Ministero dell'Istruzione
È stato pubblicato l’elenco di 399 interventi di edilizia scolastica indicati dalle Regioni e finanziati con circa 936 mln di risorse nell’ambito del #PNRR, che Comuni e Province potranno immediatamente attuare.Telegram
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Elettronica per il jet del futuro. Ecco l’accordo siglato in Giappone
Un accordo industriale permanente per l’elettronica della Difesa. È questo il cuore dell’accordo siglato nel corso di Dsei Japan, la principale manifestazione dedicata al settore della Difesa integrato del Giappone, che si terrà a Chiba, vicino Tokyo, fino al 17 marzo. Le società Mitsubishi Electric in rappresentanza del Giappone, Leonardo UK per il Regno Unito e Leonardo ed Elettronica per l’Italia, rafforzeranno le loro relazioni e valuteranno adeguati modelli operativi, in vista della fase successiva dello sviluppo della prossima fase del sistema aereo di combattimento di sesta generazione, il Global combat air programme (Gcap), che il nostro Paese realizza insieme a Londra e Tokyo. Nel corso dell’evento, tra l’altro, nella giornata di giovedì è previsto il vertice tra i ministri della Difesa italiano, britannico e giapponese Guido Crosetto, Ben Wallace e Yasukazu Hamada per discutere i prossimi passi verso lo sviluppo congiunto del Gcap.
Il caccia di sesta generazione
All’evento giapponese sono presenti tutte le principali aziende responsabili del progetto Gcap, dalla nipponica Mitsubishi Heavy Industries e la britannica BAE Systems, al consorzio italiano composto Avio Aero, Elettronica, Mbda Italia e Leonardo. Il progetto del Gcap prevede lo sviluppo di un sistema di combattimento aereo integrato, nel quale la piattaforma principale, l’aereo più propriamente inteso, provvisto di pilota umano, è al centro di una rete di velivoli a pilotaggio remoto con ruoli e compiti diversi, dalla ricognizione, al sostegno al combattimento, controllati dal nodo centrale e inseriti in un ecosistema capace di moltiplicare l’efficacia del sistema stesso. L’intero pacchetto capacitivo è poi inserito all’intero nella dimensione all-domain, in grado cioè di comunicare efficacemente e in tempo reale con gli altri dispositivi militari di terra, mare, aria, spazio e cyber. Questa integrazione consentirà al Gcap di essere fin dalla sua concezione progettato per coordinarsi con tutti gli altri assetti militari schierabili, consentendo ai decisori di possedere un’immagine completa e costantemente aggiornata dell’area di operazioni, con un effetto moltiplicatore delle capacità di analisi dello scenario e sulle opzioni decisionali in risposta al mutare degli eventi.
La sfida della nuova elettronica avanzata
Nel dettaglio, l’accordo prevede una collaborazione sullo sviluppo del sistema di elettronica avanzata che verrà implementato a bordo della piattaforma Gcap, l’Integrated sensing and non kinetic effects & integrated communication system (Isanke & Ics). Si tratta di una vera e propria rete di sistemi interconnessi in grado di conferire al velivolo capacità superiori in termini di capacità informative e di auto-protezione. La componente Isanke & Ics porterà a bordo del Gcap anche la sensoristica di sesta generazione, introducendo una capacità di sensing, fusione dell’informazione e auto-protezione completamente integrata. In questo modo, la sensoristica sarà in grado di operare in una rete composta da velivoli con e senza equipaggio e come parte di un sistema di sistemi più ampio e multi-dominio per ciascuna nazione. Infine, grazie alla nuova elettronica, sarà possibile per Italia, Giappone e Regno Unito interagire all’interno di operazioni congiunte.
I termini dell’accordo
L’accordo riflette la volontà dei partner di avviare la costruzione di una piattaforma di collaborazione permanente per il conseguimento di un vero e proprio programma tri-nazionale completamente integrato. Questo rende necessario mettere in pratica un approccio che soddisfi le ambizioni di ciascun Paese, in uno spirito di partnership paritaria, e che, al contempo, permetta di rispettare le tempistiche, raggiungendo l’obiettivo del Gcap entro il 2035. A tal fine, sarà utile per le aziende coinvolte attingere alle precedenti esperienze di collaborazione internazionali.
Collaborazioni già avviate
Non è la prima volta, infatti, che le società partner nel Gcap si trovano ad interagire tra loro. Ad esempio, Mitsubishi Electric ha svolto un ruolo chiave nel programma giapponese F-2. In Leonardo, in qualità di partner nel programma Eurofighter Typhoon, sia il team italiano sia quello britannico lavorano al radar a scansione elettronica. Leonardo ed Elettronica, poi, collaborano sul sottosistema di difesa del Typhoon. Leonardo UK e Mitsubishi Electric, invece, lavorano insieme dal 2018 al progetto anglo-giapponese di tecnologia radar Jaguar.
Messinscena
Si corre il rischio di far sembrare svegli i soldati giapponesi che, anni dopo la fine del conflitto mondiale, credevano fosse ancora in corso. Il milite nipponico aveva, almeno, l’attenuante dell’isolamento. Mentre qui è tutto un succedersi di spie luminose accese, avvisi orali e scritti, consigli pubblici e privati, siamo giunti al punto che ci si offra di venire a spiegare quel che, all’evidenza, non s’è capito. Eppure tutti sanno che sarà fatto: la riforma del Meccanismo europeo di stabilità deve essere ratificata. Specie ora che una brezza tesa ha scarruffato il crine bancario.
Un anno fa avevamo usato questo stesso titolo: messinscena. Ci ripetiamo, chiedendo ai politici di professione: non sarebbe stato meglio per voi, specie per la destra che ora governa, se la scontata approvazione l’aveste messa in conto alla maggioranza del governo Draghi? Tanto più che era ampia al punto da consentire a qualche giapponese di passare la sua giornata nella giungla. Ora vi tocca deglutire il rospo in esclusiva. Che poi non è affatto un rospo, il che esclude riusciate a trasformarlo in principe. Direte che è diverso e che cambierà, “come se fosse antani”. Vabbè, sbrigatevi. Perché ci sono conseguenze negative rilevanti.
Intanto è umiliante che il ministro dell’economia debba rispondere ai colleghi: scusate, ma è di competenza parlamentare. Come se in Parlamento la maggioranza non l’avesse il governo o come se quella maggioranza fosse pronta a tradire il governo. Ed è imbarazzante che dai vertici del Mes gli rispondano: se non riuscite a spiegare voi a cosa serve, non preoccupatevi, veniamo a farlo noi. Manca solo aggiungano: con un disegnino.
Il che si riflette sulla discussione relativa alla modifica del Patto di stabilità, per noi fondamentale e che presenta luci ed ombre. Fuori dall’Italia nessuno crede che noi si possa non ratificare la riforma del Mes, ma se si continua a perdere tempo quell’increscioso traccheggio potrà essere utilizzato per dire: nessuno ha voluto isolare l’Italia, sono gli italiani che hanno deciso di isolarsi.
