CINA. Il Covid colpisce duro il paese ma l’economia riparte
di Michele Giorgio
(la foto è di Tim Dennell)
Pagine Esteri, 20 gennaio 2023 – Sono milioni i contagi in Cina che conta nell’ultimo mese decina di migliaia di morti per il Covid, cifre mai toccate durante la pandemia e risultato oltre che del fallimento della campagna vaccinale cinese anche della fine delle rigide restrizioni ai movimenti e contatti sociali imposte dalle autorità nei passati tre anni. Ma le riaperture allo stesso tempo rilanciando quella che è considerata l’economia motore del mondo. Dopo il netto arretramento registrato nel 2022, quest’anno gli indici economici cinesi segneranno livelli di crescita significativi. Ne abbiamo parlato con Michelangelo Cocco*, giornalista a Shanghai e analista del Centri Studi sulla Cina Contemporanea.
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*Giornalista professionista, China analyst, scrivo per il quotidiano Domani. Ho pubblicato “Xi, Xi, Xi – Il XX Congresso del Partito comunista e la Cina nel mondo post-pandemia (Carocci, 2022), e “Una Cina perfetta – La Nuova era del Pcc tra ideologia e controllo sociale (Carocci, 2020). Habitué della Repubblica popolare dal 2007, ho vissuto a Pechino nel 2011-2012, corrispondente per il quotidiano il manifesto nello scoppiettante e nebbioso crepuscolo della tecnocrazia di Hu Jintao & Co. Sono rientrato in Cina nel gennaio 2018, anno I della Nuova era di Xi Jinping, quella in cui il Partito-Stato regalerà a tutti “una vita migliore” e costruirà “un grande paese socialista moderno”. Racconto storie, raccolgo dati e cito fatti evitando di proiettare le mie ansie e le mie (in)certezze su un popolo straordinario che se ne farebbe un baffo.
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Etiopia: dopo 600 mila morti una pace molto fragile
di Marco Santopadre*
Pagine Esteri, 19 gennaio 2023 – Probabilmente, un bilancio esatto delle vittime del conflitto che ha insanguinato il nord dell’Etiopia negli ultimi due anni non sarà mai disponibile. Ma quelli forniti finora da diverse fonti parlano tutti di alcune centinaia di migliaia di morti.
In un’intervista al “Financial Times”, ad esempio, il mediatore dell’Unione Africana sul conflitto in Tigray, l’ex presidente nigeriano Olusegun Obasanjo, afferma che in due anni di guerra potrebbero essere morte fino a 600 mila persone.
Obasanjo ha ricordato che lo scorso 2 novembre, quando a Pretoria i funzionari etiopi hanno firmato un accordo di pace con i rappresentanti della guerriglia tigrina, i partecipanti alle trattative hanno parlato di una media di mille morti al giorno nei due anni di scontri tra l’esercito federale di Addis Abeba – e le milizie regionali alleate – e le forze del Fronte di Liberazione del Popolo Tigrino (Tplf).
«Sulla base dei rapporti dal campo, il numero di morti potrebbe essere compreso tra 300 mila e 400 mila solo tra le vittime civili causate dalle atrocità, dalla fame e dalla mancanza di assistenza sanitaria» ha detto sempre al “Financial Times” Tim Vanden Bempt, membro del gruppo di ricercatori attivo all’Università belga di Gand che indaga sulle conseguenze del conflitto.
Due anni di guerra e centinaia di migliaia di vittime
I combattimenti hanno avuto inizio il 4 novembre 2020, quando il primo ministro federale Abiy Ahmed ordinò l’intervento delle truppe etiopi contro le milizie del governo regionale del Tigray che poche ore prima avevano assaltato alcune caserme. A fianco di Ahmed – riconfermato nonostante la scadenza del suo mandato dopo la sospensione delle elezioni legislative a causa della pandemia – si schierarono anche le truppe dell’Eritrea e le milizie di alcuni stati regionali etiopi, come l’Amhara. Al fianco del TPLF – che aveva a lungo gestito il potere a livello federale prima di essere estromesso dalla corrente panetiopista capeggiata da Ahmed – si è schierato invece l’Esercito di Liberazione Oromo, che pur rappresentando l’etnia alla quale appartiene il primo ministro si batte per l’autodeterminazione del proprio territorio.
Per alcuni mesi sembrò che le truppe federali e gli eritrei – nemici storici di Addis Abeba prima che nel 2018 Ahmed siglasse la pace con il regime di Asmara aggiudicandosi un Nobel per la Pace – fossero in grado di sbaragliare le forze ribelli. Ma poi un’offensiva congiunta di tigrini e Oromo ha inflitto cocenti sconfitte alle truppe federali tanto che ad un certo punto i ribelli sembravano in grado di conquistare addirittura la capitale federale dopo aver conquistato ampie porzioni dell’Amhara e dell’Afar, nel centro-nord del paese.
L’Etiopia cerca nuovi alleati
Mentre Usa e Ue, ex sostenitori di Addis Abeba, imponevano sanzioni all’Etiopia, in soccorso di Abiy Ahmed si sono schierati Cina, Turchia, Russia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi, fornendo armi, supporto diplomatico e ingenti prestiti. Nel luglio 2021 l’Etiopia ha firmato con Mosca un accordo che impegna la Russia a fornire addestramento e tecnologie d’avanguardia per riorganizzare l’esercito di Addis Abeba. In cambio Mosca ha ottenuto un trattamento di favore nell’acquisizione di licenze per estrazioni minerarie ed energetiche.
Negli ultimi anni Ahmed ha rafforzato molto il legame con Pechino, che ha nel frattempo finanziato e realizzato decine di opere pubbliche e infrastrutture nel paese, compreso il treno che collega la capitale etiope con Gibuti, preso più volte di mira dal Tplf, e la Grande Diga della Rinascita.
Nei giorni scorsi, il ministro degli Esteri cinese Qin Gang, nell’ambito di un lungo tour africano, ha firmato con l’omologo etiope Demeke Mekonnen diversi accordi bilaterali, tra i quali la cancellazione di una porzione consistente del debito etiope con Pechino (negli ultimi 10 anni la Cina ha prestato ad Addis Abeba 14 miliardi). Pechino ha confermato l’impegno per la realizzazione del Centro Africano per il controllo e la prevenzione delle malattie (Africa Cdc, l’agenzia sanitaria dell’Unione Africana), la cui sede – interamente finanziata dalla Cina con 80 milioni – sorgerà ad Addis Abeba.
