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Marzio Breda – Capi senza Stato


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Riprendiamo terreno sulla rete tossica! – Ecco il rapporto 2023 di Framasoft

Un anno fa abbiamo lanciato la nostra tabella di marcia 2022-2025, «Collettivizzare Internet, Convivializzare Internet». L'obiettivo: incoraggiare l'adozione di strumenti web di facile utilizzo da parte di gruppi che condividono i valori della cultura Free/Libre.

Un anno dopo, siamo orgogliosi e felici di presentare questo primo aggiornamento completo sulle nostre attività, finanziate (come sempre) dalle vostre donazioni.

@Che succede nel Fediverso?

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In Cina e Asia – Pechino condanna le affermazioni di Israele sull’atomica


In Cina e Asia – Pechino condanna le affermazioni di Israele sull’atomica israele
Pechino condanna le affermazioni di Israele sull’atomica Crea: “La Cina ridurrà le emissioni di carbonio nel 2024” Ombre cinesi sul ritorno di Cameron agli Esteri La Lituania vuole normalizzare i rapporti con la Cina Sicurezza e Pacifico: l’Australia sigla accordo con Tuvalu Corea del Nord: Stati Uniti e Corea del Sud rivedono la strategia di deterrenza Indonesia e Usa lanciano ...

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Il ritorno dei coloni che molti israeliani desiderano. “Tutta la terra è nostra”


Il silenzio del gabinetto di guerra israeliano sugli assetti politici a Gaza nel cosiddetto «dopo Hamas» e l’annuncio, ribadito più volte, dal primo ministro Netanyahu secondo cui «Israele avrà il controllo della sicurezza a Gaza per un periodo indefinito

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di Michele Giorgio –

(Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Manifesto)

Pagine Esteri, 14 novembre 2023. Scrivendo qualche giorno fa degli scenari per la Striscia di Gaza dopo l’offensiva israeliana, il professor Nathan Brown, analista del centro studi internazionale Carnegie, ha previsto che «Probabilmente Israele non reintrodurrà i coloni a Gaza, ma le sue mosse future potrebbero includere la creazione di installazioni militari all’interno della Striscia». Ed è questa l’opinione di altri esperti data anche la contrarietà degli Stati uniti alla possibilità che Israele colga l’occasione per ricostruire i 21 insediamenti ebraici demoliti nel 2005 per ordine del premier scomparso Ariel Sharon nel quadro del «Piano di disimpegno» unilaterale da Gaza. In quei giorni furono evacuate e distrutte anche quattro piccole colonie in Cisgiordania. Tuttavia, il silenzio del gabinetto di guerra israeliano sugli assetti politici a Gaza nel cosiddetto «dopo Hamas» e l’annuncio, ribadito più volte, dal primo ministro Netanyahu secondo cui «Israele avrà il controllo della sicurezza a Gaza per un periodo indefinito», autorizzano ad ipotizzare che la ricostruzione di alcune colonie sia sul tavolo.

Sebbene non si tratti di un insediamento coloniale, la nuova comunità di Hanon, attaccata a Gaza, appena approvata dal Consiglio nazionale di pianificazione e costruzione, conferma che l’edilizia sarà un pilastro della politica israeliana nei prossimi mesi ed anni nell’area di Gaza. E non solo per riabilitare kibbutz e piccoli centri abitati colpiti dall’attacco di Hamas. Si svilupperà anche all’interno della Striscia? Non pochi israeliani lo desiderano, dal semplice cittadino agli esponenti politici. La distruzione di Gush Qatif, il principale blocco delle colonie israeliane a Gaza nell’estate del 2005, resta una ferita aperta per porzioni significative di popolazione israeliana religiose e di destra convinte che anche Gaza faccia parte della biblica Erez Israel, la Terra di Israele. I circa 8mila coloni portati via con la forza dai soldati, è una immagine che in tutti questi anni ha continuato a girare negli ambienti di destra. «Ariel Sharon che per decenni era stato il punto di riferimento della destra radicale, dopo aver ordinato l’evacuazione di soldati e coloni da Gaza venne definito come un traditore e addirittura un esponente della sinistra», spiega al manifesto Meir Margalit, un docente esperto delle colonie di Gaza. Margalit non pensa che ci siano i margini politici per ricostruire le colonie. Però, aggiunge, «La società israeliana oggi è più di destra e religiosa rispetto a 18 anni fa e l’appello al ritorno a Gaza coinvolge tante persone».

Sui social i sostenitori della ricostruzione delle colonie a Gaza si sono sbizzarriti in queste ultime settimane. Ha fatto scalpore il video in cui un ufficiale dell’esercito afferma in pubblico che, se non ci fossero stati i tanti morti israeliani e i sequestri di ostaggi, ottobre sarebbe stato «un mese felice». Perché, aggiunge, grazie alla guerra Israele può riprendersi Gaza e se vuole anche il Libano del sud (da cui si è ritirato nel 2000). «Un’altra cosa che stiamo chiarendo è: la terra è nostra. Tutta la terra! Tutto! Inclusa Gaza! Incluso il Libano! Tutta la terra promessa! Gush Katif è così piccolo rispetto a cosa raggiungeremo!», aggiunge il militare ricevendo gli applausi di tanti. Sulla stessa lunghezza d’onda il ministro dell’Istruzione, Yoav Kisch, del partito Likud di Netanyahu. Ha detto di non escludere uno scenario in cui Israele costruisca insediamenti nella Striscia di Gaza. Dichiarazioni persino più esplicite sono giunte dal ministro dell’economia Bezalel Smotrich e da quello del Patrimonio nazionale Amichai Eliyahu (che qualche giorno fa ha suggerito un possibile impiego della bomba atomica a Gaza) e dalla parlamentare Orit Strock, paladina dell’estrema destra. Tra i coloni l’entusiasmo cresce di pari passo con l’avanzata delle truppe israeliane e lo sfollamento dei palestinesi. «Il popolo di Israele vuole tornare nella Striscia di Gaza». Questa è la parola d’ordine del movimento «Nachla» che si propone di fare lobby per insediare coloni a Gaza quando sarà terminata la guerra. «Vuoi essere nostro vicino? Vuoi prendere parte all’azione? Puoi presentare domanda», scrivono gli attivisti in un appello ad unire le forze.

Netanyahu e altri esponenti dell’establishment politico non si sbilanciano. La posizione prevalente è che il fermento per il «ritorno a Gaza» va contenuto perché può danneggiare l’appoggio diplomatico di cui gode Israele. Ma Netanyahu, sempre più spostato a destra, tra qualche mese avrà bisogno, ancora più di oggi, dell’appoggio dei coloni, dell’ultradestra e anche dei sostenitori della ricostruzione delle colonie a Gaza se vuole provare a ribaltare i sondaggi che oggi lo danno al punto più basso da anni a questa parte.

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L’illusione della deterrenza


La parola chiave è “deterrenza” e raccontano che Giorgia Meloni ci creda davvero. Ascoltando il suo videomessaggio dello scorso 15 settembre, chi scrive si era convinto che il presidente del Consiglio parlasse ai migranti africani per farsi intendere dagl

La parola chiave è “deterrenza” e raccontano che Giorgia Meloni ci creda davvero. Ascoltando il suo videomessaggio dello scorso 15 settembre, chi scrive si era convinto che il presidente del Consiglio parlasse ai migranti africani per farsi intendere dagli elettori italiani. Ritenevamo che il focus del discorso fosse quel “non abbiamo cambiato idea” pronunciato con lo sguardo fiero fisso in camera e che quelle parole volutamente rassicuranti nascessero dall’esigenza di contenere il tentativo di Matteo Salvini di eroderle consensi a destra. Errore. Giorgia Meloni intendeva davvero rivolgersi ai migranti e il focus o del suo discorso era davvero quel “messaggio chiaro a chi vuole entrare illegalmente in Italia: non conviene affidarsi ai trafficanti… se entrate illegalmente, sarete trattenuti e rimpatriati”.

Con lo stesso spirito, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari, che della Meloni è tanto il braccio quanto la mente, ha cercato di convincere gli alleati e il ministro dell’Interno a fare di Lampedusa un gigantesco Centro di permanenza e rimpatrio (Cpr). Una via di mezzo tra Ellis Island e Guantanamo, che nelle intenzioni di Fazzolari (e della Meloni) avrebbe dovuto dissuadere i migranti dal partire. La proposta di Fazzolari è stata respinta, ma lo spirito di quell’intuizione ha continuato ad ispirare la strategia di palazzo Chigi fino a concretizzarsi nel recente accordo con il governo Albanese.

Giorgia Meloni sa che semmai quell’accordo diventerà operativo servirà a “confinare” un’esigua minoranza dei migranti che sbarcano in Italia (tra i 3mila e i 6mila l’anno su 130mila circa che arrivano), ma ritiene che la prospettiva di finire dietro le sbarre in Albania possa fungere da deterrente scoraggiando di conseguenza decine di migliaia di disperati dal partire facendo rotta sulle coste del Belpaese.

La deterrenza è uno dei miti della politica italiana. Ispirò l’introduzione, nel 2009, del reato di immigrazione clandestina da parte del governo Berlusconi (reato confermato nel 2014 dal centrosinistra al governo per paura dell’impopolarità) e ispira la deriva panpenalistica in ragione della quale i partiti di governo, e in modo particolare quelli di centrodestra, sono soliti affrontare ogni allarme sociale in materia di sicurezza inasprendo le pene detentive o coniando nuove fattispecie di reato. Un esempio tra i tanti, il reato di omicidio stradale. Le statistiche, però, sono impietose e gli studi di psicologia sociale tendono a corroborarne i dati: la deterrenza non ha mai funzionato un granché. Quel che funziona, semmai, è l’effetto che l’annuncio produce sull’elettorato, che tende irrazionalmente ad associare il varo di norme straordinarie ad una straordinaria efficacia dei governi. È un’illusione, naturalmente, ma il bisogno di illudersi degli elettori non è meno forte di quello dei migranti.

Huffington post

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La sonda Juno ha fornito nuovi importanti indizi sul comportamento dei venti di Giove | AstroSpace

"Queste misurazioni hanno portato a numerose scoperte, tra cui l’esistenza di un nucleo diluito nelle profondità di Giove. Hanno permesso di stimare l’altezza delle zone e delle fasce del pianeta, che si estendono dalla sommità delle nubi fino a circa 3mila chilometri. Di recente, i dati hanno portato a scoprire che i venti atmosferici di Giove penetrano nel pianeta in modo cilindrico, parallelo al suo asse di rotazione."

astrospace.it/2023/11/13/la-so…



Gran Sasso Tech e SegreDifesa, l’accordo per l’innovazione tecnologica


Una partnership per l’evoluzione delle nuove tecnologie, da quelle spaziali all’intelligenza artificiale, con il contributo della ricerca, dell’industria e della Difesa. È questo il cuore dell’accordo di collaborazione siglato a Roma dalla Fondazione Gran

Una partnership per l’evoluzione delle nuove tecnologie, da quelle spaziali all’intelligenza artificiale, con il contributo della ricerca, dell’industria e della Difesa. È questo il cuore dell’accordo di collaborazione siglato a Roma dalla Fondazione Gran Sasso Tech (Gst), joint venture tra il Gran Sasso Science institute e Thales Alenia Space, e il Segretariato generale della Difesa e Direzione nazionale degli armamenti. Un’intesa volta a promuovere attività scientifiche congiunte per contribuire allo sviluppo tecnologico e scientifico in tutti i settori.La collaborazione si concentrerà, in particolare, su programmi di ricerca, didattica e formazione nei settori delle tecnologie spaziali, dei semiconduttori e dei software, e dell’intelligenza artificiale. A formalizzare l’accordo, presso Palazzo Guidoni, sono stati il presidente della Fondazione Gran Sasso Tech, Fernando Ferroni, e il segretario generale della Difesa e direttore nazionale degli armamenti, generale Luciano Portolano.

Partnership strategica

La collaborazione tra Gran Sasso Tech e SegreDifesa rappresenta un passo avanti nell’affrontare le sfide del futuro, dall’intelligenza artificiale al telerilevamento con strumenti innovativi. Come sottolineato dal generale Portolano “l’avvio della collaborazione è di fondamentale importanza per incrementare le capacità professionali e tecnologiche necessarie per il settore della Difesa”. Questa collaborazione strategica rappresenta un esempio concreto di come il connubio tra ricerca scientifica e istituzioni possa generare benefici tangibili, contribuendo alla crescita innovativa e al rafforzamento della posizione dell’Italia nel panorama internazionale delle tecnologie avanzate per il settore spaziale.

