Ucraina e il progetto evolutivo di Berlusconi
Nella dichiarazione di voto, al Senato, Berlusconi torna allo 'spirito' di Pratica di Mare, e manda un segnale chiaro: 'voglio che vi diate da fare per fare la pace che richiede di passare da Putin'. La Lega sembra dargli una mano. Tutto è in linea con il Trattato del Quirinale
L'articolo Ucraina e il progetto evolutivo di Berlusconi proviene da L'Indro.
Sabino Cassese: “L’opposizione si liberi del passato, presidenzialismo utile alla stabilità”
Il giurista: «La forza della democrazia sta nell’aver incluso chi ha antiche radici autoritarie»
ROMA. Il professor Sabino Cassese ha appena finito di ascoltare il discorso della presidente Giorgia Meloni e, a caldo, suggerisce una delle sue notazioni sulfuree: «Ha usato tre toni di voce. Uno squillante, leggendo rapidamente la lunga lista di buoni propositi. Uno intermedio, riflessivo, per sottolineare alcune impostazioni. Infine, uno quasi sussurrato, senza leggere, per far capire chi era la locutrice. Un buon “acting”». Sabino Cassese, come si sa, è uno dei più importanti giuristi del secondo dopoguerra, ma anche un profondo conoscitore da “dentro” della politica italiana e in questa intervista a La Stampa colloca il discorso di Giorgia Meloni in un contesto più ampio di quello contingente.
Molta attualità politica e uno sguardo generico sui prossimi cinque anni?
«Un programma di governo, dichiaratamente di durata decennale, va giudicato in base a sei criteri: l’orizzonte ideale nel quale si muove, la collocazione internazionale proposta, la prospettiva temporale indicata, gli obiettivi prescelti, i mezzi preferiti, infine, le assenze, i temi che non ci sono».
Non le è parso un discorso senza un ’idea di Paese e di Europa?
«Se si considerano i primi tre criteri insieme, va riconosciuto che nel discorso sono presentati un solido orizzonte ideale, una robusta collocazione internazionale e una lunga durata. L’orizzonte ideale è quello della Costituzione, di tipo liberale e democratico, antifascista, con un riferimento all’Occidente; in più, sia la sottolineatura del vincolo rappresentati-rappresentanti, sia il riconoscimento del valore dell’opposizione. Tra questi si insinuavano toni anti-oligarchici, che mostrano la penetrazione del populismo in tutte le forze politiche italiane.
Quanto alla collocazione internazionale, mi sembra che sia stata chiara l’adesione all’Unione Europea e all’Alleanza atlantica, così come è stata chiara la critica all’invasione russa. I toni critici dell’Unione Europea c’erano, ma in termini di una sua insufficienza; insomma, per fare di più, non di meno. Quanto alla prospettiva temporale, è chiaramente decennale, come risulta dalla critica a 10 anni di governi deboli e instabili e dalla indicazione di 10 anni come prospettiva futura. Il governo conta su questa e sulla prossima legislatura».
Nei commenti c’è chi si sofferma di nuovo sulla questione fascista: la distanza le pare convincente e sufficiente?
«Non soltanto la distanza dal fascismo, ma anche le chiare indicazioni relative a libertà e democrazia. Sarebbe bene che l’opposizione si liberasse del punto di vista fascismo-antifascismo, giudicando il governo per quello che propone e per quello che fa. La forza di 75 anni di democrazia sta anche in questo, di avere abituato alla democrazia coloro che hanno le loro antiche radici in un regime autoritario».
Le priorità di Meloni le paiono quelle giuste?
«Più che esprimere un giudizio personale, provo a fare il seguente esercizio. Prendo il volume più aggiornato e interessante sulla storia repubblicana, quello curato da Luca Paolazzi su “75 anni di storia economico-sociale e 23 di stallo” e contiene 150 pagine di dati comparativi su Italia e altri Paesi. Gli obiettivi indicati dal nuovo governo centrano quasi tutti i problemi analizzati in quelle pagine su finanza e crescita, con un approccio pragmatico e rassicurante, insistendo sull’avanzo primario, sul risparmio privato.
Un rapporto tra Stato e economia di impianto liberista, favorevole a deregolazione e de-burocratizzazione, ma che punta su reti pubbliche. Attenzione per i tre grandi problemi del Paese, scuola, sanità, divario Sud – Nord. Accenti diversi da quelli dei suoi alleati di governo in materia di pensioni (con attenzione per la flessibilità e per le garanzie dei giovani) e sull’immigrazione (con attenzione più alle partenze che agli arrivi), più allo sviluppo dell’Africa mediterranea che alla chiusura dei porti e la geniale idea di un piano Mattei che riprenda l’esperienza di quel grande imprenditore».
Il presidenzialismo? Non se ne farà nulla anche stavolta?
«Il capitolo dei mezzi non si ferma al presidenzialismo. Riguarda anche l’autonomia differenziata, ma attenuata dal rafforzamento delle risorse per Roma e dall’accento sulle autonomie locali. Riguarda anche la burocrazia con reintroduzione dei criteri del merito. Riguarda anche la giustizia, con processi solleciti. Sulla riforma presidenziale non c’è stata una chiara scelta tra le decine di soluzioni che si presentano, ma è stata indicata l’opzione che tende a premiare la stabilità dell’esecutivo. Questo è un obiettivo importante in un Paese che in 75 anni inaugura il proprio 68º governo».
Quindi una valutazione positiva?
«Si, complessivamente, anche se la critica di bonus e ristori doveva continuare con programmi di investimento; sul fisco, a temi condivisi da tutti, come la lotta alla evasione e la riduzione del cuneo fiscale, si accompagnano anche idee molto criticate come la tregua fiscale e la tassa piatta. La critica alla limitazione delle libertà nella fase acuta della pandemia poteva essere risparmiata, anche perché non accompagnata da indicazioni su quello che farebbe il nuovo governo se si trovasse di nuovo davanti a una recrudescenza della pandemia. Il riferimento ai lavoratori autonomi costituisce un richiamo di tipo elettorale. E i lavoratori dipendenti? Interessante il riferimento all’ Europa: ha unito l’interesse nazionale ad un destino comune».