Sulla riforma del mercato elettrico il governo Meloni ha tenuto ferma la posizione di quello Draghi, chiedendo il disaccoppiamento del prezzo dell’energia elettrica da quello del gas, cui si legano altre conseguenze. Ovvio che si tratta di un mercato su cui volano numerosi interessi. Una cosa non basta dirla o chiederla, per poi lamentarne il rigetto, si devono costruire le alleanze. Per noi preziosa quella della Francia. Allearsi non è sposarsi, non è comunione di tutto, ma rispettarsi sì e certi toni polemici non sono il modo più saggio di difendere gli interessi nazionali. È solo una postura a favore di telecamera, ma incorpora la sconfitta.
Sullo stop all’immatricolazione delle auto con carburante tradizionale, fissato al 2035, si sono dette e lette delle corbellerie. Ci sarà, non è stato bocciato manco per niente, il voto è solo rinviato. Se i giornali che credono di appoggiare il governo continueranno a usare quei toni (sul nucleare è stato anche scritto che la Ue lo vieta!!) in realtà gli rendono la vita impossibile. C’è una posizione saggia, ispirata a un sano principio: non si stabilisca quali tipologie di motore le auto dovranno avere, si resti nella neutralità tecnologica, si stabilisca quali emissioni non saranno consentite. Entro il 2035 non si immatricoleranno auto a benzina o diesel. Stabilite le condizioni sarà l’innovazione a regolarsi sulla convenienza dei carburanti sintetici o sulla compatibilità dei biocombustibili. La norma fissa le emissioni, il resto spetta alla tecnologia e al mercato. Se, invece, ci si arrocca su un no che pretende di ridiscutere le emissioni, il risultato sarà che si sarà solo pedina che favorisce il gioco altrui, finendo nell’irrilevanza mentre i tedeschi trattano la mediazione.
Essere isolati è un costo. Essere isolati per un capriccio elettoralistico è da sciocchi. Basta con la messinscena: Mes e gare per il demanio, senza farsi ulteriormente del male.
L'articolo Messinscena proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
L’Ucraina in Europa al più presto
È sconcertante come parte della sinistra politica, sindacale e pubblicistica italiana non comprenda la natura fascista del suprematismo russo. È arrivato il momento di accogliere gli eroi antifascisti nell’Unione europea
Ogni giorno penso all’Ucraina, cerco notizie sull’Ucraina, commissiono articoli sull’Ucraina, pubblico un giornale in lingua ucraina, e, guarda che combinazione, mi viene da scrivere solo di Ucraina.
È un’ossessione, forse? È una malattia seria? O, più semplicemente, l’Ucraina è la questione più importante del nostro tempo, del nostro presente e del nostro futuro (per non parlare del presente e del futuro degli ucraini che si devono quotidianamente proteggere dalle bombe dei fanatici russi)?
Solo il 1989 con la caduta del Muro di Berlino e il 2001 con l’attacco islamista a New York hanno per la Generazione X (i fortunati occidentali nati tra il 1965 e il 1989) una rilevanza ideale pari agli anni che stiamo vivendo dal 2022 con l’invasione russa, anche se è cominciata nel 2014 con l’Anschluss della Crimea e del Donbas, e si spera anche in questo 2023 con la vittoria definitiva dell’Ucraina sui criminali di guerra del Cremlino.
Una bella canzone di Dario Brunori di qualche anno fa, “Canzone contro la paura”, a un certo punto diceva «perché alla fine, dai, di che altro vuoi parlare?».
E, appunto, di che altro vuoi parlare se non dell’Ucraina e della sua ammirevole e coraggiosa battaglia contro le tenebre dell’autoritarismo russo che martorizza gli ucraini e minaccia da vicino l’Europa e il modello di vita occidentale.
Non si può parlare d’altro anche perché siamo tutti corresponsabili delle sofferenze del popolo ucraino, non per le ragioni che i fessi ripetono nelle fogne dei talk show italiani («guerra per procura», «colpa della Nato» e altre immonde oscenità), ma perché non ci siamo accorti in tempo delle palesi intenzioni del Cremlino e delle inevitabili conseguenze del suprematismo russo, malgrado fossero ben evidenti già durante la rivoluzione arancione (2004), durante la rivoluzione della dignità (le proteste pro Europa del 2013 a Maidan) e in seguito all’annessione illegale nel 2014 della Crimea e del Donbas.
Uno dei pochi che se ne era accorto in tempo e che invano ci aveva avvertiti è stato Bernard-Henri Levy, uno dei più lucidi intellettuali della nostra epoca, i cui ripetuti e ignorati appelli sono stati appena raccolti dalla Nave di Teseo nel libro “Dunque, la guerra”.
La congiunzione conclusiva, “dunque”, è usata da BHL per sottolineare che la guerra altro non è che la conclusione logica dell’inascoltato grido del 2004 e poi del 2013-2014.
Oggi gli ucraini sono i patrioti e i partigiani dell’Europa, probabilmente gli unici del continente, e combattono contro gli «abiti nuovi del fascismo» (definizione di Paul Berman) indossati da Vladimir Putin.
Questa cosa che una buona parte della sinistra politica, sindacale e pubblicistica italiana non comprenda, o faccia finta di non comprendere, la natura tipicamente fascista dell’ideologia russa alla base dell’aggressione all’Ucraina, e anzi ripeta le bufale della propaganda del Cremlino che sostengono l’opposto, ovvero che gli aggrediti guidati da un presidente ebreo siano loro stessi i fascisti, è un elemento sconcertante e un’ulteriore dimostrazione che viviamo nell’epoca della post verità e della società dove non contano i dati di fatto.
Non esiste niente di più visibile e riconoscibile del bianco e del nero nella questione imperialista russa. Il male è da una sola parte e il bene è sotto attacco indiscriminato.
Chi invoca la complessità o altre ignobili scemenze come «la guerra di Biden» è soltanto un manutengolo del Cremlino.
Non c’è alcuna differenza tra la politica basata sulle bugie di un artista della truffa come Trump e quelle di Putin e dei suoi volenterosi complici di sinistra e di destra nella politica e nella televisione italiana.
Non c’è alcuna differenza tra l’ideologia fascista storica e il revanscismo eurasiatico e antioccidentale di ideologi come Alexander Dugin, uno che è stato allontanato da Putin per eccessivo estremismo senza però perdere lo status di ospite d’onore dei nazibol italiani e del telegiornale Rai diretto dall’attuale ministro italiano della Cultura, nonché agiografo di Putin e di Trump, Gennaro Sangiuliano.
Aggiungo una cosa che alcuni sedicenti intelligentoni, insufflati a loro insaputa dalla disinformazione russa, fastidiosamente ripetono ogni volta che sentono gli amici dell’Ucraina dire “Slava Ukraini”, gloria all’Ucraina, cui gli ucraini rispondono immancabilmente con “Heroiam slava”, Gloria agli eroi, come in un call-and-response tipico della tradizione della musica gospel.
Slava Ukraini, dicono i dotti e i sapienti che ci possiamo permettere in questi tempi impazziti, è uno slogan fascista usato da Stepan Bandera un secolo fa. Bandera era certamente antisemita ed era di simpatie fasciste, anche se le atrocità di cui è accusato in realtà sono state condotte dai suoi seguaci mentre lui era rinchiuso in un lager nazista, ma Bandera era anche un indipendentista ucraino che voleva liberare il suo popolo dal giogo sterminatore di Mosca e per questo si appoggiava alla Germania, tanto poi da essere stato ucciso dai sovietici nel secondo dopoguerra a Monaco di Baviera. Il punto però non è quanto sia deprecabile oggi il pensiero di Bandera negli anni 20 del secolo scorso, ma che l’invocazione gloriosa all’Ucraina si trovi invece nei testi ottocenteschi del principale poeta e scrittore ucraino, il Manzoni e il Dante degli ucraini, Taras Shevchenko:
«La nostra idea, il nostro cantare
Non può morire né cadere…
Ecco dov’è la nostra gloria,
La gloria ch’è dell’Ucraina».
