Il Niger: «via le truppe USA». Washington prova a trattare
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di Marco Santopadre*
Pagine Esteri, 26 marzo 2024 – Desta profonda apprensione a Washington la decisione della giunta militare del Nigerdi chiedere che le truppe statunitensi presenti nel paese lo abbandonino quanto prima.
Dopo la cacciata delle truppe francesi e la rottura degli accordi con l’Unione Europea, in un messaggio trasmesso il 16 marzo dalla tv pubblica “Rtn” il colonnello Amadou Abdramane – portavoce del Consiglio Nazionale per la Salvaguardia della Patria, insediato dopo il colpo di stato del 26 luglio scorso – ha infatti annunciato la sospensione, «con effetto immediato», della cooperazione militare con gli Stati Uniti. Il portavoce ha definito la presenza militare statunitense “illegale” e “incostituzionale” in quanto basata su un accordo illegittimo, «imposto unilateralmente dagli Stati Uniti tramite una semplice nota verbale» il 6 luglio 2012.
“Ingerenze intollerabili”
La decisione è probabilmente maturata da mesi, ma le autorità di Niamey la giustificano anche come una reazione alle intromissioni di Washington nei suoi affari interni.
Durante una recente visita nel paese di una delegazione statunitense guidata da Molly Phee, assistente segretaria di Stato per gli Affari Africani, accompagnata dal generale Michael Langley, comandante del Comando Usa per l’Africa (Africom), i rappresentanti statunitensi avrebbero minacciato ritorsioni contro Niamey criticando la scelta della giunta golpista di vendere uranio all’Iran e di intrattenere relazioni economiche e militari sempre più privilegiata con Russia e Cina. La tensione era così alta che il generale Abdourahamane Tchiani, a capo della giunta golpista, si è rifiutato di ricevere la delegazione.
Amadou Abdramane
Un duro colpo per Washington
La richiesta di un ritiro completo della propria presenza militare in Niger rappresenta un duro colpo per lo schieramento strategico di Washington nel Sahel, giustificato con la necessità di contrastare il terrorismo jihadista e diretto a frenare l’espansione dell’influenza di Mosca e Pechino nella regione.
Da anni Niamey è al centro delle operazioni statunitensi nell’Africa occidentale e settentrionale, e attualmente nel paese sono dispiegati tra i 650 e i 900 effettivi, dopo il ridimensionamento del contingente deciso a settembre in seguito al golpe.
L’esercito statunitense gestisce nel paese un’importante base aerea (la Base 201, ristrutturata recentemente con una spesa di 100 milioni di dollari) ad Agadez, 920 chilometri a nord-est della capitale Niamey, utilizzata dal 2018 per colpire i combattenti dello Stato islamico e del Gruppo di sostegno all’Islam e ai musulmani (Jnim), affiliato ad al Qaeda. Nella base sono dispiegati due ricognitori, due elicotteri e una decina di droni che permettono all’Africom di controllare l’intero Sahel e la Libia.
La Cedeao ritira le sanzioni
Per evitare di dover abbandonare il paese recentemente la Casa Biancasi era mostrata conciliante con i golpisti. A dicembre l’inviato Usa in Africa aveva affermato che Washington era disponibile a ripristinare gli aiuti finanziari sospesi dopo la deposizione del presidente Mohamed Bazoum.
Inoltre alla fine di febbraio la Comunità Economica dei Paesi dell’Africa Occidentale (Cedeao), che inizialmente aveva iniziato a discutere la possibilità di un intervento militare contro Niamey per “ripristinare la legalità”, ha invece deciso di revocare la maggior parte delle sanzioni commerciali ed economiche imposte al Mali e al Niger (che nel frattempo hanno annunciato di voler abbandonare l’organismo regionale entro il 2025) dopo i rispettivi colpi di stato.
Recentemente la Nigeria si è assicurata un finanziamento di 1,3 miliardi di dollari per completare un progetto ferroviario che collegherà Kano, la più grande città del nord del Paese, a Maradi, in Niger. L’85% dei fondi necessari sarà fornito da un consorzio guidato dalla China Civil Engineering Construction Company (Ccecc), mentre il restante 15% sarà coperto dal governo nigeriano, dall’Africa Export-Import Bank e dalla Banca africana di sviluppo (Afdb).
Il Niger ha già rotto con Francia e Ue
Le mosse di Washington e della Cedeao, però, non sembrano essere servite a molto.
