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Israele nelle mani degli zeloti


Il sionismo religioso avanza, con un Netanyahu, a fine corsa, frontman di una Amministrazione che potrebbe diventare un paria tra i suoi vecchi amici americani, snobbato anche dai nuovi amici del Golfo. Gli elettori che hanno votato per la prima volta, ortodossi e non, giovani di origine russa: sono loro che hanno fortemente influenzato il voto e determinato la decisa svolta a destra

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La più alta affluenza ai seggi da decenni consegna a Netanyahu le chiavi per il ritorno al potere. Successo dell’ultradestra religiosa.Dei tanti soprannomi che gli hanno affibbiato in 20 anni di ribalta, “il Mago” è forse quello più indovinato.


Occhio per occhioVolano missili tra le due Coree. Ieri, i nordcoreani hanno lanciato in direzione sud almeno 100 colpi di artiglieria e 23 missili.


Elezioni politiche 2022: la solitudine dei numeri reali


“Rimane il fatto che capire la gente non è vivere. Vivere è capirla male, capirla male e poi male e, dopo un attento riesame, ancora male. Ecco come sappiamo di essere vivi: sbagliando” (P. Roth, Pastorale americana) A futura memoria non è inutile ribadire numeri reali e crolli verticali di vincitori e vinti. Vincono le […]

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Guerre spaziali: come il conflitto tra Stati sta diventando extraterrestre


La guerra in Ucraina ha accelerato le prospettive di guerre spaziali in arrivo. In una dichiarazione del 26 ottobre alla discussione tematica sullo spazio esterno della 77a sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il vice capo della delegazione russa Konstantin Vorontsov ha avvertito che l’uso delle infrastrutture civili dello spazio esterno e dei satelliti commerciali […]

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ilCafFLEespresso – L'(in)giustizia penale con Angela Maria Odescalchi


Conducono Massimiliano Annetta e Nicola Galati Un primo commento al DL 162/22 in tema di ergastolo ostativo, rinvio della riforma Cartabia e rave party L'articolo ilCafFLEespresso – L'(in)giustizia penale con Angela Maria Odescalchi proviene da Fondazion

Conducono Massimiliano Annetta e Nicola Galati

Un primo commento al DL 162/22 in tema di ergastolo ostativo, rinvio della riforma Cartabia e rave party

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Ucraina: la guerra sta andando troppo oltre?


Negli ultimi due mesi, l’Ucraina ha respinto con successo le forze d’invasione russe. Ha ripreso una grande fetta di territorio intorno alla città nord-orientale di Kharkiv. È sul punto di riconquistare l’unica grande città, Kherson nel sud, che la Russia ha occupato da febbraio. Le forze ucraine hanno anche preso di mira aeroporti in Crimea […]

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Diritto e guerra: l’ordine mondiale in crisi


Il presidente della Federazione russa ha messo in chiaro i suoi obiettivi, che vanno ben al di là della conquista di un Paese vicino e riguardano sia la sicurezza dell’Occidente, sia la struttura dell’ordine giuridico costituito dopo la seconda guerra mon

Il presidente della Federazione russa ha messo in chiaro i suoi obiettivi, che vanno ben al di là della conquista di un Paese vicino e riguardano sia la sicurezza dell’Occidente, sia la struttura dell’ordine giuridico costituito dopo la seconda guerra mondiale


C’è qualcosa di singolare nell’aggressione russa all’Ucraina: perché un Paese con un territorio esteso per più di 17 milioni di chilometri quadrati, ricchi di molte risorse naturali, ha mire territoriali su una nazione di dimensioni poco più grandi del 3% del proprio territorio (o su una regione, il Donbass, che ne rappresenta lo 0,3%)? L’evidente sproporzione ha una prima spiegazione nella notizia, data di recente dalla stampa inglese, della rimozione, da parte della Russia, dei resti mortali del principe Grigory Potemkin dalla cattedrale di Kherson.

Kherson è una città fondata nella seconda metà del ‘700 proprio dal potente generale, preferito di Caterina II, che sottrasse anche la Crimea agli Ottomani: per la dirigenza russa non contano — come invece contano per tutto il mondo — i trenta anni di indipendenza della nazione ucraina, dal 1991 ad oggi, bensì conta un passato più lontano, al quale, come ha notato Giuliano Da Empoli nel suo splendido romanzo «Il mago del Cremlino», il presidente della Federazione russa si richiama. Per lui vale quello che scriveva Italo Svevo, che «il presente dirige il passato come un direttore d’orchestra i suoi suonatori»; perciò, il passato «risuona o ammutolisce».

Questo uso politico della memoria storica si nota già nell’articolo 67 della Costituzione russa (come emendato nel 2020 per volontà di Putin), secondo il quale, la Federazione «garantisce la difesa della verità storica». La storia entra a pieno titolo in questa guerra, anche per i frequenti riferimenti che ad essa, in particolare ai suoi momenti di gloria, quelli di Pietro il Grande e di Caterina II, fa Putin, mèmore del fatto che — come scriveva Potemkin alla zarina — «la Crimea con la sua posizione minaccia la nostre frontiere», «la Russia ha bisogno del suo paradiso» e Kherson è «la via per Bisanzio».

A questa prima spiegazione dell’aggressione russa, che sta tra realtà e retorica, se ne aggiunge una seconda, illustrata dal nuovo zar russo in più di una occasione. Nel 2007, alla conferenza di Monaco sulla sicurezza, ha criticato il modello di un mondo unipolare, ritenuto inaccettabile, e l’espansione della Nato, aggiungendo che «la vera sovranità dell’Ucraina è in partenariato con la Russia, perché noi siamo un solo popolo».

Nel 2015, parlando alla 70ª assemblea dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, ha criticato «l’esportazione di rivoluzioni, questa volta cosiddette democratiche», sottolineandone il potenziale conflitto con il principio, sancito dalla Carta delle Nazioni Unite, dell’autodeterminazione dei popoli, lamentando che «un’aggressiva interferenza straniera ha prodotto una distruzione flagrante di istituzioni nazionali», e aggiungendo «non possiamo più tollerare l’attuale situazione del mondo».

