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Profughi palestinesi in Libano, 74 anni di diritti negati


Nel paese dei cedri ai palestinesi è vietato svolgere qualsiasi attività fuori dai loro 12 campi e non hanno alcun tipo di assistenza oltre a quella dell'Unrwa. Mentre Israele nega loro il diritto al ritorno nella terra d'origine. L'articolo Profughi pal

di Michele Giorgio* –

(le foto scattate nei campi di Sabra, Shatila, Beddawi, Nahr al Bared sono di Michele Giorgio)

Pagine Esteri, 26 settembre 2022 – Ali Hamdan osserva la figlia Nabila che muove veloce il plettro tra le corde dell’oud. Le note sono quelle di un motivo della tradizione palestinese, della zona di Giaffa da dove il suo bisnonno giunse a Beirut da profugo, assieme ad altre migliaia di civili, nel 1948. Nabila studia da poco lo strumento ma già mostra del talento e Ali non nasconde l’orgoglio di padre. E così la madre, Reem, con il viso segnato dalla stanchezza e dalla povertà. Vivere nel campo profughi di Shatila fa invecchiare prima. Ci si sveglia ogni mattina pensando a come procurarsi qualche dollaro per sopravvivere, un’impresa ancora più ardua da qualche anno viste le condizioni economiche disastrose in cui è precipitato il Libano. «Ho imparato queste poche cose, non so suonare altro», ammette Nabila arrossendo. L’applauso dei genitori e degli ospiti stranieri la rincuora. La ragazza dà uno sguardo alla nonna che giace nel letto accanto a lei, silenziosa e con gli occhi chiusi. È malata, non riesce più a camminare.

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«Dovrei farla ricoverare ma l’ospedale costa troppo. Non abbiamo l’assistenza sanitaria in Libano. L’Unrwa (l’agenzia dell’Onu che assiste i profughi, ndr) può coprire solo una piccola parte delle spese e a noi palestinesi non è permesso lavorare fuori dal campo», ci dice Ali. Fino a un paio d’anni fa Ali faceva il pasticciere. «Riuscivamo a tirare avanti senza tanti affanni, poi il proprietario ha dato il negozio a un profugo siriano e ho perduto il lavoro» racconta. «Parecchi dei palestinesi che hanno proprietà a Shatila» aggiunge «hanno scelto di affittare la loro bottega, è una entrata mensile sicura perché i siriani ricevono i sussidi dell’Onu e sono giunti qui con i loro risparmi. Per la stessa ragione, tanti palestinesi hanno affittato le loro case».

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È una contesa tra profughi di guerre del passato e più recenti, da cui quelli palestinesi comunque escono in parte perdenti. Da un lato incassano piccole rendite che permettono di sopravvivere, dall’altro ingoiano amaro perché dopo decenni trascorsi in Libano restano fuori dal mercato ufficiale del lavoro e devono fare i conti con la perenne ostilità di una larga parte della popolazione libanese e delle forze politiche locali. Non che i siriani siano trattati con rispetto ma almeno possono muoversi con maggiore libertà e trovare occupazioni a nero in vari settori. E, comunque, agli occhi dei libanesi un giorno torneranno nel loro paese. I palestinesi invece, con Israele che nega loro il diritto al ritorno, sono guardati con grande diffidenza. Restano ospiti sgraditi da tenere segregati nei loro 12 campi ufficiali che non possono espandersi.

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«Sono ormai quattro le generazioni di palestinesi in questo paese, per loro però non è cambiato nulla in questi decenni» ci conferma Sari Hanafi, docente di sociologia e attivista dei diritti dei palestinesi in Libano, che incontriamo all’Università americana di Beirut. «Le discriminazioni – dice Hanafi – sono evidenti e, purtroppo, ritenute legittime da tanti libanesi. Pesa anche il passato, la sanguinosa guerra civile libanese che ha visto i palestinesi far parte di uno degli schieramenti contrapposti, quello delle forze progressiste musulmane e druse. I libanesi a parole dicono di aver elaborato, digerita e dimenticata per sempre la guerra civile ma la realtà è ben diversa. E i palestinesi pagano ancora il loro conto».

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Durante le campagne elettorali – inclusa quella per le legislative dello scorso marzo – il tema dei profughi, palestinesi e siriani, da rimandare a casa è sempre prioritario. Non pochi candidati agitano lo spettro della «naturalizzazione» dei profughi palestinesi che, se realizzata, porterebbe la comunità musulmana sunnita a crescere di centinaia di migliaia di individui, alterando gli equilibri settari che paralizzano il Libano. Numeri che tuttavia non hanno riscontro nella realtà. Nel 2017, un censimento del governo libanese contava 174.000 palestinesi in Libano, ben sotto gli oltre 400mila profughi registrati dall’Unrwa. Nei 74 anni trascorsi dalla Nakba e dall’espulsione dalla loro terra, tanti palestinesi hanno abbandonato il Libano cercando di rifarsi una vita altrove. In particolare dopo il 1982 quando l’Olp di Yasser Arafat fu costretta ad uscire dal paese invaso dall’esercito israeliano e anche a causa del massacro di migliaia di profughi a Sabra e Shatila compiuto dai Falangisti. «In questi ultimi anni – spiega Sari Hanafi – alcuni ministri libanesi hanno provato ad eliminare le restrizioni che impediscono ai palestinesi di svolgere decine di lavori e varie professioni ma sono tutti naufragati». Nel 2019 il ministro del lavoro Camille Abousleiman ha ribadito che i palestinesi sono stranieri in Libano nonostante la loro presenza di lunga data.

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Un palestinese in Libano non può acquistare proprietà e pur laureandosi in una università libanese può svolgere la sua professione solo all’interno del campo in cui risiede. Ogni anno le autorità di Beirut concedono o rinnovano decine di migliaia di permessi di lavoro a persone provenienti dall’Africa, dall’Asia e da altri paesi arabi. Solo poche centinaia sono offerte ai palestinesi. Il tasso di disoccupazione ufficiale nei campi è del 18% ma tra i giovani di età compresa tra 20 e 29 anni è del 28,5%. E comunque i lavori sono sempre a basso reddito. I più coraggiosi lavorano a nero fuori dal campo, sfidando i controlli delle autorità, facendo le pulizie nei palazzi dei libanesi ricchi o i muratori nei cantieri.

«I profughi palestinesi» commenta Kassem Aina, direttore dell’associazione Beit Atfal al Sumud «non smetteranno mai di chiedere di tornare nella terra di Palestina, perché solo in un loro Stato indipendente potranno vivere una vita libera e dignitosa». Pagine Esteri

*Questo reportage è stato pubblicato il 25 settembre 2022 dal quotidiano Il Manifesto

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IRAN. Mahsa Amini, 60 dimostranti uccisi dalla polizia ma la protesta non si placa


Repressione violenta delle manifestazioni nel Paese. Tra i dimostranti uccisi anche Hadith Najafi, la ragazza simbolo dei cortei. Centinaia gli arrestati, tra i quali giornalisti e attivisti per i diritti umani. L'articolo IRAN. Mahsa Amini, 60 dimostran

di Valeria Cagnazzo, con aggiornamenti delle agenzie di stampa

Pagine Esteri, 26 settembre 2022 – Non si sono fermate le proteste in Iran dopo la morte di Mahsa Amini mentre era in stato di fermo, il 16 settembre scorso. Migliaia di iraniani da giorni scendono per le strade contro colui che definiscono il “dittatore”, ossia la Guida Suprema l’ayatollah Khamenei, e il presidente Ebrahim Raisi, considerati i veri responsabili del decesso della ventiduenne, che era stata arrestata dalla “polizia morale” (la polizia incaricata di far rispettare i doveri della religione) del Paese. Sono state occupate le università di Tehran, Karaj, Yazd e Tabriz e le donne hanno continuato a tagliarsi i capelli e a bruciare i propri veli in pubblico.La repressione del governo iraniano prosegue intanto violenta. Secondo gli attivisti, sarebbero almeno 60 gli uccisi dalla polizia durante le manifestazioni. Uccisa anche Hadith Najafi, la ragazza simbolo dei cortei. Secondo la giornalista Masih Alinejad, la giovane attivgiaa ed è stata uccisa da sei proiettili nella città di Karaj. Tra i morti ci sono anche alcuni agenti di polizia e della milizia pro-governativa Basij.

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Mahsa Amini

Centinaia gli iraniani arrestati durante le proteste. 17 i giornalisti finiti in manette. Nella notte tra il 22 e il 23 settembre, sarebbe stato prelevato dalla sua casa Majid Tavakoli, attivista per i diritti umani che aveva partecipato alle proteste per la morte di Amini. La stessa sorte sembra essere spettata a un altro attivista, Hossein Ronaghi, freelance per il Washington Post: dopo aver registrato un’intervista sarebbe stato raggiunto da agenti della sicurezza.

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A sostegno del presidente Raisi, che a proposito delle notti di proteste che stanno infiammando l’Iran giovedì scorso aveva dichiarato che nessun “atto di caos” sarebbe stato “tollerato” nel Paese. Venerdì e nei giorni successivi hanno sfilato decine di migliaia di donne e sostenitori del presidente. Nei loro slogan si chiede che i manifestanti scesi in strada per Mahsa Amini siano “giustiziati”: secondo i manifestanti pro-Raisi, nelle folle ci sarebbero agenti segreti americani infiltrati nel Paese con l’obiettivo di destabilizzarlo.

Intanto, nonostante le restrizioni che vengono applicate in queste ore alla navigazione su internet nel Paese, le immagini mostrano un Paese infiammato dalla rabbia delle donne, che malgrado gli arresti urlano da sette giorni “Morte al dittatore” e “Morte alla repubblica iraniana”.

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STORIA. La Palestina nell’età elisabettiana: la Gran Bretagna espierà finalmente i suoi peccati?


Certo, scrive lo storico Ilan Pappé, la Regina non è stata la principale responsabile delle politiche attuate in questi decenni ma a livello simbolico ogni decisione è stata presa sotto l’egida di Sua Maestà. La Gran Bretagna è stata il membro meno filo-p

di Ilan Pappé*

(traduzione di Romana Rubeo)

Pagine Esteri, 22 settembre 2022 – Mentre milioni di persone in Gran Bretagna e nel resto del mondo cantano le lodi della defunta Regina portandola ad esempio di moderazione, tatto e buon senso, le vittime del regime di colonizzazione e i “sudditi di second’ordine” in Gran Bretagna hanno una visione ben più complessa dei suoi settant’anni di regno.

Certo, la Regina non è stata la principale responsabile delle politiche attuate in questi decenni, ma a livello simbolico, ogni decisione è stata presa sotto l’egida di Sua Maestà, nel bene e nel male. Pertanto, è indubbio che un’era stia volgendo al termine e questo è sempre un buon momento per riflettere e stilare bilanci. Vorrei soffermarmi ad analizzare, in particolare, la politica britannica nei confronti della Palestina durante questi anni e le inevitabili conseguenze.

Il regno della Regina Elisabetta è iniziato dopo la Nakba. Pertanto, la vergognosa condotta britannica, che ha di fatto affrancato la pulizia etnica dei palestinesi nel 1948 ad opera di Israele, è riconducibile al periodo in cui suo padre era sovrano del Regno Unito. Elisabetta è ascesa al trono nel momento in cui il Partito Conservatore si stava riprendendo da una clamorosa e inaspettata sconfitta alle elezioni del 1945. I Laburisti erano al governo della Gran Bretagna durante il periodo della Nakba, la cui responsabilità ricade, dunque, anche su di loro.

Quando i Conservatori tornarono al governo, prima con Winston Churchill e poi con Anthony Eden, il governo di Sua Maestà scrisse un altro capitolo vergognoso nelle relazioni con la Palestina e il mondo arabo. La Gran Bretagna collaborò con Francia e Israele nel tentativo di rovesciare Gamal Abdul Nasser, sostenendo l’intransigente rifiuto israeliano a consentire il ritorno dei profughi palestinesi. Un rifiuto seguito dall’ordine di sparare a vista contro i profughi palestinesi che cercavano di recuperare i raccolti, i capi di bestiame e quant’altro fosse rimasto dopo il saccheggio israeliano delle campagne palestinesi nel 1948.

Il Partito Laburista, nel periodo compreso tra la Nakba e la Naksa (la guerra del giugno 1967), fu quasi sempre all’opposizione. Restò comunque il più fedele alleato di Israele, a livelli inimmaginabili persino oggi. Tale alleanza era siglata anche dal Consiglio dell’Unione Sindacale, che, insieme ad altri organismi socialisti, chiuse un occhio sulle sofferenze inflitte alla popolazione araba a partire dal 1948. Il governo militare israeliano si fondava su regolamenti di emergenza redatti durante il periodo del colonialismo britannico, che hanno generato, tra le tante atrocità, il massacro di Kafr Qassem nel 1956, preceduto dal massacro del villaggio di Qibya e seguito da quello del villaggio di Samu’.

A quei giorni, risale la fondazione di un nuovo gruppo, The Labour Friends of Israel (Gli Amici Laburisti di Israele), che divenne un pilastro della lobby filo-israeliana in Gran Bretagna. Nel Paese c’era già la massiccia presenza di una ben affermata lobby filo-sionista, sin dal 1900, anno in cui il Quarto Congresso Sionista si riunì a Londra. In quell’occasione, si diede avvio alla costruzione di una potente lobby, che portò alla Dichiarazione di Balfour e dunque all’impegno formale da parte della Gran Bretagna di consegnare la Palestina al movimento sionista, a discapito della popolazione nativa palestinese.

È proprio in quel periodo che si avviano due processi che si riveleranno cruciali per creare uno scudo di immunità intorno a Israele, tale da consentire a Tel Aviv di proseguire nelle sue politiche di colonizzazione e sottrazione di terre in Palestina fino ai giorni nostri, nel silenzio della comunità internazionale.

Il primo è consistito nel reclutare rispettose istituzioni nate con lo scopo di difendere gli interessi della comunità anglo-ebraica alla causa sionista prima, e israeliana poi. La più importante tra queste era il Board of Deputies, nato come parlamento degli ebrei britannici e trasformato in ambasciata israeliana. Il secondo processo ha visto l’associazione tra una brillante carriera politica all’interno del Partito Laburista e l’appartenenza si Labour Friends of Israel. Essere un amico di Israele, in parole povere, avrebbe assicurato di fare strada all’interno del partito.

Il panorama politico elisabettiano cambiò nel 1967, quando divenne più complicato vendere al pubblico britannico il mito del mini-impero israeliano che, come un povero Davide, si batteva contro l’arabo Golia. Il 1967 vide un cambiamento sostanziale in tutti i partiti politici, anche in risposta al riemergere del movimento di liberazione palestinese. La spinta di solidarietà nei confronti dei palestinesi influenzò inevitabilmente le forze politiche.

Due politici britannici, uno laburista e uno conservatore, incarnano questo cambiamento di mentalità. Non sempre per una genuina spinta solidale, che pure era presente, ma anche perché capivano che un sostegno incondizionato a Israele avrebbe avuto un impatto negativo sull’immagine della Gran Bretagna nel mondo arabo.

Il primo era il Ministro degli Esteri laburista George Brown, il secondo il Ministro degli Esteri conservatore, Alex Douglass Home. Entrambi sono stati descritti dalla lobby con appellativi che sarebbero stati poi riservati al leader del Partito Laburista Jeremy Corbyn. Il peccato originale di questi politici è stato quello di avere il coraggio di assumere una posizione equilibrata sulla questione palestinese, immediatamente bollata da Israele e dalla sua lobby come antisemita.

Brown chiese alle Nazioni Unite il ritiro totale di Israele dai Territori Occupati nel 1967 e accese i riflettori sulla difficile situazione dei rifugiati palestinesi. Douglass Home, in un celebre discorso ad Harrogate nel 1970, si spinse oltre, collocando la questione palestinese al centro del cosiddetto “conflitto arabo-israeliano”. Sicuramente, le loro proposte erano distanti anni luce da ciò che sarebbe stato necessario per portare pace e giustizia alla Palestina storica, ma sicuramente le loro posizioni avrebbero potuto indirizzare il dibattito nella giusta direzione.

Più incisiva, negli anni successivi al 1967, è stata la campagna di solidarietà istituita dai nostri amici Ghada Karmi, Christopher Mayhew e Michael Adams, per citare solo alcuni tra coloro che aderirono, e che erano coinvolti nella politica britannica nelle tre formazioni principali: il partito laburista, quello conservatore e quello liberale.

