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Tra colpa e innocenza: la metamorfosi politica della guerra


Nel 2012, a Nataruk, una trentina di chilometri dal lago Turkana in Kenia, furono rinvenuti i poveri resti di 21 adulti e 6 bambini trucidati. Ignota la mano come ignoto il motivo della strage. Solo la data venne ricostruita con sufficiente precisione: 10.000 anni fa. Quella di Nataruk rimane dunque la prima testimonianza scientifica di […]

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La Russia di Putin è ormai “vassalla” della Cina

@poliverso

C'era grande attesa per l'incontro tra Xi Jinping e Vladimir Putin. Mosca ha accolto l’alleato con tutti gli onori del caso ma soprattutto ha mostrato con ancora più evidenza come ormai il rapporto tra le due potenze sia completamente squilibrato a favore di Pechino.

valigiablu.it/xi-putin-summit-…

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Il diritto alla felicità


Ogni anno ed in tutto il mondo, il 20 marzo si celebra la Giornata Internazionale della Felicità, istituita dall’Assemblea generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU). Nel documento istitutivo si legge che, scopo della giornata, è quello di pro

Ogni anno ed in tutto il mondo, il 20 marzo si celebra la Giornata Internazionale della Felicità, istituita dall’Assemblea generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU). Nel documento istitutivo si legge che, scopo della giornata, è quello di promuovere la ricerca della felicità da parte di ogni individuo e incentivare lo “sviluppo sostenibile, l’eradicazione della povertà, la felicità e il benessere di tutte le persone”.

L’ONU ogni anno stila un rapporto fitto di dati da cui emerge che, in base ai parametri tenuti in considerazione (ad es. aspettative di vita, la libertà di fare le proprie scelte di vita, la percezione della corruzione, l’assistenza sociale), i cittadini più felici al mondo sono quelli della Finlandia, seguiti da quelli della Danimarca e poi, al terzo posto, quelli islandesi. L’Italia figura al 31° posto della classifica. Ma come può uno stato contribuire ad assicurare la felicità dei propri cittadini?

Nell’opera “La scienza della legislazione” del 1780, il giurista napoletano Gaetano Filangieri, afferma che «le buone leggi sono l’unico sostegno della felicità nazionale». Dunque, secondo questa tesi di stampo illuminista, è lo stato che, attraverso le sue articolazioni istituzionali, può garantire la felicità dei suoi consociati. Questa teoria è ripresa da Benjamin Franklin (con il quale il Filangeri ebbe una fitta corrispondenza) che la trasfuse nella Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America del 4 luglio 1776, nella quale si legge che «tutti gli uomini sono creati uguali; che essi sono dal creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti vi sono la vita, la libertà e il perseguimento della felicità». Questo concetto viene ripreso dalla Dichiarazione francese sui diritti dell’uomo del 1789, dove all’art. 1 si legge che il fine delle istituzioni pubbliche è rappresentato dalla «felicità di tutti».

Il riconoscimento del diritto al perseguimento della felicità, quale fine principale del legislatore, è presente anche nell’art. 13 della Costituzione dell’Impero giapponese del 1946, che testualmente recita «tutte le persone saranno rispettate come individui ed il loro diritto alla vita, alla libertà ed al perseguimento della felicità, entro i limiti del benessere pubblico, costituiranno l’obiettivo supremo nella legislazione e negli affari di governo».

E nel nostro paese? L’art. 3 della nostra Costituzione, a differenza dello Statuto Albertino del 1848 che faceva riferimento alla “Nazione felice” non riconosce espressamente la felicità degli individui quale diritto, ma stabilisce che è compito dello stato rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona.

Occorre che ciò sia realizzato come premessa generale per il conseguimento di uno stato di benessere individuale, ma poi è compito di ciascuno attivarsi per realizzarlo, anche magari semplicemente seguendo Voltaire che amava dire «ho deciso di essere felice perché fa bene alla mia salute».

Libero

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Paolo Ferrero* Biden è riuscito a compiere un discreto miracolo: ha cementato una grande alleanza tra Cina e Russia, alleanza che ha un corrispettivo geopol

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Papa Francesco: alle radici della sua elezione


Non crediamo mai abbastanza a ciò in cui non crediamo (M. Conte S. 2004) «La Chiesa è chiamata ad uscire da sé stessa e ad andare verso le periferie, non solo quelle geografiche, ma anche quelle esistenziali: quelle del mistero del peccato, del dolore, dell’ingiustizia, quelle dell’ignoranza e dell’assenza di fede, quelle del pensiero, quelle […]

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Leak on Data Retention: What are the EU Governments planning for 2023?


At the end of November 2022, the »Working Party on Cooperation in Criminal Matters (COPEN)« of the Council of the European Union met for an informal video conference. They discussed … https://www.consilium.europa.eu/en/meetings/mpo/2022/11/informal-vtc-c

At the end of November 2022, the »Working Party on Cooperation in Criminal Matters (COPEN)« of the Council of the European Union met for an informal video conference. They discussed i.a.­ the retention of citizens’ communication data and other surveillance-related issues. Now German investigative journalist Andre Meister has published the documents (Mastodon/Twitter). In addition to the protocol of the meeting, the documents contain presentations by Belgium, Germany, Ireland and Portugal on the recent rulings of the EU Court of Justice and on national legislation.

Member of the European Parliament Patrick Breyer (Pirate Party, Greens/EFA group) comments:

“The leaked documents prove that indiscriminate retention of the entire population’s contacts and movements in the European Union continues to be pushed in the Council of the European Union, contrary to numerous Court rulings. National bulk data retention legislation in most EU Member States is illegal, including attempts to justify it with a ‘permanent state of emergency’ in France and Denmark, or with regional crime rates in Belgium. The bulk collection of information on the everyday communications and movements of millions of unsuspected people constitutes an unprecedented attack on our right to privacy and is the most invasive method of mass surveillance directed against the state’s own citizens. Mass surveillance is the opposite of what European values embody. The Commission now finally needs to end impunity and start enforcing our right to privacy throughout Europe!