Dopo le richieste della giunta e consistenti manifestazioni popolari, lo scorso 24 settembre il presidente Macron aveva dovuto annunciare il ritiro del continente militare francese presente in Niger, completato poi il 22 dicembre. Un duro colpo per Parigi, che dal 2015 dispiegava in Niger ben 1500 soldati impegnati nel contrasto alle organizzazioni jihadiste.
In seguito, a dicembre, i golpisti hanno sospeso gli accordi di difesa e sicurezza con Bruxelles, revocando in particolare l’accordo stipulato con l’Ue relativo alla missione civile europea denominata Eucap Sahel Niger, attivata nel 2012. La giunta ha anche ritirato il consenso al dispiegamento della Missione di partenariato militare dell’Ue (Eumpm).
Proteste antifrancesi in Niger
Washington prova a negoziare
Ora la Casa Bianca cerca di negoziare con la giunta nigerina nel tentativo di mantenere un minimo di presenza militare nel paese. «Stiamo lavorando per trovare il modo di far rimanere le truppe statunitensi nel paese» ha spiegato nel corso di una conferenza stampa la vice portavoce del Pentagono Sabrina Singh, che si è detta preoccupata per i crescenti legami di Niamey con Russia e Iran. Anche il vice portavoce del dipartimento di Stato, Vedant Patel, ha raccontato di essere in contatto con il Consiglio Nazionale per la Salvaguardia della Patria per convincerlo a tornare sui suoi passi.
«Questo è il fianco meridionale della Nato. Dobbiamo essere in grado di mantenere l’accesso e l’influenza in tutto il Maghreb, dal Marocco alla Libia» ha detto il generale Langley, sottolineando che nel continente Russia e Cina stanno perseguendo strategie a lungo termine, «cercando di conquistare l’Africa centrale e il Sahel».
La Russia si rafforza
In effetti i legami tra Mosca e altri paesi del Sahel sono sempre più consolidati, soprattutto con il Mali e il Burkina Faso, anch’essi guidati da giunte militari insediate in seguito ad altrettanti golpe.
In Burkina Faso la Federazione Russa ha già schierato centinaia di militari dell’Africa Corps – l’entità che ha preso il posto della Compagnia militare privata “Wagner” dopo la morte di Yevgeny Prigozhin – mentre un migliaio di combattenti russi sta supportando l’esercito del Mali contro i jihadisti. Inoltre a novembre i golpisti di Bamako hanno firmato un accordo con Mosca che include la realizzazione di una raffineria d’oro.
Con i due paesi dell’area il Niger sta costruendo un’alleanza regionale di tipo militare ed economico– si parla addirittura del varo di una moneta unica – ed a dicembre a Niamey è arrivato il viceministro della Difesa russo, Junus-bek Yevkurov, che con la giunta locale ha firmato un accordo di cooperazione militare.
Rimangono gli italiani
Se dovesse essere confermata la partenza delle truppe di Washington, nel paese resterebbe solo il contingente italiano inviato in Niger nell’ambito della “Missione bilaterale di supporto” (Misin). La missione italiana conta attualmente su 350 militari e 13 mezzi terrestri e la sua area di intervento si estende fino alla Mauritania, alla Nigeria e al Benin. Il contingente è dislocato dal giugno del 2022 in un’area all’interno dell’aeroporto di Niamey ed ora, ammesso che la giunta nigerina non cacci anche il Misin resterebbe l’unica forza militare occidentale nel paese.
Per ora i rapporti con i golpisti sarebbero ottimi: il 9 marzo una delegazione italiana guidata dal generale Figliuolo e dal segretario generale della Farnesina, Riccardo Guariglia, ha concordato il riavvio dei corsi formativi a favore dell’esercito e della polizia nigerini.