Insieme agli ebrei antisionisti britannici ed ex israeliani, unitamente alla comunità palestinese in Gran Bretagna, hanno avuto il merito di sfidare una lobby potentissima, che aveva aggiunto alla struttura già esistente una folta schiera di nuovi gruppi, tra cui il Conservative Friends of Israel, il più potente a livello europeo. Oggi, l’80% dei parlamentari conservatori è membro di questa organizzazione.

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Tony Blair

Non c’è da stupirsi, dunque, del fatto che Brown e Douglass Home non abbiano minimamente influito sulla politica britannica per quanto concerne la questione palestinese. In questo senso, ad avere un ruolo determinante sono stati i primi ministri, per lo più del Partito Laburista, come Harold Wilson, Tony Blair e Gordon Brown. Furono tutti premiati dal Jewish National Fund, che decise di piantare una pineta europea sulle rovine di tre villaggi palestinesi distrutti durante la Nakba, in segno di gratitudine verso i politici britannici filo-israeliani.

I tre erano, per certi versi, dei cristiani sionisti, che hanno lasciato carta bianca a Israele tra gli anni ‘70 e il 2010, periodo in cui l’ebraicizzazione della Cisgiordania e il progetto della Grande Gerusalemme, unitamente alle brutali aggressioni ai danni della Striscia di Gaza, hanno caratterizzato la politica israeliana nei confronti dei palestinesi.

La Gran Bretagna si è distinta per essere stata il membro meno filo-palestinese all’interno dell’Unione Europea, prima dell’aggiunta dei nuovi membri in seguito alla caduta dell’Unione Sovietica. Ha sempre seguito la linea della disonesta intermediazione statunitense nel cosiddetto processo di pace, continuando a fornire a Israele armi e sostegno diplomatico, in un mondo in cui le sue ex colonie cercavano di imporre un’agenda di decolonizzazione che includeva anche la liberazione della Palestina.

*Questo articolo è apparso in esclusiva in lingua inglese sul Palestine Chronicle

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NABLUS. Analisti: gli scontri in città possibile preludio di una rivolta contro l’Anp


La protesta popolare è divampata dopo l'arresto da parte dei servizi di sicurezza palestinesi di due militanti di Hamas, tra cui Musab Ashtayah, conosciuto come un comandante locale delle brigate Ezzedin al Qassam. I palestinesi da lungo tempo chiedono al

di Michele Giorgio

Pagine Esteri, 21 settembre 2022 – Con il presidente palestinese Abu Mazen a New York per il discorso che domani farà all’Assemblea annuale dell’Onu, e il suo premier, Mohammed Shttayeh, in Gran Bretagna per i funerali della regina Elisabetta, l’Autorità nazionale palestinese (Anp) ritrova in queste ore ad affrontare a Nablus la protesta popolare più ampia dallo scorso anno, quando agenti dei servizi di sicurezza pestarono duramente un dissidente, Nizar Banat, spirato dopo qualche ore in ospedale. Secondo alcuni analisti la protesta potrebbe essere il preludio di una rivolta ampia contro l’Anp alla quale la popolazione palestinese chiede da anni di interrompere la collaborazione di sicurezza con Israele. A inizio settembre i comandi militari israeliani avevano accusato l’Anp di “non fare abbastanza per combattere il terrorismo”.

A scatenare le proteste è stata lunedì notte l’operazione ordinata dal capo dell’intelligence Majd Faraj per arrestare due combattenti di Hamas, tra cui il 30enne Musab Ashtayah, conosciuto come un comandante locale delle brigate Ezzedin al Qassam, il braccio armato del movimento islamico. All’incursione delle forze speciali dell’Anp sono seguiti scontri violenti e intensi scambi di raffiche di mitra tra giovani armati e agenti di polizia. Un colpo ha ucciso un passante, Firas Yaish di 53 anni. La sua morte ha accresciuto la rabbia della popolazione che ieri, per ore, ha preso di mira con sassi e bottiglie i veicoli blindati delle forze di sicurezza. «Uomini armati hanno aperto il fuoco verso il comando della polizia di Nablus quando gli agenti hanno iniziato a sparare indiscriminatamente: un proiettile lo ha colpito e ucciso (Yaish) davanti alla sua abitazione», ha raccontato ad Al Jazeera il giornalista di Hazem Nasser. Un altro palestinese Anas Abdelfattah, studente dell’Università An Najah, è stato ferito da un proiettile allo stomaco ed è in condizioni critiche.

Per tutto il giorno Nablus è apparsa in molti dei suoi quartieri come una città fantasma con le strade completamente deserte mentre in altri, soprattutto intorno alla città vecchia, avvenivano scontri duri tra manifestanti e poliziotti antisommossa dell’Anp. Il comune ha chiuso a causa dei colpi sparati contro il suo edificio e la An-Najah National University ha detto ai suoi studenti che le lezioni si sarebbero tenute da remoto. Colpi sono stati sparati anche contro gli studi di Radio Hayat, politicamente vicina all’Anp, durante il suo programma mattutino costringendo la conduttrice in onda in quel momento a interrompere la programmazione.

2764034Oltre a un morto si contano almeno 30 feriti. L’Anp è stata accusata dai manifestanti di aver piazzato sui tetti alcuni cecchini.

Nelle scorse ore sarebbe stato raggiunto un accordo per mettere fine agli scontri. L’Anp si sarebbe impegnata a rilasciare entro breve i due arrestati. Su tratta però di una notizia non ufficiale e al momento la situazione resta molto tesa.

Contro l’Anp si sono schierati tutti i gruppi armati di Nablus e Jenin. Dozzine di combattenti sono scesi in strada e hanno sparato in aria lunghe raffiche di armi automatiche. Dura la condanna di Hamas: «Mentre il nemico (Israele) continua le sue uccisioni e gli arresti, l’Anp insiste con il coordinamento della sicurezza e l’oppressione del nostro popolo, la persecuzione e l’arresto dei combattenti». Il gruppo armato «Fossa dei leoni» ha avvertito che «nessun agente delle forze di sicurezza dell’Anp sarà autorizzato a operare nella città di Nablus» se Ashtayah non sarà rilasciato.

L’arresto del comandante militare di Hamas a Nablus è avvenuto mentre proseguono le incursioni notturne dell’esercito israeliano in Cisgiordania, in particolare nelle città di Jenin e Nablus dove la resistenza armata palestinese si è fatta più organizzata negli ultimi tempi. Pagine Esteri

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Elezioni 2022: decisamente storiche con il trionfo di Meloni


Per la prima volta nella storia d’Italia una donna varcherà la soglia di palazzo Chigi e presiederà il Governo: Giorgia Meloni, una donna di destra, alla guida di un governo di destra-centro. Sconfitti PD e Lega. Conte e Berlusconi hanno tenuto. Vivacchiano Calenda e Renzi. L’edificio Italia è comunque destinato a restare nel disegno dei suoi muri maestri

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6 Months of "agreement in principle", EU-US agreement in fact still missing


6 mesi di "accordo di principio", l'accordo UE-USA di fatto ancora non c'è 6 mesi fa, la Presidente della Commissione europea von der Leyen e il Presidente degli Stati Uniti Biden hanno annunciato un accordo "di principio" sui trasferimenti di dati tra l'UE e gli Stati Uniti. Ad oggi, non c'è ancora un accordo. (c) Christophe Licoppe, edited


noyb.eu/en/6-months-agreement-…



Elezioni politiche 2022: hackerare le elezioni


È importante conoscere quali possono essere i modi per hackerare le elezioni, così come è importante sapere in che modo massimizzare il peso del proprio voto. E in che modo protestare al seggio!

Come saprà chi ci segue sui nostri social, a proposito di queste elezioni abbiamo preso posizione solo in due occasioni: la presentazione della Lista Referendum e Democrazia, una delle più interessanti iniziative di denuncia dell’attuale legge elettorale che pone impedimenti immensi a qualsiasi forza politica non già presente in Parlamento e che addirittura impedisce le coalizioni tra forze che...

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Il rapporto delle Nazioni Unite avverte del genocidio in stile Ruanda in Etiopia


L’Africa e il mondo stanno assistendo a un genocidio nella regione del Tigray in Etiopia simile a quello in Ruanda nel 1994, hanno avvertito gli…

L’Africa e il mondo stanno assistendo a un genocidio nella regione del Tigray in Etiopia simile a quello in Ruanda nel 1994, hanno avvertito gli investigatori delle Nazioni Unite e gli osservatori locali e regionali.

I gruppi affermano che le forze di difesa nazionale etiopi (ENDF), le forze di difesa dell’Eritrea (EDF) e le milizie alleate (fano) da un lato e le forze del Tigrino hanno separatamente commesso atrocità contro i civili che violano i diritti umani internazionali, le popolazioni del diritto umanitario e penale, con i tigriani che sopportano il peso degli attacchi.

Un rapporto della Commissione internazionale degli esperti sui diritti umani delle Nazioni Unite sull’Etiopia, pubblicato giovedì all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, rivela che sono state commesse violazioni dei diritti da quando sono scoppiati i combattimenti nel Tigray nel novembre 2020.


Report Nazioni Unite: Etiopia, report ONU sui crimini di guerra e violazione dei diritti umani in Tigray


“Il rapporto conclude che ci sono ragionevoli motivi per ritenere che dal 3 novembre 2020 in Etiopia siano state commesse violazioni, come esecuzioni extragiudiziali, stupri, violenze sessuali e fame della popolazione civile come metodo di guerra”, afferma il rapporto.

“La Commissione trova ragionevoli motivi per ritenere che, in diversi casi, queste violazioni equivalgano a crimini di guerra e crimini contro l’umanità”.


Il continuo blocco della regione del Tigray da parte dell’ENDF, che ha bloccato l’accesso a servizi essenziali come cibo, assistenza sanitaria, telefono, banche e assistenza umanitaria limitata, e il bombardamento di terreni agricoli hanno lasciato più di 20 milioni di persone bisognose di assistenza e protezione, hanno detto gli inquirenti.

La commissione delle Nazioni Unite era convinta che il blocco fosse deliberato e che la negazione di cibo e assistenza sanitaria alla popolazione del Tigray viola il divieto di utilizzare la fame dei civili come metodo di guerra, nonché l’obbligo di ciascuna parte in conflitto consentire e facilitare la consegna di aiuti umanitari imparziali.

Betty Murungi, presidente delle Nazioni Unite della Commissione etiope, descrive la crisi umanitaria nel Tigray come “scioccante, sia in termini di portata che di durata”.

“La diffusa negazione e ostruzione dell’accesso ai servizi di base, al cibo, all’assistenza sanitaria e all’assistenza umanitaria sta avendo un impatto devastante sulla popolazione civile e abbiamo ragionevoli motivi per ritenere che rappresenti un crimine contro l’umanità”, ha affermato.

Nel tentativo di scoprire cosa sta succedendo nel Tigray, una regione chiusa ai media locali e internazionali dall’inizio della guerra, Nation.Africa giovedì ha ospitato una discussione su Twitter Space con ricercatori, attivisti per i diritti umani, media ed esperti di sicurezza sul sfide che l’Etiopia deve affrontare.

Dato che la guerra è ripresa il 24 agosto dopo cinque mesi di tregua umanitaria, la maggior parte degli oratori ha convenuto che il mondo non conosce l’esatta sofferenza del popolo del Tigray.

“Quello che il mondo sta ascoltando è fondamentalmente dal lato del governo, che espone solo ciò che crede li favorisca. Non si sa molto della guerra nel Tigray”, ha affermato Basha Desta, un attivista per i diritti umani del Tigray.


Milizie locali


“Per due anni, il popolo ha vissuto un’intensa guerra condotta contro di loro dal governo federale, dall’esercito eritreo e dalle milizie locali di Amhara. Il popolo del Tigray sta combattendo per difendere se stesso e la propria sopravvivenza, a cui ha diritto”.

Secondo Meaza Gebremedhin, ricercatrice e sostenitrice indipendente dei diritti umani, il governo federale sotto il primo ministro Ahmed Abiy ha inizialmente consentito ai giornalisti internazionali di entrare nel Tigray, per poi cacciarli fuori dopo aver denunciato diffuse violazioni dei diritti umani.

“Il governo ha intimidito i media locali e internazionali insistendo sul fatto che la regione del Tigray è una zona di guerra e non possono garantire la loro sicurezza. Quello a cui stiamo assistendo è un genocidio intenzionale, in cui l’Eritreo si è unito al governo federale nel tentativo di sterminare il popolo del Tigray”.

Ha aggiunto: “Ora vogliono invadere tutte le parti del Tigray e stanno usando i droni per attaccare persino ospedali e asili nido oltre al discorso di odio che si sta diffondendo contro la gente del Tigray, comprese le stazioni televisive nazionali”.


Approfondimento: Etiopia, ennesimo attacco aereo dopo report ONU che denuncia il governo di crimini contro l’umanità in Tigray.


Ha sostenuto che il governo ha utilizzato la tregua umanitaria di cinque mesi per riorganizzarsi.
Mentre quelli del Tigray, come il signor Desta, insistono sul fatto che il Tigray People’s Liberation Front (TPLF) è un partito politico che non ha capacità militari, quelli che sostengono il governo federale hanno sostenuto che il TPLF è un’organizzazione criminale che ha innescato la guerra attaccando l’ENDF nel comando settentrionale il 4 novembre 2020.

“Definire TPLF un’organizzazione criminale e vile non equivale a incitamento all’odio, perché TPLF non è il popolo del Tigray, che sono le nostre sorelle e fratelli”, ha affermato MIMI, un cittadino etiope.

L’Eritrea è rientrata in guerra dopo essersi presumibilmente ritirata l’anno scorso, ma gli esperti affermano che le sue forze non hanno mai effettivamente lasciato la regione del Tigray.


Approfondimento: Etiopia, coinvolgimento dell’Eritrea nel nuovo fronte di guerra in Tigray


Ci sono domande sui reali interessi di Asmara nella guerra civile etiope. Alcuni analisti ritengono che il presidente eritreo Isaias Afwerki stia approfittando della situazione per vendicarsi del suo acerrimo nemico, il TPLF, che lo ha frustrato durante i due anni di guerra con l’Etiopia tra il 1998 e il 2000 sulla città di confine di Badme.

Quando il dottor Abiy ha fatto pace con l’Eritrea dopo essere salito al potere nel 2018, molti dei Tigrini hanno visto questo come un segnale inquietante, ha affermato William Davidson, ricercatore senior sull’Etiopia per l’International Crisis Group.

“Il presidente Afwerki ha visto questa come una buona opportunità per [prendersi] vendetta contro il TPLF. Quello che stiamo vedendo è che il nazionalismo del Tigray non può coesistere con il nazionalismo eritreo. Molti nel Tigray vedono l’Eritrea come la vera minaccia e il potere dietro il dottor Abiy”, ha detto.

La presenza delle truppe eritree in Etiopia serve solo a complicare le cose e ad infiammare una situazione già tragica, ha dichiarato Mike Hammer, inviato speciale degli Stati Uniti per il Corno d’Africa, in un briefing sui media digitali il 20 settembre.


Approfondimento: Briefing online dell’inviato speciale degli USA Mike Hammer per il Corno d’Africa [Trascrizione]


Nonostante la pubblicazione del rapporto della Commissione delle Nazioni Unite, ha affermato Davidson, il governo etiope è molto resistente a qualsiasi indagine o processo giudiziario, dato che il governo ha attuato un regime di assedio e ha usato la fame come arma.

“Non ci sarà alcuna forma di cooperazione, anche se il governo ha dichiarato di aver detto che coopererà con indagini indipendenti”, ha affermato.


“Stiamo assistendo a parole su cui si basa il concetto di responsabilità, che si estende anche all’amministrazione regionale del Tigray, anch’essa accusata dalla commissione di aver commesso atrocità. L’unica speranza è che l’agenzia delle Nazioni Unite torni con l’intenzione di trovare qualcuno da incolpare”.

Il dottor Abiy ha istituito una task force interministeriale per indagare sulle accuse di crimini contro l’umanità.

Ha anche istituito una Commissione di dialogo nazionale per risolvere la “differenza di opinioni e disaccordi tra vari leader politici e di opinione, e anche segmenti della società in Etiopia sulle questioni nazionali più fondamentali … attraverso un dialogo pubblico inclusivo e ampio che genera consenso nazionale” .

