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Il mio intervento alla presentazione del volume “La Privacy dell’Era Digitale. Le Relazioni dei Presidenti dell’Autorità Garante 1997-2022”, a cura del nostro Presidente Pasquale Stanzione. Per vedere invece la versione integrale clicca qui.



Si prepara l’offensiva di primavera. Le previsioni di Camporini


Una domanda ricorrente in merito al conflitto scatenato dall’aggressione russa all’Ucraina riguarda che cosa sta accadendo nel teatro operativo e che cosa ci si può aspettare per la primavera e l’estate. Nel passato, di fronte a quesiti del genere, ci si

Una domanda ricorrente in merito al conflitto scatenato dall’aggressione russa all’Ucraina riguarda che cosa sta accadendo nel teatro operativo e che cosa ci si può aspettare per la primavera e l’estate. Nel passato, di fronte a quesiti del genere, ci si poteva affidare solo alla fantasia e a ipotesi più o meno fondate. Oggi la disponibilità di mezzi informativi tecnologicamente avanzati mette a disposizione dati molto più attendibili sulla situazione del momento, in tempo quasi reale, il che rende più facile formulare scenari verosimili. Si trovano in rete mappe molto interessanti con le traiettorie giornaliere di satelliti da osservazione che operano in tutto lo spettro elettromagnetico, e i cui risultati sono indipendenti dalla luce diurna e dalle condizioni meteorologiche. Altre mappe riportano invece le tracce di tutti i velivoli da ricognizione dei Paesi che sostengono Kiev, che raccolgono le informazioni sulle comunicazioni, sui movimenti e sulle attività in corso, stando bene al di fuori dello spazio aereo ucraino: ben poco può sfuggire e quel poco è scarsamente determinante.

Si osserva oggi qualcosa che fa riflettere: lungo tutta la linea di contatto che dalla Crimea arriva a Logachevka, ai confini con l’oblast’ russo di Belgorod, da molte settimane le forze di Mosca stanno costruendo imponenti linee difensive, come se si attendessero di dover respingere pericolose puntate offensive ucraine, come cioè se l’esercito russo avesse accantonato l’ipotesi di riprendere l’iniziativa dopo essere stato costretto ad abbandonare Charkiv e Kherson.

D’altra parte sono di pubblico dominio le direttive di Putin che avrebbe ordinato alle sue truppe di avanzare fino a occupare tutto il Donbass entro il mese di marzo, il che appare scarsamente fattibile, almeno in questi termini temporali, stante la situazione climatica e meteorologica, con la pratica impossibilità per le forze blindate e corazzate di muoversi al di fuori dei tracciati stradali. Si susseguono in ogni caso le informazioni circa la possibilità per Mosca di lanciare in battaglia altri trecentomila militari, peraltro costituiti in gran parte da riservisti e da giovani reclute, cui bisogna garantire non solo i necessari equipaggiamenti e armamenti, ma anche, se non soprattutto, un adeguato addestramento. Si prospettano dunque almeno due scenari. Il primo vede il consolidamento degli attuali schieramenti, con l’esercito ucraino che non riesce a superare le rinforzate linee difensive russe, mentre queste a loro volta, utilizzando le forze fresche, potranno premere su particolari settori come stanno da tempo facendo nel Donetsk a Bachmut e Soledar; in questo senso i progressi sono stati finora minimi e si misurano in pochi chilometri, ma potrebbero migliorare con un’ulteriore spinta nella buona stagione.

Il secondo scenario vede un radicale cambiamento nella gravitazione delle forze e ipotizza che le nuove unità, alcune delle quali già presenti in Bielorussa nel quadro delle esercitazioni in atto da qualche settimana, vengano utilizzate per aprire un nuovo fronte da nord, che costringerebbe Kiev a dirottare le proprie unità migliori, oggi impegnate a sud, per fare fronte alla nuova minaccia. Un’offensiva del genere da parte russa potrebbe anche essere supportata da unità bielorusse, anche se un’ipotesi simile appare assai improbabile, stante la non solidissima posizione di Lukashenko e le note tiepide simpatie della popolazione verso la Russia di Putin. L’inverno non ha certo favorito lo sviluppo di operazioni particolarmente ficcanti, al contrario sta permettendo a entrambi gli eserciti di riorganizzarsi: Mosca ne ha approfittato per riempire i vuoti generati dalle gravi perdite umane subite, mentre l’Ucraina sta cercando di ottenere dai Paesi occidentali i moderni sistemi d’arma che le possono consentire di compensare l’inferiorità numerica.

Si tratta di una corsa contro il tempo, perché nuovi mezzi comportano maggiori esigenze addestrative e maggior complessità delle catene logistiche. Finora la palese superiorità dei sistemi occidentali ha consentito a Kiev di resistere e poi contrattaccare con successo: potrà continuare a farlo solo se i flussi di rifornimenti non subiranno cali o rallentamenti. In tal caso potrebbe verificarsi un terzo scenario, quello di una nuova rottura delle linee difensive russe, il che oltre a non impossibili conseguenze politiche, metterebbe a rischio il controllo russo della fascia costiera del mar d’Azov che oggi rimane l’unica vera conquista fin qui ottenuta dall’esercito di Mosca.

Molto, se non tutto, dipenderà quindi dalla capacità e dalla volontà dei Paesi occidentali di continuare a supportare Kiev in quantità e qualità dei mezzi, riavviando anche i processi industriali per far fronte ai consumi che solo un anno fa nessuno si sarebbe immaginato così ingenti. Continuerà altresì lo sforzo della propaganda di Mosca per erodere l’altro elemento, quello della volontà, che nei Paesi democratici non può essere imposta dall’alto. Tutto ciò sul terreno. Su un altro piano, invece, da un lato saranno possibili evoluzioni anche radicali degli assetti politici interni, dall’altro ci si può attendere che vengano stabiliti, in modo assolutamente riservato, contatti per trovare un compromesso che possa essere alla base di un serio negoziato.

Articolo apparso sul numero 141 della rivista Airpress


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Nuovo appuntamento con la rubrica #iprovvedimentispiegatisemplice su Agenda Digitale. In questo numero parliamo di un Comune che ha pubblicato il curriculum di una persona che da tempo non lavorava presso l’ente e secondo la quale la diffusione di quei dati – indirizzo di residenza, numero di telefono e email – avrebbe potuto comportare rischi per...

