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In Cina e Asia – Ucraina: incontro tra rappresentanti di Cina e Nato


In Cina e Asia – Ucraina: incontro tra rappresentanti di Cina e Nato nato
I titoli di oggi:
Ucraina: incontro tra rappresentanti di Cina e Nato a Bruxelles
G20, la Cina sostiene la Russia nel bloccare il comunicato congiunto
Chip war, i "fab 4" al lavoro per una supply chain resiliente
Satelliti, il piano di Pechino contro Starlink
La Cina espande i test per la coltivazione di mais e soia OGM
India e Germania, Scholz promette un accordo di libero scambio
Corea del Nord, Kim apre un incontro sulla situazione agricola

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Justin Trudeau contro il blocking test di Google. Il primo ministro canadese ha dichiarato che è stato un “terribile errore” da parte di Google bloccare i contenuti giornalistici come reazione nei confronti di una proposta di legge del Governo che obbligherebbe il gigante tecnologico a pagare per essi. Questa settimana Google ha dichiarato di aver...

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Nella puntata di oggi, ore 9.30, con Vittorio Colomba “Privacy Today un caffè con Guido Scorza” su Affari Italiani, parleremo delle sfide della privacy per il mondo corporate. Segui qui la diretta.


#uncaffèconLuigiEinaudi ☕ –  In regime di concorrenza…


In regime di concorrenza, il prezzo tende al costo, a rimunerare il merito, ad essere uguale alla produttività marginale dei singoli partecipanti alla produzione. Il monopolista non si occupa dii vendere molto poco, ma di guadagnare un massimo di profitto
In regime di concorrenza, il prezzo tende al costo, a rimunerare il merito, ad essere uguale alla produttività marginale dei singoli partecipanti alla produzione. Il monopolista non si occupa dii vendere molto poco, ma di guadagnare un massimo di profitto netto.

da Di alcuni problemi di politica sociale, Lezioni di politica sociale, Torino, 1949

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fondazioneluigieinaudi.it/unca…



La posizione cinese sull’Ucraina e la Global Security Initiative


La posizione cinese sull’Ucraina e la Global Security Initiative Ucraina Cina wang yi
Il punto sulla postura di Pechino dopo la pubblicazione del position paper sulla guerra e il documento sulla Global Security Initiative

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Elly Schlein all’opposizione, Giorgia Meloni al governo: due donne a confronto


Che grande pasticcio! Elly Schlein vince con nettezza le primarie del Partito Democratico. Stefano Bonaccini le perde, riconosce la sconfitta, assicura, dopo gli auguri di prammatica, che sarà leale e non farà mancare il suo sostegno. Fin qui, nulla di male e anzi, tutto di bene. Poi però le cose si complicano. Le primarie, il […]

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PD: che segreteria Schlein sia!


«Con Schlein tutti quelli che non hanno mai vinto»: firmato Stefano Bonaccini. Affermazione resa ad altissima voce come ‘viatico’ per le votazioni per il Segretario del PD. Vi ricordate quando, nell’unico vero dibattito tra Romano Prodi e Silvio Berlusconi, in TV, fatto con regole ferree per impedire colpi di mano e colpi bassi, approfittando di […]

L'articolo PD: che segreteria Schlein sia! proviene da L'Indro.



Dalle 5.000 alle 10.000 persone hanno risposto all’appello dei portuali genovesi e sono scese in strada. A reggere lo striscione del Collettivo Autonomo anche

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MEDITERRANEO. Ancora una strage di migranti ma il governo Meloni non cambia politica


Almeno 45 i cadaveri rinvenuti finora sulla costa calabrese, in provincia di Crotone, 80 i superstiti soccorsi, almeno cento i dispersi L'articolo MEDITERRANEO. Ancora una strage di migranti ma il governo Meloni non cambia politica proviene da Pagine Est

di Valeria Cagnazzo

Pagine Esteri, 26 febbraio 2021 – Una nuova strage nel Mediterraneo si è verificata oggi poco prima dell’alba al largo della costa calabrese. Sul fare del giorno, i primi cadaveri sono stati rinvenuti sulla spiaggia turistica di Steccato di Cutro, in provincia di Crotone. Tra questi, anche un lattante di sei mesi. Nelle ore successive, altri cadaveri sono stati restituiti dalle onde di un mare in tempesta, alcuni ritrovati persino sulle rive del catanzarese. Per il momento, il bilancio è di 45 morti e circa 80 sopravvissuti, subito soccorsi e ricoverati in ospedale o portati nei centri di raccolta per migranti.

Sono almeno un centinaio i dispersi che i soccorritori della guardia costiera, dei vigili del fuoco, della polizia e della Croce Rossa Italiana stanno cercando in queste ore.

Secondo le prime ricostruzioni, una piccola imbarcazione, partita dalla Turchia carica di circa 250 migranti provenienti da Afghanistan, Iran e Pakistan, si sarebbe incagliata contro gli scogli della costa di Cutro e ribaltata, probabilmente a causa del mare molto mosso. “E’ qualcosa che nessuno vorrebbe mai vedere”, ha dichiarato il sindaco di Cutro, “Il mare continua a restituire corpi, tra le vittime ci sono donne e bambini”.

Immediate le reazioni da parte del governo, a partire dalla premier Giorgia Meloni che, tuttavia, ha soltanto saputo attaccare i trafficanti, definendo “criminale mettere in mare una imbarcazione lunga appena 20 metri con ben 200 persone a bordo e con previsioni meteo avverse”, senza mettere in discussione le politiche ostruzionistiche che il suo esecutivo attua verso le navi delle Ong impegnate nei salvataggi.

Le Organizzazioni Non Governative impegnate nel soccorso dei migranti nel Mediterraneo hanno, però, reagito all’ennesima strage di migranti in mare attaccando proprio il governo meloniano. Solo pochi giorni fa, infatti, Il decreto sui flussi migratori, il cosiddetto decreto ONG, era diventato legge, dopo l’approvazione definitiva del Senato con 84 voti favorevoli e 61 contrari. Una legge che limita i soccorsi in mare, secondo le ONG, provocando potenzialmente centinaia e migliaia di vittime delle migrazioni nel Mediterraneo.

Secondo la legge, infatti, le navi impegnate nelle operazioni di soccorso in mare non possono effettuare più di un salvataggio alla volta. Dopo aver soccorso i migranti, sono obbligate a richiedere immediatamente l’assegnazione di un porto di sbarco e a raggiungerlo nel più breve tempo possibile. Secondo le ONG, impedire di effettuare più salvataggi sulla stessa rotta riduce in maniera criminale la possibilità di salvare vite umane pur avendone la possibilità. I porti assegnati, inoltre, come dimostrato negli ultimi mesi con l’applicazione del decreto, si trovano spesso nel Centro e nel Nord Italia: ciò determina un inutile dispendio di tempo (oltre che di carburante) prezioso alle navi per tornare in mare e soccorrere altre persone.