Intanto l’insorgenza jihadista continua a colpire duramente. Venerdì scorso 23 militari di Niamey sono stati uccisi nel corso di un’imboscata, poi rivendicata dallo Stato Islamico, avvenuta nelle regioni occidentali del paese, vicino al confine con il Burkina Faso e il Mali. Pagine Esteri
* Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna, America Latina e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, El Salto Diario e Berria
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GAZA. Sotto assedio altri due ospedali. Israele vieta all’Unrwa la distribuzione degli aiuti al Nord
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di Michele Giorgio
Pagine Esteri, 25 marzo 2024 – Mentre continua la pesante incursione dell’esercito israeliano nell’ospedale Shifa di Gaza city – dove Tel Aviv afferma di aver ucciso circa 200 combattenti e dirigenti di Hamas e Jihad islami e di averne catturato altre centinaia, invece i palestinesi denunciano l’uccisione e il ferimento di numerosi civili all’interno del complesso ospedaliero -, altri due ospedali della Striscia, il Nasser e l’Amal di Khan Yunis, sono finiti di nuovo sotto assedio. La Mezzaluna Rossa inoltre denuncia che le forze israeliane bloccano i movimenti delle sue squadre mediche con colpi di arma da fuoco e che uno dei suoi dipendenti è stato ucciso da raffiche di carri armati. “Tutte le nostre squadre sono in estremo pericolo in questo momento e completamente paralizzate”, si legge in un comunicato della Mezzaluna Rossa.
Come per lo Shifa, l’esercito israeliano sostiene che combattenti palestinesi si sarebbero rifugiati all’interno di questi due ospedali. Reparti corazzati hanno circondato l’ospedale di Al-Amal ed effettuato estese operazioni di demolizione nelle sue vicinanze. Le forze israeliane intimano la completa evacuazione del personale, dei pazienti e degli sfollati dai locali dell’Amal e hanno lanciato fumogeni per costringere le persone ad uscire.
Abitanti di Khan Younis hanno aggiunto che le truppe israeliane sono avanzate e hanno circondato l’ospedale Nasser, nella parte occidentale della città, sotto la copertura di un pesante fuoco aereo e terrestre. A Rafah al confine con l’Egitto, l’ultimo rifugio per oltre la metà della popolazione di Gaza, un attacco aereo israeliano su una casa ha ucciso sette persone. Almeno 32.226 palestinesi sono stati uccisi, di cui 84 nelle ultime 24 ore, e 74.518 feriti nell’offensiva aerea e terrestre israeliana dal 7 ottobre.
Intanto la mediazione del Qatar e dell’Egitto, appoggiata dagli Stati Uniti, non è riuscita finora a raggiungere il cessate il fuoco tra Hamas e Israele, lo scambio tra ostaggi israeliani e prigionieri politici palestinesi e un aiuto umanitario senza limiti agli oltre due milioni di civili di Gaza che affrontano la carestia. Hamas vuole che qualsiasi accordo di tregua includa l’impegno israeliano a porre fine alla sua offensiva e a ritirare le forze da Gaza. Israele lo ha escluso e afferma che continuerà a combattere finché “Hamas non sarà sradicato come forza politica e militare”.
La quantità e la distribuzione degli aiuti alimentari a Gaza restano tra i principali problemi. Israele peraltro ha comunicato che non permetterà più all’Unrwa, l’agenzia per i profughi palestinesi, di consegnare il cibo e altri generi di prima necessità nel nord della Striscia. Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha descritto la mancata consegna degli aiuti destinati a Gaza come un “oltraggio morale” durante una visita sabato al lato egiziano del valico di frontiera di Rafah. Parlando ieri al Cairo, Guterres ha affermato che l’unico modo efficace ed efficiente per consegnare merci e soddisfare i bisogni umanitari di Gaza è la strada, ossia il trasporto con i camion. Gli Stati Uniti e altri paesi utilizzano lanci aerei e navi per fornire aiuti, ma i funzionari delle Nazioni Unite ripetono che le consegne possono essere aumentate solo via terra e accusano Israele di ostacolare le operazioni umanitarie. Pagine esteri
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Quelli che oggi ci fanno la morale su come si trattano i terroristi in un "paese civile" che rispetta lo stato di diritto, sono gli stessi che nel corso della storia si sono macchiati di torture e violazioni di diritti umani indicibili.
Sono gli stessi che quando gli Stati Uniti d'America, con la collaborazione anche dell'Italia e di quasi tutto il "buono e democratico occidente", ne combinavano di ogni in Iraq, in Afghanistan e a Guantanamo anche sui civili, anzi, spesso sui civili, se ne stavano zitti o ci raccontavano la storia dell'esportazione della democrazia, della lotta al terrorismo e della guerra del bene contro il male.
Sono gli stessi che stanno facendo marcire in carcere Julian Assange solo perché quei crimini li ha fatti conoscere al mondo intero. Sono gli stessi che stanno torturando un giornalista che ha fatto solo ed esclusivamente il suo lavoro.