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È tornato lo scontro di civiltà. Come si muoverà l’Italia secondo Craxi


Dalle lezioni apprese dall’Europa, alla postura italiana in questi ultimi 12 mesi di conflitto, fino al nuovo dibattito riacceso intorno alla necessità nazionale di raggiungere il 2% del Pil da destinare alla Difesa. Questi i temi al centro della conversa

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Dalle lezioni apprese dall’Europa, alla postura italiana in questi ultimi 12 mesi di conflitto, fino al nuovo dibattito riacceso intorno alla necessità nazionale di raggiungere il 2% del Pil da destinare alla Difesa. Questi i temi al centro della conversazione con la presidente della commissione Esteri e Difesa del Senato, Stefania Craxi, e il direttore di Formiche e Airpress, Flavia Giacobbe.

Presidente Craxi, dopo un anno di guerra, quale scenario geopolitico ci attende?

Innanzitutto, sgombriamo il campo da ogni equivoco, e le risponderò con le parole del Segretario generale della Nato: “la guerra è una guerra illegale, che ha provocato distruzione, morte, dolore per il popolo ucraino, ha distrutto la pace in Europa, ha provocato danni alle popolazioni con le sue conseguenze sul piano energetico e alimentare”. In questo contesto, il governo italiano è rimasto coeso e continuerà a difendere e a sostenere la resistenza del popolo ucraino. Dopotutto, noi abbiamo il dovere di mantenere la pace, ma abbiamo anche il diritto di difendere i popoli, le nazioni e la loro libertà.

Non c’è dubbio che questo conflitto sia un game changer. Non ci troveremo più a vivere in un sistema geopolitico come quello che ha caratterizzato il nostro mondo fino ad adesso. La storia non è finita, anzi ha continuato a correre; presto in Europa ci troveremo in una situazione in cui non si potrà più pensare di approvvigionarsi di energia russa, di commerciare con la Cina e di farci difendere dagli Stati Uniti. Ci troveremo di fronte a un grande conflitto globale, un grande scontro tra superpotenze: da una parte l’Occidente composto da Europa e Stati Uniti d’America – le due gambe del mondo libero, per quanto imperfetto – e dall’altra le grandi autocrazie, tra cui la Cina, che si stanno alleando tra di loro. Dunque, sì, ci troviamo di fronte a uno scontro di civiltà.

Quali sono le consapevolezze e lezioni che l’Europa ha appreso?

Non c’è dubbio che l’Europa si è trovata di fronte a questo conflitto totalmente impreparata dal punto di vista psicologico, prima ancora che militare ed economico. Io mi auguro che l’Europa riesca a trarre delle lezioni perché si tratta di capire quale ruolo deve svolgere sullo scenario internazionale. Certamente, ci riuscirà solo se parlerà con una sua voce in ambito di politica estera.

Abbiamo visto nei giorni scorsi le immagini del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in visita a Kiev. Che giudizio complessivo dà alla postura italiana dall’inizio del conflitto? Come si è comportato il nostro Paese?

L’Italia si è comportata come un Paese serio e affidabile. È stata in grado di calibrare le sue azioni con i suoi alleati storici, ovvero sia gli alleati europei sia l’alleato transatlantico. La visita del presidente Meloni ha messo in rilievo il fatto che, contrariamente a quanto si ritiene a volte, il nostro non è un Paese irrilevante o bistrattato. Invece, ha mostrato la postura di un alleato affidabile, senza tentennamenti e senza subalternità.

Con il sopraggiungere del conflitto abbiamo sicuramente assistito a una rinnovata centralità della Nato, irrobustita nell’ultimo anno. Allo stesso tempo, si sono rafforzate le difese nazionali di molti Paesi europei, come la Germania. L’elemento debole è rimasto la Difesa comune. Se il Vecchio continente perdesse questa occasione, ridimensionerebbe le ambizioni del suo progetto?

Questo era il sogno di uno dei padri della nostra patria, Alcide De Gasperi, che morì con il rammarico che non si fosse realizzata una Difesa comune. Forse adesso è arrivato il momento. Naturalmente, parlare di difesa comune europea significa innanzitutto parlare di politica estera comune europea, perché se non formiamo un interesse europeo è difficile capire anche cosa una Difesa comune dovrebbe difendere. Segue poi il grande tema dell’Alleanza Atlantica e qui è necessario, secondo me, pronunciare parole di chiarezza. Non si può pensare a una difesa comune europea in contrapposizione o in separazione dall’alleanza Nato. Credo invece che una Difesa comune debba essere complementare alla Nato e dovremmo, dunque, alla luce di quanto è accaduto, ragionare su come coordinare gli interventi delle nostre industrie e su come mettere a fattor comune i processi di innovazione. Sicuramente, questo è un primo passo da fare per costituire una difesa comune, anche se si tratta senz’ombra di dubbio di un processo alquanto complicato – ad esempio, prevede di affrontare il tema dei brevetti, una questione tanto interessante tanto complicata.

Le difficoltà che potrà incontrare la Difesa comune saranno anche conseguenza della volontà degli Stati nazione europei di continuare a custodire il controllo sulla propria Difesa. Tuttavia, il sostegno militare a Kiev sta mostrando un’insufficienza nelle dotazioni di difesa dei Paesi europei. Il Parlamento, secondo lei, è consapevole di questa vulnerabilità? Avete in cantiere degli interventi in questo senso?

La Difesa italiana ha sempre operato in campi e in contesti alquanto difficili, con operazioni di peacekeeping con cui si è confermata più volte adeguata e sempre all’altezza delle sfide di pace e di sicurezza che si è trovata davanti. Certo, oggi il contesto è cambiato e l’Occidente si è fatto cogliere militarmente impreparato. Nessuno si aspettava una guerra ai confini dell’Europa nel nostro secolo. E certamente, di fronte all’accelerazione tecnologica di questo settore, si presenta anche la questione della ricostruzione dei nostri arsenali e di come essere all’altezza delle sfide epocali che ci aspettano. Questa cosa è ben chiara a me, alla Commissione e anche all’esecutivo.

Tra l’altro noi stiamo per dover affrontare un problema importante, dal momento che nessuno tra gli alleati ha una reale contezza della consistenza degli arsenali russi, e la potenza di fuoco esprimibile da Mosca è stimata essere venti volte superiore a quella di Kyiv. Questo comporta anche che i nostri arsenali si stanno rapidamente svuotando, ed è il motivo per cui in molti Paesi, compresi gli Stati Uniti, si sta iniziando a sostenere l’impossibilità di intraprendere un estenuante e lunghissimo conflitto senza sbocchi. Si sta dunque cominciando ad affermare in alcuni ambienti, compreso il Congresso statunitense, che il sostegno economico e militare all’Ucraina non può essere infinito.

È stato riportato al centro del dibattito nazionale anche la necessità del nostro Paese di raggiungere l’obiettivo del 2% del Pil da destinare alla Difesa stabilito in Galles nel 2014. L’Italia è ancora lontana dal traguardo, mentre diversi Paesi europei stanno facendo passi avanti. Di recente il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha proposto di escludere le spese per la Difesa dal Patto di stabilità. È una soluzione praticabile?