Ampia diffusione scientifica

L’accordo ha l’obiettivo di incrementare la disponibilità di capacità professionali e tecnologiche nei settori-chiave, sottolineando l’impegno congiunto per affrontare sfide fondamentali per il futuro. Come registrato proprio dal professor Ferroni, promuovere “l’uso innovativo delle tecnologie come quelle del silicio, all’AI e all’osservazione della Terra è necessario per affrontare sfide fondamentali del nostro futuro”. La partnership, però, non si limiterà alla ricerca scientifica, ma punta anche alla diffusione dei risultati ottenuti e a garantire ampia diffusione dei progressi mediante pubblicazioni e trasferimenti di conoscenze. Questo approccio non solo beneficerà la comunità scientifica, ma contribuirà anche al potenziamento della Difesa e della filiera industriale, favorendo così il progresso tecnologico e l’eccellenza nel sistema Paese.

Il ruolo dei software e semiconduttori

Il settore spaziale è uno dei più innovativi per eccellenza e lo sviluppo di software e semiconduttori riveste un’importanza cruciale. La partnership appena siglata riconosce il ruolo fondamentale svolto da questi strumenti. Per esempio, i software hanno un ruolo primario nei sistemi di controllo e navigazione delle missioni spaziali, garantendo precisione nei calcoli e nelle manovre. Garantiscono, inoltre, la gestione delle comunicazioni in modo affidabile nello spazio, dai protocolli di trasmissione dati alle operazioni di acquisizione e trasmissione. I semiconduttori, invece, sono stati fondamentali per lo sviluppo dei piccoli satelliti. Infatti, è grazie alla loro applicazione se è stato possibile miniaturizzare le componenti elettriche e, di conseguenza, rimpicciolire le dimensioni di questi asset spaziali. I semiconduttori, inoltre, sono alla base dei sensori utilizzati per raccogliere dati nello spazio che permettono di monitorare vari parametri come temperatura, pressione, immagini ottiche o termiche e altri dati scientifici fondamentali.


formiche.net/2023/11/spazio-ia…



“Washington Post”: il Nord Stream fu distrutto da Kiev


Secondo un'inchiesta del Washington Post e del Der Spiegel, il gasdotto Nord Stream fu distrutto da una squadra di incursori ucraini per colpire i rapporti tra Russia e Germania L'articolo “Washington Post”: il Nord Stream fu distrutto da Kiev proviene d

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di Redazione

Pagine Esteri, 13 novembre 2023 – È stato un ufficiale delle forze armate dell’Ucraina, il 48enne colonnello Roman Chervinsky, a coordinare il sabotaggio nei confronti del gasdotto Nord Stream, che riforniva la Germania di gas proveniente dalla Russia. Lo ha rivelato in un’inchiesta pubblicata sabato dal quotidiano statunitense “Washington Post” citando fonti ucraine, europee e statunitensi a conoscenza dei dettagli dell’operazione segreta.

Chervinsky, con un passato nelle forze speciali e solidi legami con i servizi d’intelligence di Kiev, avrebbe coordinato l’azione di sabotaggio, garantendo sostegno logistico a una squadra di sei uomini che avrebbe noleggiato una barca a vela utilizzando false identità e un equipaggiamento per le immersioni in acque profonde per posizionare cariche di esplosivo sulle condotte del Nord Stream 1 e 2, al largo dell’isola danese di Bornholm.

Il 26 settembre del 2022 tre esplosioni causarono enormi fuoriuscite di gas nel Mar Baltico, lasciando intatta una sola delle condotte del gasdotto. Secondo le fonti del “Washington Post”, Chervinsky non avrebbe agito da solo e non avrebbe pianificato l’operazione in prima persona, ma avrebbe ricevuto ordine da ufficiali di più alto grado, tutti alle dipendenze del generale Valery Zaluzhny, capo delle forze armate ucraine. Il presidente ucraino Zelensky, però, non sarebbe stato al corrente dell’operazione.

L’articolo del Washington Post sottolinea come l’azione abbia provocato rimostranze da parte del governo degli Stati Uniti. Kiev, si legge nell’inchiesta curata in collaborazione con la rivista tedesca “Der Spiegel”, «ha lanciato numerose operazioni segrete e spregiudicate contro le forze russe, ma l’attacco al Nord Stream ha preso di mira un’infrastruttura civile realizzata per fornire energia a milioni di persone in Europa. Il colosso di Stato russo Gazprom possiede il 51 per cento del Nord Stream, ma nel gasdotto hanno investito miliardi di dollari compagnie energetiche occidentali da Germania, Francia e Paesi Bassi».

Gli avvocati di Chervinsky hanno negato che il proprio assistito abbia avuto alcun ruolo nel sabotaggio. Attualmente il militare si trova in carcere con l’accusa di aver abusato del suo potere per aiutare un pilota russo a disertare volando oltre il confine nel luglio del 2022. L’incauta operazione avrebbe infatti permesso alle forze russe di individuare le coordinate di un campo d’aviazione di Kiev, attaccandolo con dei missili che provocarono la morte di un militare ucraino e il ferimento di altri 17. Chervinsky respinge però le accuse e parla di una “punizione” nei suoi confronti a causa delle critiche rivolte al presidente Zelensky e alla sua amministrazione.

All’indomani del sabotaggio il governo di Washington e quelli di numerosi paesi europei, supportati dalla maggior parte della stampa mainstream, hanno ripetutamente accusato Mosca del sabotaggio che in realtà aveva provocato danni irreversibili all’economia russa e messo a rischio gli approvvigionamenti energetici di Berlino. Già nei mesi successivi, però, varie inchieste giornalistiche avevano rivelato il ruolo degli apparati ucraini nel sabotaggio. Già nel marzo scorso un’inchiesta di un altro prestigioso quotidiano statunitense, il “New York Times”, aveva documentato, grazie alle testimonianze di alcuni collaboratori dell’intelligence di Washington, che a distruggere la strategica infrastruttura energetica era stata una squadra di forze definite “filo-ucraine”, senza però il coinvolgimento del governo di Kiev. A conclusioni simili era arrivata un’altra inchiesta, condotta dai media tedeschi Ard, Swr e Zeit. Pagine Esteri

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Sguardi del pensiero liberale tra democrazia e socialismo – Gazzetta del Sud


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I principali ospedali di Gaza sospendono le operazioni


Non sono in grado di accettare altri pazienti. La direzione dello Shifa smentisce di non aver accettato 300 litri di gasolio per i generatori offerti dall'esercito israeliano L'articolo I principali ospedali di Gaza sospendono le operazioni proviene da P

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AGGIORNAMENTI 13 NOVEMBRE

ORE 17

Il Ministero della Salute di Gaza ha fatto sapere che almeno 100 cadaveri sono in decomposizione all’ospedale al-Shifa. I residui medici, rifiuti speciali che andrebbero smaltiti con attenzione, sono accumulati nell’ospedale. La situazione rischia di creare epidemie tra i pazienti e tra chi nell’ospedale trova rifugio. Sempre il Ministero fa sapere che sono circa 3.250 i dispersi sotto le macerie delle case bombardate, tra cui 1.700 bambini. La Mezzaluna Rossa palestinese ha dichiarato di non essere in grado di rispondere alle numerose richieste di aiuto provenienti dalle zone a nord di Gaza perché le ambulanze non possono raggiungere l’area.

Le forze armate israeliane che hanno invaso la Striscia di Gaza hanno dichiarato di aver ucciso “21 terroristi” dopo che qualcuno avrebbe sparato contro i militari nei pressi dell’entrata dell’ospedale al-Quds. Non ci sono vittime tra i militari israeliani, secondo i quali l’avvenimento proverebbe la presenza di uomini di Hamas nella struttura ospedaliera.

Il premier Netanyahu ha commentato scambi a fuoco tra Hezbollah e esercito nel nord di Israele, intimando il gruppo sciita libanese a non intensificare gli attacchi: “non devono provarci perché abbiamo mostrato solo una parte del nostro potere. Al fuoco risponderemo con un fuoco ancora più forte”. In queste ore un cittadino israeliano che era stato colpito domenica, insieme ad altre persone da un missile anticarro lanciato da Hezbollah è morto e Israele ha bombardato con violenza le aree libanesi vicino al confine.

Tra palestinesi sono stati feriti, tra cui uno in maniera grave, durante un incursione dell’esercito israeliano nella città di Qalqiliya, nella Cisgiordania occupata. L’esercito israeliano, dal 7 ottobre, ha ucciso a Qalqiliya 9 palestinesi, ne ha feriti 72 e arrestati 80.

ORE 13

Il ministero della sanità a Gaza riferisce che a causa della mancanza di elettricità e del mancato funzionamento all’ospedale Al Shifa delle incubatrici e dei respiratori sono morti 7 neonati prematuri e 27 pazienti che necessitavano la terapia intensiva.


della redazione

Pagine Esteri, 13 novembre 2023 – Due importanti ospedali di Gaza, Al Shifa e Al Quds, non possono accettare nuovi pazienti. Il personale medico avverte che i bombardamenti israeliani e la mancanza di carburante e medicine significano che i bambini ricoverati e altre persone potrebbero morire.

Il dottor Ahmed El Mokhallalati, chirurgo allo Shifa, ha detto che il bombardamento israeliano dell’edificio che ospitava le incubatrici ha costretto ad allineare i bambini prematuri su letti normali, utilizzando la poca energia disponibile per il riscaldamento.

Il portavoce militare di Israele, Daniel Hagari, aveva comunicato ieri che l’esercito avrebbe aiutato ad evacuare i bambini dallo Shifa. Ma i palestinesi dicono di non aver ricevuto alcuna istruzione su come portare in salvo 42 piccoli pazienti. Tre neonati sono già morti.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sostiene che all’ospedale è stato offerto carburante ma lo ha rifiutato. 300 litri di carburante sarebbero stati collocati all’ingresso di Shifa sabato notte ma, aggiunge il comunicato israeliano, Hamas ne avrebbe bloccato la consegna. Affermazione smentita da Muhammad Abu Salmiya, direttore dello Shifa. “Quanto sostiene l’occupazione sul nostro rifiuto di 300 litri di gasolio è una bugia. La verità è che non abbiamo elettricità per i generatori autonomi, tutti i reparti dell’ospedale sono chiusi a causa della mancanza di carburante, ad eccezione del pronto soccorso.”

La Mezzaluna Rossa palestinese ha affermato che anche l’ospedale di Al-Quds è fuori servizio, con il personale che fatica a prendersi cura dei pazienti con poche medicine, cibo e acqua. “L’ospedale Al Quds è stato isolato dal mondo negli ultimi 6-7 giorni. Nessuna via d’ingresso, nessuna via d’uscita”, ha detto Tommaso Della Longa, portavoce della Federazione internazionale delle società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa.

Intanto questo pomeriggio 80 camion carichi di umanitari sono entrati dall’Egitto a Gaza. La Giordania in precedenza aveva lanciato da un elicottero un secondo lotto di aiuti per il suo ospedale da campo nel sud della Striscia. Si diffondono malattie tra gli sfollati stipati nelle scuole e in altri rifugi e che sopravvivono con piccole quantità di cibo e acqua. Pagine Esteri

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12 novembre 2001 – 12 novembre 2023 alla memoria imperitura degli operai Electrolux Susegana che commemorano e trasmettono alle nuove generazioni di


di LAURA TUSSI   Nel secondo dopoguerra, si rafforza un impegno contro la guerra sempre più rilevante e capillare. Il fascismo aveva educato le


Scuola di Liberalismo 2023 – Messina: lezione del prof. Antonio Pileggi sul tema “La libertà degli antichi e dei moderni”


Quinto appuntamento dell’edizione 2023 della Scuola di Liberalismo di Messina, promossa dalla Fondazione Luigi Einaudi ed organizzata in collaborazione con l’Università degli Studi di Messina e la Fondazione Bonino-Pulejo. Il corso, giunto alla sua tredi

Quinto appuntamento dell’edizione 2023 della Scuola di Liberalismo di Messina, promossa dalla Fondazione Luigi Einaudi ed organizzata in collaborazione con l’Università degli Studi di Messina e la Fondazione Bonino-Pulejo. Il corso, giunto alla sua tredicesima edizione, si articolerà in 15 lezioni, che si svolgeranno sia in presenza che in modalità telematica, dedicate alle opere degli autori più rappresentativi del pensiero liberale.

La quinta lezione si svolgerà lunedì 13 novembre, dalle ore 17 alle ore 18.30, in diretta streaming sulla piattaforma ZOOM.

