di strumenti legali e non violenti per riprendervi la città. Siete nel posto giusto.
Questa è una guida pratica perché i cittadini possano riprendersi la città. Noi, le persone, abbiamo un potere immenso nel plasmare l'ambiente in cui viviamo, anche se per decenni lo abbiamo ceduto a comuni che non sempre si sono occupati del benessere sociale. Cosa possiamo fare per recuperare lo spazio pubblico?
Vi diamo delle alternative in modo che possiate scegliere in base alle vostre possibilità e al vostro grado di impegno. [...]

Scarica il testo da qui: nilocram.eu/edu/Riprendersi_la…
@Rivoluzione mobilità urbana🚶🚲🚋 @maupao @Marcos Martínez


in reply to nilocram

Ottima iniziativa questa traduzione!

Ho subito preso a prestito un'immagine (dal sito spagnolo) per una risposta sul fediverso: sociale.network/@Pare/11065994…

Due domande.

In futuro si potrebbe prevedere una pubblicazione in un formato che faciliti l'esercizio dei diritti della licenza CC BY-NC-SA?

Perché forse servirebbe un secondo passaggio di localizzazione. Controllando qui e là che i codici stradali italiano e spagnolo concordino. Che ne dite?


È vero, è vero!
Bisogna scegliere i percorsi!
Come suggerisce la guida per #RiprendersiLaCittà di cui è appena stata annunciata la traduzione italiana: poliverso.org/display/0477a01e…

Scegliere i percorsi esercitando ovunque possibile il diritto di precedenza della mobilità leggera di fronte a chi usa l'automobile, cui occorre ricordare quotidianamente di rispettare le altre forme di mobilità.
@rivoluzioneurbanamobilita


macfranc reshared this.

in reply to nilocram

@macfranc @Rivoluzione mobilità urbana🚶🚲🚋
Ciao, sì sono d'accordo, sarebbe utile fare un confronto tra il codice stradale spagnolo e quello italiano, probabilmente qualche differenza c'è, ma arrivare a questa prima versione è stato già un bel successo.
Spero di aver capito bene l'altra domanda, se serve un'edizione editabile della guida, la puoi scaricare da qui (in formato .odt): framadrive.org/s/6KzEnrYZCjkNW…
Grazie per l'apprezzamento 😀


I talebani vietano i saloni di bellezza: “miglioriamo la vita delle donne”


I centri estetici hanno un mese di tempo per chiudere i battenti in tutto il Paese. Secondo il leader supremo si tratta di misure che migliorano la vita delle donne L'articolo I talebani vietano i saloni di bellezza: “miglioriamo la vita delle donne” pro

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Pagine Esteri, 4 luglio 2023. La notizia circolava già da qualche giorno ma la conferma è arrivata nella giornata di oggi. Fonti governative hanno annunciato l’ordine di chiusura di tutti i saloni di bellezza.

Gli esercizi commerciali hanno un mese di tempo, a partire da oggi, per dismettere ogni attività e comunicare l’avvenuta chiusura. L’ordine, spiegano, viene dato in base a “istruzioni orali rilasciare del leader supremo”, Haibatullah Akhunzada, il quale ha affermato che il suo governo sta prendendo le misure necessarie per il miglioramento della vita delle donne in Afghanistan.

Le motivazioni non si conoscono, o per meglio dire non sono state ancora comunicate ufficialmente. “Condivideremo con i media i motivi della decisione una volta che i saloni saranno chiusi”, ha dichiarato all’AFP Mohammad Sadeq Akif Muhajir, portavoce del Ministero per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio.

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È solo l’ultimo di una serie di divieti che allontanano le donne dalla vita pubblica e sociale, impedendone l’istruzione, il lavoro, separandole dagli spazi pubblici come parchi e palestre. Nonostante i talebani avessero promesso, una volta tornati al potere, di optare per misure meno restrittive rispetto a quelle adottate negli anni ’90, le condizioni di vita delle donne afghane continuano a peggiorare.