Soprattutto, Slava Ukraini è diventato il segno di riconoscimento dell’indipendenza, della libertà e dello spirito democratico di Kyjiv, coniato nelle fredde notti di Maidan, tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014, mentre il fantoccio del Cremlino che guidava l’Ucraina grazie ai brogli elettorali strappava gli accordi di amicizia con l’Europa e sparava sui connazionali che pretendevano il rispetto del processo di integrazione europea e di affrancamento dall’imperialismo russo.
Quindi, sia storicamente sia politicamente, Bandera non detiene né la primogenitura né il senso indipendentista dell’espressione Slava Ukraini, che invece è molto più recente, liberale, democratica e antifascista.
Che fare, quindi, per sostenere ancora la lotta ucraina? Certamente bisogna continuare a informare, ad aiutare (magari donando a Come back alive) e a tenere alto il dibattito pubblico sui pericoli dell’autoritarismo russo e sull’importanza degli aiuti militari a Kyjiv in vista della controffensiva di primavera volta a rimandare l’Armata rossa a casa e in rovina.
Ma forse è arrivato anche il momento di accelerare le procedure di adesione dell’Ucraina all’Europa, di aprire subito i negoziati con cerimonia pubblica e solenne a Kyjiv con tutti i capi di stato e di governo dei ventisette paesi membri. L’Ucraina se lo merita e noi lo dobbiamo ai patrioti e ai partigiani dell’Europa.
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Le conseguenze monetarie della guerra in Ucraina
La guerra che la Russia sta conducendo contro la civiltà euro-atlantica (“occidentale”) sul territorio dell’Ucraina sta già influenzando in modo significativo il sistema geo-economico del mondo intero. Non c’è dubbio che le sue conseguenze economiche saranno ancora più significative. Ciò vale anche per l’influenza sulla sfera delle relazioni monetarie. E questo non è sorprendente, dal […]
L'articolo Le conseguenze monetarie della guerra in Ucraina proviene da L'Indro.
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La Cina e il volto mutevole della governance
Il Presidente cinese Xi Jinping aveva appena lanciato il suo terzo mandato al potere quando le domande sulla sua leadership sono iniziate a circolare in patria e all’estero. La completa inversione di tendenza della Cina sulla sua politica zero-COVID è stata così rapida e straordinaria che ha colto quasi tutti di sorpresa. Ma la correzione […]
L'articolo La Cina e il volto mutevole della governance proviene da L'Indro.
A Budapest parte il progetto europeo della Fondazione Einaudi sul clima – Il Messaggero
Simona Benedettini, in qualità di Energy Economist del Comitato Scientifico della Fondazione Luigi Einaudi, aprirà il 16 marzo a Budapest la prima sessione di lavori del progetto europeo “Promoting power purchase agreements to achieve the net- zero target”, promosso dall’European Liberal Forum, e che vede, tra i partner coinvolti, anche la Friedrich Naumann Foundation (Germania). Nel workshop ungherese Benedettini indicherà le linee guida per lo sviluppo di uno studio comparato volto ad individuare le migliori pratiche applicate negli accordi di fornitura di energia elettrica (fondamentali per raggiungere l’obiettivo di emissioni zero e per contrastare i cambiamenti climatici), nei diversi Stati aderenti alla ricerca. Parteciperanno, oltre all’Energy Economist che rappresenta la Fondazione Luigi Einaudi di Roma e che si occuperà di sviluppare l’analisi della situazione italiana, Gero Sheck per la Friedrich Naumann Foundation (Germania), Ricardo Silvestre per il Social Liberal Movement (Portogallo), William Hongsong Wang per la Fundacion para el Avance de Libertad (Spagna) e Tomas Babicz per l’Inditsuk Be (Ungheria). L’incontro di Budapest segna l’avvio di un importante iter che svilupperà durante tutto il 2023 un qualificato contributo al dibattito europeo sul clima, animato dalla Fondazione Luigi Einaudi di Roma. In programma anche un secondo workshop che si terrà a Lisbona nel mese di maggio. Due volumi sul tema del risparmio energetico e due relativi policy briefs coroneranno il lavoro scientifico che si concluderà con una grande presentazione finale a Roma entro la fine del 2023.
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Il Kenya e lo spazio italiano che non diventa realtà
Il presidente della RepubblicaSergio Mattarella torna oggi da Nairobi, dove è stato con il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli per una visita di Stato di tre giorni e -come scrivono i più informati- si tratta della sua quinta missione nell’area dell’Africa sub-sahariana. È un evento importante di cui non si è parlato molto prima della […]
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PODCAST. A Gaza per salvare vite di bambini gravemente ammalati
di Michele Giorgio –
Pagine Esteri, 15 marzo 2023 – Guidata dal dottor Vincenzo “Stefano” Luisi, cardiochirurgo pediatrico, è in corso all’European Gaza Hospital di Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza, la missione della Ong italiana PCRF – Palestine Children’s Relief Fund impegnata sin dagli anni Novanta a garantire assistenza medica aa alta specializzazione ai bambini palestinesi. Il team si compone di volontari e volontarie provenienti da cinque regioni diverse incaricati di svolgere attività sia di cardiochirurgia che di cardiologia interventistica in ambito pediatrico. E’ presente personale medico e infermieristico dell’Istituto Giannina Gaslini di Genova (con i cardiochirurghi Francesco Santoro e Elena Ribera e l’anestesista Alessia Franceschi), dell’Azienda di Rilievo Nazionale ed Alta Specializzazione – ARNAS G. Brotzu Brotzu di Cagliari (con il cardiologo Roberto Tumbarello e gli infermieri Francesco Anedda e Corrado Viola), dell’Ospedale del Cuore di Massa (con l’anestesista Pierantonio Furfori e l’infermiera Giada Boggi), dell’AOU Meyer di Firenze (con l’anestesista Fabio Panetta), dell’Università Federico II di Napoli (con la cardiologa Vittoria De Lucia) e dell’AO di Padova (con la perfusionista Federica Raffin).
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Insieme a loro anche Angelo Stefanini, medico esperto in Salute pubblica, incaricato del coordinamento e del monitoraggio del programma del PCRF di rafforzamento delle cure di base nella Striscia di Gaza.
La missione del team italiano è stata resa possibile grazie al sostegno economico dell’Otto per Mille Valdese, del Centro di Salute Globale – Regione Toscana, di Flying Angels Foundation Gift of Life NY e Gift of Life, Inc. e al supporto istituzionale dell’Azienda USL Toscana Centro e della Fondazione Monasterio.
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Putin non è riuscito a congelare l’Europa, ma la guerra energetica della Russia continuerà
Vladimir Putin sperava di mettere in ginocchio l’Europa durante la stagione invernale tagliando drasticamente le forniture di gas russo. Con la primavera ormai arrivata, è chiaro che non ci è riuscito. I consumatori europei non si sono congelati nelle loro case e le economie europee stanno iniziando a mostrare segnali promettenti di ripresa. La fortuna […]
L'articolo Putin non è riuscito a congelare l’Europa, ma la guerra energetica della Russia continuerà proviene da L'Indro.