Ha, inoltre, criticato la «politica di espansione della Nato e delle sue infrastrutture militari» definendo l’offerta occidentale ai Paesi dello spazio post-sovietico una «scelta ingannevole: essere Occidente o essere Oriente». Nel 2021, a Davos, ha osservato che «l’era dell’ordine mondiale unipolare è finita» e nello stesso anno ha sostenuto l’«unità storica di russi e ucraini». Ha ripetuto queste frasi il 17 giugno 2022 al Forum economico di San Pietroburgo, aggiungendo che «il dominio dell’Occidente non è eterno», che «le istituzioni internazionali si stanno rompendo, stanno fallendo» e che bisogna costruire un «nuovo ordine mondiale».

Gli stessi concetti sono stati ribaditi di recente, il 27 ottobre scorso, al Valdai club di Mosca, dove ha osservato che il periodo di dominazione dell’Occidente è finito, che la Russia non è una semi-colonia e difende il suo diritto di esistere, che l’espansione dell’Alleanza atlantica è inaccettabile e che i russi e gli ucraini sono un unico popolo.

Dunque, il presidente della Federazione russa ha messo in chiaro i suoi obiettivi, che vanno ben al di là della conquista di un Paese vicino e riguardano sia la sicurezza dell’Occidente, sia la struttura dell’ordine giuridico costituito dopo la seconda guerra mondiale.
Quanto al primo aspetto, è quindi bene tener presente che l’aggressione all’Ucraina è un primo passo dimostrativo e che ora, se l’Occidente dà armi agli ucraini, gli ucraini dànno all’Occidente le loro vite.

Quanto al secondo aspetto, non c’è dubbio che l’Organizzazione delle Nazioni Unite e il sistema multilaterale sviluppatosi dalla metà del secolo scorso non riescano a mantenere la pace in una zona cruciale dell’Europa. L’articolo 2 della Carta delle Nazioni Unite vieta l’uso della forza contro l’integrità territoriale di uno Stato. In questo caso, la forza è stata adoperata da uno Stato, la Russia, nei confronti di un altro Stato, l’Ucraina, che era entrata lo stesso giorno dell’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche-Urss, il 24 ottobre 1945, nella famiglia delle Nazioni Unite. Si tratta, quindi, di una guerra che oppone, l’uno all’altro, due membri fondatori delle Nazioni Unite. Essa vi ha provocato una doppia contraddizione: nell’Assemblea, il 2 marzo 2022, 141 Stati su 193, con solo cinque contrari e 35 astenuti, hanno condannato l’aggressione russa.

Lo stesso ha fatto il Consiglio di sicurezza, con 11 voti su 15. La Russia ha posto il veto a quest’ultima decisione, mentre quella dell’Assemblea generale non è vincolante. Inoltre, solo quaranta Paesi stanno assicurando aiuti militari, o finanziari, o umanitari all’Ucraina. Un altro segno del fallimento del diritto internazionale è costituito dalla inerzia dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa-Osce e dalla inefficacia delle iniziative di ben tre tribunali internazionali, la Corte internazionale di giustizia, la Corte penale internazionale e la Corte europea dei diritti dell’uomo. Infine, la guerra russo – ucraina mette in dubbio l’idea kantiana che vedeva nello sviluppo della cooperazione commerciale un mezzo per assicurare uno sviluppo pacifico del mondo.

L’inerzia o l’inefficacia di tante istituzioni richiede una riflessione sulla crisi dell’ordine giuridico mondiale, una riflessione che non può fermarsi solo per la capacità delle democrazie di essere efficaci in battaglia (come notato da David Lake, in «Powerful Pacifists: Democratic States and War», nell’«American Political Science Review» del 1992, con considerazioni riprese da Filippo Andreatta in una interessante relazione tenuta all’Arel il 31 maggio 2022) o per la circostanza che, a differenza di quello che è successo alla Russia nel ‘700, quando le fu più facile inghiottire la Polonia che digerirla (secondo la brillante formula di Jean-Jacques Rousseau), oggi la Russia non riesce neppure a inghiottire l’Ucraina. Non dimentichiamo che un quinto delle frontiere terrestri dell’Unione Europea, 2250 chilometri, che riguardano cinque Paesi (Finlandia, Estonia, Lituania, Polonia e Lettonia), sono comuni con il territorio della Federazione russa.

Il Corriere della Sera

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Manufatti prefabbricati civili e industriali: di cosa si tratta


Nel nostro Paese, ormai da alcuni decenni, le aziende che operano nel campo dei manufatti prefabbricati sono molteplici. Se in un passato non troppo lontano queste realtà producevano soprattutto capannoni ed edifici di grandi dimensioni, oggi alcune si occupano quasi esclusivamente di prefabbricati civili e industriali di servizio. Cabine elettriche e altri manufatti prefabbricati Le […]

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Venezuela: Nicolás Maduro, maestro della sopravvivenza politica


Ai tempi di Hugo Chávez, il Venezuela era un attore geopolitico piuttosto potente con una grande influenza nel mondo. Sebbene per territorio piccolo, il Venezuela ha avuto un’influenza globale grazie alla sua vasta ricchezza petrolifera e al fatto che ha guidato un nuovo modello socioeconomico chiamato socialismo del 21° secolo. Per coincidenza, poco dopo la […]

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‘A livella


Uguali da morti L’uguaglianza può non essere una bella cosa. <<Ccà dinto, ‘o vvuo capi, ca simmo eguale? …/Muorto si’ tu e muorto so’ pur’io>>. Il 2 novembre non si può non dedicare un pensiero ad Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Commeno Porfiroge

Uguali da morti


L’uguaglianza può non essere una bella cosa. <<Ccà dinto, ‘o vvuo capi, ca simmo eguale? …/Muorto si’ tu e muorto so’ pur’io>>. Il 2 novembre non si può non dedicare un pensiero ad Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Commeno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio, in arte: Totò (in realtà nacque Antonio Vincenzo Stefano Clemente, poi adottato dal marchese). Una sua poesia, forse la più bella e intensa, s’intitola “’A livella”. Incaricò un netturbino, <<’o scupatore>>, di spiegare al marchese che <<staje malato ancora e’ fantasia>>, che è inutile si senta un gran signore e lo disprezzi perché fa lo spazzino: la morte rende uguali.