Tuttavia, gli investigatori delle Nazioni Unite e i relatori del forum Nation Twitter Space hanno concordato sul fatto che i passi compiuti dall’amministrazione di Addis Abeba sembrano essere semplici “esercitazioni di pubbliche relazioni”, con la squadra delle Nazioni Unite che non regge nella loro composizione e nell’esecuzione dei loro mandati.

Sulla commissione interministeriale, gli inquirenti hanno affermato: “La Commissione non è stata in grado di corroborare il numero di interviste, procedimenti giudiziari, processi e condanne; né che siano in corso le misure di riparazione nei confronti delle vittime.

“Il progetto di nuova politica di giustizia di transizione, sebbene un’iniziativa potenzialmente importante, non è pubblico né è stato condiviso con la Commissione. La Commissione non è stata inoltre in grado di confermare che sia in corso la formazione degli investigatori o del personale militare”.

Il team ha riscontrato che il processo di giustizia di transizione, che dovrebbe essere trasparente e aperto al pubblico, è opaco.

Nel suo rapporto, la Commissione ha affermato: “L’IMTF non ha incluso informazioni critiche sulla trasparenza nella presentazione del suo lavoro, come informazioni sulle etnie e sui generi degli intervistati o delle persone condannate; le modalità con cui ottiene informazioni preliminari sugli eventi in Tigray; e come sta ottenendo informazioni dalle vittime e dai testimoni che hanno lasciato il Paese”.

Il dottor Muliro Nasongo, docente di relazioni internazionali e sicurezza presso l’Università tecnica del Kenya, ha affermato che il continuo conflitto in Etiopia fa presagire male per la stabilità del Corno d’Africa.

Ha osservato che l’Etiopia non è un qualsiasi altro paese africano in quanto ospita le sedi di organismi regionali e continentali, inclusa l’Unione africana.

Se l’Etiopia si disintegra in piccoli stati, ha detto, avrebbe un effetto domino su paesi che sono stati federali come la Somalia.

In secondo luogo, potrebbe esacerbare il problema dei rifugiati nella regione e vedere un aumento di reati transnazionali come il riciclaggio di denaro e il traffico di esseri umani e di droga che alimenta il terrorismo.

“Si sperava che la stabilità in Etiopia e Kenya avrebbe consolidato la Somalia e il Sud Sudan perché Khartoum è già fragile. L’instabilità in Etiopia contribuirà all’estremismo violento che contribuisce al terrorismo”, ha affermato.

La principale preoccupazione del dottor Nasongo è che la regione affronti la questione degli interessi regionali delle potenze globali che cercano risorse in Africa, dato che l’Etiopia è uno degli epicentri.

Dice che gli Stati Uniti, la Cina e i paesi del Medio Oriente hanno una mano in quello che sta succedendo in Etiopia.

“Sebbene potremmo trattare l’Etiopia con i guanti bianchi perché è un importante alleato nella guerra contro il terrorismo, c’è la sfida che la maggior parte dei paesi africani soffre, perché per gli attori globali, lo stato e la stabilità del paese sono più importanti più di ogni altra cosa, quindi altri aspetti come le violazioni dei diritti umani potrebbero essere trascurati”, ha affermato il dottor Nasongo.


FONTE: nation.africa/africa/news/un-r…


tommasin.org/blog/2022-09-24/i…



Sbancati


Vi ricordate della spending review? Nella collezione elettorale autunno inverno non si porta più. L’abito rimasto intonso nell’armadio, a suo tempo da tutti desiderato e proposto, in realtà mai indossato è ora trapassato nel dimenticatoio. Invece vai con

Vi ricordate della spending review? Nella collezione elettorale autunno inverno non si porta più. L’abito rimasto intonso nell’armadio, a suo tempo da tutti desiderato e proposto, in realtà mai indossato è ora trapassato nel dimenticatoio.

Invece vai con le richieste di maggiore spesa pubblica, che c’è sempre una buona ragione, un promettente investimento, un nobile sentimento e un elettorale rendimento al farsi alfieri di più soldi qua e più soldi là. E lascia fare che tanti soldi come adesso non ce ne sono mai stati da impiegare, al punto da dubitare che si sia capaci di farlo, perché quel che conta non è realizzare, ma far sognare facendo segnare i vantaggi che se ne possono trarre.

La cosa, però, non è liquidabile come mera perversione elettoralistica. Non basta osservare che, rivisto oggi, il Cetto di Albanese è un fantasioso moderato, largamente surclassato da emuli non cinematografici. Bisogna andare oltre la superficie dei superficiali e capire la sostanza della questione: aumentare la spesa è facile, salvo poi lasciare buchi, ma a riqualificarla ci vuole conoscenza, tempo e perseveranza.

C’è un nesso inscindibile fra lo spendere meglio e riformare quel che non funziona. Ma riformare, ovvero cambiare, significa sempre scontentare qualcuno, magari anche solo perché mentalmente spaventato dalle novità, mentre spendere di più per rabberciare quel che è disfunzionale si può farlo illudendo che nessuno ci rimetta. Mentre invece è il modo più efficace per danneggiare tutti.

a spesa pubblica che cresce senza migliorare è il marmoreo monumento al fallimento della politica, che prova a spacciarlo come equestre segno d’altruismo. Dimenticando di ricordare che il contribuente onesto sarebbe il cavallo, non il pavoneggiante cavaliere.

Ed eccone la dimostrazione. Anche in questa campagna elettorale, senza che si sia sentita un’idea una sui contenuti della scuola, si sono rincorsi a dire la stessa cosa: ci si devono mettere più soldi e gli insegnanti (gli studenti non votano) sono poco pagati.

Falsa impostazione, che porta a inesistente soluzione. i dati, meritoriamente raccolti dalla Fondazione Agnelli, dicono che:

  • la spesa pubblica italiana è in linea con quella media europea (in realtà credo sia più alta, perché nel conto non si mette il salasso privato per gli inutili libri di testo, in tante parti del continente spariti da anni);
  • la spesa per la formazione di uno studente, fra i 6 e i 15 anni, è da noi più alta della media europea: 75mila euro contro 72mila 500 (conta la denatalità);
  • la retribuzione degli insegnanti, per ora lavorata, non è più bassa della media, perché lavorano meno ore (26 ore contro 33 di media e 40 in Germania), mentre progredisce meno nel tempo perché non c’è meritocrazia;
  • è il comparto pubblico dove i “clienti” sono diminuiti di più e il personale è aumentato di più (+20% in 10 anni). Aggiungerei un dettaglio: abbiamo i peggiori risultati medi d’Europa, il che significa che spendiamo non male, ma malissimo.

Non serve più spesa. Anzi, nuocerebbe. Ci serve un capo del personale degno di questo nome, sicché le sperequazioni nelle ore lavorate non siano esagerate. Ci serve assumere per concorso e non pagare per rattoppo. Ci serve premiare gli insegnanti bravi, che sono tanti, che si misurano sui risultati degli studenti, e non continuare con la solfa che lavorano tutti la notte a casa, perché è falso. Ci serve didattica digitale seria, mandando a stendere la lobby degli stampatori. Ci serve diversificare l’offerta e la concorrenza fra istituti, con la cancellazione del buffonesco valore legale del titolo di studio, che è il pezzo di carta inutile senza formazione e selezione. Le rotelle si devono far girare in testa, non sotto i banchi.

Questo sarebbe riqualificare la spesa. Ma si deve saperlo fare. Mentre ad aumentarla accudendo l’ignoranza son tutti capaci. Ed è questa la ragione per cui l’abito della spending review non ha avuto successo: è un abito da lavoro. E il cielo non voglia.

La Ragione

L'articolo Sbancati proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Il risultato


Questa campagna elettorale è giunta a conclusione Finalmente, questa campagna elettorale sta per concludersi. Non è stato possibile commentarla nel merito, nelle proposte, nelle idee e nelle diverse ricette per il futuro dell’Italia, perché non ci sono st

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Questa campagna elettorale è giunta a conclusione


Finalmente, questa campagna elettorale sta per concludersi. Non è stato possibile commentarla nel merito, nelle proposte, nelle idee e nelle diverse ricette per il futuro dell’Italia, perché non ci sono state. Si è andati per contrapposizione, per non far vincere gli altri e, alla fine, si è arrivati anche allo spettro del fascismo e al saluto romano.

Allora io vi dico quale sarà, secondo me, il risultato più rilevante che avremo tra domenica notte e lunedì mattina. Il risultato sarà di una larga prevalenza di voti per le forze a vario titolo populiste: ossia per le forze che chiamano il consenso perché sono contro, perché sono alternative, perché sono state all’opposizione o che, stando al governo, in realtà non condividevano, o che sono totalmente estranee alla tradizione risorgimentale delle forze politiche che hanno caratterizzato la prima, lunga e anche bella stagione della Repubblica Italiana.

Queste forze sommate tra loro hanno ben più del 50% dei voti. La cosa che le neutralizzerà, almeno in parte, è che sono molto divise. Sono accomunate da questo sentimento di contrarietà, però sono divise perché dicono che non andranno mai con gli altri.

Quello che li unisce è, per esempio, pensare che la spesa pubblica sia la soluzione a qualsiasi cosa, mentre qualche volta è il problema. Quello che li unisce è pensare che le entrate e le uscite di un bilancio pubblico possano essere separate e non è così.

La questione del saluto romano e dello spettro fascista è pretestuosa. Non c’è un regime in arrivo, almeno a mio avviso. Poi sapete, quelli che fanno il saluto romano non si sognano nemmeno lontanamente di pensare di mettere in discussione il fatto che il fascismo è stato il disonore dell’Italia, l’umiliazione della Patria, che non si può essere patriottici e fascisti al tempo stesso. Non si può, perché la considerazione dell’Italia non è mai stata così nel fango come all’esito del Ventennio.

E chi è stato comunista come fa a negare che è stato un Impero di morte, fame e repressione. Allora perché continuano a fare queste cose? Hanno studiato sul libro diversi? No, perché quella è la loro identità. Per fare i conti con le idee bisogna avere spessore. Ci vuole un Guido Piovene sulla destra e ci vuole un Ignazio Silone sulla sinistra. Ci vuole sofferenza. A questi qua non interessa: l’importante è dire che sono di quella o quell’altra scuola. E chi se ne frega se la storia è andata in direzione opposta. Non andranno da nessuna parte né gli uni, né gli altri.

Attenzione, però! Perché noi in Italia abbiamo sperimentato il fascismo, altrove, purtroppo per loro, stanno sperimentando il comunismo, ma il dato di partenza era esattamente quello che siamo oggi. Non torneranno gli stivaloni, l’olio di ricino, il manganello. Non tornerà niente di tutto questo.

C’è, però, l’Italia della furbizia ottusa, del credere di poter avere senza dare, del consumare senza produrre, dello Stato estraneo da cui si deve avere qualcosa, dal considerare la propria sorte scissa da quella dei propri simili, del non avere in niente in nessuno, salvo che nella propria capacità di prendere.

Il fascismo culturale è il “sono tutti uguali, sono tutti la stessa pasta” e così via. E quella roba lì, vedrete, lunedì avrà la maggioranza. Con questo bisogna fare i conti, non con qualche fesso che fa il saluto romano o si fa i tatuaggi runici.

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La scuola in Italia: quali principi e quali ideali seguire


La Fondazione Luigi Einaudi è lieta di presentare un ciclo di incontri sul seguente tema “La scuola in Italia: quali principi e quali ideali da seguire” rivolto agli studenti dell’Istituto Luigi Einaudi di Siracusa, dove si terranno le prime tre iniziati

La Fondazione Luigi Einaudi è lieta di presentare un ciclo di incontri sul seguente tema “La scuola in Italia: quali principi e quali ideali da seguire” rivolto agli studenti dell’Istituto Luigi Einaudi di Siracusa, dove si terranno le prime tre iniziative.

Il seguente ciclo di incontri tratterà del tema dell’educazione in Italia, affrontandolo sotto diverse prospettive, da un punto di vista teleologico, da un punto di vista storico e, infine, da un punto di vista attuale. È essenziale riflettere sulle problematiche odierne e sulle possibili soluzioni da adottare per perfezionare il ruolo della scuola ma non solo, l’intero sistema educativo nel nostro Paese.

28 settembre 2022 – “La libertà della cultura”


Il primo incontro è dedicato al rapporto tra cultura e libertà. Nel corso dei secoli il progresso è stato il frutto del confronto tra liberi pensatori. La scuola dovrebbe rappresentare la casa per eccellenza di tale unione, favorendo piuttosto che limitando il genio dei giovani studenti. Tuttavia, la scuola italiana si è uniformizzata ed è vittima di una eccessiva burocrazia che le impone rigidità e le impedisce di perseguire il suo reale scopo. Si rifletterà sul vero significato di cultura e sul come rivalorizzarla.

29 settembre 2022 – “L’importanza del merito”


Il secondo incontro è dedicato al tema della meritocrazia e della sua importanza nella società. È fondamentale, in una società giusta, che ogni individuo segua le proprie inclinazioni, passioni, e che gli venga riconosciuto il merito quando è doveroso. Einaudi scriveva di uguaglianza dei punti di partenza per poi crescere liberamente e diseguali nei punti di arrivo. Le pari opportunità rappresentano un tema imprescindibile per ripensare il futuro.

30 settembre 2022“La scuola: ieri, oggi e domani”


Il terzo e ultimo incontro, in continuazione con i due precedenti, è dedicato ad indagare come i valori assoluti di libertà e meritocrazia siano declinati nell’attuale architettura scolastica. Attraverso una ricerca storica sui cambiamenti del sistema scolastico nel nostro paese, si giungerà ad analizzare la scuola di oggi e a pensare a quella di domani.

1° ottobre 2022 – Presentazione del libro “La scuola della libertà e del merito – L’abolizione del valore legale del titolo di studio”


A fine di questi tre incontri, sabato 1° Ottobre 2022, si terrà la presentazione del libro “La scuola della libertà e del merito – L’abolizione del valore legale del titolo di studio” di Ottavia Munari e Andrea Davola. Questo evento conclusivo si terrà presso il The Siracusa International Institute for Criminal Justice and Human Rights.

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@giuglionasi questo è il vantaggio del fediverso. Su facebook devi gestirne ondate continue mentre qui i rompicoglioni arrivano uno alla volta


🔍 #PNRRIstruzione, quanto ne sai?
Come ogni martedì e venerdì, torna la nostra rubrica per conoscere meglio le misure per la scuola previste dal #PNRR.

Oggi parliamo di Scuola 4.



Fascisti immaginari e fascismi reali


Non si tema il fascio mascelluto ma lo sfascio ripetuto Non vedo sopraggiungere regimi, semmai un riconvertirsi a nuovi mangimi. Comprensibilmente, il vantaggio elettorale della destra che fu fascista pone il tema del passato che torna. Tanto più che, fra

Non si tema il fascio mascelluto ma lo sfascio ripetuto


Non vedo sopraggiungere regimi, semmai un riconvertirsi a nuovi mangimi. Comprensibilmente, il vantaggio elettorale della destra che fu fascista pone il tema del passato che torna. Tanto più che, fra i ruderi del secolo scorso, fra i rifiuti della storia, sia chi fu fascista che chi fu comunista ha serie difficoltà a riconoscere l’empietà dell’errore, perché dovrebbe riconoscere come sbagliata la propria identità.

Mai sottoposta a seria revisione. Solo taluni grandi ci riuscirono, senza attendere il crollo nell’infamia dei rispettivi (e non diversi) incubi. Comprensibile, ma non giustificabile. Perché porre in questi termini la questione significa ignorare cosa fu il fascismo.

Lo vide benissimo un giovane, che pagò con la vita il saper guardare l’Italia, Piero Gobetti: il fascismo è l’autobiografia della nazione. Era il prevalere della “Italia che non ci piace”, per dirla con Giovanni Amendola, anche lui ucciso dalle squadracce. Ma se era autobiografia, come s’è potuto credere che si cancellasse? Si è potuto coltivare l’illusione, o piuttosto l’inganno, perché si è voluto ignorare il lavoro di Renzo De Felice, non a caso isolato dalla storiografia di stampo marxista. Quelli determinanti furono gli anni del consenso, non quelli degli stivaloni e dei manganelli. A segnare la storia fu l’entusiasmo delle masse, non le costrizioni censorie. Nessuno sensato crede che tornino le seconde, ma neanche crede che sia sparita l’Italia delle prime.