The anecdotal results of data retention policies are nowhere close to the damage the chilling effect of this surveillance weapon inflicts on our societies, as a recent survey found. Data retention laws have no measurable effect on the crime rate or the crime clearance rate in any EU country. Requests for communications data are rarely unsuccessful even in the absence of indiscriminate data retention legislation. The clearance rate for cybercrime in Germany, for example, is at 58.6% and above average even without IP data retention. It fell when data retention legislation was enacted in 2009.

In the EU I observe a dangerous cycle in which national governments use all sorts of tricks to keep illegal mass surveillance going. In doing so, they disrespect rulings of the highest courts. The rule of law in the EU and the fundamental rights of citizens suffer from the surveillance greed of governments and law enforcement agencies. The EU Commission is standing idly by. The persistent violation of fundamental rights, circumvention of case-law, pressuring of judges and ignorance of facts is an attack on the rule of law we need to stop. The EU Commission now finally needs to do its job and start enforcing the landmark rulings, instead of plotting to bring back data retention.

Twisting EU rulings into mass surveillance

The Working Party meeting was preceded by several decisions of the EU Court of Justice declaring indiscriminate retention of citizens’ communications data to be unlawful (in October 2022, the SpaceNet (C-793/19) and Telekom (C-794/19) cases and the Advocate General’s Opinion in the La Quadrature du Net and others case (C-470/21), and in September 2022, the VD (C-339/20) and SR (C-397/20) cases). Exceptions to the ban on blanket mass surveillance are only allowed under strict conditions.

However, the Belgian government had adopted a new law in 2022, which it presented at the Working Party meeting. The law represents a new generation of data retention legislation (discussion on media.ccc.de) which, formally, pretend to meet the requirements of the EU court, but in practice and de facto, continue the blanket mass retention annulled by the Courts. Similar to Belgium, the majority of EU member states, including Ireland (thegist.ie), France (Patrick Breyer)

and Denmark (itpol.dk), are pushing this policy of maximum surveillance instead of working on measured and targeted solutions. For example, the governments of the Netherlands and Bulgaria have stressed that, in their view, the general and indiscriminate retention of communications data of all citizens “is the least intrusive measure.” The consequence of this policy is a crisis of the Rule of Law in the European Union as a result of continued non-compliance with rulings of the highest EU Court.

ePrivacy: Governments want “general basis” for mass surveillance

In the Council documents, the French government calls for an exemption from the

scope of the ePrivacy Regulation in the name of national security, especially for the work of intelligence services, which would allow for blanket retention even in the absence of a present or forseeable threat to national security.

The currently negotiated ePrivacy Regulation is to replace the 2002 Directive in the future and protect citizens from data collection, tracking and surveillance. (Background information, positions of the Commission, the Council and the Parliament, as well as the possibility to comment on it at patrick-breyer.de).

France wants a “general basis” for data retention to be introduced in the ePrivacy Regulation, which would later serve as a legal framework for laws on mass surveillance of the entire population throughout the EU or in individual EU member states. The governments of Spain, Belgium and the Netherlands support this plan. The Parliament of the European Union, however, rejects this proposal. There are alternatives, for example with the Quick Freeze concept, meaning a immediate storage order upon given cause, which interferes less with fundamental rights. Austria already uses the procedure, and Germany’s Federal Minister of Justice Marco Buschmann wants tointroduce it.

Dispute: EU-wide definition of “serious crime”

In the Council session, the Commission of the European Union reported on the draft European Media Freedom Act, which is intended to regulate “the independence of the media”, “the cooperation of regulatory and supervisory bodies”, “state advertising” and “the rights of media providers” in the future. The governments of Spain, France, Bulgaria, Belgium and Italy were very concerned that the draft law contains a definition of “serious crime” in Article 2. In his Opinion on a pending judgment on an action brought by the French NGO (C-470/21) La Quadrature du Net, Advocate General Szpunur writes: “The concept of ‘serious crime’ must, in my view, be interpreted autonomously. It must not depend on the views of the individual Member States (…)” (see also edri.org). The French government, in particular, wants to “vigorously oppose (…) this request.”

What would that mean?

A possible definition of “serious crime” in the European Media Freedom Act would have to be be negotiated. Whether and for what purpose it would be necessary would also have to be discussed by the EU Parliament. If it were to be adopted with the law, it would not directly applicable to the subject of data retention. From the point of view of the individual EU member states, the definition would cover more, fewer or at least different offences than those provided for in the respective national law. This could be one reason why Paris rejects an EU-wide definition. With regard to the issue of data retention, there is a risk that the Commission could use such definition to table a new proposal for EU-wide mass surveillance. For such a definition would settle one of several points of contention between governments. On the other hand, some governments may find the proposed definition too narrow.

Spyware in journalism and the media

Article 4 of the draft European Media Freedom Act deals with criminal investigations and surveillance. More specifically, it deals with the question of the protection of journalists’ sources and the use of spyware in journalism. According to the protocol, the Commission of the European Union favours the use of such software and argues that the protection of journalists’ sources is maintained as long as it is “case-based” surveillance.


patrick-breyer.de/en/leak-on-d…


Der EuGH hat letztes Jahr (mal wieder) geurteilt, dass die Vorratsdatenspeicherung laut EU-Recht illegal ist. Die EU-Staaten diskutieren trotzdem weiter, wie sie die anlasslose Massenüberwachung irgendwie legalisieren können. Das geht aus einem Protokoll zur Rats-Arbeitsgruppe "Zusammenarbeit in Strafsachen" hervor, das wir veröffentlichen: netzpolitik.org/wp-upload/2022…


Rèvolte


Ciò che accade in Francia non è conseguenza della riforma pensionistica. Che è mite. Nell’originario vino macroniano è stata versata tanta acqua. Le pensioni sono soltanto l’occasione di una rivolta contro la realtà, di un’aggressività che nasce dalla pau

Ciò che accade in Francia non è conseguenza della riforma pensionistica. Che è mite. Nell’originario vino macroniano è stata versata tanta acqua. Le pensioni sono soltanto l’occasione di una rivolta contro la realtà, di un’aggressività che nasce dalla paura, di un ribaltamento che affianca l’estrema destra all’estrema sinistra. In Francia è scoppiato un bubbone il cui pus è in ciascuna delle nostre società europee e più generalmente occidentali.