La lezione sarà tenuta dall’avv. Antonio Pileggi (già Provveditore agli Studi e Direttore generale dell’INVALSI – Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione – nonché componente del Comitato Scientifico della Fondazione Luigi Einaudi), con una relazione sul saggio “La Libertà degli antichi e dei moderni” di Benjamin Constant.

La partecipazione all’incontro è valida ai fini del riconoscimento di 0,25 CFU per gli studenti dell’Università di Messina.

Come da delibera del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Messina e della Commissione “Accreditamento per la formazione” di AIGA, è previsto il riconoscimento di n. 12 crediti formativi ordinari in favore degli avvocati iscritti all’Ordine degli Avvocati di Messina per la partecipazione all’intero corso.

Per ulteriori informazioni riguardanti la Scuola di Liberalismo di Messina, è possibile contattare lo staff organizzativo all’indirizzo mail SDLMESSINA@GMAIL.COM

Pippo Rao, Direttore Generale della Scuola di Liberalismo di Messina

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#NotiziePerLaScuola

È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.



CINA-USA. Cosa si diranno Xi e Biden a San Francisco


Cina e Usa trattano su commercio e investimenti, mentre L'Unione Europea minaccia misure protezionistiche contro Pechino L'articolo CINA-USA. Cosa si diranno Xi e Biden a San Francisco proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023/11/13/asia/c

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di Michelangelo Cocco

(nella foto Xinhua, Biden e Xi a Davos il 17 gennaio 2017)

Pagine Esteri, 13 novembre 2023 – Un anno e molti malintesi dopo il loro ultimo faccia a faccia, c’è grande attesa per l’incontro tra Xi Jinping e Joe Biden previsto a San Francisco. I presidenti delle prime due economie del pianeta si vedranno in occasione del vertice dall’Asia Pacific Economic Cooperation (Apec), il forum economico delle 21 nazioni che si affacciano su quel Pacifico agitato dalla competizione geopolitica e tecnologica tra Pechino e Washington. Un oceano al centro della rete globale di commerci della Cina e dei nuovi partenariati che gli Stati Uniti (e la Nato) stanno stringendo per contenerne l’ascesa. A San Francisco saranno rilanciate le relazioni Cina-Usa? Evidentemente no. La rivalità strategica tra i due paesi – manifestatasi con Obama, esplosa con Trump, e acuitasi con Biden – è destinata a durare a lungo.

Dunque nessuna svolta in vista. Ma un segnale di distensione potrebbe arrivare se, al termine del loro colloquio, i due capi di stato diramassero un comunicato congiunto. Per ora c’è un minimo comune denominatore: gestire e stabilizzare la relazione bilaterale, migliorare la comunicazione, ridurre le incomprensioni. Il confronto tra le due amministrazioni, preparato dal viavai degli ultimi mesi, in entrambi i paesi, di alti funzionari cinesi e statunitensi, riparte ufficialmente, perché, evidentemente, – dopo un anno e mezzo segnato dalla visita a Taiwan dell’allora speaker della Camera, Nancy Pelosi, e dal clamoroso abbattimento sui cieli Usa di un “pallone spia” cinese – lo desiderano entrambe, seppur con obiettivi in parte diversi.

Pechino mira essenzialmente a prendere tempo: il prossimo presidente degli Stati Uniti, tra poco più di un anno, forse non sarà Biden, potrebbe essere di nuovo Donald Trump, o un repubblicano ancor più anti-Cina. Riavviare il dialogo evita di esasperare una tensione che danneggia i piani di sviluppo economico e militare della Cina. E permette alla leadership di concentrarsi sui problemi dell’economia cinese. In quest’ottica, per Xi Jinping presenziare al summit dell’Apec serve anche per riaffermare la sua visione di scambi e investimenti internazionali aperti, contrapponendola al “de-risking” decretato dall’amministrazione Biden e dalla Commissione Ue.

L’amministrazione Biden vede invece l’incontro come un’importante possibilità per “guardare negli occhi” Xi Jinping (che è stato l’ultima volta negli Usa nel 2017, ospite di Trump), per cercare di decifrare l’effetto che le inedite politiche fin qui varate – da quelle per negare alla Cina l’accesso alle tecnologie più avanzate nei settori del semiconduttori, dell’intelligenza artificiale e dell’informatica quantistica, ai partenariati stretti dalla Nato con Giappone e Corea del Sud, alla cooperazione militare nel Pacifico in ambito Aukus, con Australia e Regno Unito, alle ripetute, ambigue fughe in avanti, seguite da retromarce ufficiali, su Taiwan – stanno producendo sull’avversario.

Cina e Stati Uniti potrebbero annunciare simbolici passi avanti sul contrasto al cambiamento climatico; la ripresa del dialogo tra i vertici militari (dopo che Pechino ha rimosso il ministro della difesa Li Shangfu, sotto sanzioni Usa); un accordo sul contrasto al traffico dalla Cina agli Usa di Fentanyl, l’oppioide che sta facendo stragi negli Stati Uniti. Misure utili a favorire il dialogo, ma che non incidono sulle questioni che più divino i due paesi: il containment hi-tech Usa, Taiwan, il Mar cinese meridionale. Nonché le due guerre in corso in Ucraina e a Gaza. Pechino vorrebbe la cancellazione delle tariffe sulle importazioni cinesi imposte da Trump e di alcuni divieti di export hi-tech Usa decretati da Biden: accordo molto difficile da raggiungere, soprattutto per microchip e dintorni.

Secondo indiscrezioni di buona fonte, il 15 novembre Xi Jinping sarà l’ospite d’onore di una cena (organizzata dal Council on Foreign Relations, dalla US Chamber of Commerce e dalla Asia Society) alla quale parteciperà il gotha della comunità degli affari statunitense. Nelle scorse settimane il Partito comunista ha preparato il terreno, dando il benvenuto in Cina a Jamie Dimon, di JPMorgan Chase’s, Elon Musk, di Tesla, e Tim Cook di Apple. Al ricevimento di San Francisco è atteso un “importante discorso” del presidente cinese. Xi Jinping proverà a rassicurare le principali multinazionali Usa circa le opportunità che i mercati cinesi continueranno a offrire nei prossimi anni, e l’ambiente favorevole che il governo centrale e le amministrazioni locali garantirà agli investimenti di queste corporation: il capitale straniero è benvenuto e ben tutelato in Cina.

Negli ultimi mesi il governo cinese ha faticato a contenere la fuga di capitali stranieri. Venerdì 3 novembre l’Amministrazione statale dei cambi ha riportato un deficit – nel terzo trimestre di quest’anno – di 11,8 miliardi di dollari in investimenti diretti esteri, che rappresenta il primo dato negativo da quando l’agenzia ha iniziato a monitorare i dati nel 1998. Una “anticipazione” di ciò che potrebbe dire Xi a margine del summit dell’Apec è arrivata da Bi Jingquan che l’altro ieri ha parlato al Bloomberg New Economy Forum di Singapore. A capo del China Centre for International Economic Exchanges – tra i più influenti think tank governativi cinesi – Bi ha detto che:

Anche sullo sfondo delle tensioni geopolitiche degli ultimi anni, il commercio tra Cina e Stati Uniti ha continuato a svilupparsi, così come il commercio Cina-Europa. Dobbiamo tutti fare ciò che porterà soddisfazione ai due popoli. I legami economici e commerciali rappresentano tuttora l’àncora delle relazioni Cina-Usa. I capitali si spostano sempre verso luoghi con i costi più bassi e i profitti più alti, spero che i signori e le signore che hanno lasciato la Cina, soprattutto quelli che se ne sono andati durante la pandemia, tornino in Cina per dare un’occhiata. La Cina rimane un buon posto per opportunità di investimento e occupazione per tutti i paesi.

Durante il China International Import Expo che si chiude oggi a Shanghai, lo US Soybean Export Council, la multinazionale alimentare Cargill e lo US Grains Council hanno siglato accordi di fornitura per imprese statali cinesi. Ciò fa seguito alla recente firma di undici accordi di acquisto del valore di miliardi di dollari tra una delegazione di importatori cinesi di materie prime e compagnie Usa tra cui ADM, Bunge e Cargill. Lunedì scorso, l’ambasciatore americano a Pechino, Nicholas Burns, ha affermato che il suo Paese desidera più scambi commerciali con la Cina piuttosto che il “decoupling”. Secondo i dati doganali cinesi, nei primi 10 mesi di quest’anno il commercio bilaterale tra i due paesi è diminuito del 13%, raggiungendo i 550,8 miliardi di dollari. Nello stesso arco di tempo, la riduzione delle importazioni dalla Cina ha prodotto una riduzione del 20% del deficit commerciale degli Stati Uniti con la Cina.

Con il varo della sua strategia di sicurezza nazionale che identifica la Cina come la principale sfida per li Stati Uniti, l’amministrazione Biden ha fatto scattare un embargo hi-tech su determinate tecnologie Usa (nei campi dei microchip, dell’intelligenza artificiale e dell’informatica quantistica) fondamentali per l’innovazione industriale e militare. In questi ambiti tutto lascia pensare che tra Cina e Stati Uniti sia in atto un vero e proprio “decoupling” che, tuttavia, non impedisce al grosso del commercio bilaterale di andare avanti, e alle Corporation a stelle e strisce di ottenere più spazio nei mercati cinesi.

E mentre gli Stati Uniti – che nelle ultime settimane hanno istituito con la Cina tre gruppi di lavoro, su economia, commercio e finanza – riavviano il dialogo con la Cina, l’Unione Europea reclama a gran voce la sua fetta di torta e minaccia ritorsioni. Tra un paio di settimane si svolgerà a Pechino un vertice Unione Europea-Cina in vista del quale le istituzioni comunitarie hanno alzato la voce. L’Alto rappresentante per gli affari esteri e la sicurezza, Josep Borrell lunedì ha dichiarato:

L’Unione Europea ha un deficit commerciale abissale nei confronti della Cina. Sarà difficile per la Cina mantenere l’accesso al mercato europeo in un momento in cui le aziende europee trovano sempre più difficile lavorare in Cina. Se la Cina continua a negare la realtà e le conseguenze di questo squilibrio, corre il rischio di vedere una crescente domanda di maggiore protezione in Europa. Non siamo protezionisti, ma forse dobbiamo proteggerci. Se la Cina non apre forse dovremo chiudere.

Lo stesso giorno Ursula von der Leyen, la presidente della Commissione a caccia di un secondo mandato, ha dipinto la Cina come una minaccia globale: L’obiettivo chiaro del Partito Comunista Cinese è un cambiamento sistemico dell’ordine internazionale, ovviamente con la Cina al centro. Lo abbiamo visto con le posizioni della Cina negli organismi multilaterali, che mostrano la sua determinazione a promuovere una visione alternativa dell’ordine mondiale. La Cina afferma di essere imparziale e di favorire soluzioni pacifiche, consentendo e sostenendo al tempo stesso alcune delle forze più destabilizzanti del mondo. Eppure, Cina ed Europa hanno un interesse comune alla stabilità in Medio Oriente. Quindi ogni misura di influenza che Pechino ha su Hamas e sull’Iran deve essere utilizzata per prevenire un’ulteriore escalation. Devono svolgere il loro ruolo.

Le preoccupazioni circa le pratiche sleali e talvolta predatorie che distorcono il nostro mercato unico sono assolutamente tangibili e crescenti – misurabili. Ad esempio, la Cina ha spesso fatto ricorso alla coercizione commerciale, al boicottaggio delle merci europee e ai controlli sulle esportazioni di materie prime critiche. L’UE ha avviato un’indagine sui sussidi nel settore dei veicoli elettrici in Cina, una mossa che potrebbe portare l’Unione a imporre ingenti dazi compensativi sulle importazioni di veicoli elettrici dalla Cina. E a Bruxelles c’è chi spinge per ulteriori inchieste anti-dumping, sui dispositivi medici e sulle turbine eoliche. Pagine Esteri

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In Cina e Asia – Sullivan: "Biden chiederà a Xi di ristabilire i contatti militari”


In Cina e Asia – Sullivan: biden
I titoli di oggi:

Sullivan: "Biden chiederà a Xi di ristabilire i contatti militari"
Cina, lanciato nuovo organo per combattere i rischi finanziari nell'industria IT
Meta torna in Cina dopo 14 anni (ma solo per vendere hardware)

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Belt and road – Gli e-book di China Files n°23


Belt and road – Gli e-book di China Files n°23 Belt and Road - N6 - V3 - SET23 - CHINA FILES
È disponibile il nuovo e-book di China Files dedicato alla Belt and Road Initiative, l'ambiziosa iniziativa lanciata da Xi e che quest'anno compie 10 anni. Un progetto che, alla luce delle esperienze passate viene rilanciato e si prepara a entrare in una "nuova fase"

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I principali ospedali di Gaza sospendono le operazioni


Non sono in grado di accettare altri pazienti. La direzione dello Shifa smentisce di non aver accettato 300 litri di gasolio per i generatori offerti dall'esercito israeliano L'articolo I principali ospedali di Gaza sospendono le operazioni proviene da P

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della redazione

Pagine Esteri, 12 novembre 2023 – Due importanti ospedali di Gaza, Al Shifa e Al Quds, non possono accettare nuovi pazienti. Il personale medico avverte che i bombardamenti israeliani e la mancanza di carburante e medicine significano che i bambini ricoverati e altre persone potrebbero morire.

