Salta al contenuto principale



INTERVISTA. Tony Abu Akleh: «Gli Usa hanno tradito Shireen. Vogliamo dirlo a Biden»


Parla il fratello della giornalista Shireen uccisa due mesi fa a Jenin, conferrma l'intenzione della famiglia di incontrare il presidente americano dopo che gli esperti statunitensi hanno di fatto assolto Israele dalle sue responsabilità L'articolo INTER

di Michele Giorgio –

Pagine Esteri, 11 luglio 2022 – Si chiama Anton ma per tutti è Tony. E da due mesi è il portavoce della sua famiglia, Abu Akleh, che non si rassegna e chiede giustizia per sua sorella Shireen, nota giornalista palestinese, con passaporto statunitense, uccisa sul colpo due mesi fa, l’11 maggio, da un proiettile mentre per la sua emittente, Al Jazeera, seguiva un’incursione di reparti speciali dell’esercito israeliano a Jenin. Tony rispondendo alle nostre domande non nasconde il suo stato d’animo, un misto di frustrazione e delusione. «Le inchieste svolte dalla Cnn e altri giornali americani – ci dice – come dall’Autorità nazionale palestinese e dall’Onu non lasciano dubbi: dicono tutte che Shireen è stata uccisa da spari giunti dagli israeliani. E a nostro avviso sono stati intenzionali. Ci aspettavamo perciò che gli Stati uniti, di cui siamo cittadini, affermassero in maniera netta e chiara che mia sorella, una civile innocente, una giornalista, è stata colpita da spari israeliani mentre svolgeva il suo lavoro di informazione e che la sua morte è un crimine non può restare impunito. E invece…».

Tony non ha peli sulla lingua: «quella che hanno svolto una settimana fa gli esperti americani – spiega – sul proiettile che ha ucciso Shireen non è stata una perizia ma un’operazione politica. Non hanno riferito i risultati di una indagine tecnica, come ci aspettavamo. Piuttosto hanno emesso un comunicato politico per salvaguardare Israele e gli interessi americani. Ma noi non ci rassegneremo». Tony ci ripete che gli Abu Akleh faranno il possibile per ottenere un’indagine internazionale. E che sono intenzionati ad incontrare Joe Biden quando la prossima settimana sarà in Israele e nei Territori palestinesi occupati. «L’ambasciata Usa tace, non abbiamo più avuto contatti dal giorno precedente a quello della cosiddetta perizia» prosegue «per gli Stati uniti la faccenda è chiusa, per noi no! Shireen avrà giustizia».

Gli Abu Akleh hanno indirizzato una lettera all’Amministrazione Biden in cui definiscono l’uccisione di Shireen non un incidente causato da un proiettile vagante, come sostengono Israele e gli Stati uniti, bensì un «omicidio extragiudiziale» eseguito da soldati israeliani. Rivolgendosi al presidente americano, aggiungono che «la sua Amministrazione ha completamente fallito nel soddisfare le aspettative minime di una famiglia in lutto…gli Stati uniti si sono mossi per la cancellazione di qualsiasi illecito da parte delle forze israeliane» e non hanno condotto proprie indagini ma si sono limitati a «riassumere e adottare l’indagine delle autorità israeliane». «La sua Amministrazione – concludono – ha ritenuto necessario perpetuare la conclusione infondata e dannosa che l’omicidio non sia stato intenzionale, scegliendo apparentemente l’opportunità politica rispetto alla responsabilità effettiva per l’uccisione di un cittadino statunitense da parte di un governo straniero». Alla fine della lettera chiedono a Biden di incontrarli.

Non si può escludere del tutto che questo incontro possa avvenire. Forse non sarà più di una stretta di mano e qualche frase di cordoglio da parte del presidente Usa. Ma la possibilità è remota. Biden arriverà mercoledì in Israele non per accusarlo dell’omicidio di una giornalista ma per rassicurarlo della protezione militare americana e dell’alleanza con Washington. Non solo. Potrebbe avere in tasca un’intesa preliminare per la normalizzazione dei rapporti tra lo Stato ebraico e l’Arabia saudita. E dovrebbe dare la sua benedizione al programma di difesa aerea integrata tra Israele e i suoi alleati arabi contro l’Iran. Proprio con Teheran al centro dei suoi pensieri, Biden visiterà alcuni apparati di sicurezza israeliani presso la base aerea di Palmachim, una batteria missilistica Iron Dome, il sistema di difesa laser Iron Beam.

Venerdì incontrerà a Betlemme il presidente dell’Anp Abu Mazen al quale non garantirà alcun appoggio politico ma solo un pacchetto di misure economiche e qualche gesto simbolico. Biden quindi andrà all’aeroporto Ben Gurion da dove partirà per l’Arabia saudita dove parteciperà al vertice del GCC+3 a Gedda con i leader del Consiglio di cooperazione del Golfo: Bahrain, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati insieme a Iraq, Egitto e Giordania. Pagine Esteri

L'articolo INTERVISTA. Tony Abu Akleh: «Gli Usa hanno tradito Shireen. Vogliamo dirlo a Biden» proviene da Pagine Esteri.



YEMEN. Le mine antiuomo fanno strage di civili e bambini


C'è la tregua ma gli incidenti causati dalle mine antiuomo e dagli ordigni inesplosi continuano, con una media stimata di uno al giorno che ucciso 49 civili tra cui almeno otto bambini L'articolo YEMEN. Le mine antiuomo fanno strage di civili e bambini p

della redazione con informazioni di Save the Children

Pagine Esteri, 8 luglio 2022 – Le mine antiuomo e gli ordigni inesplosi sono stati i più grandi assassini di bambini nello Yemen da quando è stata annunciata una tregua ad aprile. Lo denuncia Save the Children. L’aumento delle morti a causa di queste armi si considera sia dovuto al trasferimento delle famiglie in aree precedentemente inaccessibili a seguito della diminuzione delle ostilità. Una nuova analisi dell’Organizzazione mostra che le mine antiuomo e le munizioni inesplose sono state responsabili di oltre il 75% di tutte le vittime di guerra tra i bambini, uccidendone e ferendone più di 42 tra aprile e la fine di giugno.

Da quando è iniziata la tregua dopo sette anni di conflitto, il numero di vittime legate al conflitto armato è diminuito in modo significativo, con 103 civili uccisi in conflitto negli ultimi tre mesi, mentre nei tre mesi precedenti la tregua sono stati uccisi 352 civili. Tuttavia, gli incidenti relativi alle mine antiuomo e agli ordigni inesplosi sono continuati a un livello simile, con una media stimata di un incidente al giorno, che ha provocato la morte di 49 civili tra cui almeno otto bambini. Nei tre mesi precedenti la tregua, 56 civili sono stati uccisi da mine e ordigni inesplosi.

I resti esplosivi della guerra rimangono una minaccia ereditata dai combattimenti, rappresentando un pericolo duraturo per i civili in tutto il Paese anche dopo la cessazione delle ostilità. I bambini, in particolare, hanno una maggiore vulnerabilità agli ordigni inesplosi e alle mine antiuomo a causa della percezione del basso rischio e dell’elevata curiosità. Inoltre, il senso di relativa sicurezza ha portato a una maggiore mobilità tra i civili, in particolare tra gli sfollati, che potrebbero sentirsi sicuri di tornare nelle aree in cui le ostilità si sono attenuate.