Sono stati soprattutto i droni da bombardamento ricevuti dagli alleati – i cinesi Wing Loong 2, i turchi Bayraktar Tb2 e gli iraniani Mujaher-6 – a permettere alle truppe federali di infliggere dure sconfitte al Tplf costringendolo ad arroccarsi nel Tigray e a dichiarare un cessate il fuoco unilaterale. Le forze federali hanno ampiamente fatto ricorso ai bombardamenti indiscriminati sulle città tigrine, colpendo duramente la popolazione già stremata.
Una pace molto fragile
Una lunga e difficile trattativa, mediata dall’Unione Africana, ha finalmente portato alla firma del cessate il fuoco e alla stesura di un’agenda condivisa per un ritorno alla normalità.
Nelle ultime settimane sono stati indubbiamente fatti dei passi avanti. Ieri, ad esempio, le truppe federali sono entrate ad Adigrat, a lungo controllata dal Tplf. Nei giorni scorsi, invece, sono state le milizie amhara a ritirarsi da Scirè, nel Tigray occidentale, ottemperando agli impegni assunti in sede negoziale. Già a fine dicembre la polizia federale etiope era tornata a schierarsi a Mekelle, la capitale del Tigray, dopo due anni di assenza.
Il 10 gennaio, poi, le forze tigrine hanno iniziato a consegnare le armi pesanti sotto il monitoraggio di un apposito team dell’Unione Africana istituito grazie all’accordo raggiunto dalle parti a Nairobi lo scorso 22 dicembre. Il team, in coordinamento con i rappresentanti dei due schieramenti e l’Autorità Intergovernativa per lo Sviluppo (Igad, che riunisce 8 paesi del Corno d’Africa) è incaricato di monitorare l’applicazione dell’accordo di cessazione delle ostilità e di segnalare ritardi e violazioni.
Nel frattempo, la ministra della Salute Lia Tadesse ha annunciato la riattivazione delle strutture sanitarie distrutte o paralizzate dal conflitto, la distribuzione dei medicinali salvavita e l’avvio delle vaccinazioni contro il morbillo. Anche gli aeroporti di Mekelle e Scirè sono stati riaperti ed alcuni voli hanno riportato nella regione alcuni degli abitanti che erano dovuti fuggire a causa dei combattimenti o delle persecuzioni.
Guerriglieri del Fronte di Liberazione del Popolo Tigrino
Disastro umanitario
Nella regione stanno arrivando anche, seppure a rilento, gli aiuti internazionali destinati alla popolazione, in precedenza bloccati quasi completamente dal governo federale.
Nel Tigray «si stima che 9 persone su 10 abbiano bisogno di assistenza umanitaria e 400mila circa siano vittime di una pesante carestia aggravata dal fatto che l’arrivo di aiuti umanitari è ancora limitato» scrive in un rapporto il Consiglio dell’Onu per i Diritti Umani.
La siccità, oltre alla paralisi dell’economia locale, alla distruzione di molte infrastrutture e all’abbandono dei campi da parte degli sfollati, hanno causato in Tigray un vero e proprio disastro umanitario. Anche in altre regioni aride del paese, nel sud, le cose non vanno meglio: secondo Save the Children, attualmente 12 milioni di persone (su 115 milioni di abitanti totali) patirebbe la fame e 4 milioni di bambini sarebbero malnutriti.
L’incognita eritrea
Quella raggiunta il 2 novembre a Pretoria rischia di essere una pace incerta e provvisoria.
L’incognita maggiore è rappresentata dalla presenza in Tigray delle truppe eritree, negata per mesi sia da Abiy Ahmed sia dal dittatore di Asmara Isaias Afewerki, prima che la presenza di almeno metà dell’esercito del piccolo paese – resosi indipendente da Addis Abeba nel 1993 dopo una sanguinosa guerra durata due decadi – diventasse troppo ingombrante per continuare a nasconderla.
L’Eritrea rappresenta il “convitato di pietra” dell’accordo di cessate il fuoco permanente – alla quale non ha preso parte – e l’atteggiamento di Afewerki potrebbe rappresentare un ostacolo non secondario alla normalizzazione della situazione. Finché tutte le truppe eritree non avranno abbandonato il territorio tigrino, infatti, le milizie del Fronte di Liberazione difficilmente potranno disarmare. Al momento, il Tplf manterrebbe 20 mila miliziani armati schierati nelle zone di confine del Sudan.
Secondo Obasanjo e vari testimoni sul campo, gli eritrei avrebbero cominciato a rientrare lentamente in patria abbandonando ad esempio Axum e Scirè.
Ma ancora a gennaio il Centro di Coordinamento regionale per le emergenze – un gruppo di organizzazioni attive nel Tigray – ha denunciato le ennesime atrocità commesse dalle forze di Asmara contro i civili tigrini e contro gli oppositori di Afewerki che si erano rifugiati nella regione al confine con l’Eritrea.
Nei giorni scorsi molti dei 16 mila tigrini ospitati nel campo di Um Rakuba, nel Sudan orientale, hanno denunciato di non poter tornare a casa perché il loro territorio, nel Tigray occidentale, è occupato dalle milizie e da coloni Amhara o da soldati eritrei.
Secondo fonti tigrine citate dall’Avvenire, alla fine di novembre le truppe eritree avrebbero ucciso «3000 persone in una località a pochi km da Adua, 78 ad Adiabo e 85 nella provincia di Irob».
Nella regione, accusano sempre fonti tigrine, circa 120 mila donne sarebbero state violentate dai soldati etiopi ed eritrei e dai miliziani Amhara. Anche i guerriglieri del Tplf, però sono stati spesso accusati di atrocità nei confronti delle popolazioni delle regioni occupate durante l’offensiva contro Addis Abeba.
Difficilmente Afewerki – che arma milizie tigrine opposte al Tplf – rinuncerà a indebolire ulteriormente il Fronte Popolare di Liberazione del Tigray, che guidava l’Etiopia durante la guerra per l’indipendenza dell’Eritrea.
Anche se finora ha rappresentato un utile alleato del leader etiope, il regime di Asmara potrebbe tentare di rimanere nel Tigray anche senza il consenso di Abiy Ahmed. Numerosi analisti si interrogano sull’effettiva capacità del governo etiope di costringere i combattenti eritrei ad andarsene. Ne potrebbero nascere nuovi scontri, questa volta tra i due paesi prima rivali e poi alleati.
Oppure, il premier etiope potrebbe tacitamente tollerare o addirittura sollecitare la permanenza delle truppe eritree in Tigray per garantirsi il controllo del territorio e al tempo stesso permettere all’esercito federale di concentrare le proprie forze contro la ribellione Oromo, che nelle ultime settimane sembra incendiarsi.