Prima della morte, però, siamo diseguali. Il gusto per la vita, quindi, è un ulteriore motivo per amare la diseguaglianza. S’usa dire il contrario, per posa e falsa bontà, ma non è vero. E neanche bello. Anzi, sarebbe bruttissimo. Siamo uguali davanti alla legge, lo siamo nei diritti e nei doveri di cittadinanza (si faccia la cortesia di non dimenticare i doveri, perché senza quelli i diritti sono una diceria per gonzi). Per il resto siamo diversissimi l’uno dall’altro. Evviva. Pensa che noia parlare o giocare con uno uguale a me. Un incubo se fossero anche numerosi.

Il punto è: quindi solo morendo il marchese e lo spazzino diventano uguali? Brutto mondo, sarebbe. A parte che Totò, nato povero ai quartieri spagnoli e morto con quella sfilza di nomi, sarebbe la dimostrazione del contrario, ci sarà pure un modo per cambiare le cose senza passare per la burletta del blasone. C’è: la meritocrazia. Solo una sinistra deficiente può pensare che si debbano difendere gli ultimi dalla meritocrazia, perché quello è un modo per lasciarli ultimi fino al trapasso, sperando in un’uguaglianza cimiteriale peraltro negata da chi sostiene ci si divida anche colà.

Non solo lo spazzino deve potere soppiantare il marchese, ma il figlio dello spazzino deve potere far mangiare la polvere a quello del marchese, cosa che potrà avvenire solo se il vantaggio di partenza del ricco titolato avrà un peso inferiore alla selezione che si opera a scuola e, quindi, nel mercato che si apre dopo. Esattamente: selezione.

Se si cede alla trappola sociofilosofica che nessuno strumento di valutazione è sì buono da stabilire chi sia bravo e chi no, o in quella socioepigenetica che i privilegiati generano privilegiati, o in quella sociolassista che dischiude il campo al sociaccattonaggio del mantenimento degli ultimi per evitare che venga loro voglia di soppiantare gli avvantaggiati, uno solo sarà il risultato: ’o scupatore resterà scupatore e metterà al mondo uno scupatore.

Ma siamo a posto, ora c’è la destra al governo, quella che ha sul gozzo il ’68, quindi avanzerà il merito. Lo hanno messo anche nel nome del ministero. Magari, ma non è così. La destra in quel ministero c’è già stata ed ha fatto accordi con i sindacati. Il merito non è uno slogan, ma una pratica. Che non si può verificare se non si comincia dalle cattedre. Fate il conto di tutti quelli (sessantottini immaginari e multicolori) che chiesero a gran voce la stabilizzazione dei “precari” e toglieteli da quanti sono credibili quando parlano di merito. Non ci rimane quasi nessuno.

Per praticare il merito fra i banchi bisogna farlo valere anche nella carriera e retribuzione dei docenti. Per conoscerlo si devono misurare i risultati, seguendo il “prodotto”, ovvero gli studenti. Una scuola che promuove tutti e quelli in difficoltà se li perde per strada non è né lassista né classista: è inutile.

Vedo che si moltiplicano le geremiadi sul costo degli studi. Altra sciocchezza: sono quelli per gli alloggi e trasporti, non per gli studi. L’Italia è piena di borghi fenomenali che potrebbero diventare campus meravigliosi e attrarre studenti da rutto il mondo. Ma in cattedra ci metti quelli bravi e con un contratto annuale, non il cugino del preside con un contratto a vita.

La diseguaglianza è vita, se basata sulle capacità. Negarla è da necrofori del pensiero. Buon 2 novembre.

La Ragione

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PODCAST. Brasile, sostenitori di Bolsonaro bloccano strade e autostrade


Bolsonaro difende i manifestanti, scagliandosi contro il sistema elettorale. Pasquale Pugliese, da Salvador de Bahia, ci aggiorna sulla situazione L'articolo PODCAST. Brasile, sostenitori di Bolsonaro bloccano strade e autostrade proviene da Pagine Ester

di Michele Giorgio –

Pagine Esteri, 2 novembre 2022 – Centinaia i blocchi stradali nel Paese. Camionisti sostenitori di Bolsonaro hanno utilizzato i propri mezzi per bloccare il transito.

Un sostenitore di Bolsonaro ha ucciso una persona e ferito altre due durante un raduno di festeggiamento elettorale. Abbiamo intervistato Pasquale Pugliese, da Salvador de Bahia.
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Con le sanzioni, i BRICS crescono. Nell’orizzonte strategico: BRICS plus


Le sanzioni statunitensi come arma di guerra stanno avendo un effetto inaspettato. Russia, Cina e Iran stanno sviluppando rotte commerciali e finanziarie alternative e collaborano con altre Nazioni. Forse il più grande prodotto delle sanzioni è stato quello di incoraggiare il rapido sviluppo di BRICS plus, ora un blocco strategicamente importante. BRICS è stata costituita […]

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USA – Asia: i punti deboli nella strategia indo-pacifica di Washington


Priorità divergenti, crisi della fiducia regionale negli stessi Stati Uniti, e poi la Cina, l'elefante nella stanza, con Washington che lavora alla mobilitazione di alleati e partner implicitamente contro la Cina, e nell'indo-pacifico ben pochi concordano, piuttosto vorrebbero una approccio alla sicurezza regionale che lavori con la Cina piuttosto che esclusivamente contro di essa

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Il nuovo piano per mettere al sicuro le armi statunitensi in Ucraina ha delle lacune


Il Dipartimento di Stato sta emettendo nuove protezioni per fermare il contrabbando, ma non sta ancora facendo nulla per le armi leggere. Le preoccupazioni vanno oltre l'alimentazione del mercato nero globale delle armi, riguardano il rischio che queste armi finiscano in mano a gruppi ribelli

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🎨 Giovedì 3 novembre alle ore 10, il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, aprirà la Cerimonia di premiazione delle opere vincitrici della Mostra-Concorso IV Biennale Nazionale dei Licei artistici, presso la Sala “Aldo Moro” del …


Il primato della toscanità nel cinema: è di Monicelli e di ‘Amici miei’


In questi giorni nei quali Roberto Benigni, uno dei miti del nostro cinema ha festeggiato i suoi primi 70 anni, ricorrevano anche i 100 anni di Ugo Tognazzi: un centenario che a Firenze è stato ricordato con particolare calore e varie iniziative. Perché? “Perché pur non essendo fiorentino, Tognazzi, secondo un’opinione diffusa, più di altri […]

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Ergastolo ostativo: incostituzionale il Decreto Meloni?