Il Ministro Crosetto è stato ricevuto di recente in commissione, dove ha illustrato le linee programmatiche del suo dicastero e non ha usato giri di parole per segnalare i forti ritardi dell’Italia su questo tema. Il ministro ha infatti lanciato l’allarme spiegando che alla prossima riunione dell’Alleanza Atlantica rischiamo di essere i “Pierini” della Nato. Il Paese spende attualmente solo 1,38% del Pil in Difesa. Questa cifra deve gradualmente aumentare fino ad arrivare al fatidico 2%. Parlamento e governo ne sono consapevoli, e quella del ministro Crosetto è una proposta interessante. In questo modo, infatti, aumentare le spese della Difesa non vorrebbe dire necessariamente detrarre spese dal bilancio nazionale per il welfare o la sanità. È una buona proposta, che noi appoggeremo. Anche perché, è bene ricordarlo, le Forze armate svolgono un ruolo centrale anche in aree diverse, come abbiamo visto nella battaglia contro la pandemia di Covid-19. Quando parliamo della Difesa, parliamo in realtà di un mondo molto complesso. La Difesa vuol dire genio civile, interventi umanitari, investimenti sulla ricerca tecnologica. Parliamo di tante cose, non solo di armi. Bisogna, però, avere anche la consapevolezza che oggi ci troviamo di fronte a un mondo molto meno sicuro.

La reazione dei Paesi alleati al conflitto in Ucraina è stata quella di irrobustire la sicurezza del fianco est dell’Alleanza. Però il sud rimane un quadrante da presidiare e per l’Italia il Mediterraneo è lo scenario strategico principale. Che tipo di pressioni potrebbe esercitare Roma per sensibilizzare maggiormente l’Alleanza sul fronte meridionale?

Noi siamo tornati, dopo la Guerra fredda, a essere Paese di confine, però adesso il confine è con il sud. Con l’Alleanza Atlantica impegnata est e con gli Stati Uniti concentrati su quello che percepiscono come il loro fronte caldo dell’Indo-Pacifico, noi non possiamo permetterci di distogliere lo sguardo dal Mediterraneo. Non solo per le instabilità, le insicurezze e le grandi sfide che il Mediterraneo ci porrà davanti, dall’immigrazione al terrorismo (che non è concluso), ma anche in termini di opportunità. Quello di Mediterraneo è un concetto larghissimo che va dai Balcani all’Africa. Il Mediterraneo è il bacino dello sviluppo europeo e aver fallito negli anni le politiche euro-mediterranee è stato gravissimo. I nostri sforzi, ora, devono raddoppiare.

Ci deve essere un nuovo e maggiore impegno sul Mediterraneo, e ovviamente in questo contesto l’Italia non può che giocare un ruolo cruciale. Personalmente vorrei rendere stabili i rapporti con le commissioni esteri dei Paesi europei del Mediterraneo, proprio per avere un impatto forte nell’agenda europea, all’interno della quale il Mediterraneo deve essere uno dei punti cardine. È indispensabile per oggi, ma anche per il domani. Su questo tema, tra l’altro, mi associo alla richiesta da fare in Europa espressa dal ministro Crosetto: anche il budget della cooperazione internazionale deve essere scomputato dalle regole di bilancio, dal rapporto deficit/Pil. Perché se non riusciremo a ridurre l’enorme divario che ancora separa il nord dal sud del mondo, per noi saranno drammi.

A livello globale, la sfida di Vladimir Putin alle regole internazionali potrebbe costituire un precedente pericoloso anche per molti altri scenari, come per esempio l’assertività cinese su Taiwan. Abbiamo visto i vantaggi di un Occidente unito. Pensa che questa unità possa essere replicata anche nell’Indo-Pacifico?

È stato importantissimo che l’Occidente abbia reagito, e continui a reagire, coeso di fronte a questo attacco. Se noi avessimo consentito, senza fiatare, l’invasione dell’Ucraina, avremmo fatto passare il principio che il sistema internazionale può perfettamente essere regolato dalle leggi della prepotenza e non da quelle del diritto. Questo è un principio non negoziabile, che l’Occidente ha fatto bene a difendere, e deve continuare a difendere fino alla fine. Ma serve, come in tutto, una visione politica. Senza una visione politica, non solo non siamo stati in grado di disegnare allora il mondo di domani, ma non siamo stati neanche capaci di affrontare le criticità dell’oggi. È tornata ad affacciarsi ai nostri confini una guerra che mai ci saremmo aspettati che tornasse. Probabilmente abbiamo sottovalutato tante faglie di crisi che siano già presentate negli anni. Bisogna che la prossima sfida epocale non ci trovi impreparato.


formiche.net/2023/02/scontro-c…



Signal andrà via dal Regno Unito se il suo sistema di crittografia verrà compromesso dall’Online Safety Bill. Lo ha dichiarato alla BBC Meredith Whittaker, presidente di Signal, specificando che non intende in alcun modo indebolire la privacy garantita dai suoi sistemi. L’Online Safety Bill, presentato da Boris Johnson, è attualmente all’esame del Parlamento. Il governo...



Taiwan Files – Si rafforzano i legami militari tra Taipei e Usa


Taiwan Files – Si rafforzano i legami militari tra Taipei e Usa 5611863
La possibile estensione del programma di addestramento Usa a Taiwan, l'aumento degli scambi a livello militare e diplomatico, gli effetti della guerra in Ucraina, delegazione di Shanghai e politica interna, economia e semiconduttori. La rassegna settimanale di Lorenzo Lamperti con notizie e analisi da Taipei (e dintorni)

L'articolo Taiwan Files – Si rafforzano i legami militari tra Taipei e Usa proviene da China Files.



Per Salvini la parità di genere è questione di “burocrazia”. Di @vitalbaa su @DomaniGiornale (attenzione: paywall)


editorialedomani.it/idee/comme…

@Lavoratori Tech

- Il nuovo codice dei contratti pubblici segna un passo indietro per il riconoscimento del ruolo delle donne nel mondo del lavoro.
- Le stazioni appaltanti avranno la mera facoltà, e non l’obbligo, di prevedere «meccanismi e strumenti idonei a realizzare pari opportunità», anche di genere. Inoltre, scompare il riferimento alla certificazione della parità di genere introdotta nel 2021, attestata secondo i criteri di cui all’UNI/PdR 125.
- Salvini ha definito tale certificazione come «burocrazia». Questa è la considerazione che il ministro ha per uno strumento di promozione del lavoro femminile. Se il governo reputa di avere una considerazione diversa, intervenga sul nuovo codice degli appalti.