Ucraina: il pericolo di minimizzare il bilancio del campo di battaglia
“L’Ucraina vincerà”. Alcune variazioni di questo sono diventate il mantra non ufficiale della politica degli Stati Uniti nei confronti della guerra in Ucraina, affermato in innumerevoli colonne, interviste e discorsi, spesso promettendo un impegno a tempo indeterminato degli Stati Uniti per lo sforzo bellico ucraino e rimproverando i politici per non aver inviato maggiori quantità […]
L'articolo Ucraina: il pericolo di minimizzare il bilancio del campo di battaglia proviene da L'Indro.
Carceri: la mattanza continua
Il dato ‘scivola’ come se fosse qualche cosa di ‘naturale’: da inizio anno nelle carceri italiane si sono tolti la vita già dieci detenuti. Aldo Di Giacomo, segretario del Sindacato Polizia Penitenziaria, avverte: “Si abbassa l’età dei detenuti suicidi. I più fragili sono i giovani, i tossicodipendenti e gli stranieri”. In meno di due mesi […]
L'articolo Carceri: la mattanza continua proviene da L'Indro.
I sistemi di apprendimento automatico hanno proprietà politiche? A cura di Daniela Tafani, ricercatrice presso l'Università di Pisa
📣 Tornano gli incontri di @Etica Digitale !
🏷 I sistemi di apprendimento automatico hanno proprietà politiche?
🎙 Conduce: Daniela Tafani, ricercatrice presso l'Università di Pisa
Le tecnologie sono politiche? Langdon Winner, nel 1980, distingueva due modi in cui gli artefatti tecnologici possono essere politici: quando nascono come risposta a un problema di una specifica comunità; e quando invece sono "intrinsecamente politici", cioè quando la loro stessa esistenza presuppone o promuove una determinata visione politica della società.
A partire da questa distinzione, discuteremo la tesi formulata da Dan McQuillan nel suo recente libro Resisting AI. An Anti-fascist Approach to Artificial Intelligence. Secondo McQuillan, «L'intelligenza artificiale è una tecnologia politica, nella sua esistenza materiale e nei suoi effetti», che condensa la violenza strutturale, amplifica disuguaglianze e ingiustizie e incarna e consolida un regime autoritario.
🗓 Martedì 21 marzo
🕑 21:30
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e-ID: Decentralised storage and right to anonymity are additional Pirate successes in final trilogue mandate
Brussels, 15/03/2023 – On Thursday, the European Parliament is expected to formally adopt its final position on the European Electronic Identity (e-ID), before going into trilogue negotiations with the Council of the European Union. In addition to privacy successes in the leading industry Committee, Pirate Party MEPs were able to implement additional data protection safeguards into the final text via the Civil Liberties Committee (LIBE). Most importantly the content of a user’s identity wallet, which may include sensitive medical data, payment data or criminal records, would be stored on the user’s device only unless they explicitly choose that an external cloud copy should be kept. The text also protects the right to use digital services anonymously by providing that digital services should be provided without electronic identification or authentication where reasonably possible.
Via the lead industry Committee Pirate Party MEPs had already made sure that Member States will not have to establish a unique personal identification number for every citizen. The source code used for providing European Digital Identity Wallets would be open source, that non-users of the voluntary eID scheme would not suffer disadvantages and would be able to use alternative means of identification or authentication. Pirates have not been able to prevent the mandatory acceptance of government browser certificates but there will be exceptions.
Pirate Party MEP Patrick Breyer, who negotiated the bill in the Committee on Civil Liberties (LIBE), comments:
“We successfully pushed for the addition of a provision ensuring that services are normally provided without electronic identification or authentication wherever reasonably possible. I’m glad that we thus countered the risk that the anonymity online that protects us from profiling and online crime is gradually eroded. We further managed to ensure that the content of a user’s identity wallet, which may include sensitive medical data, payment data or criminal records, would be stored decentrally on the user’s device only unless they explicitly choose that an external cloud copy should be kept. After all, nobody keeps a duplicate of a person’s physical wallet, either. Decentralized data storage protects our data from hacks and identity theft.
While the e-ID can be an important tool for the modernization and digitization within the EU, the European Commission’s initial proposal was problematic and put users’ data needlessly at risk. That’s why in the trilogue negotiations, my Pirate Party colleague Mikuláš Peksa, who is in the negotiating team as Shadow rapporteur will fortunately continue the fight to protect our personal data and right to anonymity online.”
The e-ID will allow EU citizens to prove their identity via mobile app, access public and private services online, pay online and facilitate everyday situations. Driving licences or medical prescriptions could also be stored in the “Wallet App”.
Rise Of The Northstar - Showdown
🎧 #RECENSIONE:
👉 Rise Of The Northstar - Showdown
#numetal
Dopo tre anni di composizione e di produzione esce il nuovo disco dei francesi Rise Of The Northstar intitolato "Showdown" per Atomic Fire. Il gruppo francese nato nel 2008 ha messo insieme sottoculture musicali come l'hardcore, l'hardcore beatdown, l'hip-hop con la cultura giapponese di certi manga ed anime.
OPINIONE. Francesca Albanese al governo Meloni: Gerusalemme capitale è l’arbitrio del più forte
di Francesca Albanese*, Relatrice Speciale dell’Onu sui Diritti Umani nei Territori palestinesi occupati
Presidente Meloni,
In occasione della visita in Italia del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, apprendo da quotidiani israeliani vicini al governo che il primo ministro chiederà alla controparte italiana di riconoscere Gerusalemme come capitale dello stato di Israele e di rafforzare la cooperazione economica tra i due paesi, soprattutto in materia di gas ed energie naturali.
In qualità di Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nel territorio Palestinese occupato dal 1967, mi preme sollevare, in punto di diritto, l’assoluta inammissibilità di tale richiesta, in quanto chiede il riconoscimento di una situazione illegale (l’annessione di Gerusalemme) come contropartitra ad un’altra situazione potenzialmente illegale (il commercio di risorse provenienti dal territorio occupato).
Gerusalemme, che dal 1947 le Nazioni Unite considerano corpus separatum da amministrare a mezzo di una presenza internazionale, é considerata da Israele la propria “capitale indivisa”, e quindi annessa al proprio territorio, sin dagli albori dell’occupazione di Gaza e Cisgiordania (comprendente Gerusalemme) nel 1967.
Il diritto internazionale proibisce tassativamente l’annessione del territorio occupato. Tale illegalità é insanabile, poiché tocca uno dei cardini dell’ordine internazionale: il divieto di acquisizione territoriale attraverso l’uso della forza, pilastro portante della Carta delle Nazioni Unite. Tale divieto, sancito nelle Convenzioni di Ginevra e nello Statuto di Roma, é incessantemente riaffermato dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU (ultima risoluzione: 2234 del 2016). L’assolutezza di tale norma risponde a un valore universale: che sia la forza del diritto e non l’arbitrio del più forte a definire i rapporti internazionali.