Un forte apparato retorico e tanti messaggi di metodo: sono libera, faremo cose che ci costeranno consenso, non tradiremo. Il profilo di una destra sociale fuori dal Palazzo, un romanticismo pronto alla “bella sconfitta”? O anche un’alterità effettiva da parte di una “underdog” combattiva che potrebbe rompere consuetudini?
«Un discorso da combattente, forse troppo lungo, che non mostrava le crepe che vi sono nella coalizione di governo, uno dei due punti deboli, insieme a quello delle strutture serventi e degli apparati di staff, della classe dirigente a cui far capo».
Intervista di Fabio Martini su La Stampa
L'articolo Sabino Cassese: “L’opposizione si liberi del passato, presidenzialismo utile alla stabilità” proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
20° Congresso del Partito Comunista Cinese: cosa è successo… e cosa non è successo
Domenica, sette uomini vestiti in modo quasi identico con abiti blu scuro, camicie bianche e cravatte conservatrici (tutti rossi tranne uno) hanno marciato in ordine di importanza politica sul palco della Grande Sala del Popolo di Pechino. L’esibizione ha posto fine a mesi di suspense e voci sulla leadership cinese e ha rivelato la nuova […]
L'articolo 20° Congresso del Partito Comunista Cinese: cosa è successo… e cosa non è successo proviene da L'Indro.
Libertà delle donne nel mirino delle destre
A Mahsa Amini e Hadis Najafi per un Iran laico. Ed a tutte le donne del pianeta È da poco terminato il profluvio, oltre 1 ora, del discorso del/della Presidente del Consiglio Meloni Giorgia, ovvero ‘una’ donna, senza battutine, che assevera e conferma che ci si trova dinanzi ad un governo delle destre mai avuto nella storia […]
L'articolo Libertà delle donne nel mirino delle destre proviene da L'Indro.
Ucraina: un teatro sempre più affollato
Il teatro di guerra ucraino si sta affollando sempre più. Ora protagonisti nel sostegno al malandato esercito russo sarebbero ex commando afgani e Iran. Due imperi allo scontro: l'impero occidentale, piuttosto smunto, smagrito, e l'impero russo-sino-mediorientale, corpulento, seppure qua e là ammaccato
L'articolo Ucraina: un teatro sempre più affollato proviene da L'Indro.
Cosa significherebbe per la Cina una Russia indebolita
Più a lungo si trascina la guerra in Ucraina, più la Russia dipenderà dalla Cina, e più diseguali saranno le relazioni. Dopo oltre tre secoli di relazioni Russia-Cina, sembra che si stia chiudendo il cerchio e la Russia stia diventando sempre più subordinata alla Cina, senza alternative
L'articolo Cosa significherebbe per la Cina una Russia indebolita proviene da L'Indro.
Il Kazakistan può dare nuova vita alla CICA?
Il recente vertice della CICA aveva in obiettivo continuare la trasformazione e il consolidamento del blocco in un'organizzazione rilevante ed efficace del 21° secolo, una entità più dinamica ed efficace che promuova l'integrazione regionale, la cooperazione e lo sviluppo
L'articolo Il Kazakistan può dare nuova vita alla CICA? proviene da L'Indro.
Come gli Stati Uniti possono facilmente modificare le loro relazioni con l’Arabia Saudita
La recente decisione dell’Arabia Saudita di manipolare i mercati energetici globali è stata un atto ostile motivato politicamente. Il picco dei prezzi del petrolio aggraverà l’inflazione negli Stati Uniti aiutando la Russia nella sua invasione dell’Ucraina proteggendo Mosca dall’impatto delle sanzioni. Dopo l’annuncio che l’OPEC+ avrebbe ridotto drasticamente la produzione di petrolio, il presidente Biden […]
L'articolo Come gli Stati Uniti possono facilmente modificare le loro relazioni con l’Arabia Saudita proviene da L'Indro.
Cina: Xi ha bisogno di concretezza
Molti i successi ma moltissimi gli insuccessi in questi 10 anni. Il punto in cui Xi è terribilmente insufficiente è nell'attuazione delle politiche enunciate. Ora 'Xi ha bisogno di parlare con modestia e portare un bastone (riformato) più grande'
L'articolo Cina: Xi ha bisogno di concretezza proviene da L'Indro.
Conferenza “Scienza e Liberalismo”
Giovedì 10 novembre, alle ore 18.00, presso l’Aula Malagodi della Fondazione Luigi Einaudi, in via della Conciliazione 10, a Roma, il Prof. Angelo Maria Petroni terrà una conferenza dal titolo “Scienza e Liberalismo”.
Il liberalismo è coevo della scienza moderna. Nella conferenza verrà argomentato che liberalismo e scienza si originano dalla stessa visione antropologica, e che il progresso scientifico dipende dalla solidità delle istituzioni liberali.
L’iniziativa è realizzata in collaborazione con l’Accademia Nazionale dei Lincei – Centro Linceo Interdisciplinare Beniamino Segre.
Interviene:
Prof. Angelo Maria Petroni, Professore presso l’Università degli Studi di Roma La Sapienza e membro del Comitato Scientifico della Fondazione Luigi Einaudi
È possibile partecipare fino ad esaurimento posti.
L'articolo Conferenza “Scienza e Liberalismo” proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Valeria Fascione: un assessore nello spazio
Napoli è una delle culle delle costruzioni aeronautiche europee: le favorevoli condizioni atmosferiche e una larga visibilità dei cieli che la contornano hanno incoraggiato tutti gli esperimenti di volo realizzati ma anche le numerose lavorazioni all’aperto di grossi manufatti -quali ad esempio le ali in legno e tela- le cui cuciture venivano effettuate principalmente dalle […]
L'articolo Valeria Fascione: un assessore nello spazio proviene da L'Indro.
Oppositori
Devono scegliere
Le opposizioni non avranno una comune linea politica. Non è mai successo e non avrebbe senso. Il guaio non è che esistano opposizioni con idee e politiche diverse, ma che ne siano prive. O che siano frastornate. Termini come “opposizione dura”, o “ragionevole” o ancora “responsabile” non significano un accidenti. L’opposizione che spera di diventare maggioranza deve scegliere i temi su cui vuole caratterizzarsi e che utilizzerà per far cadere il governo. E qui, al momento, si brancola nel buio.