“Anche se i combattimenti sono stati meno frequenti negli ultimi mesi, i residuati bellici esplosivi continuano a mietere vittime quotidianamente. Le mine antiuomo e le munizioni inesplose rappresentano una grave minaccia per tutti nello Yemen, in particolare per i bambini, che sono curiosi per natura, vogliono esplorare il loro mondo e conoscerlo. E quando vedono qualcosa di brillante o interessante, non possono trattenersi dal toccarlo. Ecco perché così tanti bambini sono stati uccisi o feriti in incidenti di ordigni inesplosi. Raccolgono l’oggetto sconosciuto pensando che sia un giocattolo, solo per scoprire che si tratta di una bomba a grappolo inesplosa. Cresce ancora di più nella stagione delle piogge, quando la terra si bagna e le mine sepolte nelle secche possono andare alla deriva in aree precedentemente ritenute sicure. Nelle ultime due settimane, abbiamo visto molte segnalazioni di adulti e bambini uccisi o mutilati mentre svolgevano le faccende quotidiane, come andare a prendere l’acqua, lavorare nelle loro fattorie o prendersi cura del loro bestiame. Non c’è un posto sicuro per i bambini nello Yemen, nemmeno quando il pericolo dei combattimenti è diminuito. I bambini in Yemen hanno sopportato per troppo tempo violenze sbalorditive e immense sofferenze e, a meno che le parti in guerra e la comunità dei donatori non diano la priorità alla protezione dei bambini, la triste eredità del conflitto li perseguiterà per gli anni a venire”, dichiara Rama Hansraj, direttore di Save the Children in Yemen.

Save the Children chiede alle parti in guerra un impegno urgente e pieno per la bonifica delle mine e degli ordigni inesplosi e invita ad adottare misure pratiche e immediate per ridurre l’impatto crescente di questi esplosivi. L’Organizzazione chiede inoltre alla comunità dei donatori di sostenere l’ampliamento e la fornitura delle attrezzature tecniche necessarie per la marcatura e lo sgombero degli ordigni e delle mine inesplose, in modo che i bambini e le loro comunità siano consapevoli del rischio e siano maggiormente in grado di mitigarlo in sicurezza. Pagine Esteri

L'articolo YEMEN. Le mine antiuomo fanno strage di civili e bambini proviene da Pagine Esteri.



Onu: in sei mesi 60 palestinesi uccisi in Cisgiordania e Gerusalemme Est, +46% rispetto al 2021


L'ultimo in ordine di tempo è Rafiq Ghannam, colpito durante un blitz dell'esercito israeliano nella cittadina di Jabaa a sud di Jenin. 18 gli israeliani rimasti uccisi in attentati quest'anno. In Cisgiordania nel 2021 sono stati uccisi 78 palestinesi e 2

della redazione –

Pagine Esteri, 7 luglio 2022 – Erano in centinaia ieri ai funerali di Rafiq Ghannam, il palestinese di 20 anni ucciso durante un blitz dell’esercito israeliano nella cittadina di Jabaa a sud di Jenin, in Cisgiordania. Testimoni hanno raccontato che Ghannam è stato colpito davanti casa mentre erano in corso scontri tra soldati e giovani manifestanti. Per il portavoce militare israeliano, Ghannam era un ricercato e sarebbe stato abbattuto dal fuoco dei soldati perché avrebbe cercato di sottrarsi all’arresto. I media palestinesi ieri riferivano anche di decine di arresti effettuati dalle forze di occupazione nel corso della notte nei villaggi palestinesi nel nord della Cisgiordania e intorno a Ramallah.

Quella di ieri è la seconda uccisione di un abitante di Jabaa in due giorni. Prima di Ghannam era stato colpito a morte Kamel Alawneh. Domenica scorsa l’Onu ha riferito che da gennaio a giugno, 2022 esercito e polizia di Israele hanno ucciso oltre 60 palestinesi in Cisgiordania e a Gerusalemme est, il 46% in più rispetto alla prima metà dello scorso anno. Nel 2021 sono stati uccisi 78 palestinesi e 24 del 2020. Questi numeri includono anche alcuni palestinesi armati rimasti uccisi in scontri con l’esercito o dopo aver compiuto attacchi. Tra questi i responsabili degli attentati compiuti in Israele tra marzo e maggio che hanno causato 18 morti.

Intanto l’agenzia di stampa statunitense Associated Press ha inaugurato la sua nuova sede a Gaza, un anno dopo la distruzione dei suoi uffici in un attacco della aviazione israeliana. Secondo Israele nell’edificio, sede anche di altri mezzi d’informazione come Al Jazeera, operavano uomini del movimento islamico Hamas. Ma non ha mai fornito le prove della sua tesi contestata dai giornalisti della Ap e di altri media.

A Gaza, come nel resto dei Territori palestinesi occupati, hanno destato curiosità e una certa sorpresa le immagini provenienti dall’Algeria – in festa per il 60esimo anniversario della sua storica indipendenza dal colonialismo francese – della stretta di mano tra il presidente dell’Anp Abu Mazen e del leader del movimento islamico Hamas, Ismail Haniyeh. I due non si incontravano da anni. Tuttavia, il gesto distensivo tra i due leader rivali, di fatto nemici, è avvenuto solo per l’insistenza della presidenza algerina e non pare destinato a favorire il riavvicinamento le due parti. Hamas e il partito Fatah, spina dorsale dell’Anp, sono ai ferri corti da anni e nulla lascia immaginare l’avvio di un negoziato per la riconciliazione. Tutti i tentativi in quella direzione fatti negli anni passati sono falliti finendo per allargare la distanza tra le due parti.

L'articolo Onu: in sei mesi 60 palestinesi uccisi in Cisgiordania e Gerusalemme Est, +46% rispetto al 2021 proviene da Pagine Esteri.



ILARIA ALPI. Assassinato il capro espiatorio Hashi Omar Hassan


Ad ucciderlo a Mogadiscio è stata una autobomba. Fu risarcito dallo Stato Italiano per aver scontato una pena ingiusta con 3milioni e 181mila euro. Ma dal primo giorno della sua assoluzione, sapeva che tornare in Somalia gli sarebbe potuto costare la vita

di Alessandra Mincone

Pagine Esteri, 7 luglio 2022 – Un’autobomba è esplosa a Modagiscio uccidendo Hashi Omar Hassan, il quarantunenne somalo che nel ‘98 fu incriminato per le morti della giornalista Ilaria Alpi e del suo collega Miran Hrovatin a Bosaso. Il testimone chiave dell’accusa, Ahmed Ali Rage, solo nel 2015 confessò di aver fatto il suo nome in cambio di denaro, quando Hassan aveva già trascorso nel carcere di Padova più di 16 anni. Fu risarcito dallo Stato Italiano per aver scontato una pena ingiusta con 3milioni e 181mila euro. Ma dal primo giorno della sua assoluzione, sapeva che tornare in Somalia gli sarebbe potuto costare la vita.