Lo stesso ordine giuridico vieta agli Stati di riconoscere nei propri rapporti gli effetti di un grave illecito internazionale, favorendone commissione o continuazione. Per questo il Consiglio di Sicurezza dell’ONU chiede agli Stati di astenersi dal riconoscere qualsiasi esercizio di sovranità israeliana su Gerusalemme, come ad esempio l’instaurazione di relazioni diplomatiche (e a revocarle qualora già intraprese). Ciò significa che se l’Italia decidesse di riconoscere Gerusalemme capitale dello Stato d’Israele, si renderebbe complice di un grave illecito internazionale. Così facendo l’Italia verrebbe meno al ruolo che l’art. 10 della propria Costituzione, che impone la conformità al diritto internazionale. La tradizione diplomatica dell’Italia ha storicamente dato prova di poter agire in modo imparziale, oggettivo, e costituzionalmente orientato, mantenendo solidi rapporti con lo stato di Israele, ma anche difendendo i diritti fondamentali del popolo palestinese, primo fra tutti quello all’autodeterminazione.
Quindi rifiutare la richiesta di Israele non solo è in linea con il diritto e la storia dell’Italia democratica, ma anche con l’attuale politica europea in risposta al conflitto in Ucraina, anch’essa vittima di un’aggressione violenta e di un’occupazione illegale.
A tal riguardo, nel 2022, l’Italia ha promosso un piano di sostituzione delle importazioni di energia dalla Russia, in linea con il diritto internazionale che obbliga gli Stati ad adottare contromisure politiche, economiche e diplomatiche per arginare gli effetti dei gravi illeciti internazionali. È dunque ragionevole confidare che lo stesso trattamento riservato alla Russia, portante sul diritto internazionale, venga applicato anche a Israele, dacché entrambi peccano della stessa condotta.
Inoltre, ciò che Israele offre come contropartita – gas e risorse naturali – va anche soppesato: parte del gas israeliano viene estratto dalle acque della Striscia di Gaza, nelle quali Israele limita l’accesso dei palestinesi, gli unici sovrani delle risorse naturali nella Palestina occupata. Il saccheggio costituisce un ulteriore crimine di guerra e una violazione del diritto internazionale.
Come il popolo ucraino, Presidente, anche quello palestinese a Gaza, in Cisgiordania e Gerusalemme, é sotto occupazione. L’occupazione israeliana – che impedisce con violenza l’esercizio dei più elementari diritti ed insedia centinaia di migliaia di cittadini in territorio occupato – è ormai giudicata illegale da studiosi e organizzazioni internazionali. Alla posizione dell’Italia in merito, dunque, è affidato anche un messaggio ad altre potenze: se si rinuncia del tutto al diritto internazionale nei confronti di qualche stato, come faremo ad invocarlo contro chi, per ipotesi la Russia, decidesse un domani di trasferire 750.000 cittadini russi in Crimea o Donbas, e in virtù di quella presenza considerarle come parte eterna della Russia indivisa?
*Questo articolo è stato pubblicato il 10 marzo dal quotidiano Il Manifesto
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Carlo Maria Cipolla, gli scippatori, i volenterosi cameramen del crimine, la privacy e la videosorveglianza
In Cina e Asia – L’Honduras avvia relazioni diplomatiche con la Cina
L'Honduras avvia relazioni diplomatiche con la Cina
Rallenta l'export di armi cinesi
Il Giappone stringe i rapporti di sicurezza con l'Asean
L'India non pagherà le importazioni russe in yuan
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Sottomarini nucleari nel cortile cinese
INDO-PACIFICO. Lanciato il piano dell’Aukus che doterà l’Australia di tre sottomarini atomici. E partono super esercitazioni con Manila e Seul. Pechino: «Eppure parlate di non proliferazione». E Biden dice di voler vedere Xi Jinping
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Fr.#22 / Di tasse e sacrifici umani
Tax (and surveil) the rich
Pare che 130 europarlamentari, socialisti e democratici di sinistra, abbiano proposto di extra-tassare i super-ricchi con patrimoni oltre i 50 milioni di euro per “ridurre le disuguaglianze e contribuire a finanziare gli investimenti necessari per la transizione ecologica e sociale”.
I migliori tra noi diranno che è giusto; anzi doveroso. Che chi più guadagna, più deve contribuire.
I peggiori, invece, potrebbero sostenere che non è un contributo, né una partecipazione. Semmai, una espropriazione forzosa e violenta non consensuale.
Purtroppo l’espropriazione forzosa non si limita certo al patrimonio, ma anzi inizia proprio con l’invasione ingiustificata della sfera personale di queste persone. Anzi — un’invasione ingiustificata della sfera personale di tutti noi.
Eh sì, perché prima di extra-tassare gli ultra-ricchi, bisogna trovarli. E per trovarli non c’è altra soluzione se non assoggettare l’intera popolazione a meccanismi di sorveglianza di massa finanziaria, secondi come perversione solo all’atto di rubare al prossimo per portare avanti le proprie, opinabili e personalissime, battaglie politiche.
Privacy Chronicles non chiede sacrifici umani, né espropriazione violenta. Se ti piace, ti iscrivi, altrimenti amici come prima.
Vincerà ancora una volta l’etica sinistra1 che, giustificando ogni violenza, ritiene l’individuo sempre sacrificabile a favore di un fantomatico bene collettivo che non esiste? Ancora una volta vi convinceranno che è giusto sacrificare la vostra privacy e la proprietà di chi è colpevole di avere troppo per il bene comune?
Stai fermo, è per il bene di tutti
Avanti tutta sull’identità digitale nazionale
E se vi piace l’idea di rinunciare a privacy e proprietà per soddisfare la sete di sangue dei sinistri Dei Verdi, sarete molto felici di sapere che i lavori per l’identità digitale nazionale (e poi europea) proseguono a gonfie vele.
A me non piaceva lo SPID, così come non mi piace nessuno schema di identità digitale statale. Devo però ammettere che era il male minore. D’altronde, lo diceva anche l’AGID. Abbiamo bisogno di SPID, perché:
Principio della libertà di scelta dell'utente. Ogni cittadino potrà scegliere l’IdP che vorrà e smettere di usare un provider se lo desidera.Nessuna banca dati centralizzata delle identità. Per proteggere la privacy degli utenti, ogni IdP sarà responsabile dello svolgimento in modo sicuro delle attività connesse, mentre ogni service provider – pubblico o privato – avrà accesso solo ai dati di cui ha bisogno per erogare il servizio.
Libertà di scelta e privacy? Nossignori, non scherziamo. È stato bello finché è durato ma ora si tira dritto: nessuna libertà di scelta e nessuna privacy. Sarà papà Stato a gestire tutto e avere il monopolio assoluto sulle nostre identità.
Non abbiate fretta però, il vero giro di boa lo avremo quando finalmente l’agenda climatica potrà usufruire di un’identità digitale unica per ogni singolo cittadino europeo. L’extra-tassazione dei super-ricchi sarà un bel ricordo lontano.
Meme del giorno
In Italia è più intorno al 60%
Citazione del giorno
When plunder becomes a way of life for a group of man in a society, over the curse of time they create for themselves a legal system that authorizes it and a moral code that glorifies it.