L'articolo di @Vitalba è disponibile qui

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La Cina ha rilasciato un nuovo documento che delinea la sua posizione sul conflitto ucraino, in occasione del primo anniversario dell'invasione della Russia: ecco il documento del Ministero degli Esteri cinese


Ecco i dodici punti con "la posizione della Cina sulla soluzione politica della crisi ucraina"

@Notizie dall'Italia e dal mondo

Il documento in 12 punti ribadisce per lo più l'attuale punto di vista di Pechino sul conflitto, saltando gli sforzi di Pechino per presentarsi come mediatore di pace neutrale, mentre lotta per bilanciare il suo rapporto con Mosca e il logoramento dei legami con "l'Occidente" mentre la guerra si trascina ancora senza che all'orizzonte si intraveda una vera soluzione.

Naturalmente la pretesa di neutralità di Pechino è stata messa in dubbio dagli Stati Uniti e da altri alleati ucraini, con Russia e Cina che hanno descritto le loro relazioni bilaterali come "senza limiti" poche settimane prima dell'invasione.

Le recenti accuse dei paesi occidentali secondo cui la Cina sta considerando di armare la Russia sono state liquidate come "false informazioni" da Pechino.

La pretesa di neutralità di Pechino è stata infatti messa in discussione dal suo rifiuto di riconoscere la natura del conflitto – finora ha evitato di definirlo “invasione” – e dal suo sostegno diplomatico ed economico a Mosca.

Ecco di seguito i dodici punti indicati nel documento ufficiale del ministero degli esteri cinese:

1. Rispettare la sovranità di tutti i paesi. Il diritto internazionale universalmente riconosciuto, compresi gli scopi ei principi della Carta delle Nazioni Unite, deve essere rigorosamente osservato. La sovranità, l'indipendenza e l'integrità territoriale di tutti i paesi devono essere efficacemente sostenute. Tutti i paesi, grandi o piccoli, forti o deboli, ricchi o poveri, sono membri uguali della comunità internazionale. Tutte le parti dovrebbero sostenere congiuntamente le norme fondamentali che regolano le relazioni internazionali e difendere l'equità e la giustizia internazionali. Dovrebbe essere promossa un'applicazione paritaria e uniforme del diritto internazionale, mentre i doppi standard devono essere respinti. 

2. Abbandonare la mentalità della guerra fredda. La sicurezza di un paese non dovrebbe essere perseguita a spese di altri. La sicurezza di una regione non dovrebbe essere raggiunta rafforzando o espandendo i blocchi militari. I legittimi interessi e preoccupazioni di sicurezza di tutti i paesi devono essere presi sul serio e affrontati adeguatamente. Non esiste una soluzione semplice a un problema complesso. Tutte le parti dovrebbero, seguendo la visione di una sicurezza comune, globale, cooperativa e sostenibile e tenendo presente la pace e la stabilità a lungo termine del mondo, contribuire a creare un'architettura di sicurezza europea equilibrata, efficace e sostenibile. Tutte le parti dovrebbero opporsi al perseguimento della propria sicurezza a scapito della sicurezza altrui, prevenire il confronto tra blocchi e lavorare insieme per la pace e la stabilità nel continente eurasiatico.

3. Cessare le ostilità. Il conflitto e la guerra non giovano a nessuno. Tutte le parti devono rimanere razionali ed esercitare moderazione, evitare di alimentare il fuoco e aggravare le tensioni e impedire che la crisi si deteriori ulteriormente o addirittura sfugga al controllo. Tutte le parti dovrebbero sostenere la Russia e l'Ucraina nel lavorare nella stessa direzione e riprendere il dialogo diretto il più rapidamente possibile, in modo da ridurre gradualmente la situazione e raggiungere infine un cessate il fuoco globale. 

4. Riprendere i colloqui di pace. Dialogo e negoziazione sono l'unica soluzione praticabile alla crisi ucraina. Tutti gli sforzi volti a una soluzione pacifica della crisi devono essere incoraggiati e sostenuti. La comunità internazionale dovrebbe rimanere impegnata nel giusto approccio per promuovere i colloqui per la pace, aiutare le parti in conflitto ad aprire la porta a una soluzione politica il prima possibile e creare le condizioni e le piattaforme per la ripresa dei negoziati. La Cina continuerà a svolgere un ruolo costruttivo in questo senso. 

5. Risolvere la crisi umanitaria. Tutte le misure atte ad alleviare la crisi umanitaria devono essere incoraggiate e sostenute. Le operazioni umanitarie dovrebbero seguire i principi di neutralità e imparzialità e le questioni umanitarie non dovrebbero essere politicizzate. La sicurezza dei civili deve essere efficacemente tutelata e devono essere istituiti corridoi umanitari per l'evacuazione dei civili dalle zone di conflitto. Sono necessari sforzi per aumentare l'assistenza umanitaria nelle aree interessate, migliorare le condizioni umanitarie e fornire un accesso umanitario rapido, sicuro e senza ostacoli, al fine di prevenire una crisi umanitaria su scala più ampia. Le Nazioni Unite dovrebbero essere sostenute nel svolgere un ruolo di coordinamento nell'incanalare gli aiuti umanitari nelle zone di conflitto.

6. Protezione dei civili e dei prigionieri di guerra (POW). Le parti in conflitto dovrebbero rispettare rigorosamente il diritto internazionale umanitario, evitare di attaccare civili o strutture civili, proteggere donne, bambini e altre vittime del conflitto e rispettare i diritti fondamentali dei prigionieri di guerra. La Cina sostiene lo scambio di prigionieri di guerra tra Russia e Ucraina e invita tutte le parti a creare condizioni più favorevoli a tale scopo.

7. Mantenere sicure le centrali nucleari. La Cina si oppone agli attacchi armati contro le centrali nucleari o altri impianti nucleari pacifici e invita tutte le parti a rispettare il diritto internazionale, inclusa la Convenzione sulla sicurezza nucleare (CNS), ed evitare risolutamente incidenti nucleari provocati dall'uomo. La Cina sostiene l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA) nel svolgere un ruolo costruttivo nella promozione della sicurezza e della protezione degli impianti nucleari pacifici.

8. Riduzione dei rischi strategici. Le armi nucleari non devono essere utilizzate e le guerre nucleari non devono essere combattute. La minaccia o l'uso di armi nucleari dovrebbe essere contrastata. La proliferazione nucleare deve essere prevenuta e la crisi nucleare evitata. La Cina si oppone alla ricerca, allo sviluppo e all'uso di armi chimiche e biologiche da parte di qualsiasi paese e in qualsiasi circostanza.

