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Incidente a Guidonia. Cosa è successo ai due piloti dell’Aeronautica


La Difesa si è stretta intorno all’Aeronautica militare nel cordoglio per i due piloti deceduti in un incidente sui cieli di Guidonia. A dare notizia dell’accaduto è stata la stessa Arma azzurra, che ha notificato l’avvenuto impatto tra due velivoli U-208

La Difesa si è stretta intorno all’Aeronautica militare nel cordoglio per i due piloti deceduti in un incidente sui cieli di Guidonia. A dare notizia dell’accaduto è stata la stessa Arma azzurra, che ha notificato l’avvenuto impatto tra due velivoli U-208 in forze al 60° Stormo di base proprio nella cittadina alle porte di Roma. A perdere la vita sono il tenente colonnello Giuseppe Cipriano e il maggiore Marco Menghello. “Cieli blu, Giuseppe e Marco” è stato il saluto ai due militari del ministro della Difesa, Guido Crosetto, che ha voluto esprimere anche la vicinanza, sua personale e di “tutta la famiglia della Difesa” al capo di Stato maggiore dell’Aeronautica generale Luca Goretti. Anche il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha espresso, a nome del governo, “le mie più profonde condoglianze e la mia vicinanza alle famiglie, ai colleghi del 60° Stormo e all’intero corpo dell’Aeronautica militare”.

L’incidente

La dinamica dell’incidente è ancora da chiarire, e sull’accaduto l’Aeronautica militare ha avviato un’inchiesta di sicurezza del volo. Secondo le prime ricostruzioni, i mezzi sarebbero entrati in collisione a pochi chilometri di distanza dall’aeroporto di Guidonia nel corso di una missione addestrativa pre-pianificata, precipitando al suolo in un’area nei pressi dell’aerostazione. Uno dei due velivoli è caduto in un’area rurale, mentre il secondo è caduto su un’area urbana, senza fare vittime. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco, le forze dell’ordine e le squadre di soccorso e team di specialisti dell’Aeronautica militare che stanno continuando a operare per mettere in sicurezza e circoscrivere le aree dell’impatto.

I velivoli

Gli U-208° sono monomotori ad ala bassa impiegati dall’Aeronautica per il collegamento e il traino degli alianti. I velivoli erano in servizio presso il 60° Stormo, alle dipendenze Comando scuole/3a Regione aerea, un reparto impegnato nella formazione al volo su aliante per gli allievi dell’Accademia aeronautica e della Scuola militare Douhet, oltre al personale delle altre Forze armate. La formazione sugli alianti, infatti, fa parte dell’iter formativo dei piloti. Lo stormo è anche impegnato nella diffusione della cultura aeronautica. I due piloti deceduti erano esperti aviatori e istruttori di volo. Il colonnello Cipriano, nato a Taranto classe 1975, aveva all’attivo seimila ore di volo; il maggiore Meneghello, di Legnago classe 1977, aveva 2600 ore di volo.

Il cordoglio del Paese

Cordoglio è arrivato anche dal capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, che ha espresso ai familiari dei militari e al generale Goretti il “profondo cordoglio e sentimenti di affettuosa vicinanza a nome delle Forze Armate e suo personale”. Le condoglianze sono arrivate anche dalle istituzioni. “Con grande tristezza ho appreso la notizia del tragico incidente che ha coinvolto due velivoli della nostra Aeronautica militare nei cieli di Guidonia” ha detto il sottosegretario alla Difesa, Matteo Perego di Cremnago, esprimendo la sua vicinanza alle famiglie dei piloti deceduti. Una notizia dolorosa anche per il presidente della Commissione Difesa della Camera, Antonino Minardo. Che ha espresso la sua “più commossa vicinanza alle donne e uomini dell’Arma azzurra e alle famiglie dei due aviatori”.


formiche.net/2023/03/incidente…



INTERVISTA A TAMARA ESSENZA E A MR FA


Oggi presentiamo TAMARA ESSENZA e MR FA. Salve a tutti sono tamara_essenza, questo è un nome inventato. Penso tantissimo, sento tantissimo, ho amato tre volte nella vita, adoro gli animali.

iyezine.com/intervista-a-tamar…

#arte #dipinti



E’ stato un piacere intervenire questa mattina all’evento “2005-2023: 18 anni di CAD, le norme dell’amministrazione digitale alla prova del PNRR”, organizzato da La PA Digitale, progetto del Gruppo Maggioli, curato da Ernesto Belisario, Francesca Ricciulli e Stelio Pagnotta. L’evento, condotto da Riccardo Luna, direttore di Italian Tech, è stato aperto dal Ministro per la Pubblica Amministrazione,...


Il Ministero dell’Istruzione e del Merito celebra la Giornata internazionale della donna con un’esposizione di libri di Grazia Deledda, una delle più grandi scrittrici del Novecento, premio Nobel per la letteratura e simbolo straordinario di riscatto…


Illusioni e paradossi delle politiche per il Sud


E se le politiche per ridurre le diseguaglianze territoriali in Italia finissero per acuire le disparità all’interno dei singoli territori? Capirlo è fondamentale, sia perché esse mobilitano risorse ingenti, sia perché il loro obiettivo è di primaria impo

E se le politiche per ridurre le diseguaglianze territoriali in Italia finissero per acuire le disparità all’interno dei singoli territori? Capirlo è fondamentale, sia perché esse mobilitano risorse ingenti, sia perché il loro obiettivo è di primaria importanza. A maggior ragione questa domanda andrebbe presa sul serio ora che il Pnrr destina il 40 per cento dei fondi al Mezzogiorno. Negli ultimi anni la ricerca economica ha contribuito a gettare luce su tali problemi, aiutando i decisori (se ne hanno la volontà) a disegnare policy più efficaci e mirate. Da ultimo, uno studio di Giuseppe Albanese, Guglielmo Barone e Guido de Blasio, di prossima pubblicazione sulla rivista “Economica”, fa suonare un campanello d’allarme. Gli autori sfruttano quello che in gergo si chiama “esperimento naturale”: nel 2007 il Molise è uscito dal cosiddetto obiettivo 1, e quindi ha perso il diritto a ricevere gli aiuti più generosi.

Così, i finanziamenti sono crollati da 137 a 66 euro pro capite, determinando non solo una discontinuità nel tempo, ma anche un trattamento diverso rispetto alle regioni limitrofe che hanno continuato a beneficiare di sussidi più elevati. Confrontando i comuni al di qua e al di là del confine – che hanno caratteristiche socioeconomiche molto simili – si può osservare l’impatto del cambiamento. Come spiega Barone in una sintesi pubblicata su lavoce.info, “Prima del 2007, la differenza è sostanzialmente nulla. Dal 2007 in poi, si osserva un calo in Molise rispetto a Campania e Puglia che diventa statisticamente significativo a partire dal 2009. In media, uscire dall’Obiettivo 1 ha implicato un calo dell’indice di Gini di 0,007”, pari all’incirca alla metà dell’aumento di tale indice (0,014) occorso nella media italiana tra il 2007 e il 2013”. Questo risultato implica che la spesa pubblica ha determinato un aumento del reddito medio nei territori coinvolti, ma questo è andato prevalentemente a vantaggio dei più benestanti.

Questo non è necessariamente un male, ma non è neppure un fattore secondario. Solleva, in particolare, tre domande. In primo luogo, se e come sia possibile mantenere l’effetto pro-crescita mitigandone le conseguenze sulla disuguaglianza. Secondariamente, se c’è un trade-off, quanta disuguaglianza sia accettabile in cambio di quanta crescita. Terzo, se davvero il gioco valga la candela. Perché queste nuove evidenze si aggiungono a una copiosa letteratura che ha mostrato che gran parte degli aiuti hanno sortito qualche impatto nell’immediato, lasciando ben poco nel lungo termine.