Il presidente francese sapeva di andare allo scontro, senza neanche la certezza di spuntarla (per ora). Una scelta l’aveva; sarebbe bastato mollare dell’altro, attenersi al manzoniano conte zio: «sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire». E Manzoni ci serve per capire, giacché in ballo c’è quel che molti governanti italiani, nel tempo, non hanno creduto esista: la storia. Molti francesi invece sì, ci credono. E se avesse mollato, Macron sarebbe stato considerato un inerte mollusco non appena il banco delle pensioni fosse saltato. Perché saltano tutti quei sistemi – anche da noi – se la leva demografica negativa s’accompagna alla prodigalità pensionistica in conto a figli che non esistono. Macron ha scelto lo scontro. Sarebbe interessante sapere cosa ne pensi quella sinistra italiana che ieri si sdilinquiva innanzi al presidente capace di mettere sotto scacco la destra sovranista.

Ma la révolte nasce da altro, perché quella riforma non è poi così dura e semmai toglie qualche privilegio corporativo messo in conto a tutti i lavoratori francesi. Che dovrebbero festeggiare, non protestare. La révolte si alimenta di tanti rivoli che spingono una corrente. C’è la pretesa che vivendo in un Paese ricco ciascuno abbia diritto a una quota crescente di ricchezza, a prescindere dal proprio contributo a crearla. In questo noi siamo maestri, avendo intitolato alla “cittadinanza” un trasferimento di soldi del contribuente in cambio di niente. E c’è la paura, innescata dalla consapevolezza che la ricchezza è oggi tanta, ma potrebbe scemare. Specie se la si spende per finanziare il non lavoro. C’è l’antipolitica che abbraccia non una rivendicazione, quindi un interesse, ma tutte le rivendicazioni, quindi tutti gli interessi, anche in conflitto fra loro, purché siano “contro”. La destra francese lo ha fatto per anni, vestendo l’antieuropeismo e prendendo anche soldi da Putin, ma quell’abito ora è di moda nella sinistra mai stata responsabile di alcun governo o scelta. Difatti i loro voti convergono, pur facendo cilecca. Ci sono i falso pacifisti e i no-vax ri-rivoltosi, stessi indirizzi social. E ci sono sindacati e corporazioni che incassavano la rendita dell’intermediazione inconcludente. Macron avrebbe potuto assecondare questi ultimi, dividere le estreme, rinunciare a procedere e tirare a campare. Ha deciso di esistere, forte di una cosa sconosciuta in Italia: le elezioni le aveva vinte dicendo prima che avrebbe riformato le pensioni. Sta qui il buon esempio. Non aveva vinto negando, ma affermando. Lo aveva fatto in piazza, fra le proteste. Da noi sarebbe considerato elettoralmente suicida.

Per questa ragione lo scontro è coerente con i voti che prese, salvo non avere un partito forte e perdere poi le legislative. Non gli si contesta l’incoerenza, come capita a chi governa l’Italia, ma la coerenza.

Il che non toglie che la rivolta ci sia e che al riparo del consenso ci sia sì la presidenza della Repubblica, ma non il governo. E che dietro il governo non ci siano più i partiti politici (un’assenza che è il male diffuso delle nostre democrazie), con i loro apparati in grado di creare consenso, non solo di raccattarlo arlecchinescamente. A questo giro le barricate non le hanno fatte i rivoluzionari ma i conservatori in divisa da reazionari, anche se tinta di rosso. Ed è l’altra importante lezione: le rivolte, anche elettorali, le oscillazioni brusche, nascono dal provare a conservare il passato. Se non si torna a fare seriamente politica – anche facendo i conti con le pensioni, però – si cancella il futuro.

La Ragione

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Il piano arabo per la Siria mette in difficoltà Stati Uniti ed Europa


Una spinta degli alleati arabi degli Stati Uniti per salvare la Siria dal freddo mette in luce i limiti di un riavvicinamento mediato dalla Cina tra gli acerrimi rivali del Medio Oriente, l’Arabia Saudita e l’Iran. Progettata per creare un cuneo tra Siria e Iran, la spinta alla distensione è guidata dagli Emirati Arabi Uniti […]

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Cina: il Congresso nazionale del popolo rivela nuove iniziative e minacciosi avvertimenti


Appena una settimana prima di marzo, quasi 3.000 delegati si sono riuniti presso la Grande Sala del Popolo a Pechino per l’apertura della Quattordicesima Assemblea Nazionale del Popolo e, separatamente, della Conferenza Consultiva Politica del Popolo Cinese. Sebbene il Congresso nazionale del popolo sia, secondo la costituzione cinese, il più alto organo legislativo del paese, […]

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Il 23 marzo torna l’appuntamento mensile con L'Ora di Costituzione!

L'iniziativa sostenuta dal Senato prosegue con il ciclo di incontri per illustrare i principali articoli della Carta agli studenti.

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Gli Stati Uniti non possono salvare Taiwan dall’Honduras


Il 14 marzo, il Presidente dell’Honduras Xiomara Castro ha annunciato che sta prendendo provvedimenti per avviare relazioni diplomatiche ufficiali con la Cina, una mossa che reciderebbe i legami con Taiwan. L’Honduras è uno dei soli 14 Paesi che riconosce ancora diplomaticamente Taipei rispetto a Pechino, ma ora sembra destinato a cambiare. La situazione diplomatica di […]

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Russia – Cina: nella visita di Xi Jinping a Putin, gli Stati Uniti vedono solo minacce


L’attività di politica estera più popolare a Washington questa settimana sta lanciando l’allarme sulla visita di Xi Jinping a Mosca e su cosa potrebbe significare per un’alleanza sino-russa. Ma questo clamore minaccia di nascondere la complessità della situazione e, cosa più importante, la libertà d’azione che gli Stati Uniti hanno ancora per scongiurare una simile […]

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Il calvario giudiziario di Enzo Tortora raccontato dalla figlia Gaia