Da quanto riporta il sito somalo Garowe, nessuna milizia ha rivendicato il gesto, ma non è da escludere che l’attacco sia stato organizzato dal movimento islamico “Al-Shabaab”, storica cellula somala di Al-Qaida. Uno dei due legali di Hashi Omar, Antonio Moriconi, ha dichiarato alla stampa italiana che a parer suo, dietro l’attentato ci sarebbero stati dei tentativi di estorsione da parte di gruppi terroristici, venuti a conoscenza dell’enorme cifra di risarcimento ottenuta da poco, e che Hassan voleva investire nel settore dell’import-export. Lo avrebbe fatto “per migliorare la stabilità politica della Somalia”, all’interno del suo clan, l’abgal, attualmente vicino al governo, e che all’epoca dei viaggi di Ilaria Alpi a Mogadiscio veniva organizzato dall’ex- Presidente del Governo di transizione somala, Ali Mahdi.

Ali Madhi Mohammed e il suo oppositore, Mohammed Farah Aidid, furono entrambi sospettati di aver cospirato per l’uccisione della giornalista e del cineoperatore. Al centro delle ricerche investigative di Ilaria e Miran, quelle a cui si riconducono i motivi delle loro assassinio, c’erano i rapporti tra servizi segreti e istituzioni italiane con l’ex dittatore Mohammed Siad Barre; le successive operazioni di cooperazione dell’ONU allo scoppio della guerra civile; e conseguentemente, il traffico di rifiuti radioattivi che i signori della guerra accettavano di smaltire in cambio di armi clandestine, soprattutto a fronte dell’embargo sulle armi del gennaio ’92. Mentre il governo di transizione poteva rafforzare la propria autorità dal contrabbando di armi, i gruppi islamisti si accaparravano una percentuale del traffico illegale perseguendo una guerra civile che divise in due aree Mogadiscio.

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nel 2003, in un report in merito alle violazioni dell’embargo sulle armi in Somalia, osservava che il traffico di cannoni anticarro, mitragliatrici pesanti, fucili d’assalto, pistole, bombe e munizioni che arrivava al Porto di Bosaso era in crescente aumento già dagli anni settanta. L’ex Unione Sovietica, dal ‘73 al ’77, esportò ben 260milioni di dollari in armi; l’Italia, dal ‘78 al 1982 ne esportò da sola 380milioni. Dagli anni ’80, anche Stati Uniti d’America e China favorivano la dittatura somala con ingenti regali bellici. Dal gennaio 1992, l’embargo è sempre stato raggirato dai somali con la complicità e gli interessi anche di Egitto, Etiopia, Eritrea, Sudan, Djibouti e Yemen.

Pochi giorni prima di morire, Ilaria aveva conosciuto il Sultano di Bosaso, Abdullahi Moussa Bogor. È ancora possibile ritrovare online l’intervista con cui chiedeva, con destrezza, cosa ne era stato della nave cargo della Shifco – l’azienda peschiera italiana, con a bordo soldati italiani e croati, sequestrata al Porto di Bosaso, uno snodo cruciale per i traffici somali. La gran parte delle riprese di Miran di quella intervista sarebbero andate disperse, non senza manovre rocambolesche che sin da subito hanno fatto presagire il depistaggio delle indagini, per culminare in una epopea giudiziaria che ancora non ha un finale.

Ad oggi, anche le violazioni dell’embargo sulle armi non trovano un epilogo. È del 5 luglio la notizia dell’emittente televisivo somalo “Al-Arabya”, dove si denunciava il sequestro di due barche yemenite che trasportavano armi al gruppo terroristico “Al-Shabaab”. Le barche sarebbero risultate di proprietà di un contrabbandiere somalo, Ahmed Matan, che già in passato avrebbe fornito materiale esplosivo allo stesso gruppo terroristico probabilmente direzionandole al Golfo di Aden.

La tragica storia di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin sembrava non poter più interferire con quella di Hashi Omar Hassan, e invece nella morte raccontano entrambe la stessa disgrazia, quella del traffico di armi a Mogadiscio. Pagine Esteri

L'articolo ILARIA ALPI. Assassinato il capro espiatorio Hashi Omar Hassan proviene da Pagine Esteri.

Massiargo reshared this.




GIAPPONE. Dietro la pistola di Yamagami, un problema sociale


Nel paese del G7 con il più alto tasso di suicidi e con la morale tradizionale tra le più repressive dell'Oriente, il gesto di un folle come il killer di Abe non può stupire. L'articolo GIAPPONE. Dietro la pistola di Yamagami, un problema sociale provien

Due colpi per uccidere il più influente leader politico giapponese degli ultimi anni, a cui mancavano solo quattro giorni per diventare il più longevo. A spararli un 41enne, Tetsuya Yamagami, nella cui casa è stato trovato altro esplosivo, e che tempo fa era membro della Japan Self-Defense Forces, il corpo dell’elite militare dell’esercito nipponico. Ma forse non importa più di tanto chi li ha sparati – visto anche che il killer ha specificato che non ha agito per “motivazioni politiche – perché presto o tardi, il Giappone si sarebbe potuto trovare di fronte a una tragedia simile. Forse sarebbero cambiati i protagonisti, l’occasione, ma è noto che l’estremo conservatorismo di parte non indifferente della società giapponese abbia prodotto negli anni parecchi casi di assassini motivati da follia o depressione, che hanno mietuto non poche vittime. Colpa anche dello stigma nei confronti di chi si affida a psicologi e psicoterapisti, etichettato come “debole”. Così il Giappone, dal punto di vista delle armi da fuoco uno dei paesi più sicuri con quasi zero vittime di arma da fuoco , deve comunque fare i conti con eventi di questo tipo perché incapace di gestire una polveriera instabile e pronta a esplodere: quella di chi soffre di disturbi psicologici e psichiatrici.

Certo va dato atto che proprio leggi repressive come quelle giapponesi hanno fatto del Sol Levante un paese sicuro in termini di sparatorie. Sicuramente molto più del loro alleato, gli Stati Uniti, che soltanto il 4 di Luglio, festa nazionale, hanno registrato almeno 220 vittime, tra cui le 7 vittime del killer di Highland Park. Ma negli Stati Uniti, paradossalmente, è più semplice comprare un fucile d’assalto che una bottiglia di liquore. In Giappone il percorso per poter possedere un’arma da fuoco è fatto di 13 step che includono visite medico psicologiche, interrogatori della polizia, iscrizioni a gruppi controllati e qualificati di cacciatori o amatori e corsi obbligatori di gestione e manutenzione delle armi. Inoltre la possibilità di aprire negozi dedicati è estremamente limitata – circa 3 ogni prefettura – e vige l’obbligo di restituire arma e licenza dopo la morte del possessore, vale a dire una pistola non può essere ereditata e trasmessa all’interno di una famiglia. Dei soli 20 arresti in Giappone nel 2020 per possesso illegale di armi, 12 erano legate al fenomeno delle gang.. Grazie alle norme introdotte da questa legge del 1956, per quanto in seguito resa meno stringente, il Giappone mantiene il rischio di sparatorie a punti 0.02, mentre negli Stati Uniti l’indice è decisamente più alto. Gli Usa guidano infatti la classifica dei paesi industrializzati per numero di decessi dovuti ad omicidio, staccando gli altri con 4.12. Per capirsi in l’Italia, che pure si trova al quinto posto, l’indice di rischio è 0.35.