In altre parole, come conferma anche la vicenda del Molise, la crescita stimolata dai sussidi sparisce non appena il flusso di soldi pubblici viene meno. Cioè, per essere chiari, queste politiche producono redistribuzione ma non sviluppo. Tali questioni raramente vengono calate nella loro dimensione empirica. E qui sta una grande scommessa che il ministro Raffaele Fitto dovrebbe mettere a fuoco: tra Pnrr e fondi ordinari, il Mezzogiorno riceverà una gran massa di denari. Ma c’è il rischio che, oltre ai soldi non spesi, ci siano quelli spesi inutilmente. Per
correggere il tiro bisogna anzitutto varare un programma di monitoraggio e valutazione sulle spese in essere e su quelle previste.

Sfortunatamente il sito ItaliaDomani, creato dal Governo Draghi per fornire gli strumenti per controllare l’andamento delle cose, ammassa documenti ma non mette a disposizione alcun dato in formato fruibile. Non siamo ancora fuori tempo massimo: il governo dovrebbe mettere seriamente mano alla questione, e l’opposizione farebbe bene a incalzarlo su questo. Non solo serve un monitoraggio più capillare, ma occorre anche rendere possibile la realizzazione di studi e valutazioni da parte di terzi. L’intelligenza collettiva dei ricercatori sarebbe un potente strumento per migliorare la qualità delle nostre politiche pubbliche. La politica tutta, la destra che governa oggi e la sinistra che ha governato fino a ieri, dovrebbero capire che questa è un’opportunità, non una minaccia.

di Sergio Boccadutri e Carlo StagnaroIl Foglio

L'articolo Illusioni e paradossi delle politiche per il Sud proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



#Chatcontrol: i giovani di 13 paesi dell'UE rifiutano la sorveglianza online nelle comunicazioni private

@Pirati Europei

Secondo i risultati dell'indagine, l'80% dei giovani di età compresa tra 13 e 17 anni provenienti da 13 Stati membri dell'UE non si sentirebbe a proprio agio nell'essere politicamente attivo o nell'esplorare la propria sessualità se le autorità fossero in grado di monitorare la loro comunicazione digitale, al fine di cercare abusi sessuali su minori.

Nel 2022, la Commissione europea ha proposto online il suo "Regolamento che stabilisce norme per prevenire e combattere gli abusi sessuali sui minori", comprese misure che mettono a rischio l'integrità vitale delle comunicazioni sicure. La proposta di legge promette di proteggere i bambini dagli abusi sessuali interrompendo comunicazioni crittografate e sicure.

Tuttavia, gli esperti dimostrano che l'indebolimento della crittografia trasformerà Internet in uno spazio pericoloso per la privacy, la sicurezza e la libertà di espressione di tutti . Ciò include proprio i bambini che questa legislazione mira a proteggere.

Le Nazioni Unite e l'UNICEF affermano che la privacy online è vitale per lo sviluppo e l'espressione di sé dei giovani, e i bambini non dovrebbero essere soggetti a sorveglianza generalizzata.

Il Royal College of Psychiatrists del Regno Unito sottolinea che lo spionaggio è dannoso per i bambini e che le politiche basate sull'empowerment e sull'istruzione sono più efficaci.

## Il post di #EDRI è disponibile qui

Il banner dell'iniziativa



New Kind of Kicks-Febbraio 2023


🎧 #RECENSIONE:

👉 New Kind of Kicks-Febbraio 2023

Questo mese vi presentiamo :66cl, Adwud,Autobahns/S.G.A.T.V., Beta Maximo/Teo Wise/Deebeat Ramone/Emitter, Bibione, Duodenum, Punk Xerox, Buio Omega, Burnout Ostwest, Carvento, Falana, Class, Contra/Spam , Day Residue, Flipe VI/Kamuflase, Geishas Of Doom, Gobs, Joaco Van, Les Lullies , Mind/Knot , Mirth ,Ponys Auf Pump, Schwund, Splizz, Szlauch, Tetsuo Punk Terror/Dr. Wolfenstein, Yonic South....

iyezine.com/new-kind-of-kicks-…



ISRAELE. Netanyahu perde anche i piloti militari


Si allarga alle Forze armate la protesta contro la riforma giudiziaria. Il gesto senza precedenti dei riservisti dell'unità 69. Giovedì i manifestanti proveranno ad impedire la partenza del primo ministro per Roma L'articolo ISRAELE. Netanyahu perde anch

di Michele Giorgio

Pagine Esteri, 7 marzo 2023 – Chissà se il presidente del Senato Ignazio La Russa nei 15 minuti del colloquio avuto ieri con il premier israeliano Netanyahu – al quale ha assicurato che «Giorgia (Meloni) sarà molto contenta» di riceverlo a Roma il 9 marzo «per rinsaldare l’amicizia fra Italia ed Israele» – e nell’incontro con il suo omologo alla Knesset Amir Ohana – a cui ha espresso la fermezza dell’Italia «contro ogni forza terroristica che attenti alla libertà, alla esistenza ed alla indipendenza di Israele» – ha chiesto almeno qualche chiarimento sulla riforma della giustizia avviata dal governo in Parlamento che da settimane porta in strada centinaia di migliaia di israeliani in difesa del ruolo della Corte suprema al grido di «Democrazia, democrazia». Solo a Tel Aviv erano 160mila sabato scorso (200/300mila in 90 località).

Difficile immaginare che La Russa si sia spinto a tanto considerando anche le affinità tra la destra di cui è in Italia uno dei principali rappresentanti e la destra estrema che è al potere in Israele. Altrettanto arduo è immaginare che possa farlo Antonio Tajani, anch’egli atteso in Israele, che in quanto ministro degli esteri dovrebbe rivolgere ai suoi interlocutori israeliani anche qualche domanda sulle dichiarazioni del ministro delle finanze Bezalel Smotrich che pochi giorni fa ha evocato la distruzione di Huwara. Si tratta della cittadina cisgiordana già presa d’assalto dai coloni israeliani, con incendi di decine di edifici e automobili e l’uccisone di un palestinese, dopo che due israeliani erano stati colpiti a morte in un agguato. E nessun interrogativo, possiamo scommetterci, sarà posto dal governo italiano a Netanyahu il 9 marzo, per «non interferire» nelle vicende interne israeliane. Vicende che invece interessano molto ad altri paesi occidentali a cominciare dagli Usa che, tra le altre cose, hanno accolto con gelo la notizia che Bezalel Smotrich progetta di recarsi a Washington per un incontro con dirigenti della locale comunità ebraica.

Ciò mentre la protesta di almeno la metà degli israeliani contro la riforma giudiziaria ha raggiunto livelli mai toccati. Proprio giovedì prossimo, quando Netanyahu sarà a Roma, gli israeliani terranno un nuovo «Giorno di resistenza» nazionale in tutto il paese. La contestazione si allarga ora anche alle Forze armate, che erano e restano la base della coesione sociale in Israele. Se alla fine il volo di Benyamin Netanyahu per Roma partirà regolarmente perché l’El Al, la compagnia di bandiera, ha imposto ai suoi equipaggi di interrompere il boicottaggio del primo ministro, altri piloti, ben più strategici per Israele, hanno avviato una protesta senza precedenti. La stragrande maggioranza di piloti riservisti di un’unità dell’aviazione (37 su 40) hanno notificato ai loro comandanti che non parteciperanno questa settimana al loro addestramento. Si tratta dell’unità 69 che opera sugli F-15 a lungo raggio. Domani i suoi piloti non parteciperanno a un briefing di squadra perché intendono utilizzare la giornata per discutere della crisi politica e delle minacce ai poteri di controllo della Corte suprema. Anche se non ci sono danni immediati alle capacità dell’aviazione, a lungo termine il suo impatto si farà sentire, avvertono i vertici militari.