Frédéric Bastiat
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Agenda climatica? Sorveglianza e controllo, una distopia eco(in)sostenibile
L’agenda comun…ehm - climatica - è ormai a pieno regime, e purtroppo si porta dietro un tale carico di sorveglianza di massa e controllo sociale che anche i meno sensibili tra voi dovrebbero, forse, iniziare a preoccuparsi. I segnali, convergenti tra loro, sono ovunque - anche se sparpagliati e apparentemente separati l’uno dall’altro…
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6 months ago · 11 likes · 1 comment · Matte Galt
3. fig. Infausta, sfavorevole, avversa (per il prevalere, nelle antiche tradizioni popolari, della credenza che gli auspìci provenienti da sinistra fossero di cattivo augurio): presagi s., tempi s.; che fa presagire sventure e danni, lugubre.
Migranti: Gruppo Wagner, arma di distrazione di massa
Però dobbiamo riconoscerlo, noi italiani abbiamo proprio tutte le fortune! È vero ci siamo trovati a dover fare i conti con questo governo di strani personaggi molto legati, troppo legati, troppissimo (se si potesse dire) legati al periodo pessimo del fascismo – una volta si diceva il deprecato ventennio- ma insomma tutto sommato non ci possiamo lamentare. […]
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Caccia di sesta generazione. Giovedì il vertice Crosetto-Wallace-Hamada
Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, è in Giappone, dove giovedì incontrerà gli omologhi britannico, Ben Wallace, e giapponese, Yasukazu Hamada. Il vertice trilaterale servirà per discutere del futuro del Global combat air programme (Gcap), il caccia di sesta generazione che i tre Paesi stanno sviluppando insieme, destinato a sostituire i circa novanta caccia F-2 giapponesi e gli oltre duecento Eurofighter di Gran Bretagna e Italia. Per il Paese del Sol levante si tratta della prima grande collaborazione industriale nel settore della Difesa al di fuori degli Stati Uniti dalla Seconda Guerra Mondiale.
Il programma congiunto
L’avvio del programma congiunto risale a dicembre del 2022, quando i governi dei tre Paesi hanno concordato di sviluppare insieme una piattaforma di combattimento aerea di nuova generazione entro il 2035. Nella nota comune, i capi del governo dei tre Paesi sottolinearono in particolare il rispettivo impegno a sostenere l’ordine internazionale libero e aperto basato sulle regole, a difesa della democrazia, per cui è necessario istituire “forti partenariati di difesa e di sicurezza, sostenuti e rafforzati da una capacità di deterrenza credibile”. Grazie al progetto, Roma, Londra e Tokyo puntano ad accelerare le proprie capacità militari avanzate e il vantaggio tecnologico.
Il Tempest
Il progetto del Tempest prevede lo sviluppo di un sistema di combattimento aereo integrato, nel quale la piattaforma principale, l’aereo più propriamente inteso, provvisto di pilota umano, è al centro di una rete di velivoli a pilotaggio remoto con ruoli e compiti diversi, dalla ricognizione, al sostegno al combattimento, controllati dal nodo centrale e inseriti in un ecosistema capace di moltiplicare l’efficacia del sistema stesso. L’intero pacchetto capacitivo è poi inserito all’intero nella dimensione all-domain, in grado cioè di comunicare efficacemente e in tempo reale con gli altri dispositivi militari di terra, mare, aria, spazio e cyber. Questa integrazione consentirà al Tempest di essere fin dalla sua concezione progettato per coordinarsi con tutti gli altri assetti militari schierabili, consentendo ai decisori di possedere un’immagine completa e costantemente aggiornata dell’area di operazioni, con un effetto moltiplicatore delle capacità di analisi dello scenario e sulle opzioni decisionali in risposta al mutare degli eventi.
Tokyo spinge sulle riforme
Per Tokyo, il Gcap è il primo progetto a tre con due membri della Nato, e il primo dedicato alla difesa sviluppato con nazioni diverse dagli Stati Uniti, l’alleato di sicurezza principale del Giappone. I tre responsabili della Difesa dei tre Paesi potrebbero anche avviare una discussione per esplorare la possibilità di esportare il nuovo caccia ad altri Paesi. In particolare, il governo giapponese starebbe lavorando a una revisione delle regole della nazione sulle esportazioni di attrezzature di difesa, particolarmente rigide in Giappone. Un intento dichiarato anche nella recente Strategia di sicurezza nazionale, aggiornata a dicembre. La misura si inserisce anche nel progetto del gabinetto di Fumio Kishida di modificare le norme pacifiste della Costituzione del Giappone.
DSEI Japan
L’incontro avviene in concomitanza con DSEI Japan, la manifestazione dedicata al settore della Difesa integrato che si terrà a Chiba dal 15 al 17 marzo. All’evento saranno presenti tutte le principali aziende responsabili del progetto Gcap come la giapponese Mitsubishi Heavy Industries e la britannica BAE Systems, compreso il consorzio italiano che coinvolge Avio Aero, Elettronica, MBDA Italia e Leonardo. Oltre a queste, il programma vede la partecipazione dell’intera filiera della Difesa nazionale, coinvolgendo anche università, centri di ricerca e Pmi nazionali.
Il #fediverso è già morto? Il post di @informapirata
Il #fediverso è morto?
#Cloudflare, #TumbIr, #Flipboard, #Automattic e #Meta dicono di no...
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Il fediverso è già morto?
Contrariamente a quanto viene affermato sulla base di un semplice rallentamento della crescita esponenziale dei nuovi iscritti a Mastodon, che per alcuni blogger è una specie di sinonimo di Fediverso, alcuni indizi ci dicono che, mentre le bigtech (prive dell’iniezione di dollari a tasso inferiore allo zero) licenziano dipendenti e ridimensionano la propria struttura, il Fediverso non stia messo...
Dal servizio di aggornamento curato da @N_{Dario Fadda} :unverified:
ransom.insicurezzadigitale.com…
DRM - Dashboard Ransomware Monitor
An italian project to tracking cyber gangs and store results in MySQL database to generate free RSS feedsransom.insicurezzadigitale.com
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Nuovo budget per il Pentagono. Ecco cosa prevede per ciascuna Forza armata
Il Pentagono ha presentato il suo piano di spesa, dettagliando la richiesta di budget per la Difesa proposta dalla Casa Bianca al Congresso. L’amministrazione Biden ha infatti chiesto 842 miliardi di dollari per il dipartimento della Difesa, un aumento del 3,2% (circa 25 miliardi) rispetto agli 817 stanziati per l’anno in corso, da destinare soprattutto ai nuovi sistemi unmanned, caccia, missili ipersonici e sottomarini. “La richiesta di bilancio del presidente – ha spiegato il segretario alla Difesa, Lloyd Austin – fornisce le risorse necessarie per affrontare la sfida della Repubblica popolare cinese, le minacce avanzate e persistenti, accelerare l’innovazione e la modernizzazione e garantire la resilienza operativa in un clima in continuo cambiamento”.
Army
Partendo dalle forze di terra, lo US Army ha richiesto 185 miliardi e mezzo di dollari per il proprio budget, ritenuti necessari per mantenere una forza di 452mila militari, lo sviluppo di nuovi sistemi d’arma e aumentare la propria presenza nel quadrante indo-pacifico. La previsione per l’Esercito è in realtà poco più alta di quella prevista per l’anno in corso, aggiustata soprattutto per far fronte alla inflazione prevista sul Pil statunitense. In particolare, a essere finanziati sono i programmi di acquisizione, ricerca e sviluppo delle piattaforme di prossima generazione. Circa 944 milioni di dollari saranno destinati alla ricerca sulle armi ipersoniche a lungo raggio, con ulteriori 157 milioni per la fase di procurement, 550 milioni andranno ai missili a medio raggio e 657 per i missili di precisione PrSM. Importante anche il programma del Future vertical lift, con la forza armata che ha assegnato 458 milioni alla gara del Future attack reconnaissance aircraft (Fara), l’elicottero d’assalto di prossima generazione che dovrà sostituire l’AH-64D Apache, a cui Sikorsky partecipa con il proprio modello RaiderX.