Dove la si vede, oggi? I quattro cretini che vanno a Predappio sono ridicoli nel loro orrore zotico. La si trova nel piagnucoloso vittimismo della nazione trascurata, frammisto al delirio della sovrana illimitata. Nell’accattonaggio che reclama fondi e nella prosopopea che rifiuta controlli. Nella svendita della sovranità mediante debito e nell’indebitarsi per avere sovranità. Nel volere chi “sbatte i pugni” e finire con lo sbattere la testa. Nell’avversione alle multinazionali sopruso dei popoli, che toglie all’Italia le multinazionali autoctone.

Nell’inseguire gli umori più bassi, pretendendo d’elevarsi. Nella furbizia untuosa di chi deride il vincitore nel mentre sbava per riceverne una prebenda. Nella condanna dei compromessi e delle mediazioni, per ritrovarsi con compromettenti azzardi. È l’Italia meschina, dei simboli senza sostanza. Ma è anche l’Italia che per giustificare sé stessa deve mistificare la storia, come il pretendersi patrioti ed avere nel simbolo il ricordo di chi la Patria la svergognò, come il confondere il mazzinianesimo con il bigottismo papalino.

Magari questa paccottiglia stesse solo da una parte, che, invece, si ritrova nelle anticamere del clientelismo e nei moti plebei del reddito senza lavoro, nell’autarchia d’importazione e nell’antistatalismo con quattrini statali. Il ceto presunto culturale che fu fascista e si riscoprì comunista era così ignorante da non riuscire a riconoscersi coerente: la stessa infatuazione per un mito e lo stesso disprezzo per la vile realtà. Che non sia quella della propria convenienza.

Non torna il maschio fascismo mascelluto. Ma è ancora da cacciare il fascino scellerato che ha il mascherare da superiorità la propria incapacità, da spocchia millenaria il servilismo permanente, da lamentazione vittimista l’essere vittima della propria incapacità. Non torna il fascio, ma non ci si è liberati da questo sfascio.

La Ragione

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Agenda climatica? Sorveglianza e controllo, una distopia eco(in)sostenibile


Da Milano, ai Fridays for Future, fino ad arrivare al World Economic Forum. Così stanno costruendo le basi per un futuro ecosostenibile, ma inumano.

Tratto dalla newsletter di Matteo Navacci: Prima di cominciare con l’articolo di oggi vi ricordo che il 26 settembre inizia la Privacy Week 2022. Io avrò un intervento proprio il 26 alle ore 14:30. Se volete assistere dal vivo (a Milano) o da remoto in streaming, registratevi sul sito! Consiglio anche tutti gli altri giorni, ci sono centinaia di speaker per oltre 70 eventi, c’è qualcosa per tutti davvero!

Immagine/fotowww.privacyweek.it

Vi ricordo anche che ora Privacy Chronicles ha un suo 🎙️ canale Telegram: t.me/privacychronicles, vi aspetto!


L’agenda comun…ehm - climatica - è ormai a pieno regime, e purtroppo si porta dietro un tale carico di sorveglianza di massa e controllo sociale che anche i meno sensibili tra voi dovrebbero, forse, iniziare a preoccuparsi. I segnali, convergenti tra loro, sono ovunque - anche se sparpagliati e apparentemente separati l’uno dall’altro.

Come abbiamo imparato in questo tempo insieme, tutti i tasselli del puzzle però si incastrano perfettamente, anche se ora sembrano distanti tra loro. Eppure sarà solo questione di tempo prima che la figura sarà completa.

Oggi vorrei parlarvi di alcuni di questi tasselli di questo nuovo puzzle. Alcuni ci riguardano molto da vicino, altri invece arrivano da più lontano, ma con implicazioni dirette per tutti noi.

Mi riferisco a:

  • Move-In, la nuova sorveglianza di massa made in Milano, pensata appositamente per i poveri
  • La distopia finanziaria e totalitaria delle idee nell’agenda climatica di Fridays for Future Italia
  • L’agenda climatica del World Economic Forum, tra sorveglianza di massa e social scoring

Move-In, la sorveglianza di massa made in Milano


Cominciamo col primo. Dal 1° ottobre a Milano sarà vietato l’accesso in Area B ad autovetture a benzina Euro 1 e gasolio da Euro 0 a Euro 4 dalle ore 7:30 alle ore 19:30, ad eccezione di sabato, domenica e festivi.

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Basta! Contro la barbarie dell’alternanza scuola-lavoro


"L’alternanza scuola lavoro incarna l’idea che la scuola debba preparare al lavoro e non più alla vita, distruggendo così l’idea educativa di scuola. Visti gli esiti tragici, ad introiettare precocemente da parte degli scolari che si può anche morire di lavoro. Ma forse è proprio quello che si vuole ottenere: preparare al peggio i giovani."


Presentazione del libro “La scuola della libertà e del merito” di Ottavia Munari e Andrea Davola


A conclusione del ciclo di incontri “La scuola in Italia: quali principi e quali ideali da seguire”, gli studenti del Liceo Luigi Einaudi di Siracusa sono invitati a partecipare alla presentazione del libro “La scuola della libertà e del merito – L’aboliz

A conclusione del ciclo di incontri “La scuola in Italia: quali principi e quali ideali da seguire”, gli studenti del Liceo Luigi Einaudi di Siracusa sono invitati a partecipare alla presentazione del libro “La scuola della libertà e del merito – L’abolizione del valore legale del titolo di studio” di Ottavia Munari e Andrea.

L’evento si terrà sabato 1° ottobre, alle ore 11.30, a Siracusa, presso il The Siracusa International Institute for Criminal Justice and Human Rights, in via Logoteta 27.

Il libro, curato da Giancristiano Desiderio ed edito da Rubbettino, è una elaborazione di ciò che Luigi Einaudi, assieme a molti altri pensatori liberali, ha affrontato in varie opere, ovvero l’importanza di ripensare la scuola italiana, a partire dall’abolizione del valore legale del titolo di studio.

L'articolo Presentazione del libro “La scuola della libertà e del merito” di Ottavia Munari e Andrea Davola proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Breyer on Europol lawsuit: Courts must protect us where politics is hostile to fundamental rights


The European Data Protection Supervisor (EDPS) is going to court over the EU’s attempt to retroactively legalise large amounts of data Europol illegally collected on unsuspected citizens, … https://edps.europa.eu/system/files/2022-09/EDPS-2022-23-EDPS-re

The European Data Protection Supervisor (EDPS) is going to court over the EU’s attempt to retroactively legalise large amounts of data Europol illegally collected on unsuspected citizens, including mobile phone and air traveller data. The EDPS is reacting to the heavily criticised Europol reform, which has given the agency broad powers since June 2022.

Member of the European Parliament Patrick Breyer (Pirate Party), a substitute member of the Europol supervisory body JPSG in the European Parliament, welcomes the decision:

“The data protection commissioner’s action against Europol is important and without alternative. For years, the police authority has illegally collected massive amounts of data on millions of unsuspected individuals, which were transmitted by national authorities. And politicians believe that they can now legitimise this bulk collection mania with the stroke of a pen. The controversial reform has already given Europol far too much control over innocent EU citizens. Now, the deletion of the absurd amount of 4 petabytes of data will need to be ordered by the courts.

It’s true that police cooperation in Europe is of vital importance, but it needs to respect the rule of law. After, due to these vast data pools, millions of innocent citizens risk being wrongfully suspected of a crime just because they were in the wrong place at the wrong time. I am confident that the courts will protect us where politics is acting hostile to fundamental rights.”


patrick-breyer.de/en/breyer-on…




#NotiziePerLaScuola

"A Scuola di OpenCoesione", il progetto di didattica innovativa rivolto alle scuole secondarie di primo e secondo grado. La domanda di partecipazione dovrà essere presentata entro il 24 ottobre.

Info ▶️ miur.



L’obsolescenza degli smartphone e la raccolta massiccia di dati mettono in pericolo il futuro del digitale

Vorrei segnalare un altro articolo molto interessante pubblicato da Basta!, media francese indipendente e autofinanziato (se potete, sostenetelo da qui: basta.media/don):
“L’obsolescenza degli smartphone e la raccolta massiccia di dati mettono in pericolo il futuro del digitale” di Emma Bougerol:
basta.media/l-obsolescence-des…

Questo è il sommario che apre l’articolo:
“Dai minerali indispensabili per gli smartphone all'energia consumata dai data center, la tecnologia digitale ha un pesante impatto ecologico. Anche in questo caso la sobrietà è essenziale, ma non passa necessariamente dalla riduzione dell'uso di Internet”.

Qui sotto trovate una sintesi dei temi trattati, l’articolo è distribuito con una licenza Creative Commons BY-NC-ND 4.0 che non ne permette la traduzione.

L’articolo mette in evidenza alcuni dati dell’impatto della tecnologia digitale sull’ambiente: questa rappresenta in Francia il 10% del consumo di elettricità e il 2,5% dell'impronta di carbonio che sintetizzata in un’immagine piuttosto efficace è l’equivalente delle emissioni di CO2 di 12 milioni di automobili, che percorrano ciascuna 12.000 km all'anno.

L’articolo sottolinea poi come la valutazione dell’impatto ambientale debba tener conto di molteplici fattori: il consumo di tutti i dispositivi usati dagli utenti, ma anche i consumi della rete che trasporta questa enorme quantità di dati e interazioni e quello dei data center che li archiviano.

Il testo prosegue ricordando come la produzione dei terminali degli utenti, televisori, computer, smartphone costituisca la parte maggiore e più dannosa dell’impatto ambientale del digitale (esaurimento delle risorse, emissioni, consumo di energia, produzione di rifiuti).
Buona parte di questi danni ambientali colpiscono soprattutto i paesi in via di sviluppo in cui si estraggono i metalli preziosi e quelli in cui vengono scaricati i nostri rifiuti elettronici.
A questo aspetto si aggiunge l’esaurimento di alcuni minerali necessari per la costruzione dei dispositivi, ad esempio litio e cobalto per le batterie o il tantalio per i circuiti degli smartphone.
Anche in questo caso non è possibile pensare che la quantità di dispositivi prodotti possa essere infinita.


Un altro grave problema affrontato è quello dell’obsolescenza dei dispositivi: in Francia la vita media di uno smartphone è stimata tra i due e i tre anni, è chiaro che per ridurre l’impatto ambientale sarebbe necessario aumentare e non di poco la durata dell’utilizzo dei dispositivi, secondo un esperto dell’associazione GreenIT.fr si dovrebbe arrivare ad 8 anni per gli smartphone, 10-15 anni per i computer e 20 per i televisori.


La conclusione dell’articolo si apre con un titolo un po’ forte, "Eliminiamo il digitale ogni volta che è possibile” che però viene meglio articolato nelle righe successive: non si tratta di fermare del tutto lo sviluppo della tecnologia digitale, ma si tratta di optare per scelte “low tech” che pratichino anche alternative analogiche là dove disponibili. Questo processo non può essere un percorso individuale è fondamentale un intervento politico dello stato che deve regolamentare in qualche modo la vendita e la distribuzione dei prodotti digitali.

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Oscar, La Stranezza del palermitano Andò tra i 12 film italiani in gara per la candidatura


C'è anche il film "La Stranezza" del regista palermitano Roberto Andò, con protagonisti Toni Servillo e il duo pure palermitano formato da Salvo Ficarra e Valentino Picone nell'elenco delle 12 pellicole che concorreranno alla designazione del titolo candidato a rappresentare l'Italia nella selezione per la categoria International Feature Film Award dell'edizione numero 95 dell'Academy Awards, il prestigioso Premio Oscar.

gds.it/foto/cinema/2022/09/21/…



MATTEO COLOMBO (ASSO DPO) ‘SANITÀ DIGITALE, PER LA BANCA DATI SI ASCOLTI IL GARANTE PRIVACY’

Matteo Colombo, Ad di Labor Project e presidente di Asso DPO, analizza i motivi della doppia bocciatura da parte del Garante Privacy dei decreti sulla banca dati Ecosistema Dati Sanitari (EDS) e quello sul Fascicolo sanitario elettronico (Fse).

Il Garante Privacy ha recentemente bocciato i decreti sulla banca dati Ecosistema Dati Sanitari (EDS) e quello sul Fascicolo sanitario elettronico (Fse). Abbiamo chiesto un parere al riguardo a Matteo Colombo, Ad Labor Project e presidente di Asso DPO.

privacyitalia.eu/matteo-colomb…

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Briefing online dell’inviato speciale degli USA Mike Hammer per il Corno d’Africa [Trascrizione]


U.S DIPARTIMENTO DI STATO – 20 settembre 2022 Briefing online speciale L’ambasciatore Mike Hammer Inviato speciale degli Stati Uniti per il Corno d’Africa 20 settembre…

youtube.com/embed/hUmJyv46PI8?…

U.S DIPARTIMENTO DI STATO – 20 settembre 2022

Briefing online speciale

L’ambasciatore Mike Hammer

Inviato speciale degli Stati Uniti per il Corno d’Africa

20 settembre 2022

Hub dei media regionali dell’Africa

MODERATORE: Buon pomeriggio a tutti dall’Africa Regional Media Hub del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti. Vorrei dare il benvenuto ai nostri partecipanti da tutto il continente e ringraziare tutti voi per aver preso parte a questa discussione. Oggi siamo molto lieti di essere raggiunti dall’inviato speciale degli Stati Uniti per il Corno d’Africa, Mike Hammer. L’inviato speciale Hammer discuterà del suo recente viaggio nella regione a sostegno degli sforzi dell’Unione africana per avviare colloqui volti a porre fine al conflitto nell’Etiopia settentrionale. Si unisce a noi da New York City.

Inizieremo la telefonata di oggi con il commento di apertura dell’inviato speciale Hammer, quindi passeremo alle tue domande. Cercheremo di raggiungerne il maggior numero possibile durante il tempo che abbiamo.

Come promemoria, il briefing di oggi è registrato e, con ciò, lo consegnerò all’inviato speciale Hammer. Penso che tu sia muto.

AMBASCIATORE HAMMER: Grazie. Spero che ora tu possa sentirmi. Un piccolo difetto tecnico. Grazie mille, Tiffany, per aver organizzato questa chiamata al centro multimediale e grazie a tutti per aver partecipato, qui negli Stati Uniti, in tutto il continente o ovunque voi siate. Spero che nel corso del mio mandato avrò la possibilità di incontrare alcuni di voi se non tutti di persona. Il lavoro che svolgete come giornalisti è fondamentale e importante non solo per il continente ma per la democrazia in generale, e apprezzo molto il vostro interesse.

Come accennato da Tiffany, parlerò del mio recente viaggio, ma volevo solo iniziare, poiché questa è la mia prima opportunità per impegnarmi con tutti voi, per notare che la politica degli Stati Uniti nei confronti del continente e dell’Unione africana è stata definita molto chiaramente dal presidente Biden nel suo video al vertice dell’UA nel febbraio del 2021, dove ha affermato molto chiaramente che gli Stati Uniti vogliono collaborare ed essere di sostegno all’Unione africana, ai nostri partner africani, poiché si cercano soluzioni africane per affrontare l’Africa i problemi.

Probabilmente avete letto con grande interesse la recente Strategia di sicurezza nazionale per l’Africa, pubblicata ad agosto. E quindi il mio lavoro come inviato speciale è quello di rafforzare ciò nelle attività in cui gli Stati Uniti sono coinvolti nel Corno d’Africa.

Come forse saprai, questo recente viaggio è il mio terzo viaggio nella regione da quando ho iniziato come inviato speciale. Sono stato in grado di andare a giugno in Etiopia, e poi ho viaggiato in – beh, in Egitto, in Etiopia e negli Emirati Arabi Uniti, e ho anche avuto alcuni impegni sudanesi su GERD nel mio secondo viaggio in luglio-agosto, e poi sono appena tornato da un viaggio iniziato il 5 settembre e terminato lo scorso venerdì 16.

Quest’ultimo viaggio è stato molto incentrato sul tentativo di convincere le parti, l’autorità regionale del Tigrano e il governo dell’Etiopia, a smettere di combattere e ad accettare e partecipare a un processo di colloqui di pace guidato dall’UA, come è nostra ferma convinzione – e uno che è stato affermato dalle parti – che non esiste una soluzione militare al conflitto. Il popolo etiope ha già sofferto troppo ed è di fondamentale importanza che le parti partecipino, ancora una volta, a un solido processo guidato dall’Africa. Potrebbero esserci domande su come sta prendendo forma, ma il mio impegno diplomatico si è concentrato principalmente sul tentativo di vedere cosa potremmo fare per portare avanti gli sforzi guidati dall’Unione africana.