In caso di violazione della legge, è prevista una sanzione amministrativa per il comandante della nave che va dai 10.000 ai 50.000 euro e il fermo amministrativo del mezzo per due mesi. In caso di reiterazione della violazione, si applica la confisca della nave. Previste sanzioni che vanno dai 2000 ai 10mila euro al comandante e all’armatore della nave anche se “non forniscono le informazioni richieste dalla competente autorità nazionale per la ricerca e il soccorso in mare o non si uniformano alle indicazioni della medesima autorità”.

La legge per questo, secondo le opposizioni e i soccorritori, attacca direttamente le ONG e la possibilità di svolgere salvataggi nel Mediterraneo. Nel 2022, oltre 100.000 rifugiati sono arrivati in Italia via mare, un numero in aumento negli ultimi anni. La strage del 26 febbraio infiamma di nuovo lo scontro con il governo, che, con le parole di Meloni, non sembra indietreggiare sul fronte migratorio.

“Il Governo è impegnato a impedire le partenze, e con esse il consumarsi di queste tragedie, e continuerà a farlo, anzitutto esigendo il massimo della collaborazione dagli Stati di partenza e di provenienza. Si commenta da sé l’azione di chi oggi specula su questi morti, dopo aver esaltato l’illusione di una immigrazione senza regole”, ha aggiunto, infatti, la Premier sui social. Difficile immaginare come potrà garantire il rispetto dei diritti umani mediando con il governo iraniano o con quello dei talebani affinché i migranti non decidano più di lasciare quei Paesi. Intanto vengono vantati nuovi accordi con Tunisia e Libia, che probabilmente foraggeranno ulteriormente i crimini nei centri di detenzione per i migranti o quelli compiuti dalla guardia costiera nazionale.

Ferma la condanna di Mediterranea Saving Humans:

⚫️ Cresce di ora in ora il numero delle vittime e dei dispersi del naufragio al largo di #Crotone.

Chi, al governo, chiude le frontiere e non apre canali legali e sicuri d'ingresso in #Europa, dovrebbe solo tacere.

Per rispetto. pic.twitter.com/P363tkhpYR

— Mediterranea Saving Humans (@RescueMed) February 26, 2023

E di Medici Senza Frontiere (MSF):

⚫️ While we are stuck in port, avoidable tragedies continue to unfold before our eyes. How many people will have to be sacrificed until #Italy and the #EU guarantee search and rescue operations and support the life-saving work of #NGOs?#TheyWillPay t.co/WVSPC5PHXp

— MSF Sea (@MSF_Sea) February 26, 2023

Il primo fermo amministrativo della legge sui flussi migratori con multa ai danni di una ONG era stato notificato il 23 febbraio scorso proprio ai danni di Medici Senza Frontiere, ONG francese premio Nobel per la Pace. «La Capitaneria di Porto di Ancona ci contesta, alla luce del nuovo decreto, di non aver fornito tutte le informazioni richieste durante l’ultima rotazione che si è conclusa con lo sbarco ad Ancona di 48 naufraghi», aveva comunicato l’ONG. Per questo motivo, la Geo Barents, la nave di soccorso in mare di MSF, “è stata raggiunta da un fermo amministrativo di 20 giorni e una multa da 10 mila euro”. L’ONG aveva prontamente dichiarato che i suoi legali stavano valutando le azioni per contestare la sanzione.

Proseguono, intanto, le ricerche dei dispersi. Secondo il progetto Missing Migrants dell’International Organization of Migrants, dal 2014 a oggi, sono oltre 50.000 i migranti dispersi nel mondo. Di questi, almeno il 60% resta non identificato: di oltre 30.000 persone, cioè, non si riesce a risalire né all’identità né almeno alla nazionalità d’origine.

Tra le rotte delle migrazioni, sempre secondo Missing Migrants, quella che conduce verso l’Europa è la più “mortale”, con più di 29.000 dei 50.000 morti dal 2014 registrati lungo rotte all’interno o verso i confini europei. Le rotte europee sono anche quelle dove si registra il maggior numero di migranti non recuperati, con almeno 16.032 persone disperse o di cui si suppone il decesso in mare. Ciò significa che un migrante su due disperso lungo il viaggio verso l’Europa non viene ritrovato né identificato.

L'articolo MEDITERRANEO. Ancora una strage di migranti ma il governo Meloni non cambia politica proviene da Pagine Esteri.



Cresce in continuazione il numero delle vittime nell'ennesimo naufragio di richiedenti asilo, questa volta al largo delle coste del crotonese. Una nave provenie

Poliverso & Poliversity reshared this.



Restringere le protezioni 230 porterà incertezza giuridica nel lavoro di sviluppatori software, startup e piattaforme che forniscono loro gli strumenti per realizzare la loro visione e repository software


Mentre la Corte Suprema degli Stati Uniti ha rivisto la Sezione 230 del Communications Decency Act del 1996, bisogna riflettere sul motivo per cui 230 è stato creato in primo luogo, su come promuove l'innovazione e cosa perderemo tutti se le protezioni incorporate all'interno di 230 vengono ridotte.

@Etica Digitale

Gli sviluppatori si affidano a 230 per collaborare su piattaforme come GitHub e per costruire e gestire nuove piattaforme che ripensano i social media. Restringere le protezioni 230 potrebbe avere implicazioni di vasta portata, introducendo incertezza giuridica nell'importante lavoro di sviluppatori di software, startup e piattaforme che forniscono loro gli strumenti per realizzare la loro visione. Mentre i responsabili politici valutano come affrontare le nuove frontiere della responsabilità degli intermediari, è essenziale centrare gli sviluppatori nelle decisioni che daranno forma al futuro di Internet.

Di Shelley McKinley su TechCrunch

techcrunch.com/2023/02/26/dont…

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in reply to Informa Pirata

Non sono del tutto d'accordo.
La 230 non è stata pensata per la situazione attuale, è decisamente inadeguata per moltissime situazioni e aumentare le responsabilità delle piattaforme, si spera possa ridurre la loro visione degli utenti come gregge di mucche da mungere.
Un po' di responsabilità in più aiuta a crescere non il contrario.

E, come dice il sempre immenso @dataKnightmare, nessuna legge dice che devono per forza arricchirsi sulle spalle degli altri.

Etica Digitale (Feddit) reshared this.



Si chiama, anzi si chiamerà perché dobbiamo ancora cominciare, #privacytalk, l’ultima tra le #cosedagarante per discutere e far discutere di valore e protezione dei dati personali. L’idea è semplice, un ciclo di incontri, itineranti, secondo la Chatam rule, davanti a un bicchiere di vino, venti – venticinque persone rappresentative di stakeholders pubblici o privati, sempre...