L’obiettivo ultimo è chiaramente quello di imprigionarle negli unici ambiti che, secondo i talebani, sono loro congeniali: famiglia, casa, matrimonio, riproduzione, accudimento. Pagine Esteri

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Poland slams child sexual abuse material regulation as unnecessary


Paweł Lewandowski, Polish Undersecretary of State at the Chancellery of the Prime Minister told EURACTIV that the regulation to fight child sexual abuse material (CSAM) online is unnecessary as there are other regulations about safety on the internet.


euractiv.com/section/law-enfor…



Emergenza rifiuti ed inceneritori: Ass. Alfonsi, CGIL, Lavoratori AMA e comitati ricorrenti al T.A.R. ne discutono il 5 luglio a LiberiAmo Roma, festa provinciale di Rifondazione Rifo



GDPR Procedures Regulation: "Stripping citizens of procedural rights"


Regolamento GDPR sulle procedure: "Spogliare i cittadini dei diritti procedurali" Oggi la Commissione europea ha presentato una proposta per risolvere la (mancanza di) cooperazione tra alcune autorità di protezione dei dati (DPA). Si tratta di un passo indietro, non di un passo avanti. Procedures Regulation


noyb.eu/en/gdpr-procedures-reg…



Emergenza idrica in Uruguay: entro 10 giorni senza acqua potabile


Si spera in un'alluvione ma non sono previste piogge abbondanti. Alti livelli di sodio e cloruro in ciò che rimane delle riserve di acqua potabile. L'articolo Emergenza idrica in Uruguay: entro 10 giorni senza acqua potabile proviene da Pagine Esteri. h

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Pagine Esteri, 4 luglio 2023. L’Uruguay rischia di rimanere senza acqua potabile. La peggiore siccità degli ultimi 74 anni ha fatto scendere le riserve di acqua sotto l’1,8%.

Le autorità hanno fatto sapere che se non avverrà, nei prossimi giorni, un’alluvione di portata sorprendente, entro una settimana, al massimo dieci giorni, l’acqua potabile sarà terminata.

Il presidente Luis Lacalle Pou ha dichiarato che piogge consistenti sono poco probabili nel periodo di luglio e agosto e che si spera termineranno presto i lavori al Paso Belastiquí, che consentiranno di prendere acqua dolce dal fiume San José.

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La situazione è preoccupante per la presenza, nell’acqua potabile che rimane a disposizione, di livelli elevati di sodio e cloruro.

L’emergenza idrica è stata proclamata e le condizioni sono preoccupanti soprattutto nell’area di Montevideo, dove vive metà della popolazione dell’Uruguay. Pagine Esteri

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Esercito israeliano rioccupa Jenin. Campo profughi distrutto, centinaia di famiglie sfollate


Cominciata l'operazione militare nel nord della Cisgiordania di cui si parlava da giorni e invocata dalla destra al potere in Israele. Migliaia di persone hanno lasciato le proprie case. L'ospedale pubblico è al collasso e sotto l'attacco dell'esercito is

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della redazione

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Aggiornamenti


4 luglio ore 10.47. È salito a 10 il numero dei palestinesi uccisi durante l’incursione dell’esercito israeliano nella città e nel campo profughi di Jenin, centinaia i feriti. La Mezzaluna Rossa ha evacuato almeno 1000 famiglie. La situazione all’interno del campo profughi è diventata insostenibile. I mezzi israeliani hanno distrutto strade e infrastrutture.

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Video mostrano escavatori che producono profondi solchi lungo le vie principali, diventate cumuli di macerie. La rete idrica e quella elettrica sono danneggiate. L’ospedale pubblico è pieno di feriti ma i medici hanno difficoltà a raggiungere la struttura, che viene attaccata dal lancio di gas da parte dell’esercito israeliano e dal passaggio di mezzi corazzati ed escavatori.