9. Facilitare le esportazioni di grano. Tutte le parti devono attuare pienamente ed efficacemente, in modo equilibrato, l'iniziativa per i cereali del Mar Nero firmata da Russia, Turchia, Ucraina e Nazioni Unite e sostenere le Nazioni Unite affinché svolgano un ruolo importante in tal senso. L'iniziativa di cooperazione sulla sicurezza alimentare globale proposta dalla Cina fornisce una soluzione fattibile alla crisi alimentare globale.

10. Stop alle sanzioni unilaterali. Sanzioni unilaterali e massima pressione non possono risolvere la questione; creano solo nuovi problemi. La Cina si oppone alle sanzioni unilaterali non autorizzate dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. I paesi interessati dovrebbero smettere di abusare delle sanzioni unilaterali e della "giurisdizione a braccio lungo" contro altri paesi, in modo da fare la loro parte per ridurre la crisi ucraina e creare le condizioni affinché i paesi in via di sviluppo possano far crescere le loro economie e migliorare la vita della loro gente.

11. Mantenere stabili le catene industriali e di approvvigionamento. Tutte le parti dovrebbero mantenere seriamente l'attuale sistema economico mondiale e opporsi all'uso dell'economia mondiale come strumento o arma per scopi politici. Sono necessari sforzi congiunti per mitigare le ricadute della crisi e impedire che interrompa la cooperazione internazionale nei settori dell'energia, della finanza, del commercio alimentare e dei trasporti e comprometta la ripresa economica globale.

12. Promuovere la ricostruzione postbellica. La comunità internazionale deve adottare misure per sostenere la ricostruzione postbellica nelle zone di conflitto. La Cina è pronta a fornire assistenza e svolgere un ruolo costruttivo in questo sforzo.

fmprc.gov.cn/mfa_eng/zxxx_6628…



Siamo troppi; sei di troppo


Ovvero, come una piccola elite ha diffuso l'idea Malthusiana del sovrappopolamento per giustificare la creazione di un governo globale fondato su sorveglianza e controllo della popolazione.

Buongiorno caro lettore e benvenuto a un nuovo episodio di Cronache del Complotto! Oggi ti parlerò di una bislacca teoria cospirazionista non particolarmente famosa. Non è tra la lista delle più note conspiracy theories su Wikipedia, e quasi certamente frutto della mia immaginazione.

I veri complottisti sono iscritti a Privacy Chronicles. Anche quelli di troppo.

Ecco, allora… la teoria del complotto è che… tu — sì, proprio tu — sei di troppo. Dici che non va bene come teoria del complotto? Va bene…vediamo di approfondire: la teoria allora è che dal dopo guerra in poi una piccola ma poderosa elite di persone ha cercato in tutti i modi di influenzare la politica occidentale (soprattutto europea) per creare un governo globalista che possa porre rimedio al fatto che al mondo ci sono decisamente troppe persone.

Secondo questa bislacca teoria del complotto, uno degli stratagemmi trovati da queste persone per popolarizzare le loro idee e renderle più accettabili (e richieste!) fu il World Economic Forum, fondato nel 1971 da Klaus Schwab grazie al supporto di personaggi poco raccomandabili.

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Prima però facciamo un passo indietro: da dove arriva questa strana idea che al mondo ci siano troppe persone? Da un signore chiamato Thomas Malthus.

Il pensiero di Thomas Malthus


Thomas Malthus (1766-1834) fu un economista inglese oggi conosciuto per le sue teorie sulla crescita demografica.

238280Thomas Malthus

Nel suo trattato "An Essay on the Principle of Population" (1798) Malthus afferma che, poiché la crescita demografica è esponenziale, mentre la capacità di produrre cibo è invece lineare, è anche inevitabile che il genere umano prima o poi si trovi di fronte a un qualche tipo di catastrofe inevitabile, per ribilanciare i numeri: guerre, carestie, pandemie, e così via.

"The power of population is so superior to the power of the earth to produce subsistence for man, that premature death must in some shape or other visit the human race."

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Il viaggio senza ritorno della giovane Masha


La rivoluzione in Iran mostra caratteristiche inimmaginabili e senza precedenti nei quarantaquattro anni di regime teocratico. In una prima fase vi è stata una rivolta in alcune piccole città delle province curde del paese, insorta dopo l’uccisione della

La rivoluzione in Iran mostra caratteristiche inimmaginabili e senza precedenti nei quarantaquattro anni di regime teocratico.

In una prima fase vi è stata una rivolta in alcune piccole città delle province curde del paese, insorta dopo l’uccisione della giovane ventiduenne Mahsa Amini, curda di Saqqez, massacrata di botte il 16 settembre in un furgone della cosiddetta “polizia morale” che l’aveva arrestata perché non indossava correttamente il velo come prescrive la legge islamica.

L’uccisione di Amini ha sconvolto tutto l’Iran e subito la protesta è divampata in più di cento città e ha visto al centro le donne. Nella capitale Tehran si è avviato un processo rivoluzionario spontaneo che è dilagato e ha coinvolto larghi strati della popolazione.

Mahsa Amini era nata da un impiegato della pubblica amministrazione locale e da una casalinga. La sua famiglia la descrive come una ragazza molto timida. Si era diplomata nel 2018 al liceo femminile Taleghani, nella sua città natale. I genitori raccontano che dopo aver completato il suo percorso liceale, la sua vita ha continuato a concentrarsi nello studio e che dopo molto impegno era riuscita a superare il test d’ingresso alla facoltà di Giurisprudenza.

Il 13 settembre 2022, Mahsa decise di fare un viaggio a Tehran con alcuni suoi cugini e raggiungere lì suo fratello Kiaresh. Quel giorno venne fermata da un’agente della polizia morale mentre usciva da una stazione della metropolitana della capitale.

«Lasciateci andare! Noi non siamo di Tehran, veniamo da fuori!», aveva esclamato Kiaresh supplicando i poliziotti di non portare via sua sorella.
Gli agenti si liberarono di lui spruzzandogli in faccia lo spray al peperoncino e costrinsero Masha a salire su un furgone bianco per condurla al commissariato di zona.

Poco dopo, la stessa pattuglia comunicò alla famiglia che la ragazza sarebbe stata condotta al centro di detenzione di Vozara dove avrebbe ricevuto un “corso di rieducazione morale” della durata di un’ora, come da procedura di legge. Ma Kiaresh, recatosi in questura per riprendere sua sorella al termine dell’ora di “rieducazione”, si sentì dire dalla polizia che Mahsa aveva avuto un infarto e un attacco cerebrale ed era stata trasportata in ospedale.

È stato un ragazzo, anche lui in stato di fermo, a raccontare alla famiglia cosa era successo in quel drammatico giorno: «Durante il tragitto verso il commissariato Mahsa era stata insultata e torturata nel furgone. La polizia morale l’aveva colpita alla testa più volte», ha raccontato il giovane testimone. Quando poi è giunta al commissariato, mentre era in attesa dell’identificazione e del colloquio, si è sentita male, le si è oscurata la vista ed è svenuta.