Si possono invocare i massimi sistemi, pronunciare nobili e appassionati discorsi, una quantità di assicurazioni, promesse… Alla fine della fiera, parafrasando Gertrude Stein (“Una rosa, è una rosa, è una rosa”), un fatto è un fatto, è un fatto. Universale “regola”, che vale anche nel mondo “Giustizia”. Un “fatto” molto concreto è che secondo […]

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Israele: il futuro impossibile da vedere


Una riflessione di pochi mesi fa di Gideon Levy, giornalista e scrittore israeliano, fa luce su molti aspetti di questo turno elettorale e sullo stato attuale di Israele e della società israeliana

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Benedetto – 1 novembre 2022


Il governo continua nel vecchio andazzo: inasprire le pene per sospirare sicurezza. Vana speranza. Nulla ha insegnato il passato prossimo e remoto. Snellezza dei processi, certezza delle pene e autorevolezza dello Stato sono da garantire.

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Premio “Ahi, serva Italia! – Dante visto da Shakespeare”


La Fondazione Luigi Einaudi è lieta di invitarvi a seguire la diretta del Premio “Ahi, serva Italia! – Dante visto da Shakespeare” sulla nostra pagina Facebook e sul nostro canale YouTube. Dopo il successo dell’iniziativa “Il CafFLE letterario celebra Dan

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La Fondazione Luigi Einaudi è lieta di invitarvi a seguire la diretta del Premio “Ahi, serva Italia! – Dante visto da Shakespeare” sulla nostra pagina Facebook e sul nostro canale YouTube.

Dopo il successo dell’iniziativa Il CafFLE letterario celebra Dante: Amor c’ha nullo amato” – nata grazie al patrocinio della Regione Lazio – a seguito dell’interesse mostrato dai molti studenti delle scuole secondarie superiori coinvolte, la Fondazione ha deciso di proseguire la sua collaborazione con gli autori Monaldi & Sorti ospitando sui propri canali social la cerimonia di premiazione.

Il premio nazionale di street theatre “Ahi serva Italia! – Dante visto da Shakespeare”, basato sull’omonimo romanzo di Monaldi & Sorti (Solferino Editore), si è svolto nell’estate 2022 coinvolgendo nella fase finale dieci regioni italiane: Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Liguria, Toscana, Umbria, Lazio, Campania, Calabria e Sardegna.

Patrocinato tra gli altri dalla Società Dante Alighieri e dalla Fondazione Luigi Einaudi, e sostenuto da testimonial come Pupi Avati e Monica Guerritore, l’evento ha coinvolto decine di artisti ottenendo grazie alla comunicazione di Solferino Libri una fortissima risonanza mediatica. Per ulteriori dettagli, cfr. in fondo i link a TV e stampa.

La premiazione avverrà il 3 novembre 2022, alle ore 19.00. Sarà possibile seguire la diretta sulla nostra pagina Facebook e sul nostro canale YouTube.

La triade premiata a pari merito è costituita da tre ensemble:


– Duo Tatoli-Venarucci per l‘esibizione CUORI IN FIAMME – Storia della tragica amicizia tra Dante e Guido Cavalcanti (26 e 27 agosto, Montecatini Val di Cecina e Sarzana).

– Trio Maoddi-Vargiu-Zamuner per l’esibizione SPIRITO DEI SOGNI D’AMORE – Piccarda nel cuore di Dante (Cagliari, 1° settembre).

– Il cantastorie Daniele Mutino, con il gruppo I Musici della Storia cantata, per l’esibizione GUITTI E GUERRA – Pirro e Priamo tra Dante, Virgilio e… Amleto (Colle Sannita, BN, 20 agosto).

Per la categoria giovani:


I Giovani di Casa Shakespeare, per l’esibizione RECITA DI MESSER APULIESE E DE’ SUOI JULLARI – Alla presenza dell’autore Messer Alighieri (Verona il 12 agosto).

Premi monotematici:


Tematica femminile: Trio Le Donne della Commedia, per l’esibizione LE DONNE DELLA COMMEDIA SI RACCONTANO – Francesca, Piccarda e… Gemma (Firenze, 8 agosto).

Sceneggiatura: Elisabetta Fiorito, per l’esibizione CONTE UGOLINO – Dall’Inferno ad Amleto (Roma, 31 agosto).

Rassegna Stampa:

Giornali online:
Video:

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Malan-Droni. La nuova guerra a distanza può cambiare le carte in tavola?


In attesa di un lungo inverno, durante il quale non sarà possibile riprendere l’iniziativa di nuove offensive terrestri, Mosca si affida ai droni per combattere la guerra ucraina. Kiev non perde tempo e fa lo stesso. Ci stiamo dunque incamminando verso una guerra di droni? In parte sì, anche se lo scenario alla terminator appare abbastanza di là da venire

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PODCAST. Israele: vittoria larga della destra, Meretz (sinistra) fuori dalla Knesset


Sulla base del conteggio quasi definitivo, il blocco di Netanyahu otterrebbe 65 seggi su 120 della Knesset. Il Meretz storico partito della sinistra non ha superato per pochi voti la soglia di sbarramento del 3,25% e rischia di rimanere fuori dal parlamen

AGGIORNAMENTI 2 NOVEMBRE

ANCORA PIÙ AMPIA LA VITTORIA DELLA DESTRA

Con il 97% dei voti contati, il blocco religioso e di estrema destra di Benjamin Netanyahu si avvia a una vittoria ancora più larga, mentre lo storico partito di sinistra Meretz guidato da Zahava Gal On è fuori dalla Knesset, perché non ha superato la soglia di sbarramento elettorale (3,25%) di un soffio. Avrebbe ottenuto il 3,2. Si avvicina alla soglia anche il partito di opposizione arabo Tajammo/Balad con il 3,04% dei voti totali.