Nel discorso della presidente Meloni si devono andare a cercare certi vocaboli, impreziositi dall’enfasi della pronuncia, per rintracciare l’oppositrice che fu. Uno, per esempio: “potentati”. Della serie: noi popolo siamo contro i potenti. E vabbè, ora sei potente e vediamo. In quel discorso, però, andando alla sostanza, lasciando da parte l’uso emotivo della storia personale, c’è una conversione che pone un problema agli oppositori, ove mai vogliano essere effettivamente tali e puntare ad essere futuri vincitori.
Concretamente: l’Italia continuerà nel totale sostegno dell’Ucraina e nella condanna dell’invasione russa. Questa la posizione del governo. Sappiamo bene che in maggioranza, determinanti, ci sono presenze che la pensano all’opposto. Il tema, per chi si oppone è: si lavora sulle spaccature interne alla maggioranza, in modo da indebolire Meloni e accelerare la crisi, oppure si lavora consolidando la condanna russa e gli aiuti agli ucraini, in questo modo aiutando Meloni e marginalizzando i putiniani governativi?
Il che comporta una seconda scelta: si prova a tenere unita l’opposizione, così cominciando a dire frescacce generiche, malpanciste e falso pacifiste, o si abbandona al suo destino il populismo d’opposizione e se ne costruisce una che sia degna di governare? Non è che le domande siano retoriche e le risposte scontate, affatto.
Solo che le prime opzioni comportano un miglioramento del livello politico italiano e la necessità di un ricambio mica solo di una segreteria, ma di una cultura e una mentalità; le seconde rendono più facili le campagne elettorali, sono le scelte che i governanti di oggi fecero ieri, quando erano oppositori, ma dequalificano la classe politica e la popolano di retori a tre palle un soldo.
Al governo c’è un ministro della giustizia che (finalmente) parla esplicitamente dell’ovvio derivato del processo accusatorio: la separazione delle carriere. L’opposizione può scegliere se incalzarlo, morderlo quando incontrerà ostacoli imponenti, sollecitarlo alla scontro anziché alla mediazione, oppure può avversarlo e intestarsi per l’avvenire l’essere consustanziale alle camarille togate e al corporativismo autoreferenziale.
Se il governo, come dice il ministro responsabile, decide di riprendere la via dell’energia nucleare, l’opposizione può scegliere se farsi venire i mancamenti falso ecologisti o se sfidarlo nel passare dalle parole ai fatti.
Se il ministro dell’agricoltura si propone di aumentare i terreni coltivati, l’opposizione può scegliere di passare ancora del tempo a sollazzarsi sulla “sovranità” alimentare, mentre è oggettivamente ridicola la suggestione dell’autarchia produttiva, ma può, invece, far osservare che quei terreni qualcuno dovrà poi lavorarli e, come l’esperienza insegna, se solo si conosce la realtà, saranno per lo più immigrati. Nel prossimo decreto flussi ce ne mettiamo una paio di centinaia di migliaia? Sarebbero, gli oppositori, non solo gente che s’oppone, ma anche propone. Il che fa perdere il vantaggio della facile rimonta, ma fa guadagnare un motivo serio per rimontare.
Se, invece, intendono discutere ancora a lungo su se sia più femminista la quota rosa o il rosa a palazzo, se i generi sessuali siano due o n tendente all’infinito, su chi fa il segretario di cosa e chi si allea con chi, sappiano di potere continuare in tutta tranquillità, perché non gliene frega niente a nessuno. Tranne che a loro.
L'articolo Oppositori proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
BRASILE. Gli ex elettori del Partito dei Lavoratori potrebbe portare Bolsonaro alla vittoria
di Glória Paiva* –
Pagine Esteri, 27 ottobre 2022 – “È vergognoso che metà del popolo brasiliano voti per un ladro condannato in due gradi di giudizio”, ha commentato via messaggio un mio caro amico, il giorno dopo il primo turno delle elezioni brasiliane. Questo amico, un medico della sanità pubblica che ha votato per il Partito dei Lavoratori (PT) per decenni di seguito, dal 2018 è un elettore di Bolsonaro. Come lui sono davvero in tanti e la loro posizione avrà un peso fondamentale per l’esito definitivo delle elezioni che si terranno, in secondo turno, la prossima domenica 30 ottobre.
Era la mattina del 3 ottobre 2022 e molti di quei 57 milioni di brasiliani a cui il mio amico si riferiva, che avevano votato per Luiz Inácio Lula da Silva (PT), ancora si stavano svegliando con una sorta di “sbornia elettorale”: Lula non solo non aveva vinto al primo turno, ma ne era uscito con una pericolosa differenza di cinque punti percentuali su Jair Bolsonaro, in uno scenario lontano dai 14 punti previsti dai sondaggi d’opinione.
Che cosa è successo?, si sono chiesti elettori, giornalisti e, soprattutto, membri della campagna di Lula, sbalorditi. Gli istituti di ricerca “avevano sbagliato di grosso”, segnalavano articoli giornalistici, o “sono corrotti e vanno indagati”, incitavano i bolsonaristi. Secondo alcune analisi, ciò che gli istituti non avevano considerato è stata la forza del voto dell’ultimo minuto per Bolsonaro, prodotto dai sondaggi stessi o dalle campagne di disinformazione. Oppure, come seconda ipotesi, non è stato previsto l’impatto delle astensioni: più di 32 milioni di persone, ovvero il 20,9% dell’elettorato, non hanno votato, un numero record dal 1998.
In un modo o nell’altro, il bolsonarismo si è rivelato una corrente politica molto più forte e imprevedibile di quanto si immaginava, concentrando il voto della popolazione che guadagna più di cinque salari minimi, un settore decisivo dell’elettorato.
Ma come mai, mi sono chiesta, il mio amico medico ha sposato le idee di un presidente che ha promosso un farmaco dimostratamente inefficace nella lotta al COVID-19? Che, nel suo negazionismo scientifico, ha ritardato l’acquisto di vaccini e screditato le misure igieniche raccomandate dall’OMS, provocando oltre 400.000 morti che avrebbero potuto essere evitate? Un presidente che non perde occasione per attaccare le istituzioni democratiche e lodare i torturatori della dittatura militare? Che ostacola tutte le indagini svolte contro di sé e la sua famiglia? Che ha composto un ministero di fanatici, militari e religiosi, nemici dei diritti umani, dei diritti indigeni, delle donne, dell’ambiente, dei poveri e delle minoranze…?