E in particolare, mentre ero ad Addis, ho avuto l’opportunità di impegnarmi con i livelli più alti del governo etiope, di ascoltare le loro problematiche, di provare a lavorare con il governo in termini di come potremmo portare avanti i colloqui di pace ; e allo stesso modo è stato in grado di impegnarsi con i rappresentanti dell’Autorità regionale del Tigray per cercare, ancora una volta, di sollecitare la cessazione delle ostilità e certamente di avviare immediatamente i colloqui di pace.

Abbiamo avuto l’opportunità di confrontarci con l’Alto rappresentante Obasanjo insieme al mio collega, il nostro abile e talentuoso ambasciatore presso l’Unione africana Jessye Lapenn, in più occasioni. Abbiamo anche parlato con il presidente Faki e il suo team e abbiamo avuto l’opportunità di coinvolgere anche le mie controparti delle Nazioni Unite, l’SRSG Hanna Tetteh, nonché l’inviata speciale dell’UE Annette Weber. Insieme alla mia collega, l’incaricata d’affari ad Addis, Tracey Jacobson, abbiamo anche fatto un giro di impegni molto soddisfacente, ancora una volta, incentrati sul tentativo di portare avanti un processo di pace che possa produrre il tipo di pace duratura che tutti gli etiopi desiderano .

Dovrei essere chiaro che la politica degli Stati Uniti, come probabilmente saprai, è che gli Stati Uniti sono impegnati per l’unità, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Etiopia e che i nostri unici obiettivi sono cercare la pace e fornire assistenza umanitaria a tutti gli etiopi in bisogno, compresi coloro che soffrono di una grave siccità. E quindi lo facciamo in uno spirito di collaborazione e amicizia e cercando di affrontare alcune questioni molto difficili e complesse, ma rimaniamo piuttosto preoccupati per il fatto che i combattimenti siano in corso e infatti questa settimana qui alle Nazioni Unite, insieme al mio collega, l’Assistente Segretario Molly Phee, anch’essa a Nairobi per l’inaugurazione del presidente Ruto, sta lavorando con una serie di altri partner, partner internazionali, per, ancora una volta, esortare le parti a dialogare. Non c’è altra via praticabile da seguire.

E state certi che gli Stati Uniti sono impegnati diplomaticamente ai massimi livelli, a più livelli e con molti dei miei colleghi del Dipartimento di Stato, per provare a vedere come lavorare di concerto con l’Unione Africana e, ancora, coloro che sono interessati a perseguire la pace nel Corno, come possiamo avanzare su queste questioni.

Quindi lasciatemi fermare qui perché so che ci sono una moltitudine di domande, che sarò felice di occupare per il tempo che abbiamo, e se non le risolviamo tutte in questa occasione confido che ci saranno altre opportunità per noi di scambio su questi temi di grande importanza nella speranza che, ancora una volta, siamo in grado di avviare un processo che produca dividendi per il popolo etiope, che metta fine a circostanze orribili e sofferenze in modo che tutti gli etiopi può godere di un futuro migliore. Grazie mille.

MODERATORE: Grazie, inviato speciale Hammer. Inizieremo ora la parte di domande e risposte della chiamata di oggi. Vi chiediamo di limitarvi a una domanda relativa al tema del briefing di oggi: il recente viaggio dell’inviato speciale nella regione a sostegno degli sforzi dell’Unione africana per avviare colloqui volti a porre fine al conflitto nel nord dell’Etiopia. Il briefing è molto completo. A titolo di cortesia per i tuoi colleghi giornalisti, per favore mantieni le tue domande succinte.

La nostra prima domanda è stata avanzata in anticipo da Tsedale Lemma dell’Addis Standard , che chiede: “Quale leva diplomatica è rimasta agli Stati Uniti per portare i due belligeranti ai colloqui – per colloqui sulla risoluzione pacifica della guerra che non hanno schierato nel passato?”

AMBASCIATORE HAMMER: Bene, grazie mille, Tsedale. Apprezzo la tua domanda. Non è tanto una questione di leva che gli Stati Uniti portano. Penso che ciò che abbiamo visto, date le nostre relazioni storiche e la nostra partnership strategica con l’Etiopia, ci sia praticamente un’ottima comprensione del fatto che possiamo essere un intermediario onesto, che possiamo aiutare le parti a unirsi in un ruolo di supporto dell’Unione africana. Potresti aver visto che il presidente Obasanjo il 4 agosto, dopo un incontro, ha chiarito che il processo guidato dall’UA sarebbe stato accompagnato da altri partner, partner internazionali, compresi gli Stati Uniti. Ha menzionato l’UE; ha menzionato l’IGAD e l’ONU.

Quindi penso che ciò che è importante qui è che le parti riconoscano che gli Stati Uniti stanno cercando di servire i loro migliori interessi, i migliori interessi dell’Etiopia, che è, ancora una volta, avviare un processo che consenta loro attraverso il dialogo di risolvere problemi eccezionali e complessi e questioni politiche difficili; che i combattimenti non produrranno la vittoria per nessuna delle due parti e che, quindi, l’obiettivo deve essere quello di fermare i combattimenti, garantire la fornitura di assistenza umanitaria, guardare al ripristino dei servizi e poi, ovviamente, vedere come quei duri le questioni politiche che solo gli etiopi possono decidere vengono affrontate attraverso il dialogo.

MODERATORE: Grazie mille. La nostra prossima domanda andrà in diretta a Nick Schifrin della PBS negli Stati Uniti. Operatore, puoi aprire la linea?

AMBASCIATORE HAMMER: Ciao, Nick.

DOMANDA: Ehi, Mike. Come stai? Grazie mille per averlo fatto. Bello vederti. Grazie. Grazie a tutti.

AMBASCIATORE HAMMER: Bello per… beh, bello vederti virtualmente, immagino. Speriamo di incontrarci da qualche parte.

DOMANDA: Assolutamente.

AMBASCIATORE HAMMER: Sei qui a New York?

DOMANDA: Sì, sì, sarò sveglio entro domani, quindi ti mando un messaggio. Lo apprezzo.

AMBASCIATORE HAMMER: Suona bene.

DOMANDA: Quindi, come sapete, gli eritrei – scusate, i tigrini hanno annunciato oggi che l’Eritrea ha lanciato quello che i tigrini chiamano un assalto o mobilitazione su vasta scala. È qualcosa che stai vedendo, uno? E due, di cosa è un segno? Cosa stai, cosa temi che accada dopo e qual è il tuo messaggio ad Addis se, davvero, gli eritrei sono di nuovo in movimento? Grazie.

AMBASCIATORE HAMMER: Grazie mille, Nick. Sì, abbiamo seguito i movimenti delle truppe eritree attraverso il confine. Sono estremamente preoccupanti e lo condanniamo. Tutti gli attori stranieri esterni dovrebbero rispettare l’integrità territoriale dell’Etiopia ed evitare di alimentare il conflitto. Non potremmo essere più chiari. L’abbiamo detto più volte. Incoraggeremo coloro che potrebbero essere in grado di comunicare direttamente con Asmara che questo è di estrema preoccupazione e deve cessare. Non ho intenzione di sporgermi in avanti in termini di altre misure che potremmo essere in grado di intraprendere, ma in realtà questo è un conflitto di cui hanno sofferto molto gli etiopi, i tigrini, gli afari, gli amhariani. E la presenza di truppe eritree in Etiopia serve solo a complicare le cose e ad infiammare una situazione già tragica.

MODERATORE: Grazie. La nostra prossima domanda andrà a Giulia Paravicini di Reuters in Etiopia. Puoi aprire la linea, per favore? Sono 6-1-1-5-2-5 – 5-2-1-5. La tua linea è aperta.

DOMANDA: Mi senti adesso?

AMBASCIATORE HAMMER: Sì, posso.

DOMANDA: Ciao, Mike. Ciao, ambasciatore. Come stai?

AMBASCIATORE HAMMER: Bene, bene. Grazie per aver chiamato.

DOMANDA: Quindi ho una domanda, che è se lei può confermare che i colloqui tra le parti hanno avuto luogo a Gibuti e, in caso affermativo, cosa è stato ottenuto? E come ha chiesto il collega prima di me, chiaramente è in corso un’offensiva, quindi pensi davvero che le parti negoziali o almeno il governo etiope ei suoi alleati siano ancora interessati ai colloqui di pace?

AMBASCIATORE HAMMER: Rispondo prima alla seconda parte. Abbiamo visto dopo che l’autorità regionale del Tigray ha pubblicato una lettera, una dichiarazione sull’11 settembre, che è stato anche il nuovo anno dell’Etiopia, che sono pronti ad avviare colloqui e in effetti si sono offerti di rispettare una cessazione delle ostilità reciprocamente accettabile. Successivamente, abbiamo visto dichiarazioni del governo etiope ripetere e ribadire la loro precedente posizione secondo cui sono pronti ad andare ai colloqui ovunque e in qualsiasi momento. E prendiamo entrambi in parola, nel senso che sono impegnati a cercare di trovare una soluzione pacifica. Naturalmente, la continua escalation della violenza è estremamente preoccupante e li esortiamo a smettere di combattere e ad avviare i colloqui.

Per quanto riguarda la tua prima domanda, apprezzo l’interesse. Come probabilmente capirete, gli Stati Uniti sono molto attivamente coinvolti diplomaticamente nel tentativo di portare le parti ai colloqui e non sarò nella posizione di condividere ogni elemento dei nostri sforzi. Ma state tranquilli, stiamo facendo quello che stiamo facendo nella piena aspettativa che le parti vogliano trovare una via da seguire per arrivare al dialogo e ai nostri sforzi, in particolare nel periodo in cui sono stato lì ad Addis Abeba e continueremo questa settimana , sta collaborando con l’Unione africana che sta prendendo decisioni sul modo migliore per avviare questo processo di pace. C’è l’Alto Rappresentante Obasanjo; Capisco che altri mediatori potrebbero essere coinvolti per rafforzare lo sforzo. Come ho già detto, stanno cercando di avere partner internazionali come gli Stati Uniti per accompagnare questo sforzo.

E quindi avremo altri incontri qui a New York, che spero saranno produttivi, anche con l’Unione africana e altri, per vedere come possiamo proporre attraverso l’UA un processo di pace fattibile e solido che dia fiducia alle parti e ciò consentirà loro di sedersi dall’altra parte del tavolo e di elaborare alcune delle loro differenze politiche.

Ma ancora una volta, il coinvolgimento di attori stranieri serve solo ad esacerbare la crisi e portare a crescenti sofferenze per gli etiopi. Quindi li invitiamo a smettere.

MODERATORE: Grazie. La nostra prossima domanda è in diretta da AFP, Nick Perry in Kenya, credo. Potresti aprire la linea, per favore? La tua linea è aperta.

DOMANDA: Ciao, Mike. Riesci a sentirmi?

AMBASCIATORE HAMMER: Sì, possiamo. Ciao, Nick.

DOMANDA: Ciao. Sì, ciao, ambasciatore. Grazie mille per il briefing di oggi. Volevo dare un seguito in generale, hai incontrato il più alto livello di governo, ma anche funzionari del Tigray e attori internazionali, l’AU. Che senso ha l’ottimismo sul fatto che questi discorsi si stiano effettivamente avvicinando alla realizzazione? C’è stata molta retorica sulla speranza che – o sull’incoraggiare gli eritrei a ritirarsi e chiedere la cessazione delle ostilità, ma come hanno sottolineato i miei colleghi, in realtà si sta solo andando nella direzione opposta. Puoi darci un’idea di quanto è probabile che i negoziati avranno effettivamente successo? C’è la convinzione che entrambe le parti siano sinceramente impegnate in un processo di pace? Grazie.

AMBASCIATORE HAMMER: Sì, grazie mille, Nick. Apprezzo la domanda. È positivo in quanto alla fine della giornata è difficile determinare quale sia il vero intento delle parti, ma possiamo – dobbiamo prenderli in parola quando dicono che sono impegnati a cercare di trovare una soluzione pacifica a questo. E anche noi siamo realisti. Tutto ciò che possiamo fare in quanto gli Stati Uniti stanno lavorando con i nostri partner internazionali, con l’Unione africana, per fornire loro un veicolo per essere in grado di affrontare questi problemi. Le due parti si conoscono molto bene.

Questi problemi sono difficili ma non dovrebbero richiedere la guerra. E continuerò a provare. È mio mandato farlo dal Segretario di Stato, dalla Casa Bianca, fare tutto il possibile nel nostro arsenale diplomatico per cercare di renderlo possibile. E penso sia quello che state vedendo: impegno a tutti i livelli, come ho detto, con la nostra sottosegretaria Molly Phee in regione per l’inaugurazione di Ruto, ora di nuovo qui; ieri abbiamo avuto una serie di incontri qui a New York; abbiamo un programma completo. E quindi no, nessuno di noi ha una sfera di cristallo ed è molto difficile da prevedere. Ma quello che posso riposare – vi assicuro è che stiamo lavorando intensamente su questo tema non solo con le parti, ma in coordinamento con un certo numero di nostri stretti partner e alleati, sia nel continente, nella regione, sia in Europa.

E quindi penso che tu abbia visto molte dichiarazioni di altri governi che esortavano allo stesso modo. Penso che ci sia un coro di appelli per l’avvio di colloqui di pace e speriamo che le parti prendano decisioni coraggiose per fermare i combattimenti sul campo di battaglia e sedersi dall’altra parte del tavolo per il bene di tutti gli etiopi. E penso che più sentono che c’è supporto internazionale per un solido processo che può aiutare a portare quella pace, più è probabile che si spera che abbandonino qualsiasi pensiero di continuare a perseguire i loro obiettivi attraverso mezzi militari.

MODERATORE: Grazie. La nostra prossima domanda andrà in diretta a Mohammed Tewekel di Al Jazeera. Puoi aprire la linea, per favore?

DOMANDA: Una domanda.

MODERATORE: Jazeera. È l’ultimo. Grazie, la tua linea è aperta. Può riattivare l’audio, signor Tawakal?

DOMANDA: Pronto? (Impercettibile), parlerò a nome del signor Tewekel dell’ufficio di Al Jazeera.

AMBASCIATORE HAMMER: Va bene, possiamo sentirti.

DOMANDA: Ambasciatore, (non udibile).

DOMANDA: Salve, ambasciatore. Grazie per questo, per averci permesso di partecipare a questa conferenza stampa. La nostra domanda è la seguente. Il primo è, qual è la soluzione – qual è la soluzione degli Stati Uniti alla crisi che sta attraversando in Etiopia? E la nostra seconda domanda è: qual è il coordinamento tra gli Stati Uniti e l’UA quando si arriva a risolvere questa guerra? E in terzo luogo, perché l’attenzione su questa guerra da parte della comunità internazionale è maggiore rispetto a quando ci sono altre crisi in corso in Africa?

AMBASCIATORE HAMMER: Grazie mille per la domanda. Solo per la cronaca, quando Al Jazeera fa reportage, dovrebbero assicurarsi di ottenerlo accuratamente. Hanno dato al mio predecessore, David Satterfield, molta aria in termini di continuare questi sforzi. Amo David, ma è in pensione, quindi ora sono io. Sono solo – in ogni caso, questo è solo un vantaggio per assicurarsi che la segnalazione sia fattuale e accurata, soprattutto quando è facile da verificare.

In termini di – penso che la tua domanda sia fuori luogo in termini di quale sia la soluzione degli Stati Uniti. La soluzione deve venire dagli etiopi. È il loro paese. Tutto ciò che possiamo fare come Stati Uniti è incoraggiarli a lavorare per risolvere diplomaticamente queste difficili differenze attraverso il dialogo, ed è quello che stiamo facendo. Vediamo il grande potenziale dell’Etiopia, un’Etiopia in cui tutti gli etiopi possono prosperare. E questo è il tipo di partnership strategica che avevamo con l’Etiopia prima che questo conflitto iniziasse nel novembre del 2020.

E quindi, se i partiti sono in grado di prendere la dura decisione di fermare le ostilità, di avviare un dialogo, allora saranno in una posizione migliore per porre fine alle sofferenze del loro popolo e quindi cercare di fare progressi, come accade nella maggior parte delle democrazie, attraverso il dialogo e con mezzi pacifici.