Netanyahu ha reagito con rabbia. «La disobbedienza non deve mettere radici. Non ci fu spazio per la disobbedienza nella guerra di indipendenza (1948), né con gli accordi di Oslo (1993), né con il ritiro da Gaza (2005), né ci può essere oggi o in futuro», ha affermato il premier che nei giorni scorsi ha discusso dell’estendersi della protesta nei suoi confronti con il capo di stato maggiore Herzi Halevi. I leader dell’opposizione, Yair Lapid e Benny Gantz, hanno preso le distanze dalla protesta nelle forze armate ma ieri altri riservisti, questa volta dell’esercito, si sono uniti a quella che ormai è vista come una sollevazione sempre più ampia contro Netanyahu e il suo governo che pure ha vinto agevolmente le elezioni dello scorso 1° novembre.

Per Amos Harel, editorialista del quotidiano Haaretz, «Nonostante i suoi sforzi, l’esercito israeliano si trova ora al centro della crisi costituzionale». La notizia dell’azione dei piloti di riserva del 69° squadrone di jet da combattimento, aggiunge Harel, «segna uno sviluppo drammatico nella campagna dei riservisti dell’esercito contro il colpo di stato governativo». Questo, prosegue l’editorialista, «potrebbe essere l’inizio della valanga che il governo teme mentre continua a perseguire aggressivamente il suo programma legislativo».

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«Non solo le dichiarazioni vergognose delle prime ore ma, ogni giorno che passa emergono elementi di misero cinismo politico come causa della strage di Cutro -


#ChatControl survey: Children don’t want to be “protected” by scanning or age-restricting messenger and chat apps


Brussels, 07/03/2023 – A representative survey reveals that 66% of minors oppose internet providers scanning personal messages for suspect content, measures which are proposed for their protection in the EU’s CSA …

Brussels, 07/03/2023 – A representative survey reveals that 66% of minors oppose internet providers scanning personal messages for suspect content, measures which are proposed for their protection in the EU’s CSA Regulation (CSAR), also called “ChatControl” proposal. 80% of underage respondents explain they would not feel comfortable to be politically active or explore their sexuality if their conversations were monitored or scanned. For this survey, the public opinion research company Episto polled more than 8,000 teenagers aged 13 to 17 in 13 EU Member States.

Additional findings:

  • 67% of minors use encrypted communication apps like Whatsapp or Signal
  • Where the EU CSAR proposal would require messaging and chat services to verify the user’s age, effectively excluding anonymous communications, 56% of children stress that anonymity is important for their political activities (15%: not important), and 59% of underage respondents say anonymity is important for exploring their sexuality (20%: not important).
  • The draft EU CSA regulation proposes that minors should be prevented from installing apps which allow them to communicate with adults (such as WhatsApp), citing the risk of child grooming. 56% of minors oppose this proposal (29% support). 68% of children explain it is important for them to communicate with adults (18%: not important). 85% of underage respondents say they would probably or certainly find an adult to register apps if needed to circumvent age restrictions.
  • . Only 5% believe that excluding minors from using communication and chat apps is the best solution. 37% suggest improving the mechanisms for young people to report cases of grooming and ensuring that they are adequately and effectively followed-up. And 43% of children suggest that improving media literacy and training minors on risks and appropriate responses is the most effective approach to protect them from harm on the Internet.
  • Girls have similar views to boys, responses do not significantly depend on gender.


About the survey:

  • 8007 minors aged 13 to 17 years were polled in February 2023
  • Participating countries: France, Germany, Netherlands, Belgium, Czech Republic, Austria, Sweden, Spain, Italy, Poland, Hungary, Slovakia, Greece
  • The survey was commissioned by Pirate Party Members of the European Parliament Marcel Kolaja, Patrick Breyer, Markéta Gregorová, Mikuláš Peksa and European Digital Rights (EDRi)
  • The full results are retrievable here. You can find the dataset also here.


Marcel Kolaja, Member and Quaestor of the European Parliament for the Czech Pirate Party and Greens/EFA Shadow Rapporteur of the CSA Regulation in the IMCO and CULT Committees, comments:

The survey clearly shows that even the young people and children, who the legislation claims to protect, oppose the draft. Only about a third of European minors think that blocking underage people from installing communication apps would help to fight child sexual abuse and grooming. The Commission’s draft aims to protect children from sexual predators. However, in its current form, it merely bans them from using an important communication tool and subjects them to mass surveillance. All this in spite of their will. Obviously, it’s important to protect children from sexual predators. However, the Commission’s draft is both ineffective and infringes upon their basic human right to privacy. Instead, we need to focus on educating young people on the risks of communicating with strangers online and improving the mechanisms for young people to report cases of grooming.”

Patrick Breyer, Member of the European Parliament for the German Pirate Party and Greens/EFA Shadow Rapporteur for the CSA Regulation proposal in the Civil Liberties Committee (LIBE), comments:

The best way to keep children safe online is to listen to them and to respect their views. Young persons prefer being trained in defending against online threats, rather than having their private chats and intimate photos scanned and exposed. Teens prefer effective reporting mechanisms to being patronised and prevented from communicating with adults altogether. Children are particularly vulnerable to violations of their privacy, anonymity and safety online. The EU’s extreme CSAR Chat Control proposal frightens the very children in whose name it is being pushed through. Young persons deserve to be politically involved, not instrumentalised to establish a future of unprecedented mass surveillance.”

Markéta Gregorová, Member of the European Parliament for the Czech Pirate Party, comments:

Protecting teenagers from dangers of the online world is clearly important. Will we achieve this goal by monitoring their private conversations? Definitely not. The majority of the young people participating in this survey share the same opinion as me. The best way to protect them is by improving their education on this matter as well as their media literacy. Being active on social media platforms is a part of today’s society and communication with one another is crucial, especially for the youth. Thus, we need to take steps to assure the internet is a safe space. Taking away anonymity or restricting access from communication platforms by age will not solve this issue. Rather than spending time by scanning every conversation, we should invest our energy into mechanisms that will be more effective. A great example would be improving the “report” function within communication platforms and consequent platform’s reaction, so that it is easier to report cases of harassment and ensure a proper follow-up for each incident.”

Andreea Belu, Head of Campaigns and Communications at EDRi, comments:

During the 2022 “European Year of the Youth”, EU officials made many promises to empower youth to be politically active. The latest survey shows that, under surveillance from their government, 8 out of 10 young people would not feel comfortable to be politically active or explore their sexuality. Under the proposed CSA Regulation, EU’s youth will be disproportionately surveilled. EU politicians must protect safe and secure communication and allow young people to become drivers for social change. Stopping the horrific crime of child sexual abuse is crucial, and it needs real solutions. However, techno-centric, failure-prone measures are a waste of money, and do not address the underlying structural issues of this terrible problem. Young respondents confirmed what many experts already call for, among others: improved media literacy, training, reporting mechanisms.”

EU Parliament and EU governments are currently discussing the proposed CSAR legislation. Today is the deadline for political groups to table amendments in the Internal Market Committee (IMCO). A 2021 poll had already found that a vast majority of adults in the European Union oppose tackling child sexual exploitation online by automatically searching all personal electronic mail and messages of each citizen for presumed suspicious content.