Il discorso di Bolsonaro risuona allo stesso modo tra gli oltre 51 milioni di elettori che l’hanno votato al primo turno? Bolsonaro si presenta come un difensore della famiglia, dei valori cristiani e tradizionali, del militarismo e del patriottismo. È anche un difensore del neoliberismo illimitato e del “buon cittadino”, che, nella sua logica, deve girare armato per l’autoprotezione. Contrario alla “vecchia politica”, portavoce delle classi alte e medie, dell’agribusiness e di quelli desiderosi di porre fine alla corruzione che ha segnato la politica brasiliana da sempre. Quale, tra questi aspetti retorici, sarebbe quello vincitore secondo il giudizio di questo elettore in particolare?
Il 3 ottobre stesso, gli mando un messaggio: “Cosa ne pensi di Bolsonaro?”. E lui risponde: “Mi piaceva Simone Tebet (candidata di centro del MDB, arrivata terza al primo turno). Ma nonostante le bugie che dicono su di lui, Bolsonaro è diventato l’unica opzione per sfuggire alla sinistra corrotta nel ballottaggio”. Le bugie a cui fa riferimento sono le notizie quotidiane sul governo Bolsonaro: la stampa egemonica, secondo la retorica bolsonarista, è corrotta e, quindi, inaffidabile, così come le istituzioni che lo infastidiscono, come il Supremo Tribunale Federale e il Supremo Tribunale Elettorale.
La risposta rivela cosa c’è dietro il suo voto e potrebbe essere uno degli aspetti più decisivi per il secondo turno, che si terrà il 30 ottobre. Come una parte importante dell’elettorato dell’attuale presidente, il mio amico medico non è necessariamente un bolsonarista convitto: lui, semplicemente, rifiuta terminantemente il PT. Così come lo fa una grande parte della base elettorale, di centrodestra, di Tebet, nonostante la senatrice abbia dichiarato il sostegno a Lula il 7 ottobre. Questa stessa base, dicono alcuni analisti, potrebbe votare per Bolsonaro al secondo turno, insieme a un segmento ancora incognito di quei 20,9% di astensionisti.
Giorni dopo, ricevo via WhatsApp un PDF casereccio che giustifica la posizione politica del mio amico. È un documento di 40 pagine con le copertine del settimanale brasiliano “Veja” dal gennaio 2003 a luglio 2006, una pubblicazione nota per essere un portavoce della destra liberale e poco attinente alle regole del buon giornalismo. Il file presentava diversi scandali politici aventi come protagonisti il PT e i suoi alleati in quel periodo.
Secondo alcune tesi, l’orientamento anti-PT sarebbe nato nei primi anni del governo Lula (2003-2011) sulla base di vari motivi, dalla corruzione alle questioni morali e persino di un profondo odio di classe. Congiuntamente ci sarebbero anche l’adesione delle élite brasiliane alle idee conservatrici dal punto di vista dei costumi, al neoliberismo nell’ambito dell’economia e a una fortissima tesi di anticomunismo, che ancora prevale – infatti, tra gli argomenti dei bolsonaristi, c’è la paura che il Brasile possa “diventare un nuovo Venezuela”.
È stato nel secondo mandato di Dilma Rousseff (PT) che l’antipetismo è diventato un fenomeno di espressione politica. Nel 2014, una serie di manifestazioni di estensione senza precedenti hanno occupato le principali città brasiliane. Le proteste, che inizialmente contestavano l’aumento delle tariffe dei trasporti pubblici, hanno cominciato a criticare la Confederations Cup e il Mondiale di Calcio, la corruzione politica e la crisi economica. Nel 2016, le manifestazioni delle magliette verdi e gialle chiedevano l’impeachment della presidente, con un importante sostegno della stampa egemonica. Tutto ciò, insieme all’isolamento politico di Rousseff e ad un’articolazione dell’élite politica, giudiziaria ed economica in un nuovo progetto di potere, è culminato nell’uscita forzata della presidente due anni prima della fine del suo mandato e nell’arresto di Lula.
Il 7 aprile 2018, l’ex presidente è stato arrestato per i reati di corruzione e riciclaggio di denaro nell’operazione denominata “Lava Jato” (Car Wash), e ciò gli ha impedito di partecipare alle elezioni. Iniziata a marzo 2014, quella è stata la più grande indagine sulla corruzione condotta in Brasile e ha portato alla luce un mega-schema che coinvolgeva politici da sinistra a destra, nonché grandi società pubbliche e private.
Nelle presidenziali del 2018, la polarizzazione del sistema politico, fino a quel momento incentrata sul PT (a sinistra) e sul PSDB (a destra), ha iniziato a dividersi in altri due assi: “petismo” e “antipetismo”. Con Lula in prigione e il PSDB senza un candidato forte – i cui principali esponenti erano accusati, anche loro, di corruzione – l’estrema destra di Bolsonaro è stata l’unica forza politica a presentare un’alternativa per il governo in quel momento.
Dopo oltre 500 giorni di detenzione, Lula è stato rilasciato l’8 novembre 2019, dopo che il Supremo Tribunale Federale ha ribaltato l’incarcerazione dopo il secondo grado. Parallelamente, un’indagine del sito The Intercept Brasil ha rilevato che il giudice responsabile dell’arresto di Lula, Sergio Moro, aveva ceduto informazioni privilegiate all’accusa e al Ministero Pubblico, agevolando l’azione penale con consigli e indizi – lo stesso Moro che poi è diventato il ministro della Giustizia di Bolsonaro e che oggi è un membro importante della sua campagna.
Nel 2021, la Corte ha annullato le condanne di Lula e lo ha dichiarato non colpevole sulla base di due argomenti: che non doveva essere processato presso la 13ª Corte di Curitiba, ma a Brasilia, e che il suo giudizio non è stato imparziale.