La ribellione Oromo
Mentre a nord si raffreddava il sanguinoso conflitto con i tigrini, Abiy Ahmed ha lanciato un’offensiva su vasta scala per distruggere le milizie dell’Esercito di Liberazione Oromo, che si batte per l’autodeterminazione della regione più vasta e popolosa dello stato (gli Oromo sono circa il 40% della popolazione totale) e la cui insurrezione si è recentemente estesa grazie all’indebolimento delle forze federali impegnate in Tigray. Anche in questo caso l’esercito federale sta facendo ampio uso dei droni sia contro le milizie dell’OLA che contro la popolazione civile. La stessa “Commissione per i diritti umani” di Addis Abeba ha documentato numerose esecuzioni sommarie compiute dalle truppe governative. D’altra parte l’OLA ha preso di mira gli Amhara che vivono nella regione mentre migliaia di Oromo sono stati cacciati o uccisi nelle regioni circostanti.
La situazione si sta «rapidamente deteriorando», ha avvisato l’agenzia di coordinamento degli aiuti dell’ONU. Centinaia di migliaia di persone hanno dovuto abbandonare le loro case e i servizi essenziali sono sospesi.
I rappresentanti Oromo che sostengono il governo federale chiedono ora al governo di implementare un accordo di pace simile a quello adottato per il Tigray, invocando la mediazione dell’Unione Africana, e accusano Abiy Ahmed di aver esacerbato le contraddizioni etniche nel paese. – Pagine Esteri
* Marco Santopadre, giornalista e scrittore, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria.
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L’Italia alla guerra in Ucraina. Crosetto: “Schiereremo scudo missilistico in Slovacchia”
AGGIORNAMENTO DI ANTONIO MAZZEO
Pagine Esteri, 14 gennaio 2023 – L’Esercito italiano schiererà in Slovacchia una batteria del sistema missilistico terra-aria SAMP-T di produzione italo-francese. Lo ha dichiarato in un’intervista all’agenzia ADNKronos il ministro della difesa Guido Crosetto. “Ho letto ricostruzioni giornalistiche, sul tema Samp-t, totalmente inventate; il Governo non ha ricevuto alcuna pressione da nessuno, in relazione agli aiuti all’Ucraina, tantomeno dagli Stati Uniti”, ha esordito Crosetto. “Nella telefonata odierna con il Segretario alla Difesa Lloyd J. Austin si è parlato del sistema che l’Italia fornirà per sostituire la batteria americana in Slovacchia”.
Nello specifico si tratterà di una batteria antiaerea/antimissile SAMP-T che rimpiazzerà la batteria di missili Patriot di US Army che verrà trasferita in Germania per essere sottoposta a manutenzione.
Il SAMP/T è stato sviluppato a partire dai primi anni 2000 nell’ambito del programma di cooperazione militare-industriale italo-francese FSAF (Famiglia di Sistemi Superficie Aria).
“Il SAMP/T nasce dall’esigenza di disporre di un sistema missilistico a media portata idoneo a operare in nuovi scenari operativi, prioritariamente caratterizzati da ridotti tempi di reazione contro la minaccia aerea ed elevata mobilità”, spiega lo Stato maggiore dell’Esercito. “L’attuale versione del SAMP/T ha capacità di avanguardia nel contrasto delle minacce aeree e dei missili balistici tattici a corto raggio”.
Il sistema missilistico è stato progettato e realizzato dal consorzio europeo Eurosam formato da MBDA Italia, MBDA Francia e Thales. Fa uso del missile Aster 30, dotato di un raggio d’azione di 100 km per l’intercettazione di aerei e 25 km per quella dei missili. Le batterie sono costituite da lanciatori con un numero variabile da 8 a 48 missili.
L’Esercito italiano ha in dotazione 5 batterie SAMP/T, operative dal 2013. Esse sono state impiegate fra il 2015 ed il 2016 a Roma per la sorveglianza dei cieli della Capitale in occasione del Giubileo Straordinario della Misericordia; contemporaneamente una seconda batteria ha operato in Turchia nell’ambito dell’operazione NATO “Active Fence” dal giugno 2016 al dicembre 2019, nei pressi della città di Kahramanmaras, sul confine sud-est dell’Alleanza Atlantica, “contro missili balistici tattici provenienti dal territorio siriano”.
Una batteria di missili terra-aria è attualmente schierata in Kuwait nell’ambito dell’Operazione “Inherent Resolve” a guida statunitense, contro le milizie dell’ISIS in territorio iracheno e siriano.
Con il trasferimento del SAMP/T in Slovacchia, le forze armate italiane portano a cinque le missioni in Europa orientale in ambito NATO dopo l’invasione russa dell’Ucraina del 24 febbraio 2022. Oggi i reparti di pronto intervento dell’Esercito sono presenti in Lettonia, Bulgaria e Ungheria, mentre 4 cacciabombardieri dell’Aeronautica Militare operano dalla base di Costanza, Romania. Pagine Esteri
LEGGI GLI APPROFONDIMENTI DI ANTONIO MAZZEO SULL’IMPEGNO ITALIANO NELL’EUROPA DELL’EST
pagineesteri.it/2023/01/10/in-…
pagineesteri.it/2023/01/11/in-…
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In Cina e Asia – Ambasciatore cinese a Bruxelles: le relazioni Cina-UE sono ancora "molto buone”
Ambasciatore cinese a Bruxelles: le relazioni Cina-UE sono ancora “molto buone”
Pechino mira ad attirare talenti e investitori stranieri nel settore dell’innovazione
La Cina crea un’app unificata per i servizi di mobilità e riabilita Didi Global
Tornano i supereroi Marvel e DC in Cina
I censori della rete dichiarano guerra alle "emozioni cupe"
Triplicato l'export cinese verso la Corea del Nord
La strategia “zero Covid” è costata al Guangdong 21,9 miliardi di dollari
Marcos a Davos: "nel Mar cinese meridionale è a rischio il commercio mondiale"
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Taiwan Files – L’anno del coniglio e Lai dal cilindro
William Lai nuovo leader del DPP: qual è la sua visione sui rapporti sullo Stretto e sullo status quo tra Taiwan, Repubblica di Cina e Repubblica Popolare Cinese. Taiwan-USA: negoziati commerciali e training militare. Donne tra i riservisti. Disfida sui noodles e nomine a Pechino. Giù l’economia taiwanese. La rassegna settimanale di Lorenzo Lamperti con notizie e analisi da Taipei ...