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Il vice portavoce del Segretario generale delle Nazioni Unite, Farhan Haq, ha esortato “tutte le parti a rispettare il diritto internazionale umanitario, evitando l’uso eccessivo della forza nei centri abitati”.

Proteste e manifestazioni contro l’attacco e l’occupazione israeliana di Jenin si stanno tenendo in varie città della Cisgiordania occupata.


Ore 22.30. La Mezzaluna Rossa comunica che più di 500 famiglie sono state evacuate dal campo profughi palestinese di Jenin. Le condizioni, dichiara, sono diventate insostenibili per i danni causati dall’esercito israeliano.


Pagine Esteri, 3 luglio 2023 – Anticipata da giorni dai media locali e invocata da ministri e parlamentari della destra estrema al governo, è cominciata l’ampia operazione dell’esercito israeliano contro la città palestinese di Jenin e il suo campo profughi, nel nord della Cisgiordania.

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Sono coinvolti migliaia di soldati, carri armati Merkava sono schierati nei pressi della città e droni hanno colpito diversi obiettivi. Il bilancio al momento parla di cinque palestinesi uccisi e di altri 25 feriti, 7 dei quali sono in condizioni critiche.

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Non si segnalano vittime tra i soldati, nonostante l’intenso fuoco di sbarramento da parte di decine di combattenti palestinesi che avrebbero anche abbattuto un drone e fatto esplodere un ordigno sotto una ruspa militare israeliana. Giungono in queste ore notizie di rastrellamenti e ampie distruzioni, particolare delle strade del campo profughi.

youtube.com/embed/Ytb34LF3Fok

Difficile prevedere quanto durerà la rioccupazione di Jenin. Nei giorni scorsi si parlava di 48 ore ma è improbabile che in un tempo così breve le forze israeliane possano avere ragione di organizzazioni armate ben strutturate. Il rischio, oltre ad un bagno di sangue, è che l’operazione inneschi reazioni a catena in Cisgiordania dove la lotta armata è ormai vista da molti come l’unico mezzo per mettere fine all’occupazione militare israeliana.

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Migliaia di palestinesi la scorsa notte hanno già sfilato in protesta a Nablus e altri centri abitati. Alla periferia di Ramallah i soldati hanno ucciso un manifestante. Pagine Esteri

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Edith Wharton – L’età dell’innocenza


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CJEU declares Meta/Facebook's GDPR approach largely illegal


La CGUE dichiara ampiamente illegale l'approccio di Meta/Facebook al GDPR Nella decisione odierna, la CGUE ha dichiarato ampiamente illegale l'approccio di Meta/Facebook al GDPR, analogamente al precedente contenzioso di noyb davanti all'EDPB che ha portato a una multa di 390 milioni di euro. Meta Logo with checkboxes


noyb.eu/en/cjeu-declares-metaf…



In Cina e Asia – Chip war, Pechino frena le esportazioni di gallio e germanio


In Cina e Asia – Chip war, Pechino frena le esportazioni di gallio e germanio gallio germanio chip metalli
I titoli di oggi: Chip war, Pechino frena le esportazioni di gallio e germanio
Wang Yi accusa gli Usa di interferire nelle relazioni Cina-Giappone-Corea del Sud
Hong Kong, emesso mandato d'arresto per otto cittadini fuggiti all'estero
Si è spento Yuan Mingfu, il mediatore di piazza Tian'an Men
Corea del Sud, al via due settimane di scioperi
Italia e Corea del Sud in un forum sull'etica del Metaverso

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Oggi inizia la Sessione Suppletiva degli #EsamiDiStato2023.

Alle 8.30 è stata pubblicata la chiave ministeriale per decrittare il testo della cornice nazionale generale di riferimento per i percorsi professionali di nuovo ordinamento contenuto nel p…



Forza e debolezza della Cina come attore finanziario globale


Forza e debolezza della Cina come attore finanziario globale finanziario
Dai negoziati sul debito dello Zambia all'internazionalizzazione dello yuan: la Cina ha assunto una centralità indiscussa nelle dinamiche della finanza globale. Anche grazie all'appoggio del Sud globale. Ma non è tutto oro quel che luccica.