Sulla base del conteggio quasi definitivo, il blocco di Netanyahu otterrebbe 65 seggi su 120 della Knesset. Questo numero potrebbe cambiare man mano che saranno elaborate più schede, comprese circa 500.000 “buste doppie” contenenti schede espresse da soldati, detenuti e diplomatici che, peraltro, in genere favorisce i partiti di destra.

Attualmente, il Likud ne ha 31; Yesh Atid, 24; Sionismo religioso, 14; Unità nazionale, 12; Shas, 12; Ebraismo della Torah unita, 8; Yisrael Beytenu, 5; Ra’am, 5; Hadash-Ta’al, 5 e Labour ne ha 4.

Il partito islamista Ra’am è oltre la soglia elettorale, al 4,33%, così come la lista araba Hadash-Ta’al cal 3,91%.

Se Balad o Meretz non riusciranno a ottenere la rappresentanza alla Knesset, aumenteranno ulteriormente le prospettive di Netanyahu di formare una coalizione fondata su una ampia maggioranza di destra.

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Pagine Esteri, 1 novembre 2022 – Benyamin Netanyahu ha ottenuto la sua rivincita. La più alta affluenza alle urne registrata in Israele da 22 anni a questa parte ha dato al blocco di destra la maggioranza che il leader della destra desiderava per riprendersi la poltrona di primo ministro.

Gli exit polls diffusi alla chiusura delle urne alle 21 italiane, hanno inoltre evidenziato il trionfo della destra più estremista e razzista. Sionismo religioso, la lista elettorale guidata da Bezalel Smotrich e Itamar Ben Gvir, ha conquistato 14-15 seggi, il doppio di quelli ottenuti nel 2021.

Ben Gvir, che ha oscurato lo stesso Netanyahu per tutta la campagna elettorale, ha festeggiato per ore con i suoi fedelissimi. Magro risultato per il centro sinistra. I partiti arabi conquistano, nonostante un aumento dell’affluenza del suo elettorato rispetto al 2021, è riuscito a confermare solo i deputati della passata legislatura e la lista Tajammo/Balad ha mancato l’ingresso in parlamento per pochi voti. Abbiamo intervistato a Gerusalemme il direttore di Pagine Esteri, Michele Giorgio.
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Ha passato 44 ore in silenzio Jair Bolsonaro per partorire uno scarno e sibillino messaggio post-elettorale alla nazione.


Ha passato 44 ore in silenzio Jair Bolsonaro per partorire uno scarno e sibillino messaggio post-elettorale alla nazione.


Ostativo


Talora si resta prigionieri della propria propaganda e per uscirne, una volta assunta la responsabilità di governare, si prova a imboccare la porta dell’ovvio, del resto già imboccata dal Parlamento all’unanimità, salvo vedersela sbarrata dallo scioglimen

Talora si resta prigionieri della propria propaganda e per uscirne, una volta assunta la responsabilità di governare, si prova a imboccare la porta dell’ovvio, del resto già imboccata dal Parlamento all’unanimità, salvo vedersela sbarrata dallo scioglimento anticipato. Sicché si riparte da quel che vedemmo quando la Corte costituzionale stabilì l’incostituzionalità dell’ergastolo ostativo.

La Corte aveva avuto pietà. Forse sbagliando. I ritardi del legislatore sono talmente tanti, prodigo di leggine e con il braccino corto sulle riforme, che la Corte aveva accordato tempo, solo annunciando che, in assenza di fatti, sarebbe arrivata l’abrogazione. Perché l’ergastolo ostativo è incostituzionale, nonché contrario a un paio di trattati internazionali che regolano i diritti umani. Quando aveva funzioni di commentatore e giurista, l’attuale ministro della Giustizia, Nordio, lo definiva <<un’eresia>>. Sarebbe strano vederlo nei panni dell’eresiarca.

Ergastolo significa “a vita”. Si può essere condannati all’ergastolo solo per avere ucciso (e non in tutti i casi). Hai preso una vita, darai la vita. Che senza pena di morte significa carcere a vita. Già in questo la pena non è proprio coerente con il dettato costituzionale, perché la pena ha un ruolo remunerativo, correlato al danno arrecato, ma deve anche <<tendere alla rieducazione del condannato>> (art. 27). Quel <<tendere>> lascia margini, non mancando i non rieducabili. Se la pena è a vita, però, non significa che si debba necessariamente crepare dietro le sbarre.

Il detenuto vi si trova da ventisei anni, si valuta non abbia più pericolosità sociale, la rieducazione ha funzionato, allora si potrà decidere, sempre a cura del magistrato, la liberazione anticipata, come già gli erano stati concessi dei permessi, magari un lavoro fuori e rientro in carcere la sera. Non ha diritto automatico ad avere quei benefici, ma ha il diritto di chiederli.

Il 4bis della legge sull’ordinamento penitenziario (leggetelo, anche solo guardatelo, per capire come si legifera, con i comma “quinques”…), considerato incostituzionale, nega non il primo diritto, che non esiste, ma il secondo: chi è condannato all’ergastolo ostativo non può chiedere alleggerimenti della pena, dovendo prima avere collaborato con la giustizia.

La pietà della Corte ha prodotto due cortocircuiti: 1. quella che è materia parlamentare diviene, per la fretta, governativa; 2. la destra contraria alle depenalizzazioni e la cui propaganda considerava la civiltà della pena un cedimento ai criminali, avendo scelto un ministro della Giustizia che la pensa all’opposto, ora si trova questa roba fra le mani.