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#uncaffèconLuigiEinaudi ☕ – II nostro mondo moderno…
II nostro mondo moderno è indissolubilmente legato alla tecnica ed alle sue applicazioni pratiche
Dell’uomo, fine o mezzo, e dei beni d’ozio, «Rivista di storia economica», settembre-dicembre 1942
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A Davos il sostegno militare all’Ucraina, tra Nato e intelligence
Sostenere l’Ucraina “è anche nei nostri interessi”, ha dichiarato Avril Haines, direttrice dell’Intelligence nazionale degli Stati Uniti, intervenendo al World Economic Forum di Davos. “Il conflitto in Ucraina ha un impatto mondiale, un impatto economico e anche delle conseguenze sulla forza delle nostre alleanze e sulla capacità di dare risposte a future possibili crisi”, ha spiegato. Per Kyiv “sarà fondamentale continuare a ricevere armi” e “credo” che il presidente statunitense Joe Biden “continuerà a fornire armi”, ha aggiunto.
Parole pronunciate nel corso del dibattito “Ripristinare la sicurezza e la pace” al World Economic Forum di Davos (tra i partecipanti anche Richard Moore, capo di MI6, il sevizio d’intelligence britannico per l’estero). Sul palco il presidente polacco Andrzej Duda, le vicepremier Chrystia Freeland del Canada e Yuliia Svyrydenko dell’Ucraina e Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato. Quest’ultimo ha chiesto di aumentare l’invio di armi all’Ucraina in questo momento critico. “Le armi sono la via per la pace”, ha detto. “Ciò che accade intorno al tavolo dei negoziati dipende totalmente dalla forza sul campo di battaglia. E se vogliamo che l’Ucraina prevalga, allora ha bisogno della forza militare”, ha aggiunto descrivendo la guerra come “lotta per la democrazia”.
È “estremamente importante” che il presidente russo Vladimir Putin “non vinca questa guerra: sarebbe una tragedia per gli ucraini, ma anche molto pericoloso per tutti noi. Perché allora il messaggio ai leader autoritari, non solo a Putin, ma anche ad altri leader autoritari, è che quando usano la forza brutale, quando violano il diritto internazionale, ottengono ciò che vogliono”, ha dichiarato. “E questa sarebbe una lezione molto negativa e pericolosa. Renderebbe il mondo più pericoloso e noi più vulnerabili”, ha concluso.
Gli alleati ne parleranno domani quando si riunirà nuovamente nella base aerea americana di Ramstein, in Germania, l’Ukraine Defense Contact Group, il Gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina, promosso dal segretario alla Difesa americano, per favorire un confronto periodico e un raccordo tra i Paesi (oltre 40) che aderiscono alle iniziative di supporto alle Forze armate ucraine. Lì “decideremo insieme agli Alleati l’invio di ulteriori aiuti che, per la parte italiana, confluiranno in un eventuale sesto decreto”, ha dichiarato Guido Crosetto, ministro della Difesa, intervistato da Formiche.net nei giorni scorsi dopo una telefonata con l’omologo statunitense Lloyd Austin.
Restoring Security and Peace with @AndrzejDuda, @cafreeland, Avril Haines (@ODNIgov), @jensstoltenberg (@NATO), Yulia Svyrydenko (@mineconomdev) and @FareedZakaria (@CNN). #wef23 t.co/w7S6HK87Cz— World Economic Forum (@wef) January 18, 2023
Alla politica industriale servono gli Eurobond
Avviare la creazione di un Fondo sovrano europeo può essere, se non la soluzione definitiva, una tappa di avvicinamento verso un’Europa che ha finalmente come obiettivo quello di mettere in campo tutto il suo effettivo potenziale
Nessun Paese, nessuna nazione, riuscirà da sola a gestire le sfide di politica industriale che attendono l’Europa, stretta tra lo sforzo di Joe Biden di trasformare gli Usa in una grande superpotenza della sostenibilità e di Xi Jinping impegnato a non recedere dal piano di egemonia commerciale e di primazia nelle tecnologie. Il contraltare dello sforzo di oltre 400 miliardi di dollari degli Stati Uniti non può essere limitato a una deroga sull’uso degli aiuti di Stato. La capienza fiscale necessaria resterebbe appannaggio dei soliti noti (Germania e Francia) e finirebbe con l’esasperare le diseguaglianze competitive a tutto danno, alla fine, della competitività stessa dell’Europa, le cui catene del valore manifatturiero sono interconnesse più che mai.
Le sfide sono colossali come è quella di creare le gigafactory – in tempi brevi – per garantire la produzione di batterie al litio per le future auto elettriche o quella di realizzare gli insediamenti necessari a superare la dipendenza dalla Cina nella fabbricazione dei microchip. Per l’Europa sarà decisivo anche l’assetto finale delle reti, siano esse gasdotti (ma fino a quando si dovrà far conto sul gas e non sulle rinnovabili?) o infrastrutture per le tlc, a cominciare dal 5G su cui l’Unione Europea si sta disimpegnando rispetto alla Cina senza cadere nella dipendenza con gli Stati Uniti.
Non è dirigismo, ma l’Europa è chiamata ad avere una visione sulle scelte strategiche e sulle concrete implicazioni verso i 27 Partner, su quali debbano essere, ad esempio, gli eventuali hub da cui far partire il nuovo sistema nervoso infrastrutturale del Continente. Affidare queste scommesse al solo uso in deroga degli aiuti di Stato – come sembra aver fatto intendere Ursula von der Leyen – è di per sé miope e comunque insufficiente nelle capienze finanziarie in grado di dispiegare. Solo una forma di finanziamento condiviso, di emissione comune di debito potrà ovviare alle inevitabili angustie finanziarie in cui l’Europa sarebbe costretta a dimenarsi.
La partita del 2023 sulle nuove regole fiscali è intrecciata con gli orizzonti concreti della politica industriale: la riforma del Patto di stabilità e crescita finalizzato a premiare la capacità di investimento dei singoli Paesi, la ratifica finale del Mes riformato che ha ormai preso le sembianze di un fondo salva banche, ma anche la messa a punto di eventuali nuovi strumenti di finanziamento sulla falsariga dell’esperienza del Pnrr, del programma Sure sugli ammortizzatori sociali, del programma di aiuti destinati all’Ucraina.
La parola eurobond è sempre meno tabù in questa Europa che ha compreso il suo potenziale di soggetto unico (ad esempio durante la risposta alla pandemia) ma fatica ad abbandonare le dialettiche tra gli interessi nazionali. Avviare la creazione di un Fondo sovrano europeo – anch’ esso annunciato più volte da Ursula von der Leyen – può essere, se non la soluzione definitiva, una tappa di avvicinamento verso un’Europa che ha finalmente come obiettivo quello di mettere in campo tutto il suo effettivo potenziale.