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Il gusto tutto francese per la violenza


Maximilien-François-Marie-Isidore de Robespierre non era algerino e non crebbe in una banlieu. Crebbe ad Arras, nel nord della Francia, figlio di un avvocato e discendente di una famiglia che nell’ancien régime esercitava la professione notarile. Eppure,

Maximilien-François-Marie-Isidore de Robespierre non era algerino e non crebbe in una banlieu. Crebbe ad Arras, nel nord della Francia, figlio di un avvocato e discendente di una famiglia che nell’ancien régime esercitava la professione notarile. Eppure, prima di rimetterci a sua volta la testa, Robespierre e con i suoi giacobini fecero della violenza lo strumento della loro lotta politica e, in difesa del “popolo”, aggredirono il Potere e giustiziarono serenamente diverse migliaia di concittadini. Lo fecero, naturalmente, in nome della democrazia e della giustizia sociale.

Non erano algerini, e non vivevano nelle banlieu, i capipopolo che nel maggio del 1968 animarono la rivolta, una “rivoluzione mancata” secondo molti, che infiammò tutte le democrazie occidentali tanto da dare all’anno che la partorì la dignità maiuscola d’un fatto storico: il Sessantotto. Una radicale delegittimazione del potere costituito, dei suoi principi, dei suoi miti e dei suoi simboli.

Non erano algerini, e non vivevano nelle banlieu, i tanti terroristi italiani e non solo italiani a cui lo Stato francese ha riconosciuto e riconosce un diritto d’asilo, con ciò dimostrando quanto sia insito nel carattere nazionale francese, tanto da diventare principio ispiratore della prassi istituzionale, il riconoscimento della sovversione violenta come frutto della naturale ricerca della libertà e, in coerenza con la teoria dell’abate, francese, Sieyés, il tirannicidio come atto profondamente legittimo, per non dire doveroso.

Non erano algerini, e non vivevano nelle banlieu, i capi e i militanti dell’Oas, il movimento paramilitare insurrezionalista che negli anni Sessanta si oppose a suon di bombe all’indipendenza dell’Algeria in nome di una Grande Francia imperialista. In ciò rappresentando solo una piccola tessera del variopinto mosaico di cui si compone l’estremismo culturale e politico della destra francese: dal padre di tutti i razzisti, il marchese de Gobineau, all’Affaire Dreyfus, all’Action Francaise, al cattolico Joseph De Maistre, alla Repubblica di Vichy… fino a Jean-Marie Le Pen e soprattutto a sua figlia Marine. Tutti fenomeni politici piuttosto estremi ma sempre radicati in segmenti nient’affatto marginali della società francese, di cui hanno espresso ed esprimono fedelmente sentimenti e pulsioni.

Non erano algerini, e non vivevano nelle banlieu, i leader della rivolta dei gilet gialli e le centinaia di migliaia di loro seguaci che dal novembre 2018 hanno paralizzato Parigi e altre duecento città francesi formalmente per protestare contro l’aumento del prezzo della benzina. Erano rappresentanti del cosiddetto ceto medio. Ceto precipitato socialmente, in Francia come ovunque, in conseguenza della crisi finanziaria del 2008.

Si parla tanto di integrazione. Ed è un bene che se ne parli, essendo il tema evidentemente centrale. Tuttavia, visti i precedenti storici e tenendo conto del fatto che ad animare le rivolte odierne in Francia sono le seconde e terze generazioni di immigrati, dunque cittadini francesi a tutti gli effetti, viene da pensare che questa violenta rivolta dei ventenni magrebini sia il miglior segno della loro avvenuta integrazione. Ora che sono francesi, dei francesi possono legittimamente esercitare la violenza. Ovviamente giustificata con nobili motivazioni di giustizia sociale.

