Salta al contenuto principale



Wagner in Burkina Faso. Testa di ponte russa?


Il colpo di Stato del Burkina Faso solleva interrogativi sul crescente coinvolgimento russo nell'Africa occidentale, ai danni della Francia. Chi ha finanziato il colpo di Stato? chi c'è dietro le manifestazioni anti-francesi e la disinformazione a sostegno di Ibrahim Traore?

L'articolo Wagner in Burkina Faso. Testa di ponte russa? proviene da L'Indro.


Unknown parent

mastodon - Collegamento all'originale
filippodb ⁂
si certo, si possono nascondere tutti i messaggi contenenti una parola.


Giustizia: la politica, ferma, sta a guardare


Il cosiddetto dibattito politico: in attesa che sia formalizzato a Giorgia Melonil’incarico di presidente del Consiglio, di tutto e di più. Il toto ministri, e le spartizioni delle tante postazioni di potere e sottopotere. Dibattito non esattamente appassionante, quello se il nuovo presidente del Senato debba essere Ignazio La Russa o Roberto Calderoli; Se Licia […]

L'articolo Giustizia: la politica, ferma, sta a guardare proviene da L'Indro.



Angela Lansbury, addio alla ‘Signora in giallo’ senza ‘eredi’


“Grazie per il tuo appuntamento quotidiano con La Signora in Giallo, sei sempre stata un’elegante certezza per me…” Così Claudia posta nel suo sito, ricordando ciò che ha rappresentato per lei, ancora ragazzina, Angela Lansbury, la popolarissima Jessica Fletcher ovvero l’infallibile scrittrice detective armata dei suoi indimenticabili tailleur e delle sue borsette, che dal […]

L'articolo Angela Lansbury, addio alla ‘Signora in giallo’ senza ‘eredi’ proviene da L'Indro.



Da domani, per due giorni, saremo a Lipari con 300 fra studentesse e studenti per gli “Incontri del Mare”! Ci saranno attività e laboratori dedicati all'approfondimento dei temi connessi alla tutela ambientale.


Le vendite di Xbox One raggiungono la metà di quelle di PS4: l’offerta di cloud gaming di Microsoft migliorerà la loro posizione?


Xbox o Playstation ? Questo è il dubbio amletico che da anni attanaglia le persone. Ogni qualvolta bisogna comprare una console non si sa mai quale scegliere. C’è chi consiglia una, chi l’altra e si finisce sempre a leggere recensioni su recensioni e a vedere video esplicativi La console war esiste ormai da tempo ed […]

L'articolo Le vendite di Xbox One raggiungono la metà di quelle di PS4: l’offerta di cloud gaming di Microsoft migliorerà la loro posizione? proviene da L'Indro.



Le vendite di Xbox One raggiungono la metà di quelle di PS4: l’offerta di cloud gaming di Microsoft migliorerà la loro posizione?


Xbox o Playstation ? Questo è il dubbio amletico che da anni attanaglia le persone. Ogni qualvolta bisogna comprare una console non si sa mai quale scegliere. C’è chi consiglia una, chi l’altra e si finisce sempre a leggere recensioni su recensioni e a vedere video esplicativi La console war esiste ormai da tempo ed […]

L'articolo Le vendite di Xbox One raggiungono la metà di quelle di PS4: l’offerta di cloud gaming di Microsoft migliorerà la loro posizione? proviene da L'Indro.


lindro.it/le-vendite-di-xbox-o…



REPORTAGE. Tra uliveti e “terra di nessuno”: i lavoratori migranti nella Sicilia occidentale


Come i media stranieri riferiscono la condizione disumana in cui in molti casi sono tenuti i migranti africani in Sicilia. Il racconto illuminante di Emma Wallis in questo reportage pubblicato da Infomigrants. L'articolo REPORTAGE. Tra uliveti e “terra d

di Emma Wallis, articolo pubblicato il 7 ottobre 2022 da Infomigrants* (infomigrants.net/en/)

(foto screenshot da TG RAI regionale)

(traduzione dall’inglese a cura di Pagine Esteri)

Pagine Esteri, 11 ottobre 2022 – Negli ultimi dieci anni il campo migranti di Campobello di Mazara, nella Sicilia occidentale, è diventato una “terra di nessuno insalubre”. Le autorità regionali dicono che è così pericoloso che anche la polizia non va lì. InfoMigrants ha dato un’occhiata all’interno.

Per arrivarci è necessario guidare ad ovest dal capoluogo Palermo, verso le città di Trapani e Mazara del Vallo. Fuori dalle strade principali, lungo viuzze ventose e piene di buche, attraverso città povere, dall’aspetto quasi abbandonato, costituite da tetti piatti, abitazioni a un piano, tende sbrindellate che soffiano nella brezza serale, ci sono i resti di un cementificio abbandonato.

Da un lato della strada ci sono uliveti e dall’altro cumuli di rifiuti, accatastati più in alto di un’auto. Bottiglie di plastica per lo più, pacchetti vuoti, barattoli di latta arrugginiti e mosche. Mentre ci avviciniamo all’ingresso di questo insediamento, alcuni giovani dell’Africa subsahariana osservano la strada. La loro pelle sembra gessosa e callosa, le spalle accasciate, i vestiti impolverati ea volte strappati.

È qui nella Sicilia occidentale che un campo informale si riempie ogni anno di centinaia, a volte più di 1.000 lavoratori migranti, per lo più dall’Africa subsahariana, che vengono a raccogliere. Per molti in Sicilia, questo luogo è diventato una “terra di nessuno”.

“Anche la polizia non ci va”

Il capo dell’Ufficio regionale siciliano per l’immigrazione, Michela Bongiorno e la sua squadra, affermano che può essere pericoloso entrarvi. “Non si entra da soli”, avvertono, “anche la polizia non entra”. Fanno in modo da farci incontrare i mediatori culturali e traduttori locali Jonny Affun, Albert Kalenda Kabongo e Simona Scovazzo vicino al campo per aiutarci ad accedere. Bongiorno descrive le condizioni lì come “disumane” e riferisce che all’interno si svolgono spaccio di droga e attività mafiose.

“Non c’è luce né acqua. Immagina le grandi difficoltà che stanno affrontando [i migranti]. È molto difficile, è un’area abbandonata dove nessuno ha il controllo”, spiega Jonny, un traduttore nigeriano, arrivato lui stesso come migrante dal Mediterraneo circa 16 anni fa.

E’ fine settembre, la raccolta delle olive si avvia ai primi di ottobre. I residenti del campo hanno iniziato ad arrivare. In fondo a un vicolo, dietro i mucchi di spazzatura sul davanti, si apre una specie di viottolo, fiancheggiato da poltrone abbandonate e vecchi sedili per auto. Alcuni uomini siedono tra loro mentre i cani randagi vagano intorno. Un uomo sta cucinando su un fuoco aperto, una grande pentola di metallo in equilibrio sopra le fiamme. La cenere vola nella brezza e il fumo oscura le dimore sbrindellate fatte di pezzi di legno abbandonati, lamiera ondulata e vecchi muri fatiscenti.

Leader autoproclamati

Al comando sembrano essere due senegalesi in piedi vicino al fuoco. Non vogliono essere registrati o filmati e non ci lasciano parlare con nessun altro prima che abbiano deciso se possiamo restare. L’ostilità è palpabile. L’anno scorso, alla fine di settembre, un incendio ha squarciato una parte del campo, provocando la morte di un giovane lavoratore migrante di nome Omar Baldeh. Il suo corpo è stato trovato bruciato dove aveva dormito.

L’emittente statale italiana Rai è entrata nel campo quasi un anno dopo e ha chiesto a uno dei due sedicenti leader del campo cosa fosse cambiato da allora. “Niente. Semmai è peggiorato”, fu la sua risposta. “Siamo ancora noi qui, gente del Gambia, del Mali, del Senegal e dei tunisini. Vedi degli italiani che raccolgono le olive da queste parti?”

Olive raccolte a mano

Ogni anno circa 1.000-1.300 persone vengono nella regione per lavorare tra settembre e dicembre, raccogliendo le olive a mano per la raccolta. La maggior parte di loro proviene dal Mali, dal Senegal, dal Gambia, dal Burkina Faso, dalla Tunisia, dal Marocco, dal Pakistan e alcuni ora dal Bangladesh, spiega Simona Scovazzo, mediatrice culturale che sembra conoscere molti nel campo.

“Questa è una zona compresa tra due comuni, Castelveltrano e Campobello di Mazara, dove c’è una concentrazione di olivicoltura. Qui produciamo un’oliva speciale che può essere usata per l’olio extravergine di oliva e anche da mangiare come spuntino”. Ma Scovazzo, che da una decina di anni opera sul territorio, ammette dopo la giornata di lavoro gli uomini sono costretti a vivere in condizioni che sono un mondo a parte da questa industria gastronomica.

“All’interno del campo non ci sono servizi. Non c’è acqua corrente, elettricità, servizi igienici, quindi i ragazzi qui fanno del loro meglio”, dice. “Ad esempio, faranno bollire l’acqua e poi la distribuiranno attraverso il campo. Hanno costruito piccoli spazi doccia per questo e ci sono aree “toilette”. Di notte, accendono fuochi in modo che si possa vedere, poiché non ci sono luci all’interno il campo.”

Funzionano anche i generatori a benzina, che forniscono l’elettricità a un televisore per l’intrattenimento, dice uno dei capi del campo a InfoMigrants. Ma è stato un generatore a causare l’incendio anche nel 2021, spiega Jonny.

Nessun posto dove andare

Non tutti coloro che vivono nelle cementerie abbandonate hanno contratti di lavoro. Simona Scovazzo spiega che le persone finiscono qui per motivi diversi. “Alcuni di loro semplicemente non riescono a trovare un posto in affitto, quindi vengono qui. E non vengono forniti abbastanza posti ufficiali. Altri forse hanno avuto un permesso di soggiorno ma potrebbe essere scaduto e ora, senza un indirizzo, non sono in grado di rinnovarlo”.