Navy
Con la nuova richiesta di bilancio il dipartimento della Marina richiede circa 255 miliardi di dollari, 202 destinati alla US Navy e 53 al corpo dei Marines. Nel 2024 la Marina ha deciso di dare priorità all’acquisto di nove navi da combattimento, il secondo sottomarino classe Columbia, due classe Virginia, due cacciatorpediniere classe Arleigh Burke, due fregate classe Constellation (prodotte insieme all’italiana Fincantieri), una nave rifornimento classe John Lewis e un nuovo tender per sottomarini. Per quanto riguarda le piattaforme navali, la Us Navy prevede lo sviluppo di una nuova arma ipersonica e l’acquisto di ulteriori 88 velivoli, tra cui gli F-35. I fondi finanzieranno anche quattro programmi di munizioni con missili standard, d’attacco, antinave a lungo raggio e aria-aria. Per quanto riguarda lo sviluppo dei programmi del futuro, la Marina investirà sul caccia di nuova generazione F/A-XX, sul sottomarino SSN(X) e sul cacciatorpediniere di nuova generazione.
Marines
Meno fondi, invece, per le unità dei Marines, con il dipartimento che ha deciso di non richiedere alcuna nave per la guerra anfibia, una decisione attesa ma destinata ad essere controversa, con il Congresso che ha recentemente ricevuto uno studio congiunto Marina-Marines in cui si delineavano le necessità di navi di classe L per la flotta. In particolare i vertici del Corpo dei Marines hanno sottolineato l’esigenza di avere almeno 31 navi anfibie. Invece, il budget ha previsto una pausa nell’acquisto di nuove unità per consentire alla Marina di valutare sia il numero di navi sia le capacità necessarie di tali vascelli. Di fronte a questa decisione, i Marines mettono in guardia dal rischio che un numero esiguo di questo tipo di unità mette l’intera capacità anfibia degli Stati Uniti in pericolo.
Air force
Per l’Aeronautica, invece, sono previsti 185,1 miliardi di dollari, una richiesta che andrà soprattutto verso lo sviluppo delle nuove capacità, a partire dal programma del caccia di sesta generazione Next generation air dominance (Ngad) e relativi sottosistemi unmanned. Per l’Usaf si tratta di quasi cinque miliardi e mezzo in più rispetto al budget attuale. In particolare, i fondi per la ricerca e sviluppo raggiungono i 36,2 miliardi, un aumento di quasi il 10%. Trenta miliardi, invece, andranno al procurement, con 4,7 solo per i missili. Nel piano dell’Air force, inoltre, è previsto anche un corposo programma di ritiro dal servizio di diversi velivoli meno aggiornati, e che rischiano di assorbire troppe risorse rispetto alle necessità operative di avere mezzi sempre all’avanguardia. Tra questi compare l’A-10 Warthog, un mezzo che l’Usaf ha cercato più volte di mandare in pensione, trovando però l’opposizione del Congresso. Naturalmente, i pensionamenti saranno bilanciati da una campagna acquisti di un centinaio di nuovi aerei, tra cui 72 caccia, di cui 48 F-35. Per quanto riguarda l’Ngad, invece, l’Usaf ha richiesto due miliardi di dollari, prevedendo di acquistarne un primo lotto da duecento velivoli.
Space force
Un aumento del 12%, quasi quattro miliardi, anche per la Space force, l’ultima nata tra le Forze armate a stelle e strisce, che vede il suo budget arrivare a trenta miliardi di dollari, concentrati soprattutto nella ricerca e sviluppo e nei sistemi di allarme e tracciamento anti-missile. L’incremento riflette in particolare il focus della forza spaziale di rimanere sempre davanti al suo principale avversario, la Cina, che sta modernizzando molto rapidamente il proprio arsenale spaziale. L’obiettivo dell’Ussf è anche quello di costruire una infrastruttura orbitale maggiormente resiliente, in modo da mitigare i potenziali rischi. Rispetto ai sistemi anti-missile, i fondi andranno a due famiglie di satelliti per l’orbita bassa (Leo) e media (Meo). Circa due miliardi e mezzo, meno di quanto previsto con l’ultimo budget, andranno invece a una costellazione di satelliti in orbita geosincrona per la sorveglianza. Il motivo di questa riduzione è stato dato dal segretario per l’Aeronautica (che gestisce anche l’Ussf), Frank Kendall: “la missione è identificare le navi anfibie dirette su Taiwan, non leggere le targhe auto dallo spazio”, un obiettivo raggiungibile anche con meno fondi.
Chi ha fatto fallire la Silicon Valley Bank e cosa succederà adesso?
Venerdì 10 marzo, la Silicon Valley Bank (SVB), con sede in California, è stata costretta a chiudere. SVB è stata tra le prime 20 banche statunitensi per attività. Il suo crollo è stato il secondo più grande fallimento bancario nella storia degli Stati Uniti. Chi potrebbe aver causato il crollo di SVB? Esaminiamo uno per uno i potenziali […]
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La Gran Bretagna di Sunak, i rifugiati e la fine della democrazia liberale
Tutto quello che ho per difendermi è l’alfabeto; è quanto mi hanno dato al posto di un fucile (Philip Roth) “Fermate il mondo voglio scendere” urlavano, urlavamo, i pacifisti e tanti giovani intrisi di ideali sogni speranze nei faticosi difficili pericolosi anni ’70. Anni di terrorismo bombe ideali di un mondo ancora lontano e perciò più […]
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Drogati
Forse l’espressione “speculare sui morti” non è fra le più raffinate, specie se usata stando al governo, ma ha ragione la destra che accusa la sinistra di utilizzare il tema dell’immigrazione e dei morti per far propaganda. Proprio come la destra fece nei confronti della sinistra, accusandola di attirare disperati ed essere complice degli scafisti, provocando morti. Naturalmente tale scambio di elevatezze insensate non risolve nulla, ma la tentazione di fare all’altro quel che non vuoi sia fatto a te è così forte da tacitare ogni diverso richiamo. Purtroppo il tema dell’immigrazione non è isolato. Guardiamo a quel che succede sul fronte della giustizia, accogliendo con interesse le parole del sottosegretario, Andrea Delmastro: tiriamo fuori i drogati dal carcere e mandiamoli in comunità. Tesi che ha una storia istruttiva. Vale la pena conoscerla.
Oggi il 30% circa dei detenuti è tossicodipendente. Nessuno è in carcere in quanto drogato, perché drogarsi non è un reato. Ma, a parte il caso di chi fa lo scassinatore e si droga, resta il fatto che per comprare la droga servono i soldi e se non li hai o li hai finiti provvedi commettendo reati. E finisci in carcere. Dice Delmastro: visto che le carceri sono sovraffollate e i drogati starebbero meglio dove li si aiuti a smettere, mettiamoli in comunità. Quello del sovraffollamento è un problema serio, però anche l’approccio sbagliato, parlando di droga. Ma perché una cosa così ovvia non si è già fatta? Questo è il bello.