Come la guerra potrebbe (non) finire. Gli scenari del prof. Bozzo


Dopo il primo mese di guerra era evidente che l’offensiva russa non avesse raggiunto i suoi obiettivi, nonostante le molte di perdite umane e materiali. Fallito il tentativo di regime change a Kiev – con le conseguenze politiche e militari attese dal Crem

Dopo il primo mese di guerra era evidente che l’offensiva russa non avesse raggiunto i suoi obiettivi, nonostante le molte di perdite umane e materiali. Fallito il tentativo di regime change a Kiev – con le conseguenze politiche e militari attese dal Cremlino – la mancata acquiescenza delle popolazioni russofone e, anzi, l’efficacia della resistenza ucraina, avevano vanificato l’Anschluss immaginato da Putin. Iniziò così la seconda fase del conflitto, il “back to the future” della strategia russa: l’attacco a rullo compressore grazie alla potenza di fuoco e all’impiego senza risparmio di uomini e mezzi.

Fu un autentico ritorno alla tradizione militare sovietica, se non zarista, che consentì le costose, lente ma progressive conquiste in primavera-estate. Tra fine agosto e inizio settembre, esauritasi l’offensiva senza provocare il crollo ucraino, iniziò la controffensiva e la riconquista di parte dei territori perduti. Tale alternarsi di offensive e controffensive è tipico di ogni guerra che si prolunghi senza esito decisivo. Se l’uno o l’altro dei contendenti non riesce a conseguire i propri obiettivi prima di giungere al punto di massimo esercizio dello sforzo, allora, una volta superato quel punto, l’azione si esaurisce e l’iniziativa passa all’avversario. Spentasi con l’arrivo dell’inverno la controffensiva ucraina, è infatti iniziata la nuova offensiva russa, ancora in atto, quarta e per adesso ultima fase del conflitto.

Stavolta, più che nei mesi passati, con le feroci battaglie urbane a Mariupol o Kherson, l’offensiva centrata su Bakhmut rivela che, da entrambe le parti, si combatte a costi spropositati per obiettivi dal valore simbolico più che strategico. La caduta o la tenuta di una o l’altra città ucraina non determinerebbe una svolta decisiva per la prosecuzione della guerra. Bakhmut è più Verdun che Stalingrado: per Mosca, come per Kiev, ha valore a fini politici interni e d’immagine più che operativi. In Ucraina è in atto una guerra d’attrito e, come insegna la Prima guerra mondiale, questo tipo di guerre terminano per esaurimento delle risorse umane e materiali o per collasso interno di una delle parti. Se ciò è vero, possiamo trarne delle conclusioni, ragionando nei termini propri del triangolo strategico: mezzi, fini, modi. Stando a tutti gli indici più attendibili, il tasso delle perdite umane e materiali sui due lati del fronte è estremamente elevato. Kiev resiste in virtù delle forniture militari dei Paesi, innanzitutto della Nato, che la sostengono; la Russia conta sulla superiorità demografica, l’arsenale e il suo complesso militare-industriale.

Nonostante l’effetto delle sanzioni su quest’ultimo, il conflitto vede da un lato la difficoltà dei Paesi alleati nel mantenere la quantità di forniture militari necessarie a Kiev e dall’altro, la possibilità che Mosca ottenga sostegno esterno, come avvenuto con Iran e Corea del Nord, e potrebbe avvenire su più ampia scala. D’altro canto, la solidità politica della leadership russa non appare in discussione. Gli oppositori interni sono stati eliminati, tacitati o hanno lasciato il Paese già dopo lo scorso autunno, mentre l’opinione pubblica russa si è compattata, sensibile al richiamo nazionalista. Il collasso politico di Mosca era poco probabile già nella prima fase della guerra e lo è altrettanto oggi. Più delicata la situazione in occidente, dove al passare dei mesi la “war fatigue” minaccia di provocare tensioni e fratture nella coalizione pro-Kiev.

L’escalation, che ha avuto luogo nel confronto armato in ragione del suo prolungarsi senza esito decisivo, ha aumentato il valore della posta in gioco, il fine politico della guerra, per ognuno degli attori coinvolti. Né Putin né Zelensky possono accettare un esito del conflitto che non giustifichi gli enormi costi sopportati. La Nato, dal canto suo, non può accettare il crollo dell’Ucraina, per le ripercussioni che avrebbe sull’Alleanza. L’analisi dell’evoluzione della guerra convenzionale in corso non deve far dimenticare, infine, il coté nucleare del confronto. Le operazioni sul campo sono state infatti precedute e accompagnate dalla continua evocazione della minaccia nucleare, nel quadro di una strategia russa di “manipolazione del rischio estremo” a fini dissuasivi e coercitivi. Mosca ha costantemente messo in atto una simile strategia: dal riconoscimento all’antivigilia dell’aggressione dell’indipendenza degli oblast del Donbass, alla messa in stato di prima allerta delle forze di deterrenza nucleare poco dopo l’attacco, fino all’annessione delle quattro regioni ucraine almeno in parte occupate; oltre ai riferimenti ai casi in cui la dottrina russa prevede l’impiego del nucleare. La minaccia nucleare, peraltro, ha sin qui determinato una limitazione del confronto, impedendo a Kiev di colpire in profondità il territorio nemico, come a Mosca di tagliare fonti e linee di alimentazione dello sforzo avversario.

Quali scenari possono seguirne? La guerra continuerà. La disponibilità delle parti a un cessate il fuoco è infatti legata alla situazione sul campo, in sostanza statica, e gli avversari possono ancora disporre del sostegno politico interno e delle risorse sufficienti per proseguire nello sforzo. Ciò implica anche che non si esaurirà la naturale tendenza all’escalation propria delle lunghe guerre di attrito, che può tradursi in senso “verticale”, con l’impiego di armi a più alto potenziale distruttivo fino a quelle di distruzione di massa, o “orizzontale”, con il coinvolgimento diretto nel confronto bellico di attori esterni.

Articolo apparso sul numero 141 della rivista Airpress


formiche.net/2023/02/guerra-uc…



Ieri sera su Start On Air – I podcast di Start Magazine con Ruggero Po, che ringrazio per la bella conversazione, abbiamo parlato di: “Non solo Replika, tutti i rischi dei chatbot”. Per riascoltare la puntata clicca qui.


Storia del pacifismo italiano


internazionale.it/essenziale/n…


Oggi il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha visitato il “Monumento Foiba di Basovizza” e il Museo di Basovizza (Trieste), in occasione del viaggio istituzionale nei “luoghi del ricordo”.