Dopo tre giorni di coma, nell’unità di terapia intensiva dell’ospedale Kasra di Tehran, Mahsa è deceduta in seguito al gravissimo trauma cranico subito.

Il giorno del decesso, i sanitari diffusero un post sulla loro pagina Instagram in cui si affermava che la giovane donna era entrata in clinica già cerebralmente morta. In seguito però il loro post fu cancellato. Un gruppo di medici dell’ospedale Kasra, parlando alla stampa in anonimato, ha sostenuto che Mahsa aveva un edema cerebrale reso evidente da un sanguinamento delle orecchie, un ematoma periorbitale e diffuse fratture ossee.

Non sappiamo cosa sia accaduto negli oltre novanta minuti trascorsi dall’ora della richiesta dell’ambulanza fino all’arrivo nel vicino ospedale di Kasra; una tempistica, questa, inspiegabilmente lunga.

La famiglia ha potuto visitare Mahsa il 16 settembre, solo dopo tre giorni dal suo ricovero e subito dopo l’ora della sua morte. Tali dettagli sono stati raccontati dalla giornalista d’inchiesta Niloofar Hamedi, su Shargh, uno dei giornali riformisti più popolari in Iran. Hamedi è stata la prima ad aver documentato l’uccisione di Mahsa. È stata anche la prima giornalista ad essere stata arrestata appena dopo lo scoppio delle proteste in tutto l’Iran. Grazie a lei, ora sappiamo cosa è accaduto alla povera ragazza curda subito dopo il suo arresto e prima della sua morte.

L’uccisione della giovane Mahsa fu la scintilla che fece divampare il fuoco della protesta delle donne in tutto il paese.

La sua morte aveva scatenato la rabbia nella sua città natale e in tutto il Kurdistan iraniano e subito, ovunque in Iran, era divampata la rivolta delle donne secondo pratiche rigorosamente nonviolente e caratterizzata da gesti altamente simbolici per veicolare il messaggio dirompente del rifiuto di ogni sottomissione, dei codici di abbigliamento vigenti e di ogni autoritarismo anche religioso.

In tutte le piazze e in ogni angolo delle strade le donne hanno iniziato a gridare Jîn, Jîyan, Azadî” (Donna, Vita, Libertà) e slogan contro il regime islamico togliendosi dal capo l’hijab (velo islamico) per sventolarlo come una bandiera e ad esso davano fuoco, lo hanno fatto mostrando determinazione ed estremo coraggio.

La rivoluzione è subito entrata in una seconda fase in cui donne e uomini, giovani e anziani, sono scesi per le strade, dai quartieri ricchi di Tehran a quelli poveri delle più remote province e campagne, del sud, dell’est e dell’ovest. Un evento, questo, decisamente unico nella storia iraniana, diverso dalle due rivoluzioni precedenti. A quella costituzionale del 1905 prese parte solo un’élite, prevalentemente di due grandi città: Teheran e Tabriz. Quella del ’79 invece fu una rivoluzione sostenuta da potenze occidentali ed è stata molto rapida nel suo processo e comunque non ha interessato tutti gli strati sociali.

È la prima volta che tutto il paese partecipa a una rivolta con uno slogan molto preciso non legato ad alcuna richiesta economica o generica riforma, come spesso era accaduto come spesso è accaduto in passato, col “Movimento Verde” del 2009-10, sull’esito delle elezioni contestato e nel 2019, per l’aumento del prezzo della benzina, alle quali il regime riuscì a fare fronte disinnescando subito le proteste.

Ora gli slogan che rimbalzano in ogni angolo dell’Iran sottendono un obiettivo ben preciso: il crollo della Repubblica islamica con l’abbattimento del “regime di apartheid di genere”.

L'articolo Il viaggio senza ritorno della giovane Masha proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Dopo la presentazione fuori concorso al Torino Film Festival anteprima romana del film OK BOOMER! al Cinema Nuovo Sacher. Al termine della proiezione incontrò


Il Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra Europea esprime rabbia per la soluzione dell'ordinanza della Cassazione nei confronti di Alfredo Cospito. Legge




Tutto il possibile per la vittoria ucraina. La lezione dei comandanti supremi alleati


“In qualità di ex Comandanti supremi alleati della Nato, sappiamo quanto sia stato essenziale il sostegno degli Stati Uniti e degli alleati per i successi sul campo di battaglia dell’Ucraina”. Con queste parole sette generali e un ammiraglio americani, ch

“In qualità di ex Comandanti supremi alleati della Nato, sappiamo quanto sia stato essenziale il sostegno degli Stati Uniti e degli alleati per i successi sul campo di battaglia dell’Ucraina”. Con queste parole sette generali e un ammiraglio americani, che hanno ricoperto il ruolo di Comandante supremo alleato della Nato in Europa (Saceur), hanno deciso di sottolineare l’importanza del sostegno a Kiev per la sicurezza globale, in una lettera congiunta pubblicata su Defense One. “Il mondo sarebbe un posto molto più pericoloso se Putin fosse riuscito a rovesciare il governo ucraino”, scrivono i generali, che sottolineano come “i nostri alleati della Nato sarebbero minacciati e più vulnerabili alla coercizione russa”, soprattutto se gli Usa non avessero deciso di intervenire con gli aiuti per le Forze armate ucraine.

Lezioni dal passato

“La storia insegna all’America che i conflitti lontani all’estero possono minacciare direttamente il nostro Paese quando non ci impegniamo”, spiegano ancora gli ufficiali, ricordando come per due volte, nel corso del Novecento, gli Usa abbiano dovuto inviare milioni di uomini in tutto il mondo per combattere guerre che gli americani “avevano inizialmente ignorato” contro aggressori che erano rimasti incontrollati. “Non dobbiamo ripetere l’errore”. Anche perché le conseguenze di questi eventi hanno una portata globale, che non può essere ignorata. “Un’invasione russa di successo avrebbe incoraggiato la Cina ad agire contro Taiwan” spiega ancora l’appello, registrando come invece “i fallimenti militari del Cremlino stanno facendo riflettere Pechino”. Anche perché, dopo dodici mesi, “la guerra è a un punto critico”, con Mosca che si sta preparando a nuove offensive “ricorrendo a tattiche sempre più barbare per imporre la sua volontà sull’Ucraina”.