Il dottor Ahmed El Mokhallalati, chirurgo allo Shifa, ha detto che il bombardamento israeliano dell’edificio che ospitava le incubatrici ha costretto ad allineare i bambini prematuri su letti normali, utilizzando la poca energia disponibile per il riscaldamento.

Il portavoce militare di Israele, Daniel Hagari, aveva comunicato ieri che l’esercito avrebbe aiutato ad evacuare i bambini dallo Shifa. Ma i palestinesi dicono di non aver ricevuto alcuna istruzione su come portare in salvo 42 piccoli pazienti. Tre neonati sono già morti.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sostiene che all’ospedale è stato offerto carburante ma lo ha rifiutato. 300 litri di carburante sarebbero stati collocati all’ingresso di Shifa sabato notte ma, aggiunge il comunicato israeliano, Hamas ne avrebbe bloccato la consegna. Affermazione smentita da Muhammad Abu Salmiya, direttore dello Shifa. “Quanto sostiene l’occupazione sul nostro rifiuto di 300 litri di gasolio è una bugia. La verità è che non abbiamo elettricità per i generatori autonomi, tutti i reparti dell’ospedale sono chiusi a causa della mancanza di carburante, ad eccezione del pronto soccorso.”

La Mezzaluna Rossa palestinese ha affermato che anche l’ospedale di Al-Quds è fuori servizio, con il personale che fatica a prendersi cura dei pazienti con poche medicine, cibo e acqua. “L’ospedale Al Quds è stato isolato dal mondo negli ultimi 6-7 giorni. Nessuna via d’ingresso, nessuna via d’uscita”, ha detto Tommaso Della Longa, portavoce della Federazione internazionale delle società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa.

Intanto questo pomeriggio 80 camion carichi di umanitari sono entrati dall’Egitto a Gaza. La Giordania in precedenza aveva lanciato da un elicottero un secondo lotto di aiuti per il suo ospedale da campo nel sud della Striscia. Si diffondono malattie tra gli sfollati stipati nelle scuole e in altri rifugi e che sopravvivono con piccole quantità di cibo e acqua. Pagine Esteri

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Ministro israeliano: è in corso la “Nakba di Gaza”, i palestinesi saranno sfollati


"Stiamo ora lanciando la Nakba di Gaza. Da un punto di vista operativo, non c'è modo di intraprendere una guerra con masse di persone tra carri armati e soldati", ha affermato Avi Dichter, membro del gabinetto di sicurezza israeliano L'articolo Ministro

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della redazione

Pagine Esteri, 12 novembre 2023Il ministro dell’Agricoltura Avi Dichter, membro del gabinetto di sicurezza israeliano, ha dichiarato che la “Nakba di Gaza” è in corso e che i palestinesi saranno sfollati. In un’intervista con il canale israeliano N12, a Dichter è stato chiesto se le immagini dei residenti nel nord di Gaza che evacuano il sud sotto gli ordini dell’esercito israeliano fossero paragonabili alle immagini della Nakba. Ha detto: “Stiamo ora lanciando la Nakba di Gaza. Da un punto di vista operativo, non c’è modo di intraprendere una guerra – come l’IDF cerca di fare a Gaza – con masse di persone tra carri armati e soldati”.

Durante la Nakba, che in arabo significa “catastrofe”, centinaia di migliaia di palestinesi furono cacciati via dalla loro terra ed espropriati nella guerra arabo-israeliana del 1948. Quei profughi, assieme ai loro discendenti, oggi sono oltre 5 milioni, sparsi in campi profughi in Libano, Giordania e Siria e nei Territori palestinesi occupati nel 1967 da Israele (Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est).

Quando in seguito è stato chiesto a Dichter se alla popolazione di Gaza sarà permesso di tornare alle proprie case, ha risposto: “Non so come andrà a finire, dato che Gaza City costituisce un terzo della Striscia, metà della popolazione del territorio”.

Venerdì, in una conferenza stampa, al premier Netanyahu è stato chiesto se sostiene il reinsediamento israeliano a Gaza dopo la guerra. “No, non credo. Ho detto che voglio il pieno controllo di sicurezza”, ha detto. “Gaza deve essere smilitarizzata. Non penso che [il reinsediamento] sia un obiettivo realistico, lo dico chiaramente”.

Oggi, durante un’apparizione al programma Meet the Press della NBC News, Netanyahu ha dichiarato “Gaza deve essere smilitarizzata e deradicalizzata. E penso che finora non abbiamo visto alcuna forza palestinese, compresa la Palestina Autorità che è in grado di farlo.” Ha aggiunto: “Insegnano ai loro figli a odiare Israele. Non combattono i terroristi. Stanno pagando per gli omicidi. Ciò significa che più terroristi palestinesi uccidono ebrei, più vengono pagati e ad oggi, 36 giorni dopo la peggiore ferocia perpetrata sul popolo ebraico dopo l’Olocausto, il presidente dell’Autorità Palestinese si rifiuta di condannare questa ferocia”.

“Abbiamo bisogno di un’autorità diversa. Abbiamo bisogno di un’amministrazione diversa”, ha detto Netanyahu, senza però specificare chi sarebbe.

Nel frattempo, negli Stati Uniti, politici e attivisti progressisti hanno chiesto al presidente Joe Biden di sostenere un cessate il fuoco a Gaza nel tentativo di salvare vite civili. Tuttavia, Biden e Netanyahu hanno entrambi mantenuto la loro posizione secondo cui un cessate il fuoco non sarebbe stato preso in considerazione fino a quando Hamas non avesse restituito oltre 200 ostaggi che avevano preso nel loro attacco a sorpresa. Biden ha anche richiesto 14,3 miliardi di dollari di finanziamenti per Israele in un pacchetto di aiuti di quasi 106 miliardi di dollari, che include, tra le altre cose, finanziamenti per la guerra dell’Ucraina con la Russia. Pagine Esteri

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Un anno su Mastodon: l'organizzazione giornalistica tedesca Heise Online ha realizzato un rapporto sul primo anno nel Fediverso: traffico in calo ma costi di gestione bassi e alta qualità nei commenti

“Nei dodici mesi il solo Mastodon ha generato circa due terzi delle visite al sito rispetto a X/Twitter nel complesso. Allo stesso tempo, ciò non dovrebbe oscurare il fatto che i numeri assoluti sono relativamente bassi; Twitter non è mai stato realmente rilevante come fonte di traffico per media come Heise Online."

Le loro statistiche mostrano anche che l'attività nel fediverso è notevolmente rallentata: “l'accesso tramite Mastodon ha raggiunto il suo picco intorno alla fine dell'anno. Da allora stanno lentamente diminuendo”. E: “dei 20 post più popolari su Mastodon, la metà provengono dai primi tre mesi [dell'anno]”.

Sull'interazione con la comunità: “Se ci sono domande dirette o altre richieste di esprimersi, nessun altro social network è così impegnato online come Mastodon. Ma anche qui i numeri sono ormai in calo; Apparentemente Mastodon e il Fediverso non sono più stati in grado di trarre beneficio dalle recenti ondate di addii su X/Twitter."

Ma c'è di più in una rete oltre ai numeri di coinvolgimento, poiché Heise Online sottolinea sia l'alta qualità che la quantità di commenti sul fediverso. Indicano anche il basso costo (meno di 100 euro al mese) e lo sforzo di partecipare al fediverso. Poiché altre testate giornalistiche (BBC, la NPO olandese) si stanno unendo al fediverso, possono imparare dall'esperienza che Heise Online ha già avuto qui.
@Che succede nel Fediverso?
Qui il rapporto di Heise Online


“It is our goal to have all government organisations be involved in the pilot”, the Dutch government wrote in September 2023. Since this summer, the Dutch government runs their own Mastodon server at social.overheid.nl. Gradually, more and more organisations have joined the server.

Today, the Dutch Public Broadcasting organisation (NPO) has set up their own Mastodon server as well, at social.npo.nl. Some of the new accounts are for broadcasting stations, such as NPO Radio 1, or for specific programs that are run by NPO, such as Pointer or Zembla. Zembla has been active here for a while incidentally, and now moved to the new server as well.

One of the public tasks of the NPO is to drive innovations in the media sector; finding new ways for broadcasting organisations to reach an audience in a post-Twitter landscape is an excellent way to fulfil this mandate. Will NOS, the other Dutch public broadcaster, follow?

laurenshof.online/dutch-broadc…




I militari italiani non dovevano essere in Iraq, furono uccisi da chi li mandò a Nassirya. Nel ventennale della strage di Nassiriya dobbiamo dissociarci da ce


#laFLEalMassimo – Episodio 107: Laga Nord e Gabbie Salariali 2.0


Come è consuetudine dal febbraio dello scorso anno, questa rubrica si apre ricordando a tutti che l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia oltre che un’aggressione ingiusta e ingiustificata costituisce una minaccia per la libertà e l’indipendenza di

Come è consuetudine dal febbraio dello scorso anno, questa rubrica si apre ricordando a tutti che l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia oltre che un’aggressione ingiusta e ingiustificata costituisce una minaccia per la libertà e l’indipendenza di tutte le società aperte dell’occidente libero. Aggiungo anche la condanna incondizionata delle feroci azioni terroristiche perpetrate da Hamas, senza con questo voler sottovalutare la complessità dei rapporti tra israeliani e palestinesi e le responsabilità del governo di Netanyahu nell’aver esacerbato le relazioni tra i due popoli.

Venendo alla meno tragica anzi talvolta farsesca politica locale propongo qualche considerazione sulla proposta della lega nord di differenziare i salari tra le regioni del nord e del sud Italia per tenere conto del diverso costo della vita. In estrema sintesi vorrei dire che un fallimento della burocrazia e del controllo, non si può risolvere rendendo burocrazia e controlli ancora più stringenti ed invasivi.

E’ abbastanza evidente a tutti che esistono differenze significative nel costo della vita tra le diverse aree del nostro paese, mentre i contratti di lavoro privati possono tenerne conto nell’ambito dei superminimi basati su criteri discrezionali, nel settore pubblico i trattamenti accessori sono vincolati ad un collegamento con la performance individuale, organizzativa, e con lo svolgimento di attività particolarmente disagiate o pericolose.

Dunque, un sistema rigido impone di applicare un trattamenti economici analoghi a circostanze anche molto differenti e la risposta non può essere aggiungere uno o più parametri alle regole burocratiche perché una città o località turistica del sud potrebbe avere un costo della vita maggiore di un paesello di campagna del nord.

La risposta va ricercata in una maggiore flessibilità ottenuta riducendo l’ingerenza di regole troppo rigide nei confronti dell’accordo raggiunto liberamente tra le parti coinvolte.

youtube.com/embed/S0617gVczrU?…

L'articolo #laFLEalMassimo – Episodio 107: Laga Nord e Gabbie Salariali 2.0 proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Weekly Chronicles #53


Signal e Whatsapp in fuga, cybersicurezza FIAT in UE, nuovi strumenti di (auto)sorveglianza.

Nelle Cronache della settimana:

  • In UK l’Online Safety Bill è legge, guai in arrivo per le comunicazioni cifrate
  • Il Regolamento eIDAS e la cybersicurezza “FIAT”
  • In Canada la polizia potrà accedere alle telecamere private

Nelle Lettere Libertarie: La posizione libertaria sul confitto Hamas-Israele

Scenario OpSec della settimana: Luca desidera proteggere le sue parole chiave (seed words) di Bitcoin da hacker, ladri, agenti di polizia e disastri naturali. Vuole anche assicurarsi che, nel caso in cui lui muoia, le parole chiave siano conservate in sicurezza e sua moglie possa recuperarle anche senza di lui.