E’ in carcere, accusato di reati gravissimi e infamanti. Pochi, ancora, credono alla sua innocenza. Tanti si sono uniti al “crucifige” della procura di Napoli che ha dato credito a collaboratori di giustizia uno più falso dell’altro. Il suo è un “caso”, giudiziario e non solo che desta un tale clamore mai visto prima. […]

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La decisione del governo britannico di fornire munizioni all'uranio impoverito alle forze armate ucraine è l'ennesima prova del fatto che a Stati Uniti, Nato e


di Giovanni Russo Spena Sono addolorato per la morte di Citto Maselli, il compagno di partito a me più caro. Uno dei miei maestri. Un militante comunista di s


Prigionieri palestinesi in sciopero della fame contro Ben Gvir


Il ministro israeliano della Sicurezza Itamar Ben Gvir e leader dell'estrema destra, ha ordinato misure restrittive senza precedenti nelle carceri per porre fine a quella che definisce la «comoda detenzione» dei palestinesi. L'articolo Prigionieri palest

di Michele Giorgio

(foto di Physicians for Human Rights)

Pagine Esteri, 22 marzo 2023 – Le misure sempre più restrittive imposte nelle carceri israeliane dal ministro della Sicurezza Itamar Ben Gvir, alla fine hanno spinto i prigionieri politici palestinesi verso una protesta di massa. Ieri sera alcuni dei detenuti più noti, tra i quali Marwan Barghouti, Nael Barghouti e Mohammed al Tus (in prigione dal 1985), hanno cominciato un digiuno di protesta in anticipo sullo sciopero della fame che dovrebbe scattare oggi per gran parte degli altri prigionieri palestinesi (circa 5mila, centinaia dei quali non hanno mai subito un processo) mentre comincia il mese di Ramadan. La protesta – «Vulcano della libertà o del martirio» – è una risposta diretta alla decisione di Ben Gvir di «mettere fine» a quelle che per il ministro, uno dei leader dell’estrema destra israeliana, sarebbero le buone condizioni di vita, simili a un «campo estivo», di cui avrebbero goduto sino a qualche mese fa i prigionieri palestinesi.

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Ben Gvir ha ordinato di effettuare ispezioni continue nelle celle, controlli capillari, la chiusura dei forni che producevano pane per i detenuti e la revoca di altre misure che, sempre a suo dire, garantivano ai palestinesi una «comoda detenzione». Lo sciopero della fame, come è già accaduto per proteste simili nelle carceri, sarà accompagnato dalla mobilitazione di attivisti, forze politiche e famigliari dei detenuti. Già ieri si sono tenuti raduni seguiti da veglie notturne in diverse località cisgiordane.

Nel frattempo, la Knesset controllata dalla maggioranza di estrema destra religiosa che sostiene il governo Netanyahu, ha approvato lunedì notte un emendamento ad una legge del 2005 relativa al ritiro israeliano dalla striscia di Gaza e da quattro piccoli insediamenti coloniali nella Cisgiordania settentrionale, nelle vicinanze di Jenin. In base a questo emendamento, sarà lecito per i coloni israeliani tornare nelle aree dei quattro insediamenti abbandonati. Di fatto è l’annullamento del disimpegno (ritiro) israeliano dalla Striscia di Gaza voluto nel 2005 dal premier di destra Ariel Sharon, che includeva anche l’evacuazione e distruzione delle quattro piccole colonie. Un ritiro molto limitato – imposto dalla impossibilità per Israele di mantenere il controllo e la sicurezza delle sue colonie a Gaza durante la seconda Intifada palestinese – ma che la destra più radicale ha sempre chiesto di revocare. «Adesso – ha proclamato l’altra sera la deputata ultranazionalista Limor Son Har Melech – dobbiamo riedificare quei quattro insediamenti e anche tornare a casa nel Gush Katif», ossia nell’area di colonizzazione ebraica che fino al 2005 si trovava nel sud della Striscia di Gaza.

L’Unione europea ha condannato l’approvazione dell’emendamento da parte della Knesset. «La decisione di abrogare alcuni articoli della legge sul disimpegno del 2005 nel Nord della Cisgiordania è controproducente per gli sforzi volti a ridurre le tensioni e ostacola la possibilità di perseguire misure di rafforzamento della fiducia e creare un orizzonte politico per il dialogo. La decisione della Knesset è un chiaro passo indietro», ha protestato Peter Stano, portavoce dell’alto rappresentante Ue per la politica estera, Josep Borrell. Gli insediamenti, ha aggiunto, «costituiscono un grave ostacolo alla pace e minacciano la fattibilità della soluzione dei due Stati». Pagine Esteri

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Con uno stanziamento di 150 milioni di euro per il 2023, lo schema di decreto prevede l'istituzione di due figure professionali dedicate una a sviluppare la personalizzazione dell’istruzione nelle Scuole secondarie di II grado e l'altra a concretizza…


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Autonomia strategica e Difesa. Le lezioni ucraine per l’industria


L’indipendenza nazionale passa anche (e soprattutto) attraverso la sovranità tecnologica, un fattore cruciale in tutti i settori del sistema-Paese, ma che assume una valenza ulteriore nel caso della dimensione militare e del relativo comparto industriale.

L’indipendenza nazionale passa anche (e soprattutto) attraverso la sovranità tecnologica, un fattore cruciale in tutti i settori del sistema-Paese, ma che assume una valenza ulteriore nel caso della dimensione militare e del relativo comparto industriale. È quanto emerso nel corso del panel dedicato alla “Difesa e industria della Difesa”, parte del più ampio incontro organizzato dalla Fondazione Farefuturo, nel corso del quale si sono confrontati il presidente di Fincantieri e già presidente del Comitato militare dell’Ue, generale Claudio Graziano, e gli amministratori delegati di Elettronica, Domitilla Benigni, di Rheinmetall Italia, Alessandro Ercolani, e di Avio, Giulio Ranzo.