In secondo luogo, per quanto riguarda il coordinamento tra USA e UA, non potrebbe essere più stretto – ancora una volta, grazie all’ottimo lavoro del nostro ambasciatore presso l’Unione africana Jessye Lapenn, abbiamo avuto più incontri con alti dirigenti dell’Unione africana. Abbiamo un dialogo continuo. In effetti, mentre venivo qui, stavo ricevendo una chiamata da qualcuno dell’UA. Non ho potuto rispondere alla sua chiamata perché dovevo occuparmi di questa faccenda di questa importante conferenza stampa, ma appena tutto sarà finito lo richiamerò. E penso che ci sia un grande spirito di partenariato – partenariato che il presidente Biden ha offerto al suo ingresso in carica e un partenariato che intendiamo cercare di fornire a sostegno dell’Unione africana. E quindi c’è un’ottima comunicazione, un’ottima comprensione di ciò che stiamo cercando di fare, ed è solo attraverso il nostro lavoro collettivo che abbiamo la possibilità che le parti si impegnino e, si spera, portino la pace, che è nel loro migliore interesse. Devono rendersi conto che con la pace arriva la prosperità. I combattimenti porteranno solo miseria.

MODERATORE: Grazie. Vorrei leggere una domanda che è stata presentata in anticipo da Mohamed Maher del quotidiano Al-Masry Alyum in Egitto. Chiede: “Ambasciatore Hammer, hai visitato gli Emirati Arabi Uniti. In che modo gli Emirati Arabi Uniti possono aiutare a stabilizzare il Corno d’Africa?”

AMBASCIATORE HAMMER: Grazie per la tua domanda, Mohamed. E sì, ho visitato gli Emirati Arabi Uniti e in effetti ho consultazioni con altri governi mediorientali. È davvero importante che lavoriamo tutti insieme, ancora una volta, per incoraggiare le parti a vedere che la pace e la stabilità possono portare sviluppo economico e condizioni migliori per gli etiopi e per i popoli del Corno. E apprezziamo molto le nostre discussioni con i nostri amici e partner degli Emirati. Portano il loro punto di vista e comprendono la regione estremamente bene, ed è solo grazie a noi che lavoriamo tutti insieme, sperando di portare le nostre prospettive nell’aiutare le parti a capire come risolvere al meglio le loro divergenze ai colloqui di pace, che allora potremmo avere successo .

Ma ho molto apprezzato i loro impegni, ovvero gli Emirati, i sauditi e altri che sono interessati a vedere che la pace metta radici in Etiopia. E ovviamente, come ho già detto, parte del mio mandato consiste anche nel cercare di incoraggiare le parti a raggiungere un accordo GERD che serva gli interessi di tutti e tre i paesi: Etiopia, Sudan ed Egitto. E ancora, un tale accordo sarebbe anche qualcosa che porterebbe stabilità alla regione e sarebbe importante in termini di opportunità per maggiori investimenti economici e sviluppo, che, ancora una volta, serve tutti e tre i paesi.

MODERATORE: Grazie. Prenderemo una domanda dal vivo da Zayid al-Harari (ph), che credo sia con Al Araby TV in Etiopia. Operatore, può aprire la linea, per favore? Sì, ecco qua. Puoi parlare ora.

DOMANDA: (In arabo.)

MODERATORE: Mi scusi, signor al-Harari, se desidera porre una domanda in arabo, purtroppo possiamo ospitare solo traduzioni scritte. Quindi, per favore, scrivi la domanda in arabo nelle domande e risposte e la leggeremo ad alta voce. Grazie mille.

Successivamente andremo da Peter Fabricius dal Sud Africa. Operatore, può aprire la linea, per favore?

DOMANDA: Ciao. Grazie, Tiffany. Grazie, ambasciatore Hammer. Volevo farle una domanda che ho sentito da un esperto etiope su questo argomento che i Tigrini non sono molto contenti del signor Obasanjo come mediatore poiché lo considerano troppo vicino agli etiopi. Mi chiedevo se potevi affrontare quel problema, quella domanda. È vero ed è – voglio dire vero, perché è il sentimento dei Tigray e, in tal caso, c’è una soluzione a questo?

E se posso anche chiederti, quale vedi come la causa di questa nuova esplosione di guerra dopo nove mesi circa di relativa calma e pace? Grazie.

AMBASCIATORE HAMMER: Sì, grazie mille, Peter. Davvero, per le opinioni del Tigrino sul processo guidato dall’UA e le personalità coinvolte, devo davvero rimandare a loro per esprimersi. So che si sono espressi pubblicamente in precedenza. Vorrei sottolineare la loro dichiarazione dell’11 settembre che chiarisce che sono pronti ad andare a colloqui sotto l’UA, e lo accogliamo con favore. Ancora una volta, penso: so che entrambe le parti vogliono garantire un processo di pace solido e credibile, ed è ciò che gli Stati Uniti stanno lavorando per sostenere mentre l’UA mette insieme come questi colloqui potrebbero andare avanti.

Sul perché del più recente scoppio delle ostilità, ancora una volta, penso che le parti rimangano in una situazione di stallo, risolvibile solo attraverso colloqui, e purtroppo le ostilità sono riprese. Ora, quando ho visitato Mekele insieme ad altri colleghi il 2 agosto, le autorità tigriane erano molto chiare sul fatto che si stavano preparando per potenziali ostilità se non ci fosse stato un ripristino dei servizi poiché stavano sostenendo che i tigrini stavano soffrendo gravemente. Voglio dire, non sono solo i Tigrani; infatti, anche gli Afar e gli Amhara sono privi di servizi.

E quindi questo, ancora una volta, sta andando alle questioni fondamentali che devono essere affrontate, e ciò che ho apprezzato dal governo etiope è che ha riconosciuto la propria responsabilità nel cercare di fornire servizi a tutti gli etiopi. Ma per farlo è necessario un ambiente favorevole. Hai bisogno di un ambiente di sicurezza favorevole. E il modo migliore per arrivarci è, ovviamente, concordare una cessazione delle ostilità per elaborare le modalità di ripristino dei servizi, e ciò dovrebbe essere fatto in breve tempo ed è quello che abbiamo sollecitato.

Ancora una volta, non posso dirlo abbastanza: non esiste una soluzione militare a questo conflitto, e prima entrambe le parti lo riconosceranno, prima saremo su una strada migliore verso la pace.

MODERATORE: La nostra prossima domanda va in diretta ad Ashenafi Endale da The Reporter in Etiopia. Operatore, apra la sua linea, per favore.

DOMANDA: Ciao, mi senti?

AMBASCIATORE HAMMER: Non molto bene. Potresti per favore parlare?

DOMANDA: Va bene. Salve, ambasciatore. Mi senti ora?

AMBASCIATORE HAMMER: Un po’ meglio, sì.

DOMANDA: Va bene. Grazie mille. Quindi ho solo una domanda. Gli Stati Uniti stanno valutando di riprendere i disegni di legge delle sanzioni preparati in precedenza alla luce del perdurare del conflitto e (non udibile) le due parti non si sono presentate al tavolo dei negoziati?

AMBASCIATORE HAMMER: Penso di aver sentito più o meno la tua domanda. State tranquilli, ancora una volta, gli Stati Uniti stanno esaminando una serie di opzioni per incoraggiare le parti ad avviare colloqui di pace. E voglio concentrarmi solo sul positivo che può derivarne. E mentre ovviamente c’è sempre un’opzione di sanzioni disponibile e non esiteremo a sanzionare coloro che meritano di essere sanzionati, in questo momento il nostro – gran parte della nostra attenzione è, ancora una volta, su questi intensi sforzi diplomatici che l’UA sta intraprendendo, che i miei colleghi, i colleghi internazionali si stanno impegnando, che noi come gli Stati Uniti ci stiamo impegnando in una questione, si spera, in breve tempo, ad avviare quei colloqui e arrivare a una cessazione delle ostilità e garantire, ancora una volta, un ambiente favorevole per cercare di risolvere queste questioni pacificamente.

MODERATORE: La prossima domanda è a Fred Harter, in diretta dal Times di Londra ad Addis. Operatore, può aprire la linea, per favore?

DOMANDA: Ciao, mi senti?

AMBASCIATORE HAMMER: Possiamo sentirti, sì, Fred.

DOMANDA: Ottimo. Grazie mille per il briefing, ambasciatore. La mia domanda fa seguito ad alcune delle altre. Lei ha affermato che entrambe le parti hanno espresso una preferenza per un solido processo di pace e che è necessario creare un’atmosfera favorevole per ripristinare i servizi. Mi stavo solo chiedendo se potresti dirci, nelle tue discussioni con entrambe le parti, quali sembrano essere i principali ostacoli in questo momento verso la fine delle ostilità e l’arresto dei combattimenti?

MARTELLO AMBASCIATORE: Sì, grazie, Fred. È una questione di fiducia, fiducia e fiducia. Non c’è fiducia da nessuna delle due parti che ci si possa fidare dell’altra, ed è per questo che possiamo sperare di riunirli sia attraverso gli sforzi guidati dall’UA, attraverso gli sforzi degli Stati Uniti, attraverso gli sforzi degli altri. Lo sono: in pratica le due parti erano una volta una famiglia e le controversie tra le famiglie possono essere molto aspre. Ma devi pensare a tutte le persone che stanno soffrendo, che sono vittime di questo conflitto, e dare la possibilità di costruire fiducia reciproca e fiducia sufficiente che porti a passi graduali da entrambe le parti per garantire, ancora una volta, la fine ai combattimenti e per arrivare a una situazione come quella che abbiamo avuto almeno durante la tregua umanitaria, che è stata significativa nel governo che l’ha offerta e nel TPLF che l’ha rispettata,

E mentre ci sono voluti diversi mesi, era arrivato a un livello decente e il carburante aveva finalmente iniziato a fluire nel Tigray che avrebbe consentito un’ulteriore distribuzione a tutti coloro che ne avevano bisogno, quando, poi, le ostilità sono riprese e abbiamo avuto quello sfortunato incidente del sequestro di 12 camion di carburante – WFP da parte del TPLF. E anche questo deve essere affrontato.

Ma state certi che noi, come Stati Uniti e altri, continueremo i nostri sforzi per cercare di aiutare le parti a costruire un po’ di fiducia, in modo che possano essere fiduciosi che, con il sostegno della comunità internazionale, gli impegni presi saranno impegni rispettati e quello che comincerà – di nuovo, avviaci lungo una strada verso la pace.

MODERATORE: Abbiamo tempo per due domande. Ne faremo uno dal vivo da Samuel Tamene di EBS Television. Operatore, può aprire la linea, per favore? Ha sede in Etiopia. Samuel Tamene, se riesci a riattivare l’audio, sei aperto a parlare.

Ok, penso che mentre lo risolviamo leggerò una domanda che è stata inviata in anticipo dal signor Vincent Léonard di RFI Africa Service in Francia. Sta chiedendo dell’ONU. Chiede: “Per quanto riguarda l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, c’è un’iniziativa degli Stati Uniti sull’Africa? Macron sta facendo pressioni sul Sudafrica per fornire supporto politico e diplomatico alla posizione occidentale sull’Ucraina. Gli Stati Uniti stanno facendo lo stesso?”

AMBASCIATORE HAMMER: Bene, ancora, grazie mille per la tua domanda. Di grande attualità visto che siamo qui a New York per l’ennesimo UNGA. E ieri stavo parlando con il segretario Blinken, e chiaramente – e il presidente Biden ha l’opportunità di parlare al mondo domani, mercoledì, e quindi non voglio anticipare il mio presidente. Ma è molto chiaro che abbiamo reso una priorità lavorare sulla salute globale, il nostro supporto per le esperienze nella Repubblica Democratica del Congo, ma lo vedo in Etiopia e in tutto il continente per aiutare a sviluppare soluzioni mediche e know-how per affrontare alcune malattie enormi. È iniziato con i nostri sforzi con PEPFAR, di cui sono sicuro tutti voi siete a conoscenza, molti decenni, un paio di decenni fa. Ma ora è stato ampliato per affrontare la crisi del COVID e ora stiamo esaminando le possibilità per combattere la malaria.

E quindi è sottostimato ciò che gli Stati Uniti hanno fatto attraverso la generosità del popolo americano in termini di progressi su questioni chiave della salute globale che alla fine salvano vite africane, che salvano vite in tutto il mondo.

In secondo luogo, avete visto gli sforzi di ciò che abbiamo fatto in termini di sicurezza alimentare e continueremo a farlo. È una crisi in corso aggravata dall’invasione russa dell’Ucraina e dalla limitazione delle esportazioni di grano e altre forniture critiche. Siamo incoraggiati dal fatto che ora un po’ di grano stia iniziando a fluire, ma ci rendiamo pienamente conto delle lotte di molti paesi africani che dipendono da questo grano per la loro sicurezza alimentare e che le persone hanno un disperato e disperato bisogno. Il modo migliore per affrontare questo problema è che i russi si fermino, si ritirino e mettano fine alla loro invasione dell’Ucraina.

Continueremo a lavorare su questo. Sono stato molto onorato di sapere di ulteriori 488 milioni di dollari che gli Stati Uniti forniranno all’Etiopia specificamente per aumentare l’assistenza umanitaria e affrontare i soccorsi in caso di siccità. Sapete che le questioni del cambiamento climatico sono primarie per il Presidente Biden, per questa amministrazione, grazie agli sforzi del Segretario Kerry come nostro inviato speciale. C’è la COP27 in arrivo in Egitto. Proprio ieri abbiamo avuto un incontro con il ministro degli Esteri Shoukry in cui questo è stato uno dei principali argomenti di conversazione.

Quindi state certi che abbiamo un’agenda molto ampia. Ciò che gli Stati Uniti fanno nel continente conta. È importante perché salva vite. Aiuta lo sviluppo delle persone. Abbiamo programmi educativi e di scambio straordinari. E che a volte – quelle storie non vengono raccontate così frequentemente perché ci concentriamo su crisi e guerre. Ma sono molto orgoglioso di ciò che fanno gli Stati Uniti e sono molto orgoglioso di cosa: il lavoro che il nostro USAID attraverso Administration Power e i team che abbiamo sul campo per fornire l’assistenza umanitaria tanto necessaria alle persone più bisognose , ai più vulnerabili. Sono orgoglioso del lavoro che svolgiamo per aiutare i rifugiati e come grandi sostenitori del CICR e di altre organizzazioni che si occupano dei più bisognosi.

E quindi penso che questa settimana ci consentirà di sfruttare questi sforzi per cercare di lavorare con altri partner per condividere la generosità del popolo americano e per – e per ottenere il massimo effetto. E ancora, questa è solo un’opportunità per evidenziare che le relazioni con gli Stati Uniti vanno ben oltre i titoli dei giornali del tentativo di – e ovviamente questo interesse – questa disponibilità della stampa si collega direttamente ad esso perché sei preoccupato per questioni di guerra e pace. E allo stesso tempo, continuiamo a fornire assistenza agli etiopi bisognosi in tutto il paese. E ho avuto l’opportunità di parlare con diversi gruppi della diaspora negli Stati Uniti che rappresentano più etnie, che si tratti degli Oromo, degli Amhara, degli Afar, dei Tigrini ovviamente, di quelli della regione della Somalia e di altre regioni,

MODERATORE: Bene, grazie mille, ambasciatore, inviato speciale Hammer. E questo è tutto il tempo che abbiamo oggi. Ci hai dedicato una generosa quantità del tuo tempo. So che ci seguono molti incontri e interviste. Hai avuto brevi parole mentre chiudiamo?

AMBASCIATORE HAMMER: No, ancora una volta, un grido a tutti voi giornalisti in questa telefonata. Secondo la mia esperienza, che sia stato nella Repubblica Democratica del Congo o prestando servizio in altri paesi e ora nel Corno, il lavoro che fai è coraggioso, è importante, è difficile. Apprezzo tutte le tue domande: quelle difficili; Preferisco forse quelli facili. Ma ritenerci responsabili come governo. Ritieni responsabili i governi da cui stai segnalando. Smascherare la corruzione, denunciare le violazioni dei diritti umani e chiedere a chi detiene il potere di renderne conto.

I vostri lavori sono davvero importanti per la democrazia e per le persone che state cercando di informare, e ho il massimo rispetto per i vostri sforzi e, ancora una volta, non vedo l’ora di avere l’opportunità di incontrare alcuni o la maggior parte di voi di persona ad un certo punto. Nel corso della mia carriera ho davvero apprezzato i media e la stampa e la loro importanza in – per una democrazia. La libertà di espressione e la libertà di stampa sono fondamentali. Quindi, anche nei tuoi giorni più difficili, sappi che quello che stai facendo conta. Grazie mille.