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In UK l’Online Safety Bill è legge, guai in arrivo per le comunicazioni cifrate


Nel Regno Unito è da poco legge l’Online Safety Bill, uno strano mix tra il Digital Services Act e il Chatcontrol di matrice europea. Come da sempre accade, l’Online Safety Bill propone di contrastare la pedofilia online e i contenuti terroristici a fronte di una pervasiva sorveglianza e ingerenza nella vita delle persone.

Proprio come potrebbe accadere per il Chatcontrol, la legge inglese rischia di mettere in serio pericolo la diffusione di servizi di chat e comunicazioni cifrate come Signal e Whatsapp. La sezione 1211 della legge obbliga infatti i fornitori di questi servizi a usare tecnologie per identificare contenuti terroristici e pedopornografici sulle loro piattaforme e nelle comunicazioni degli utenti.

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Per servizi come Signal e Whatsapp significa in pratica costruire una backdoor nei loro stessi sistemi di crittografia end-to-end per poter sorvegliare e analizzare le comunicazioni degli utenti.

Meredith Whittaker, presidente di Signal Foundation, commenta così la nuova legge:

“We’re really worried about people in the U.K. who would live under a surveillance regime like the one that seems to be teased by the Home Office and others in the U.K.”


Purtroppo, il rischio è che i prossimi saremo noi.

Il Regolamento eIDAS e la cybersicurezza “FIAT” di stampo europeo


Il testo del Regolamento eIDAS europeo, che tratta di temi legati all’identità digitale, è da poco stato approvato a porte chiuse durante i triloghi tra le istituzioni europee e potrebbe diventare presto legge.

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I problemi logistici e industriali della guerra in Ucraina. L’analisi di Del Monte


La controffensiva estivo-autunnale delle forze ucraine si è avviata ormai nella sua fase calante, con una ampia probabilità che il fronte si congeli in vista della stagione invernale. Il comandante in capo delle forze armate ucraine, il generale Valerii Z

La controffensiva estivo-autunnale delle forze ucraine si è avviata ormai nella sua fase calante, con una ampia probabilità che il fronte si congeli in vista della stagione invernale. Il comandante in capo delle forze armate ucraine, il generale Valerii Zaluzhnyi, ha pubblicato un documento di nove pagine sulla moderna guerra di posizione e i modi per superarne gli effetti e vincere. Il testo –intitolato “Modern positional warfare and how to win it” – rappresenta, in un certo senso, la summa delle riflessioni teoriche e degli spunti operativi emersi dalle battaglie della controffensiva; ciclo operativo pensato come una serie di battaglie legate insieme da un’avanzata manovrata fino al “corridoio di Crimea” e trasformatosi, invece, in una serie di limitate azioni offensive attorno ai perni della Linea Surovikin.

Il documento, che merita d’essere letto integralmente, anche perché evidenzia bene quale sia lo stato della riflessione dottrinaria delle forze armate ucraine, proiettate verso un assorbimento quasi completo di strategie e tattiche elaborate dalla Nato ma che, al contempo, hanno sviluppato una propria originale visione della electronic warfare e dell’utilizzo di droni sul campo di battaglia, è stato ben sintetizzato su Formiche.net.

Il generale Zaluzhnyi ha messo in evidenza, dedicandovi un capitolo a parte, l’importanza della questione logistico-industriale legata alla prosecuzione del conflitto russo-ucraino. Questione che torna costantemente d’attualità nel momento in cui alle aspettative degli alleati non corrispondono i risultati sul campo raggiunti dai soldati di Kyiv e quando lobbisti e sherpa ucraini si recano nelle capitali occidentali per chiedere nuovi pacchetti di armamenti. A una “organizzazione razionale del supporto logistico” per le forze armate il comandante in capo lega il raggiungimento degli obiettivi sul campo. In una guerra su vasta scala contemporanea, spiega Zaluzhnyi, le dinamiche logistiche travalicano l’aspetto squisitamente militare della questione e investono campi come quello finanziario, delle risorse umane e dell’industria, dunque rientrano nel campo definito più ampiamente “strategico”, fin quasi a coincidere con esso.

La fine della guerra fredda, con il conseguente collasso dell’Unione Sovietica e lo scioglimento del Patto di Varsavia, aveva generato un falso mito di sicurezza generalizzata in Occidente – campo del quale l’Ucraina si sente parte e per il quale in questo documento sviluppa le proprie tesi – tale da far dimenticare priorità essenziali come l’accumulo di risorse militari quali armi e munizioni. Così, se è vero che la Russia – pur sotto le fortissime sanzioni occidentali – riesce a mantenere la propria superiorità in termini di missili e munizioni convenzionali, nonostante l’enorme utilizzo che ne viene fatto sul campo, e il sistema industriale nazionale sta iniziando a entrare nel regime produttivo che i ritmi di una guerra richiedono, l’Ucraina non riesce a ripianare le proprie scorte con la rapidità necessaria, visto anche il vulnus produttivo dell’Occidente.

Il generale Zaluzhnyi ha spiegato che i rifornimenti di munizioni e missili che arrivano in Ucraina vengono distribuiti alle forze in campo a seconda delle priorità del momento, ma che i numeri a disposizione impediscono comunque, a fronte di un consumo medio giornaliero in aumento, anche al di fuori delle fasi prettamente “cinetiche” delle operazioni, di rimpinguare le esigue scorte.

La riconversione ai ritmi di guerra delle industrie della difesa dell’Europa occidentale e degli Stati Uniti è iniziata, ma richiede, a seconda dei casi, un lasso di tempo pari a uno o due anni per riuscire a produrre quanto serve sia per la tripartita necessità di forze armate nazionali, scorte proprie e rifornimenti per l’Ucraina. Del resto, anche nel Documento di programmazione pluriennale della Difesa italiano si è fatto ampio riferimento alla necessità di ricostruire le proprie scorte, a fronte di magazzini ormai vuoti per rispondere alle richieste dell’Ucraina. Ed anche nel caso di Roma è stato ammesso che si tratterà di un processo lungo.

La conclusione non può che essere una per Zaluzhnyi – e risponde alle richieste degli alti comandi militari – e passa per la costruzione, quanto più rapida possibile, di un proprio autonomo sistema industriale della difesa. La richiesta di ricevere in dotazione missili a più lunga gittata per inibire le catene di approvvigionamento russe e colpire il sistema industriale nemico è un classico del “paniere” ucraino per gli alleati, ma stavolta il comandante in capo ha calcato la mano sul concetto di “produzione propria” di queste armi.

Il miglioramento del supporto logistico alle truppe operanti passa per lo sviluppo di una industria AD&S nazionale e per la “nazionalizzazione” delle fasi di ingegnerizzazione, progettazione e produzione di armamenti e munizioni. È un passaggio ulteriore, un “passo in avanti” rispetto a quanto già prospettato dal presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, al recente primo incontro dell’Alleanza delle industrie della difesa, dove l’Ucraina era stata presentata come un Paese che ambisce a passare dallo status di consumatore-cliente a quello di produttore di armi, costruite sul proprio territorio e sviluppate con tecnologia occidentale, contribuendo anche al suo miglioramento attraverso, come già detto, quel gigantesco terreno di pratica che è diventato il Paese dopo l’invasione russa.

Se la fase di produzione “terzista” per l’industria dell’aerospazio-difesa ucraina, ancora al suo stato embrionale (eccezion fatta per la specifica branca dei droni), è necessaria per sostenere oggi lo “spreco organizzato di materiali” della guerra, è evidente che le catene del procurement non potranno sempre essere sicure e questo impone a Kyiv uno sforzo in più per costruire la propria specifica filiera AD&S. Le imprese ucraine stanno già producendo munizioni e cartucce di artiglieria, sistemi di artiglieria del calibro Nato 155mm, nonché sistemi automatizzati unici: droni navali, UAV a lungo raggio, missili, sistemi anticarro, che vengono effettivamente utilizzati al fronte. Il tasso di sviluppo della produzione ucraina e delle tecnologie ucraine è in costante aumento. Terreno fertile per gli investimenti, ma anche strumento indispensabile per la difesa nazionale. A maggior ragione se i segnali di “stanchezza” nei confronti della guerra da parte degli alleati occidentali si fanno sempre più chiari.

Rompere gli schemi della “parità” strategica con la Russia è il passaggio fondamentale per passare dalla guerra di posizione – lunga e dove prevale la legge del vantaggio competitivo in termini di risorse – a quella manovrata. Per fare questo il rafforzamento del dispositivo logistico e il potenziamento del sistema industriale nazionale sono gli elementi essenziali sui quali fare perno. Essi sono parte integrante di quegli “approcci nuovi e non banali” richiesti dal generale Zaluzhnyi per uscire dall’impasse; approcci che richiedono anche una diversa interpretazione del ruolo ucraino, da identificare come un alleato “alla pari” dell’Occidente e non più come un elemosinante combattente di una proxy war.


formiche.net/2023/11/difesa-gu…



The monthly update for Bluesky, Dutch broadcaster NPO joins the fediverse, and German news organisation Heise Online reflects on a year of being on Mastodon.


Matt Mullenweg CEO di Automattic illustra il futuro di Tumblr dopo la riorganizzazione

Questa settimana, il proprietario di WordPress.com Matt Mullenweg ha confermato che la sua azienda avrebbe spostato la maggior parte della forza lavoro di Tumblr in altre aree della società madre Automattic alla luce dei continui problemi finanziari del sito di social blogging. Dopo aver riconosciuto e spiegato il significato dietro un promemoria interno trapelato che dettagliava i cambiamenti dello staff, Mullenweg ha poi risposto a una serie di domande sul futuro di Tumblr in una sessione AMA (Ask Me Anything) sul suo blog Tumblr . Qui, il dirigente ha risposto alle domande sui piani di Tumblr per i prodotti esistenti, come Tumblr Live, i suoi sforzi di monetizzazione, le politiche e la sua integrazione pianificata con il protocollo di social networking decentralizzato ActivityPub, che Mullenweg aveva precedentemente detto era in lavorazione

Mullenweg ha poi risposto a una serie di domande sul futuro di Tumblr in una sessione AMA (Ask Me Anything) sul suo blog Tumblr . Qui, il dirigente ha risposto alle domande sui piani di Tumblr per i prodotti esistenti, come Tumblr Live, i suoi sforzi di monetizzazione, le politiche e la sua integrazione pianificata con il protocollo di social networking decentralizzato ActivityPub, che Mullenweg aveva precedentemente detto era in lavorazione.

Cosa sta succedendo con l'integrazione di ActivityPub per Tumblr?

Mullenweg ha annunciato un anno fa che Tumblr avrebbe aggiunto il supporto per ActivityPub, il protocollo di social networking decentralizzato che supporta app come il concorrente di Twitter Mastodon e altri. Ma, a quanto pare, quel progetto è stato messo nel dimenticatoio. Un dipendente di Tumblr ha detto che ora è qualcosa nell'elenco "Tumblr Labs" ed è in fase di valutazione.

@Che succede nel Fediverso?

L'articolo di Sarah Perez è pubblicato su Techcrunch

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Abbraccia un ricco


L'articolo Abbraccia un ricco proviene da Fondazione Luigi Einaudi. https://www.fondazioneluigieinaudi.it/abbraccia-un-ricco/ https://www.fondazioneluigieinaudi.it/feed


L’Autorità Nazionale spinge i lavoratori di Gaza a tornare subito nella Striscia


Ai lavoratori è stato detto che chiunque rimarrà in Cisgiordania dopo la fine della guerra, sarà arrestato dall'esercito israeliano e subirà gravi conseguenze. L'articolo L’Autorità Nazionale spinge i lavoratori di Gaza a tornare subito nella Striscia pr

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di Ultra Palestine

(traduzione a cura della redazione)

Contrariamente alle dichiarazioni di numerosi funzionari palestinesi sul rifiuto dell’Autorità di riportare i lavoratori di Gaza nella Striscia perché sarebbero a forte rischio con la guerra in corso, ieri notte (venerdì, ndt) gli autobus hanno iniziato a trasportare centinaia di lavoratori verso il valico di Kerem Shalom.

Il governatore di Gerico e della Valle del Giordano, Yusra Al-Suwaiti, ha confermato a Ultra Palestine che sono stati rimpatriati nella Striscia 982 lavoratori della Striscia di Gaza, presenti in tutti i governatorati e riuniti a Gerico prima del loro trasferimento. Suwaiti ha confermato che il ritorno dei lavoratori è avvenuto con l’approvazione dei lavoratori stessi e dopo che questi avevano presentato richieste in tal senso, e che nessun lavoratore è partito contro la sua volontà.