Questo controllo serrato funziona molto bene per gestire il traffico e l’uso di armi, e l’omicidio di Abe è più una conferma che un’eccezione. L’intervento della sicurezza dopo i due colpi ha evitato altre vittime, Yamagami non ha potuto utilizzare un’arma regolare, ma ha invece costruito in casa la pistola con cui ha sparato. Il capo della polizia di prefettura Tomoaki Onizuka ha detto di “sentire un grave responsabilità” per l’accaduto, ammettendo falle nel piano di sicurezza. Ma era lo stesso Abe a preferire misure meno stringenti, per incoraggiare i “bagni di folla” che portano elettori alle urne. Anche oggi, dopo la morte di Abe anzi forse proprio anche grazie ad essa, milioni di giapponesi si sono presentati ai seggi per eleggere i 125 rappresentanti delle Camera bassa del parlamento giapponese. E hanno così regalato a Kishida, delfino di Abe, 75 seggi che gli permettono di blindare la maggioranza che gli serve per governare serenamente. Il partito dell’ex premier assassinato e il Nippon Ishin no Kai (Partito Giapponese per il rinnovamento) sono le due falangi politiche dell’ala destra che grazie alla promessa di emendare la costituzione pacifista – un programma molto sostenuto da Abe – stanno ora guadagnando punti secondi i primi exit poll. Sicuramente, la tragica fine di uno dei simboli del Sol Levante degli ultimi anni ha incentivato questo risultato.

Del vero killer in realtà non si parla molto. E non si intende Yamagami, di cui man mano vengono fuori maggiori dettagli: disoccupato dopo un periodo in azienda a seguito del servizio militare, la madre forse seguace di una setta religiosa (alcune fonti citano la Chiesa del reverendo Moon) a cui avrebbe fatto una troppo generosa donazione, dilapidando i propri risparmi e innescando la molla omicida di Yamagami. Il vero killer è probabilmente una deriva psicologica che accomuna Yamagami ad altri soggetti in Giappone. Le descrizioni dei colleghi di lavoro parlano di un uomo laconico, che non interagiva se non per motivi strettamente legati al lavoro e passava la pausa pranzo mangiando in macchina. Un parente invece parla di come la famiglia di Yamagami si sia sfasciata in seguito alle donazioni della madre. Se l’associazione fosse confermata, il rapporto con Abe nato nell’immaginazione di Yamagami potrebbe essere plausibile. Il reverendo Moon è stato il fondatore, nel 1954, della Chiesa dell’Unificazione, una setta basata su un’interpretazione peculiare della Bibbia e che proprio a Nara, dove si è svolto l’ultimo atto della vita di Abe, ha una propria sede. Il nonno di Abe, criminale di guerra di classe A per crimini perpetrati contro prigionieri di guerra (anche coreani vista l’occupazione del territorio coreano durante la seconda guerra mondiale) ma soprattutto primo ministro dal 1957, aveva preso contatti con la setta per avere un “cuneo” strategico in corea del Sud. Nella mente confusa di Yamagami, la figura del nonno dell’ex primo ministro nipponico e di Abe stesso potrebbero essersi sovrapposte, facendo di Abe il responsabile dello sfascio della famiglia dell’attentatore. Anche la particolare dottrina della setta, secondo la quale le disgrazie dell’individuo sono causate da colpe pregresse degli antenati, potrebbe aver spinto il già non equilibrato Yamagami a cercare vendetta.

Il problema è che di persone come Yamagami, in Giappone, non si sa quale sia l’esatto numero. Dal 2021 la salute mentale e la prevenzione dei suicidi sono diventati un tema di attualità, anche a seguito del propagarsi di disturbi depressivi e dissociativi associabili ai diversi lockdown. Inoltre ha un nome giapponese, hikikomori, la sindrome sempre più diffusa di ritiro sociale e autoisolamento, diffusa propria nel Sol Levante e stimata in mezzo milione circa di pazienti, prevalentemente uomini tra i 15 e i 39 anni. Ma i dati potrebbero essere sottostimati, perché possono passare anni prima della presa di coscienza e della richiesta di aiuto dei soggetti. La morale tradizionale ultraconservatrice, fondata sui cardini di onore e reputazione e addizionata al senso di fallimento che la crisi economica e i conseguenti licenziamenti hanno generato, ha portato a un aumento dei suicidi, con una “discriminazione di genere”: se infatti i suicidi tra gli uomini sono leggermente diminuiti, nel 2021 (ultimo dato pubblicato) quelli delle donne, cioè quelle tra di cittadini più propense ad essere licenziate o a lasciare il lavoro per occuparsi di attività di cura della famiglia, sono aumentati per il secondo anno di seguito. Nel Sol Levante secondo solo agli Stati Uniti tra i paesi del G7 quanto a tasso di suicidi, non è la prima volta che la follia di un singolo porta a tragedie collettive. E il caso di Abe non è nemmeno l’evento più tragico degli ultimi anni, considerando il numero di vittime. Solo nel 2019 un incendio doloso aveva ucciso 36 persone alla Kyoto Animation, innescato da un 41enne già noto per disturbi psichici e per un tentativo di rapina con arma bianca.

Quali che siano i progetti del governo giapponese, la salute mentale e la gestione dei rischi ad essa connessi dovrebbe essere al primo posto nella sua agenda. Soprattutto dopo il tragico epilogo della vita del suo ex premier Shinzo Abe.

L'articolo GIAPPONE. Dietro la pistola di Yamagami, un problema sociale proviene da Pagine Esteri.



Il Garante privacy con un provvedimento d’urgenza ha avvertito TikTok che è illecito utilizzare i dati archiviati nei dispositivi degli utenti per profilarli e inviare pubblicità in assenza di un esplicito consenso. Ne parliamo con Matteo Flora
su #Garantismi.

Guarda il video: youtube.com/watch?v=c-sgV30Yn1…



In assenza di un divieto esplicito, le telecamere cinesi trovano il modo di restare in gara per gli appalti pubblici della videosorveglianza.

«L’ultima gara #Consip per la #videosorveglianza non mette divieti espliciti. In lizza ci sono anche impianti prodotti da #Dahua, colosso del Dragone. Che ha una strategia per affrontare gli eventuali paletti alla tecnologia made in China»

L'articolo di Raffaele #Angius e Luca #Zorloni su #Wired denuncia tutta l'incoerenza o l'ignoranza (o la malafede) di un apparato incapace di comprendere come si subisce l'egemonia tecnologica altrui.

wired.it/article/telecamere-ci…



Collasso economico senza il gas russo in Europa - Contropiano

«Il piano italiano prevede che se la Russia dovesse sospendere in via definitiva le forniture di gas alla Ue (a cui l’anno scorso aveva assicurato il 44% del suo fabbisogno), il governo sarebbe costretto a far scattare la fase di emergenza. Secondo quanto riportato dal quotidiano La Repubblica, il piano prevede una serie di interventi che vanno dal “razionamento” del gas alle industrie energivore al maggior utilizzo delle centrali a carbone per la produzione di elettricità. Ma anche l’introduzione di politiche di austerity dei consumi: riscaldamento più contenuto, con tagli fino a due gradi della temperatura nelle abitazioni e negli uffici, risparmi sull’illuminazione pubblica, con orario ridotto di accensione dei lampioni sulle strade.