Si prepara l’offensiva di primavera. Le previsioni di Camporini


Una domanda ricorrente in merito al conflitto scatenato dall’aggressione russa all’Ucraina riguarda che cosa sta accadendo nel teatro operativo e che cosa ci si può aspettare per la primavera e l’estate. Nel passato, di fronte a quesiti del genere, ci si

Una domanda ricorrente in merito al conflitto scatenato dall’aggressione russa all’Ucraina riguarda che cosa sta accadendo nel teatro operativo e che cosa ci si può aspettare per la primavera e l’estate. Nel passato, di fronte a quesiti del genere, ci si poteva affidare solo alla fantasia e a ipotesi più o meno fondate. Oggi la disponibilità di mezzi informativi tecnologicamente avanzati mette a disposizione dati molto più attendibili sulla situazione del momento, in tempo quasi reale, il che rende più facile formulare scenari verosimili. Si trovano in rete mappe molto interessanti con le traiettorie giornaliere di satelliti da osservazione che operano in tutto lo spettro elettromagnetico, e i cui risultati sono indipendenti dalla luce diurna e dalle condizioni meteorologiche. Altre mappe riportano invece le tracce di tutti i velivoli da ricognizione dei Paesi che sostengono Kiev, che raccolgono le informazioni sulle comunicazioni, sui movimenti e sulle attività in corso, stando bene al di fuori dello spazio aereo ucraino: ben poco può sfuggire e quel poco è scarsamente determinante.

Si osserva oggi qualcosa che fa riflettere: lungo tutta la linea di contatto che dalla Crimea arriva a Logachevka, ai confini con l’oblast’ russo di Belgorod, da molte settimane le forze di Mosca stanno costruendo imponenti linee difensive, come se si attendessero di dover respingere pericolose puntate offensive ucraine, come cioè se l’esercito russo avesse accantonato l’ipotesi di riprendere l’iniziativa dopo essere stato costretto ad abbandonare Charkiv e Kherson.

D’altra parte sono di pubblico dominio le direttive di Putin che avrebbe ordinato alle sue truppe di avanzare fino a occupare tutto il Donbass entro il mese di marzo, il che appare scarsamente fattibile, almeno in questi termini temporali, stante la situazione climatica e meteorologica, con la pratica impossibilità per le forze blindate e corazzate di muoversi al di fuori dei tracciati stradali. Si susseguono in ogni caso le informazioni circa la possibilità per Mosca di lanciare in battaglia altri trecentomila militari, peraltro costituiti in gran parte da riservisti e da giovani reclute, cui bisogna garantire non solo i necessari equipaggiamenti e armamenti, ma anche, se non soprattutto, un adeguato addestramento. Si prospettano dunque almeno due scenari. Il primo vede il consolidamento degli attuali schieramenti, con l’esercito ucraino che non riesce a superare le rinforzate linee difensive russe, mentre queste a loro volta, utilizzando le forze fresche, potranno premere su particolari settori come stanno da tempo facendo nel Donetsk a Bachmut e Soledar; in questo senso i progressi sono stati finora minimi e si misurano in pochi chilometri, ma potrebbero migliorare con un’ulteriore spinta nella buona stagione.

Il secondo scenario vede un radicale cambiamento nella gravitazione delle forze e ipotizza che le nuove unità, alcune delle quali già presenti in Bielorussa nel quadro delle esercitazioni in atto da qualche settimana, vengano utilizzate per aprire un nuovo fronte da nord, che costringerebbe Kiev a dirottare le proprie unità migliori, oggi impegnate a sud, per fare fronte alla nuova minaccia. Un’offensiva del genere da parte russa potrebbe anche essere supportata da unità bielorusse, anche se un’ipotesi simile appare assai improbabile, stante la non solidissima posizione di Lukashenko e le note tiepide simpatie della popolazione verso la Russia di Putin. L’inverno non ha certo favorito lo sviluppo di operazioni particolarmente ficcanti, al contrario sta permettendo a entrambi gli eserciti di riorganizzarsi: Mosca ne ha approfittato per riempire i vuoti generati dalle gravi perdite umane subite, mentre l’Ucraina sta cercando di ottenere dai Paesi occidentali i moderni sistemi d’arma che le possono consentire di compensare l’inferiorità numerica.

Si tratta di una corsa contro il tempo, perché nuovi mezzi comportano maggiori esigenze addestrative e maggior complessità delle catene logistiche. Finora la palese superiorità dei sistemi occidentali ha consentito a Kiev di resistere e poi contrattaccare con successo: potrà continuare a farlo solo se i flussi di rifornimenti non subiranno cali o rallentamenti. In tal caso potrebbe verificarsi un terzo scenario, quello di una nuova rottura delle linee difensive russe, il che oltre a non impossibili conseguenze politiche, metterebbe a rischio il controllo russo della fascia costiera del mar d’Azov che oggi rimane l’unica vera conquista fin qui ottenuta dall’esercito di Mosca.

Molto, se non tutto, dipenderà quindi dalla capacità e dalla volontà dei Paesi occidentali di continuare a supportare Kiev in quantità e qualità dei mezzi, riavviando anche i processi industriali per far fronte ai consumi che solo un anno fa nessuno si sarebbe immaginato così ingenti. Continuerà altresì lo sforzo della propaganda di Mosca per erodere l’altro elemento, quello della volontà, che nei Paesi democratici non può essere imposta dall’alto. Tutto ciò sul terreno. Su un altro piano, invece, da un lato saranno possibili evoluzioni anche radicali degli assetti politici interni, dall’altro ci si può attendere che vengano stabiliti, in modo assolutamente riservato, contatti per trovare un compromesso che possa essere alla base di un serio negoziato.

Articolo apparso sul numero 141 della rivista Airpress


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È tornato lo scontro di civiltà. Come si muoverà l’Italia secondo Craxi


Dalle lezioni apprese dall’Europa, alla postura italiana in questi ultimi 12 mesi di conflitto, fino al nuovo dibattito riacceso intorno alla necessità nazionale di raggiungere il 2% del Pil da destinare alla Difesa. Questi i temi al centro della conversa

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Dalle lezioni apprese dall’Europa, alla postura italiana in questi ultimi 12 mesi di conflitto, fino al nuovo dibattito riacceso intorno alla necessità nazionale di raggiungere il 2% del Pil da destinare alla Difesa. Questi i temi al centro della conversazione con la presidente della commissione Esteri e Difesa del Senato, Stefania Craxi, e il direttore di Formiche e Airpress, Flavia Giacobbe.

Presidente Craxi, dopo un anno di guerra, quale scenario geopolitico ci attende?