Suwaiti non ha fornito dettagli sugli accordi trovati e con chi ha avuto luogo il coordinamento – evidentemente Israele – sottolineando che solo il ministro del Lavoro Nasri Abu Jaish è autorizzato a parlare di questa questione. Abbiamo contattato Abu Jaish più di volte e gli abbiamo spiegato il motivo dell’intervista, ma ogni volta la conversazione è stata rinviata a causa dei suoi impegni.

Soha Musleh, direttrice della Croce Rossa presso l’ufficio del Governatorato di Ramallah e Al-Bireh, ha negato che la l’organizzazione umanitaria abbia avuto un ruolo nel rimpatrio dei lavoratori. A quanto sembra è stata l’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) a coordinarsi direttamente con Israele, nonostante l’annuncio del presidente Mahmoud Abbas (Abu Mazen) per la completa cessazione del coordinamento con Israele fatto dopo il bombardamento dell’ospedale Ahli di Gaza city.

Una fonte ha confermato a Ultra Palestine che dall’inizio dell’afflusso di lavoratori di Gaza da Israele verso la Cisgiordania, c’è stata una decisione da parte della sicurezza palestinese di riunirli in alcuni luoghi. La fonte ha aggiunto che con l’inizio della deportazione a Gaza, i lavoratori sono stati minacciati dal fatto che chiunque fosse rimasto in Cisgiordania dopo la fine della guerra sarebbe stato arrestato dall’occupazione israeliana.

Ai lavoratori sarebbe stato detto: “Chi non ritorna volontariamente sarà colpito dagli israeliani con un arresto brutale”. La fonte ha osservato che, contrariamente alle dichiarazioni secondo cui il ritorno dei manovali è volontario, un certo numero di lavoratori a Nablus hanno ricevuto il coordinamento per il ritorno immediato a Gaza, senza aver mai presentato o firmato una richiesta personale in tal senso.

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L’Autorità Nazionale spinge i lavoratori di Gaza in Cisgiordania a tornare a Gaza in guerra


Ai lavoratori è stato detto che chiunque rimarrà in Cisgiordania dopo la fine della guerra, sarà arrestato dall'esercito israeliano e subirà gravi conseguenze. L'articolo L’Autorità Nazionale spinge i lavoratori di Gaza in Cisgiordania a tornare a Gaza i

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di Ultra Palestine

(traduzione a cura della redazione)

Contrariamente alle dichiarazioni di numerosi funzionari palestinesi sul rifiuto dell’Autorità di riportare i lavoratori di Gaza nella Striscia perché sarebbero a forte rischio con la guerra in corso, ieri notte (venerdì, ndt) gli autobus hanno iniziato a trasportare centinaia di lavoratori verso il valico di Kerem Shalom.

Il governatore di Gerico e della Valle del Giordano, Yusra Al-Suwaiti, ha confermato a Ultra Palestine che sono stati rimpatriati nella Striscia 982 lavoratori della Striscia di Gaza, presenti in tutti i governatorati e riuniti a Gerico prima del loro trasferimento. Suwaiti ha confermato che il ritorno dei lavoratori è avvenuto con l’approvazione dei lavoratori stessi e dopo che questi avevano presentato richieste in tal senso, e che nessun lavoratore è partito contro la sua volontà.

Suwaiti non ha fornito dettagli sugli accordi trovati e con chi ha avuto luogo il coordinamento – evidentemente Israele – sottolineando che solo il ministro del Lavoro Nasri Abu Jaish è autorizzato a parlare di questa questione. Abbiamo contattato Abu Jaish più di volte e gli abbiamo spiegato il motivo dell’intervista, ma ogni volta la conversazione è stata rinviata a causa dei suoi impegni.

Soha Musleh, direttrice della Croce Rossa presso l’ufficio del Governatorato di Ramallah e Al-Bireh, ha negato che la l’organizzazione umanitaria abbia avuto un ruolo nel rimpatrio dei lavoratori. A quanto sembra è stata l’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) a coordinarsi direttamente con Israele, nonostante l’annuncio del presidente Mahmoud Abbas (Abu Mazen) per la completa cessazione del coordinamento con Israele fatto dopo il bombardamento dell’ospedale Ahli di Gaza city.

Una fonte ha confermato a Ultra Palestine che dall’inizio dell’afflusso di lavoratori di Gaza da Israele verso la Cisgiordania, c’è stata una decisione da parte della sicurezza palestinese di riunirli in alcuni luoghi. La fonte ha aggiunto che con l’inizio della deportazione a Gaza, i lavoratori sono stati minacciati dal fatto che chiunque fosse rimasto in Cisgiordania dopo la fine della guerra sarebbe stato arrestato dall’occupazione israeliana.

Ai lavoratori sarebbe stato detto: “Chi non ritorna volontariamente sarà colpito dagli israeliani con un arresto brutale”. La fonte ha osservato che, contrariamente alle dichiarazioni secondo cui il ritorno dei manovali è volontario, un certo numero di lavoratori a Nablus hanno ricevuto il coordinamento per il ritorno immediato a Gaza, senza aver mai presentato o firmato una richiesta personale in tal senso.

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L’orrore


Pubblichiamo ampi stralci del resoconto che l’autore britannico Lee Kern (è uno degli autori di “Borat-Seguito di film cinema”) ha pubblicato su Substack. Mi chiamo Lee Kern. Ho 45 anni. Sono uno scrittore di Londra. Dopo aver visto filmati di alcuni dei

Pubblichiamo ampi stralci del resoconto che l’autore britannico Lee Kern (è uno degli autori di “Borat-Seguito di film cinema”) ha pubblicato su Substack.

Mi chiamo Lee Kern. Ho 45 anni. Sono uno scrittore di Londra. Dopo aver visto filmati di alcuni dei crimini commessi da Hamas contro i civili israeliani il 7 ottobre 2023, sono andato in Israele e ho chiesto il permesso di partecipare a una proiezione stampa con filmati che le famiglie hanno chiesto di rendere pubblici. Non è questo che voglio fare nella vita. Sono un civile. Sono un artista. Ho la mia salute mentale da proteggere. Ma è diventato chiaro che stiamo vivendo la negazione dell’Olocausto in tempo reale. Chi vuole distruggere Israele e serba rancore verso gli ebrei non è il mio pubblico: abbraccia un anti intellettualismo che rincorre obiettivi mendaci. Ma sono ancora convinto che il mondo civilizzato abbia un vantaggio su coloro che sono debilitati dall’odio e dal complottismo. Scrivo per loro, e anche per le vittime. Di seguito sono riportati gli appunti che ho preso durante la proiezione del filmato che dura quarantacinque minuti. E’ estremo fin dall’inizio, e lo diventa sempre di più.

Di seguito sono riportate le descrizioni dei filmati girati dai terroristi di Hamas con le loro bodycam e i telefoni cellulari. Ci sono anche i filmati delle dashcam, delle telecamere a circuito chiuso e dei telefoni cellulari delle vittime.

Il filmato inizia quando Hamas entra dentro Israele. I miliziani sono su camion e moto. Gridano Allahu Akbar. Ancora e ancora. Allahu Akbar. I loro volti sono raggianti di gioia. Sono così felici.

I terroristi sono su una strada. Un’auto civile guida verso di loro. Iniziano a sparare. Sono tantissimi, in piedi sulla strada. Una lunga fila di uomini con i fucili che sparano contro un’unica macchina. L’auto danneggiata continua a muoversi, ma lentamente. Un terrorista fa un gesto con la mano verso il veicolo – quasi fingendo di essere un amico – chiedendo gentilmente di rallentare in modo che possa sparargli. Spara altri proiettili. L’uomo e la donna nell’auto sono morti. I loro corpi vengono tirati fuori e lasciati senza vita sulla strada.

Filmati di terroristi che sparano a un corpo a terra. I suoi pantaloni sono abbassati, le natiche nude.

Non c’è dubbio che questa sia una guerra contro i civili. Non ci sono militari israeliani. Coloro che vengono uccisi non sono tragicamente coinvolti in una sparatoria. Non sono il danno collaterale di un obiettivo militare giuridicamente accettabile. Uccidere civili è chiaramente l’obiettivo. Non è guerriglia. E’ omicidio di massa. Stiamo guardando una banda criminale di assassini che si scatena e che fa più morti possibile.

I terroristi hanno gli Rpg, i lanciagranate portatili, e sparano a un veicolo civile, che cerca disperatamente di tornare indietro, ma non ne ha la possibilità. Gli occupanti muoiono nella confusione totale. Si sente ancora Allahu Akbar.

I terroristi esultano sopra a un uomo morto e a una donna piena di fori di proiettile sulla strada. E’ come Spring Break per loro. Si divertono così tanto.

Una rotonda. Un veicolo in avvicinamento chiaramente non capisce verso cosa sta guidando. Vede gli uomini sulla strada e rallenta. Capendo che qualcosa non va, accelera per cercare di fuggire. Hamas lo insegue come in una caccia, sparando selvaggiamente. I civili vengono uccisi. Hamas tira fuori i trofei dalla macchina per vedere cos’ha catturato.

Hamas continua a tirare fuori dai veicoli le persone che ha ucciso e a buttare i corpi in strada. Tanti civili giacciono morti accanto alle loro auto. Non c’è motivo di tirare fuori un corpo da un’auto se non per renderlo più visibile. Vogliono che la gente veda la loro impresa. Sono orgogliosi e vogliono che il mondo sappia ciò che fanno. E’ la loro opera migliore, non vogliono nasconderla.

Un uomo e una donna morti sui sedili anteriori. L’uomo è accasciato sul volante. Il volto della donna è straziato, grottesco e di un colore orribile.

Filmati di terroristi al cancello di un kibbutz. Strisciano in posizione e furtivi si intrufolano in una comunità di famiglie. Uno di loro si nasconde in un cespuglio. Un’auto civile arriva al cancello. Il terrorista nel cespuglio si alza e spara con il fucile d’assalto più volte attraverso il finestrino laterale. L’uomo non muore sul colpo. Sembra che si guardi confuso e poi si divincola con i proiettili nel petto. Si gira verso la portiera, cercando di allontanarsi dalla direzione dei proiettili, ma viene ucciso da altri spari. I terroristi ora irrompono nel kibbutz.

I terroristi si appostano tra le case. C’è un’ambulanza parcheggiata. Sparano alle gomme per evitare che possa essere utilizzata. C’è un’attenzione incredibile ai dettagli per prendere quante più vite possibili. E’ quasi matematico – sono determinati ad aumentare il numero di morti da ogni posizione possibile.

Un cane in un giardino inizia a camminare verso di loro. Un terrorista spara. La camminata del cane è confusa, ma procede ancora verso i terroristi. Un altro sparo, cade. Il cane non sa nulla di bandiere o paesi. Era solo un cane.

I terroristi si intrufolano oltre le altalene dei bambini. Sono in un giardino. Hanno visto qualcuno all’interno della casa attraverso una porta aperta. Un terrorista spara un colpo. Si sente un terribile gemito di confusione. Si può dire che è una persona anziana.

Hamas si sta intrufolando in un giardino passando davanti a giocattoli e biciclette per bambini. Vanno a caccia di famiglie nelle loro case.

Un terrorista inizia a sparare su una casa. Un altro sbircia attraverso le finestre per vedere se c’è qualcuno all’interno della casa a cui stanno dando fuoco. Vediamo movimento dentro. C’è qualcuno.

Appunto per me: dobbiamo combattere

Queste non sono zone di battaglia. Sono case di famiglia.

Hamas s’avvicina a una casa dove si sente della musica. Significa che c’è qualcuno dentro. Hamas entra, si muove lentamente con furtività militare all’interno di una cucina. Si avvicinano alla fonte della musica attraversando la cucina.