MODERATORE: Grazie. E questo conclude il briefing di oggi. Vorrei ringraziare l’inviato speciale degli Stati Uniti per il Corno d’Africa, Mike Hammer, per averci parlato oggi e ringraziare tutti i nostri giornalisti per aver partecipato. In caso di domande sul briefing di oggi, è possibile contattare l’Africa Regional Media Hub all’indirizzo AFMediaHub@state.gov. Grazie.

AMBASCIATORE HAMMER: E grazie, Tiffany e l’hub. Ricordo il tempo in cui ero assistente segretario per gli affari pubblici e questo stava appena iniziando, ed è fiorente. Quindi, ancora una volta, grazie per l’opportunità di interagire con così tanti giornalisti, e spero che lo rifaremo presto.

MODERATORE: È reciproco. Grazie. Arrivederci.


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Un biglietto per il Metaverso


A Palermo, a Palazzo Reale il futuro è già arrivato, dal 21 settembre, μετα Experience, uno spazio permanente tra arte e dimensioni parallele. Immersi nella dimensione dell'Infinity Room i visitatori potranno assistere alla smaterializzazione e materializzazione dei capolavori d'arte originali e scoprire come avviene la creazione dell'identità dell'opera provando il processo sulla propria pelle.

palermo.gds.it/video/cultura/2…



Palermo, da luogo di mafia a simbolo di riscatto: nel quartiere Cruillas una piccola oasi verde anche per le api


Il progetto Terra Franca nasce nel 2019, promosso dall'associazione Hryo, in un terreno confiscato a Cosa nostra. Obiettivo è restituire alla comunità un luogo naturale in un contesto cittadino che diventi vessillo di inclusione sociale e legalità.

Al suo interno, tra le altre cose, un apiario olistico e una serra della biodiversità.

Fonte notizia: Palermotoday



La leggenda del fantasma della Suora del Teatro Massimo di Palermo


Tra le tante leggende palermitane, non mancano le storie legate a fatti misteriosi, intriganti e suggestivi, come quella del 𝗳𝗮𝗻𝘁𝗮𝘀𝗺𝗮 della Suora del Teatro Massimo di Palermo. Pima della costruzione del Teatro furono demolite alcune strutture preesistenti tra cui la Chiesa di San Francesco delle Stimate, compreso il monastero ed il cimitero annessi, consistenti nella Chiesa di San Giuliano e la Chiesa di Sant’Agata che all’interno dei monasteri custodivano anche le tombe di suore, preti e di altri defunti. Secondo la leggenda palermitana, durante il corso dei lavori di demolizione, pare sia stata profanata la tomba di una suora e da allora la credenza popolare vuole che il suo 𝗳𝗮𝗻𝘁𝗮𝘀𝗺𝗮 infesti il Teatro.


Palazzo Drago Airoldi di Santa Colomba sorge su preesistenze arabe e romane, si trova a Palermo nel tratto superiore del Cassaro, compreso tra i Quattro Canti e il Palazzo Reale, il luogo più prestigioso dell'intero asse viario, corrispondente all'antica Neapolis, dove sorgono molti dei più importanti palazzi nobiliari palermitani.
Video



🔍 #PNRRIstruzione, quanto ne sai?
Inizia oggi la rubrica per conoscerlo meglio: guarda il video con tutto quello che c’è da sapere sulle misure previste per la scuola ▶️ https://youtu.


Conservation des données : Pour une Europe où les gens sont « innocents jusqu’à preuve du contraire » 


Dans un arrêt rendu aujourd’hui, la Cour de justice de l’UE a rejeté la législation allemande sur la conservation généralisée et indifférenciée des données relatives au trafic … https://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=265881&a

Dans un arrêt rendu aujourd’hui, la Cour de justice de l’UE a rejeté la législation allemande sur la conservation généralisée et indifférenciée des données relatives au trafic et des données de localisation de l’ensemble de la population. Elle avertit que la conservation en masse peut révéler “les habitudes de la vie quotidienne, les lieux de résidence permanents ou temporaires de résidence, les déplacements quotidiens ou autres, les activités exercées, les relations sociales de ces personnes et les environnements sociaux qu’elles fréquentent”. Toutefois, la Cour ne s’est pas opposée à la conservation en masse rétention massive de données relatives au trafic Internet (adresses IP), qui peuvent être utilisées pour retracer l’activité en ligne. La procédure dite de gel rapide a également été a également été autorisée pour la poursuite de crimes graves.

Patrick Breyer, membre du Parlement européen (Parti pirate), appelle à ce que la Commission européenne fasse appliquer ce jugement dans toute l’Europe :

« Le jugement d’aujourd’hui confirme que la législation nationale sur la conservation des données en masse dans la plupart des États membres de l’UE est illégale , y compris les tentatives de la justifier par un “état d’urgence permanent” en France et au Danemark, ou par des taux de criminalité régionaux en Belgique. La collecte en masse d’informations sur les communications et les mouvements quotidiens de millions de personnes insoupçonnées constitue une attaque sans précédent contre notre droit à la vie privée et représente la méthode la plus invasive de surveillance de masse dirigée par l’État envers ses propres citoyens. La surveillance de masse est à l’opposé de ce que les valeurs européennes incarnent. La Commission doit maintenant enfin mettre fin à l’impunité et commencer à faire respecter notre droit à la vie privée dans toute l’Europe ! »

Les résultats anecdotiques des politiques de conservation des données sont loin d’être à la hauteur des dommages que l’effet paralysant de cette arme de surveillance inflige à nos sociétés, comme l’a révélé une étude récente. Les lois sur la conservation des données n’ont aucun effet mesurable sur le taux de criminalité ou le taux d’élucidation des crimes dans aucun pays de l’UE. Le taux d’élucidation des affaires de cybercriminalité en Allemagne, par exemple, est de 58,6 % et se situe au-dessus de la moyenne même sans conservation des données IP. Il a même chuté lorsque la législation sur la conservation des données a été adoptée en 2009.

« Je remarque en Europe un phénomène dangereux consistant à ce que les gouvernements nationaux utilisent toutes sortes d’astuces pour maintenir une surveillance de masse illégale, » ajoute Breyer. « Ce faisant, ils ne respectent pas les décisions des plus hautes juridictions. L’État de droit dans l’UE et les droits fondamentaux des citoyens souffrent de l’avidité de surveillance des gouvernements et des services répressifs. La Commission européenne reste les bras croisés. La violation persistante des droits fondamentaux, le contournement de la jurisprudence, les pressions exercées sur les juges et l’ignorance des faits constituent une attaque contre l’État de droit à laquelle nous devons mettre fin. La Commission européenne doit maintenant assumer son rôle et commencer à appliquer les décisions historiques, au lieu de comploter pour rétablir la rétention des données. »

Selon des documents fuités, la Commission européenne propose pourtant à huis clos aux gouvernements de l’UE plusieurs méthodes qui, sur le papier, semblent respecter les exigences des tribunaux mais en fait rétablissent de facto la conservation généralisée. La Commission propose également d’étendre les obligations d’identification et de conservation généralisée aux services de messagerie, de conférence et de courrier électronique sur Internet. Breyer avertit :

« L’arrêt d’aujourd’hui ne décrit que les limites les plus extrêmes de ce qui est légalement possible, et ne doit pas être considéré comme un guide d’instruction. Je mets en garde la Commission européenne, qu’elle n’ignore pas le manque d’efficacité et les effets néfastes sur la société des mesures de conservation généralisée des données, en faisant une nouvelle proposition visant à placer 450 millions de citoyens européens sous une suspicion générale ! Nous devons plutôt nous focaliser sur la conservation rapide et transfrontalière des preuves numériques des suspects (quick freeze). »

Malheureusement, il semble exister actuellement un consensus entre les gouvernements sur la conservation systématique des données IP dans toute l’Europe, ce que les juges de Luxembourg ont cautionné sous une pression considérable. Il ne faut cependant en aucun cas que les internautes fassent l’objet d’une suspicion générale et que l’anonymat en ligne soit aboli ! Les adresses IP sont nos empreintes digitales sur l’internet. Leur collecte en masse compromettrait la prévention de la criminalité à d’autres niveaux (telle que sous la forme de consultations anonymes et de soins psychologiques), l’aide aux victimes par le biais de forums d’entraide anonymes, ainsi que la presse libre, qui dépend d’informateurs anonymes. Par ailleurs, rien ne prouve que la conservation des données IP augmente de manière significative le taux d’élucidation des crimes. En l’absence de conservation des données, l’Allemagne affiche aujourd’hui ici aussi un taux d’élucidation de la cybercriminalité plus élevé que dans les pays où la conservation des données IP est en place.

De plus, la conservation généralisée des données est parfois présentée comme un outil indispensable pour la lutte contre les abus sexuels sur les enfants, alors que si tel est le but, il existe des mesures bien plus efficientes, et des mesures visant à prévenir plutôt que guérir. Au lieu de la conservation des données, il faudrait renforcer les mesures et les projets de prévention, tels que les mesures de protection de l’enfance et les services de conseil et de thérapie anonymes, qui sont aujourd’hui sous-financés. Quant aux images et vidéos accessibles en ligne, la police – elle-aussi sous-financée – doit faire son travail correctement, et donc signaler ces contenus ‘connus’ afin qu’ils soient retirés.”

Auparavant, le groupe de travail allemand sur la conservation des données avait souligné que la conservation des adresses IP était “totalement inadaptée à la protection des enfants”. Mais non seulement ce n’est pas adapté, c’est aussi superflu; une question parlementaire a récemment fait émerger les données du gouvernement allemand indiquant que, sans conservation des données IP, l’Allemagne parvient déjà à retracer 97% des signalements de pornographie enfantine présumée émis par le NCMEC. En 2020, l’Allemagne était en mesure de poursuivre 91,3 % de tous les cas de pornographie infantile sans que cette conservation obligatoire des données IP soit en vigueur.

Les commentaires de Breyer sur les solutions envisagées par la Commission pour faire renaître la conservation des données : patrick-breyer.de/en/breyer-st…

Un ancien juge de la CJUE estime que plusieurs des propositions de la Commission sont en violation de la jurisprudence : patrick-breyer.de/en/comeback-…

L’accord de coalition allemand prévoit que les données de communication ne peuvent être conservées que sur une base ad hoc et sur décision judiciaire. Le projet de loi en Allemagne visant à réformer la législation sur la conservation des données est attendu prochainement.

Un sondage publié en 2022 a révélé que seulement 39 % des personnes interrogées dans l’UE sont favorables à ce que la conservation des données soit appliquée aux personnes non suspectes, tandis que 42 % y sont opposées. Plus d’un tiers des personnes interrogées (34 %) s’abstiendraient de consulter un conseiller conjugal, un psychothérapeute ou une clinique de désintoxication par téléphone, téléphone portable ou courrier électronique si elles savaient que leur contact était enregistré. (Allemagne : 45%, Autriche : 42%, France : 38%, Belgique : 35%, Pays-Bas : 34%, Suède : 33%, République tchèque : 26% et Espagne : 13%)


patrick-breyer.de/en/conservat…

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#NotiziePerLaScuola

È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione.

🔸 #PNRR, via libera in cdm alla riforma degli Istituti tecnici e professionali

🔸 #TuttiAScuola, a Grugliasco l'inaugurazione del nuovo anno sc…



Eppur si muove! Qualche alternativa al dominio dei GAFAM nel mondo della scuola.

Su Basta!, un media indipendente francese, un articolo molto interessante che fa il punto sulle alternative ai #GAFAM che stanno crescendo in alcuni paesi europei (Francia, Germania e Spagna):
https://basta.media/profs-parents-d-eleves-et-activistes-se-bougent-pour-liberer-l-ecole-des-Gafam

Insegnanti, genitori e attivisti si muovono per liberare la #scuola dalla morsa di Google e Microsoft

Particolarmente interessanti le affermazioni di Simona Levi, fondatrice di Xnet un'associazione catalana che si batte per la difesa delle libertà digitali e che ha realizzato DD (Digitalizzazione Democratica) una suite di strumenti digitali per l’istruzione: xnet-x.net/en/digital-democrat…

Per l'attivista Simona Levi, oggi è necessario fare pressione soprattutto sugli stati e sull’Unione Europea. “Se le grandi multinazionali della tecnologia sono state in grado di avere così tanto spazio nell'istruzione, è perché le istituzioni non si sono prese le proprie responsabilità."

“L'Unione Europea e i governi devono impegnarsi per una piattaforma europea libera per la digitalizzazione dell'istruzione. Per noi è immorale che la digitalizzazione dell'istruzione e dell'amministrazione in generale avvenga con mezzi che non garantiscono la sovranità dei dati dei cittadini. »

L’articolo ricorda anche Apps éducation, la piattaforma realizzata dal ministero dell’istruzione francese (l’Éducation Nationale) che mette a disposizione degli insegnanti una piattaforma di strumenti digitali liberi tra cui PeerTube, Nextcloud e BigBlueButton.
E naturalmente viene menzionato anche il ruolo che all’interno del ministero dell’istruzione ha assunto Alexis Kauffmann, fondatore di Framasoft, nella promozione del software libero.


Quando l'Éducation nationale assume il fondatore di Framasoft

@Scuola - Gruppo Fediverso
@Scuola



Ho deciso di scrivere qua, su questa piattaforma "intermedia" le mie considerazioni sulla discussione che si è scatenata a seguito di questo mio tweet:
twitter.com/chiaraepoi/status/…
Dopo 192 commenti, alcuni dei quali molto acidi e la solita schiera di fenomeni che sanno tutto loro ho deciso di chiudere i commenti perché mi sono stufata.
Cosa ho imparato da questa esperienza?
1) che la maggior parte delle persone sui social ha una scala di priorità che come minimo non coincide con la mia. Secondo me l'uso dei femminili nei nomi delle professioni, per quanto possa essere considerato importante, non può avere lo stesso peso delle discriminazioni (salariali e non) che le donne subiscono sul posto di lavoro.
2) che Twitter è pieno di fenomeni che credono di sapere tutto su tutto e non hanno l'umiltà di ammettere che al mondo ci sia qualcuno che ne sa più di loro (ma questo avrei dovuto saperlo prima)
3) che Twitter è pieno di gente che spara sentenze sulla gente che non conosce (e anche questo avrei dovuto saperlo)
4) che c'è un sacco di gente che non ha la minima idea dei problemi di discriminazione delle donne sul posto di lavoro (e non parlo solo di salario)
5) (e poi ho finito) che non so scrivere i curriculum, parlo di cose che non so solo perché esprimo quella che è chiaramente solo una mia opinione e che tutti lavorano in posti fantastici dove la parità tra i generi è una cosa acquisita e invece io in un posto di merda (e io che pensavo che la mia azienda fosse un po' meglio delle altre, pensate un po')
Chiudo qua questa cosa, pensando sempre di più che per vivere felici su Twitter bisogna scrivere solo frasi d'amore, mandare foto di gattini e al massimo far vedere ogni tanto le tette o il culo. Già se condividi il link a una canzone che ti piace parte la schiera dei puntacazzisti che hanno da ridire su quello che hai messo, figuriamoci.
Torno nel mio antro in silenzio, nei miei pensieri (perché io penso, anche se qualcuno non lo crede) e nelle cose che mi danno sicurezza e tranquilltà, anche perché credo di non essere più in grado di reggere uno shitstorm di questa portata.
in reply to Chiara R

io credo che dal momento in cui si accetta di esporsi con un pensiero su una qualsiasi piattaforma bisogna anche saper, purtroppo, sviluppare un certo distacco verso le considerazioni reiette. La troppoa libertà di parola che ci è stata data e che ci è sfuggita di mano ha portato a fenomeni come questi. Non vuol essere una giustificazione questo pensiero, solo una considerazione personale. Io tendo ad osservare e a percepire questi eventi con distacco dopotutto


Fr.#09 / b a n k r u n


Nel frammento di oggi: la corruzione del sistema bancario e le sue vittime / Lo stato socio occulto dei rapporti umani / Vieni alla Privacy Week 2022? / Meme e citazione del giorno.

La corruzione del sistema bancario e le sue vittime


Il sistema bancario, che ormai ha perso ogni utilità reale, se non quella di cane da guardia e arma dello stato, miete sempre più vittime.

Una di queste vittime è una giovane amica di nazionalità russa, che in effetti ama l’Italia più di me. Purtroppo il suo passaporto contiene un dato, la sua nazionalità russa, che viene mal digerito dai sistemi informativi dei sistemi bancari italiani (ma probabilmente vale lo stesso per molti paesi dell’Europa dei diritti). Per questo, diverse banche, in ultimo Unicredit, si rifiutano di aprirle un conto corrente.