Sono gli stessi che stanno permettendo a Israele di commettere stupri e torture raccontandoci che si tratta di "diritto di difendersi".
Cari pennivendoli, voglio essere impopolare anche stavolta ma si parla con i fatti, non con la propaganda e le menzogne: seppur i terroristi catturati in Russia non stiano assolutamente subendo un trattamento con i guanti bianchi, sappiate che in confronto alle torture inflitte in giro per il mondo dai vostri padroni, sembra che siano in un hotel a cinque stelle.
Solo che per voi, maledetti suprematisti, esiste la categoria di serie A e di serie B. Sia sui morti sia sui terroristi. In base a come vi ordina la Cada Bianca di classificarli. Quindi per favore risparmiateci lezioni e morale. Avete ampiamente rotto i cog***ni...
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T.me/GiuseppeSalamone
Autorità nazionale per l’intelligenza artificiale: le nostre proposte
Approvato l’AI Act dal Parlamento europeo, ora tocca agli Stati membri garantirne la corretta applicazione creando un’autorità nazionale per il governo dell’IA indipendente.
Insieme a Privacy Network, The Good Lobby, e molte altre organizzazioni italiane, abbiamo pubblicato un documento con le nostre raccomandazioni a politici e istituzioni che presto dovranno decidere quali caratteristiche dovrà avere l’autorità italiana.
Autorita-AI-Ita-2024-1Download
Di seguito riportiamo in sintesi le caratteristiche principali che l’autorità nazionale per l’intelligenza artificiale dovrà possedere, per essere in gradi di affrontare il compito che la attende:
Indipendenza e Autonomia Politica.
Questa Autorità dovrebbe, innanzitutto, essere indipendente e autonoma da influenze politiche e interessi economici. Per questo raccomandiamo che i componenti del collegio vengano nominati attraverso un percorso parlamentare trasparente e possibilmente partecipativo.
Multidisciplinarietà.
L’autorità dovrà disporre di personale competente ed esperto con una conoscenza approfondita e multidisciplinare dell’IA, dei dati e dell’informatica, dei diritti fondamentali, dei rischi per la salute e per la sicurezza ,delle norme e dei requisiti giuridici esistenti. Devono essere inclusi esperti in scienze sociali e umanistiche per assicurare un’analisi esaustiva degli impatti dell’IA sulla società.
Etica e Standardizzazione.
Con un’autorità indipendente per l’IA ci sarebbe maggiore chiarezza nella distribuzione delle competenze, facilitando e uniformando l’applicazione delle norme. Un ente ad-hoc potrebbe concentrarsi sulle implicazioni etiche e legali, fornendo linee guida e supporto alle organizzazioni che sviluppano e impiegano l’IA.
Trasparenza e Accesso alle Informazioni.
La nuova autorità indipendente per l’IA dovrebbe sfruttare il proprio mandato per offrire una supervisione trasparente e mettere cittadine e cittadini nelle condizioni di comprendere le applicazioni dell’IA, i dati coinvolti e le decisioni adottate. Per questo suggeriamo all’autorità di istituire un registro algoritmico nazionale.
Apertura.
In linea con i principi dell’open governmenti, è importante che l’autorità si doti anche di meccanismi di apertura nei confronti della società civile. Tavoli di lavoro, commissioni miste, protocolli di intesa, sono “strumenti” che possono facilitare il dialogo tra l’autorità e i soggetti che da anni si occupano del tema, rendendone l’operato più efficace.
Capacità Finanziaria.
Ci auguriamo che l’autorità sia fornita di risorse economiche e strumentali adatte: questo significa disporre di personale interno adeguato, formato e remunerato adeguatamente. Consigliamo anche di prevedere fondi per realizzare studi finalizzati ad aggiornare periodicamente la fotografia dello stato dell’arte dell’IA in Italia.
Rappresentatività del Collegio.
Le persone nominate nel board dell’autorità dovranno rappresentare il più ampio spettro sociale possibile, anche in termini di genere, etnia, background culturale e di rappresentazione generazionale.
Agilità Operativa.
L’autorità indipendente si troverà nelle condizioni di dover rispondere con immediatezza alle sfide poste dalle rapide innovazioni nel campo dell’IA. Per questo servono validi meccanismi di controllo per verificare che ciò avvenga in maniera etica e rispettosa dei diritti fondamentali.