E l’emergenza durererebbe fino a quando il gas russo non sarà sostituito da forniture provenienti da altri Paesi produttori. Le previsioni più ottimistiche parlano del 2024, quelle più pessimistiche vanno oltre. Le sanzioni alla Russia si confermano una scelta suicida.»

contropiano.org/news/politica-…

MisterTi reshared this.



Elie Kedourie – Nazionalismo


L'articolo Elie Kedourie – Nazionalismo proviene da Fondazione Luigi Einaudi. https://www.fondazioneluigieinaudi.it/elie-kedourie-nazionalismo/ https://www.fondazioneluigieinaudi.it/feed


LogoLogoLogoLogo THE QUEEN IS DEAD VOLUME 61 – INDUS VALLEY KINGS / MIRROR QUEEN / FATSO JETSON / DEEP SPACE MASK


Puntata psichedelica e di musica onirica. Si comincia con i newyorchesi Indus Valley Kings e il loro gran bel stoner metal. continuando con l'hard rock psichedelico venato di NWOBHM dei concittadini Mirror Queen. Ci spostiamo poi in California a Palm Desert da dove sono partiti i Fatso Jetson, qui catturati dal vivo in Italia nel 2013.

iyezine.com/indus-valley-kings…




- English version Tik Tok: Altolà del Garante Privacy alla pubblicità “personalizzata” basata sul legittimo interesse Base giuridica inadeguata e rischi che la pubblicità arrivi anche ai minori Il Garante per la protezione dei dati personali manda ...

reshared this



#NotiziePerLaScuola

È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione.

🔸 Il Ministro Patrizio Bianchi alla presentazione dei risultati #INVALSI2022

🔸 Protocollo d’intesa con Unione Nazionale Pro Loco d’Italia

🔸…

reshared this



Se questo è un uomo di Primo Levi


Dalla prefazione del ’47, dell’autore: A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che “ogni straniero è nemico”. Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all’origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, (…), allora, al termine della catena, sta il Lager.

iyezine.com/se-questo-e-un-uom…



Asini


Guardi la scuola e vedi l’abisso. Non si tratta solo di strutture, organizzazione o spesa, perché l’abisso più preoccupante è quello morale. Ciò che inquieta non è la politica parolaia, a sua volta ricettacolo di titolati senza formazione e non titolati d

Guardi la scuola e vedi l’abisso. Non si tratta solo di strutture, organizzazione o spesa, perché l’abisso più preoccupante è quello morale. Ciò che inquieta non è la politica parolaia, a sua volta ricettacolo di titolati senza formazione e non titolati dotati di furbizia e insulsa logorrea. A inquietare è lo sguardo rivolto verso le famiglie, verso gli studenti, verso quanti stanno ricevendone un danno enorme e sembrano gradirlo come un dono.

Una asineria dimentica di Lucignolo, dimentica del riscatto del suo amico, dimentica del dolore. Ammesso e non concesso si sia mai letto il libro, si sappia della morte che coglie il primo e della degradazione cui è destinato il secondo. I più son paghi del cartone animato, senza insegnamento, senza morale, senza sacrificio. E il risultato è qui, in questi numeri che condiscono il mondo dei diritti senza doveri.

Leggiamoli, ma non prendiamoci in giro: il Covid non c’entra nulla. Due anni di scuola frastagliata, di digitale paleolitico, hanno aggravato le disparità. Ma di poco, di un nulla. Il problema c’era prima ed è ancora tutto lì.

In questi giorni i maturandi ottengono la loro licenza si scuola media superiore. Saranno promossi in massa, come è tradizione, da lustri. Ma i dati Invalsi dicono che la metà di loro dovrebbe essere bocciata, perché incapaci di compitare, di calcolare per non dire di esprimersi o capire una lingua straniera. Il loro titolo è la certificazione di una presa in giro. Ma questo è nulla, il peggio è ancora nascosto dietro il macigno della metà analfabeta.

Solo il 52% è in grado di leggere e capire l’italiano. Ma quella è la media nazionale. È il 63% nel Nord Est e Nord Ovest; il 51 al Centro; il 40 al Sud; il 38 a Sud e Isole. Qui il 62% avrà un titolo senza sapere leggere e capire. Solo il 50% sa decentemente far di conto, ma è la media nazionale. 63 nel Nord Ovest; 66 nel Nord Est; 48 al Centro; 37 al Sud; 33 Sud e Isole. E se disaggregate quei dati non solo per macro aree, ma andando provincia per provincia e città per città, trovate sempre lo stesso risultato: gli svantaggi culturali, sociale ed economici si accrescono con la scuola anziché diminuire.

Chi è in vantaggio lo sarà di più, chi è indietro anche. Se solo il 38% è in grado di ascoltare e capire l’inglese (elementare) state sicuri che la pressoché totalità di quella minoranza è composta da ragazzi le cui famiglie li hanno spediti all’estero in vacanza. Questo è il feroce classismo della scuola pubblica italiana, generato dall’assenza di meritocrazia e selettività. Che manca fra i banchi, ma anche fra le cattedre.

Serve a nulla spendere di più o assumere di più, devi capovolgere quel che alla scuola chiedi: che chi vale vada avanti, non che si promuovano tutti. Abbiamo fior d’insegnanti bravi e dediti al loro lavoro, ma non li distinguiamo dagli ignoranti incattedrati e solitamente anche assenti. Abbiamo fior di ragazzi di valore, ma se partono svantaggiati li lasciamo dove si trovano.

Ma, ed è qui la bancarotta morale, non sono le famiglie a reclamare formazione e selezione, non sono gli studenti a pretendere insegnanti all’altezza. Le aspettative puntano alla promozione senza valorizzazione. I genitori hanno smesso di fare i genitori e sono divenuti gli amici o i nonni molli dei figli. Ovvio che non si deve generalizzare, ma è sicuro che quei risultati portano a un generale decadimento, solo temporaneamente anestetizzato dalla spesa pubblica improduttiva e assistenzialista.

Dovremmo mettere quei numeri dentro una sola banca dati, controllare quali docenti migliorano la condizione dei discenti e promuoverli, pagarli di più, aprire una concorrenza fra loro e mandare a casa gli altri. Perché il loro contratto sicuro non vale la sicura fregatura a un ragazzo lasciato ignorante. Dovremmo usare quei dati per indirizzare i soldi, che è poi il solo modo per rendere evidente che l’ignoranza impoverisce. Li usiamo per contare gli asini, ragliando al punto da dimenticarcene in poche ore.

La Ragione

L'articolo Asini proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Smaltire


Il provvedimento non ha fatto notizia, non ha destato clamore, magari pensando che si tratti dell’ennesimo codicillo per maniaci del diritto amministrativo. Che, di suo, assopisce il pubblico. Ma è una colpevole sottovalutazione, perché dietro l’apparente

Il provvedimento non ha fatto notizia, non ha destato clamore, magari pensando che si tratti dell’ennesimo codicillo per maniaci del diritto amministrativo. Che, di suo, assopisce il pubblico. Ma è una colpevole sottovalutazione, perché dietro l’apparente tecnicismo si cela un mondo e si dischiude una prospettiva.