Un’altra vittima del sistema bancario, di cui leggo su twitter, scrive ieri:

Oggi in banca mi hanno detto che chiuderanno la cassa a fine settembre.Rimarrà aperta solo in sede centrale a Firenze, se voglio prelevare solo da bancomat con le mie carte. Immagino già quando si spengeranno i bancomat per mancanza di energia. Controlli i miei soldi controlli tutto.

Ebbene sì, amico di twitter, chi controlla i tuoi soldi (che non sono tuoi, e neanche esistono, ma questa è un’altra storia) controlla tutto: la tua vita, le tue relazioni, la tua capacità di pensiero e di azione. Perdere la capacità di usare il contante equivale a perdere quel pizzico di capacità di controllo sulla moneta che ci rimane.

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E ancora, sempre ieri apprendo di una donna libanese costretta ad entrare in banca con una pistola, nel disperato tentativo di ricevere i “suoi” soldi in un paese in cui l’inflazione è ormai iper-inflazione e dove la moneta ha perso più del 95% del suo valore dal 2019 a oggi.

Che fare allora, quando dati come la nazionalità o l’etnia vengono usati contro di te dall’intero sistema bancario? Che fare quando il sistema bancario rimuove progressivamente ogni mezzo per detenere un minimo di controllo e possesso fisico sui tuoi soldi? Che fare quando, a causa delle politiche delle banche centrali e dei governi criminali, il potere d’acquisto della tua moneta viene annientato1 nel giro di qualche decade o pochi anni, costringendo la società intera a modificare completamente le sue preferenze temporali e modo di vivere?

Purtroppo non esiste e non potrà mai esistere una soluzione politica. La salvezza non è nella collettività o nello stato, solo la dannazione. È lo stato, di ogni tempo e ogni luogo, che continuamente usa il suo monopolio sulla moneta come arma contro i suoi nemici e cittadini (stessa cosa). È lo stato che svaluta appositamente la moneta, attraverso l’inflazione, per erodere il patrimonio dei cittadini e diminuire il carico del debito sulle sue spalle.

La soluzione non può che essere individuale; non arriverà nessuno a salvarvi. Uscire dal sistema bancario, slegarsi dalle catene monetarie di stato e usare Bitcoin, come moneta libera, privata, incensurabile, trasparente e accessibile a chiunque in ogni momento. Al protocollo Bitcoin non interessa la tua nazionalità. Il protocollo Bitcoin non detiene in ostaggio i tuoi soldi, sei tu la tua banca.

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Lo stato socio occulto dei rapporti umani


In questi giorni è uscito un nuovo libro di Daniele Capezzone, “Bomba a orologeria: L'autunno rovente della politica italiana” in cui cita alcuni estratti di due miei articoli usciti su Atlantico Quotidiano.

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Il contesto è quello di cui parla Privacy Chronicles: l’immoralità dell’ideologia collettivista e statalista, che porta allo sviluppo e accettazione di politiche liberticide, contro la privacy, proprietà e contro la libertà di autodeterminazione degli individui.

Qui i due articoli da cui sono stati presi gli estratti:

E qui invece un articolo a cui sono particolarmente affezionato, in cui cerco di spiegare l’ideologia collettivista e il ruolo degli intellettuali nel creare masse di zombie disposte ad accettare qualsiasi cosa.

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Vieni alla Privacy Week 2022?


Parlando ora di cose belle, fra esattamente 11 giorni inizia la Privacy Week 2022. Un evento organizzato da me e molte altre persone.

Cinque giorni (26-30 settembre) in cui si parlerà di privacy, sicurezza dei dati, Bitcoin, intelligenza artificiale e tanto altro con più di 100 speaker e dozzine di tavole rotonde, interviste, dibattiti e approfondimenti.

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L’evento si terrà a Milano in Cariplo Factory presso BASE Via Bergognone, 34.

Il 26 settembre alle 14:30, subito dopo l’apertura, parlerò anch’io. Se sei di Milano, perché non passi a trovarci? Cerca sul sito www.privacyweek.it gli eventi o le giornate che ti piacciono di più e registrati, ti aspettiamo!

Meme del giorno


238313Attenzione: non è un meme… è stato hackerato il profilo del Ministero e hanno iniziato a spammare news sul merge verso Proof of Shitcoinery di quello scam chiamato Ethereum.

Citazione del giorno


I don't believe we shall ever have a good money again before we take the thing out of the hands of government, that is, we can't take them violently out of the hands of government, all we can do is by some sly roundabout way introduce something that they can't stop.

- Friedrich A. Hayek (on Bitcoin)


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Leggi gli altri Frammenti

1

L’euro ha perso più del 50% del suo valore dal 2001 a oggi. Il dollaro più del 68%. La sterlina inglese ha perso più del 99% del suo valore durante tutto il regno della Regina Elisabetta.



La knowledge base di Privacy Chronicles


Una raccolta degli argomenti trattati in Privacy Chronicles, con link diretto agli articoli usciti finora.

Una raccolta degli argomenti trattati in Privacy Chronicles, con link diretto agli articoli. Aggiornata periodicamente. Ultimo aggiornamento: 12.09.2022.

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Sorveglianza digitale


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Sorveglianza fisica


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  • L'identificazione biometrica uccide: Gli Stati Uniti hanno lasciato in Afghanistan un un tesoro tecnologico che potrebbe portare alla repressione e morte di migliaia di collaborazionisti.
  • Videosorveglianza in Italia e percezione di sicurezza: La videosorveglianza viene spesso giustificata sulla base di una generale "percezione di (in)sicurezza" non meglio specificata. Il risultato: vera sorveglianza per combattere falsa insicurezza.
  • La sorveglianza fisica in europa: Quando si parla di sorveglianza spesso si immagina quella digitale. Oggi però anche la sorveglianza fisica è ai massimi livelli: trasporti, frontiere, videosorveglianza biometrica.

Social scoring e identità digitale


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Sorveglianza finanziaria, CBDC, Bitcoin


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  • Moneta digitale di Stato, poteri illimitati e sorveglianza finanziaria: Banche Centrali e Stati vogliono competere con Bitcoin. Nel farlo, stanno progettando il più grande schema di controllo totalitario mai visto nella storia umana.
  • Bitcoin, un layer di privacy contro la sorveglianza statale: È vero che a Bitcoin manca privacy? Per rispondere bisogna guardare all'attuale contesto politico e capire il ruolo del sistema finanziario tradizionale e degli intermediari.
  • Antiriciclaggio UE nel settore crypto: guerra all'anonimato e travel-rule: Attacco frontale al settore crypto, con un pacchetto di leggi che propongono sorveglianza totale e aperta discriminazione verso chi tenta di tutelare la propria privacy.
  • I nuovi super poteri dell'Agenzia delle Entrate: L'Agenzia delle Entrate somiglia sempre più a un'agenzia di intelligence. I nuovi super-poteri di profilazione e sorveglianza confermano il trend iniziato con la fatturazione elettronica.
  • CBDC, Bitcoin, privacy e libertà. Tutto in una live!: Sono stato ospite di Criptovaluta.it per discutere di alcuni temi che ci piacciono tanto. Un'ottima occasione per uscire dagli schemi della newsletter e parlarne insieme! Ecco una sintesi.
  • Grazie Panetta, non compro niente: Il dipartimento marketing della BCE cerca di venderci l'euro digitale a tutti i costi. La privacy, non si sa come, è il loro cavallo di battaglia. Grazie, ma no.
  • La privacy [non] è per i criminali: L'arresto dello sviluppatore di Tornado Cash è l'ultimo segnale di una guerra sempre più evidente contro privacy e tecnologie per a proteggere l'individuo dallo Stato.
  • Per un pugno di dollari: La moneta è la più importante tecnologia umana. Moltissime persone danno per scontata la sua esistenza e natura, ma l'ignoranza sta diventando sempre più pericolosa. È ora di iniziare a riflettere.

Privacy e politica


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Great Reset e World Economic Forum


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  • Pronti per la cyberpandemia?: Tra cybercriminali e cyberwarfare, gli attacchi cibernetici sembrano essere un ottimo trampolino di lancio per una serie di misure globali liberticide in nome della "sicurezza".
  • Smart cities e ingegneria sociale, la città che plasma l'Uomo: Le città intelligenti, attraverso un sistema di estrazione violenta di dati, rischiano di ribaltare un paradigma millenario: non più l'Uomo che plasma la città, ma la città che plasma l'Uomo.
  • Davos è in Svizzera o in Cina?: Il World Economic Forum e i "leader" che ogni anno si riuniscono a Davos sono ammaliati dal modello cinese: sorveglianza e controllo totale del mondo digitale.

Ragionamenti su privacy e libertà


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  • Aborto? Questione di privacy e capitalismo: La questione dell'aborto può essere risolta solo con libero mercato, tutela della proprietà e della privacy. Ogni alternativa porta alla violenza e alla negazione della libertà delle persone.

Rubriche interne


Non finisce qui! Nella newsletter ci sono anche tre rubriche interne in cui parlo di argomenti leggermente diversi. Puoi leggere gli articoli delle rubriche direttamente nella loro sezione specifica, cliccando qui sotto oppure attraverso il menù che trovi sul sito.

Purple Dragon, la rubrica di Privacy Chronicles in cui sono affrontati argomenti più tecnici, cercando di dare informazioni utili a proteggere in modo pianificato e consapevole privacy, identità, e informazioni sensibili.

Lettere Libertarie, la rubrica in cui in cui parlo di temi e concetti legati alla filosofia e ideologia libertaria che ispirano molto del pensiero dietro a Privacy Chronicles. La privacy oggi è un pilastro della libertà: per capire la libertà bisogna capire la privacy, e viceversa.

Frammenti, la rubrica in cui commento brevemente le notizie più interessanti della settimana. Un modo leggero e meno impegnativo di leggere Privacy Chronicles. Ogni frammento contiene anche un meme e una citazione.

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privacychronicles.substack.com…

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Torna feroce l’austerità europea contro i lavoratori e i poveri


"Ma soprattutto la decisione della BCE annuncia il ritorno ai patti di stabilità che distruggono la civiltà. Il commissario Gentiloni infatti ha già annunciato che gradualmente si tornerà ad essi e che in ogni caso paesi come l’Italia dovranno cominciare a mettersi a posto coi conti. Cioè a tagliare ancora servizi pubblici e sociali. Mentre si aumentano le spese militari. Come sta già facendo Draghi, che di questa politica di austerità europea e guerra americana è il primo rappresentante in Italia."

contropiano.org/news/politica-…



Internet e social: la dose giusta per gli adolescenti. Il post di Carlo Venturini sull'Almanacco della Scienza


INTERNET E SOCIAL: LA DOSE GIUSTA PER GLI ADOLESCENTI. IL POST DI CARLO VENTURINI SULL'ALMANACCO DELLA SCIENZA

Sabrina Molinaro dell’Istituto di fisiologia clinica e Giorgia Bassi dell’Istituto di informatica e telematica del Cnr spiegano perché è importante che gli adolescenti riducano il tempo trascorso in Rete, utilizzando Internet e i social network. E fondamentale è anche il ruolo dei genitori, che vanno coinvolti nell’educazione digitale

almanacco.cnr.it/articolo/5149…

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La matematica non serve a niente. Tranne che per...


Ho incontrato su TW il poster che trovate qui sotto, creato dal laboratorio di matematica Raphael Salem dell’università di Rouen, per scaricarlo in formato .pdf: https://sorciersdesalem.math.cnrs.fr/Posters/PosterLesMathsCaSertARien.pdf

Fa parte di una bella raccolta di poster di argomento matematico che trovate qui:

https://sorciersdesalem.math.cnrs.fr/Posters/posters.html

È pubblicato su una pagina che si intitola “Les Sorciers de Salem” con un gioco di parole che allude alle streghe (sorcières) di Salem.

Nel sito c’è anche una pagina con una versione interattiva del poster che rimanda all’approfondimento di alcuni degli usi della matematica (in francese):

sorciersdesalem.math.cnrs.fr/S…

Qui sotto la traduzione del testo contenuto nel poster.

La matematica non serve a niente.
Tranne che per..

Comprendere il corso delle stelle
Fare previsioni del tempo
Misurare il mondo
Suddividere in modo equo
Proteggere i nostri segreti
Trovare il percorso più breve
Ascoltare la musica
Costruire ponti
Decifrare i big data
Evitare gli ingorghi
Diagnosticare e curare in modo più efficace
Organizzare una rete di comunicazioni
Navigare in Internet
Sviluppare l'intelligenza artificiale (e la nostra)
Fotografare le farfalle
Decodificare il DNA
Anticipare gli effetti del caso
Rilevare e correggere gli errori
Modellizzare lo scioglimento dei ghiacciai
Immaginare altri universi
Meravigliarsi per la bellezza dei frattali
Migliorare le prestazioni sportive
Far volare gli aerei
Valutare le nostre possibilità di vincere alla lotteria
Adattare una ricetta al numero di ospiti
Ottimizzare... Analizzare... Decidere... Stimare... Creare... Giocare... Esplorare… Simulare... Calcolare… Vedere... Disegnare... Argomentare...Difendere... Programmare... Esprimere....



PROVA AD ASCOLTARE LA MUSICA CON UN DIVERSO APPROCCIO: DIVENTA UN NOSTRO COLLABORATORE


PROVA AD ASCOLTARE LA MUSICA CON UN DIVERSO APPROCCIO: DIVENTA UN NOSTRO COLLABORATORE

Crescere, in tutti i sensi, è di per sé un fatto positivo ma qualche problema in fondo lo crea sempre.

Così come per le mamme, che devono che devono costantemente rinnovare il guardaroba dei figli per adeguare l’abbigliamento al loro sviluppo fisico, anche per In Your Eyes la costante crescita di contatti riscontrata negli ultimi anni comporta il dover affrontare un “piacevole” problema: quello di far fronte alle numerose richieste di recensione che ci pervengono ogni giorno.

Come sapete, noi non ci poniamo limiti di genere per cui, se su alcuni siamo abbastanza coperti, su altri facciamo oggettivamente fatica a prendere in carico tutto il materiale.

Soprattutto per quanto riguarda l’elettronica, il rapporto tra il numero di dischi da recensire e quelli effettivamente soddisfatti è decisamente sfavorevole: è proprio qui che avremmo bisogno di nuova linfa, sotto forma di qualcuno che, alla propria passione per la musica, voglia abbinare quella di rendere partecipi gli altri delle proprie sensazioni , ma è inutile dirvi che, anche se foste appassionati ed esperti di altri generi, saremmo comunque ben felici di accogliervi nella nostra famiglia.

Ovviamente non ci servono persone che vogliano intraprendere questa attività in maniera eccessivamente saltuaria e discontinua: il nostro target individuale si attesta attorno ad un minimo di 4-5 recensioni mese, comunque non molte se pensiamo che si tratterebbe di scriverne almeno una ogni settimana, senza contare che un appassionato (con la A maiuscola) almeno un’oretta al giorno per ascoltare musica la trova sempre e comunque.

Se pensate d’essere in grado di garantire ragionevolmente quanto richiesto, fatevi avanti, anche se non avete mai fatto alcuna esperienza del genere in passato; nel ricordarvi che tutti coloro che operano nella nostra webzine non ci guadagnano un centesimo e che la vera ricompensa è quella di intraprendere un hobby che consente di interagire direttamente con musicisti, etichette discografiche ed agenzie di promozione, vi invitiamo a scrivere all’ indirizzo

info@iyezine.com

Successivamente verrete contattati da chi si occupa della pianificazione e della pubblicazione dei contenuti, per entrare maggiormente nei dettagli della collaborazione.

Fatevi un regalo, provate a trasformare la vostra passione per la musica in qualcosa di ancora più stimolante …

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Lacrime di sangue (L’étrange couleur des larmes de ton corps) di Bruno Forzani e Hélène Cattet [2013]


Della coppia artistica Forzani-Cattet ero fermo al solo “Amer”, debutto sulla lunga distanza datato 2009, visto, tra l’altro, in un momento piuttosto confuso della mia vita, e quindi apprezzato meno del suo effettivo valore. Nei giorni scorsi, soffocato dalla canicola estiva, ho pensato che potessero essere maturi i tempi per una seconda possibilità, e mi sono scaricato “Lacrime di sangue”, il loro secondo lungometraggio.

!cinema_serietv

iyezine.com/lacrime-di-sangue-…

#cinema

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