Meccanismi di controllo.
L’Agenzia nominata dovrà essere in grado di implementare misure e linee guida a supporto di chi sviluppa o adotta sistemi di IA. Dovrà, inoltre, sviluppare meccanismi di controllo per intervenire quando non vengono rispettate. Questi meccanismi di controllo dovranno essere tanto reattivi quanto accurati, assicurando che le decisioni automatizzate siano prese con una piena consapevolezza di tutte implicazioni etiche e sociali.
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ITS Academy, l’87% dei diplomati trova #lavoro a un anno dal diploma. Sono stati presentati a Fiera Didacta Italia, i dati del monitoraggio nazionale 2024 sul sistema ITS Academy.Telegram
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di Michele Giorgio
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#NotiziePerLaScuola
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La scuola va alla guerra? Disarmiamo la scuola l Rivoluzione Anarchica
Contemporaneamente alla privatizzazione e precarizzazione del sistema educativo, stiamo assistendo a un soffocante processo di militarizzazione delle istituzioni scolastiche e degli stessi contenuti culturali e formativi. Come accadeva ai tempi del fascismo, le scuole tornano a essere caserme mentre le caserme si convertono in aule e palestre per formare lo studente-soldato votato all’obbedienza perpetua.
Possibile che Zelensky e l'Occidente non si rendano conto che la Russia NON PUÒ PERDERE in Ucraina, a costo di scatenare un guerra nucleare contro la NATO, ed a costo di venire distrutta essa stessa?
secondo il calcolo costi/benefici, per le importanti perdite di risorse e umane, la Russia potrebbe anche ottenere dei risultati ma di fatto ha GIÀ perso. e comunque il rapporto di fiducia e collaborazione con l'Europa dell'ovest è gravemente compromesso per generazioni...
la guerra nucleare? davvero? ma proprio il calcolo costo benefici non importa a nessuno quando si fanno le cose? la guerra nucleare nessuno la vince. non ha neppure senso parlarne. se un giorno ti dicessero che o l'Italia si arrende oppure la guerra nucleare tu cosa rispondi? io rispondo che se non è possibile vivere liberi, la vita non ha valore, e quindi tanto vale distruggere tutto. il ricatto sul nucleare ha senso per autodifesa ma non può essere usato per conquistare il mondo.
questa domanda è tipica della propaganda russa.
Oggi #25marzo è il #Dantedì, la Giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri!
Il #MIM ha previsto un'esposizione di volumi visitabile fino al 19 aprile presso la Sala di Lettura della Biblioteca.
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L’Altra Asia – Gli intrighi di palazzo in Vietnam
In poco più di un anno in Vietnam si sono dimessi due presidenti, due vicepremier e tre ministri, tutti in nome della lotta alla corruzione. È il segno che sono in corse delle lotte intestine per la segreteria del Partito Comunista.
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In Cina e Asia – China Development Forum, il premier Li promette maggiori aperture
China Development Forum, il premier Li Qiang promette maggiore apertura agli investimenti stranieri
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Sui social cinesi si discute dell'adattamento Netflix de "Il problema dei tre corpi"
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RUSSIA. Giorno di lutto dopo l’attacco con centinaia di morti
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Pagine Esteri, 24 marzo 2024. Giorno di lutto, oggi, dopo il terribile attacco di venerdì sera al Crocus City Hall, quando quattro uomini con armi automatiche hanno sparato sulla folla, uccidendo più di 133 persone tra cui 3 bambini e ferendone 150. Le immagini impietose dei civili terrorizzati falciati dalla raffica di proiettili avevano già fatto il giro del mondo quando l’attacco era ancora in corso, all’interno della grande sala da concerto dove era prevista l’esibizione di un famoso e storico gruppo musicale russo.
Giunti a bordo di un piccolo furgone intorno alle 19,40 circa, gli attentatori vestiti con mimetiche e dotati di armi e di un alto numero di proiettili, hanno fatto irruzione nel centro, che dista solo pochi chilometri dal Cremlino, a Mosca. La sala concerti è stata data alle fiamme e sono servite ore per spegnere il fuoco.