Nonostante tutti questi sconvolgimenti e la performance globalmente criticata del governo Bolsonaro, alcuni mezzi di comunicazione spesso ancora rappresentano Lula e Bolsonaro come due poli estremi, di peso equivalente. La campagna bolsonarista ne approfitta: quattro anni dopo, il suo principale argomento retorico è ancora la sua presunta postura anticorruzione, contro un Lula “ex detenuto”.
L’ideologia bolsonarista si è radicata nella società, fenomeno osservato anche nelle elezioni per il legislativo: il 2 ottobre, diversi alleati, ex ministri e sostenitori del presidente sono stati eletti deputati, governatori e senatori. Nel 2023, il PL di Bolsonaro sarà il partito più rappresentato in Senato e nella Camera dei Deputati.
Il deputato eletto Guilherme Boulos (Paolo) aveva detto che, nel caso di un ballottaggio, questi sarebbero stati i 30 giorni più difficili della storia politica brasiliana recente. Infatti è così. Una marea di disinformazione, violenza e intimidazione politica, attacchi nelle chiese a figure religiose contrarie a Bolsonaro e il drammatico episodio in cui l’ex deputato bolsonarista Roberto Jefferson ha sparato e lanciato granate contro i poliziotti che cercavano di arrestarlo per violazione della detenzione domiciliare, ha segnato le ultime settimane, risultando in una montagna russa per i sondaggi elettorali.
A pochissimi giorni, ormai, dal secondo turno, alcuni istituti di ricerca hanno previsto un pareggio tecnico tra Lula e Bolsonaro. L’attuale presidente è riuscito a ridurre la distanza in relazione al suo oppositore, migliorando la valutazione del suo governo con una serie di politiche pubbliche, ad esempio l’anticipo dei pagamenti dell’Ausilio Brasil (programma di trasferimento del reddito che ha sostituito il Bolsa Família) e la riduzione del tasso di interesse per i piccoli imprenditori. Il 25 ottobre, tuttavia, il sondaggio Ipec mostrava Lula con il 50% delle intenzioni di voto, contro il 43% di Bolsonaro.
La campagna di Lula, a sua volta, rappresenta sempre di più una dicotomia che si è stabilita tra il bolsonarismo e la democrazia. Già da prima si era riunita in una grande coalizione con altri settori di sinistra e con i suoi ex oppositori, avendo addirittura invitato uno dei fondatori del PSDB, Geraldo Alckmin (attualmente PTB), per il ruolo di candidato a vicepresidente. Nelle ultime settimana, Lula ha avuto un significativo sostegno di personaggi come Tebet, l’ex presidente di destra, Fernando Henrique Cardoso, e persino il titubante Ciro Gomes (centro-sinistra), ex candidato risultato in 4º nel primo turno, nonchè di grandi imprenditori.
Il secondo turno, il 30 ottobre, prevede una disputa accanita come mai prima e di risultati difficili da anticipare fino all’ultimo. Nel ballottaggio del 2002, contro José Serra (PSDB), Lula godeva di un comodissimo vantaggio di 29 punti. E nel 2006, contro Geraldo Alckmin, la differenza era di 19 punti. A prescindere dall’esito, molto probabilmente il Brasile rimarrà diviso anche dopo lo spoglio dei voti di giorno 30, con una mappa politica interamente ridisegnata e incertezze sulla solidità delle sue istituzioni democratiche.
____________________
* Glória Paiva è una giornalista, scrittrice e traduttrice brasiliana
L'articolo BRASILE. Gli ex elettori del Partito dei Lavoratori potrebbe portare Bolsonaro alla vittoria proviene da Pagine Esteri.
INCHIESTA. Permessi di lavoro in Israele a caro prezzo per i manovali palestinesi
di Michele Giorgio –
(nella foto di Emil Salman, lavoratori palestinesi aspettano in fila a un posto di blocco israeliano vicino Hebron)
Pagine Esteri, 27 ottobre 2022 – Ahmad preferisce «l’illegalità». «Certo, si guadagna bene a lavorare nella zona ebraica di Gerusalemme o in Israele» ci dice «ma il permesso di lavoro costa troppo, preferisco correre il rischio di essere arrestato ed espulso». Abitante di un villaggio alle porte di Betlemme, 23 anni, non sposato, Ahmad prova a guadagnarsi da vivere facendo qualsiasi lavoro, quasi sempre il muratore, accettando pagamenti in nero. «Guadagno meno (dei lavoratori con il permesso) ma almeno non sono tenuto a pagare ogni mese fino a 2500 shekel (circa 700 euro, ndr) per avere le carte in ordine». Ma gran parte dei 140mila manovali palestinesi che al mattino entrano in Israele e a sera fanno ritorno in Cisgiordania non possono permettersi l’arresto. È fondamentale per loro avere la possibilità di lavorare in Israele dove ricevono una buona paga giornaliera – in media intorno ai 300 shekel (85 euro) con punte fino a 600 shekel (170 euro) – mentre nei Territori occupati la disoccupazione è elevata e i salari sono notevolmente più bassi. Qualcuno commenta che la «pace economica» teorizzata dalle autorità israeliane è aver ridotto ai minimi termini l’economia della Cisgiordania e reso i palestinesi dipendenti in massa dal lavoro nello Stato ebraico.
Certo è che il lavoro in Israele è ormai irrinunciabile per tanti manovali palestinesi. Non sorprende che la concessione dei permessi sia diventata un ottimo affare per quelli privi di scrupoli, israeliani e palestinesi. Con il sistema attuale, i lavoratori pendolari pagano ciascuno 2.500 shekel al mese in contanti per un permesso in Israele. Il denaro viene diviso tra un appaltatore israeliano e un intermediario palestinese. «Cosa mi resta? Ben poco» spiega Kamal, un altro muratore. «Prendo 400 shekel al giorno, circa 8.000 shekel al mese» ci racconta «2.500 shekel se ne vanno per il permesso, 1.500 per i trasporti da e per Israele e altre centinaia per il cibo al lavoro. Alla fine, mi restano più o meno 3.500 shekel (mille euro) che il carovita rende insufficienti per una famiglia di 4-5 persone».