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Just € 5,5 Million on WhatsApp. DPC finally gives the finger to EDPB.
Solo 5,5 milioni di euro su WhatsApp. La DPC finalmente dà il benservito all'EDPB. Dopo Facebook e Instagram, è stata emessa una terza decisione su WhatsApp. Il DPC sembra aver limitato il caso al "miglioramento del servizio" e alla "sicurezza", ignorando le questioni fondamentali.
Scuola di Liberalismo 2022 – Messina: lezione di Maurizio Ballistreri sul tema “Il manifesto di Marx”
Ottavo appuntamento della XII edizione della Scuola di Liberalismo di Messina, promossa dalla Fondazione Luigi Einaudi ed organizzata in collaborazione con l’Università degli Studi di Messina e con la Fondazione Bonino-Pulejo. Il corso, che tratta principalmente delle opere degli autori più rappresentativi del pensiero liberale, si articola in 14 lezioni, di cui 3 in presenza e 11 erogate in modalità telematica. La ottava lezione si svolgerà giovedì 19 gennaio, dalle ore 17 alle ore 18.30, sulla piattaforma Zoom, e sarà tenuta dal prof. Maurizio Ballistreri (Ordinario di Diritto del Lavoro presso l’Università di Messina), che relazionerà sull’opera “Il Manifesto” di Karl Marx, considerata il testo-chiave di quella scuola di pensiero sociale, economico e politico nota come “marxismo” e che è una spietata e allo stesso tempo scientifica analisi della società capitalistica nelle sue più profonde contraddizioni. La partecipazione all’incontro è valida ai fini del riconoscimento di crediti formativi per gli avvocati iscritti all’Ordine degli Avvocati di Messina, nonché per gli studenti dell’Università di Messina.
Pippo Rao Direttore Generale Scuola di Liberalismo di Messina
Visita la pagina della Scuola di Liberalismo 2022 – Messina
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Dialogo e riforme: giustizia, lo scatto possibile – corriere.it
Auspicabile un sussulto bipartisan delle forze politiche (almeno di buona parte di esse) e di una grandissima fetta di magistratura, la quale non ha alcuna voglia di essere tirata dentro guerricciole di fazione
In un volume pubblicato undici mesi fa, per i trent’anni di Tangentopoli, «Giustizia, ultimo atto», Carlo Nordio, allora semplice magistrato in pensione, anticipava con chiarezza le linee di riforma che ha poi esposto a dicembre alla Camera e al Senato nella sua nuova veste di Guardasigilli. Sicché, di fronte a talune reazioni di dissenso, ha replicato che tutti conoscevano da un pezzo le sue convinzioni di garantista liberale. Aggiungendo che, se era stato posto al vertice del ministero di via Arenula, è perché si voleva che le traducesse in pratica. Su questa seconda proposizione qualche dubbio deve nutrirlo lui stesso, avendo sentito allora il bisogno di sottolineare in sede parlamentare la sua determinazione a dimettersi ove non gli fosse consentito di svolgere il proprio compito fino in fondo: frase abbastanza irrituale per un ministro appena nominato e con una solida maggioranza alle spalle.
La verità, come Nordio sa bene, è che, nell’agenda di grandi riforme immaginata da Giorgia Meloni, quella della giustizia è forse la più divisiva in potenza: persino dentro una coalizione vittoriosa, sì, ma ideologicamente assai eterogenea. Passati il giubilo e i (doverosi) applausi al Ros, l’arresto di Matteo Messina Denaro ha subito surriscaldato il clima. Da un lato prefigurando una nuova stagione di rivelazioni presunte e di veleni sicuri su eventuali «livelli superiori» (dunque politici) di connivenza col boss.
Dall’altro rinfocolando tensioni sottotraccia con un giustizialismo trasversale al Parlamento e al Paese che vede, ad esempio, come fumo negli occhi le critiche di Nordio alle intercettazioni. Sicché, intervenendo ieri in Senato, il ministro è stato costretto a spiegare l’ovvio, sotto la pressione di sortite mediatiche delle Procure: che gli ascolti come strumento di indagine contro mafiosi e terroristi non si discutono; da rivedere è invece l’idea che costituiscano una prova in sé (e non una pista investigativa) e che possano essere abusati a strascico su soggetti non indagati, fino alla loro enfatizzazione mediatica. Già sull’abuso d’ufficio, reato poco tipizzato e troppo ricorrente (venti condanne su cinquemila indagini in dodici mesi) che indurrebbe alla «paura della firma» sindaci e amministratori pubblici, si arriverà a fine mese a un compromesso tra la cancellazione tout court voluta in origine da Nordio e un tagliando pur accurato. Scricchiolii in una materia, la giustizia, che è sempre stata esiziale per la vita dei governi. Ancora nulla a confronto di ciò che potrebbe avvenire quando si mettesse mano al corpo vivo dell’impianto giudiziario.
Se una vera separazione delle carriere e la discrezionalità dell’azione penale sono obiettivi ambiziosi e legittimi ma da conseguire con i tempi e i modi di un mutamento costituzionale, ci sono materie controverse su cui una maggioranza coesa potrebbe fare da traino con legge ordinaria. Il traffico di influenze e il concorso esterno potrebbero ad esempio, nell’arco della legislatura, essere rivisti senza mettere mano alla Costituzione. Quanto all’uso delle intercettazioni, basterebbe un episodio recente, lo scontro surreale tra Luca Zaia e Andrea Crisanti (nato da una frase del governatore veneto contro il noto microbiologo «rubata» da una microspia e allegata agli atti di un’indagine che non riguarda nessuno dei due) per dimostrare l’invasività politica dello strumento e la debolezza delle riforme fin qui fatte per limitarlo.
Il problema va ben oltre le questioni di tecnica giuridica.
Lo stesso Nordio lo coglie con efficacia nel volume già citato: il ruolo di supplenza esercitato dalle toghe, ricorda da ex toga, è stato consentito dai partiti al tempo di Mani Pulite con «una ritirata precipitosa e un’abdicazione miserevole». Il nodo continua a paralizzare da trent’anni il Paese: per debolezza e scarsa credibilità, la politica tuttora tende, almeno in alcune sue articolazioni, a ripetere la propria legittimazione dalla magistratura. L’attuale maggioranza non dovrebbe avere problemi del genere, forte com’è dell’investitura popolare di Giorgia Meloni. Tuttavia, nel partito della premier non è così piccola la componente giustizialista di antica memoria, accanto alla quale ne va emergendo una, diciamo così, pragmatica: questa parte più accorta alla tattica si domanda se, visto il vantaggio per il governo derivante dalla totale inanità delle opposizioni politiche, divise e litigiose tra loro, sia davvero il caso di andare a stuzzicare l’unica forza del Paese in grado di produrre un’opposizione de facto, la magistratura. Ragionamenti del genere sono di certo arrivati fino all’orecchio della premier, che ha fortemente voluto Nordio al ministero della Giustizia.