I primi arresti sono presto arrivati: secondo le dichiarazioni ufficiali russe, gli attentatori sono stati fermati mentre provavano a fuggire in Ucraina dove avrebbero trovato un passaggio garantito. Le autorità ucraine hanno immediatamente smentito un coinvolgimento di qualsiasi tipo nell’azione. Anche gli Stati Uniti si sono affrettati a dichiarare l’estraneità di Kiev, affermando che le autorità russe erano state avvisate di possibili attacchi terroristici, così come l’intelligence statunitense aveva previsto e che l’unico responsabile è lo Stato islamico.
Il braccio afghano dell’ISIS ha rapidamente rivendicato la responsabilità dell’attacco, lasciando aperte non poche considerazioni e qualche dubbio. È stata diffusa la foto di quelli che sarebbero i 4 attentatori, con i volti sfocati e sullo sfondo una bandiera dello Stato Islamico. In alcuni video circolati su internet sarebbero stati registrati gli arresti e le confessioni di almeno due degli uomini coinvolti nell’attacco. Uno di questi afferma di aver partecipato all’azione per soldi, mezzo milione di rubli, precisamente, che equivalgono a circa 5.000 euro.
La Russia è intervenuta e tuttora partecipa nella lunga guerra in Siria sostenendo il presidente Bashar al-Assad contro l’opposizione e lo Stato islamico. Le potenze internazionali giocano sul martoriato terreno siriano una guerra di influenze e interventi armati che va avanti da molti anni.
Il presidente russo Vladimir Putin, da poco riconfermato alla guida del Paese con un ufficiale 87,28% di preferenze, ha dichiarato che sono stati arrestati 11 uomini, compresi i 4 che hanno materialmente portato a termine l’attacco al Crocus City Hall.
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alleanza con la russia
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la complessità del pensiero
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Al via l’ultima giornata della Fiera Didacta Italia! La settima edizione della più importante Fiera sull’innovazione della #scuola si conclude con numerosi eventi proposti dal #MIM.Telegram
AFGHANISTAN: Attentato a Kandahar, 21 morti
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di Valeria Cagnazzo
Pagine Esteri, 22 marzo 2024 – Ancora violenza in Afghanistan. La mattina del 21 marzo, nella città di Kandahar, la seconda più grande del Paese, un’esplosione davanti alla banca centrale ha provocato la morte di almeno 21 persone. Il target dell’attacco sarebbe stato, secondo alcune fonti, un gruppo di talebani radunati davanti all’edificio, la New Kabul Bank, in attesa di riscuotere i salari. Le autorità talebane avrebbero riferito un numero di vittime ben inferiore rispetto a quello riportato ai corrispondenti internazionali dal personale dell’ospedale locale Mirwais, dove molti feriti nell’esplosione, almeno 50 in tutto, sono stati condotti.
Poche ore dopo, lo Stato Islamico del Khorasan ha rivendicato l’attacco. Sul canale Telegram della sua agenzia di stampa Amaq, il gruppo jihadista avrebbe dichiarato, infatti, che un combattente dell’Isis avrebbe “fatto detonare la sua cintura esplosiva vicino a un assembramento di milizie talebane”.
Il portavoce del ministero dell’interno del governo de facto talebano, Abdul Matin Qani, in una dichiarazione all’Associated France Press ha riferito che l’inchiesta sull’esplosione è ancora in corso e che i responsabili “saranno identificati e puniti”.
Karen Decker, incaricato degli Affari in Afghanistan per il governo degli Stati Uniti, ha condannato l’attentato e “tutti gli atti di terrore” in un post sul suo account X e ha espresso le sue condoglianze alle famiglie delle vittime. “Gli afghani dovrebbero poter osservare il Ramadan in pace e senza paura”, ha scritto.
La città in cui si è verificato l’attentato, capoluogo dell’omonima provincia, è considerata il quartier generale dei talebani, nonché la terra in cui ha preso i natali il movimento.
Lì vive, ad esempio, il leader supremo Hibatullah Akhundzada, colui che per primo aveva ordinato il bando delle bambine afghane dall’istruzione scolastico oltre il sesto grado.
A differenza, pertanto, di molti attentati avvenuti nei mesi scorsi nel Paese, in cui un bersaglio frequente erano le minoranze etniche sciite, prima tra tutte quella hazara, il target di quest’ultimo attacco sembrerebbe essere direttamente la maggioranza sunnita attualmente al governo.
Diverse esplosioni si sono registrate nel Paese dall’11 marzo scorso, data di inizio del mese di Ramadan, ma poche di queste sono state confermate dalle autorità de facto afghane.