È evidente, non solo per l’ergastolano, che se hai legami attivi con organizzazioni criminali i permessi te li scordi. Conservi la tua pericolosità. Non per trastullo la decisione spetta al magistrato e non a un computer che computa i tempi. L’errore consiste nell’avere scritto che per determinati reati si possono concedere benefici: <<solo nei casi in cui tali detenuti e internati collaborino con la giustizia>>.

Perché può ben esistere il caso di chi ha ammazzato in collaborazione con altri, trenta anni prima, si è sempre rifiutato di indicare i complici e comunque ha perso pericolosità sociale. Mentre può esistere chi ha fatto i nomi di tutti i rivali, s’è tenuto quelli dei veri soci ed è pericolosissimo. E, ancora, la decisione spetta al magistrato.

Quindi l’idea che cancellare l’ostativo sia un “liberi tutti” è falsa. Come è falso che sia un piacere agli assassini. Lo è, semmai, alla civiltà del diritto. Ed ecco la via d’uscita, che porta in un vicolo buio: cancellare la condizione della collaborazione, inaccettabile e incostituzionale, mantenendo l’ovvio della pericolosità. Solo che si torna alla casella di partenza: quali i criteri per la pericolosità? Perché se ci si infila la non collaborazione si sta pestando l’acqua nel mortaio.

Morale (si fa per dire) la sola riforma sul tavolo, quella Cartabia, è stata rinviata (di poco, ma rinviata), mentre questa è una pezza. Nordio era contro le pezze. Benvenuto nel difficile mondo del governare.

La Ragione

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Buoni acquisto, ottime idee regalo per i dipendenti


Tra aziende e liberi professionisti si sta facendo sempre più strada il buono acquisto, detto anche buono regalo, uno strumento preziosissimo di welfare aziendale che piace a tutti. Il buono acquisto sta sostituendo il regalo aziendale, ormai obsoleto e poco apprezzato. Le aziende, in occasione delle festività natalizie o di qualche altro evento, fino a […]

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Meloni: l’affermazione dura del ‘potere’


Il 'governo forte', fortissimo, ovvero lassista. Affermazione dura del 'potere' e flessibilità della legge. Ciò che piace in questo Governo è il rigore metodologico, la coerenza. Ciò che non piace, è che Mattarella non abbia nulla da dire

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Il Brasile vira a sinistra: Lula presidente, sconfitto Bolsonaro


E' stato testa a testa per molte ore, poi il leader del Partito dei Lavoratori ed ex presidente ha ottenuto il suo terzo mandato. Ma il Brasile si è spaccato. Lula ha vinto con un margine minino e si temono mosse antidemocratiche di Bolsonaro. L'articolo

di Glória Paiva*

Pagine Esteri, 31 ottobre 2022 – I brasiliani hanno votato ieri (30/10) al secondo turno delle elezioni presidenziali e hanno scelto Luis Inácio Lula da Silva (Partito di Lavoratori – PT) come successore di Jair Bolsonaro (Partito Liberale – PL) per assumere la presidenza dal 1° gennaio 2023. Lula ha ottenuto il 50,9%, contro il 49,1% di Bolsonaro, cioè 2,1 milioni di voti in più. Il risultato segna una nuova tappa nella politica brasiliana, dopo quattro anni di una forte divisione politica e di una gestione criticata dai settori progressisti di tutto il mondo per la sua disastrosa performance su temi come la gestione della pandemia di Covid-19, l’ambiente, i diritti umani, l’aumento della povertà, il ritorno del Brasile nella mappa della fame delle Nazioni Unite, tra gli altri. Come nel primo turno, giorno 2 ottobre, è stato nuovamente elevato l’indice di astensioni, il 20,57%, rappresentando 32 milioni di cittadini.

Lula ha vinto in più comuni e nella regione del Nord Est; mentre Bolsonaro ha vinto nelle altre quattro regioni. È la prima volta nella storia della democrazia brasiliana un presidente perde la disputa alla propria rielezione e che un terzo mandato presidenziale accadrà.

Dopo il conteggio dei voti, Lula ha festeggiato con i suoi sostenitori a São Paulo, dove ha fatto un discorso per milioni di persone. Per il presidente eletto, nelle sue parole, “non ci sono due Brasile”. “È tempo di ricostruire un paese diviso”, ha dichiarato. Il petista ha detto, inoltre, che il suo impegno più urgente sarà quello di mitigare la fame, uno dei problemi più gravi degli ultimi tre anni.

Nonostante la vittoria di Lula, specialisti sostengono che la divisione politica che si è consolidata negli ultimi quattro anni in Brasile non finirà nel 2023. La polarizzazione si fa sentire nei fatti, ormai diventati quotidiani, di violenza politica e sicuramente sarà un ostacolo alla governabilità di Lula, a causa della nuova composizione del legislativo: il Partito Liberale di Bolsonaro sarà il più rappresentato sia nel Senato che nella Camera dei Deputati.

Operazioni della polizia stradale nelle regioni pró-Lula

Durante la giornata di ieri, la Polizia Stradale Federale (PRF) non ha rispettato un ordine del Supremo Tribunale Elettorale (TSE) ed ha effettuato almeno 560 operazioni sulle strade di tutto il paese per “ispezionare” il trasporto gratuito degli elettori. La metà di queste azioni sono state realizzate nella regione del Nord Est, dove Lula ha la maggioranza degli elettori. Sui social in tanti hanno denunciato difficoltà di accedere ai luoghi di votazione e ritardi fino a tre ore. Il presidente del TSE, Alexandre de Moraes, ha affermato, tuttavia, che il fatto non ha impedito agli elettori di raggiungere i loro seggi elettorali. Moraes ha chiesto nel dettaglio le informazioni sulle operazioni della PRF per valutare la possibile apertura di procedimenti contro i responsabili.

Secondo il portale G1, lo stesso Bolsonaro avrebbe sollecitato al ministro della Giustizia, Anderson Torres, al quale è subordinata la Polizia Stradale Federale, di ordinare le operazioni nelle zone in cui Lula era il favorito. Alleato di Bolsonaro, Torres si è incontrato, la settimana scorsa, con il presidente in Brasília e con gli assessori della sua campagna. Nel sabato (29), il direttore-generale della PRF, Silvinei Vasques, aveva pubblicato sul un suo profilo in una rete sociale una foto in cui dichiarava il suo voto a Bolsonaro, ma la pubblicazione è stata cancellata ore dopo.