Consapevolezza della Difesa

In particolare, come registrato da Mauro Mazza, direttore editoriale di Farefuturo che ha moderato il panel, a un anno dall’invasione russa dell’Ucraina ci siamo accorti che “nulla è più come prima” e che la “nostra vita è cambiata, e non è stato un cambiamento in positivo”. Tutto questo ha modificato anche il senso e il ruolo della Difesa e della sua industria. Per il generale Graziano, infatti, il cambiamento era in atto già da tempo, e il 24 febbraio è servito solo per rendersene conto. “L’obiettivo del 2% del Pil alla difesa in ambito Nato o le iniziative europee di sicurezza erano in atto da prima del 2022” e l’invasione ha solo fatto tornare attuali parole come “guerra” e “ricerca della pace”. Tutto questo “richiede di essere preparati con maggiore consapevolezza nazionale”, come per esempio nell’avere sempre chiaro che “supportare l’Ucraina è un dovere, e che aiutando Kiev a difendersi, indirettamente difendiamo anche la nostra libertà”. Il nemico, per il generale, non è infatti direttamente ai nostri confini, ma poco al di fuori, in Ucraina e nel sud del mondo. Tutti questi problemi, tuttavia, non sono affrontabili da un solo Paese, ed è per questo che bisogna sostenere la costruzione di una Difesa europea e il rafforzamento di quella nazionale, in un’ottica di scala per cui, come l’architettura militar e l’autonomia strategica europea non sarebbe contro la Nato, ma per essere in grado di operare “da soli se necessario, insieme se possibile”, allo stesso modo la difesa nazionale dev’essere in grado di fare la stessa cosa con l’Ue e la Nato, ma rimanendo in grado di agire a sostegno dell’interesse nazionale italiano. “Questo lo si può fare solo con una industria forte, e per questo bisogna investire e far parte del quadro di sicurezza internazionale”.

La sfida digitale

Aspetto cruciale del nuovo scenario di sicurezza è l’emergere di nuove tecnologie e di nuovi domini di competizione, primo fra tutti quello del cyber-spazio. “La prima parte dell’invasione dell’Ucraina è stata una vera guerra ibrida, un guerra cyber” ha infatti registrato Domitilla Benigni, sottolineando quanto dal punto di vista della rete “siamo sotto attacco, in una situazione di pandemia digitale endemica, globale”, con una crescita esponenziale degli attacchi. Il problema sono i bassi costi degli attacchi, per cui servono solo competenze e software economici, e l’impossibilità di identificare con sicurezza la minaccia: “in una cyber-guerra non sai contro chi stai combattendo”. Di fronte a questa vera crisi digitale, la Nato ha inserito lo spazio cyber tra quelli coperti dall’articolo 5, per cui un Paese è autorizzato a rispondere a un attacco cyber come fosse convenzionale. L’Italia, però, non è rimasta a guardare “e ha accelerato sulle sue difese cyber” istituendo l’Agenzia per la cyber-sicurezza nazionale, implementando il perimetro di sicurezza cyber e costituendo presso il Comando operativo di vertice interforze il Comando operazioni in rete, il centro militare per operazioni cyber.

Vantaggio tecnologico

Naturalmente, cruciale per tutte queste sfide sarà la dimensione tecnologica, e il mantenimento di un costante vantaggio competitivo in termini di innovazione rispetto ai potenziali avversari. Tuttavia, “le tecnologie sono figlie di intuizioni e processi industriali” ha sottolineato Ercolani, registrando come se per le dottrine militari vale il principio quasi darwiniano di adattamento all’ambiente per il quale vengono sviluppate, lo stesso può dirsi per le tecnologie: “In assenza di un ambiente operativo per il quale testare, non sappiamo se funzionano”. Prima dell’invasione del 24 febbraio, in Europa in qualche modo era mancata l’idea di un ambiente che provasse l’efficacia delle dottrine e delle tecnologie. “Dalla guerra dobbiamo apprendere delle lezioni per il futuro, come il fatto che abbiamo ‘riscoperto’ che le guerre senza munizioni non si fanno”. L’Ucraina ha dimostrato come Europa (e Italia) non siano pronte ad affrontare le sfide del futuro da questo punto di vista. “Gli Usa producono 200mila colpi l’anno, numeri simili in Europa; in un giorno di guerra in Ucraina si sparano 9mila colpi al giorno, due milioni l’anno”.

Autonomie strategiche

Come confermato anche da Ranzo “il rateo di consumo di missili nel conflitto ucraino, in alcuni momenti di picco, ha superato in un giorno la produzione di un anno”. Una condizione che dovrebbe mettere in allarme sia l’Europa, sia gli Usa, “che pure hanno una produzione dodici volte superiore” a quella del Vecchio continente. Sono valutazioni, ha sottolineato ancora l’ad di Avio, che vanno fatte “in tempi calmi”. Come per gli attacchi cyber, “se ci si pone il problema della cyber-sicurezza dopo che un attacco è avvenuto, è troppo tardi”. La sovranità tecnologica, allora, è un qualcosa su cui ragionare quando si è in pace, per identificare “le aree da presidiare assolutamente, sia in Europa, sia a livello nazionale in modo da garantirci un contributo che non sia gregario, ma di leadership”. La guerra in Ucraina, allora, deve essere uno stimolo per ragionare sui diversi settori nei quali l’autonomia è necessaria. Ne sono esempi l’energia, “ma anche sul prossimo conflitto, più pericoloso, sui semiconduttori”, una risorsa scarsa e importante “posta sotto il rischio di indisponibilità perché concentrata in Paesi essi stessi oggetto di tensioni e contrasti geopolitici”.


formiche.net/2023/03/autonomia…



La prigionia di Julian Assange - Documentario a cura di Al Jazeera

@Pirati Europei

#JulianAssange
#UnitedStates
#WikiLeaks
In questo episodio di Fault Lines, esaminiamo cosa potrebbe significare il caso di Julian Assange per la libertà di stampa e le conseguenze che ha dovuto affrontare per la pubblicazione di segreti di stato. Nel 2010, il fondatore di WikiLeaks ha collaborato con altre organizzazioni mediatiche per pubblicare centinaia di migliaia di documenti statunitensi classificati sulle sue guerre in Iraq e Afghanistan. Rimane la più grande fuga di informazioni riservate fino ad oggi. È l'unico editore ad essere accusato per aver pubblicato questo materiale. Il cittadino australiano rischia una condanna a 175 anni ed è stato incriminato ai sensi dell'US Espionage Act per le attività che i giornalisti svolgono ogni giorno. È la prima volta che la legge viene usata contro un editore, facendo scattare un campanello d'allarme tra i sostenitori del Primo Emendamento. Nel frattempo, è detenuto nella prigione più dura del Regno Unito a causa di una richiesta di estradizione da parte degli Stati Uniti
ytb.trom.tf/watch?v=76In01TZyj…

Per chi vuole vederlo da YouTube


Here's a short documentary by AlJazeera about Julian Assange ytb.trom.tf/watch?v=76In01TZyj…

It is astonishing that we have a human who publishes materials (not obtained by him, but sent to him) via a public source like Wikileaks, materials that expose the murders and extreme abuse by a tribe, and the tribe is like "Yeah fuck off you criminal let's fuck you up for making these documents public!".