Altri, aggiunge, si accampano per tutta la durata del raccolto in piccole tende vicino ai campi, ricoperte di plastica per proteggersi dalle frequenti piogge durante questa stagione. Anche se alcuni affermano di essere in possesso di documenti, dice Jonny Affun, la maggior parte degli uomini del campo sono costretti a rimanere lì perché non hanno uno status legale. “Cercano di sopravvivere lì (dentro la fabbrica di cemento abbandonata) perché la maggior parte di loro sopravvive senza documenti”, aggiunge. “Alcuni anni fa lì vivevano meno migranti, ma dopo le leggi Salvini (leggi sulla migrazione e sulla sicurezza approvate nel 2018 che hanno revocato alcune protezioni e reso più difficile in alcuni casi l’ottenimento dei permessi di soggiorno e di lavoro) molti di loro hanno perso i documenti e quindi non hanno altro posto dove andare”.

Nel frattempo, la situazione all’interno del campo peggiora di giorno in giorno, spiega Affun. “Si vede la quantità di rifiuti all’ingresso. Questo perché negli ultimi due anni non è passato nessuno a sgomberare. Quei ragazzi sono sempre arrabbiati, non vogliono parlare, sono stanchi, non hanno documenti, nessun posto dove andare, nessun posto dove lavorare. Anche alcuni di loro con i documenti lì dentro, non riescono a trovare un posto da affittare. Quando chiamano e chiedono se possono affittare una casa, i cittadini chiedono: “di dove sei?”. Quando rispondono “dall’Africa”, gli viene detto “non c’è una casa da affittare”. Quindi sono costretti a vivere in quello spazio”.

Affun pensa che le autorità debbano parlare di più con i lavoratori migranti per vedere cosa vogliono. “Molte di quelle persone che lavorano, non conoscono i loro diritti e un contratto di lavoro. È davvero importante dare informazioni e insegnare a queste persone i loro diritti fondamentali”.

Nuovi progetti

La regione siciliana sta cercando di fare qualcosa. La responsabile dell’ufficio per la migrazione, Michela Bongiorno, è stata impegnata con i comuni della Sicilia occidentale per prendere possesso dei terreni confiscati alla mafia e rilanciare i borghi marinari abbandonati dai residenti andati in città in cerca di lavoro.

Alcuni lavoratori migranti sono già ospitati in un centro di accoglienza SPRAR pulito a cinque minuti di auto da Campobello, e accanto ad esso sono state costruite anche 300 nuove cabine in collaborazione con l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati UNHCR per ospitarne altri.

«Il problema dell’alloggio è davvero serio», dice Bongiorno. “I lavoratori stagionali che vengono per alcuni mesi dovrebbero poter vivere in condizioni igieniche, ma io sono contraria all’idea che questi campi esistano tutto l’anno. Se le persone vivono nella nostra regione per tutto l’anno, dovrebbero essere adeguatamente integrate. Ecco perché stiamo avviando nuovi progetti per farlo”.

Diritti per i lavoratori

Una nuova campagna, “Diritti negli Occhi”, mira a fornire un sistema di alloggi, trasporti e infrastrutture sponsorizzato dallo Stato affinché i lavoratori stagionali possano arrivare nei campi, vivere in luoghi igienici ed evitare lo sfruttamento. In precedenza, questi progetti erano offerti solo a chi aveva un permesso di soggiorno, ma si spera di offrire alloggi sanitari sicuri a tutti coloro che lavorano nella zona, al fine di spezzare la morsa dei contratti di lavoro abusivi e dello sfruttamento che alcuni agricoltori richiedono ai loro lavoratori e che alimenta questo ciclo di povertà e abusi.

Secondo TP24, un giornale online per la provincia di Trapani e la Sicilia occidentale, due progetti finiranno per migliorare la situazione, con un costo stimato di quasi 2,6 milioni di euro. Mirerebbero a costruire ostelli per i lavoratori stagionali e ad assicurare che tutti abbiano contratti di lavoro adeguati, anche se il tempo necessario per installarli “potrebbe essere lungo”.

Nel frattempo, dice Jonny Affun, la situazione per i lavoratori è desolante. “Alcune di queste persone lavorano dieci ore al giorno e percepiscono a malapena 30 euro di compenso. Quando finiscono la giornata sono davvero stanche, è quello che è successo al fratello guineano morto nell’incendio l’anno scorso. Era così stanco, si è addormentato e nel frattempo l’intero campo è andato a fuoco. Un altro incendio è accaduto anche quest’anno. Il governo è arrivato, parlano, parlano, ma non è stato fatto nulla. Finora non c’è una soluzione. È molto deprimente. Gli stessi incidenti accaduti allora potrebbero ripetersi di nuovo”. Pagine Esteri

Link dell’articolo in lingua inglese

*http://www.infomigrants.net/en/post/43809/between-olive-groves-and-no-mans-land-migrant-workers-in-western-sicily

L'articolo REPORTAGE. Tra uliveti e “terra di nessuno”: i lavoratori migranti nella Sicilia occidentale proviene da Pagine Esteri.



Occhio. La campagna di iscrizioni spam denunciata da @Fabio Manganiello proviene da veri e propri #Borg. Infatti non si tratta di bot tradizionale, ma di una trollfarm costituita da tanti umani gestiti da un'unica centrale cibernetiche che distribuisce loro i compiti che devono essere utilizzati da un umano.

Sta già succedendo con tutte le istanze del fediverso a iscrizione aperta e sarà sempre peggio.

Oltre a questo fenomeno esiste già da tempo la strategia di creare nuove istanze solo per creare spam (seguire utenti, inviare messaggi pubblici o privati, o saturare le Timeline federate).

Questa escalation comporta un continuo intervento da parte degli amministratori di istanza che invece di poter gestire solo l'ordinaria amministrazione, si ritrovano con il compito arduo di operare una pulizia manuale.

Con sistemi più evoluti come mastodon tutto ciò è decisamente più facile, ma alcuni amministratori come @Carlo Gubitosa :nonviolenza: hanno dovuto introdurre la registrazione previa approvazione.

Tuttavia alcuni sistemi meno evoluti come friendica hanno serie difficoltà anche solo a farsi segnalare dai propri utenti problemi di spam o peggio. Anche per noi perciò l'impegno diventa sempre più gravoso, ma cercheremo di stare sempre sul pezzo per tenere pulito il nostro bel parco pubblico!


#Gitea #spam

25 more spam users have been created today on my Gitea instance.

Again, same patterns - GMail email addresses, spammy links in the description, most of them about services in India (ranging from tours in Ooty or Agra, to help with programming assignments, to escort services in Pune). I've noticed that some of them also started created empty repos.

This is in spite of the block to direct registrations I've put on the website - it's now only possible to register/sign-in through a 3rd-party.

The solution for now has been to run again my script for spam accounts deletion, and to disable logins through the Google OAuth2.

It seems quite clear to me, however, that there are real humans behind these campaigns, even if the registration patterns seem to concentrate around certain times of the day. Me and other Gitea admins reported that even CAPTCHAs couldn't stop them. In my case, with direct registrations disabled on the server, it means that some real humans with some real Google accounts were clicking on the "Sign in with Google" button and signing in. Now if they want to sign in they have to go through some extra steps (having a Twitter, Mastodon or Github account), and I hope that this at least frustrates their efforts a bit. The reason why real humans would spend so much effort targeting a Gitea instance with just about 100 users is still unclear to me though.

@codeberg do other instances report similar patterns as well? Anything we can do to mitigate this flood?


in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂

SEO spam. La strategia è quella di prendere di mira quanti più siti possibile con registrazioni aperte. Se su 1000 siti presi di mira almeno 10 scalano il ranking, anche il ranking delle pagine linkate salirà di conseguenza.
in reply to Fabio Manganiello

ah, quindi tutta questa rottura di scatole è solo una strategia di SEO? Ma che li possino...


In Friuli Venezia Giulia il 4 novembre 2020 è scoppiata una guerra…


Quanto leggerai di seguito è una storia che ti sembrerà pura fantasia, ma che racconta una realtà attuale. Leggi tutto fino in fondo e scoprirai…

Quanto leggerai di seguito è una storia che ti sembrerà pura fantasia, ma che racconta una realtà attuale. Leggi tutto fino in fondo e scoprirai di cosa sto parlando.


In Friuli Venezia Giulia il 4 novembre 2020 è scoppiata una guerra, definita da Giuseppe Conte una veloce azione di polizia per fermare i dissidenti.

Il casus belli è stato che il 9 settembre 2020 si sono svolte le elezioni regionali friulane come regione a statuto speciale, mentre il governo centrale a livello nazionale le aveva rinviate causa pandemia.

Dissidenti che governavano fino al giorno prima il Friuli VG, legittimamente eletti come da costituzione. Partito che fu capo coalizione per 27 anni al governo italiano.

Il governo di Roma quindi il 4 novembre 2020 ha messo in atto una “veloce azione di polizia” nei confronti dell’amministrazione regionale, verso il partito che governava il Friuli.

La lotta contro i dissidenti, la veloce azione di polizia per bloccarli e arrestarli, si è trasformata in guerra, guerra dai risvolti etnici e genocidi. Nel primo mese sono stati stimati 60/70000 friulani che sono riusciti a migrare in Svizzera, per mettersi in salvo.

Guerra che è stata svolta fin dall’inizio in totale blackout elettrico e comunicativo del Friuli VG. La regione totalmente isolata e confinata a se stessa, come i suoi abitanti. Ancora oggi non è possibile telefonare o mettersi in contatto via internet con il Friuli: tutto ancora bloccato, come bloccati i conti correnti ed in assenza di carburante.

Dalle forze militari italiane sono state attaccate aree urbane, chiese, sono stati sacccheggiati e distrutti gli ospedali, l’80% del sistema sanitario regionale. La repressione verso i dissidenti politici si è rivoltata contro la popolazione italiana, verso i civili in Friuli: sospettati di supportare il partito contro il governo centrale. I civili hanno iniziato a resistere per la propria stessa esistenza, trovandosi di mezzo a fuoco incrociato: in mezzo a uccisioni, violenze, abusi, crimini… in mezzo ad una guerra non loro. Si sono verificati massacri sui civili, uccisioni extragiudiziali sui civili solo perché parlavano friulano, quindi solo per il sospetto di essere collusi con i membri del partito dissidente in quanto friulani.

Decine di migliaia sono stati allontanati da cariche di stato, posti di lavoro e a Roma sono stati bloccati i loro conti correnti: per il governo Conte era un’azione dichiarata preventiva per perseguire la sicurezza nazionale.