More information: www.ChatControl.eu and www.StopScanningMe.eu

Poll infographics


patrick-breyer.de/en/chatcontr…



📌 Domani, 8 marzo, inizia Didacta Italia, la principale manifestazione sulla scuola italiana e la formazione degli insegnanti, con oltre 800 eventi formativi, tra workshop, seminari e convegni.


Oggi, 7 marzo, la Francia si ferma in occasione di un nuovo sciopero generale contro il progetto di legge che prevede l’innalzamento dell’età pensionabile


Questa mattina il Ministro dell'Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara prenderà parte al Consiglio "Istruzione, gioventù, cultura e sport" assieme ai ministri dell'Istruzione degli altri paesi UE.

Potete seguire la diretta qui ▶️ https://video.



In Cina e Asia – Qin accusa gli Usa di "concorrenza sleale”


In Cina e Asia – Qin accusa gli Usa di qin gang ministro esterii cinese accusa usa
I titoli di oggi:
Due sessioni, Qin Gang accusa gli Usa di "concorrenza sleale"
Due sessioni, Xi Jinping mette al centro l'autosufficienza tecnologica e alimentare
Due sessioni, il carbone torna protagonista del mix energetico
Economia, Pechino accusa Washington per il rallentamento degli ultimi mesi
Thailandia, grandi progressi per la democrazia
La Corea del Sud annuncia un fondo per compensare le vittime del lavoro forzato durante l'occupazione

L'articolo In Cina e Asia – Qin accusa gli Usa di “concorrenza sleale” proviene da China Files.



ANALISI. La “Cultura della Difesa”? No, non è cosa di Crosetto. È bipartisan!


È scarsa l'attenzione dei media e dell’opinione pubblica al dilagante processo di penetrazione delle forze armate e delle industrie del comparto militare nel tessuto sociale, culturale ed economico del paese. L'articolo ANALISI. La “Cultura della Difesa”

di Antonio Mazzeo

(foto di Jose Antonio – Wikimedia Commons)

Pagine Esteri, 7 marzo 2023 – Quattordici superconsulenti “a titolo gratuito” del ministro Guido Crosetto, giornalisti, docenti universitari e manager industriali, per dar vita a un “Comitato per lo sviluppo e la valorizzazione della cultura della Difesa”. Numerose testate nazionali hanno rilanciato la notizia dell’istituzione, lo scorso 21 febbraio, di quello che è già stato definito – erroneamente – il think thank personale di Crosetto. “Un gruppo di pensiero personale del ministro della difesa”, riporta Il Fatto Quotidiano, affinché le tematiche militari siano note, discusse e condivise dalla società italiana. “Ma a cosa servirà questo nuovo Comitato?”, domanda il Fatto. “Ci spiega una fonte della Difesa: Spesso si pensa che la Difesa sia solo forze armate, ma non è così. L’idea è che il mondo della Difesa riguarda tecnologia, industria, cultura, geopolitica. Si organizzeranno seminari, incontri, si elaboreranno documenti, direttive e proposte che verranno comunicate al ministro. E sia chiaro, i membri del Comitato lo fanno tutti gratis e con un approccio totalmente indipendente”.

La scarsissima attenzione dei media e dell’opinione pubblica al dilagante processo di penetrazione delle forze armate e delle industrie del comparto militare nel tessuto sociale, culturale ed economico del paese, e particolarmente nel mondo dell’istruzione di ogni ordine e grado e della ricerca accademica

Bisogna comunque attendere il settembre 2014 perché la partnership tra istituzioni scolastiche e apparato militare venga formalizzata in ambito nazionale: le allora ministre all’Istruzione Stefania Giannini e alla Difesa Roberta Pinotti firmavano un Protocollo d’Intesa per favorire l’approfondimento della Costituzione italiana e dei principi della Dichiarazione universale dei diritti umani, in riferimento all’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione. I due dicasteri s’impegnavano a “sensibilizzare la porzione più giovane della popolazione su un tema così toccante quale è il centenario della 1^ Guerra Mondiale”, organizzando incontri e conferenze “durante le quali i militari, oltre a illustrare i fatti storici che la caratterizzarono, spiegheranno ai ragazzi il fondamentale ruolo delle Forze Armate a difesa della democrazia”. Istruzione e Difesa concordavano altresì di “attivare nelle scuole un focus sulla funzione centrale che la Cultura della Difesa ha svolto e continua a svolgere a favore della crescita sociale, politica, economica e democratica del Paese”. Con una circolare del 15 dicembre 2015, il MIUR elencava i percorsi progettuali da affidare alle forze armate contemplando quasi tutti i campi didattico-disciplinari: dalla storia alle scienze, dalle nuove tecnologie al diritto, dallo sport alla geografia politica, ecc..

Come abbiamo visto, l’accordo MIUR-FFAA enfatizzava il concetto di Cultura della Difesa, non nuovo in ambito militare e sicuritario, ma ignoto al mondo scolastico e della formazione. Per comprenderne in parte il significato bisogna andare al testo della legge n.124 del 2007 con cui sono stati “riformati” i servizi segreti. Tra gli obiettivi della nuova architettura d’intelligence nazionale viene specificato quello di “far crescere la consapevolezza per i temi dell’interesse nazionale, e della sua difesa, in tutte le declinazioni che esso assume di fronte alle sfide della globalizzazione e alle minacce transnazionali che arrivano dentro il sistema Paese mettendo a rischio la sua integrità patrimoniale e industriale, la sua competitività, la sicurezza delle sue infrastrutture e dei sistemi informativi”. In verità i riferimenti della legge sono alla Cultura della Sicurezza e l’organo preposto alla sua definizione è il nuovo Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), che sovrintende alle attività delle due agenzie d’intelligence, l’AISE per la “sicurezza esterna” e l’AISI per quella “interna”. “Il DIS deve essere in continuo contatto con il sistema educativo nazionale, dalle scuole superiori alle università, e con tutti coloro che si occupano a vario titolo di intelligence e contribuiscono alla creazione di una via nazionale per la diffusione della cultura della sicurezza”, specifica la legge n.124/2007. Nei fatti viene sancita la cooptazione del sistema scolastico e accademico all’interno degli apparati sicuritari e militari riproducendo il modello implementato in quei paesi che hanno fatto della guerra l’essenza stessa della propria esistenza (Israele, petromonarchie, ecc.).