USA is probably the biggest worldwide abuser and killer overall. Yet they want to paint themselves as saints and saviors. And by "they" I mean the few who run that tribe.

Disgusting world.


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In Cina e Asia – Xi a Mosca: La Cina è dalla parte della pace”


In Cina e Asia – Xi a Mosca: La Cina è dalla parte della pace” xi jinping vladimir putin
Xi a Mosca: La Cina è dalla parte della pace"
La Russia risponde alla visita di Kishida in Ucraina
Gli Usa hanno condiviso intelligence con l'India durante gli scontri con la Cina
Hong Kong tra censura e arresti
Esercitazioni militari tra Cina e Cambogiano

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PRIVACY DAILY 74/2023


Il Governo Britannico chiamato in tribunale per l’uso dei dati personali dei migranti. L’alta Corte del Regno Unito è stata investita di un ricorso riguardante il trattamento dei dati personali dei migranti da parte dell’esecutivo. La Corte è chiamata a decidere in particolare se la cosiddetta “immigration exception”, che consente il trattamento dei dati personali... Continue reading →


COLOMBIA. Progressi e difficoltà della “Pace totale” del presidente Petro con le formazioni armate


Il giornalista Eduardo Celis Mendez ha spiegato all'Agenzia italiana Dire il punto a cui è giunta l’iniziativa lanciata dal presidente per la riconciliazione nazionale L'articolo COLOMBIA. Progressi e difficoltà della “Pace totale” del presidente Petro c

dell’Agenzia DIRE

(Membri del Clan del Golfo colombiano in una foto dal sito infobae.com)

Pagine Esteri, 22 marzo 2023Il Clan del Golfo, “l’organizzazione erede del paramilitarismo”, si sta dimostrando come previsto l’ostacolo più duro da affrontare per il governo del presidente Gustavo Petro nell’ambito della sua politica di ‘Pace totale’. Questo processo però “rappresenta una sfida enorme e necessaria e deve andare avanti”. L’analisi e l’auspicio sono del giornalista colombiano Eduardo Celis Mendez, ascoltato dall’Agenzia Dire dopo che il capo dello Stato ha reso nota la sospensione del cessate il fuoco bilaterale con il Clan del Golfo, uno dei tre gruppi militari con cui il governo aveva raggiunto una tregua a partire dallo scorso dicembre.

Petro ha comunicato la decisione al termine di un consiglio di sicurezza che si è svolto nel Bajo Cauca, sottoregione del dipartimento settentrionale di Antioquia, epicentro da oltre due settimane di una mobilitazione dei minatori denominata “Paro minero” che secondo il governo sarebbe finanziata e fomentata dal Clan. A determinare la rottura della tregua, primo passo della “Paz total” (la pace totale) al centro delle politiche del governo, un attacco “contro le forze di polizia” denunciato da Petro su Twitter. Stando a quanto riferito da media locali tra cui il quotidiano El colombiano, un attentato contro la forza pubblica si è verificato nel fine settimana lungo la strada che unisce Tarazà a Valdivia, località situate più di 100 chilometri a nord di Medellin, capoluogo di Antioquia e seconda città della Colombia. “Il Clan del Golfo è accusato dal governo di aver dirottato la mobilitazione dei minatori, che è reale”, spiega Mendez, consulente del think tank colombiano Fundacion Paz y Reconciliación, residente nella capitale Bogotà.

La milizia al centro dello scontro con il governo di Bogotà è stata fondata intorno al 2005 da ex dirigenti paramilitari e soprattutto dell’organizzazione armata nota come Autodefensas Unidas de Colombia (Auc), fra le protagoniste della fase più recente del conflitto che affligge la Colombia almeno dagli anni ’60. In una nota, il Clan ha respinto le accuse del governo, affermando di operare “con umilità, ma con dignità, in difesa degli interessi del popolo che ci ha appoggiato durante tutta la nostra esistenza”. L’organizzazione ha chiarito però di “continuare a essere interessata al processo di pace che porta avanti il governo, come dimostrato dalla recente nomina di una squadra di avvocati” per poter partecipare al processo che rientra nella definizione di Paz total.

“La mediazione con questo gruppo è molto complessa – premette però il giornalista interpellato dalla Dire – perché si tratta di una rete di organizzazioni criminali il cui obiettivo centrale è trovare risorse tramite il traffico di stupefacenti, le attività minerarie illegali e l’estorsione ai danni delle attività commerciali”. Esiste quindi “un interesse affinché anche il Clan del Golfo entri nel solco della giustizia e si è disposti a facilitarlo con alcune concessioni sul piano finanziario e penale”. Ma la situazione, ribadisce il consulente, “non è semplice”.

Diverso il discorso relativo agli altri due gruppi con cui si stanno portando avanti i negoziati della Paz Total, nella visione di Celis Mendez. “Con l’Ejército de Liberación Nacional (Eln) il processo è più strutturato. A questa organizzazione poi si riconoscono delle istanze di ribellione politica, è aperto un tavolo negoziale, e un calendario di incontri è stato già concordato”, riferisce il cronista.