Sono stati arrestati e deportati in luoghi sconosciuti circa 17.000 unità, soldati friulani che facevano parte dell’esercito italiano. Sono iniziati anche gli arresti sui civili friulani in tutta Italia perché potenziali sovversivi. I friulani residenti fuori regione sono stati perseguitati, le forze di polizia governativa è andata casa per casa per perquisizioni anche senza alcun mandato e giustificazione ufficiali. Molti di questi friulani sono stati arrestati e detenuti in campi di prigionia non ben specificati in territorio italiano. Ancora oggi, dopo quasi 2 anni dallo scoppio della guerra ci sono decine di migliaia di friulani agli arresti di cui non si sa nulla sulle loro condizioni e se sono stati scarcerati.

Gli stupri sistematici per vendetta sulle donne friulane da parte delle forze governative sono diventati arma di guerra, crimine. Il governo italiano ha negato per mesi l’alleanza con milizie armate padane e neo fasciste come Forza Nuova e Casa Pound e le truppe austriache, gruppi alleati delle forze militari italiane. Sotto pressione internzionale, il premier Giuseppe Conte, a marzo 2021 in sede parlamentare, ha dovuto confessare la presenza dell’esercito austriaco in Friuli. Esercito che si è macchiato di crimini di guerra e contro l’umanità nei confronti dei civili e del popolo friulano.

Sono stati bruciati campi, distrutti raccolti e rubato o massacrato bestiame: strategia per affamare il popolo friulano. La fame come arma di guerra.

A maggio 2021 è stato normato dal governo Conte che il partito dissidente, i suoi membri e tutti i sostenitori sono da considerarsi gruppo terroristico e terroristi quindi da perseguire a norma di legge. Sono stati legittimati così i crimini di guerra e contro l’umanità perpetrati sistematicamente in Friuli e sui friulani che vivono su tutto il territorio nazionale.

Per quasi 9 mesi, dal giugno 2021 al marzo 2022, le agenzie umanitarie dell ONU hanno confermato blocco “de facto” all’accesso umanitario in Friuli Venezia Giulia. Il sistema sanitario martoriato nelle prime fasi dai saccheggi e distruzione oggi è al collasso per mancanza di medicinali e materiale igienico-sanitario: mancano i medicinali da banco, manca insulina per curare decine di migliaia di pazienti facilmente curabili con la dialisi in tempo di pace. C’è un solo ospedale a livello regionale che può fornire la dialisi ma anch’esso oggi è in mancanza di reagenti per i test, insulina. Manca tutto.

Amnesty Interantional e HRW – Human Right Watch in un report congiunto confermeranno i sospetti e le indiscrezioni, le denunce che il popolo friulano e la sua diaspora, il “Fogolâr Furlan” in giro per il mondo ha cercato di far uscire come verità chiedendo giustizia: Confermata attività di pulizia etnica nel Friuli occidentale, nel pordenonese da parte delle milizie fasciste di Forza Nuova e Casa Pound verso i friulani. I gruppi fascisti occupano tutt’ oggi quell’area rivendicandola giurisdizionalmente e storiacmente loro.

Un report della commissione di esperti di diritto umanitario delle Nazioni Unite nel settembre 2022 ha denunciato che il governo centrale di Conte abbia perpetrato crimini contro l’umanità bloccando l’accesso umanitario in Friuli per i milioni di abitanti.

Ancora oggi la comunità internazionale non è riuscita a mantenere la promessa del “Mai più” per tutelare le vite di milioni di friulani dalle volontà politiche genocide del governo italiano. La comunità internazionale ha paura di dichairare effettivamente quel che si sta proponendo sotto gli occhi di tutti, un genocidio.

Un report di marzo 2022 di un team di ricercatori di univeristà belga ha stimato 500.000 morti in Friuli, diretti per la guerra e indiretti per mancanza di supporto alimentare, (morti di fame) e per mancanza di cure e supporto medico.

Le donne friulane stuprate sono stimate in 120.000, ma sarebbero la punta dell’iceberg, perché molte non sono state in grado di denunciare.

Il 90% dei friulani in regione è dipendente dal supporto umanitario, che ancora oggi è bloccato dal nuovo fronte di guerra: gli austriaci, nonostante gli sia stato intimato di ritirarsi dall’Iitalia, dal Friuli Venezia Giulia, continuano ad occupare varie aree e a perpetrare crimini.

Spiegazioni


Quanto hai letto è per darti l’idea attraverso realtà e nomi che conosci per raccontarti quello che da ormai 2 anni sta avvenendo nel Tigray, stato regionale settentrionale dell’Etiopia.

Roma è Addis Abeba, la capitale etiope. Mekellé è “Udine” nel racconto. Le proporzioni geografiche sono più o meno quelle: oggi ad Addis le persone dicono di vivere bene, ma in Tigray, nel “Friuli etiope” i civili, i loro fratelli, i tigrini stanno ancora soffrendo, morendo di fame, per mancanza di cure e perché li stanno ancora bombardando con raid aerei. Le “milizie neo fasciste italiane” sono il soprannome delle milizie fano, gruppi armati non ufficiali di origine amhara. Gli “austriaci” sono le truppe eritree che ancora perpetrano crimini. Infatti bisognerebbe definirla guerra regionale e non civile.

I media italiani non ne parlano come della guerra in Ucraina. Non ne parlano come per tante altre guerre in giro per il mondo. Non ne parlano perché non ci sono risorse in gioco da tutelare per cui vale la pena raccontare una guerra genocida come quella in Tigray.

Se vuoi approfondire e sapere di più, collaboro in modo volontario con Focus On Africa e cerco di portare aggiornamenti sulla catastrofe umanitaria del nord Etiopia.

Recentemente abbiamo sottoposto un appello al governo italiano per chiedere “verita e giustizia per il Tigray”

Puoi leggerli su: Tigray : la Guerra Genocida Dimenticata dal Mondo – Archivio


tommasin.org/blog/2022-10-12/i…

reshared this

in reply to Informa Pirata

ma l'Etiopia non è l'Ucraina... (devo ancora capire se dei circa sessanta conflitti in corso ora nel mondo non si parla perché a morire non sono biondi caucasici dalla pelle di porcellana o per che altro)

reshared this

in reply to Viviana B.

@Viviana B. @Informa Pirata secondo me più che altro dell'ucraina si parla tanto non per il colore di chi viene ucciso (che insomma, prima della guerra gli ucraini non è che fossero così tanto ben visti), ma perché si ha paura che chi uccide finito con l'ucraina arrivi fin da noi (o quantomeno, su stati che sono membri nato, e quindi diventiamo coinvolti attivamente anche noi).
in reply to Elena ``of Valhalla''

@Elena ``of Valhalla'' questa percezione di nemico alle porte, però non c'è mai stata.

Quindi sì , forse il capello biondo e il basso tasso di melanina aiuta, ma non è sicuramente il motivo principale di Questa discriminazione tra le persone dell'Ucraina e le persone provenienti da altre parti del mondo.

La spiegazione più semplice mi sembra un'altra: gli Ucraini sono stati rappresentati come vittime nel quadro di una narrazione mediatica che ha insistito sull'Ucraina come vittima e sull'identificazione dei suoi abitanti con essa.

Questo ha dimostrato due cose:
- che hanno ragione I complottisti del Piano Kalergi quando sostengono che è possibile indurre un intero popolo a empatizzare con il diverso (come hai ricordato tu, gli Ucraini fino a prima del conflitto non è che fossero così simpatici agli Italiani)
- i complottisti del Piano kalergi hanno completamente torto, dal momento che negli altri casi, proprio quelli di cui solitamente parlano loro, non si è MAI voluta fare una campagna di sensibilizzazione sull'accoglienza del diverso e di empatia nei suoi confronti.

@Viviana B.

Unknown parent

friendica - Collegamento all'originale
Elena ``of Valhalla''

@Viviana B. @Informa Pirata per politica, finanza e stampa, questo è un caso di un aggressore che ha il potere e l'intenzione di influenzare negativamente la nostra economia.

Chi è andato ad ammazzare, chessò, in afghanistan, aveva il potere, ma non, oltre certi limiti, l'intenzione.

L'Etiopia non credo che ne abbia il potere.




PODCAST. Gas, accordo tra Israele e Libano. Nasrallah approva, Netanyahu lo condanna


I due paesi, formalmente in guerra, definendo i confini marittimi hanno anche stabilito i termini dello sfruttamento di due giacimenti di gas. La destra israeliana accusa il premier Lapid di aver ceduto alla pressioni del movimento sciita libanese Hezboll

di Michele Giorgio –

Pagine Esteri, 12 ottobre 2022 – Soddisfazione per l’accordo raggiunto da Israele e Libano che mette fine alla lunga disputa sui confini marittimi e apre allo sfruttamento di giacimenti di gas.

L’intesa è stata approvata anche dal leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah che aveva minacciato una guerra in difesa del diritti del Libano sul gas.

widget.spreaker.com/player?epi…

L'articolo PODCAST. Gas, accordo tra Israele e Libano. Nasrallah approva, Netanyahu lo condanna proviene da Pagine Esteri.



Eurodestra


Il bello delle democrazie è che le maggioranze, legislative e governative, possano alternarsi senza che caschi il mondo o si rivoluzioni il sistema. Qualche cosa cambia, naturalmente, e sarebbe semmai preoccupante il contrario, che restasse tutto uguale.

Il bello delle democrazie è che le maggioranze, legislative e governative, possano alternarsi senza che caschi il mondo o si rivoluzioni il sistema. Qualche cosa cambia, naturalmente, e sarebbe semmai preoccupante il contrario, che restasse tutto uguale. Ma non cambiano gli equilibri fra le istituzioni e non cambia la collocazione internazionale.

Quel che cambia, nelle scelte legislative e governative, può piacere o meno, ma l’occasione per fermare o spingere oltre potrà essere colta al successivo appuntamento elettorale. Posto quanto già qui sostenuto, ovvero che non intravediamo pericoli per gli equilibri istituzionali e le libertà fondamentali, aggiungendo che ove la maggioranza appena vincitrice dovesse venire meno, per divisioni interne, sarà il Quirinale a verificare l’esistenza di altre o scegliere il ritorno alle urne, ragioniamo ora di Unione europea. La destra italiana, considerati anche i suoi legami politici europei, costituisce un pericolo? Corriamo il rischio che l’Italia sia isolata?

Per prima cosa va osservato che la maggioranza neanche esiste se non comprendendo una sua componente che è parte del Partito popolare europeo. Ove questa appartenenza e identità non vengano meno, è già un primo elemento rassicurante. Poi si osservi che il partito europeo che l’onorevole Meloni presiede ha la sua componente più importante in Polonia, e che, come si può verificare anche in Italia, l’aggressione russa all’Ucraina ha collocato questo gruppo fra quanti condannano Putin senza cercare sfumature, ribadendo la collocazione atlantica e interamente condividendo le scelte dell’Ue (nel caso italiano: quelle del governo Draghi).