La faccenda, come si vede, può diventare un inciampo notevole per la coalizione di centrodestra. Sarebbe superabile solo con un sussulto bipartisan delle forze politiche (almeno di buona parte di esse) e, verrebbe da auspicarsi, di una grandissima fetta di magistratura, la quale non ha alcuna voglia di essere tirata dentro guerricciole di fazione che ne diminuiscono autorità e prestigio agli occhi dei cittadini.
È noto che mai nessuna commissione in Italia ha risolto granché e che, anzi, la sua stessa istituzione porta spesso a rinviare sine die il problema di cui dovrebbe occuparsi. Tuttavia, se la grande questione giudiziaria fosse ricondotta almeno a un dialogo razionale e non di parte, non poche regole della nostra convivenza civile potrebbero essere riconsiderate dopo trent’anni di contrapposizioni. Tra queste, e di portata costituzionale, non si dovrebbe dimenticare l’immunità parlamentare, abolita a «furor di popolo» in conseguenza degli abusi che ne fece la mala politica della Prima Repubblica e, tuttavia, più che mai necessaria all’equilibrio tra i poteri dello Stato.
Nella prima e più bilanciata formulazione della riforma del 1993, ricorda Giuseppe Benedetto nel suo «L’eutanasia della democrazia», s’era deciso non di eliminarla ma di posticiparla alla fine delle indagini preliminari, così che il Parlamento avesse elementi più concreti (e non ideologici o di camarilla) per valutare l’eventuale fumus persecutionis del magistrato contro il politico. Le monetine contro Craxi e il terrore della piazza spazzarono via, col coraggio, anche molto buonsenso.
L'articolo Dialogo e riforme: giustizia, lo scatto possibile – corriere.it proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Etiopia, Il Parlamento Consente al Primo Ministro Abiy di Rimanere in Carica Oltre il Mandato [Archivio]
La mossa arriva dopo che le elezioni previste per agosto sono state rinviate alla luce della pandemia di coronavirus.
NOTA: questo articolo è stato pubblicato da Aljazeera il 10 Giugno 2020 – 5 mesi prima che iniziasse la guerra genocida in Tigray il 3 novembre 2020.
Il parlamento etiope ha approvato il permesso al primo ministro Abiy Ahmed di rimanere in carica oltre il suo mandato dopo che le elezioni previste per agosto sono state rinviate a causa della pandemia di coronavirus.
Il voto di mercoledì – 114 a favore, quattro contrari e un astenuto – è arrivato due giorni dopo che un importante politico dell’opposizione si è dimesso da oratore in un’apparente protesta contro la decisione di ritardare le elezioni.
“La Camera della Federazione ha approvato la decisione di prorogare la durata di tutte le assemblee fino a quando le istituzioni sanitarie internazionali non avranno ritenuto cessata la minaccia del coronavirus”, ha riferito mercoledì l’agenzia di stampa etiope, riferendosi alla camera alta del parlamento.
I legislatori non hanno specificato quando si sarebbero svolte le nuove elezioni, tuttavia, il loro voto è stato un’approvazione delle raccomandazioni del Consiglio di inchiesta costituzionale, un organo consultivo che aveva tenuto riunioni pubbliche per decidere una via da seguire dopo il ritardo.
L’organismo ha raccomandato che le “elezioni da tenersi da 9 a 12 mesi dopo il coronavirus non siano considerate un problema di salute pubblica”.
Il consiglio elettorale dell’Etiopia ha annunciato a marzo [2020] che sarebbe stato impossibile organizzare il voto in tempo a causa della pandemia, in cui sono stati confermati 2.506 contagi nel Paese con 35 morti.
Le circostanze hanno fatto sì che le elezioni non potessero svolgersi prima della fine del mandato dei legislatori in ottobre.
La costituzione etiopica non affronta chiaramente il percorso da seguire nella situazione insolita.
“Mette in pericolo la pace e la stabilità”
Alcuni leader dell’opposizione hanno chiesto un governo provvisorio o di transizione per guidare il paese alle elezioni, un suggerimento che Abiy ha respinto come impraticabile durante una sessione di domande e risposte lunedì con i legislatori.
La mossa della camera alta ha suscitato anche un rimprovero da parte dei leader dell’opposizione che hanno accusato Abiy di utilizzare la pandemia per prolungare artificialmente il suo mandato, e gli analisti hanno avvertito di possibili proteste e boicottaggi.
Non sono d'accordo con quanto scrive Concita De Gregorio su La Stampa...
(testo ed immagine dalla pagina FB de La Stampa)
Non mi preoccuperò, nello scrivere queste righe, delle reazioni che scatenerà sui social domattina. Ce la posso fare, devo solo pensare alla vita di prima. Era sano lavorare senza la preoccupazione preventiva del sabba infernale che comunque, anche se ti sforzi di ignorarlo, non ignora te. […]
Amici: usciamo dai social. Non esistono senza di noi. Si sono impadroniti delle nostre vite per il semplice motivo che gliele abbiamo consegnate. Vivono del nostro sangue che gli forniamo ogni giorno […]. Ma se non gli dessimo materia, ai mangiamorte, ci pensate? Non esisterebbero. […]
Le persone migliori che conosco non sono sui social. Senza offesa per chi ci campa e lo capisco: i mestieri di una volta non ci sono più, questo è il mondo come va, bisogna arrangiarsi e starci. Però ripeto: statisti, inventori, poeti, navigatori, gente che pensa e scrive e lavora a costruire mondi. Gente che accudisce persone. Gente che lavora tutto il giorno e che poi si dedica a chi ha intorno, fisicamente: che parla e guarda in faccia chi c'è. Non sono sui social. Non hanno il tempo per farlo, né l'interesse. Hanno da fare.