Ora è il momento di dare tutto

“L’esercito ucraino si sta preparando per le proprie controffensive con il beneficio di nuovi sistemi d’arma e di addestramento occidentali” spiegano i comandanti, registrando come, però, “se questo sostegno venisse meno” la reazione di Kiev potrebbe fallire “con conseguenze disastrose per l’Ucraina, gli Stati Uniti e i nostri alleati e partner in tutto il mondo”. Di conseguenza, per gli ex-Saceur “ora è il momento di scavare più a fondo per dare all’Ucraina ciò di cui ha bisogno per vincere”, non solo da parte degli Usa, ma anche dai suoi alleati. Per i generali, dunque, non c’è dubbio: “Abbiamo la responsabilità, radicata nei nostri valori e interessi, di garantire che la Russia non possa operare con tale impunità”.

Gli autori

I sette alti ufficiali che hanno deciso di scrivere questo appello sono il Wesley K. Clark, dello US Army, in carica come Saceur dal 1997 al 2000; Joseph Ralston, dell’Usaf, dal 2000 al 2003, James L. Jones, dei Marines, dal 2003 al 2006, l’ammiraglio della US Navy, James Stavridis, dal 2009 al 2013, Phil Breedlove dell’Air Force, dal 2103 al 2016, Curtis M. Scaparrotti, dell’Esercito, dal 2016 al 2019, e Tod Wolters, ancora dell’aeronautica, che ha guidato il comando supremo Nato dal 2019 fino al 2022, sostituito dall’attuale Saceur. Una carrellata di esperienze quasi ininterrotta degli ultimi 26 anni dell’Alleanza Atlantica. Anni durante i quali la Nato ha visto il mondo cambiare, dal periodo successivo alla fine della Guerra fredda, fino ai conflitti nei Balcani, la lotta contro il terrorismo internazionale, e il ritorno della competizione globale con Russia e Cina.


formiche.net/2023/02/vittoria-…



Un anno di guerra: NATO (quasi) unita sotto la guida USA, a sostegno dell’Ucraina


A un anno dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina è possibile tracciare un primo bilancio di quanto accaduto nei mesi sin qui trascorsi e, su questa base, cercare di sviluppare alcune riflessioni sui suoi sviluppi futuri. Il primo dato (e, a prima vista, quello più sorprendente) è che, contrariamente alle attese iniziali, l’‘operazione militare speciale’ avviata da […]

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Missioni segrete underwater. Ecco il mini-sottomarino di Fincantieri


Le dimensioni e le caratteristiche dello scafo del sottomarino S800 lo rendono il mezzo strategico più adatto a supportare le operazioni delle forze speciali nel dominio underwater. Così il contrammiraglio Marcellino Corsi, consulente senior di Fincantier

Le dimensioni e le caratteristiche dello scafo del sottomarino S800 lo rendono il mezzo strategico più adatto a supportare le operazioni delle forze speciali nel dominio underwater. Così il contrammiraglio Marcellino Corsi, consulente senior di Fincantieri, ha presentato il sottomarino leggero progettato da Fincantieri e mostrato al pubblico durante l’Idex, tre le principali esposizioni internazionali nell’ambito della Difesa in corso ad Abu Dhabi. Il sottomarino è stato pensato appositamente per operazioni segrete in acque poco profonde, caratterizzato dalla sua elevata capacità stealth.

Le caratteristiche dell’S800

Con i suoi 51 metri di lunghezza e dieci di altezza, l’S800 è stato realizzato sull’esempio del più grande S1000 e, sebbene di dimensioni inferiori rispetto a quest’ultimo, dispone di capacità simili ed ha in dotazione di molte delle tecnologie del fratello maggiore. L’S800 è in grado di ospitare 18 membri dell’equipaggio, operare a profondità fino a 250 metri e ha una resistenza in immersione fino a sette giorni senza bisogno di emergere. L’S800 ha cinque siluri (anziché i sei dell’S1000). È dotato di un sistema di controllo automatizzato della piattaforma con quattro timoni di poppa a X, configurati in modo da aumentare l’efficienza delle eliche e garantire una maggiore manovrabilità. Il funzionamento silenzioso del sistema di celle a combustibile consente, inoltre, di mantenere al minimo l’impronta acustica del sottomarino, una caratteristica fondamentale per il tipo di missioni che è destinato a svolgere.

La sperimentazione del nuovo prodotto

Il contrammiraglio Corsi ha anche dichiarato che la costruzione dell’S800 richiederà circa un anno, al contrario dell’S1000 che richiede due anni e mezzo per essere assemblato. La sperimentazione, che solitamente viene riservata alla Marina militare per i prodotti cantieristici nazionali, nel caso dell’S800 verrà effettuata dal primo acquirente per l’esportazione. Condizione possibile grazie al fatto che la nostra Forza armata navale non possiede requisiti specifici relativi a questo tipo di battelli dalle dimensioni contenute.

L’interesse del Pakistan e del Golfo

Secondo Fincantieri, il Pakistan e i Paesi del Golfo hanno già mostrato un serio interesse per la piattaforma. Ciò si inserisce in una tendenza regionale emersa negli ultimi anni, con gli Stati arabi che cercano di espandere progressivamente le proprie capacità navali, soprattutto a seguito dell’aumento delle tensioni con l’Iran. In un recente rapporto della Nuclear threat initiative, infatti, a partire dal febbraio 2023 la Marina della repubblica islamica avrà una forza di sottomarini che potrebbe superare la ventina di unità. Le capacità underwater di Teheran preoccupano di conseguenza i vicini regionali. Per questo, anche il Pakistan ha già avviato un processo di ammodernamento per aumentare la propria flotta sottomarina, e nel 1988 aveva acquistato dall’Italia diversi mini-sottomarini MG110 della classe Cosmo.

Foto: Fincantieri


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Un anno di guerra: NATO unita sotto la guida USA, a sostegno dell’Ucraina


A un anno dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina è possibile tracciare un primo bilancio di quanto accaduto nei mesi sin qui trascorsi e, su questa base, cercare di sviluppare alcune riflessioni sui suoi sviluppi futuri. Il primo dato (e, a prima vista, quello più sorprendente) è che, contrariamente alle attese iniziali, l’‘operazione militare speciale’ avviata da […]

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#NotiziePerLaScuola

VI edizione del MEET Film Festival: fino al 1° marzo sarà possibile per scuole, università e registi indipendenti inviare i propri materiali audiovisivi.

Info ▶️ cinemaperlascuola.istruzione.