Vero che la Lega a trazione salviniana è su posizioni diverse e per certi aspetti opposte, ma ha una forza ben ridotta e, comunque, non s’è mai spinta oltre le parole, votando a favore delle sanzioni. Su quel fronte (in senso pieno) non ci sono problemi.

E su quello della coerenza europeista, guerra a parte? Qui le cose stanno diversamente. La ragione per cui non basta affatto che ci si dica “patrioti europei” si trova nella storia. Recente. I comunisti, infatti, si dicevano “eurocomunisti”, stringendo rapporti con gli omologhi portoghesi, spagnoli e francesi. Non di meno nessuno li ha mai considerati veramente europeisti e, anzi, fecero il possibile per impedire il processo d’integrazione.

Varrà la pena ricordare che si opposero all’ingresso dell’Italia nello Sme (Sistema monetario europeo), propedeutico all’euro, e che il discorso di diniego fu tenuto, alla Camera, da Giorgio Napolitano. In quelle condizioni non potevano governare e ove l’avessero fatto sarebbe stata una tragedia, per l’Italia. Questa è una pagina importante, specie per quelli che già cominciano a dire che c’è preclusione per la destra: falso, c’è e ci sarà preclusione per gli antioccidentalisti e per gli anti-Ue. Che poi sono quelli amati dalla Russia, nel secolo scorso e in questo.

Qualche tempo dopo la sinistra italiana e Napolitano in particolare s’impancarono a dar lezioni d’europeismo a tutti. Tanto che taluni si sono convinti l’Ue sia una cosa di sinistra (e che siano sinistra la Cdu o la Csu, in Germania, fa morire dal ridere). Poco male: avevamo vinto noi, avevano vinto gli europeisti e non si deve essere gelosi. Succederà la stessa cosa a destra? Più o meno, se vorranno diventare forza e forze capaci di governare, di costruire e non solo di mestare nei cattivi umori. E noi europeisti ne saremo felici.

In particolare ne saremo felici come europeisti italiani, visto che il terreno di prova non sarà la guerra, ma l’accettazione della corrispondenza fra politiche europee e vincoli da quelle generate, specie in campo economico. La prova sarà il sapere fare i conti con la realtà, rinunciando a quanto d’irreale ci si portava dietro. E che quei conti tornino sarebbe un gran bene per la democrazia. Anche nel caso non si dovesse condividere, in parte o del tutto, quel che la maggioranza di destra farà.

La Ragione

L'articolo Eurodestra proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Defence for Children: i minori non accompagnati devono essere prima minori e poi migranti


Esiste una discriminazione strutturale a cui vengono sottoposti i minori stranieri. Sono infantilizzati o adultizzati ma mai ascoltati. Il nuovo Rapporto di Defence for Children Italia rappresenta una guida pratica per le istituzioni L'articolo Defence f

di Eliana Riva –

Pagine Esteri, 12 ottobre 2022 – “I minorenni stranieri non accompagnati ci portano a sfidare un’idea di infanzia, ci pongono un problema di identità politica, sociale e culturale che non abbiamo ancora affrontato”. Defence for Children Italia, sezione italiana di un movimento mondiale che difende e promuove i diritti delle persone minorenni, ha presentato questa estate il Rapporto sul grado di applicazione della Legge 47/2017. La ricognizione effettuata insieme a CESPI per l’Osservatorio Nazionale Minori non accompagnati ha raccolto dati ed esperienze sullo stato dell’arte del sistema di accoglienza e di protezione dei minori non accompagnati.

Focalizzandosi sul sistema delle regioni Sicilia, Puglia, Marche e Liguria, il Rapporto raccoglie criticità e storture di una errata o assente applicazione della legge, suggerendo metodologie alternative e modalità di superamento degli ostacoli che impediscono una gestione opportuna.

Defence for Children non è un’organizzazione a carattere filantropico – ci spiega Pippo Costella, direttore della sezione italiana – ma riconosce, in un mondo adulto, la titolarità dei diritti dei minorenni. I nostri ambiti prioritari sono quelli che riguardano i minorenni nei fenomeni migratori, nella sfera della giustizia ma anche le questioni di genere e la loro partecipazione attiva alla vita della comunità“. Il Rapporto si costituisce sulla base dell’esperienza di Defence for Children con i ragazzi migranti e analizza nello specifico le differenze tra l’applicazione della legge e quello che la legge stessa prevederebbe. “La legge sui minori non accompagnati è una buona legge, crediamo possa rappresentare un riferimento primario o almeno dovrebbe essere così ma così non è. La legge si connette ai principi internazionali di protezione dei minore, come La Convenzione ONU sui Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e li declina in termini di azioni. Se fosse applicata potrebbe determinare politiche virtuose. Ma al momento viene applicata in maniera frammentaria e non è messa a sistema”.

Il Rapporto rileva infatti che i minorenni stranieri, che raggiungono da soli l’Italia spinti a lasciare il proprio paese e la propria casa da situazioni di conflitto, povertà e necessità, nonostante l’obbligo di pari trattamento indicato dal primo articolo della Legge, continuino a subire una situazione sistematica di discriminazione e penalizzazione nel percorso di accoglienza.

“Il fatto di essere un migrante – continua Costella – non dovrebbe prendere il sopravvento sull’essere un minore non accompagnato. Anzi, la legge difende le concezione del superiore interesse del minorenne. Ma oggi avviene esattamente il contrario: si è prima un migrante e poi un minore. La legge mette al centro non solo i diritti ma anche i bisogni dei minori, proponendo una versione olistica che integra la sua storia, il presente e le possibili prospettive. Mette in relazione i diversi ambiti, li mette a sistema. Se fosse applicata sarebbe possibile prendere in carico il minore contestualizzando i suoi bisogni reali“.

“L’accoglienza deve innalzare il livello di protezione e ridurre la vulnerabilità. Molti non si sentono tutelati dal sistema e quindi scappano. Possiamo raccontarci che quelli che scappano hanno semplicemente deciso di andare da un’altra parte ma la verità è che il sistema non è riuscito a tutelarli. La legge permette il ricongiungimento familiare ma ci impiega almeno un anno e per un ragazzo o una ragazza un anno è tantissimo. Un minore che fugge si mette in una condizione di vulnerabilità, di quasi clandestinità, è facile che diventi vittima di violenza“.

3020178

Alla base della mancata o errata applicazione della legge da parte delle istituzioni c’è sicuramente anche un problema di conoscenza del fenomeno, che viene trattato da anni e anni in termini di emergenza. “E questo in tutte le fasi di gestione – continua Pippo Costella -, da quella dell’operatore a quella del politico di turno. Tra le istituzioni non esiste neanche un linguaggio condiviso che possa aiutare a stabilire una strategia. Con la modalità di gestione dell’emergenza vanno in deroga una serie di questioni e non si riesce a sviluppare un’intelligenza. I minorenni poi, in generale, non hanno voce nel nostro sistema. Se sono stranieri e non parlano la nostra lingua, ancora meno. Esiste una discriminazione strutturale a cui vengono sottoposti i minori stranieri. Sono infantilizzati o adultizzati ma mai ascoltati. Nel rapporto la voce dei ragazzi e delle ragazze è presente, è quella dei minori con cui quotidianamente lavoriamo. Se vogliamo capire chi sono e non solo cosa sono, dobbiamo ascoltarli”. E il Rapporto contiene anche pratiche di ascolto e un glossario proposto come punto di partenza per la gestione condivisa tra le istituzioni. Perché spesso anche la mediazione culturale è assente, i mediatori delle comunità sono precari e costretti a passare tantissimo tempo impegnati nella compilazione di lunghe e macchinose pratiche burocratiche. Spesso non denunciano le violazioni del diritto perché sarebbero licenziati. Defence for Children lavora tanto con i tutor volontari, un ruolo importante che permette al cittadino di entrare nel sistema con lo scopo preciso di tutelare. Ma è un ruolo in crisi. Non perché manchino i volontari ma perché se il sistema è inefficiente per il cittadino diventa una missione impossibile: il tutor si trova a lavorare non per il sistema ma contro di esso. “Spesso a venir prima degli interessi del minorenne sono gli interessi istituzionali, le strumentalizzazioni politiche, gli appalti con la formula del capitolato. Dobbiamo garantire una terzietà e questo può essere fatto solo con un sistema legislativo. In alcune Regioni presentiamo il Rapporto insieme al Garante per l’infanzia, perché potrebbe rappresentare un ausilio importante per le istituzioni che possono trovare al suo interno una lettura del fenomeno che cerca di articolare ciò che prevede la legge”. Il fatto che si tratti di adolescenti, spesso maschi, allontana l’immagine del minore non accompagnato da quella un po’ romantica del bambino o della bambina. E questo crea anche specifiche difficoltà politiche. Il rapporto declina in termini pratici ed intriganti un testo formale e noioso quale è quello di una legge. “È realizzabile e a basso costo. Utile soprattutto in un momento in cui molta propaganda politica si basa sull’incitamento alla violazione della legge internazionale“.

L'articolo Defence for Children: i minori non accompagnati devono essere prima minori e poi migranti proviene da Pagine Esteri.



PayPal, alfiere della censura e del World Economic Forum


Una nuova policy PayPal prevede una sanzione di $2.500 sul conto di chi pubblica contenuti di "disinformazione". Dicono che sia stato un errore, ma le evidenze suggeriscono il contrario.

3019674

Il 7 ottobre 2022 il DailyWire riportava una notizia inquietante: “New PayPal Policy Lets Company Pull $2,500 From Users’ Accounts If They Promote ‘Misinformation” (Una nuova policy aziendale permetterà a PayPal di prelevare $2.500 dagli account delle persone che promuovono disinformazione).

238358

L’articolo spiega che, in base a un aggiornamento pubblicato sul loro sito, PayPal aveva in programma di aggiornare la sua Acceptable Use Policy, estendendo la lista delle attività vietate anche a “l’invio o la pubblicazione di ogni messaggio, contenuto o materiale che promuova disinformazione o che presenti un rischio per la sicurezza o benessere delle persone.