Nell’ultima settimana, i bolsonaristi hanno sollevato l’idea di cambiare la data del secondo turno o addirittura di realizzare un “terzo turno”, in caso di parità oppure sulla base di presunti dubbi sulla legittimità dell’elezione e sull’imparzialità del TSE, nonostante la legislazione elettorale brasiliana non preveda un terzo turno. Per di più, il sistema di voto elettronico, utilizzato in Brasile dal 1996, è considerato uno dei più sicuri al mondo ed è valutato periodicamente da test pubblici di sicurezza dal 2009.

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foto di Marcos Correa

La storia dei candidati

Lula, 77 anni, è stato il 35° presidente del Brasile dal 2003 al 2011, periodo in cui il paese ha vissuto un momento di espansione economica e sociale. Nato a Pernambuco, Lula lavorava come operatore di presse meccaniche nello stato di San Paolo quando iniziò a partecipare ai movimenti sindacali alla fine degli anni ’60, durante la dittatura militare. Ha guidato grandi scioperi dei lavoratori e ha contribuito a fondare il PT nel 1980. Nel 1989 si candidò per la prima volta alla presidenza, avendo perso contro Fernando Collor de Mello. È stato nuovamente candidato nel 1994 e nel 1998 e ha perso contro Fernando Henrique Cardoso. Soltanto nel 2002 è riuscito a sconfiggere José Serra, rompendo con 17 anni di gestione della destra o centro-destra.

Durante il governo di Lula si sono consolidati programmi sociali come Bolsa Família e Fome Zero, riconosciuti dalle Nazioni Unite come iniziative che hanno permesso al paese di uscire dalla Mappa della Fame e che hanno contribuito a ridurre la povertà in 50,6%, secondo uno studio della Fondazione Getúlio Vargas. Tra il 2003 e il 2011, il Brasile ha anche accumulato cospicue riserve internazionali e triplicato il suo PIL pro capite. Ciononostante, parallelamente il PT, insieme ad altri grandi partiti di allora, è stato anche coinvolto in alcuni casi di irregolarità, in particolare nello scandalo di corruzione denominato “Mensalão”, venuto alla luce nel 2005. Nel Mensalão, i parlamentari ricevevano tangenti per continuare ad appoggiare il governo nel Congresso. Lula è comunque riuscito ad avere come successore Dilma Rousseff, sua alleata e Ministro Capo della Casa Civile nel governo precedente, eletta nel 2010 e rieletta nel 2014.

Nel 2017, nell’ambito dell’operazione Lava Jato, Lula è stato condannato per corruzione e riciclaggio di denaro, e ciò l’ha portato al carcere nell’aprile 2018. Dopo 580 giorni, è stato rilasciato per decisione del Supremo Tribunale Federale (STF), che ha inteso che l’esecuzione delle sentenze dovesse avvenire solo dopo secondo grado. Negli anni successivi gli sono stati ristabiliti i diritti politici e Lula è stato dichiarato non colpevole. Inoltre, è venuto alla luce che indagini che hanno portato alla condanna di Lula non sono state imparziali e che il suo giudice incaricato, Sergio Moro, ha collaborato con l’accusa durante il procedimento.

Nato a Glicério, nello stato di San Paolo, Jair Bolsonaro è un ex militare ed è stato deputato federale per lo stato di Rio de Janeiro dal 1991 al 2018. Nel 1986 è diventato noto dopo aver pubblicato un articolo per la rivista Veja in cui criticava i bassi salari dei militari. Un anno dopo, la stessa rivista ha pubblicato un articolo accusando Bolsonaro di essere uno degli autori di un piano per far esplodere bombe in una caserma di Rio de Janeiro. Come deputato è stato protagonista di una serie di polemiche, come le sue dichiarazioni in cui lodava la dittatura militare, quando si diceva contro gli omosessuali oppure minacciava i suoi oppositori come la deputata Maria do Rosário e Jean Wyllys.

Nel 2018 è stato eletto 38° presidente del Brasile. La sua amministrazione è stata segnata dal negazionismo scientifico con cui ha trattato la pandemia, dai suoi frequenti attacchi alle istituzioni democratiche brasiliane, dall’incitamento all’intolleranza e alla violenza contro oppositori politici e le minoranze, dallo smantellamento di organismi e politiche di protezione dell’Amazzonia e dei popoli indigeni, portando al più alto tasso di deforestazione degli ultimi 15 anni. In più, Bolsonaro è stato responsabile della firma di una serie di decreti che hanno facilitato l’accesso e quintuplicato la presenza di armi in Brasile.

Nei suoi ministeri è stata notevole la presenza di tanti militari in incarichi civili e di figure completamente svincolate dai temi dei rispettivi uffici, come la pastora evangelica Damares Alves, Ministro delle Donne, della Famiglia e dei Diritti Umani, e i due Ministri dell’Ambiente, Ricardo Salles (2018-2021) e Joaquim Leite (2021-2022), entrambi noti difensori dei cosiddetti “ruralisti”, grandi capi dell’agrobusiness in Brasile.

Per di più, Bolsonaro e la sua famiglia sono stati accusati di numerosi scandali di corruzione, come l’acquisto di 51 proprietà in contanti, il cosiddetto schema “rachadinha” (appropriazione indebita di fondi destinati all’assunzione di dipendenti pubblici), il cosiddetto “Bolsolão do MEC” (schema di corruzione nel Ministero della Pubblica Istruzione) e le richieste di tangenti da parte del Ministero della Sanità al laboratorio produttore del vaccino Astra-Zeneca contro il COVID.