La tv israeliana Kan nei giorni scorsi ha mandato in onda un’indagine intitolata: «Le famiglie criminali che dominano il mercato del lavoro palestinese». L’industria dell’estorsione, ha aggiunto, è un processo sistematico che avviene con la conoscenza della polizia. Si tratta di una attività molto redditizia. Nel 2021 i suoi profitti, secondo gli studi condotti dall’Israeli National Security Research Center, hanno sfiorato il miliardo di shekel (280 milioni di euro). Il giornalista investigativo Anas Abu Arqoub sottolineava nel programma che questo «furto» sistematico è la conseguenza del fallimento riforme attese da tempo ma mai arrivate.
Alcuni studi legali hanno provato a combattere il fenomeno intentando un’azione collettiva contro una società israeliana specializzata in «permessi». L’esito è stato inquietante. Testimoni e avvocati hanno ricevuto pesanti minacce. L’avvocato Mariam Al Masry ha raccontato: «Ho contattato un certo numero di lavoratori palestinesi i cui permessi sono registrati presso una determinata azienda. Mi è apparso chiaro che la maggior parte di essi non lavorava per quella azienda, dicevano di aver avuto i permessi tramite intermediari e di aver pagato somme di denaro elevate per ottenerli».
Il giornale Haaretz riferiva qualche tempo fa che lo sfruttamento dei lavoratori palestinesi deriva da un sistema messo in piedi da Israele per cosiddette «esigenze di sicurezza». Il processo di assunzione vero e proprio inizia con uno dei 2400 appaltatori israeliani ufficialmente registrati che presenta una domanda per un permesso di lavoro per un manovale palestinese all’Autorità per la popolazione e l’immigrazione. Al termine del periodo di lavoro, l’appaltatore dovrebbe informare le autorità per far cessare la validità del permesso. Ma negli anni si è radicata una pratica illecita: invece di restituire i permessi, gli appaltatori li vendono tramite un intermediario palestinese ad altri manovali che sono disposti a pagare somme importanti. Ed è solo l’inizio. L’intermediario tiene per sé 600 shekel (circa 190 euro). L’appaltatore prende il resto, quindi emette una busta paga falsa ai «suoi» dipendenti che non includono il numero effettivo di giorni in cui il dipendente ha lavorato o il suo salario reale. Per il lavoratore palestinese non c’è scampo, se smette di pagare, l’intermediario sospende il suo permesso di lavoro. «Dai soldi all’intermediario ogni mese, non importa quanto hai lavorato. Il sistema ti costringe a dipendere da loro. Per questo ho scelto di venirne fuori», spiega Ahmad che ora preferisce lavorare in nero nella ristrutturazione di appartamenti.
La «tassa sul permesso», come la chiamano da queste parti, viene pagata dai più giovani, dal momento che i lavoratori di età pari o superiore a 55 anni non sono più tenuti a ricevere un permesso per andare in Israele. L’ILO nel 2019 ha stimato in circa 100 milioni di euro i profitti illeciti generati dalla vendita dei permessi ai palestinesi. Pagine Esteri
L'articolo INCHIESTA. Permessi di lavoro in Israele a caro prezzo per i manovali palestinesi proviene da Pagine Esteri.
Al via la quinta edizione del concorso "Il sole per amico: impariamo a proteggere la pelle", promosso dall'Intergruppo Melanoma Italiano e dal Ministero dell’Istruzione.
Info ▶️ miur.gov.
INCHIESTA. Permessi di lavoro in Israele a caro prezzo per i manovali palestinesi
di Michele Giorgio –
(nella foto di Emil Salman, lavoratori palestinesi aspettano in fila a un posto di blocco israeliano vicino Hebron)
Pagine Esteri, 27 ottobre 2022 – Ahmad preferisce «l’illegalità». «Certo, si guadagna bene a lavorare nella zona ebraica di Gerusalemme o in Israele» ci dice «ma il permesso di lavoro costa troppo, preferisco correre il rischio di essere arrestato ed espulso». Abitante di un villaggio alle porte di Betlemme, 23 anni, non sposato, Ahmad prova a guadagnarsi da vivere facendo qualsiasi lavoro, quasi sempre il muratore, accettando pagamenti in nero. «Guadagno meno (dei lavoratori con il permesso) ma almeno non sono tenuto a pagare ogni mese fino a 2500 shekel (circa 700 euro, ndr) per avere le carte in ordine». Ma gran parte dei 140mila manovali palestinesi che al mattino entrano in Israele e a sera fanno ritorno in Cisgiordania non possono permettersi l’arresto. È fondamentale per loro avere la possibilità di lavorare in Israele dove ricevono una buona paga giornaliera – in media intorno ai 300 shekel (85 euro) con punte fino a 600 shekel (170 euro) – mentre nei Territori occupati la disoccupazione è elevata e i salari sono notevolmente più bassi. Qualcuno commenta che la «pace economica» teorizzata dalle autorità israeliane è aver ridotto ai minimi termini l’economia della Cisgiordania e reso i palestinesi dipendenti in massa dal lavoro nello Stato ebraico.
Certo è che il lavoro in Israele è ormai irrinunciabile per tanti manovali palestinesi. Non sorprende che la concessione dei permessi sia diventata un ottimo affare per quelli privi di scrupoli, israeliani e palestinesi. Con il sistema attuale, i lavoratori pendolari pagano ciascuno 2.500 shekel al mese in contanti per un permesso in Israele. Il denaro viene diviso tra un appaltatore israeliano e un intermediario palestinese. «Cosa mi resta? Ben poco» spiega Kamal, un altro muratore. «Prendo 400 shekel al giorno, circa 8.000 shekel al mese» ci racconta «2.500 shekel se ne vanno per il permesso, 1.500 per i trasporti da e per Israele e altre centinaia per il cibo al lavoro. Alla fine, mi restano più o meno 3.500 shekel (mille euro) che il carovita rende insufficienti per una famiglia di 4-5 persone».
La tv israeliana Kan nei giorni scorsi ha mandato in onda un’indagine intitolata: «Le famiglie criminali che dominano il mercato del lavoro palestinese». L’industria dell’estorsione, ha aggiunto, è un processo sistematico che avviene con la conoscenza della polizia. Si tratta di una attività molto redditizia. Nel 2021 i suoi profitti, secondo gli studi condotti dall’Israeli National Security Research Center, hanno sfiorato il miliardo di shekel (280 milioni di euro). Il giornalista investigativo Anas Abu Arqoub sottolineava nel programma che questo «furto» sistematico è la conseguenza del fallimento riforme attese da tempo ma mai arrivate.