Nonostante la drastica riduzione degli attentati nel Paese dalla presa del potere da parte dei talebani nell’agosto del 2021, orgogliosamente rivendicata dal governo de facto, i gruppi armati, primo tra tutti lo Stato Islamico del Khorasan, sono ancora molto attivi, e dalla fine del 2023 il progressivo incremento degli episodi di violenza, principalmente a danno dei civili, sta tornando a minacciare esponenzialmente la sicurezza del paese. Pagine Esteri
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In Cina e Asia – D’Alema al Forum per la Democrazia cinese: "No al confronto ideologico”
I titoli di oggi: Cina, al Terzo Forum Internazionale sulla Democrazia presente anche Massimo D’Alema Gruppo di lavoro per la finanza Cina-UE, i primi incontri a Bruxelles Cina, 9 milioni di dollari a sostegno dell’occupazione La Cina ha il “potenziale” per porre fine alla guerra tra Ucraina e Russia, secondo il ministro degli Esteri ucraino Kuleba Yemen, ok degli Houthi ...
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Fedeltà questione esistenziale
Il Signore Gesù lo aveva predetto a Pietro, ed era dunque qualcosa di importante restagli fedele almeno a parole!
Il pianto amaro di Pietro parla della mancata fedeltà sia alle promesse fatte e sia alla propria vita. Non è solo una questione di coraggio, è una questione di identità: infranta, negata, perduta.
Però Gesù lo ha guardato! Ed è così che Pietro si ricorda e quindi prende coscienza della sua infedeltà e del suo tradimento. Lo sguardo di Gesù svela la sua mancanza e però insieme lo salva. Il pianto amaro di Pietro è una ammissione di colpa e prepara il perdono. Lo sguardo di Gesù è una grazia per Pietro.
pastoredarchino.ch/2024/03/10/…
pastore D'Archino - Fedeltà questione esistenziale
Pietro che rinnega Gesù è uno dei testi che rimane molto impresso nel Tempo di Passione. In Luca è raccontato appena dopo l’arresto di Gesù. Dopo averlo arrestato, lo portarono via e lo condussero …pastore D'Archino
CINA. Tutto il potere al partito-stato
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di Michelangelo Cocco*
(nella foto Xinhua l’ingresso della Grande sala del popolo a piazza Tiananmen)
Pagine Esteri, 22 marzo 2024 – Il Partito comunista cinese (Pcc) ha ridotto ulteriormente l’autonomia del Consiglio di stato (il governo della Repubblica popolare cinese) con il varo della riforma del testo unico sul Consiglio di stato (2.883 “sì”, 8 “no” e 9 astenuti) da parte della II sessione della XIV Assemblea nazionale del popolo che si è chiusa l’11 marzo scorso a Pechino.
In seguito agli emendamenti approvati, la legge ora stabilisce che il governo deve “sostenere risolutamente l’autorità del comitato centrale del partito e la sua leadership centralizzata e unificata”, che deve “attuarne le decisioni” e seguire gli insegnamenti politici dei massimi leader, incluso il segretario generale Xi Jinping.
Secondo Deng Yuwen, ex direttore di “Study Times”, il giornale della Scuola centrale di partito:
«L’era della separazione del lavoro tra partito e governo è ormai finita: dopo quattro decenni, la Cina è ora incentrata sulla leadership del partito. Xi ha accentrato tutti i principali poteri decisionali nel partito e nel suo segretario generale, rendendo il Consiglio di stato solo un braccio per eseguire le decisioni politiche del partito. Ha attribuito a Li Qiang il ruolo di premier per assicurarsi che il Consiglio di stato svolga esattamente la funzione che gli è stata assegnata».
Da organismo che contribuisce all’elaborazione delle politiche a mero attuatore delle direttive del vertice del partito dunque, in linea con l’impostazione della leadership uscita dal XVIII congresso e consolidatasi nel XIX (18-24 ottobre 2017), quello aperto da Xi con la citazione di Mao Zedong: «Il governo, l’esercito, la società e le scuole, da nord a sud, da levante a ponente il partito dirige tutto».
Sottrarre poteri agli organismi dello stato a vantaggio di quelli del partito, e concentrarli nel vertice di quest’ultimo è la ricetta utilizzata dalla V generazione di leader incarnata da Xi Jinping per rispondere a una crisi inedita, nella quale alle difficoltà interne (dal rallentamento della crescita economica alle proteste di massa del movimento pro-democrazia di Hong Kong del 2019-2020) si sommano le tensioni internazionali, in primis il confronto con gli Stati Uniti.