Prima particolarità: s’interviene per decreto legge. In questo caso varato dal Consiglio dei Ministri di giovedì 7 luglio. Non una novità, oramai si legifera quasi solo per decreto legge. Solo che è una stortura, una anomalia, nonché una responsabilità di forze politiche che dei provvedimenti di legge fanno oggetto di propagande tribali, ma raramente di decisioni finali. Il decreto in questione interviene su un tema giurisdizionale, il che amplifica l’anomalia.

Da noi qualsiasi atto amministrativo è appellabile al Tribunale amministrativo regionale, che può decidere di sospenderlo in attesa di discuterlo. Non annoiatevi, è anche divertente: la settimana scorsa il Tar pugliese aveva sospeso la realizzazione di un nuovo nodo ferroviario, perché l’apposito comitato locale aveva lamentato possibili danni a taluni ulivi e carrubi.

Al prossimo frontale sul binario unico nessuno se ne ricorderà. Ma già alla fine del 2021, sempre per decreto, il governo aveva avvertito che per le gare relative ai fondi europei, al Pnrr, il Tar avrebbe dovuto fare in fretta. Mica si possono perdere soldi perché ci vuol tempo a decidere! Giusto. Giovedì è andato oltre: neanche li si può perdere per i ricorsi amministrativi sui lavori legati al Pnrr, quindi, come per le gare, fate in fretta: prima udienza utile dopo trenta giorni.

Al Tar, però, non langue solo l’Italia del Pnrr, ci s’impantana tutta. E intervenire per decreto su una questione di giustizia ha dell’ardito. Siccome, però, sappiamo che è necessario, siccome il sistema non funziona: amen. Ma, allora, procediamo anche oltre.

Solo a Roma, che annega nel pattume, mandare fuori l’indifferenziata che non si riesce a trattare costa 180 milioni l’anno. Nei termovalorizzatori, che non ci sono, si smaltisce il 6% della spazzatura, contro il 60 di Parigi, il 58 di Londra e il 46 di Berlino. L’Italia è costantemente sotto procedura d’infrazione per l’inciviltà delle discariche.

Usiamo i sistemi più dannosi per l’ambiente e più costosi per i cittadini (che non evadono). Non è neanche una generica vergogna, ma una puteolente schifezza. E non prendiamoci in giro: non si è in grado di provvedere, mancando coraggio, capacità e inceppandosi tutto nei ricorsi. E allora che eccezione sia e facciamola finita: commissario unico per la monnezza, decisioni centralizzate, soldi non distribuiti, ma investiti. E se qualcuno ricorre al Tar: si sbrighi, un mese o viene smaltito.

Dario Scannapieco, amministratore delegato di Cassa depositi e prestiti, ricorda quel che qui abbiamo tante volte scritto: parliamo di siccità, ma intanto i nostri acquedotti perdono il 42% dell’acqua che trasportano, facendone scempio e spreco, contro l’8% tedesco; la materia è gestita da una giungla di 2.500 operatori pubblici incapaci di investire, talché a quello dedichiamo la metà della media europea.

Un letterale colabrodo senza speranza. Anche qui: basta. S’è santificata la spartitocrazia municipalizzata con apposito referendum demagogico, è ora di raccontare la verità agli italiani, responsabili dell’abboccare a tutte le minchionerie. Commissario unico etc. etc..

So benissimo che lo stato d’eccezione porta male, che il diritto non può essere storto senza conseguenze profonde e il mercato violentato senza generare bastardi, ma il fallimento del tutto fermo in tribunale è talmente evidente da far dire: non sblocchiamo solo il Pnrr (che è già tanto), disincagliamo l’Italia e aiutiamola a smaltire la lunga sbornia di costosa incapacità. E facciamolo ora, prima che tutto torni nelle mani di falso bipolarismo e vera inconcludenza.

La Ragione

L'articolo Smaltire proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Le Grandi Dimissioni, tra favola e realtà

"Non è difficile, in realtà, capire che la favoletta messa in giro da Repubblica e dal Sole24Ore rientra nel solito racconto di un mondo parallelo in cui i giovani non vogliono il posto fisso, la stabilità e il contratto a tempo indeterminato. I giovani di oggi sarebbero dunque dinamici e propensi al cambiamento, proprio per questo presentano le dimissioni quando un mercato del lavoro più flessibile come quello attuale lo consente. Questa storiella è dunque utile ai padroncini italiani per dire che la precarietà è apprezzata dai lavoratori, che avrebbero così la possibilità di cambiare di tanto in tanto, perseguendo le proprie passioni e conciliando meglio la propria attività lavorativa con la propria vita privata, anche accettando retribuzioni più basse! Come abbiamo argomentato, una marea di panzane messe in fila."

coniarerivolta.org/2022/07/09/…




Da quasi 7 anni ho un PC portatile Acer, Aspire V3-572G, indubbiamente ormai un po' vetusto, senza lode e con qualche infamia. Quando fu comprato, era...


La piaga di Ottana


Continua a leggere Ottieni l’accesso a tutti gli articoli. Abbonati a Indip Sei già abbonato? Effettua il Login

L'articolo La piaga di Ottana proviene da Indip.



La Schengen digitale di Colao


Entro il 2023 Colao vuole creare i primi tasselli di una "Schengen digitale", con ID digitale e app IO, sul modello Green Pass. Un passo in più verso il monopolio di Stato delle esperienze umane.

Il ministro Vittorio Colao ha dichiarato in questi giorni che la “trasformazione digitale” della pubblica amministrazione, coi fondi del PNRR, sta andando a gonfie vele, e che entro il 2023 prevede anche di creare i primi tasselli di una “Schengen digitale” capitanata dall’Italia, fino al 2026 - anno in cui prevede di conseguire una piena “cittadinanza digitale”.

1675477

L’idea è di arrivare a creare un ecosistema di servizi, pagamenti e documenti digitali, senza frontiere, al cui centro ci sarebbe un portafoglio digitale europeo - uno strumento di identità digitale omnicomprensivo, con cui poter gestire tutti i documenti e attributi necessari per essere cittadini digitali: patente, carta d’identità, fascicolo sanitario elettronico, pagamenti digitali, servizi e molto altro.

Secondo l’idea di Colao già il prossimo anno potremo gestire i nostri documenti in forma digitale, in modo analogo al Green Pass: verrà erogato un QR code dalla pubblica amministrazione e sarà verificabile in tempo reale da forze dell’ordine e ogni altro ente pubblico grazie a una “banca dati nazionale per i controlli” (così l’ha chiamata Colao).

Privacy Chronicles è una newsletter indipendente che esiste grazie alle decine di persone che hanno scelto di abbonarsi.

Se ti piace quello che scrivo sostieni il mio lavoro, sostieni il mio lavoro!


Iscriviti

Read more




Abominio scolastico


Il test Invalsi del 2022 e il dato inquietante che riguarda i ragazzi che stanno ora sostenendo la maturità… Dai test Invalsi del 2022 risulta in maniera chiara che la metà dei ragazzi che in questo momento stanno facendo gli esami di maturità non sarebbe

youtube.com/embed/G-nN3AZUOjU

Il test Invalsi del 2022 e il dato inquietante che riguarda i ragazzi che stanno ora sostenendo la maturità…


Dai test Invalsi del 2022 risulta in maniera chiara che la metà dei ragazzi che in questo momento stanno facendo gli esami di maturità non sarebbe dovuto essere ammesso, perché insufficiente in italiano e/o in matematica. Lasciamo perdere le lingue straniere.