6085176Meno agevole, ma comunque in uno stato più avanzato di quello embrionale, il processo di avvicinamento con “quei gruppi delle Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia (Farc) che non hanno firmato gli accordi di pace del 2016 o che poi ne sono usciti, come l’Estado mayor central nel primo caso e la cosiddetta Segunda Marquetalia nel secondo”, prosegue il giornalista. “Ci sono una serie di problemi giuridico-legali ma soprattutto per quanto riguarda l’Estado Mayor central già sono state individuate delle figure che possano negoziare con il governo. Al momento queste persone sono in carcere ma una roadmap non è lontana dall’essere definita”. Pagine Esteri

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Fr. #23 / Di feticci e simulacri


Nel frammento di oggi: feticci della sorveglianza contro i femminicidi / Simulacri dell'ingegneria sociale / Un'intervista sulle città da 15 minuti / Meme e citazione del giorno.

Frammenti è la rubrica che riassume e commenta le notizie più interessanti della settimana e propone citazioni di autori famosi e meme. Un modo per restare informati con Privacy Chronicles, ma in modo leggero.

L’angelo della sorveglianza


Pare che a Napoli sia stato avviato un progetto per aiutare le vittime di minacce e stalking che prende il nome di “Mobile Angel”. È uno smartwatch con integrato un sistema di SOS e geolocalizzazione collegato alla centrale operativa del comando provinciale dei carabinieri di Napoli.

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Una donna, che pare abbia ricevuto ripetute minacce di morte da parte dell’ex-marito, è la prima a possedere lo smartwatch: «Ora posso uscire più serena e tranquilla dopo mesi e mesi trascorsi rintanata in casa. Grazie a questo orologio mi sento protetta. Vero, devo rinunciare alla mia privacy, ma è un prezzo che sono disposta a pagare1»

Purtroppo la sua serenità è malriposta. Se togliamo il potere rasserenante del feticcio tecnologico, non resta molto altro. In che modo uno smartwatch con geolocalizzazione e pulsante SOS potrebbe mai aiutare la povera donna in caso di aggressione da parte dell’ex-marito?

Non lasciarti tentare dai profeti della sorveglianza, iscriviti a Privacy Chronicles!

Il feticcio ha la stessa utilità di un santino di Padre Pio nella tasca dei pantaloni. Anzi, peggio: almeno il santino di Padre Pio non è uno strumento di sorveglianza e monitoraggio governativo.

Ma ancor più grave dell’irrazionalità, comprensibile, della povera donna, è la diffusione da parte delle istituzioni e dei mass media di un messaggio completamente fuorviante: “lo smartwatch contro i femminicidi”? Non scherziamo.

Perché convincere le persone a rinunciare alla loro privacy in cambio di un aberrante e infondato senso di sicurezza? Forse perché è molto più comodo avere una popolazione psicologicamente fragile, impaurita e sorvegliata che una popolazione di persone che rifiutano la sorveglianza e sanno difendere se stessi e il prossimo dalle aggressioni (di chiunque).

Volete fare il bene di queste donne? Insegnategli a sparare e date loro una licenza per portare armi da fuoco nella borsa.

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Murabba, il nuovo ghetto hi-tech da 15 minuti


Pare che l’idea delle città da 15 minuti sia arrivata anche in Arabia Saudita. Da qualche tempo infatti gira voce che nelle capitale, Riyadh, vogliano costruire un nuovo e scintillante centro città che offra tutto ciò di cui hanno bisogno le persone a una comoda distanza di 15 minuti a piedi o in bici. Il tutto corredato da modernissimi e fichissimi mezzi pubblici.

Al centro del nuovo quartiere, che sarà di circa 19 km quadrati, un inquietante cubo 400x400 metri chiamato Mukaab. Un simulacro dell’ingegneria sociale che dovrebbe essere completato entro il 2030. Al suo interno centri commerciali, musei, e tante altre splendide distrazioni di massa.

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Sarò sincero: sembra una trovata di marketing da parte di qualche fondo d’investimento con troppi soldi da riciclare. Non dubito però che una proposta del genere possa avere un certo appeal al giorno d’oggi. Chi non vorrebbe vivere in un quartiere iper tecnologico, super sorvegliato e pieno di sbrilluccicanti distrazioni utili a non pensare e spendere il più possibile?

Sempre sulle città da 15 minuti


Sempre sulle città da 15 minuti ho recentemente fatto un’intervista andata in onda la scorsa settimana su Lombardia TV. Per chi volesse vederla in differita è disponibile adesso anche online, basta cliccare qui.

Abbiamo parlato di diverse cose attinenti allo stato della sorveglianza di massa nel mondo e delle implicazioni per la nostra libertà. È un’oretta di discussione piacevole con Luigi Degan.

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Meme del giorno


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Citazione del giorno

“A man that flies from his fear may find that he has only taken a short cut to meet it.”
― J.R.R. Tolkien

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Articolo consigliato


Immagine/fotoPrivacy Chronicles

Effetto Panopticon e autosorveglianza

In un mondo in cui la sorveglianza di massa è sempre più pervasiva, sistematica e normale spesso dimentichiamo l’impatto psicologico che questo monitoraggio costante, sia online che offline, ha su tutti noi. Ancor più spesso, sottovalutiamo le conseguenze che questa ha nella…
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4 days ago · 7 likes · Matte Galt

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Virgolettato preso da questo articolo di Open. Onestamente mi sembra una citazione inventata di sana pianta per far passare un certo messaggio, ma sicuramente mi sbaglio.



Ucraina: Xi Jinping va da Putin, ma Biden vieta la pace


Leggevo della notizia, semplicemente orrenda, di quel giovane napoletano che ha ucciso un suo coetaneo l’altro giorno perché quest’ultimo gli aveva sporcato una scarpa pulitissima bianca, forse comprata con i soldi di mammà! Un orrore insormontabile, specie se è visto in contemporanea alla volgarità, alla rozzezza, all’oscurantismo, alla cultura da postribolo, alla disgustosa espressione sempre […]

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"Sta accadendo purtroppo ciò che era prevedibile: l'aggravamento della situazione medica di Alfredo Cospito tale da farlo rischiare la vita. Ministro Nordio si

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Per l'ultimo saluto al compagno Citto Maselli diamo appuntamento giovedì 23 marzo, dalle ore 10 alle 13, nella Sala della Protomoteca in Campidoglio.