Guerra in Ucraina, un anno di disinformazione: le conseguenze della propaganda russa in Italia


Dall’operazione “Lancio della mangusta” fino all’intervista alla blogger Marianna, alcuni episodi chiave della campagna di disinformazione sul conflitto

@Giornalismo e disordine informativo

Un anno fa, la Russia di Vladimir Putin negava di voler invadere l’Ucraina. Il timore per questa scelta bellicista del Cremlino circolava da quasi un anno, soprattutto negli ultimi mesi con l’invio delle truppe ai confini con l’Ucraina per quelle che si rivelarono delle finte esercitazioni. L’attacco è stato ampiamente preparato anche dal punto di vista mediatico, con false notizie e depistaggi che fungevano a creare disordine e sfiducia nell’Occidente. Un processo di disinformazione che trovava terreno fertile grazie a due anni di pandemia dove terrore e malumore hanno rafforzato un sentimento contro le istituzioni e la scienza. Non è difficile, infatti, riscontrare come gli scontenti, i No vax e i teorici del complotto si siano facilmente identificati nella propaganda russa chiaramente anti occidentale. Oggi, 24 febbraio 2023, possiamo osservare i frutti della propaganda russa, in particolare in Italia.

L'articolo di @David Puente :mastodon: continua su Open
open.online/2023/02/24/ucraina…

frippa doesn't like this.

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Leland Did It - Hotel Moderno- Dischi Uappissimi 2023


I Leland Did It sono un gruppo che è incapace di fare qualcosa di predeterminato e felicemente ordinato, “Hotel Moderno” è una bellissima testimonianza di caos musicale, di ricerca sonora e di voglia di fare rumore.


@Musica Agorà

iyezine.com/leland-did-it-hote…

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Messaggio di prova da #pixelfed a #lemmy: test di scrittura e di verifica della formattazione nel titolo


Prova di titolo con link

@Test: palestra e allenamenti :-)

Facturusne operae pretium sim si a primordio urbis res populi Romani perscripserim nec satis scio nec, si sciam, dicere ausim, quippe qui cum veterem tum volgatam esse rem videam, dum novi semper scriptores aut in rebus certius aliquid allaturos se aut scribendi arte rudem vetustatem superaturos credunt.

informapirata.it

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Il sacrificio di Carlo Cammeo, ucciso a scuola dai fascisti.


("Il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone. È nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a sé stessa da passanti indifferenti")

bibliotecabfs.wordpress.com/20…



Loredana Fraleone*   Il ministro dell'Istruzione e del Merito Valditara rompe il silenzio, sui fatti di Firenze per censurare la dirigente scolastica, ch


Littu - Accolti da antiche radici - Autoprodotto 2023


I Littu raccontano i giganteschi cicli che vivono la Terra e i suoi abitanti, con i riti che servono per compenetrare e farsi partecipi della natura e viceversa. “Accolti da antiche radici” è un titolo molto azzeccato,

iyezine.com/littu-accolti-da-a…

@Musica Agorà

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#NotiziePerLaScuola

Ha preso il via il progetto "Unreal Engine for School", l'iniziativa finanziata dal Piano Nazionale Cinema e Immagini per la scuola promosso dal MIM e dal Ministero della Cultura.

Info ▶️ https://cinemaperlascuola.



Sonno. - Supervoids


Torniamo con grande gioia a parlare di una delle etichette del sottobosco musicale italiano e più precisamente ligure, ovvero di Musica Orizzontale, una delle parabole più interessanti ed eretiche uscite dall’estremo ponente ligure.

@Musica Agorà #musica #idm #elettronica

iyezine.com/sonno-supervoids

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Nelle scuole romane un bambino su cinque non sa scrivere in corsivo. La ricerca condotta da un gruppo di studiosi della Sapienza, dell'Umberto I e del Bambin Gesù.


Il 21,6% dei bambini iscritti alle scuole primarie di Roma, ha problemi a scrivere in corsivo. È quanto emerge da una ricerca condotta da Carlo Di Brina (dirigente di Neuropsichiatria infantile dell'Umberto I), Barbara Caravale (del Dipartimento di «Psicologia dei processi di sviluppo e socializzazione» della Sapienza) e Nadia Mirante (Unità di Neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza del Bambino Gesù), e pubblicata sulla rivista Children nel febbraio del 2023.

@Notizie dall'Italia e dal mondo

In questo 21,6% rientrano anche bambini disgrafici o con disturbi più ampi, come per esempio il disturbo di coordinazione motoria.

La tanto citata tecnologia - tablet, smartphone e computer - ha invece un ruolo limitato nello sviluppo della capacità di scrivere in corsivo: "L'uso massiccio e continuato di dispositivi elettronici può certamente condurre allo sviluppo di disturbi come deficit d'attenzione, ma ha molta meno attinenza con la scrittura".

cc @Scuola - Gruppo Forum @Maria Chiara Pievatolo @Andrea Mariuzzo @Bibliogadda

romatoday.it/attualita/corsivo…

in reply to Franc Mac

Certo mettere in mezzo persone DSA in mezzo a uno studio di questo tipo significa che sei proprio in mala fede e che vuoi fare il titolone

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in reply to super_user_do

@super_user_do non direi: la percentuale di alunni con DSA nella scuola primaria è piuttosto irrisoria. Parliamo di una media pari al 3,2% di cui solo una parte è costituita da alunni con una disgrafia diagnosticata. Le percentuali riscontrate invece nei bambini che hanno difficoltà a scrivere in corsivo sono sette volte maggiori quindi il "titolone" ci sta tutto

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Oggi alle 10.30, nella Sala Koch di Palazzo Madama, prende il via l'iniziativa “L'Ora di Costituzione”.

Tema della lezione, i principi fondamentali della Costituzione italiana (artt. 1 - 12).

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Test da Friendica senza titolo
@test
Testo testo testo
@test

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🚦Le evidenze scientifiche sono tutte a favore del #NutriScore. Di @MDfreerider sul @fattoalimentare


NUTRI-SCORE CONTRO NUTRINFORM BATTERY: COSA DICE LA SCIENZA?

@Scienza e innovazione

Lo Stato Italiano ha già fatto una scelta di campo: tutelare gli interessi dell’industria a discapito della promozione della salute, della prevenzione del sovrappeso-obesità, malattie cardiovascolari e tumori. In Italia grazie alla massiccia propaganda sono tutti (tranne Il Fatto Alimentare e qualche associazione di consumatori) contro il Nutri-Score. L’industria alimentare per mantenere lo status quo vuole un consumatore disinformato, manipolabile e manipolato dalla pubblicità che in Italia non ha alcun limite (gli alimenti spazzatura vengono pubblicizzati in tutte le ore del giorno e in programmi per bambini).

L'articolo di Antonio Pratesi sul Fatto Alimentare

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#NotiziePerLaScuola

Giovedì 23 febbraio il secondo e ultimo webinar del ciclo "Let's debate in English", dedicato all'approfondimento della metodologia didattica del debate in lingua inglese.

Info ▶️ indire.

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Dal 23 febbraio iniziano gli appuntamenti con L'Ora di Costituzione!

L'iniziativa sostenuta dal Senato prevede un ciclo di incontri, una volta al mese, con alcuni costituzionalisti che illustreranno i principali articoli della Carta agli studenti.