Innanzitutto, sgombriamo il campo da ogni equivoco, e le risponderò con le parole del Segretario generale della Nato: “la guerra è una guerra illegale, che ha provocato distruzione, morte, dolore per il popolo ucraino, ha distrutto la pace in Europa, ha provocato danni alle popolazioni con le sue conseguenze sul piano energetico e alimentare”. In questo contesto, il governo italiano è rimasto coeso e continuerà a difendere e a sostenere la resistenza del popolo ucraino. Dopotutto, noi abbiamo il dovere di mantenere la pace, ma abbiamo anche il diritto di difendere i popoli, le nazioni e la loro libertà.

Non c’è dubbio che questo conflitto sia un game changer. Non ci troveremo più a vivere in un sistema geopolitico come quello che ha caratterizzato il nostro mondo fino ad adesso. La storia non è finita, anzi ha continuato a correre; presto in Europa ci troveremo in una situazione in cui non si potrà più pensare di approvvigionarsi di energia russa, di commerciare con la Cina e di farci difendere dagli Stati Uniti. Ci troveremo di fronte a un grande conflitto globale, un grande scontro tra superpotenze: da una parte l’Occidente composto da Europa e Stati Uniti d’America – le due gambe del mondo libero, per quanto imperfetto – e dall’altra le grandi autocrazie, tra cui la Cina, che si stanno alleando tra di loro. Dunque, sì, ci troviamo di fronte a uno scontro di civiltà.

Quali sono le consapevolezze e lezioni che l’Europa ha appreso?

Non c’è dubbio che l’Europa si è trovata di fronte a questo conflitto totalmente impreparata dal punto di vista psicologico, prima ancora che militare ed economico. Io mi auguro che l’Europa riesca a trarre delle lezioni perché si tratta di capire quale ruolo deve svolgere sullo scenario internazionale. Certamente, ci riuscirà solo se parlerà con una sua voce in ambito di politica estera.

Abbiamo visto nei giorni scorsi le immagini del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in visita a Kiev. Che giudizio complessivo dà alla postura italiana dall’inizio del conflitto? Come si è comportato il nostro Paese?

L’Italia si è comportata come un Paese serio e affidabile. È stata in grado di calibrare le sue azioni con i suoi alleati storici, ovvero sia gli alleati europei sia l’alleato transatlantico. La visita del presidente Meloni ha messo in rilievo il fatto che, contrariamente a quanto si ritiene a volte, il nostro non è un Paese irrilevante o bistrattato. Invece, ha mostrato la postura di un alleato affidabile, senza tentennamenti e senza subalternità.

Con il sopraggiungere del conflitto abbiamo sicuramente assistito a una rinnovata centralità della Nato, irrobustita nell’ultimo anno. Allo stesso tempo, si sono rafforzate le difese nazionali di molti Paesi europei, come la Germania. L’elemento debole è rimasto la Difesa comune. Se il Vecchio continente perdesse questa occasione, ridimensionerebbe le ambizioni del suo progetto?

Questo era il sogno di uno dei padri della nostra patria, Alcide De Gasperi, che morì con il rammarico che non si fosse realizzata una Difesa comune. Forse adesso è arrivato il momento. Naturalmente, parlare di difesa comune europea significa innanzitutto parlare di politica estera comune europea, perché se non formiamo un interesse europeo è difficile capire anche cosa una Difesa comune dovrebbe difendere. Segue poi il grande tema dell’Alleanza Atlantica e qui è necessario, secondo me, pronunciare parole di chiarezza. Non si può pensare a una difesa comune europea in contrapposizione o in separazione dall’alleanza Nato. Credo invece che una Difesa comune debba essere complementare alla Nato e dovremmo, dunque, alla luce di quanto è accaduto, ragionare su come coordinare gli interventi delle nostre industrie e su come mettere a fattor comune i processi di innovazione. Sicuramente, questo è un primo passo da fare per costituire una difesa comune, anche se si tratta senz’ombra di dubbio di un processo alquanto complicato – ad esempio, prevede di affrontare il tema dei brevetti, una questione tanto interessante tanto complicata.

Le difficoltà che potrà incontrare la Difesa comune saranno anche conseguenza della volontà degli Stati nazione europei di continuare a custodire il controllo sulla propria Difesa. Tuttavia, il sostegno militare a Kiev sta mostrando un’insufficienza nelle dotazioni di difesa dei Paesi europei. Il Parlamento, secondo lei, è consapevole di questa vulnerabilità? Avete in cantiere degli interventi in questo senso?

La Difesa italiana ha sempre operato in campi e in contesti alquanto difficili, con operazioni di peacekeeping con cui si è confermata più volte adeguata e sempre all’altezza delle sfide di pace e di sicurezza che si è trovata davanti. Certo, oggi il contesto è cambiato e l’Occidente si è fatto cogliere militarmente impreparato. Nessuno si aspettava una guerra ai confini dell’Europa nel nostro secolo. E certamente, di fronte all’accelerazione tecnologica di questo settore, si presenta anche la questione della ricostruzione dei nostri arsenali e di come essere all’altezza delle sfide epocali che ci aspettano. Questa cosa è ben chiara a me, alla Commissione e anche all’esecutivo.

Tra l’altro noi stiamo per dover affrontare un problema importante, dal momento che nessuno tra gli alleati ha una reale contezza della consistenza degli arsenali russi, e la potenza di fuoco esprimibile da Mosca è stimata essere venti volte superiore a quella di Kyiv. Questo comporta anche che i nostri arsenali si stanno rapidamente svuotando, ed è il motivo per cui in molti Paesi, compresi gli Stati Uniti, si sta iniziando a sostenere l’impossibilità di intraprendere un estenuante e lunghissimo conflitto senza sbocchi. Si sta dunque cominciando ad affermare in alcuni ambienti, compreso il Congresso statunitense, che il sostegno economico e militare all’Ucraina non può essere infinito.

È stato riportato al centro del dibattito nazionale anche la necessità del nostro Paese di raggiungere l’obiettivo del 2% del Pil da destinare alla Difesa stabilito in Galles nel 2014. L’Italia è ancora lontana dal traguardo, mentre diversi Paesi europei stanno facendo passi avanti. Di recente il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha proposto di escludere le spese per la Difesa dal Patto di stabilità. È una soluzione praticabile?

Il Ministro Crosetto è stato ricevuto di recente in commissione, dove ha illustrato le linee programmatiche del suo dicastero e non ha usato giri di parole per segnalare i forti ritardi dell’Italia su questo tema. Il ministro ha infatti lanciato l’allarme spiegando che alla prossima riunione dell’Alleanza Atlantica rischiamo di essere i “Pierini” della Nato. Il Paese spende attualmente solo 1,38% del Pil in Difesa. Questa cifra deve gradualmente aumentare fino ad arrivare al fatidico 2%. Parlamento e governo ne sono consapevoli, e quella del ministro Crosetto è una proposta interessante. In questo modo, infatti, aumentare le spese della Difesa non vorrebbe dire necessariamente detrarre spese dal bilancio nazionale per il welfare o la sanità. È una buona proposta, che noi appoggeremo. Anche perché, è bene ricordarlo, le Forze armate svolgono un ruolo centrale anche in aree diverse, come abbiamo visto nella battaglia contro la pandemia di Covid-19. Quando parliamo della Difesa, parliamo in realtà di un mondo molto complesso. La Difesa vuol dire genio civile, interventi umanitari, investimenti sulla ricerca tecnologica. Parliamo di tante cose, non solo di armi. Bisogna, però, avere anche la consapevolezza che oggi ci troviamo di fronte a un mondo molto meno sicuro.