Alcuni studi legali hanno provato a combattere il fenomeno intentando un’azione collettiva contro una società israeliana specializzata in «permessi». L’esito è stato inquietante. Testimoni e avvocati hanno ricevuto pesanti minacce. L’avvocato Mariam Al Masry ha raccontato: «Ho contattato un certo numero di lavoratori palestinesi i cui permessi sono registrati presso una determinata azienda. Mi è apparso chiaro che la maggior parte di essi non lavorava per quella azienda, dicevano di aver avuto i permessi tramite intermediari e di aver pagato somme di denaro elevate per ottenerli».
Il giornale Haaretz riferiva qualche tempo fa che lo sfruttamento dei lavoratori palestinesi deriva da un sistema messo in piedi da Israele per cosiddette «esigenze di sicurezza». Il processo di assunzione vero e proprio inizia con uno dei 2400 appaltatori israeliani ufficialmente registrati che presenta una domanda per un permesso di lavoro per un manovale palestinese all’Autorità per la popolazione e l’immigrazione. Al termine del periodo di lavoro, l’appaltatore dovrebbe informare le autorità per far cessare la validità del permesso. Ma negli anni si è radicata una pratica illecita: invece di restituire i permessi, gli appaltatori li vendono tramite un intermediario palestinese ad altri manovali che sono disposti a pagare somme importanti. Ed è solo l’inizio. L’intermediario tiene per sé 600 shekel (circa 190 euro). L’appaltatore prende il resto, quindi emette una busta paga falsa ai «suoi» dipendenti che non includono il numero effettivo di giorni in cui il dipendente ha lavorato o il suo salario reale. Per il lavoratore palestinese non c’è scampo, se smette di pagare, l’intermediario sospende il suo permesso di lavoro. «Dai soldi all’intermediario ogni mese, non importa quanto hai lavorato. Il sistema ti costringe a dipendere da loro. Per questo ho scelto di venirne fuori», spiega Ahmad che ora preferisce lavorare in nero nella ristrutturazione di appartamenti.
La «tassa sul permesso», come la chiamano da queste parti, viene pagata dai più giovani, dal momento che i lavoratori di età pari o superiore a 55 anni non sono più tenuti a ricevere un permesso per andare in Israele. L’ILO nel 2019 ha stimato in circa 100 milioni di euro i profitti illeciti generati dalla vendita dei permessi ai palestinesi. Pagine Esteri
L'articolo INCHIESTA. Permessi di lavoro in Israele a caro prezzo per i manovali palestinesi proviene da Pagine Esteri.
Perché e come iniziare a ballare la salsa a Torino
Chi vive in una grande città come Torino – il discorso vale anche per altri centri urbani – può trovarsi, una volta finita la giornata di lavoro, con la voglia di togliersi di dosso lo stress fisico e mentale accumulato durante le tante ore alla scrivania. Un’ottima alternativa al proposito è quella di iscriversi a […]
L'articolo Perché e come iniziare a ballare la salsa a Torino proviene da L'Indro.
Where did all the “reject” buttons come from?!
Da dove vengono tutti i pulsanti di "rifiuto"?! Sempre più siti web hanno aggiunto un'opzione per dire "no" ai cookie e ad altri tipi di tracciamento, come previsto dal GDPR. Da dove nasce questa tendenza?
Diamo il benvenuto nel fediverso ad @AISA Associazione italiana per la promozione della scienza aperta.
Siamo certi che la vostra presenza sarà apprezzata da tutta la comunità!
(per chi non conoscesse l'associazione, questo è il link al loro sito web: aisa.sp.unipi.it )
like this
reshared this
I am living in your walls.
You may be concerned about this. In case you are, please read the below:
FAQ:
Why are you living in my walls?
I'm not going to tell you.
Are you only in my walls?
You could say I am living in everybody's walls, but in the case I am telling you that I am living in your walls, I am living in your walls.
How are you surviving in my walls?
In my non-physical form, I am crawling around listening for you. That is all I need to survive in that form. In my physical form, I survive by eating rat corpses that I cook using the wall behind your oven, and I drink the vapour in the extraction fan duct above your shower.
What are you planning to do in my walls?
Live in them, listening to you.
What do I do about you living in my walls?
Listen for the scraping. Dont touch the walls. Protect yourself. Avoid lighting candles.
When are you going to stop living in my walls?
You cannot escape me.
Do I call the police?
The authorities will not help you.
What are the consequences of you living in my walls?
Be aware.
What if I am ok with you living in my walls?
I will make sure you’re not.
Are you imaginary?
I AM LIVING IN YOUR WALLS I AM LIVING IN YOUR WALLS I AM LIVING IN YOUR WALLS I AM LIVING IN YOUR WALLS I AM LIVING IN YOUR WALLS I AM LIVING IN YOUR WALLS I AM LIVING IN YOUR WALLS I AM LIVING IN YOUR WALLS
If there are any more questions then please consult your walls by directly speaking to them.
Summary:
I am living in your walls.
Brasile, Lula – Bolsonaro: e la Cina sta a guardare
Che il futuro Presidente del Brasile si chiami Jair Bolsonaro o si chiami Inácio Lula da Silva, per Pechino non sarà un problema, il suo posizionamento nel Paese è forte e probabilmente non potrà che crescere
L'articolo Brasile, Lula – Bolsonaro: e la Cina sta a guardare proviene da L'Indro.
Lo stallo politico alimenta le tensioni settarie in Iraq
Da quando le fondamenta del moderno stato iracheno sono state stabilite durante la dissoluzione dell’Impero Ottomano, i confini instabili hanno raggruppato insieme varie sette religiose, molte delle quali nutrono animosità storiche l’una verso l’altra. Nel corso dei decenni, queste animosità sono sfociate periodicamente in un aperto conflitto settario e il paese nella sua forma attuale […]
L'articolo Lo stallo politico alimenta le tensioni settarie in Iraq proviene da L'Indro.
Igor Calì 🏴☠️ 🏳️🌈 🇮🇹 reshared this.