Non è una novità di quest’anno. Non c’entrano niente né il Covid, né la didattica a distanza, che sono solo scuse. Questo è il fallimento della scuola italiana. Anche perché lo spirito della scuola pubblica consiste – ed è sanissimo – nell’idea che l’istruzione, intesa come consegna di strumenti critici e culturali, serva a ciascuno per uscire da una condizione di eventuale svantaggio che può essere geografico, economico o culturale.

La scuola pubblica serve per colmare questi svantaggi e, ove possibile, annullarli. Invece, vediamo l’esatto opposto, perché prendiamo i risultati degli Invalsi 2022, troviamo che la metà dei maturandi dovrebbe essere bocciato e, invece, verranno tutti promossi. Ovviamente, lo stesso discorso vale anche per le altre classi: ho preso i maturandi per esemplificare.

Se io prendo l’insieme di questi ragazzi, la metà non è preparata. Ma non è mica così in tutta Italia. In italiano raggiunge e supera la sufficienza il 63% degli studenti del nord-est, il 60% nel nord-ovest, il 51% nel centro Italia, il 40% al sud e il 38% al sud e nelle isole.

In matematica dovrebbero essere bocciati, perché non raggiungono la sufficienza sempre la metà dei ragazzi. Però raggiunge e supera la sufficienza il 73% nel nord-ovest, il 75% nel nord-est, il 59% in centro, il 50% al sud e il 33% nel sud e nelle isole.

Tutto questo è profondamente ingiusto. Se poi si prendono questi dati, disaggregandoli ulteriormente per area della città o centro-provincia si scopre sempre la stessa regola. Più si è in una condizione avvantaggiata, più si è in una condizione socialmente, culturalmente ed economicamente più protetta e più si hanno a disposizione delle scuole che ti consegnano quantomeno la capacità di saper leggere e far di conto. Più si è in una condizione svantaggiata, più in quella condizione si rimane.

Poi, non c’è dubbio che c’è ci siano tantissimi docenti che fanno col cuore e con l’anima oltre, che con il cervello, il loro mestiere, ma ce ne sono tanti altri che sono lì solo per prendere lo stipendio. Ci sono ragazzi che studiano, che sono volenterosi, che si impegnano e ce ne sono altri che sono lì che aspettano la promozione e la avranno tutti.

Il problema non è cercare di chi è responsabilità. Il tema è questo schifo di scuola conferma le distanze sociali. È una scuola classista, non meritocratica e non selettiva.

Chi l’ha voluta? La vogliono le famiglie, la vogliono i cittadini italiani, la vogliono quelli che votano la classe politica che non indovina un congiuntivo nemmeno per scherzo, la vogliono quelli che votano una classe politica che non vuole e non sa fare di conto, sa fare solo debito. L’Italia che vota tutto questo è l’Italia che chiede la promozione per il proprio figlio, perché lo ritiene un incapace: non vorrete mica sfidarlo, misurarlo, sottoporlo ad una competizione, altrimenti perde.

E, invece, non è vero! Quei ragazzi meriterebbero maggiore fiducia, meriterebbero di essere sfidati, sottoposti a competizione, ma prepararti prima. E quelli che non si vogliono preparare, devono essere bocciati prima.

La severità a scuola serve ad agevolare la vita, mentre il lassismo a scuola serve a renderla una schifezza, una corsa al ribasso. Viviamo in un mondo aperto e, checché se ne dica, la concorrenza esiste. Sì, forse per una generazione il figlio del farmacista farà il farmacista, quello del notaio il notaio, quello del meccanico il meccanico.

Ma dopo finisce, perché il benessere rende sempre meno desiderosi di sacrificarsi. È questo che desideriamo? Perché questo è esattamente quello che il sistema scolastico sta preparando e lo sta preparando per le zone meno avvantaggiate del nostro Paese e, in special modo, per il sud per le aree meno ricche.

Complimenti per la performance! A me sembra un abominio.

L'articolo Abominio scolastico proviene da Fondazione Luigi Einaudi.




Boris il russo fra Russia e caduta


Simpatie e contraddizioni di Jhonson Non ha quel nome per caso, semmai è il cognome ad avere basi meno solide. Boris, per la precisione: Alexander Boris, si chiama in quel modo perché di origini anche russe, oltre che turche e musulmane. Di lui si possono

Simpatie e contraddizioni di Jhonson


Non ha quel nome per caso, semmai è il cognome ad avere basi meno solide. Boris, per la precisione: Alexander Boris, si chiama in quel modo perché di origini anche russe, oltre che turche e musulmane. Di lui si possono dire molte cose, ma “russofobo” proprio no. Il bisnonno paterno, di cognome faceva Kemal. Ali Kemal, ministro dell’impero ottomano.

Fu suo figlio, il nonno di Boris, a cambiare il cognome di una famiglia imparentata con la nobiltà tedesca ed inglese, usando quello di Johnson. Lui, Boris, è americano, nato a New York. In queste ore il suo governo vacilla, ma nel suo dna e nelle sue contraddizioni c’è un pezzo importante di storia europea.

Esageratamente simpatico, anche nel suo essere bugiardo. Qualcuno lo ricorderà a Roma, in occasione di un vertice, nel mentre elenca i sette colli capitolini, ma non riesce a ricordarne uno. Davanti a lui il nostro presidente della Repubblica e quello del Consiglio, che non è non sappiamo aiutarlo, è che non sarebbero arrivati a sei. Perché Johnson ha una cultura classica a prova di bomba, capace di recitare in greco (antico) e latino. Laureato a Oxford, in lettere classiche. Ma quando lo prendono a fare il giornalista, al The Times, redige un pezzo su scavi archeologici, inventando citazioni e attribuendole a casaccio, allo scopo di rendere più accattivante l’articolo. Licenziato. Riesce a farsi assumere altrove.

Il padre di Boris è stato a lungo parlamentare europeo conservatore. Super europeista, al punto di essere uno degli animatori del “Club del Coccodrillo”, dal nome del ristorante dove s’incontravano. Su quella posizione si trova anche il figlio, fin quando non crede il vento tiri per Brexit.

A esito del referendum, per dire, il padre ha cambiato cittadinanza, per restare europeo. Boris aveva cambiato posizione, per restare in vetta. E qui si apre la contraddizione politica, che prescinde totalmente dai rimproveri d’incoerenza o altre facezie non commestibili: cavalca alla grande Brexit, la usa anche per far fuori Theresa May e prenderle il posto, mentre ora è uno dei più determinati e netti interpreti della linea anti Putin, però lo stesso Putin aveva dato una mano eccome, a Brexit.

Si era pronunciato a favore dell’elezione di Obama, ma all’arrivo del virus prende la posizione di Trump e Bolsonaro: chi se ne frega, è un’influenza. Un negazionista. Ma mentre quei due restano appiccicati a quel che dissero, Boris realizza che è una cretinata e cambia: chiusure e vaccinazioni. E Uk è in testa alla partenza (noi sorpassiamo in corsa), un buon successo. Così lo scapigliato viene ammirato da gente che la pensa all’opposto. Poi lo beccano a far festini. Lui ammette, ma con l’aria di dire: che sarà mai.