Grazie alla Wayback Machine di web.archive.org possiamo verificare che in effetti la scorsa settimana è stato pubblicato sul sito di PayPal una Acceptable Use Policy che riportava la data del 3 novembre 2022, contenente questo nuovo paragrafo:

238359

Più o meno è ciò che riporta l’articolo: a discrezione di PayPal verrà sanzionata la pubblicazione di ogni tipo di messaggio, contenuto o materiale che possa essere dannoso, osceno, violento oppure sgradevole - oltre a numerose altre ipotesi, come messaggi e contenuti che in qualche modo possano discriminare individui o gruppi, o che possano presentare un rischio per la sicurezza e il benessere delle persone.

Qualche giorno dopo PayPal ha “smentito” la notizia, affermando che si trattasse di un errore, e che non era previsto in realtà alcun aggiornamento della loro Acceptable Use Policy.

3019676

La questione è preoccupante e vale la pena commentarla, andando oltre i semplici fatti di cronaca. Sappiamo che PayPal è strettamente connesso col World Economic Forum e questa vicenda non è semplicemente frutto di un errore casuale.

Ma prima di entrare nel vivo, vediamo cosa prevede oggi la loro Acceptable Use Policy.

Privacy Chronicles si sostiene solo grazie agli abbonamenti dei lettori. Se ti piace quello che scrivo e vuoi sostenere il mio lavoro, considera l’abbonamento! Sono circa €3 al mese. Oppure, scrivimi per una donazione in Bitcoin! 😀.

L’ultimo aggiornamento dell’Acceptable Use Policy di PayPal risale al 20 settembre 2021. La policy oggi riporta le seguenti attività vietate:

Read more

reshared this



Meloni è più oscura di una camera oscura


Meloni sta in Parlamento e riceve gente. Si sta trattando, si dice. Sì, ma su cosa? Cosa sta promettendo o cosa le stanno promettendo tutte queste persone, spesso ignote, che vanno e vengono? E poi i 'patrioti'. Che diamine significa una Europa dei patrioti, e che sono i patrioti? Patriota di che? dell’Italia e della Spagna o dell’Europa? E' ben legittimo domandarsi a cosa ci vuole portare la signora Meloni

L'articolo Meloni è più oscura di una camera oscura proviene da L'Indro.



Estrattivismo dei dati: Davide Lamanna intervista Giacomo Tesio su Monitora PA


ondarossa.info/newstrasmission…

reshared this



Il nuovo orientamento di Taiwan nel confronto con la Cina


La festa nazionale di Taiwan il 10 ottobre segna un’opportuna inversione di tendenza del respingimento strategico contro il continuo accerchiamento da parte della Cina con pressioni sia soft che hard power sia su Taipei che sugli attori regionali nella sua spinta a consolidare il suo obiettivo di riunificazione. Mentre Pechino cerca di sostenere il principio “una […]

L'articolo Il nuovo orientamento di Taiwan nel confronto con la Cina proviene da L'Indro.



Oggi, al Ministero dell’Istruzione, si è svolta la prima riunione del Comitato tecnico scientifico del Piano nazionale per la scuola digitale (PNSD).

reshared this



I campi minati geopolitici di un mondo turco


L’invasione russa dell’Ucraina ha dato nuova vita alla visione della Turchia di un mondo turco che si estende dall’Anatolia allo Xinjiang, nella Cina nord-occidentale. “L’Asia centrale ora assomiglia agli anni ’90, quando c’era un’enorme competizione tra le potenze globali e regionali per l’influenza sulla regione ricca di risorse. L’ombra della Russia sulla regione, unita al […]

L'articolo I campi minati geopolitici di un mondo turco proviene da L'Indro.



La Cina ha un problema: il suo soft power sta precipitando


Al 20° Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese la crisi del soft power, un pilastro della politica estera cinese, fino ad ora obiettivo dichiarato dell'orientamento politico a lungo termine della Cina. Diverse ricerche globali mettono in evidenza come mentre l'influenza di Pechino tiene, l'immagine no, le opinioni sfavorevoli sulla Cina hanno raggiunto un massimo storico dell'80%

L'articolo La Cina ha un problema: il suo soft power sta precipitando proviene da L'Indro.



Il giorno dopo i bombardamenti russi, numerosi blackout in tutta l’Ucraina. Kiev incassa il sostegno del G7, mentre Mosca apre all’ipotesi di un colloquio Putin-Biden.


Tutti sulla stessa barca“Acque agitate”. Così il Fondo Monetario Internazionale (FMI) riassume lo stato dell’economia mondiale nel suo outlook semestrale. Per il 93% dei Paesi del mondo, le previsioni di crescita sono state riviste al ribasso.


Taiwan suscita la paura degli alleati USA di venire intrappolati in Asia


Il rischio che le azioni degli Stati Uniti possano aumentare le tensioni, o addirittura avviare un conflitto a Taiwan preoccupa Australia e Giappone e Washington stenta a capire che i suoi alleati non vogliono dimostrazioni di forza americana nell'area

L'articolo Taiwan suscita la paura degli alleati USA di venire intrappolati in Asia proviene da L'Indro.



In un mese il governo britannico è già pericolante. Mai l’avvio di un nuovo esecutivo aveva causato un tale terremoto, politico e finanziario.


Il mito di una nascente ‘NATO mediorientale’


Israele vuole stringere un'alleanza militare con gli Stati del Golfo per controllare l'Iran. Ma le ambizioni israeliane rischiano troppo e offrono troppo poco. Gli Stati del Golfo respingono il progetto di Israele e dialogano con l'Iran

L'articolo Il mito di una nascente ‘NATO mediorientale’ proviene da L'Indro.



Cina: quanto durerà il terzo mandato di Xi Jinping?


La difficoltà di prevedere quanto durerà il terzo mandato (più che probabile) di XI e di quanto supporto avrà bisogno dalle fazioni rivali nel partito. Nel partito si sono formate diverse fazioni, bisognerà vedere quanto è forte XI rispetto a queste opposizioni interne. Si parla di blindare i suoi sostenitori con un terzo mandato a vita. E' stato difficile per i leader cinesi rimanere rilevanti per sempre

L'articolo Cina: quanto durerà il terzo mandato di Xi Jinping? proviene da L'Indro.



🔍 #PNRRIstruzione, quanto ne sai?

Nella rubrica di oggi approfondiremo insieme un’altra linea di investimento del #PNRR, quella dedicata all’educazione motoria e allo sport a scuola.



Nobel per l’economia 2022: una stridente contraddizione


Anche quest’anno puntualmente il premio Nobel viene assegnato a tre studiosi degli Stati Uniti (Ben Bernanke, Douglas Diamond e Philip Dybvig) come ormai da sempre ed incuranti del fatto che quel modello socioculturale rappresentato da un pensiero unico ha portato al caos il Paese che l’ha cavalcato. I premiati di quest’anno in scienze economiche, si legge nelle […]

L'articolo Nobel per l’economia 2022: una stridente contraddizione proviene da L'Indro.



Ucraina e Moldova si mobilitano per disarmare l’arma energetica di Vladimir Putin


La Russia potrebbe aver sperato che la stagione di riscaldamento iniziata il 1 ottobre sarebbe iniziata con il botto per infliggere più dolore ai mercati energetici nervosi d’Europa. Tuttavia, finora il Cremlino ha avuto poco da esultare. La notizia degli ultimi giorni di settembre che i gasdotti russi del Nord Stream erano stati sabotati ha […]

L'articolo Ucraina e Moldova si mobilitano per disarmare l’arma energetica di Vladimir Putin proviene da L'Indro.



Dal Pianeta Terra allarme per l’Amazzonia futura savana


“Ambiente e sviluppo sostenibile sono due parole che col tempo stanno perdendo di significato, se ne fa uso in maniera vaga: la questione fondamentale è l’alfabetizzazione, cioè rendere evidente a tutti il problema che stiamo vivendo, fornendo le chiavi e gli strumenti per comprendere beneche si tratta del più grave problema che l’umanità abbia avuto […]

L'articolo Dal Pianeta Terra allarme per l’Amazzonia futura savana proviene da L'Indro.



Il Presidente Giuseppe Benedetto ospite a “Start” su Sky TG 24 l’11 ottobre 2022


L’11 ottobre 2022, a partire dalle ore 10.30, il nostro Presidente Giuseppe Benedetto è stato ospite di Roberto Inciocchi a “Start” su Sky TG 24. L'articolo Il Presidente Giuseppe Benedetto ospite a “Start” su Sky TG 24 l’11 ottobre 2022 proviene da Fond

L’11 ottobre 2022, a partire dalle ore 10.30, il nostro Presidente Giuseppe Benedetto è stato ospite di Roberto Inciocchi a “Start” su Sky TG 24.

player.vimeo.com/video/7590615…

L'articolo Il Presidente Giuseppe Benedetto ospite a “Start” su Sky TG 24 l’11 ottobre 2022 proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



REPORTAGE. Tra uliveti e “terra di nessuno”: i lavoratori migranti nella Sicilia occidentale


Come i media stranieri riferiscono la condizione disumana in cui in molti casi sono tenuti i migranti africani in Sicilia. Il racconto illuminante di Emma Wallis in questo reportage pubblicato da Infomigrants. L'articolo REPORTAGE. Tra uliveti e “terra d

di Emma Wallis, articolo pubblicato il 7 ottobre 2022 da Infomigrants* (infomigrants.net/en/)

(foto screenshot da TG RAI regionale)

(traduzione dall’inglese a cura di Pagine Esteri)

Pagine Esteri, 11 ottobre 2022 – Negli ultimi dieci anni il campo migranti di Campobello di Mazara, nella Sicilia occidentale, è diventato una “terra di nessuno insalubre”. Le autorità regionali dicono che è così pericoloso che anche la polizia non va lì. InfoMigrants ha dato un’occhiata all’interno.

Per arrivarci è necessario guidare ad ovest dal capoluogo Palermo, verso le città di Trapani e Mazara del Vallo. Fuori dalle strade principali, lungo viuzze ventose e piene di buche, attraverso città povere, dall’aspetto quasi abbandonato, costituite da tetti piatti, abitazioni a un piano, tende sbrindellate che soffiano nella brezza serale, ci sono i resti di un cementificio abbandonato.

Da un lato della strada ci sono uliveti e dall’altro cumuli di rifiuti, accatastati più in alto di un’auto. Bottiglie di plastica per lo più, pacchetti vuoti, barattoli di latta arrugginiti e mosche. Mentre ci avviciniamo all’ingresso di questo insediamento, alcuni giovani dell’Africa subsahariana osservano la strada. La loro pelle sembra gessosa e callosa, le spalle accasciate, i vestiti impolverati ea volte strappati.