L’anomalia è che ai ribelli stavolta mancano una matrice culturale e una rappresentanza politica. Il monito e che, come la Storia insegna, il più delle volte le peculiarità “rivoluzionarie” francesi si sono fatte prassi nell’intero mondo occidentale, capitalista e industrializzato.

Huffington Post

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Putin incontra i leader di Cina e India dopo l’insurrezione della Wagner


L'evento, il primo pubblico di portata internazionale dopo l'insurrezione di Prigozhin, rappresenta un'occasione per il presidente Putin di dimostrare il fallimento della politica occidentale dell'isolamento L'articolo Putin incontra i leader di Cina e I

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Pagine Esteri, 3 luglio 2023. Un forum di importanza strategica per Putin, quello di domani martedì 4 luglio, quando si riunirà online la Shanghai Cooperation Organization, un gruppo fondato da Russia e Cina per rispondere alle alleanze che l’occidente sempre di più allarga in Asia.

L’evento è coordinato e ospitato dall’India, divenuta stato membro dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai nel 2017. L’organismo è stato fondato nel 2001 e comprende, oltre a Russia e Cina, India, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan, Pakistan e Iran (che ha aderito nel 2021).

Il gruppo ha affrontato fino ad oggi questioni relative alla cooperazione economica, la lotta ai traffici di droga e al terrorismo, ma anche il cambiamento climatico. Da quando ha avuto inizio la guerra tra Russia e Ucraina la questione della sicurezza alimentare è diventata centrale per molti dei membri.

L’evento è il primo pubblica di portata internazionale alla quale Putin parteciperà dopo l’insurrezione del gruppo mercenario della Wagner capeggiato da Prigozhin. Rappresenta l’occasione, per il presidente russo Vladimir Putin, di dimostrare il fallimento della politica occidentale di isolamento e la praticabilità di alleanze alternative che possano rappresentare una opzione pure per i Paesi dell’area.

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noyb win: First major fine (€ 1 million) for using Google Analytics


vittoria di noyb: Prima multa importante (1 milione di euro) per l'utilizzo di Google Analytics L'autorità svedese per la protezione dei dati (IMY) ha emesso decisioni contro quattro società e ha imposto una multa di 12 milioni di corone svedesi (1 milione di euro) a Tele2 e di 300.000 corone svedesi a CDON €1 million fine in sweden


noyb.eu/en/noyb-win-first-majo…



PODCAST JENIN. L’attacco israeliano potrebbe incendiare la Cisgiordania


Israele sta facendo uso massiccio dell'aviazione per rende più veloce e sicura l'avanzata dei militari all'interno del campo profughi. L'incursione potrebbe incendiare l'intera Cisgiordania. Abbiamo intervistato, da Gerusalemme, Michele Giorgio L'articol

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di Eliana Riva –

Pagine Esteri, 3 luglio 2023. Dopo le pressioni della destra estrema israeliana, l’esercito ha lanciato l’operazione che dovrebbe rastrellare e annientare la resistenza armata palestinese di Jenin. I coloni hanno voluto fortemente un intervento in quello che è considerato il cuore della resistenza. I palestinesi uccisi sono, al momento, 8, tutti giovanissimi, tra i 16 e i 23 anni. Abbiamo intervistato, da Gerusalemme, il direttore di Pagine Esteri, Michele Giorgio.
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noyb win: First mayor fine (€ 1 million) for using Google Analytics


vittoria di noyb: Il primo sindaco multato (1 milione di euro) per l'uso di Google Analytics L'autorità svedese per la protezione dei dati (IMY) ha emesso decisioni contro quattro società e ha imposto una multa di 12 milioni di corone svedesi (1 milione di euro) a Tele2 e di 300.000 corone svedesi a CDON €1 million fine in sweden


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