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Non mi è mai piaciuto essere iscritta ad un social, ma in questo finalmente si 😄
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MASTICA ‘ZINE “ERO UNA FANZINE” (AGENZIA X)
Ancora una volta Agenzia X si conferma come una delle realtà più intimamente connesse con il tessuto sociale. “Mastica ‘zine, Ero una fanzine” ne è l’ennesima riprova. Il volume, dato alle stampe nell’estate dello scorso anno, ribadisce ulteriormente come la necessità di confrontarsi e analizzare quelle zone “meno nobili” della società italiana, debba essere vista come azione prioritaria. Non fosse altro che per provare a capire il mondo che ci circonda, anziché viverlo passivamente, o ancor peggio giudicarlo da lontano, per sentito dire. Anziché unirsi al coro dei (finti) indignati, le ragazze di Mastica ‘zine scelgono di andare a fondo nell’analisi di un problema più che mai vivo, anche se poco considerato dai media mainstream.
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MASTICA ‘ZINE “ERO UNA FANZINE” (AGENZIA X)
Ancora una volta Agenzia X si conferma come una delle realtà più intimamente connesse con il tessuto sociale. “Mastica ‘zine, Ero una fanzine” ne è l’ennesima riprova. Il volume, dato alle stampe nell’estate dello scorso anno, ribadisce ulteriormente come la necessità di confrontarsi e analizzare quelle zone “meno nobili” della società italiana, debba essere vista come azione prioritaria. Non fosse altro che per provare a capire il mondo che ci circonda, anziché viverlo passivamente, o ancor peggio giudicarlo da lontano, per sentito dire. Anziché unirsi al coro dei (finti) indignati, le ragazze di Mastica ‘zine scelgono di andare a fondo nell’analisi di un problema più che mai vivo, anche se poco considerato dai media mainstream.
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Campagna "Noi non paghiamo": al Centro Popolare Autogestito Firenze Sud cena e concerto
Il 14 gennaio 2023 il Centro Popolare Autogestito Firenze Sud ha ospitato una cena di sottoscrizione e un concerto dei cuneesi #LouTapage e dei #MalasuerteFiSud, band che attorno al CPAFiSud gravita da quasi venticinque anni. Entrambe le iniziative, gremite, sono servite a sostenere la campagna #Noinonpaghiamo.
La #Lega ha deplorato anche di recente l'esistenza del Centro Popolare Autogestito Firenze Sud -che da trentaquattro anni ospita iniziative in cui i "valori" occidentali sono volta per volta confutati, svalutati, disprezzati, disconfermati o semplicemente derisi- e ha deplorato anche l'iniziativa specifica.
Due ottimi motivi per dare a entrambe le cose rilievo in ogni sede. Si è quindi pensato di pubblicare qualche video su Youtube, di scriverne sul Cinguettatore, su Instagram e su Blogger.
Tra i brani suonati dai Lou Tapage una cover di Fabrizio de André esplicitamente dedicata a Alfredo #Cospito, al momento in cui scriviamo vicino ai novanta giorni di sciopero della fame in segno di protesta contro il duro regime carcerario cui è sottoposto al sostanziale fine di chiudergli la bocca.
Ripetiamo.
Cospito è nato a #Pescara e non a #Shiraz e non è nemmeno una bella ragazza.
Soprattutto, certe cose vanno benissimo se fatte a #Tehran, a l'#Avana, a #Minsk o a #Caracas: gli appassionati di #raveparty si mettano fiduciosi sulla strada per #Kiev, troveranno l'approvazione dell'intero gazzettificio peninsulare e delle madri non sposate che si atteggiano a difensori dei valori cattolici cui il gazzettame ha tirato la volata per anni. Attenzione a non sbagliare latitudini perché nell'"Occidente" della democrazia da esportazione l'esistenza delle pecore nere non è prevista e basta una scritta su un muro per vedersela con la gendarmeria politica nel tripudio delle tolleranze zero e dei giri di vite che sono la passione degli stessi gazzettieri di cui sopra.
Fitness normativa: TLC vs OTT. Ora che la multa del #GarantePrivacy irlandese a #Meta ha cambiato lo scenario della pubblicità online, 4 Tlc europee ambiscono a rivoluzionare il settore
FITNESS NORMATIVA: TLC VS OTT. ORA CHE LA MULTA DEL #GARANTEPRIVACY IRLANDESE A #META HA CAMBIATO LO SCENARIO DELLA PUBBLICITÀ ONLINE, 4 TLC EUROPEE AMBISCONO A RIVOLUZIONARE IL SETTORE!
Quattro delle più grandi società di telecomunicazioni europee hanno formalmente informato la Commissione europea di una joint venture per costruire una piattaforma tecnologica per la pubblicità digitale, secondo una comunicazione depositata, pubblicata lunedì (9 gennaio).
Secondo il documento pubblicato un gruppo di pesi massimi delle telecomunicazioni, tra cui Deutsche Telecom, Orange, Telefonica e Vodafone, vuole "offrire una soluzione di identificazione digitale a norma privacy per supportare le attività di marketing e pubblicità digitale di marchi ed editori".
L'articolo di Luca Bertuzzi continua su Euractiv
Big European telecom operators seek EU antitrust clearance for online advertising bid
Four of Europe’s largest telecom companies formally informed the European Commission of a joint venture to bLuca Bertuzzi (EURACTIV)
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Irish Data Protection Authority gives € 3.97 billion present to Meta. Authority allegedly unable to assess financial benefit from Meta's GDPR violations.
L'Autorità irlandese per la protezione dei dati personali consegna a Meta 3,97 miliardi di euro. L'Autorità non sarebbe in grado di valutare i benefici finanziari derivanti dalle violazioni del GDPR da parte di Meta. Il DPC ha chiuso un occhio sui ricavi generati da Meta dalla violazione del GDPR dal 2018. Ignorando la richiesta dell'EDPB di includere le entrate illecite di Meta, ha ridotto la multa di 3,97 milioni di euro.