È qui nella Sicilia occidentale che un campo informale si riempie ogni anno di centinaia, a volte più di 1.000 lavoratori migranti, per lo più dall’Africa subsahariana, che vengono a raccogliere. Per molti in Sicilia, questo luogo è diventato una “terra di nessuno”.

“Anche la polizia non ci va”

Il capo dell’Ufficio regionale siciliano per l’immigrazione, Michela Bongiorno e la sua squadra, affermano che può essere pericoloso entrarvi. “Non si entra da soli”, avvertono, “anche la polizia non entra”. Fanno in modo da farci incontrare i mediatori culturali e traduttori locali Jonny Affun, Albert Kalenda Kabongo e Simona Scovazzo vicino al campo per aiutarci ad accedere. Bongiorno descrive le condizioni lì come “disumane” e riferisce che all’interno si svolgono spaccio di droga e attività mafiose.

“Non c’è luce né acqua. Immagina le grandi difficoltà che stanno affrontando [i migranti]. È molto difficile, è un’area abbandonata dove nessuno ha il controllo”, spiega Jonny, un traduttore nigeriano, arrivato lui stesso come migrante dal Mediterraneo circa 16 anni fa.

E’ fine settembre, la raccolta delle olive si avvia ai primi di ottobre. I residenti del campo hanno iniziato ad arrivare. In fondo a un vicolo, dietro i mucchi di spazzatura sul davanti, si apre una specie di viottolo, fiancheggiato da poltrone abbandonate e vecchi sedili per auto. Alcuni uomini siedono tra loro mentre i cani randagi vagano intorno. Un uomo sta cucinando su un fuoco aperto, una grande pentola di metallo in equilibrio sopra le fiamme. La cenere vola nella brezza e il fumo oscura le dimore sbrindellate fatte di pezzi di legno abbandonati, lamiera ondulata e vecchi muri fatiscenti.

Leader autoproclamati

Al comando sembrano essere due senegalesi in piedi vicino al fuoco. Non vogliono essere registrati o filmati e non ci lasciano parlare con nessun altro prima che abbiano deciso se possiamo restare. L’ostilità è palpabile. L’anno scorso, alla fine di settembre, un incendio ha squarciato una parte del campo, provocando la morte di un giovane lavoratore migrante di nome Omar Baldeh. Il suo corpo è stato trovato bruciato dove aveva dormito.

L’emittente statale italiana Rai è entrata nel campo quasi un anno dopo e ha chiesto a uno dei due sedicenti leader del campo cosa fosse cambiato da allora. “Niente. Semmai è peggiorato”, fu la sua risposta. “Siamo ancora noi qui, gente del Gambia, del Mali, del Senegal e dei tunisini. Vedi degli italiani che raccolgono le olive da queste parti?”

Olive raccolte a mano

Ogni anno circa 1.000-1.300 persone vengono nella regione per lavorare tra settembre e dicembre, raccogliendo le olive a mano per la raccolta. La maggior parte di loro proviene dal Mali, dal Senegal, dal Gambia, dal Burkina Faso, dalla Tunisia, dal Marocco, dal Pakistan e alcuni ora dal Bangladesh, spiega Simona Scovazzo, mediatrice culturale che sembra conoscere molti nel campo.

“Questa è una zona compresa tra due comuni, Castelveltrano e Campobello di Mazara, dove c’è una concentrazione di olivicoltura. Qui produciamo un’oliva speciale che può essere usata per l’olio extravergine di oliva e anche da mangiare come spuntino”. Ma Scovazzo, che da una decina di anni opera sul territorio, ammette dopo la giornata di lavoro gli uomini sono costretti a vivere in condizioni che sono un mondo a parte da questa industria gastronomica.

“All’interno del campo non ci sono servizi. Non c’è acqua corrente, elettricità, servizi igienici, quindi i ragazzi qui fanno del loro meglio”, dice. “Ad esempio, faranno bollire l’acqua e poi la distribuiranno attraverso il campo. Hanno costruito piccoli spazi doccia per questo e ci sono aree “toilette”. Di notte, accendono fuochi in modo che si possa vedere, poiché non ci sono luci all’interno il campo.”

Funzionano anche i generatori a benzina, che forniscono l’elettricità a un televisore per l’intrattenimento, dice uno dei capi del campo a InfoMigrants. Ma è stato un generatore a causare l’incendio anche nel 2021, spiega Jonny.

Nessun posto dove andare

Non tutti coloro che vivono nelle cementerie abbandonate hanno contratti di lavoro. Simona Scovazzo spiega che le persone finiscono qui per motivi diversi. “Alcuni di loro semplicemente non riescono a trovare un posto in affitto, quindi vengono qui. E non vengono forniti abbastanza posti ufficiali. Altri forse hanno avuto un permesso di soggiorno ma potrebbe essere scaduto e ora, senza un indirizzo, non sono in grado di rinnovarlo”.

Altri, aggiunge, si accampano per tutta la durata del raccolto in piccole tende vicino ai campi, ricoperte di plastica per proteggersi dalle frequenti piogge durante questa stagione. Anche se alcuni affermano di essere in possesso di documenti, dice Jonny Affun, la maggior parte degli uomini del campo sono costretti a rimanere lì perché non hanno uno status legale. “Cercano di sopravvivere lì (dentro la fabbrica di cemento abbandonata) perché la maggior parte di loro sopravvive senza documenti”, aggiunge. “Alcuni anni fa lì vivevano meno migranti, ma dopo le leggi Salvini (leggi sulla migrazione e sulla sicurezza approvate nel 2018 che hanno revocato alcune protezioni e reso più difficile in alcuni casi l’ottenimento dei permessi di soggiorno e di lavoro) molti di loro hanno perso i documenti e quindi non hanno altro posto dove andare”.

Nel frattempo, la situazione all’interno del campo peggiora di giorno in giorno, spiega Affun. “Si vede la quantità di rifiuti all’ingresso. Questo perché negli ultimi due anni non è passato nessuno a sgomberare. Quei ragazzi sono sempre arrabbiati, non vogliono parlare, sono stanchi, non hanno documenti, nessun posto dove andare, nessun posto dove lavorare. Anche alcuni di loro con i documenti lì dentro, non riescono a trovare un posto da affittare. Quando chiamano e chiedono se possono affittare una casa, i cittadini chiedono: “di dove sei?”. Quando rispondono “dall’Africa”, gli viene detto “non c’è una casa da affittare”. Quindi sono costretti a vivere in quello spazio”.

Affun pensa che le autorità debbano parlare di più con i lavoratori migranti per vedere cosa vogliono. “Molte di quelle persone che lavorano, non conoscono i loro diritti e un contratto di lavoro. È davvero importante dare informazioni e insegnare a queste persone i loro diritti fondamentali”.

Nuovi progetti

La regione siciliana sta cercando di fare qualcosa. La responsabile dell’ufficio per la migrazione, Michela Bongiorno, è stata impegnata con i comuni della Sicilia occidentale per prendere possesso dei terreni confiscati alla mafia e rilanciare i borghi marinari abbandonati dai residenti andati in città in cerca di lavoro.

Alcuni lavoratori migranti sono già ospitati in un centro di accoglienza SPRAR pulito a cinque minuti di auto da Campobello, e accanto ad esso sono state costruite anche 300 nuove cabine in collaborazione con l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati UNHCR per ospitarne altri.

«Il problema dell’alloggio è davvero serio», dice Bongiorno. “I lavoratori stagionali che vengono per alcuni mesi dovrebbero poter vivere in condizioni igieniche, ma io sono contraria all’idea che questi campi esistano tutto l’anno. Se le persone vivono nella nostra regione per tutto l’anno, dovrebbero essere adeguatamente integrate. Ecco perché stiamo avviando nuovi progetti per farlo”.

Diritti per i lavoratori

Una nuova campagna, “Diritti negli Occhi”, mira a fornire un sistema di alloggi, trasporti e infrastrutture sponsorizzato dallo Stato affinché i lavoratori stagionali possano arrivare nei campi, vivere in luoghi igienici ed evitare lo sfruttamento. In precedenza, questi progetti erano offerti solo a chi aveva un permesso di soggiorno, ma si spera di offrire alloggi sanitari sicuri a tutti coloro che lavorano nella zona, al fine di spezzare la morsa dei contratti di lavoro abusivi e dello sfruttamento che alcuni agricoltori richiedono ai loro lavoratori e che alimenta questo ciclo di povertà e abusi.

Secondo TP24, un giornale online per la provincia di Trapani e la Sicilia occidentale, due progetti finiranno per migliorare la situazione, con un costo stimato di quasi 2,6 milioni di euro. Mirerebbero a costruire ostelli per i lavoratori stagionali e ad assicurare che tutti abbiano contratti di lavoro adeguati, anche se il tempo necessario per installarli “potrebbe essere lungo”.

Nel frattempo, dice Jonny Affun, la situazione per i lavoratori è desolante. “Alcune di queste persone lavorano dieci ore al giorno e percepiscono a malapena 30 euro di compenso. Quando finiscono la giornata sono davvero stanche, è quello che è successo al fratello guineano morto nell’incendio l’anno scorso. Era così stanco, si è addormentato e nel frattempo l’intero campo è andato a fuoco. Un altro incendio è accaduto anche quest’anno. Il governo è arrivato, parlano, parlano, ma non è stato fatto nulla. Finora non c’è una soluzione. È molto deprimente. Gli stessi incidenti accaduti allora potrebbero ripetersi di nuovo”. Pagine Esteri

Link dell’articolo in lingua inglese

*http://www.infomigrants.net/en/post/43809/between-olive-groves-and-no-mans-land-migrant-workers-in-western-sicily

L'articolo REPORTAGE. Tra uliveti e “terra di nessuno”: i lavoratori migranti nella Sicilia occidentale proviene da Pagine Esteri.


pagineesteri.it/2022/10/11/med…



PETROLIO. Biden “deluso” dagli alleati sauditi, Riyadh resta amica di Putin


Negli Usa si sono convinti che l’Opec+, che ha tagliato la produzione di petrolio di due milioni di barili, e l'Arabia saudita si stiano progressivamente allineando alla Russia. Riyadh nega ma ripete che guarderà prima di tutto ai suoi interessi. L'artic

di Michele Giorgio –

Pagine Esteri, 11 ottobre 2022 – «Il petrolio non è un’arma e l’Arabia saudita non intende politicizzare questa risorsa». Prova ad allentare la tensione con Washington il ministro di Stato saudita per gli affari esteri, Adel al Jubeir, dopo il taglio annunciato dall’Opec+ della produzione globale di petrolio di due milioni di barili al giorno. Intervistato dalla Fox news, Al Jubeir ha fatto il possibile per smentire che il taglio sia avvenuto di concerto con la Russia, uno dei paesi associati all’Opec+. «Il petrolio, ai nostri occhi, è un bene importante per l’economia globale, in cui abbiamo un grande interesse», ha affermato il ministro saudita prima di ricordare i legami storici tra Washington e Riyadh. Ma le sue parole non bastano a stemperare la «delusione» profonda espressa qualche ora prima da Joe Biden che si sente tradito dal principale partner arabo. Il presidente americano ha reagito ordinando al Dipartimento dell’Energia di mettere sul mercato a novembre 10 milioni di barili dalla Strategic Petroleum Reserve (SPR), la più grande riserva mondiale di greggio, istituita nel 1975. Un passo che preoccupa alcuni esperti. La riserva di emergenza è già ai livelli più bassi dal 1984. Politico la scorsa settimana scriveva che Repubblicani e Democratici valutano diverse azioni, anche punitive, contro l’Opec+ ma appaiono tutte poco credibili.