Perché la Cultura della Difesa diventi argomento di analisi e confronto tra gli strateghi militari per poi essere assunto acriticamente dalla politica si è dovuto attendere qualche tempo. Con il secondo governo Conte e l’inedita coalizione Pd-M5S e partititi satelliti, per la diffusione della Cultura della Difesa e della Sicurezza è stato perfino delegato un sottosegretario di Stato, l’on. Angelo Tofalo, ingegnere progettista nei settori delle telecomunicazioni strategiche e della videosorveglianza e un master in Intelligence e Security alla Link Campus University di Roma. Con lo Stato maggiore della Difesa e il Segretariato generale della Direzione nazionale armamenti, il ministro del tempo Lorenzo Guerini e il sottosegretario Tofalo hanno avviato un ciclo di conferenze itineranti per spiegare la Cultura della Difesa all’interno di università e centri di ricerca. “L’obiettivo è quello di facilitare i cittadini a comprendere i temi di interesse strategico per la Difesa, acquisire sistemi ed equipaggiamenti per le forze armate, valorizzare le capacità dell’industria nazionale e sostenere la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica”, spiega il Ministero. Si punta cioè ad estendere a tutte le fasce sociali e generazionali l’incondizionato consenso per le forze armate, le missioni di guerra internazionali e il complesso militare-industriale affinché i cittadini siano disponibili a sempre maggiori sacrifici in termini di tagli salariali e accesso ai servizi sociali. Tutto ciò con lo scopo d’indirizzare sempre più risorse finanziarie pubbliche alla produzione e all’acquisto di armi tecnologicamente avanzate. “Invito tutti ad essere attori di uno sforzo comune per far crescere la Cultura della Difesa e la consapevolezza del ruolo che riveste per il Sistema Paese”, ha poi dichiarato il ministro Guerini ad un convegno promosso dalle maggiori aziende aerospaziali e dal Centro Alti Studi della Difesa. “Dobbiamo intraprendere tutti gli sforzi necessari per avviare un percorso teso ad incrementare gli investimenti e allineare, progressivamente, il rapporto budget Difesa–PIL alla media degli altri Alleati europei. Le risorse destinate alla Difesa devono essere viste come uno straordinario volano economico”. La Cultura della Difesa assolve anche la funzione di sensibilizzare i cittadini sulle”minacce” onnicomprensive alla sicurezza, anche perché essi possano assolvere a compiti di controllo e vigilanza. Su chi e cosa l’ha spiegato lo Stato maggiore in un convegno del 23 gennaio 2020: “attori non militari (civili, operatori di agenzie governative e non, operatori dei mass media e combattenti regolari e irregolari); uso indiscriminato e terroristico di qualsiasi strumento di offesa da parte di soggetti non-statuali; sfruttamento della dimensione del cyberspazio; uso della propaganda tramite i new media per acquisire il controllo delle opinioni; possibile uso di armi CBRN (chimiche, biologiche, radiologiche, nucleari), ecc..

In seguito gli incontri per diffondere la Cultura della Difesa e i “valori delle forze armate” sono stati estesi a numerose scuole secondarie di primo e secondo grado, mentre sono sempre meno quelle che inseriscono qualsivoglia riferimento alla cultura della pace nei piani dell’offerta formativa.

Il segretario è Filippo Maria Grasso, un passato in Pirelli e da anni a capo delle relazioni istituzionali di Leonardo, il colosso militare controllato dallo Stato. I membri del Comitato invece spaziano in vari settori. Non poteva mancare Gianni Riotta. A fargli compagnia ci sarà anche Angelo Panebianco, editorialista che qualche tempo fa sulle colonne del Corriere della Sera Scorrendo la lista dei membri di questo nuovo think tank della Difesa poi ci sono: Giulio Anselmi, presidente dell’agenzia di stampa Ansa, lo scrittore Pietrangelo Buttafuoco (voce che fa stecca nel coro filo-Nato), Anna Coliva, storica d’arte per 25 anni alla guida della Galleria borghese di Roma prima come ispettore storico dell’Arte, poi funzionario delegato alla direzione del museo e dal 2016 direttore generale. Ci sono anche il direttore del Sole 24 Ore Fabio Tamburini e Pier Domenico Garrone “consigliere del ministro per le tematiche correlate alla comunicazione istituzionale e le strategie per valorizzare la cultura della difesa”, si legge nel decreto del 21 febbraio. E poi c’è il mondo delle università: Michèle Roberta Lavagna, ordinaria al Politecnico di Milano, dipartimento di scienze e tecnologie aerospaziali; Vittorio Emanuele Parsi, ordinario di relazioni internazionali a Scienze Politiche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e cultore dell’atlantismo più spinto e Antonio Zoccoli, professore ordinario all’università di Bologna e presidente dell’Associazione Big Data.

E infine ci sono anche Giancarlo Leone (figlio dell’ex presidente della Repubblica), presidente dell’associazione produttori televisivi e Angelo Maria Petroni, in passato membro del cda della Rai (dal 2003 al 2012) e editorialista del Wall Street Journal Europe e de Il Sole 24 Ore, dal 2007 Segretario generale Aspen Institute, uno dei più prestigiosi think tank americani il cui distaccamento italiano è presieduto da Giulio Tremonti e che dal 2021 ha tra i soci anche colei che di lì a poco sarebbe diventata la premier, Giorgia Meloni. Pagine Esteri

L'articolo ANALISI. La “Cultura della Difesa”? No, non è cosa di Crosetto. È bipartisan! proviene da Pagine Esteri.



Migranti: con quale coraggio la politica italiana può guardarsi allo specchio?


«Poiché i migranti vengono da posti dove certo non mancano telefoni e parabole, bisognerebbe avvisarli dei pericoli che corrono nel viaggiare per mare», affermazione di un certo Rampelli, chiunque sia, meglio perderlo che trovarlo; «La disperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo la vita dei propri figli» e poi per non essere frainteso: « Il problema non […]

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La Cina sta per istituire una nuova agenzia governativa per centralizzare la gestione delle banche dati. Lo riporta un articolo del Wall Street Journal, ripreso dalle agenzie. Pechino starebbe cercando di razionalizzare la propria struttura regolatoria, attualmente ripartita in vari soggetti (Amministrazione del Cyberspazio della Cina, Ministero dell’Industria e della Tecnologia dell’Informazione, Commissione Nazionale dello...


Migranti: con quale coraggio la politica iraniana può guardarsi allo specchio?


«Poiché i migranti vengono da posti dove certo non mancano telefoni e parabole, bisognerebbe avvisarli dei pericoli che corrono nel viaggiare per mare», affermazione di un certo Rampelli, chiunque sia, meglio perderlo che trovarlo; «La disperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo la vita dei propri figli» e poi per non essere frainteso: « Il problema non […]

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Come procede l'integrazione di Fediverso in Tumblr?

@Che succede nel Fediverso?

Stanno testando "tutti i protocolli", inclusi ActivityPub, Bluesky e Nostr.

Uno dei loro timori è che Tumblr possa sopraffare qualsiasi protocollo decida di utilizzare.

Il post di TechCrunch


How is Tumblr’s Fediverse integration coming along?

They’re testing “all the protocols” including ActivityPub, Bluesky, and Nostr.

One of their fears is that Tumblr will overwhelm any protocol it opts to use.

techcrunch.com/2023/03/04/this…

@fediversenews


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Unknown parent

mastodon - Collegamento all'originale
QuasiMagia 🌀 マルコ
@irrisolvibile Si, ma è improbabile che accada dall'oggi al domani.
Sarebbe una cosa graduale, e comunque al momento vedo poco probabile che un'istanza diventi tanto grossa da "fagocitare" gli altri.
Unknown parent

@Alessandro :fediverso: con gli attuali ritmi di crescita, nessuna istanza può diventare così grande da ospitare 420 milioni di utenti. Almeno non nei prossimi 10 anni! 😅

Il punto però è che non devono esserci istanze troppo grandi e già il volume in cui è arrivata attualmente mastodon.social sono abnormi.

Quando gli utenti complessivi del fediverso saranno dell'ordine di qualche decina di milioni, si ragionerà sul carico reciproco tra istanze

@QuasiMagia 🌀 マルコ



DOMANI 7 MARZO A ROMA: CHE FINE HA FATTO AL PIATTAFORMA DIGITALE PER LA FIRMA DEI REFERENDUM E DELLE LEGGI DI INIZIATIVA POPOLARE?


EUMANS E ASSOCIAZIONE COSCIONI SARANNO AL PRESIDIO IN P.ZZA SS APOSTOLI A ROMA, IL 7 MARZO ALLE H. 16.00

→ CLICCA QUI PER FIRMARE L’APPELLO ←


@Politica interna, europea e internazionale

SARÀ PRESENTE ANCHE IL CO PRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE MARCO GENTILI, CHE SI FARÀ PORTAVOCE DELLE PERSONE CON DISABILITÀ. CAPPATO E MINEO COMMENTANO: “LA PIATTAFORMA È PRONTA DA MESI, BASTA RITARDI!”