La proposta di legge per mandare i drogati in comunità e non in carcere fu presentata nel 1984. La firmò l’onorevole Mimmo Pellicanò, appositamente scelto mediano e in solitario, dato che la legge nasceva dal lavoro che avevamo fatto con la Lenad di Piera Piatti (ed altri) e con Vincenzo Muccioli. Andammo a parlare con tutti, da Giorgio Almirante a Luciano Violante, e molti dei nostri interlocutori convenirono e presero parte ad eventi pubblici. Restavano delle differenze, come è bene, ma se il dibattito fosse stato quello che animavamo, la proposta sarebbe divenuta legge nel 1985. Non lo divenne mai. Perché per i sinistri le comunità erano luoghi chiusi e totalizzanti (invece la prigione era bella aperta e socializzante) e per i destri la galera era il meno da augurare a chi corrompeva i giovani e le piazze. Per i sinistri eravamo repressivi e per i destri lascivi. Risultato che vararono il principio della “modica quantità”, con cui la sinistra (assieme alla Dc) pensava di salvare i drogati dal carcere, ma salvando in quel modo il piccolo spaccio, mentre la destra si distinse per lo sport ancora in voga: il rialzo della pena. Nel frattempo molti giudici decidevano di mandare i drogati in comunità, ai domiciliari, mentre altri mandavano in galera i gestori delle comunità, perché s’ostinavano a trattenere quelli mandati da loro agli arresti.
Il governo, però, non ricominci come se 40 anni non fossero passati, perché è cambiata la realtà ed è rimasta uguale l’esigenza. Allora la droga più diffusa era l’eroina, oggi le amfetamine in pasticca (l’eroina spesso torna per far “calare” l’effetto di amfetamine e cocaina). Questo cambia i drogati, che cominciano molto più giovani, e cambia la mitica “crisi d’astinenza”, che non è affatto il problema più grosso. Dice Delmastro che vanno mandati in comunità per essere disintossicati, ma anche questa è cosa minore. Il problema non è togliere la droga, ma metterci dell’altro: voglia di vivere, motivazioni, capacità di lavorare, dignità di un ruolo. Se si fallisce ritorneranno in cella, sicché lo sfollamento sarà temporaneo.
E no, non comincino a parlare di <<patto con le Regioni>>, perché oltre che dalla faziosità insensata la politica va disintossicata dalla dipendenza da miti e funzioni il cui conclamato fallimento è pari al sicuro sbattimento della vita da drogati. I drogati non vedono alternativa e la politica nemmeno, il che li spinge a commettere sempre gli stessi errori, pur sapendo che sono errori.
L'articolo Drogati proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Al sistema bancario Usa servono regole più stringenti
«Le banche saltano in aria per due motivi: carenze di liquidità o problemi di solidità patrimoniale. Ho il sospetto che per questa banca americana sia avvenuto il combinato disposto dei due».
Il numero uno dell’Abi, Antonio Patuelli, ha una visione privilegiata del sistema del credito e mantiene i nervi saldi di fronte alla grande tempesta di Silicon Valley Bank.
Presidente, la vicenda ha radici lontane: è stato Donald Trump ad alzare il tetto per gli attivi di banche come Svb, rendendo meno severi i controlli voluti da Barack Obama.
«Questa banca era stata esonerata da rispettare i requisiti di liquidità, ma la deregulation negli Stati Uniti viene da lontano: è stata una delle cause prima della crisi dei subprime poi del grande crac di Lehman Brothers e ora di Svb».
Basilea 3 impone alle banche europee soprattutto un equilibrio tra attivi e passivi.
«Certo, e la capacità di equilibrio è stato un errore per Svb, perché con una raccolta molto breve non si possono fare investimenti finanziari troppo a lunga scadenza e di conseguenza, per ragioni di liquidità, hanno venduto parte del portafoglio finanziario, cosa che ha portato minusvalenze nel patrimonio, innestando l’aggravamento della crisi».
Il rialzo repentino dei tassi ha cambiato lo scenario: Svb, come altri, era abituata a investire intitoli con redditività elevata causata da un lungo periodo di tassi negativi.
«Vero. Le banche sono società di estrema complessità, non hanno solo due piatti sulla bilancia —l’attivo e il passivo —, per cui l’equilibrio è qualcosa di estremamente complesso, ecco perché il lassismo è rischioso. Quando le banche centrali alzano i tassi di interesse, per gli istituti di credito non è una festa generalizzata. I vantaggi si vedono subito e sono l’aumento dei ricavi, ma gli svantaggi si vedono solo più tardi: la crescita del costo della raccolta e le minusvalenze appunto sui portafogli titoli e le crisi di imprese che si traducono in insolvenze e sofferenze».
Il governatore Ignazio Visco e il consigliere del direttivo Bce Fabio Panetta continuano a chiedere prudenza nell’aumentare i tassi.
«Sono totalmente d’accordo con loro: le manovre sui tassi siano operate con prudenza. Il problema è avere per tutto l’Occidente regole identiche e non norme diverse che favoriscono qualcuno ma non impediscono la crescita delle difficoltà. Chiediamo che le regole sulle due sponde dell’Atlantico siano applicate in maniera identica per ragioni di uguaglianza e presupposti di concorrenza, competitività, prudenza e vigilanza. Semmai da noi c’è un eccesso di regolamentazione mentre le crisi vengono sempre da “Oltremare”». Gli stress test allora servono. «Le regole rigide fanno bene! Sono come le terapie preventive: si sopporta lo sforzo, ma poi se ne hanno benefici».
C’è un rischio sistemico per l’Italia?
«Solo le autorità di vigilanza e il ministro dell’Economia, in quanto presidente del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio, possono avere un quadro completo. Ho letto dichiarazioni rassicuranti di Giorgetti che condivido sulla base di ragionamenti. Primo: Lehman Brothers era una crisi sistemica di una tra le banche più grandi, cosa che non è Svb. Secondo: da Lehman è passato un quindicennio, un periodo usato bene in Europa e Italia per realizzare l’Unione bancaria con la vigilanza unica che ha portato all’aumento delle soglie di patrimonio indispensabile. Terzo: le nostre banche hanno 400 miliardi investiti in titoli di Stato che producono riserve di liquidità e il rischio minusvalenza si combatte con portafogli obbligazionari non a lunghissima scadenza». «La possibilità di un impatto indiretto è qualcosa che dobbiamo monitorare», ha detto Gentiloni. «Saggio Gentiloni, non a caso è commissario economico dell’Ue. Gli effetti indiretti si vedono già da venerdì con andamenti flettenti nelle Borse in Europa». Forse il vero pericolo viene dall’inflazione. «Le imprese hanno già iniziato a ritirare depositi. A seconda delle necessità e delle possibilità, nel senso che costando di più le attività finanziarie per il rialzo dei tassi cercano di aver meno bisogno di prestiti, vediamo che i crediti alle aziende non crescono molto. Auspico quindi che, dopo Svb, la Bce faccia una riflessione in più rispetto alla decisione già annunciata di aumentare ancora i tassi».
L'articolo Al sistema bancario Usa servono regole più stringenti proviene da Fondazione Luigi Einaudi.