L’Europa deve affrontare un mix tossico di alta inflazione e crescita debole
Poiché la guerra della Russia in Ucraina ha un impatto crescente sulle economie europee, la crescita sta rallentando in tutto il continente, mentre l’inflazione mostra pochi segni di cedimento. Le economie avanzate dell’Europa cresceranno di appena lo 0,6% il prossimo anno, mentre le economie emergenti (esclusi Türkiye e i paesi in conflitto Bielorussia, Russia, Ucraina) […]
L'articolo L’Europa deve affrontare un mix tossico di alta inflazione e crescita debole proviene da L'Indro.
L’Europa nel suo labirinto energetico
I politici europei continuano a correre in tutte le direzioni per trovare una via d’uscita alla loro crisi energetica. Uno di loro, Simonetta Sommaruga, il ministro dell’Ambiente svizzero, ha chiesto alle persone di “fare la doccia insieme”. Altri sono in competizione per concedere l’attività di trasporto di energia dal Nord Africa al continente. Tutto questo […]
L'articolo L’Europa nel suo labirinto energetico proviene da L'Indro.
Perché Tuvalu sceglie ancora Taiwan
La popolazione e la ricchezza aiutano a spiegare perché i legami di Taiwan con Tuvalu sono durati.
Una popolazione più piccola significa meno prestigio come alleato, il che rende Tuvalu una priorità bassa per Pechino nei suoi sforzi per sminuire Taiwan
L'articolo Perché Tuvalu sceglie ancora Taiwan proviene da L'Indro.
La ricerca dell’ordine da parte dell’America in Medio Oriente
La Strategia di Sicurezza Nazionale del Presidente Joe Biden affronta due tendenze nella politica americana in Medio Oriente: la riduzione dell'escalation militare e l'integrazione regionale
L'articolo La ricerca dell’ordine da parte dell’America in Medio Oriente proviene da L'Indro.
Le case editrici dei libri scolastici sono rimaste al passato: al posto dei comodi PDF rifilano app disastrose:
dday.it/redazione/44063/le-cas…
È un DISASTRO. Al punto che io per alcuni libri ho usato una soluzione per fare gli screenshot di tutte le pagine in maniera semi-automatica, e farmi così il mio libro senza DRM da tenere sul tablet (e per caricarlo su Archive.org, perché la cultura va condivisa liberamente).
Purtroppo è un processo lungo, ironicamente reso più difficile dalle app non per via di ostacoli messi apposta, ma per il fatto che sono buggate, e persino crashano di continuo!
È una roba davvero semplice eh, in sostanza una riga di bash per in automatico fare uno screenshot e inviare il click del tasto freccia destra per cambiare pagina, però è una disavventura per il motivo che ho detto.
Stavo scrivendo a riguardo sul mio sito, ma poi ho iniziato a dimenticarmi di aggiornare la pagina per raccontare la cosa... Magari dovrei riempirla, che dite? Nel dubbio, sta qui comunque: sitoctt.octt.eu.org/Posts/Note…
--- Ora, una mia digressione parzialmente on-topic: ---
Per quanto il dumpare in questo modo i miei libri renderà il mio anno più semplice a lungo termine, purtroppo comunque condividendoli gratuitamente online non aiuterò tantissime persone, perché gli editori hanno il vizio turbocapitalistico di fare ristampe dei libri ogni anno con appena 2 paragrafi cambiati, facendosi pagare prezzo pieno per questa cosa. Se non vi sembra sbagliato che così facendo rendono nulla la condivisione con zero fine di lucro dei libri digitali, tipo quella che faccio io, tenete a mente che attaccano (in maniera assolutamente sleale) anche e soprattutto il mercato dell'usato.
In realtà non ho mai trovato alcun professore che facesse storie per studenti che hanno le vecchie edizioni dei libri, e certi cartolai che fanno compravendita di libri scolastici in genere consigliano a chi compra di prendere quelli usati e non le ristampe, visto che il contenuto è uguale... ma i genitori spesso non pensano e non sentono ragioni, cadendo così nel tranello delle case editrici sanguisughe; inganno reso possibile quasi esclusivamente per colpa di dirigenti scolastici squinternati che mettono solo e per forza le ristampe negli elenchi dei libri da acquistare.
Non mi azzardo a continuare nell'argomento "scuola pubblica roccaforte del capitalismo immorale" oggi, però, perché altrimenti qua mi bannano!!!
Le case editrici dei libri scolastici sono rimaste al passato: al posto dei comodi PDF rifilano app disastrose
Da anni le case editrici dei libri scolastici si rifiutano di dare la versione PDF e forniscono app poco pratiche e con limiti enormi. Eppure il PDF può essere scaricato senza problemi, basta "smanettare" un po'.DDay.it
like this
reshared this
Perché la ricerca della pace in Ucraina da parte della Germania è paralizzata
Vi sono crescenti timori che la carenza di energia e l’aumento dei prezzi derivanti dall’invasione russa dell’Ucraina, dalle sanzioni dell’Unione Europea contro la Russia e dai tagli russi alle forniture di gas, possano portare a qualcosa che si avvicina alla ‘deindustrializzazione‘ dell’Europa, poiché le fabbriche con livelli elevati di necessità di energia devono chiudere o […]
L'articolo Perché la ricerca della pace in Ucraina da parte della Germania è paralizzata proviene da L'Indro.
rag. Gustavino Bevilacqua
in reply to Andrea • • •Sarebbe interessante fare un diff tra le varie edizioni.
(oh, ha solo 48 anni il programma? Li porta bene!)
en.wikipedia.org/wiki/Diff
standard UNIX utility for file comparison
Contributors to Wikimedia projects (Wikimedia Foundation, Inc.)Andrea likes this.
Andrea
in reply to rag. Gustavino Bevilacqua • •se chiedi agli editori, li porta male: non viene toccato e ripubblicato ogni anno!
rag. Gustavino Bevilacqua likes this.
rag. Gustavino Bevilacqua reshared this.
rag. Gustavino Bevilacqua
in reply to Andrea • • •Aaron Winston Smith
in reply to rag. Gustavino Bevilacqua • • •rag. Gustavino Bevilacqua reshared this.
Andrea
in reply to Aaron Winston Smith • •Sabrina Web likes this.