Il 7 Marzo alle 16 si terrà in piazza Santi Apostoli a Roma, una manifestazione per chiedere al Governo di attivare senza ulteriori ritardi la piattaforma pubblica per sottoscrivere gratuitamente online referendum e iniziative popolari. Tra i presenti Marco Gentili, affetto da SLA, co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni, impegnato per l’abbattimento degli ostacoli per il pieno godimento dei diritti civili e politici grazie al digitale. Con lui Marco Cappato, Lorenzo Mineo, militanti e dirigenti di Eumans, e altre organizzazioni.

La legge che crea la piattaforma pubblica, affidandola alla Presidenza del Consiglio, è del 2020. Gli ultimi due governi non hanno rispettato l’obbligo di farla entrare in vigore, continuando a frapporre ostacoli al pieno godimento dei diritti civili in Italia. La piattaforma renderebbe infatti finalmente gratuita, e non più a carico dei comitati promotori, la possibilità di attivare iniziative di democrazia diretta, come referendum e proposte di legge popolari, grazie alle sottoscrizioni online.

La piattaforma è anche lo strumento che lo Stato Italiano si era impegnato a realizzare in sede internazionale al fine di rimuovere le irragionevoli restrizioni che il Comitato diritti umani dell’Onu nel caso Staderini-De Lucia vs Italia ha accertato essere presenti nell’attuazione del diritto costituzionale a promuovere referendum e leggi di iniziativa popolare, dando ragione alla battaglia politico-giudiziaria ultradecennale di Mario Staderini.

Per questo motivo l’Associazione Luca Coscioni e Eumans sostengono l’appello online di Marco Gentili, che si rivolge alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e al sottosegretario all’Innovazione Tecnologica Alessio Butti, per chiedere al Governo di attivare immediatamente la piattaforma.

Tra le prime organizzazioni che si sono sono unite alla mobilitazione ci sono Volt, Servizio Pubblico, Più Democrazia Italia, Io Cambio, Riprendiamoci Il Comune, Società della Ragione, Forum Droghe, Meglio Legale, Movimenta, Comitato Antispecista Difesa Animali Protezione Ambiente OdV, Partito Animalista, Animal Aid Italia, Radicali Italiani, Radicali Roma, Sinistra Civica Ecologista Roma, Extinction Rebellion Roma

I promotori chiedono anche che le funzioni della piattaforma siano allargate alla sottoscrizione di liste elettorali con firma digitale: un modo per arginare la discriminazione nell’accesso alle elezioni che tocca le organizzazioni senza eletti in Parlamento, le uniche a dover raccogliere firme.

Marco Cappato, co-presidente di Eumans e Lorenzo Mineo, coordinatore della campagna, hanno dichiarato: “Ogni seria attività umana si svolge sempre di più anche in Rete, oltre che di persona; negando la possibilità di esercitare i diritti di partecipazione anche attraverso gli strumenti digitali si finisce per marginalizzare la democrazia stessa; la piattaforma è tecnicamente pronta: ora serve la volontà politica.”

Marco Gentili, co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni, ha dichiarato: “Il Sottosegretario Butti ha confermato che sarà possibile interfacciarsi digitalmente con la Pubblica Amministrazione. Dopo quasi 10 anni di SPID occorre ampliare la funzionalità e consentire il pieno godimento online dei diritti civili e politici. Butti si assuma la responsabilità di lanciare una volta per tutte le sottoscrizioni digitali. L’entrata in funzione della piattaforma pubblica e gratuita di raccolta firme online garantirebbe il diritto alla piena partecipazione civica di chi, come me, vive una condizione di disabilità grave”.

ALTRE RISORSE
- Le iniziative per la democrazia digitale di EUMANS
- Come rafforzare la democrazia nell'Unione Europea

FIRMA QUI L'APPELLO!

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lemmy - Collegamento all'originale
suoko
Come ben saprai, proprio quelli che a parole difendono più strenuamente la democrazia, sono quelli che in realtà pensano che a decidere debbano essere in pochi ma buoni, perché la "gente" in fondo è ignorante. E la democrazia diretta che offrono i referendum digitali è un affare troppo scomodo per i pochi ma "buoni"



RILEGGIAMO: L’agente segreto di Joseph Conrad


Londra 1894: Verloc conduce una vita tranquilla insieme alla moglie Winnie con la quale gestisce un piccolo negozio; con loro vive Stevie, fratello minore di Winnie.

Da anni, Verloc lavora come agente segreto per il governo del suo paese che lo ha incaricato di infiltrarsi in un gruppo di anarchici e di organizzare un attentato. Costretto ad agire nel silenzio, convince Stevie ad aiutarlo, senza immaginare che questa scelta metterà in moto conseguenze drammatiche. #LIBRO @L’angolo del lettore #rileggiamo

iyezine.com/lagente-segreto-di…

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Così l’Italia si prepara al trilaterale sul Tempest. L’incontro Crosetto-Sukuzi


Si è tenuto un incontro amichevole tra il ministro della Difesa, Guido Crosetto, e l’ambasciatore giapponese in Italia, Satoshi Suzuki. Un’occasione di confronto su diversi temi, che spaziano dalla cooperazione tecnologica tra Roma e Tokyo alle collaboraz

Si è tenuto un incontro amichevole tra il ministro della Difesa, Guido Crosetto, e l’ambasciatore giapponese in Italia, Satoshi Suzuki. Un’occasione di confronto su diversi temi, che spaziano dalla cooperazione tecnologica tra Roma e Tokyo alle collaborazioni industriali sul piano bilaterale, le quali afferiscono anche al settore della Difesa, come conferma il programma Global combat air programme (Gcap). L’incontro è da vedersi come apripista per quello che avverrà entro fine marzo tra Crosetto e i suoi omologhi britannico, Ben Wallace, e giapponese Yasukazu Hamada. I tre ministri si incontreranno infatti nella capitale giapponese per discutere i prossimi passi verso lo sviluppo congiunto del sistema aereo di combattimento di sesta generazione, il Gcap, destinato a sostituire i circa novanta caccia F-2 giapponesi e gli oltre duecento Eurofighter di Gran Bretagna e Italia.

Il programma congiunto

L’avvio del programma congiunto risale a dicembre del 2022, quando i governi dei tre Paesi hanno concordato di sviluppare insieme una piattaforma di combattimento aerea di nuova generazione entro il 2035. Nella nota comune, i capi del governo dei tre Paesi sottolinearono in particolare il rispettivo impegno a sostenere l’ordine internazionale libero e aperto basato sulle regole, a difesa della democrazia, per cui è necessario istituire “forti partenariati di difesa e di sicurezza, sostenuti e rafforzati da una capacità di deterrenza credibile”. Grazie al progetto, Roma, Londra e Tokyo puntano ad accelerare le proprie capacità militari avanzate e il vantaggio tecnologico.

Il Tempest

Il progetto del Tempest prevede lo sviluppo di un sistema di combattimento aereo integrato, nel quale la piattaforma principale, l’aereo più propriamente inteso, provvisto di pilota umano, è al centro di una rete di velivoli a pilotaggio remoto con ruoli e compiti diversi, dalla ricognizione, al sostegno al combattimento, controllati dal nodo centrale e inseriti in un ecosistema capace di moltiplicare l’efficacia del sistema stesso. L’intero pacchetto capacitivo è poi inserito all’intero nella dimensione all-domain, in grado cioè di comunicare efficacemente e in tempo reale con gli altri dispositivi militari di terra, mare, aria, spazio e cyber. Questa integrazione consentirà al Tempest di essere fin dalla sua concezione progettato per coordinarsi con tutti gli altri assetti militari schierabili, consentendo ai decisori di possedere un’immagine completa e costantemente aggiornata dell’area di operazioni, con un effetto moltiplicatore delle capacità di analisi dello scenario e sulle opzioni decisionali in risposta al mutare degli eventi.