Salva la ghirba dalla sfiducia interna al partito conservatore, ma perde ministri. Vince le elezioni politiche (anche grazie ai labouristi, che si fanno guidare da un antisemita socialista della prima metà del secolo scorso) e perde tutto il resto. Procedendo con la Brexit ideologica rischia di sfasciare l’intero Regno Unito.

E ora s’appresta al capolinea, sfiduciato dai suoi. Il tutto senza mai smarrire ironia e una piacioneria così smodata da essere a sua volta piacevole. Ed è questo il punto: Boris ha capito e interiorizzato la politica al debutto di questo secolo, vivendola come palestra di trasformismo e protagonismo. Ma all’appuntamento con la storia si presenta puntuale: Putin deve perdere. Ed è a quel punto che ti dici: magari tutti i populisti trasformisti fossero così.

La Ragione

L'articolo Boris il russo fra Russia e caduta proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



📰 Il bollettino di #MonitoraPA 📰
Dopo la presa di posizione del Garante, ancora nuove email e qualche interessante fenomeno di emulazione!

monitora-pa.it/2022/07/07/1311…

reshared this




#NotiziePerLaScuola

PATHS Summer School, dal 12 al 14 luglio: tre giorni di esperienze immersive, webinar e laboratori di rinnovamento della didattica della Filosofia per la scuola del futuro con docenti, dirigenti, esperti, accademici.

Info ▶️ miur.gov.it/web/guest/-/paths-…

Iscrivetevi per rimanere sempre aggiornati ▶️ miur.gov.it/web/guest/iscrizio…


t.me/Miur_Social/3472



Motherboard sta pubblicando parti del codice per l'app di messaggistica crittografata Anom, che è stata segretamente gestita dall'FBI per monitorare la criminalità organizzata su scala globale.
Di Joseph #Cox su #Vice
vice.com/en/article/v7veg8/ano…
#Vice #Cox


Aumentare gli Stipendi si deve e si Può..
today.it/economia/aumento-stip…
#Lavoro #stipendi


Questa mattina si è svolta la presentazione dei risultati delle prove #INVALSI2022 presso l'Università degli Studi "La Sapienza" di Roma.

All’evento è intervenuto il Ministro Patrizio Bianchi.

Qui tutti i dettagli ▶️ miur.gov.it/web/guest/-/invals…


t.me/Miur_Social/3471



IL SENTIERO DEI NIDI DI RAGNO DI ITALO CALVINO


#rileggiamoli
Di questo libro Italo Calvino ha detto: “Questo romanzo è il primo che ho scritto. … Al tempo in cui l'ho scritto, creare una letteratura della Resistenza era ancora un problema aperto, scrivere il romanzo della Resistenza si poneva come un imperativo; … ogni volta che si è stati testimoni o attori d'un'epoca storica ci si sente presi da una responsabilità speciale …

iyezine.com/il-sentiero-dei-ni…





#NotiziePerLaScuola

Al via la presentazione telematica delle istanze di scioglimento delle riserve nelle GaE e nelle GPS e di conferma dei servizi nelle GPS.

Info ▶️ miur.gov.it/web/guest/-/gradua…

Iscrivetevi per rimanere sempre aggiornati ▶️ miur.gov.it/web/guest/iscrizio…


t.me/Miur_Social/3469





Appena atterrata da Londra,controllo passaporti: per tutti dura pochi secondi, per me no. Agente legge attentamente sullo schermo qualcosa.


IL DESERTO DEI TARTARI DI DINO BUZZATI


Pubblicato nel 1940, “Il deserto dei Tartari” narra le vicende del tenente Giovanni Drogo, inviato a prestare servizio nell’isolata e inutile Fortezza Bastiani, a sorvegliare un deserto da cui non arriva mai alcun nemico. Consumerà la sua esistenza aspettando la guerra, l’azione, il giorno in cui potrà farsi valere e rimarrà invischiato in questa vana attesa anche quando avrà la possibilità di andarsene.

iyezine.com/il-deserto-dei-tar…

reshared this



Immagine/foto

#NotiziePerLaScuola

È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione.

🔸 Via libera alla legge di riforma della formazione e del reclutamento dei docenti

🔸 L’inaugurazione dell’anno scolastico 2022/2023 il 23 settembre a Grugliasco (TO)

🔸 Valorizzazione delle eccellenze, elenco dei soggetti accreditati

🔸 Scuola estiva V edizione, “La pratica filosofica per lo sviluppo sostenibile. Siamo quel che mangiamo”

🔸 Educazione all'immagine, avviso pubblico per la selezione di progetti innovativi per la promozione di nuove metodologie didattiche

🔸 #Maturità2022, il ripasso con il podcast didattico #Maturadio

Per conoscere notizie e approfondimenti di questa settimana dal mondo della scuola ▶️ miur.gov.it/web/guest/-/newsle…

Iscrivetevi per rimanere sempre aggiornati ▶️ miur.gov.it/web/guest/iscrizio…



𝐏𝐀𝐋𝐄𝐑𝐌𝐎, 𝐋𝐀 𝐂𝐇𝐈𝐄𝐒𝐀 𝐃𝐄𝐋𝐋𝐀 𝐆𝐀𝐍𝐂𝐈𝐀 𝐄 𝐋𝐀 𝐁𝐔𝐂𝐀 𝐃𝐄𝐋𝐋𝐀 𝐒𝐀𝐋𝐕𝐄𝐙𝐙𝐀


Immagine/foto


All’interno del quartiere arabo della Kalsa, la Chiesa di Santa Maria degli Angeli, meglio conosciuta col nome di “Gancia”, ossia ospizio per malati e forestieri, è un complesso architettonico risalente al 1490 ed edificata dai frati francescani.

Un pò prima di entrare nella Chiesa, sul muro esterno vi è una curiosa lastra di marmo scavata affiancata da una lapide che ne commemora l’evento, essa è la "𝐁𝐮𝐜𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐒𝐚𝐥𝐯𝐞𝐳𝐳𝐚".

Nell'Aprile del 1860 gli antiborbonici insorgono a #Palermo contro il Re napoletano. La sommossa, scoppiata a pochi passi dalla Chiesa della Gancia in quel che un tempo veniva definito il quartiere degli “scopari” (famoso per le vivacissime zuffe tra donne), viene soffocata nel sangue. Due dei capi rivolta scampati al massacro, per sfuggire alla cattura da parte dei gendarmi borbonici, si rifugiano nella cripta della chiesa, tra le sepolture dei frati del convento.

Dopo cinque giorni senza né cibo né acqua i due insorti, attraverso una breccia sul muro del convento, riescono ad attirare l’attenzione di una donna che d’accordo con alcune comari mette in scena una grande rissa, distogliendo in questo modo l’attenzione dei gendarmi. In un attimo la stradina si trasforma in teatro di urla e spinte e i due fuggiaschi, approfittando di questo sotterfugio, allargano la breccia nel muro riuscendo a scappare indisturbati. Da quel momento la breccia nel muro della Gancia prese il nome di “𝐁𝐔𝐂𝐀 𝐃𝐄𝐋𝐋𝐀 𝐒𝐀𝐋𝐕𝐄𝐙𝐙𝐀“.




Forse un annetto fa, un po' per curiosità e un po' perché immaginavo già che potrebbe essere stato qualcosa di comodo, ho sviluppato un marginale inte...