Un padre è in preda al panico all’interno della sua casa. Ha due ragazzini – di circa sette e dieci anni. Ne ha uno in braccio. E’ mattina presto, sono in biancheria intima. Si precipitano in giardino e si dirigono verso il rifugio. Credono che ci sia un attacco missilistico. Ora sono fuori dalla vista, nel rifugio. I terroristi di Hamas appaiono lentamente nell’inquadratura. Si avvicinano al rifugio. Lanciano una granata. Dopo un paio di secondi c’è un’esplosione. Il padre è gettato fuori dal rifugio e sbatte contro un muro. E’ morto per l’esplosione o per il colpo o entrambi. Dopo pochi secondi uno dei ragazzi emerge coperto di sangue, in mutande. E’ accanto al padre morto. L’altro ragazzo esce anche lui, in mutande, coperto di sangue. Uno dei terroristi spinge i ragazzi in casa. Li fa sedere sui loro divani. Urlano e piangono. “Aba! Aba!”, papà, papà. Il loro universo è il peggior universo appositamente progettato per loro. Il terrorista li lascia per un pochino. Uno dei ragazzi urla: “Hanno ucciso papà. Non è uno scherzo!”. L’altro risponde: “Lo so, ho visto”. Il terrorista torna dentro e apre il frigo. E’ uno psicopatico e offre loro dell’acqua. “Voglio mia mamma!”, piange uno dei due ragazzini. Il terrorista ha gli occhi spenti, scrolla le spalle e beve dalla bottiglia. Si rinfresca dal frigo del padre dopo averlo ucciso. Il terrorista esce. I ragazzi sono soli in quella che era una casa fino a due minuti prima e ora è stata trasformata in un universo di dolore. “Penso che moriremo”. Un fratello vede le ferite dell’altro: “Riesci a vedere dagli occhi?”. “No”. Il ragazzino che ancora ci vede grida: “Perché sono vivo!”. Le riprese successive mostrano la madre che arriva in giardino con due guardie di sicurezza del kibbutz. Si avvicinano con cautela al rifugio. Vede il marito che giace in mutande. Crolla, urla e diventa isterica. Le guardie di sicurezza cercano di trattenerla e di non farla collassare contemporaneamente. Cercano di attutire le sue urla. Il kibbutz è ancora sotto attacco.

Hamas prende i telefoni delle persone che uccide.

Un terrorista tira fuori una persona assassinata dal sedile anteriore della sua auto e lascia cadere il corpo nella terra. Poi sale in macchina, nel sangue di quella persona, e se ne va.

Una donna è in ginocchio in un asilo. E’ in una stanza vuota, senza mobili. Sbircia nervosa dalle finestre. Cerca di nascondersi pateticamente dietro le uniche cose a sua disposizione: alcune borse. Vediamo i terroristi di Hamas intrufolarsi nell’asilo. Si muovono con furtività militare in un asilo. Usano tattiche militari in un asilo. Usano tattiche militari per trovare la donna che cerca di nascondersi dietro due borse e spararle. Le setacciano le tasche e prendono il suo telefono. Poi sollevano il suo corpo sulle spalle e la portano via.

Appunto per me: dobbiamo lottare per le nostre vite

Sentiamo una comunicazione radio tra i terroristi di Hamas in Israele e i loro leader a Gaza:

“Siamo nel Kibbutz Nisim”

“Tagliate teste con i coltelli!”

“Allahu Akbar! Allahu Akbar!”

“Gioca con le loro teste! Fai delle foto! Mandamele”.

Un uomo ferito è sul pavimento del suo salotto accanto a una sedia. E’ sdraiato sulla schiena e ha del sangue sul petto. Gli uomini di Hamas afferrano un attrezzo da giardino, una zappa. Cominciano a far oscillare la lama sulla sua gola e sul pomo d’Adamo. Dondolano di nuovo. Dondolano ancora, colpendo la gola. Tengono l’estremità più lontana del palo per ottenere la massima leva e potenza. Mentre tagliano la testa dell’uomo gridano: “Allahu Akbar! Allahu Akbar! Allahu Akbar!”. Sono così eccitati.

Il volto di una donna crolla per il numero proiettili sparati.

Una stanza con otto persone in un bagno di sangue dopo essere state colpite dai proiettili. E’ una minuscola camera da letto. Sono stipati lì dentro.

Case in fiamme. I terroristi si divertono come non mai. Uno di loro dà fuoco a un’auto usando una bomboletta spray e un accendino, come un vandalo adolescente.

I terroristi ridono e sorridono. Si scattano selfie. Provano un grande piacere. Ridono. Esultano. Per loro è un carnevale di sangue.

Il cadavere di una donna. Una famiglia morta in casa. Labbra che si baciavano sono ora volti distrutti con crani rotti. Una donna di mezza età è morta, distesa a faccia in giù sul letto. Una persona morta è sul pavimento accanto al letto. Si vede un fiume di sangue dove è stato trascinato un corpo. Sangue denso. Congelato. Con grumi. Bolle. Una testa mozzata, tagliata. I denti sporgono. Le labbra si sono raggrinzite.

Un corpo carbonizzato alla brace. Un cane domestico ucciso in una pozza del suo stesso sangue sul pavimento del soggiorno. Un cadavere bruciato ricoperto di fuliggine. Una bandiera dell’Isis. Una donna morta nel suo bagno. Un bambino morto con il cranio fracassato. Un bambino morto in mutande. Un bambino morto con una maglietta della Disney di Topolino. Un bambino morto. Un altro bambino morto.

Un bambino annerito dalle fiamme.

Labbra bruciate. Un bambino morto con addosso un vestito con delle farfalle. Mucchi di persone morte. Un terrorista usa un telefono rubato a una delle vittime che ha ucciso. Chiama suo padre. “Ho ucciso degli ebrei, papà!”. Il padre risponde “Allahu Akbar!”. Padre e figlio legano nel modo più idealizzato possibile, per un omicidio. Il figlio chiede di parlare con la mamma. “Mamma! Ho ucciso degli ebrei!”. “Che Allah ti riporti in pace” risponde lei. Come un bambino entusiasta di mostrare ai genitori qualcosa che ha fatto a scuola, lui dice: “Guardate la mia diretta whatsapp! Guardate la mia diretta whatsapp!”. La maggior parte delle persone sulla terra difficilmente ricorderebbe un momento in cui si è emozionata come questa famiglia in questo momento.

Una vecchia signora morta con le mutande scoperte. Persone morte. I loro occhi sono privi di vita o i loro volti sono collassati a causa dei proiettili.

Alcune ragazze adolescenti si nascondono. Si spaventano ogni volta che sentono una granata esplodere in lontananza. Singhiozzano e saltano con grida soffocate ogni volta che sentono un’esplosione avvicinarsi.

Una donna si nasconde sotto un tavolo in una stanza buia. Gli uomini di Hamas fanno brillare le torce nella stanza. Sono incredibilmente scrupolosi, si assicurano che nessuno sopravviva. Abbassano la torcia sotto il tavolo e la vedono. Lanciano una granata sotto il tavolo. Gridano “Allahu Akbar”. C’è un’esplosione. Lei urla per poco, poi smette.

Trovano un’altra donna nascosta sotto un tavolo al buio. I terroristi non si occupano subito di lei perché non rappresenta una minaccia per nessuno. Non è un soldato. E’ un civile. I terroristi parlano con calma tra loro. Indicano con precisione dove sono le persone da uccidere. Lo fanno con calma, perché non stanno combattendo contro dei soldati. Stanno uccidendo dei civili che non hanno nessuna carta da giocare in questa situazione.

Si sente una comunicazione radio di Hamas. Tutto questo viene orchestrato da Gaza. Non potrebbe accadere senza un’enorme infrastruttura. Si tratta di un’ondata di serial killer che hanno un’enorme rete di supporto e un quartier generale per dirigere i loro crimini. Catturano un israeliano. “Crocifiggilo”, è l’ordine che arriva da Gaza.

I terroristi si scattano selfie con i cadaveri. Mettono i piedi sul volto di un cadavere, come se fossero dei ragazzi che escono la sera. Si filmano mentre prendono a calci la testa di una persona morta. Ridono. Come un gruppo di amici che insieme programma un assassinio.

A Gaza un cadavere viene trascinato fuori da un’auto. Ci sono incredibili festeggiamenti di gioia ed estasi. Una folla di palestinesi inizia a calpestare il cadavere. Lo calpestano sulla strada. Il civile non aveva nessuna difesa quando era vivo.

Una ragazza terrorizzata viene prelevata da un camion a Gaza. E’ a piedi nudi, nella sporcizia. Indossa pantaloni della tuta insanguinati intorno all’inguine e solo intorno all’inguine. Intorno c’è una folla di palestinesi. Suonano i clacson. Ci sono grida di Allahu Akbar – grida profonde e sentite di Allahu Akbar mentre la ragazza con i pantaloni insanguinati si ritrova sola nella città dei suoi stupratori. La folla grida Allahu Akbar e le auto suonano il clacson come se stuprare una ragazza fosse una vittoria nella finale della Coppa del Mondo.

Un concerto di musica. I giovani ballano. Si divertono. Subentra un po’ di incertezza. Sentiamo una ragazza dire: “Cosa sta succedendo?”. Taglio improvviso sulle persone che corrono. Una ragazza singhiozza. Si sente un rumore di proiettili. Gli adolescenti cercano di sfuggire al rumore dei proiettili. Alcuni riescono a raggiungere una fila di veicoli e cercano di nascondersi dietro le auto. I terroristi armati di Hamas li inseguono. Un adolescente cerca di scappare. Centinaia di ragazzi corrono in un campo aperto. Sono come bufali braccati. I bambini corrono. I terroristi di Hamas li seguono con le mitragliatrici. Sparano su di loro.

Alcuni terroristi di Hamas sono in piedi vicino ai veicoli. Notano un individuo solitario sulla cresta di una collina che cerca di fuggire. Circa venti membri di Hamas lo inseguono. E’ così importante ucciderli tutti. TUTTI gli ebrei devono essere uccisi.

I terroristi sparano ad alcune persone mentre si nascondono nei bagni chimici durante un concerto. E’ un metodo. Come fosse un lavoro. Uno alla volta vanno in ogni cubicolo e sparano attraverso la porta di plastica. Vogliono uccidere tutti gli ebrei possibili.

L’equipaggiamento che i terroristi hanno portato per uccidere i civili è sorprendente. Il denaro, il tempo, la logistica e il supporto operativo solo per uccidere dei ragazzi sono impressionanti. Si dice che ci vuole un villaggio per crescere un bambino. Ogni terrorista che preme un grilletto ha alle spalle l’equivalente di un villaggio. Non ci si può svegliare una mattina e commettere spontaneamente massacri come questo, in così tanti luoghi e su così vasta scala.

Una donna in lacrime tra spari ed esplosioni. Il rumore dei proiettili Adolescenti rannicchiati e nascosti con le lacrime nel cuore. Qualcuno è a terra accanto a un’auto. Si stanno fingendo morti. Una gamba si contrae. Un terrorista si avvicina e gli spara dei proiettili nella schiena. Corre per ucciderli con efficienza e intenzione. Vogliono un punteggio perfetto per uccidere gli ebrei. Zero ebrei lasciati in vita, questa è l’unica cosa accettabile per loro.

Grida di giubilo di Allahu Akbar. Ovunque. In ogni scena di morte. Allahu Akbar. Allahu Akbar.

Un corpo carbonizzato brucia a terra. La schiena brucia con fiamme basse. Un giovane uomo è intrappolato. Il suo volto è terrorizzato. Occhi selvaggi. Denti digrignanti. E’ in un gruppo di altri giovani intrappolati. I suoi denti battono in mezzo al suono dei gemiti dei feriti e dei moribondi.

Ci sono parti di corpi in una strada. Pezzi di carne umana.

Una donna è rannicchiata in un’auto. Una granata viene lanciata in un rifugio pieno di giovani. Ostaggi feriti e sanguinanti vengono caricati sul retro di pick-up.

I terroristi si scattano selfie con i loro ostaggi. Mezzi vivi, picchiati o morti. I terroristi si scattano selfie con i loro ostaggi. Ci sono corpi di ostaggi nel retro dei camioncini. Gli arti si sovrappongono. Ci sono grida di Allahu Akbar.

All’interno di Gaza. Nel retro di un pick-up. Un terrorista siede con un ostaggio. Non si sa se sia viva o morta. E’ a faccia in giù con la testa in grembo. E’ stata spogliata. Ha solo il reggiseno. Non si sa se sia viva o morta. Il terrorista sta giocando con i suoi capelli. Guarda con noncuranza la folla che si sta radunando. Una folla di palestinesi va verso il camioncino per sputare sul corpo della ragazza. Si scontrano e lottano tra loro per ottenere una buona posizione per sputare sulla ragazza a faccia in giù che non si muove. Uno dopo l’altro sputano, mentre il terrorista stanco accarezza i capelli della ragazza svestita a faccia in giù sulle sue ginocchia.

Una strada completamente distrutta. Auto dopo auto distrutte. Auto che sarebbero potute essere utilizzate per la fuga, deliberatamente distrutte. Questi non sono atti spontanei. Sono tattiche prese e studiate in anticipo. Sono atti pianificati intenzionalmente per garantire l’uccisione del maggior numero di ebrei. Sono atti pianificati in anticipo per garantire che persone indifese abbiano ancora meno opportunità di sopravvivere.