Tokyo spinge sulle riforme

Per Tokyo, il Gcap è il primo progetto a tre con due membri della Nato, e il primo dedicato alla difesa sviluppato con nazioni diverse dagli Stati Uniti, l’alleato di sicurezza principale del Giappone. I tre responsabili della Difesa dei tre Paesi potrebbero anche avviare una discussione per esplorare la possibilità di esportare il nuovo caccia ad altri Paesi. In particolare, il governo giapponese starebbe lavorando a una revisione delle regole della nazione sulle esportazioni di attrezzature di difesa, particolarmente rigide in Giappone. Un intento dichiarato anche nella recente Strategia di sicurezza nazionale, aggiornata a dicembre. La misura si inserisce anche nel progetto del gabinetto di Fumio Kishida di modificare le norme pacifiste della Costituzione del Giappone.

DSEI Japan

Secondo le fonti del Paese del Sol levante, l’incontro avverrebbe in concomitanza con DSEI Japan, la manifestazione dedicata al settore della Difesa integrato che si terrà a Chiba dal 15 al 17 marzo. All’evento saranno presenti tutte le principali aziende responsabili del progetto Gcap come la giapponese Mitsubishi Heavy Industries e la britannica BAE Systems, compreso il consorzio italiano che coinvolge Avio Aero, Elettronica, Mbda Italia e Leonardo. Oltre a queste, il programma vede la partecipazione dell’intera filiera della Difesa nazionale, coinvolgendo anche università, centri di ricerca e Pmi nazionali.

(Foto: ministero della Difesa)


formiche.net/2023/03/incontro-…



La fuga dalle responsabilità


Sacrificarsi in ragione di un principio, di una funzione o di un ideale non sembra rientrare più nello spirito dei tempi. Commentando il fatto, in effetti desolante, che solo un italiano su tre dichiara di condividere la scelta di armare il popolo ucraino

Sacrificarsi in ragione di un principio, di una funzione o di un ideale non sembra rientrare più nello spirito dei tempi. Commentando il fatto, in effetti desolante, che solo un italiano su tre dichiara di condividere la scelta di armare il popolo ucraino, sul Corriere della Sera di martedì lo storico Ernesto Galli della Loggia si è domandato quanti, tra noi italiani, sarebbero oggi disposti a combattere per la Patria: “Quanti sono, mi chiedo, gli italiani che oggi sentono un tale dovere? Quanti sono le donne e gli uomini disposti quindi a pensare che esistono cause per le quali è giusto mettere da parte la propria esistenza quotidiana con i suoi piccoli e meno piccoli piaceri, le sue comode abitudini, e accettare rinunce, disagi, pericoli, magari anche di rischiare la propria vita?”. La domanda è retorica, la risposta implicita. Pochi, pochissimi.
Di istinto si è portati ad attingere alla consueta retorica antitaliana o arcitaliana che dir si voglia. Un Paese abitato da “furbi” e da “cicale”, una nazione irresponsabile e disunita, uno Stato che non ha mai terminato una guerra al fianco dell’alleato con cui l’ha iniziata… Tutto vero, ma ad alzare lo sguardo dal nostro ombelico nazionale si ha l’impressione che sia in corso un singolare processo di italianizzazione del mondo. Almeno del mondo occidentale.

Assistiamo da tempo a fenomeni oggettivamente diversi, ma apparentemente accomunati da una sostanziale indisponibilità al sacrificio. Una fuga dalle responsabilità. Fenomeni un tempo impensabili. Impensabili come le dimissioni di un Papa (Benedetto XVI), o di un imperatore (Akihito), o di un primo ministro (Jacinda Arden). Fenomeni come il rifiuto di una principessa (Diana Spencer) e di suo figlio (William) dalle rinunce connesse allo status regale. Fenomeni che riguardano le élite così come le masse.

Masse sempre meno inclini ad accettare i limiti e i sacrifici impliciti in ogni appartenenza: sia politica sia religiosa. E persino familiare. In Italia il tasso di fecondità è passato dai 3 figli per donna del 1946 all’1,2 odierno, i matrimoni sono in calo costante (1,6 ogni mille abitanti), ogni cinque minuti una coppia decide di separarsi, la cura degli anziani viene sempre più delegata ad apposite strutture (ne abbiamo 7400) non a caso considerate un ottimo business dai fondi globali di investimento. L’Italia è il capofila, ma la tendenza riguarda tutti gli stati occidentali.

In America lo chiamano “Great resignation”. È il fenomeno, accelerato dalla pandemia, di fuga dal lavoro. Solo nei primi nove mesi del 2022 sono stati un milione e 600mila gli italiani che si sono spontaneamente dimessi dall’incarico che svolgevano: il 22% in più rispetto all’anno precedente. Nei colloqui di lavoro, la prima richiesta che i capi del personale si sentono oggi rivolgere riguarda il grado di flessibilità degli orari e la possibilità di lavorare comodamente da casa.

Anni di tambureggiante retorica sui diritti e di assordante silenzio sui doveri hanno prodotto un ripiegamento degli individui sul proprio particolare. Ed una sostanziale indisponibilità ad ogni responsabilità, ad ogni etica, ad ogni sacrificio. Entrano così in crisi per prime le professioni che richiedono una vocazione prossima all’abnegazione: il prete, il soldato, il politico. E da queste crisi delle vocazioni individuali discende il viscerale e crescente rifiuto delle società occidentali per le religioni, per la guerra e per la politica. Un rifiuto che, in un mondo scosso dal risveglio di antichi imperi, ci riporta alla condizione infantile, rendendoci di conseguenza inadatti al governo.

“Riappropriarsi della propria libertà” suona bene, purché poi si sappia cosa farne e non ci si trovi infine costretti a consegnarla al primo uomo forte venuto da lontano.

Huffington Post

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Elly Schlein, la prima donna alla guida del PD


Non crediamo mai abbastanza a ciò in cui non crediamo (M. Conte S. 2004) Issato su un albero lo zio Teo (Ciccio Ingrassia) in libera uscita dal manicomio sfugge al controllo dei congiunti e si arrampica su un olmo per ululare “Voglio una donnaaaa!”. Il film era lo splendido “Amarcord” del grande Federico Fellini. Nel […]

L'articolo Elly Schlein, la prima donna alla guida del PD proviene da L'Indro.



Ucraina: Bielorussia tra le braccia della Russia? L’Occidente non può meravigliarsi


La Russia sta preparando una seconda offensiva contro l’Ucraina dalla Bielorussia? Il ruolo della Bielorussia come partner della Russia in questa guerra continua a rimanere nei titoli dei giornali. Ciò che si perde in queste storie è quanto sarebbe stato strano e impossibile solo un paio di anni fa immaginare che la Russia fosse in […]

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Sul muro di scudi invocato a Firenze da Azione Studentesca


#AzioneStudentesca a #Firenze è rimasta coinvolta in un piccolo incidente di percorso, con sei militanti (i due terzi degli effettivi, verrebbe da malignare) che hanno fatto il pieno di capi d'accusa per essere venuti alle mani durante un #volantinaggio davanti a un obitoriale #liceo cittadino.
Non avevano calcolato il fatto che ormai ci sono due cellulari per ogni suddito, tutti dotati di fotocamere per lo meno passabili.