Un mese turbolento

I 30 giorni tra il primo e il secondo turno sono stati un periodo di intensa turbolenza politica in tutto il Brasile, con violenza politica, scambio di accuse da parte dei candidati e un’ondata di disinformazione sui social ancora più forte rispetto al primo turno. Uno studio dell’Università Federale di Rio de Janeiro (UFRJ) fa notare che la circolazione delle fake news è aumentata del 23% su Telegram, del 36% su WhatsApp e del 57% su Twitter nelle ultime quattro settimane. Complessivamente, secondo lo studio, la media giornaliera delle fake news in circolazione è cresciuta da 196,9 mila, prima del primo turno, a 311,5 mila dopo.

Secondo la ricerca, i principali argomenti durante la campagna (e anche il bersaglio delle fake news) sono stati il tema dell’integrità e della sicurezza del sistema elettorale, più volte messo in discussione dal presidente, il tema dei valori cristiani, la presunta non affidabilità della stampa tradizionale e le questioni socio-ambientali, di genere e della famiglia. Questi ultimi due sono spesso inseriti nell’agenda bolsonarista per sostenere la sua propaganda come candidato in difesa della tradizionale famiglia brasiliana e contro le agende progressiste, come i diritti degli LGBTQ+ e la lotta per la depenalizzazione dell’aborto.

Anche i casi di violenza politica sono aumentati di circa il 40% nell’ultimo mese rispetto al primo turno, con almeno 60 casi registrati, secondo Amnesty International. L‘ultimo episodio ha avuto come protagonista la deputata federale bolsonarista Carla Zambelli, che è stata filmata nelle strade di San Paolo con una pistola in mano mentre inseguiva un elettore di Lula disarmato. Pagine Esteri

3356226* Glória Paiva è una giornalista, scrittrice e traduttrice brasiliana

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ISRAELE. Elezioni. Vincono Netanyahu e l’estrema destra


Secondo gli exit poll, il blocco dell’ex premier ottiene 61-62 seggi su 120. Boom della destra più radicale e della sua stella, Itamar Ben Gvir. Fallimento dei partiti arabi: Tajammo/Balad non avrebbe superato la soglia di sbarramento, il sintomo della di

Pagine Esteri, 1 novembre 2022 – Benyamin Netanyahu ha ottenuto la sua rivincita. La più alta affluenza alle urne registrata in Israele da 22 anni a questa parte ha dato al blocco di destra la maggioranza che il leader della destra desiderava per riprendersi la poltrona di primo ministro.

Gli exit polls diffusi alla chiusura delle urne alle 21 italiane, hanno inoltre evidenziato il trionfo della destra più estremista e razzista. Sionismo religioso, la lista elettorale guidata da Bezalel Smotrich e Itamar Ben Gvir, ha conquistato 14-15 seggi, il doppio di quelli ottenuti nel 2021.

Ben Gvir, che ha oscurato lo stesso Netanyahu per tutta la campagna elettorale, ha festeggiato per ore con i suoi fedelissimi. Magro risultato per il centro sinistra. I partiti arabi conquistano, nonostante un aumento dell’affluenza del suo elettorato rispetto al 2021, è riuscito a confermare solo i deputati della passata legislatura e la lista Tajammo/Balad ha mancato l’ingresso in parlamento per pochi voti. Abbiamo intervistato a Gerusalemme il direttore di Pagine Esteri, Michele Giorgio.
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Come correggere le foto sfocate in modo semplice


Parte 1: Perché le immagini diventano sfocate? Da quando le fotografie sono diventate quasi interamente digitali, tutti noi abbiamo messo da parte il rullino e le pellicole e le nostre amate macchine fotografiche analogiche. Oggi, grazie all’avanzamento incredibile della tecnologia, qualsiasi telefono cellulare, anche i modelli più economici, sono in grado di scattare fotografie di […]

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Possibile avere un’entrata fissa giocando al casinò?


L’inverno è alle porte e le notizie in merito al rincaro delle bollette di luce e gas si fanno sempre più opprimenti. La maggior parte delle persone comuni, siano esse famiglie o piccole imprese, cerca di trovare una soluzione ai problemi di domani, ma ancora non sono chiare le linee strategiche che intenderà attuare il […]

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Quasi due mesi fa, un po' casualmente mi è tornato alla mente il DSpacc; prima come concetto, parlandone con gente online, e poi direttamente come l'o...


Secondo l'intelligence ucraina, una parte dei 4.500 missili lanciati dai russi in questi otto mesi di guerra è di fabbricazione iraniana.


Il decreto che vieta i #rave è un guazzabuglio che si presta alla più arbitraria interpretazione da parte delle forze di polizia.
Tuttavia, il fatto di intensificare i provvedimenti di "confisca delle cose che servono" a organizzare il raduno è un attacco frontale al #fediverso come mezzo di supporto all'aggregazione di eventi.

E non non stiamo parlando soltanto di software come @Gancio e @Mobilizon Italia :mobilizon: che pure saranno colpiti in maniera estremamente violenta dai recenti provvedimenti; il rischio però è per TUTTO il fediverso, oltre che per i sistemi di messaggistica distribuiti.

È forse giunto il momento di ragionare su una protesta generale da parte della comunità del fediverso?

#gancio #mobilizon

in reply to g10bl4ck

@g10bl4ck la maggiore resilienza del sistema è che tu puoi salvare in qualsiasi momento i dati del tuo account e, nel caso in cui venisse sospesa la tua istanza, puoi sempre importarli in una istanza differente.

@Gancio @Mobilizon Italia :mobilizon:



Israele: più Itamar, più Bibi. Sionismo religioso avanza


Il volto delle quinte elezioni in meno di quattro anni è quello di Itamar Ben-Gvir, in alleanza con un pragmatico Benjamin Netanyahu. Religious Zionist Party ha la potenzialità per tenere al guinzaglio il vecchio Bibi

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L’aratro e la spada nell’America di midterm 2022


“Rimane il fatto che capire la gente non è vivere. Vivere è capirla male, capirla male e poi male e, dopo un attento riesame, ancora male. Ecco come sappiamo di essere vivi: sbagliando” (P. Roth, Pastorale americana) L’8 novembre prossimo l’America voterà per le elezioni di medio-termine (di una presidenza di 4 anni), una stravagante […]

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