La reazione dei Paesi alleati al conflitto in Ucraina è stata quella di irrobustire la sicurezza del fianco est dell’Alleanza. Però il sud rimane un quadrante da presidiare e per l’Italia il Mediterraneo è lo scenario strategico principale. Che tipo di pressioni potrebbe esercitare Roma per sensibilizzare maggiormente l’Alleanza sul fronte meridionale?

Noi siamo tornati, dopo la Guerra fredda, a essere Paese di confine, però adesso il confine è con il sud. Con l’Alleanza Atlantica impegnata est e con gli Stati Uniti concentrati su quello che percepiscono come il loro fronte caldo dell’Indo-Pacifico, noi non possiamo permetterci di distogliere lo sguardo dal Mediterraneo. Non solo per le instabilità, le insicurezze e le grandi sfide che il Mediterraneo ci porrà davanti, dall’immigrazione al terrorismo (che non è concluso), ma anche in termini di opportunità. Quello di Mediterraneo è un concetto larghissimo che va dai Balcani all’Africa. Il Mediterraneo è il bacino dello sviluppo europeo e aver fallito negli anni le politiche euro-mediterranee è stato gravissimo. I nostri sforzi, ora, devono raddoppiare.

Ci deve essere un nuovo e maggiore impegno sul Mediterraneo, e ovviamente in questo contesto l’Italia non può che giocare un ruolo cruciale. Personalmente vorrei rendere stabili i rapporti con le commissioni esteri dei Paesi europei del Mediterraneo, proprio per avere un impatto forte nell’agenda europea, all’interno della quale il Mediterraneo deve essere uno dei punti cardine. È indispensabile per oggi, ma anche per il domani. Su questo tema, tra l’altro, mi associo alla richiesta da fare in Europa espressa dal ministro Crosetto: anche il budget della cooperazione internazionale deve essere scomputato dalle regole di bilancio, dal rapporto deficit/Pil. Perché se non riusciremo a ridurre l’enorme divario che ancora separa il nord dal sud del mondo, per noi saranno drammi.

A livello globale, la sfida di Vladimir Putin alle regole internazionali potrebbe costituire un precedente pericoloso anche per molti altri scenari, come per esempio l’assertività cinese su Taiwan. Abbiamo visto i vantaggi di un Occidente unito. Pensa che questa unità possa essere replicata anche nell’Indo-Pacifico?

È stato importantissimo che l’Occidente abbia reagito, e continui a reagire, coeso di fronte a questo attacco. Se noi avessimo consentito, senza fiatare, l’invasione dell’Ucraina, avremmo fatto passare il principio che il sistema internazionale può perfettamente essere regolato dalle leggi della prepotenza e non da quelle del diritto. Questo è un principio non negoziabile, che l’Occidente ha fatto bene a difendere, e deve continuare a difendere fino alla fine. Ma serve, come in tutto, una visione politica. Senza una visione politica, non solo non siamo stati in grado di disegnare allora il mondo di domani, ma non siamo stati neanche capaci di affrontare le criticità dell’oggi. È tornata ad affacciarsi ai nostri confini una guerra che mai ci saremmo aspettati che tornasse. Probabilmente abbiamo sottovalutato tante faglie di crisi che siano già presentate negli anni. Bisogna che la prossima sfida epocale non ci trovi impreparato.


formiche.net/2023/02/scontro-c…




Siamo troppi; sei di troppo


Ovvero, come una piccola elite ha diffuso l'idea Malthusiana del sovrappopolamento per giustificare la creazione di un governo globale fondato su sorveglianza e controllo della popolazione.

Buongiorno caro lettore e benvenuto a un nuovo episodio di Cronache del Complotto! Oggi ti parlerò di una bislacca teoria cospirazionista non particolarmente famosa. Non è tra la lista delle più note conspiracy theories su Wikipedia, e quasi certamente frutto della mia immaginazione.

I veri complottisti sono iscritti a Privacy Chronicles. Anche quelli di troppo.

Ecco, allora… la teoria del complotto è che… tu — sì, proprio tu — sei di troppo. Dici che non va bene come teoria del complotto? Va bene…vediamo di approfondire: la teoria allora è che dal dopo guerra in poi una piccola ma poderosa elite di persone ha cercato in tutti i modi di influenzare la politica occidentale (soprattutto europea) per creare un governo globalista che possa porre rimedio al fatto che al mondo ci sono decisamente troppe persone.

Secondo questa bislacca teoria del complotto, uno degli stratagemmi trovati da queste persone per popolarizzare le loro idee e renderle più accettabili (e richieste!) fu il World Economic Forum, fondato nel 1971 da Klaus Schwab grazie al supporto di personaggi poco raccomandabili.

5609122Scansiona il QR Code con il tuo wallet LN oppure clicca qui!

Prima però facciamo un passo indietro: da dove arriva questa strana idea che al mondo ci siano troppe persone? Da un signore chiamato Thomas Malthus.

Il pensiero di Thomas Malthus


Thomas Malthus (1766-1834) fu un economista inglese oggi conosciuto per le sue teorie sulla crescita demografica.

238280Thomas Malthus

Nel suo trattato "An Essay on the Principle of Population" (1798) Malthus afferma che, poiché la crescita demografica è esponenziale, mentre la capacità di produrre cibo è invece lineare, è anche inevitabile che il genere umano prima o poi si trovi di fronte a un qualche tipo di catastrofe inevitabile, per ribilanciare i numeri: guerre, carestie, pandemie, e così via.

"The power of population is so superior to the power of the earth to produce subsistence for man, that premature death must in some shape or other visit the human race."

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Il viaggio senza ritorno della giovane Masha


La rivoluzione in Iran mostra caratteristiche inimmaginabili e senza precedenti nei quarantaquattro anni di regime teocratico. In una prima fase vi è stata una rivolta in alcune piccole città delle province curde del paese, insorta dopo l’uccisione della

La rivoluzione in Iran mostra caratteristiche inimmaginabili e senza precedenti nei quarantaquattro anni di regime teocratico.