Nell'immediato i risultati sono stati la fine dell'agibilità politica -pare che alcuni dei coinvolti abbiano addirittura cambiato scuola, date le attestazioni non proprio di stima ricevute dai compagni- il rinvio di iniziative pianificate da mesi e una manifestazione di segno contrario che ha convogliato in piazza #SantaCroce una ragguardevole quantità di detrattori.
Adesso invocano il muro di scudi.
Contestualizzando la cosa, si capisce che in un'epoca in cui da una parola in su sono cause e querele come se piovesse, ai risultati immediati farà seguito un futuro gramo.
Più che un muro di scudi farà comodo una pila di quattrini.
Che difatti è quello che chiedono, battendo cassa come #punkabbestia qualsiasi.

IoNonStoConOriana reshared this.



La Gran Bretagna e le Guardie della Rivoluzione iraniana


Alireza Akbari, un politico iraniano e un tempo alto ufficiale del famigerato IRGC (Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche) iraniano, è stato vice ministro della Difesa dal 1998 al 2003. Nel 2009 è stato arrestato, accusato di spionaggio per conto della Gran Bretagna, ma è stato rilasciato su cauzione. Si è trasferito in Europa e si […]

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Moldavia: il nuovo governo si aspetta nuove pressioni da Mosca


Il nuovo governo della Moldavia deve affrontare nuove minacce ibride dalla Russia, con gli esperti che temono che una sofisticata campagna di disinformazione venga messa in atto per forzare un altro cambio di potere. La precedente amministrazione, guidata da Natalia Gavrilița e inaugurata nell’agosto 2021, si è dimessa il 10 febbraio. Aveva affrontato molteplici crisi […]

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Grazie al Professor Ruben Razzante per lo spazio dedicato a “La privacy degli ultimi”, edito da Rubbettino, su www.dirittodellinformazione.it. Leggi qui l’intervista.


È tempo che l’Occidente accolga l’Ucraina a casa


Mentre l’invasione su vasta scala della Russia entra nel suo secondo anno, l’Ucraina rimane non conquistata. Il Presidente russo Vladimir Putin sognava di impadronirsi di Kiev in tre giorni e di imporre un regime fantoccio di preesistenti politici filo-Cremlino con zero legittimità all’interno del Paese. Al contrario, la società ucraina è rimasta ribelle ed è […]

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Taiwan: siamo sull’orlo della guerra nel Pacifico?


Mentre il mondo è stato distratto, persino divertito, dalla rissa diplomatica sui recenti voli in mongolfiera della Cina attraverso il Nord America, ci sono segnali che Pechino e Washington si stanno preparando per qualcosa di molto più serio: il conflitto armato su Taiwan. Esaminare i recenti sviluppi nella regione Asia-Pacifico solleva una lezione storica collaudata […]

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Inchieste


Ci sono le premesse perché finisca male. Sentiremo gridare che la giustizia è morta o è stata tradita, perché quella sarà la reazione di un pubblico e di parti processuali che vivono nell’illusione che in tribunale si accerti la verità o, meglio, si valid

Ci sono le premesse perché finisca male. Sentiremo gridare che la giustizia è morta o è stata tradita, perché quella sarà la reazione di un pubblico e di parti processuali che vivono nell’illusione che in tribunale si accerti la verità o, meglio, si validi la verità annunciata anni prima dalla Procura ovvero dagli accusatori. Un’illusione pericolosa, alimentata dalla viltà della politica e dalla pochezza dell’informazione.

La giustizia penale è una cosa, il governo del Paese è tutt’altra. Se per orientare il secondo si attende la prima, si trasformano le sentenze in documenti politici, si ritardano i rimedi e si cancella la responsabilità politica. Accoppiare politica e penale è una bestemmia che inquina la vita pubblica: per supposta responsabilità di un amministratore pubblico sarebbero morte migliaia di persone, il che emerge all’indomani della rielezione dell’amministratore al suo posto; l’ipotesi d’accusa, del resto, si regge su una perizia il cui autore, nel frattempo, è stato eletto parlamentare nello schieramento avversario. Non c’è nulla di normale, in questo.

Come non lo è che il procuratore dica un giorno che non intende rilasciare dichiarazioni nel merito del procedimento, perché «per legge» non può, e il giorno appresso ne parli con tutti, strologando di «verità» e «risposte ai cittadini». Tanto loquace da fare un regalo ai futuri avvocati difensori: «Forse qualcuno sarà prosciolto, altri archiviati. Ma a noi interessa spiegare cosa è successo». Ma se è successo quel che l’accusa presume, come può supporre che la faccenda finisca nel nulla? E se non è successo nei termini che ha illustrato, allora è dubbio il servizio reso alla collettività. Quando il dilemma si chiarirà sentiremo gridare che la giustizia è morta. Diciamo che è stata avvelenata a puntate.

I cittadini dovrebbero essere informati che in tribunale non si porta lo strazio dei morti, proclamando che un colpevole deve pur esserci. Quella è roba da bar. Da Bergamo a Crotone si tratta di accertare se chi doveva decidere avesse le informazioni necessarie, se esistevano procedure da rispettare (riducendosi così la discrezionalità della decisione) e se chi è chiamato a risponderne avesse il potere che comporta la responsabilità. Se porti sul banco degli imputati i sismologi poi vengono assolti, non perché non ci siano stati il terremoto o i morti ma perché l’accusa era campata nell’aria di una verità che era superstizione.

Diverso il discorso sul piano politico perché, siccome gli errori sono evidenti e le conseguenze drammatiche, ci s’interroga su cosa non abbia funzionato e su chi non sia stato all’altezza. Non c’entra niente la responsabilità penale, perché quella – in un senso o nell’altro – arriva a babbo morto e a candidato rieletto. Quindi ci si chiede perché il piano pandemico non ci fosse o perché un avviso di pericolo non abbia fatto scattare il soccorso. E ce lo si chiede senza supporre che si sia voluto contagiare o affogare, ma perché il disastro prescinde dal reato. Quindi si cambia la procedura oppure il decisore, senza che ci voglia nessuna sentenza. Oppure si ritiene che si sia trattato di fatalità e amen. Dopo di che se ne risponde ai cittadini. E non è che per far vedere che vuoi accertare come sono andate le cose devi sempre proporre una commissione parlamentare d’inchiesta, altrimenti ne propongo una sulle commissioni parlamentari d’inchiesta ove si dimostra che non accertano un accidenti.

I politici rispondono ai cittadini, non i magistrati. L’ipotesi che un magistrato risponda al popolo è in sé deviante, come lo è supporre che il consenso elettorale esenti dalla responsabilità penale. Mentre il giornalismo s’è convinto che mettere il microfono sotto la bocca delle persone sia un mestiere. E che metterlo sotto quella di chi non vuole parlare sia un mestiere coraggioso. Con il risultato che si scrive tutti la stessa cosa in omaggio alla “notizia”. No: una cosa è il mattinale di polizia, un’altra il ragionare. Il che comporta responsabilità, ma ha una qualche utilità.

La Ragione

L'articolo Inchieste proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Giancarlo Elia Valori: un libro per chiarire che cos’è l’intelligenza artificiale


Ne abbiamo già parlato parlato: nell’ultimo libro di Giancarlo Elia Valori ‘Cyberspazio e intelligenza artificiale fra Occidente e Oriente’, l’autore ha ricordato come sia più che mai necessario unire le forze, superando quelle inutili barriere costituite da Stati confessionali, da pregiudizi e ignoranza, con una attenta informazione su benenefici e rischi che possono rappresentare le […]

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WhatsApp commits to comply with EU consumer rules over policy updates


The Meta-owned messaging service agreed on Monday (6 March) to a series of commitments to settle an EU consumer probe over how it pushes out updates to its terms of services.


euractiv.com/section/data-priv…