Prova di invio con menzione @ alla comunità feddit test e successiva menzione con @ al forum libri di poliverso
@Test: palestra e allenamenti :-)
Testo testo
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CONFESSIONI DI UNA MASCHERA GENNAIO MMXXIII
CONFESSIONI DI UNA MASCHERA GENNAIO MMXXIII
Si è chiuso un anno. Nel peggiore dei modi? Probabilmente, ma non per i motivi che si potrebbe essere portati a pensare. Non sono e non possono essere gli imbarazzanti elementi che rappresentano le tre forze di governo a condizionare il nostro umore. Ci sono cose ben più gravi a cui pensare, ad esempio, restando in tema, consideriamo molto peggio l’assenza di un’alternativa a trio di cui sopra. Che sono, è bene ricordarlo, non la causa del male ma i suoi sintomi, la manifestazione conseguente. Il nostro ragionamento deve quindi, per forza di cose, andare oltre, alzarsi da un punto di vista concettuale.
iyezine.com/confessioni-di-una…
CONFESSIONI DI UNA MASCHERA GENNAIO MMXXIII - 2023
È l'uomo, come sempre, la più grande delusione dell'anno. Lo diciamo da talmente tanto tempo che forse stiamo diventando stucchevoli nel nostro ripeterci.Marco Valenti (In Your Eyes ezine)
ah, ok... 😁 😄 🤣
Per quanto mi riguarda, io l'avrei pubblicato comunque in "musica", ma capisco le tue perplessità, perché in effetti il pezzo ha un perimetro più ampio
Scoprite tutti i passaggi con il video tutorial ▶️ youtube.com/watch?v=13XDnllsh8…
Ministero dell'Istruzione
Cosa succede dopo l’invio della domanda delle #IscrizioniOnline? Scoprite tutti i passaggi con il video tutorial ▶️ https://www.youtube.com/watch?v=13XDnllsh8wTelegram
Nei topi, la rigenerazione delle punte delle dita mancanti dei piedi può avvenire grazie all'aiuto delle cellule alla base dell'unghia
La rigenerazione delle punte delle dita mancanti dei piedi può avvenire grazie all'aiuto delle cellule alla base dell'unghia.
Le cellule mesenchimali associate alle unghie contribuiscono e sono essenziali per la rigenerazione della punta delle dita dorsali.
Lo studio di Neemat Mahmud, Christine Eisner, Sruthi Purushothaman, Mekayla A. Storer, David R. Kaplan e Freda D. Miller è stato pubblicato su Science Direct.
Dalle analisi effettuate sul mesenchima induttivo dell'unghia, la base dell'unghia sembrerebbe essere essenziale per la rigenerazione della punta del dito dei mammiferi.
La firma trascrizionale per queste cellule che include Lmx1b è stata individuata e mostra che il mesenchima dell'unghia che esprime Lmx1b è essenziale per la formazione del blastema.
La rigenerazione delle punte delle dita mancanti dei piedi può avvenire grazie all'aiuto delle cellule alla base dell'unghia.
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È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.
Ministero dell'Istruzione
#NotiziePerLaScuola È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.Telegram
Firmata in Vaticano da cristiani, ebrei e islamici la dichiarazione "Rome Call for AI Ethics" in occasione di #RomeCall, evento curato dalla Fondazione #RenAIssance diretta da @PaoloBenanti
Firmata in Vaticano da cristiani, ebrei e islamici la dichiarazione "Rome Call for AI Ethics"
Il Papa. «Un’etica per gli algoritmi: non possono decidere la vita delle persone»
Firmata in Vaticano da cristiani, ebrei e islamici la dichiarazione "Rome Call for AI Ethics" per un approccio consapevole e critico all'Intelligenza artificiale, presenti i vertici di Microsoft e Ibm
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Mastodon Vs Twitter: la soluzione alla crisi delle #BigTech è la decentralizzazione? Edoardo Lisi intervista Filippo Della Bianca su Il Bollettino
[h2]MASTODON VS TWITTER: LA SOLUZIONE ALLA CRISI DELLE BIGTECH È LA DECENTRALIZZAZIONE?[/2]
Mastodon è ormai l’anti-Twitter, il nuovo spazio social dove confluiscono gli “esuli” dell’uccellino blu. La nuova politica di Elon Musk incentrata sul profitto e la libertà incondizionata di espressione non va giù a utenti e dipendenti, che abbandonano la nave che naufraga. L’ultima decisione del miliardario sudafricano di imporre il lavoro in presenza per aumentare la produttività ha provocato licenziamenti di massa. La soluzione alla crisi delle Big Tech è la decentralizzazione?
L'intervista di @Edoardo Lisi :unverified: a @:fedora: filippodb :BLM: :gnu: è disponibile sul sito de "Il Bollettino"
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Ciò che Resta di una Stella Distrutta da un Buco Nero | Universo Astronomia
"Utilizzando il telescopio Hubble gli astronomi hanno catturato in dettaglio gli istanti finali della vita di una stella divorata da un vorace buco nero supermassiccio. Quando la stella incauta si è avvicinata troppo all’oscuro oggetto, è stata catturata dalla sua possente stretta gravitazionale ed è stata fatta a pezzi, mentre il gas che la costituiva precipitava gradualmente nelle sue fauci, rilasciando nello spazio intense radiazioni."
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“Professione futuro”, la trasmissione realizzata grazie alla collaborazione Ministero-RAI per far conoscere meglio a studenti e famiglie la formazione tecnica e professionale.
Qui tutte le puntate ▶️ raiscuola.
Ministero dell'Istruzione
#NotiziePerLaScuola “Professione futuro”, la trasmissione realizzata grazie alla collaborazione Ministero-RAI per far conoscere meglio a studenti e famiglie la formazione tecnica e professionale. Qui tutte le puntate ▶️ https://www.raiscuola.Telegram
Creazione e Distruzione nei Pilastri dell'Aquila | Universo Astronomia
"Nascono miriadi di nuove stelle all’interno dei celeberrimi Pilastri della Creazione, immortalati in questa strepitosa ripresa del telescopio James Webb."
Rilasciata la nuova versione di Friendica 2023.01
Friendica 2023.01 è disponibile
In questa versione sono incluse alcune altre correzioni di bug per la distribuzione dei messaggi del forum e miglioramenti al processo di aggiornamento delle informazioni sui nodi.
Per i dettagli, consultare il file CHANGELOG nel repository.
LINK AL POST UFFICIALE
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Alcune app alternative di Twitter risultano ancora non funzionare e Musk tace. Ci auguriamo che questo non comporti malfunzionamenti nell'integrazione tra #Friendica e #Twitter
Alcune app alternative di Twitter risultano ancora non funzionare e Musk ancora non ha fatto sapere nulla
Sono passati alcuni giorni da quando praticamente tutti i principali client Twitter di terze parti hanno smesso di funzionare e gli sviluppatori affermano di non aver ancora sentito nulla dalla società su ciò che sta accadendo. I problemi sembravano iniziare giovedì sera, con alcuni utenti che segnalavano di ricevere errori relativi all'autenticazione...
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Twitter apps are still broken and Musk is still silent! News about Twitter integration in Friendica?
It’s been a few days since pretty much every major third-party Twitter client broke, and developers say they still haven’t heard anything from the company about what’s going on. The issues seemed to begin on Thursday evening, with some users reporting that they were getting errors related to authentication.
Is anyone experiencing issues with Twitter integration in Friendica?
Roland Häder likes this.
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@Anders Rytter Hansen
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Palestina Libera
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