Dopo il viaggio a Gedda di tre mesi fa che, tra le altre cose, aveva sancito la riconciliazione con il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman – accusato di aver ordinato l’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi-, Biden si attendeva da Riyadh una collaborazione più stretta, a cominciare dall’isolamento della Russia. E subito dopo il mantenimento di livelli elevati di produzione del greggio per contenere il costo del barile e dare una mano alle economie occidentali minacciate da un quadro energetico sempre più preoccupante per le conseguenze delle sanzioni contro il Cremlino. E invece i sauditi, di concerto proprio con la «nemica» Mosca, mentre gli Usa fanno di tutto per colpire Vladimir Putin, sono stati decisivi per il taglio della produzione. «Stiamo valutando una serie di alternative, ma non è ancora stata presa una decisione finale», ha affermato Biden, aggiungendo di non rimpiangere il suo viaggio in Arabia Saudita. «La mia visita non ha riguardato solo il petrolio, anzi era incentrata sulla stabilizzazione del Medio Oriente e di Israele», ha precisato per sottrarsi alle critiche che lo sommergono in queste ore.

Funzionari dell’Amministrazione Usa confermano che la Casa Bianca aveva fatto il possibile per impedire il taglio della produzione dell’Opec ed evitare che il prezzo della benzina negli Usa aumenti mentre si avvicinano le elezioni di medio termine e il Partito Democratico lotta per mantenere il controllo del Congresso. Biden il mese scorso aveva spedito in Arabia saudita Amos Hochstein, l’inviato speciale per l’energia, e il funzionario della sicurezza nazionale Brett McGurk per discutere di questioni energetiche e della decisione dell’Opec+. Non è servito ad impedire il taglio alla produzione del greggio. Stando alle indiscrezioni gli inviati statunitensi avrebbero cercato di mettere i sauditi di fronte a un aut aut: «noi o la Russia». La risposta del ministro dell’energia di Riyadh, il principe Abdulaziz bin Salman, è stata eloquente. «Ci preoccupiamo prima di tutto degli interessi del regno dell’Arabia saudita, quindi degli interessi dei paesi membri dell’Opec e dell’alleanza OPEC +». In poche parole: noi con Putin non rompiamo, continuiamo a collaborare e pensiamo solo a come evitare che l’economia saudita vada in recessione.

Intervistato dalla Reuters Ben Cahill, ricercatore presso il Center for Strategic and International Studies, ha affermato che i sauditi sperano che i tagli alla produzione garantiscano entrate sufficienti. «Il rischio macroeconomico sta peggiorando. I sauditi sapevano che il taglio avrebbe irritato Washington ma stanno gestendo il mercato», ha spiegato. A Riyadh puntano l’indice contro l’insufficiente capacità di raffinazione negli Usa e non condividono l’iniziativa americana per un tetto massimo del prezzo del petrolio russo che ritengono un meccanismo di controllo non di mercato che potrebbe essere utilizzato da un cartello di consumatori contro i produttori.

Negli Usa si sono convinti che l’Opec+ si stia progressivamente allineando con la Russia e al Congresso i Democratici hanno chiesto il ritiro delle truppe statunitensi dall’Arabia saudita. «Pensavo che lo scopo principale della vendita di armi agli Stati del Golfo, nonostante le loro violazioni dei diritti umani, l’assurda guerra nello Yemen, il lavoro contro gli interessi degli Stati uniti in Libia, Sudan, fosse che il Golfo avrebbe scelto l’America e non la Russia/Cina durante una crisi internazionale» ha scritto su Twitter il senatore Chris Murphy, un Democratico. Parole che rappresentano un attacco frontale alla decisione presa da Biden nei mesi scorsi di rilanciare le relazioni con Riyadh. Pagine Esteri

L'articolo PETROLIO. Biden “deluso” dagli alleati sauditi, Riyadh resta amica di Putin proviene da Pagine Esteri.



BEN(E)DETTO 11 ottobre 2022


Coloro che, legittimamente, in Italia vogliono chiamarsi conservatori, ci spieghino se intendono ispirarsi alla Le Pen o alla Thatcher. Cambia tutto. Ma proprio tutto. La Ragione L'articolo BEN(E)DETTO 11 ottobre 2022 proviene da Fondazione Luigi Einaudi

Coloro che, legittimamente, in Italia vogliono chiamarsi conservatori, ci spieghino se intendono ispirarsi alla Le Pen o alla Thatcher. Cambia tutto. Ma proprio tutto.

La Ragione

L'articolo BEN(E)DETTO 11 ottobre 2022 proviene da Fondazione Luigi Einaudi.

in reply to informapirata ⁂

il primo motivo è valido, il secondo no, perché sul piano economico fu una carnefice dei lavoratori e dei cittadini a basso reddito
in reply to Sentenza

ma su questo sono d'accordo: l'antinomia tra Thatcher e Le Pen è sbagliata, perché sono due visioni diversissime ovviamente ma contigue

@petrstolypin




PETROLIO. Biden “deluso” dagli alleati sauditi, Riyadh resta amica di Putin


Negli Usa si sono convinti che l’Opec+, che ha tagliato la produzione di petrolio di due milioni di barili, e l'Arabia saudita si stiano progressivamente allineando alla Russia. Riyadh nega ma ripete che guarderà prima di tutto ai suoi interessi. L'artic

di Michele Giorgio –

Pagine Esteri, 11 ottobre 2022 – «Il petrolio non è un’arma e l’Arabia saudita non intende politicizzare questa risorsa». Prova ad allentare la tensione con Washington il ministro di Stato saudita per gli affari esteri, Adel al Jubeir, dopo il taglio annunciato dall’Opec+ della produzione globale di petrolio di due milioni di barili al giorno. Intervistato dalla Fox news, Al Jubeir ha fatto il possibile per smentire che il taglio sia avvenuto di concerto con la Russia, uno dei paesi associati all’Opec+. «Il petrolio, ai nostri occhi, è un bene importante per l’economia globale, in cui abbiamo un grande interesse», ha affermato il ministro saudita prima di ricordare i legami storici tra Washington e Riyadh. Ma le sue parole non bastano a stemperare la «delusione» profonda espressa qualche ora prima da Joe Biden che si sente tradito dal principale partner arabo. Il presidente americano ha reagito ordinando al Dipartimento dell’Energia di mettere sul mercato a novembre 10 milioni di barili dalla Strategic Petroleum Reserve (SPR), la più grande riserva mondiale di greggio, istituita nel 1975. Un passo che preoccupa alcuni esperti. La riserva di emergenza è già ai livelli più bassi dal 1984. Politico la scorsa settimana scriveva che Repubblicani e Democratici valutano diverse azioni, anche punitive, contro l’Opec+ ma appaiono tutte poco credibili.

Dopo il viaggio a Gedda di tre mesi fa che, tra le altre cose, aveva sancito la riconciliazione con il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman – accusato di aver ordinato l’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi-, Biden si attendeva da Riyadh una collaborazione più stretta, a cominciare dall’isolamento della Russia. E subito dopo il mantenimento di livelli elevati di produzione del greggio per contenere il costo del barile e dare una mano alle economie occidentali minacciate da un quadro energetico sempre più preoccupante per le conseguenze delle sanzioni contro il Cremlino. E invece i sauditi, di concerto proprio con la «nemica» Mosca, mentre gli Usa fanno di tutto per colpire Vladimir Putin, sono stati decisivi per il taglio della produzione. «Stiamo valutando una serie di alternative, ma non è ancora stata presa una decisione finale», ha affermato Biden, aggiungendo di non rimpiangere il suo viaggio in Arabia Saudita. «La mia visita non ha riguardato solo il petrolio, anzi era incentrata sulla stabilizzazione del Medio Oriente e di Israele», ha precisato per sottrarsi alle critiche che lo sommergono in queste ore.

Funzionari dell’Amministrazione Usa confermano che la Casa Bianca aveva fatto il possibile per impedire il taglio della produzione dell’Opec ed evitare che il prezzo della benzina negli Usa aumenti mentre si avvicinano le elezioni di medio termine e il Partito Democratico lotta per mantenere il controllo del Congresso. Biden il mese scorso aveva spedito in Arabia saudita Amos Hochstein, l’inviato speciale per l’energia, e il funzionario della sicurezza nazionale Brett McGurk per discutere di questioni energetiche e della decisione dell’Opec+. Non è servito ad impedire il taglio alla produzione del greggio. Stando alle indiscrezioni gli inviati statunitensi avrebbero cercato di mettere i sauditi di fronte a un aut aut: «noi o la Russia». La risposta del ministro dell’energia di Riyadh, il principe Abdulaziz bin Salman, è stata eloquente. «Ci preoccupiamo prima di tutto degli interessi del regno dell’Arabia saudita, quindi degli interessi dei paesi membri dell’Opec e dell’alleanza OPEC +». In poche parole: noi con Putin non rompiamo, continuiamo a collaborare e pensiamo solo a come evitare che l’economia saudita vada in recessione.