In una prima fase vi è stata una rivolta in alcune piccole città delle province curde del paese, insorta dopo l’uccisione della giovane ventiduenne Mahsa Amini, curda di Saqqez, massacrata di botte il 16 settembre in un furgone della cosiddetta “polizia morale” che l’aveva arrestata perché non indossava correttamente il velo come prescrive la legge islamica.

L’uccisione di Amini ha sconvolto tutto l’Iran e subito la protesta è divampata in più di cento città e ha visto al centro le donne. Nella capitale Tehran si è avviato un processo rivoluzionario spontaneo che è dilagato e ha coinvolto larghi strati della popolazione.

Mahsa Amini era nata da un impiegato della pubblica amministrazione locale e da una casalinga. La sua famiglia la descrive come una ragazza molto timida. Si era diplomata nel 2018 al liceo femminile Taleghani, nella sua città natale. I genitori raccontano che dopo aver completato il suo percorso liceale, la sua vita ha continuato a concentrarsi nello studio e che dopo molto impegno era riuscita a superare il test d’ingresso alla facoltà di Giurisprudenza.

Il 13 settembre 2022, Mahsa decise di fare un viaggio a Tehran con alcuni suoi cugini e raggiungere lì suo fratello Kiaresh. Quel giorno venne fermata da un’agente della polizia morale mentre usciva da una stazione della metropolitana della capitale.

«Lasciateci andare! Noi non siamo di Tehran, veniamo da fuori!», aveva esclamato Kiaresh supplicando i poliziotti di non portare via sua sorella.
Gli agenti si liberarono di lui spruzzandogli in faccia lo spray al peperoncino e costrinsero Masha a salire su un furgone bianco per condurla al commissariato di zona.

Poco dopo, la stessa pattuglia comunicò alla famiglia che la ragazza sarebbe stata condotta al centro di detenzione di Vozara dove avrebbe ricevuto un “corso di rieducazione morale” della durata di un’ora, come da procedura di legge. Ma Kiaresh, recatosi in questura per riprendere sua sorella al termine dell’ora di “rieducazione”, si sentì dire dalla polizia che Mahsa aveva avuto un infarto e un attacco cerebrale ed era stata trasportata in ospedale.

È stato un ragazzo, anche lui in stato di fermo, a raccontare alla famiglia cosa era successo in quel drammatico giorno: «Durante il tragitto verso il commissariato Mahsa era stata insultata e torturata nel furgone. La polizia morale l’aveva colpita alla testa più volte», ha raccontato il giovane testimone. Quando poi è giunta al commissariato, mentre era in attesa dell’identificazione e del colloquio, si è sentita male, le si è oscurata la vista ed è svenuta.

Dopo tre giorni di coma, nell’unità di terapia intensiva dell’ospedale Kasra di Tehran, Mahsa è deceduta in seguito al gravissimo trauma cranico subito.

Il giorno del decesso, i sanitari diffusero un post sulla loro pagina Instagram in cui si affermava che la giovane donna era entrata in clinica già cerebralmente morta. In seguito però il loro post fu cancellato. Un gruppo di medici dell’ospedale Kasra, parlando alla stampa in anonimato, ha sostenuto che Mahsa aveva un edema cerebrale reso evidente da un sanguinamento delle orecchie, un ematoma periorbitale e diffuse fratture ossee.

Non sappiamo cosa sia accaduto negli oltre novanta minuti trascorsi dall’ora della richiesta dell’ambulanza fino all’arrivo nel vicino ospedale di Kasra; una tempistica, questa, inspiegabilmente lunga.

La famiglia ha potuto visitare Mahsa il 16 settembre, solo dopo tre giorni dal suo ricovero e subito dopo l’ora della sua morte. Tali dettagli sono stati raccontati dalla giornalista d’inchiesta Niloofar Hamedi, su Shargh, uno dei giornali riformisti più popolari in Iran. Hamedi è stata la prima ad aver documentato l’uccisione di Mahsa. È stata anche la prima giornalista ad essere stata arrestata appena dopo lo scoppio delle proteste in tutto l’Iran. Grazie a lei, ora sappiamo cosa è accaduto alla povera ragazza curda subito dopo il suo arresto e prima della sua morte.

L’uccisione della giovane Mahsa fu la scintilla che fece divampare il fuoco della protesta delle donne in tutto il paese.

La sua morte aveva scatenato la rabbia nella sua città natale e in tutto il Kurdistan iraniano e subito, ovunque in Iran, era divampata la rivolta delle donne secondo pratiche rigorosamente nonviolente e caratterizzata da gesti altamente simbolici per veicolare il messaggio dirompente del rifiuto di ogni sottomissione, dei codici di abbigliamento vigenti e di ogni autoritarismo anche religioso.

In tutte le piazze e in ogni angolo delle strade le donne hanno iniziato a gridare Jîn, Jîyan, Azadî” (Donna, Vita, Libertà) e slogan contro il regime islamico togliendosi dal capo l’hijab (velo islamico) per sventolarlo come una bandiera e ad esso davano fuoco, lo hanno fatto mostrando determinazione ed estremo coraggio.

La rivoluzione è subito entrata in una seconda fase in cui donne e uomini, giovani e anziani, sono scesi per le strade, dai quartieri ricchi di Tehran a quelli poveri delle più remote province e campagne, del sud, dell’est e dell’ovest. Un evento, questo, decisamente unico nella storia iraniana, diverso dalle due rivoluzioni precedenti. A quella costituzionale del 1905 prese parte solo un’élite, prevalentemente di due grandi città: Teheran e Tabriz. Quella del ’79 invece fu una rivoluzione sostenuta da potenze occidentali ed è stata molto rapida nel suo processo e comunque non ha interessato tutti gli strati sociali.

È la prima volta che tutto il paese partecipa a una rivolta con uno slogan molto preciso non legato ad alcuna richiesta economica o generica riforma, come spesso era accaduto come spesso è accaduto in passato, col “Movimento Verde” del 2009-10, sull’esito delle elezioni contestato e nel 2019, per l’aumento del prezzo della benzina, alle quali il regime riuscì a fare fronte disinnescando subito le proteste.

Ora gli slogan che rimbalzano in ogni angolo dell’Iran sottendono un obiettivo ben preciso: il crollo della Repubblica islamica con l’abbattimento del “regime di apartheid di genere”.

L'articolo Il viaggio senza ritorno della giovane Masha proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Dopo la presentazione fuori concorso al Torino Film Festival anteprima romana del film OK BOOMER! al Cinema Nuovo Sacher. Al termine della proiezione incontrò


Il Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra Europea esprime rabbia per la soluzione dell'ordinanza della Cassazione nei confronti di Alfredo Cospito. Legge



#NotiziePerLaScuola

VI edizione del MEET Film Festival: fino al 1° marzo sarà possibile per scuole, università e registi indipendenti inviare i propri materiali audiovisivi.