Due corpi cotti alla brace. Sono così cotti che potrebbero ridursi in polvere. Un teschio umano la carne bruciata è carbonizzato. Ci sono cadaveri cotti ancora fumanti. Ci sono corpi che sembrano essere stati coinvolti in un’esplosione nucleare. Persone che si sono svegliate quella mattina si sono trasformate in carbone al tramonto.

E’ notte. C’è una fossa piena di corpi fumanti. E’ stata un’intera giornata di massacri.

Un corpo deforme e martoriato. Gli arti di una donna sono stati spezzati. Sono stati volutamente distorti. Le sue labbra sono state strappate via. I suoi denti sporgono senza senso.

Una tenda piena di morti. I morti sono circa cinquanta. Non ci sono abbastanza pagine per documentare ogni atto malvagio avvenuto oggi. L’entità dei loro crimini. Hanno fatto tutto questo in un giorno. Immagina cosa potrebbero fare se avessero un intero calendario. Nessun ebreo esisterebbe se avessero tale potere.

Una ragazza morta. Una ragazza morta. Un’altra ragazza morta. Una ragazza morta con un buco profondo nel petto dove è entrato il proiettile. Un corpo con le gambe spezzate. Un cadavere decapitato con un bavaglio in bocca. Un cadavere a faccia in giù con le mani ammanettate dietro la schiena.

Un corpo bruciato e annerito. E’ in una posizione strisciante. Le sue spalle sono sollevate da terra in una posizione strisciante.

Un camion pieno di cadaveri bruciati, fusi insieme in un unico ammasso. E’ stato implacabile. Pronunciavano il nome del loro Dio in un momento in cui la maggior parte delle persone dubitava che Dio esistesse.

Il Foglio

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L’Inondazione di Piedimonte del 1857


Nel settembre del 1857, la città di Piedimonte (Caserta) fu teatro di una catastrofe naturale di proporzioni devastanti. Un’inondazione senza precedenti colpì la regione, lasciando dietro di sé una scia di distruzione e dolore cheContinue reading

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Archeologia e Scoperte – Settembre 2023


Archeologia e Scoperte di Zhistorica News è una delle rubriche storiche più seguite della nostra pagina Facebook. In questi articoli mensili qui sul sito trovate tutte quelle pubblicate nel mese di riferimento, in modo daContinue reading

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Il Diavolo di Lisbona


Lo stampo del Diavolo di Lisbona rappresenta una eccezionale testimonianza dei riti e delle superstizioni del quartiere musulmano della capitale portoghese nel XIV secolo. Nel 2012, un team di archeologi ha effettuato degli scavi pressoContinue reading

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O paghi o ti profilo: l'ultimatum di Facebook e Instagram può violare la legge. Il commento di Giovanni Ziccardi su Domani

La piattaforma di Zuckerberg non ha previsto l’opzione “non ti faccio pagare nulla e non ti profilo”. Spalacando dubbi di carattere giuridico: si può dare un valore economico alla protezione dei dati? Si possono vendere i propri diritti fondamentali? Il quadro giuridico europeo dovrà rispondere in fretta a queste domande, anche perché cosa è conforme alla legge non può deciderlo una piattaforma privata

@Privacy Pride

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Veramente a me pare che invece sia:
"O paghi, o ti mando pubblicità mirata.
Ma tanto, ti profilo a prescindere."

Sbaglio?

@privacypride

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È ormai evidente che il presidente della regione Lazio, invece di dare seguito alle promesse elettorali della sua coalizione di Centro Destra, sta puntando a f


Trovo davvero di cattivo gusto l'appropriazione indebita del pacifismo da parte del Pd. È come se Meloni e Salvini convocassero una manifestazione contro la


Pubblicato oggi il primo avviso per la presentazione dei progetti, finanziati con risorse #PNRR, da parte delle scuole paritarie del primo e del secondo ciclo di istruzione per potenziare l’insegnamento delle materie #Stem (Scienze, Tecnologia, Ingeg…


non aspettare...


Questo racconto di guarigione parla proprio nel nostro tempo. Tutti, più o meno, sono come quell’uomo che aspetta che l’acqua si muova, per rispondere ad un bisogno, per realizzare un desiderio, per un senso di giustizia o per una situazione bloccata. Si aspetta affinché tutto cambi e migliori nella propria vita. Molti pregano per questo, e in fondo non vogliono salvezza, ma interessa solo la guarigione o una vincita...
E così però passano anni della propria vita solo aspettando...
La salvezza vera è invece Gesù Cristo. E non c’è da attendere, Gesù che ci salva ci dice di vivere, di non aspettare per vivere secondo l’evangelo. Di andare nel mondo senza bloccarsi per attendere un qualcosa, ma cercando di essere qualcuno, qualcuno che segue il Signore.


Ucraina: per Zelensky è l’ora più difficile


Zelensky è sempre più solo. Washington preme per negoziare con la Russia mentre il comandante dell'esercito ucraino denuncia uno stallo che avvantaggia Mosca L'articolo Ucraina: per Zelensky è l’ora più difficile proviene da Pagine Esteri. https://pagin

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di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 10 novembre 2023 – Per Volodymyr Zelensky sembra essere arrivata l’ora più difficile. Il conflitto con la Russia si è visibilmente impantanato e nonostante l’enorme sforzo profuso dalle forze armate ucraine l’inverno ormai è alle porte e la controffensiva che avrebbe dovuto sbloccare la situazione ha prodotto risultati assai scarsi e a costo di enormi perdite, umane ed economiche.

Come dimostrano le dichiarazioni di Giorgia Meloni al “comico” russo fattosi passare per il dirigente dell’Unione Africana, anche i più caldi sostenitori europei di Kiev sono ormai stanchi di investire risorse infinite per finanziare la guerra contro Mosca, continuando a subire i contraccolpi economici e commerciali causati dalle sanzioni imposte alla Federazione Russa. In molti, al di là delle dichiarazioni di facciata, sono in attesa che un qualche evento permetta loro di sfilarsi dalla “guerra di civiltà” proclamata contro Vladimir Putin per tornare a far girare l’economia.

Il conflitto in Medio Oriente avvantaggia Mosca
Come hanno fatto maliziosamente notare alcuni dirigenti di Hamas al Cremlino – per perorare la causa di un maggiore attivismo a favore della causa palestinese della Russia, finora molto restia a troncare i consistenti rapporti economici, politici e militari con lo “stato ebraico” – l’assalto a Israele del 7 ottobre e la brutale rappresaglia di Tel Aviv, con il conseguente rischio di allargamento del conflitto a tutto il Medio Oriente, hanno fortemente avvantaggiato Mosca nei confronti di Kiev.
L’amministrazione Biden afferma senza remore di essere in grado di sostenere dal punto di vista bellico e finanziario sia Israele sia l’Ucraina, ma ovviamente lo sdoppiamento dei fronti mette in difficoltà il Pentagono e lo stesso esecutivo di Washington. A tal punto che all’ultima riunione a Bruxelles del “Ukraine Defense Contact Group” – il coordinamento che riunisce i 54 paesi che sostengono militarmente Kiev – i rappresentanti degli Stati Uniti, compreso il segretario alla Difesa Lloyd Austin, hanno esplicitamente fatto pressioni su Zelensky affinché tenti di intavolare una trattativa con la Russia. Se fino a qualche tempo fa Washington si è spesa per impedire che l’Ucraina avviasse un serio negoziato con Putin, ora sembrano assai più interessati ad una soluzione concordata. Una cristallizzazione del fronte attuale potrebbe ampiamente soddisfare il Cremlino, che manterrebbe – pur senza riconoscimento internazionale – il possesso dei territori conquistati, ma che potrebbe rivelarsi inaccettabile per Kiev che ha sempre posto l’irrinunciabile condizione del ripristino dell’integrità territoriale come base per ogni accordo.

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La situazione sul campo al 5 ottobre

Il comandante dell’esercito ucraino ammette lo stallo
La situazione al fronte si è fatta a tal punto complicata che qualche giorno fa, in un’intervista al settimanale britannico “The Economist”, il comandante in capo dell’esercito ucraino Valery Zaluzhny ha esplicitamente denunciato lo “stallo” tra due schieramenti di fatto equivalenti che da mesi si affrontano con ampio impiego di uomini e mezzi senza determinare particolari progressi né in un senso né nell’altro. Tra poco il gelido inverno delle steppe ucraine congelerà letteralmente il fronte fino alla prossima primavera, avvantaggiando oggettivamente la Russia che potrà continuare a logorare le forze ucraine sfruttando la superiorità aerea e tecnologica. La più volte annunciata e rimandata controffensiva ucraina, iniziata effettivamente il 4 giugno, non ha prodotto i risultati sperati, consentendo a Kiev di riconquistare solo una manciata di kmq. Nemmeno l’invio dei missili Atacms ha spezzato il sostanziale equilibrio tra le forze dei due eserciti nemici.
Se la Nato non fornirà a Kiev quantità consistenti di armi e mezzi di ultima generazione, ha chiarito Zaluzhny, lo stallo non potrà che continuare consumando le risorse ucraine ma anche le finanze e la pazienza dei sostenitori internazionali di Zelensky.
Nelle scorse ore la rivista statunitense Forbes, riprendendo le analisi di alcuni esperti militari, ha però fatto notare che l’Ucraina potrebbe perdere rapidamente i 195 carri armati Leopard 1A5 che dovrebbe ricevere a breve, qualora ripetesse gli errori commessi nell’utilizzo – ritenuto scorretto – dei più avanzati Leopard 2 inviati nei mesi scorsi.

Il nervosismo di Zelensky
Le dichiarazioni di Zaluzhny hanno mandato su tutte le furie il presidente ucraino, impegnato a chiedere costantemente nuovo sostegno ai suoi partner e sponsor internazionali, al punto da far trapelare l’intenzione di rimuovere il comandante in capo delle forze militari del paese, opzione per ora congelata.
Uno dei più stretti collaboratori di Zelensky, Ihor Zhovkva, ha accusato il generale di «semplificare il lavoro del nemico» con le sue dichiarazioni e di fatto gli ha dato del “traditore” in diretta tv, rivelando quanto sia duro lo scontro all’interno dei vertici ucraini. Qualche malizioso commentatore ha poi fatto notare il sospetto tempismo dell’incidente che, pochi giorni fa, ha ucciso Gennady Chastiakov, assistente personale di Zaluzhny saltato in aria dopo aver aperto un “pacco di compleanno” contenente alcune granate che gli era stato donato – uno scherzo malriuscito, assicurano da Kiev – da un sottoposto.
E comunque la presidenza ha silurato il comandante delle forze speciali Victor Horenko, stretto collaboratore di Zaluzhny, sostituendolo con Sergei Lupanchuk, ritenuto molto vicino al capo dello Stato.

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La strage degli artiglieri
A mettere in discussione l’immagine di un esercito preparato e infallibile che Zelensky si è tanto prodigato a costruire e a diffondere ci ha poi pensato la strage di artiglieri ucraini causata da un attacco russo contro una celebrazione irresponsabilmente organizzata a ridosso del fronte.
Il 4 novembre, infatti, un Iskander lanciato dai russi ha colpito il villaggio di Zarichne, a meno di 30 km dal fronte nell’oblast di Zaporizhzhia, causando 19 morti e decine di feriti tra i militari della 128esima Brigata della Transcarpazia che erano riuniti in un piazzale per una premiazione in occasione della “Giornata dell’Artigliere”.

Il presidente ha dovuto sospendere il comandante della brigata decimata con Zaluzhny che ne ha definito il comportamento «uno scempio». Da tempo, inoltre, i vertici militari chiedono a quelli politici di impedire che decine di migliaia di giovani che potrebbero combattere alla difesa del paese si sottraggano rendendosi irreperibili, iscrivendosi all’Università oppure ottenendo da medici concilianti certificati che li esentano dalla leva per motivi di salute.

Salta il viaggio di Zelensky a Tel Aviv
Come se non bastasse, prima è trapelata la notizia che Zelensky aveva in programma un viaggio in Israele che non avrebbe dovuto essere divulgato, poi la importante visita a Tel Aviv è stata rinviata a data da destinarsi. L’ennesima brutta figura di un leader che appare sempre più incapace di rispettare le promesse – la più azzardata era stata quella di riprendere il Donbass e la Crimea entro l’estate che ci siamo lasciati alle spalle – che continua a fare al suo popolo e agli alleati, dimostrando scarso realismo. Pagine Esteri

10283122* Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna, America Latina e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria.

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