Il vice presidente del comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo, Li Hongzhong, l’ha spiegata così: «La politica è al comando, e sia i quadri di partito che la burocrazia del governo sono tenuti a prestare sempre maggiore attenzione ai dettami e alle direttive ideologiche del partito come guida per il processo decisionale quotidiano».
Era stato Deng Xiaoping a spingere per la separazione tra partito ed esecutivo (che, ufficialmente, controlla i 21 ministeri e i governi locali), che era stata formalizzata nella (appena emendata) legge sul Consiglio di stato del 1982.
Il partito aveva ripreso l’iniziativa dopo la repressione del movimento di piazza Tiananmen del 1989, in seguito all’affermazione della fazione conservatrice. Ma è soltanto con la “Nuova era” proclamata da Xi Jinping che si è arrivati, attraverso una serie di riforme (Xi ha concentrato gran parte della sua azione proprio sulla riforma del partito), a un controllo pressoché completo del Consiglio di stato da parte del Pcc.
Grazie al rafforzamento di una serie di comitati di partito (competenti sulla politica estera, le finanze, la propaganda, la sicurezza interna, eccetera) i vertici del Pcc hanno sottratto iniziativa politica al governo.
Infine, sono state ridotte le riunioni del Consiglio di stato (da una ogni settimana a due-tre al mese) e, da quest’anno, è stata abolita la tradizionale conferenza stampa del premier (che presiede il Consiglio di stato) in chiusura della sessione annuale dell’Assemblea nazionale del popolo. Pagine Esteri
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Is Threads Hiding Mentions of Pixelfed?
More than a few Meta employees showed up at FediForum earlier this week, doubling down on their commitment to open protocols and “being a good neighbor on the Fediverse”. While there were some demos and fruitful conversations, one public concern flew under the radar.
An eagle-eyed Threads user noticed that their status giving Pixelfed a positive mention was seemingly hidden from the tree of a public conversation. From there, coverage picked up across the network, and even made it back to Daniel Supernault, Pixelfed’s creator.
“Meta is free to do whatever they want on their platforms,” the developer mentioned, “and I hope this is a bug.”
For now, no one’s quite sure. Various people have tried to recreate the same situation with their Threads accounts, and their comments are still publicly available. We have yet to see a statement from the Threads team on the situation.
Bug or not, a vocal part of the network is apprehensive about Meta’s true intentions with the platform, ranging from pessimism on how much effort Threads is really putting in to the Fediverse, to accusations of hostile behavior. Dropping the ball like this can hurt user confidence, especially when building community goodwill is so crucial.
Prior History
Pixelfed has something of an established history with being at odds with Meta. Some of that points to Pixelfed’s form factor, which bears more than a passing resemblance to Instagram.
Left: my Pixelfed, Right: my Instagram
In the past, the project was warned by a Meta employee about using the same filter names and styles for images, citing a potential violation of Meta’s intellectual property. Pixelfed complied, and changed their image filters and styles in hopes of sidestepping the issue. It never came up again.
Pixelfed filters
Additionally, there have been situations in the past where both Twitter and Facebook have censored posts linking to open source Fediverse alternatives. Even if Threads is an effort to right wrongs of the past, these situations don’t reflect well on Threads or its parent company.
When is a bug just a bug?
For all we know right now, this is very likely an unfortunate bug. However, it’s important for the Threads team to nip this in the bud, if they really want to establish good vibes about their efforts.
FediPact is an Organized Effort to Block Meta’s ActivityPub Platform
wedistribute.org/2023/06/fedip…
On the other hand, it’s important to acknowledge that there’s a segment of the network that won’t be satisfied with an explanation, no matter how much evidence is presented. Some people will block Meta no matter what, and that’s their choice.
Regardless, we’ll keep you posted if we learn anything more.
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Luca Sironi
in reply to simona • • •eh, ad avere i soldi, bisognerebbe fare il ponte e anche le strade
Io mi ricordo l'impatto mistico che ebbi la prima volta che, dovendo andare in Svezia per lavoro, presi un treno dall'aereoporto di Copenaghen, che passava sull'Oresund Bridge.
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in reply to Luca Sironi • — (Livorno) •Luca Sironi likes this.
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