Intervistato dalla Reuters Ben Cahill, ricercatore presso il Center for Strategic and International Studies, ha affermato che i sauditi sperano che i tagli alla produzione garantiscano entrate sufficienti. «Il rischio macroeconomico sta peggiorando. I sauditi sapevano che il taglio avrebbe irritato Washington ma stanno gestendo il mercato», ha spiegato. A Riyadh puntano l’indice contro l’insufficiente capacità di raffinazione negli Usa e non condividono l’iniziativa americana per un tetto massimo del prezzo del petrolio russo che ritengono un meccanismo di controllo non di mercato che potrebbe essere utilizzato da un cartello di consumatori contro i produttori.

Negli Usa si sono convinti che l’Opec+ si stia progressivamente allineando con la Russia e al Congresso i Democratici hanno chiesto il ritiro delle truppe statunitensi dall’Arabia saudita. «Pensavo che lo scopo principale della vendita di armi agli Stati del Golfo, nonostante le loro violazioni dei diritti umani, l’assurda guerra nello Yemen, il lavoro contro gli interessi degli Stati uniti in Libia, Sudan, fosse che il Golfo avrebbe scelto l’America e non la Russia/Cina durante una crisi internazionale» ha scritto su Twitter il senatore Chris Murphy, un Democratico. Parole che rappresentano un attacco frontale alla decisione presa da Biden nei mesi scorsi di rilanciare le relazioni con Riyadh. Pagine Esteri

L'articolo PETROLIO. Biden “deluso” dagli alleati sauditi, Riyadh resta amica di Putin proviene da Pagine Esteri.



USA. Milioni di americani rischiano la fame. I buoni pasto di Biden non bastano


L'aumento dei prezzi dei generi alimentari sta erodendo la portata dei buoni pasto che quest’anno hanno un valore medio di 231 dollari a persona al mese. Più americani sono stati costretti a ricorrere alle dispense alimentari che a loro volta hanno ricevu

della redazione con dati e notizie diffusi in rete dalla Reuters

Pagine Esteri, 6 ottobre 2022Grace Melt ha fatto la sua prima visita alla dispensa alimentare di Nourishing Hope di Chicago ad agosto. Durante la pandemia di COVID-19 aveva utilizzato buoni pasto emessi dal governo federale per acquistare generi alimentari mentre era disoccupata per un infortunio al ginocchio. Ma quest’estate, i buoni pasto non sono riusciti a tenere il passo dell’aumento dei prezzi del negozio di alimentari e per la prima volta è dovuta andare alla ricerca di una fornitura gratuita di cibo. “Non è sicuramente abbastanza. Non bastano mai fino alla fine del mese”, ha detto Melt a proposito dei buoni pasto. “E ora che sono aumentati i prezzi non puoi far altro che venire qui, in un centro dove donano cibo”.

L’aumento della fame (negli Usa) è un problema serio per l’immagine e le ambizioni del presidente degli Stati Uniti Joe Biden che si prepara a ospitare la prima conferenza della Casa Bianca su fame, nutrizione e salute in oltre 50 anni e si dice impegnato a eliminare la fame negli Stati Uniti entro il 2030. A causa dell’inflazione (alta) gli elettori potrebbero punire il Partito Democratico nelle elezioni di medio termine. L’andamento dell’economia infatti è la priorità per gli elettori Usa, secondo un sondaggio Reuters/Ipsos. L’amministrazione Biden ha aumentato i finanziamenti per i buoni pasto quasi un anno fa ma allo stesso tempo ha acquistato la metà del cibo rispetto all’amministrazione Trump nel 2020 per banche alimentari, scuole e riserve indigene, secondo i dati ottenuti dall’agenzia statunitense USDA.

L’aumento dei prezzi dei generi alimentari sta erodendo il valore reale dei buoni pasto su cui sembra puntare l’attuale amministrazione per combattere la fame tra gli statunitensi. Quest’anno i buoni hanno un valore medio di 231 dollari a persona al mese. Troppo poco di fronte all’inflazione galoppante. Ciò ha costretto più americani a rivolgersi alle banche alimentari che a loro volta hanno ricevuto meno cibo dal governo.

L’indice dei prezzi al consumo per il cibo è salito al 13,5% ad agosto, l’aumento più sostenuto in 12 mesi dal 1979, secondo il Bureau of Labor Statistics. I prezzi dei generi alimentari sono cresciuti a livelli record dall’invasione russa del principale produttore di cereali, l’Ucraina. E co0sì anche i livelli di fame quest’estate sono saliti a punti mai raggiunti, neppure durante la pandemia nel 2020 quando i lockdown hanno gettato nel caos le catene di approvvigionamento.

“Questo problema era migliorato nel 2021, poi è nuovamente e rapidamente peggiorato” spiega Vince Hall, Chief Government Relations Officer di Feeding America, la più grande rete di banche alimentari della nazione. “La maggior parte delle nostre banche del cibo vede allungarsi le file di persone ogni settimana che passa”. Per alcuni occorre spendere di più in buoni pasto o distribuire contanti perché offrono alle persone più scelta rispetto alle dispense alimentari e vanno anche a vantaggio delle imprese locali.

3003865

L’insufficienza alimentare per le famiglie con bambini è salita al 16,21% lo scorso luglio quando quasi 1 famiglia su 6 ha dichiarato di non avere, talvolta o molto spesso, da mangiare a sufficienza, secondo i dati della Household Pulse Survey dell’US Census Bureau. Si tratta della percentuale più alta da dicembre 2020. La fame tra i bambini era scesa al 9,49% nell’agosto 2021 in parte a causa dei pagamenti del credito d’imposta per i bambini, secondo l’US Census Bureau.

La fame si era attenuata nel 2021 dopo che le amministrazioni Trump e Biden hanno distribuito sussidi per la pandemia alle famiglie per l’acquisto di generi alimentari, consegnato miliardi di scatole di cibo di emergenza e inviato pagamenti mensili del credito d’imposta per i bambini. Nell’anno 2020, il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti ha speso 8,38 miliardi di dollari per 4,29 miliardi di libbre di cibo destinato a dispense alimentari, scuole e riserve indigene. Ma la spesa alimentare è diminuita costantemente, di quasi il 42% dal 2020 al 2022, fino ai 3,49 miliardi di dollari, il livello più basso dal 2018. L’agenzia ha acquistato solo 2,43 miliardi di libbre di cibo nell’ultimo anno, secondo i dati acquisiti da Reuters.

L’USDA ha cercato di compensare il calo degli acquisti di cibo con ulteriori sussidi per l’assistenza nutrizionale supplementare. Ma l’aiuto aggiuntivo è stato limitato dai costi più elevati…L’USDA ha recentemente annunciato che acquisterà altri 943 milioni di dollari in generi alimentari entro il 2024, utilizzando i fondi della Commodity Credit Corporation, normalmente stanziati per prestiti e pagamenti agli agricoltori statunitensi colpiti da disastri o dai bassi prezzi delle materie prime. Il dipartimento dell’agricoltura da parte sua ha riferito di un taglio drastico ai finanziamenti per la pandemia autorizzato dal Congresso che ha limitato il potere di spesa dell’agenzia per gli alimenti e le scuole.

Feeding America lamenta il taglio di 430 miliardi di dollari per alcune misure aggiuntive di assistenza alimentare dalla legge sulla riduzione dell’inflazione firmata ad agosto, inclusi gli investimenti nell’alimentazione infantile e un programma EBT da impiegare quando i pasti scolastici non sono disponibili. “Nelle versioni precedenti di questo disegno di legge c’erano priorità straordinariamente importanti per combattere la fame, che però non ci sono nell’ultima versione”, ha protestato.

RACCOLTI INSUFFICIENTI

Quest’anno, l’USDA acquisterà poco più della metà del cibo comprato al culmine della pandemia, mentre le donazioni dei negozi di alimentari e dei distributori sono diminuite e le aziende fermano le catene di approvvigionamento e riducono al minimo gli sprechi. Il Greater Chicago Food Depository, uno dei maggiori distributori di cibo alle dispense alimentari locali, prevede di ottenere quest’anno poco più di un terzo del cibo ricevuto dall’USDA durante l’anno fiscale 2021 (da luglio 2020 a giugno 2021).

E mentre le scorte di cibo si riducono, l’inflazione sta spingendo per la prima volta più americani verso le banche alimentari. Nell’area di Chicago hanno visto un aumento del 18% dei visitatori a luglio, rispetto a un anno prima. Eppure i buoni pasto costituivano meno del 2% della spesa del governo degli Stati Uniti nel 2022, secondo i dati del Tesoro. Nell’agosto 2022, l’agenzia ha annunciato un adeguamento del costo della vita a partire dal 1 ottobre, aumentando le assegnazioni mensili massime per una famiglia di quattro persone da 835 a 939 dollari al mese.

Ma molti di coloro che visitano le dispense alimentari lavorano ancora o beneficiano della previdenza sociale, cosa che li squalifica dai buoni pasto, come Michael Sukowski, un impiegato dell’amministrazione universitaria in pensione a cui stati tagliati i sussidi a causa di una pensione mensile che riceve dallo stato. “Con la previdenza sociale e una piccola pensione di 153 dollari al mese non vado lontano”, ha spiegato “la metà va per l’affitto. Poi ci sono le utenze.”

La dispensa alimentare di Nourishing Hope, che quest’anno ha visto un aumento del 40% dei visitatori, e altre banche alimentari ora acquistano più cibo a costi più elevati. Ciò ha portato a forniture modeste di alimenti di base come pane, carne e formaggio. “Il raccolto è stato esiguo, per così dire. Ma sono grata di aver avuto della roba”, ha detto Grace Melt mentre metteva i suoi prodotti alimentari in un carretto, preparandosi per un viaggio in autobus verso casa. “Talvolta devi venire in un posto come questo. A volte non ottieni niente”, ha spiegato. Pagine Esteri

L'articolo USA. Milioni di americani rischiano la fame. I buoni pasto di Biden non bastano proviene da Pagine Esteri.




PD: idee, prima che azioni; sezioni, non circoli


Non si tratta di nomi, e non si tratta di cercare problemi da risolvere. Si tratta di filosofia, di idee politiche, di prospettive. Insomma: di avere un metodo per risolvere i problemi, non di avere tutte le soluzioni in tasca. Sezioni, cioè parti di un tutto, non circoli per giocare a bocce … o a tennis

L'articolo PD: idee, prima che azioni; sezioni, non circoli proviene da L'Indro.