Info ▶️ cinemaperlascuola.istruzione.



Guerra in Ucraina, un anno di disinformazione: le conseguenze della propaganda russa in Italia


Dall’operazione “Lancio della mangusta” fino all’intervista alla blogger Marianna, alcuni episodi chiave della campagna di disinformazione sul conflitto

@Giornalismo e disordine informativo

Un anno fa, la Russia di Vladimir Putin negava di voler invadere l’Ucraina. Il timore per questa scelta bellicista del Cremlino circolava da quasi un anno, soprattutto negli ultimi mesi con l’invio delle truppe ai confini con l’Ucraina per quelle che si rivelarono delle finte esercitazioni. L’attacco è stato ampiamente preparato anche dal punto di vista mediatico, con false notizie e depistaggi che fungevano a creare disordine e sfiducia nell’Occidente. Un processo di disinformazione che trovava terreno fertile grazie a due anni di pandemia dove terrore e malumore hanno rafforzato un sentimento contro le istituzioni e la scienza. Non è difficile, infatti, riscontrare come gli scontenti, i No vax e i teorici del complotto si siano facilmente identificati nella propaganda russa chiaramente anti occidentale. Oggi, 24 febbraio 2023, possiamo osservare i frutti della propaganda russa, in particolare in Italia.

L'articolo di @David Puente :mastodon: continua su Open
open.online/2023/02/24/ucraina…

frippa doesn't like this.

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Leland Did It - Hotel Moderno- Dischi Uappissimi 2023


I Leland Did It sono un gruppo che è incapace di fare qualcosa di predeterminato e felicemente ordinato, “Hotel Moderno” è una bellissima testimonianza di caos musicale, di ricerca sonora e di voglia di fare rumore.


@Musica Agorà

iyezine.com/leland-did-it-hote…

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Messaggio di prova da #pixelfed a #lemmy: test di scrittura e di verifica della formattazione nel titolo


Prova di titolo con link

@Test: palestra e allenamenti :-)

Facturusne operae pretium sim si a primordio urbis res populi Romani perscripserim nec satis scio nec, si sciam, dicere ausim, quippe qui cum veterem tum volgatam esse rem videam, dum novi semper scriptores aut in rebus certius aliquid allaturos se aut scribendi arte rudem vetustatem superaturos credunt.

informapirata.it

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Il sacrificio di Carlo Cammeo, ucciso a scuola dai fascisti.


("Il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone. È nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a sé stessa da passanti indifferenti")

bibliotecabfs.wordpress.com/20…



Littu - Accolti da antiche radici - Autoprodotto 2023


I Littu raccontano i giganteschi cicli che vivono la Terra e i suoi abitanti, con i riti che servono per compenetrare e farsi partecipi della natura e viceversa. “Accolti da antiche radici” è un titolo molto azzeccato,

iyezine.com/littu-accolti-da-a…

@Musica Agorà

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#NotiziePerLaScuola

Ha preso il via il progetto "Unreal Engine for School", l'iniziativa finanziata dal Piano Nazionale Cinema e Immagini per la scuola promosso dal MIM e dal Ministero della Cultura.

Info ▶️ https://cinemaperlascuola.



Sonno. - Supervoids


Torniamo con grande gioia a parlare di una delle etichette del sottobosco musicale italiano e più precisamente ligure, ovvero di Musica Orizzontale, una delle parabole più interessanti ed eretiche uscite dall’estremo ponente ligure.

@Musica Agorà #musica #idm #elettronica

iyezine.com/sonno-supervoids

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Nelle scuole romane un bambino su cinque non sa scrivere in corsivo. La ricerca condotta da un gruppo di studiosi della Sapienza, dell'Umberto I e del Bambin Gesù.


Il 21,6% dei bambini iscritti alle scuole primarie di Roma, ha problemi a scrivere in corsivo. È quanto emerge da una ricerca condotta da Carlo Di Brina (dirigente di Neuropsichiatria infantile dell'Umberto I), Barbara Caravale (del Dipartimento di «Psicologia dei processi di sviluppo e socializzazione» della Sapienza) e Nadia Mirante (Unità di Neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza del Bambino Gesù), e pubblicata sulla rivista Children nel febbraio del 2023.

@Notizie dall'Italia e dal mondo

In questo 21,6% rientrano anche bambini disgrafici o con disturbi più ampi, come per esempio il disturbo di coordinazione motoria.

La tanto citata tecnologia - tablet, smartphone e computer - ha invece un ruolo limitato nello sviluppo della capacità di scrivere in corsivo: "L'uso massiccio e continuato di dispositivi elettronici può certamente condurre allo sviluppo di disturbi come deficit d'attenzione, ma ha molta meno attinenza con la scrittura".

cc @Scuola - Gruppo Forum @Maria Chiara Pievatolo @Andrea Mariuzzo @Bibliogadda

romatoday.it/attualita/corsivo…

in reply to Franc Mac

Certo mettere in mezzo persone DSA in mezzo a uno studio di questo tipo significa che sei proprio in mala fede e che vuoi fare il titolone

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in reply to super_user_do

@super_user_do non direi: la percentuale di alunni con DSA nella scuola primaria è piuttosto irrisoria. Parliamo di una media pari al 3,2% di cui solo una parte è costituita da alunni con una disgrafia diagnosticata. Le percentuali riscontrate invece nei bambini che hanno difficoltà a scrivere in corsivo sono sette volte maggiori quindi il "titolone" ci sta tutto

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Oggi alle 10.30, nella Sala Koch di Palazzo Madama, prende il via l'iniziativa “L'Ora di Costituzione”.

Tema della lezione, i principi fondamentali della Costituzione italiana (artt. 1 - 12).

Poliverso & Poliversity reshared this.



Test da Friendica senza titolo
@test
Testo testo testo
@test

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🚦Le evidenze scientifiche sono tutte a favore del #NutriScore. Di @MDfreerider sul @fattoalimentare


NUTRI-SCORE CONTRO NUTRINFORM BATTERY: COSA DICE LA SCIENZA?

@Scienza e innovazione

Lo Stato Italiano ha già fatto una scelta di campo: tutelare gli interessi dell’industria a discapito della promozione della salute, della prevenzione del sovrappeso-obesità, malattie cardiovascolari e tumori. In Italia grazie alla massiccia propaganda sono tutti (tranne Il Fatto Alimentare e qualche associazione di consumatori) contro il Nutri-Score. L’industria alimentare per mantenere lo status quo vuole un consumatore disinformato, manipolabile e manipolato dalla pubblicità che in Italia non ha alcun limite (gli alimenti spazzatura vengono pubblicizzati in tutte le ore del giorno e in programmi per bambini).

L'articolo di Antonio Pratesi sul Fatto Alimentare

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