Ucraina vs Russia: guerra e pace secondo ChatGPT


Qualche giorno fa, mi è venuta l’idea di verificare cosa aveva da dire il ChatGPT basato sull’intelligenza artificiale sulle questioni relative alla guerra in Ucraina. Devo dire che le sue risposte sono state una piacevole sorpresa dal punto di vista che mi sta a cuore: la pace. Ecco cosa ho chiesto e cosa mi ha risposto in un […]

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Holodomor: come la politica di collettivizzazione di Stalin ha ucciso milioni di ucraini


L’anno 1933 è passato alla storia come l’anno della scarsità in tutto il mondo e l’anno di Adolf Hitler. Per le strade delle città americane ed europee, molte persone hanno perso il lavoro a causa della Grande Depressione del 1929-1933. I cittadini attendevano in fila per ore per i beni di prima necessità: pane, farina, […]

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Calenda in Fondazione per parlare di separazione delle carriere: “Sono favorevole, è un principio di civiltà giuridica”


“La separazione delle carriere e ovviamente la separazione dei CSM rappresentano un principio di civiltà giuridica: chi indaga non può essere collega di chi ti giudica. È fondamentale per passare in questo paese da una cultura della magistratura contro l’

“La separazione delle carriere e ovviamente la separazione dei CSM rappresentano un principio di civiltà giuridica: chi indaga non può essere collega di chi ti giudica. È fondamentale per passare in questo paese da una cultura della magistratura contro l’imputato a un confronto per verificare la verità processuale e arrivare a una decisione giusta”, è quanto ha affermato Carlo Calenda nel corso del dibattito sostenuto nel pomeriggio con il presidente della Fondazione Luigi Einaudi Giuseppe Benedetto, che si è svolto a Roma presso la sede della Fondazione.

Un incontro che si inserisce nell’ambito di una serie di confronti che la Fondazione Luigi Einaudi ha avviato con tutti i leader delle forze politiche per affrontare il tema cruciale, relativo alla riforma della Giustizia, della separazione delle carriere dei magistrati.

Incalzato dal Segretario Generale Andrea Cangini, in merito alla proposta della FLE di eleggere una Assemblea di cento competenti, indicati dai partiti, per riformare la seconda parte della Costituzione, Calenda si è detto favorevole pur riscontrando però “un clima politico di conflitto permanente” che non agevola una soluzione. Il leader di Azione si è comunque detto disponibile ad aprire un dialogo, e a cercare punti di raccordo, con la maggioranza. Come, ad esempio, in merito al fisco, “è ragionevole – ha detto Calenda – che il Terzo Polo trovi una convergenza con la maggioranza sulla riforma fiscale in generale, e in particolare sullo Statuto contribuente, perché è praticamente la stessa riforma fatta da Draghi. L’unico problema è che c’è la flat tax, e se diventa la battaglia della flat tax, allora no. Ma credo che sulla riforma fiscale ci sia margine di lavoro”, ha concluso.

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Il mandato d’arresto per Putin segna una pietra miliare


Il mandato d’arresto del presidente russo Vladimir Putin per crimini di guerra segna una pietra miliare nella storia del diritto internazionale umanitario e una svolta nel conflitto in Ucraina. Qualunque disinformazione la Russia ei suoi alleati possano voler diffondere, qualunque confusione e dubbio gli oppositori politici della solidarietà con l’Ucraina possano tentare di schierare, le […]

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Due nuove monete targate Aeronautica. Tutto pronto per il centenario


L’Aeronautica Militare compirà i suoi primi cent’anni il 28 marzo 2023 e, per celebrare l’occasione, l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato ha coniato due monete celebrative appositamente dedicate alla Forza armata. Le due monete, da due e da cinque e

L’Aeronautica Militare compirà i suoi primi cent’anni il 28 marzo 2023 e, per celebrare l’occasione, l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato ha coniato due monete celebrative appositamente dedicate alla Forza armata. Le due monete, da due e da cinque euro, entrano così a far parte della Collezione Numismatica 2023, identificabili sotto la denominazione “Cento anni dell’Aeronautica militare” e, a partire da oggi, verranno emesse ufficialmente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Le monete celebrative

La prima moneta commemorativa coniata in occasione del centenario ha valore di due euro, a corso legale in tutti gli Stati membri dell’Unione e a circolazione ordinaria. Sono stati realizzati in totale tre milioni di esemplari, per un valore nominale di sei milioni di euro. La moneta si presenta anche nella sua versione da collezione, ha valore nominale di due euro ed è disponibile sia in versione Proof sia in Fior di Conio, con una tiratura rispettivamente di 13mila e 15mila pezzi, a cui si aggiunge il rotolino da 25 pezzi Fior di Conio in 10mila pezzi. La seconda moneta ha valore nominale pari a cinque euro ed è anch’essa disponibile in versione Proof con una tiratura di 5mila pezzi in totale.

La fase di realizzazione

L’autore, in entrambi i casi, è stato l’artista incisore della Zecca dello Stato, Valerio De Seta, che ha realizzato le facce nazionali delle due monete. Per quanto concerne il processo di coniatura vero e proprio, alcune monete sono state simbolicamente coniate dagli stessi vertici dell’Aeronautica militare, che si trovavano in visita all’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato nei giorni scorsi con l’obiettivo di assistere in prima persona al processo di realizzazione delle monete celebrative. A capo della delegazione di ufficiali che ha partecipato alla visita si trovavano il capo di Stato maggiore dell’Aeronautica, Luca Goretti, e il sottocapo di Stato maggiore, Aurelio Colagrande. Insieme a loro, erano anche presenti il capo del quinto reparto Comunicazione della Forza armata, generale Giovanni Francesco Adamo e il generale ispettore capo nonché presidente del “Comitato centenario dell’Aeronautica militare”, Basilio Di Martino.

Il Centenario dell’Aeronautica militare

La data del prossimo 28 marzo segnerà infatti l’importante anniversario dalla costituzione dell’Aeronautica militare. Quel giorno di cent’anni fa, infatti, i servizi aeronautici precedentemente inquadrati nelle altre Forze armate ottennero la loro autonomia, con la denominazione di Regia aeronautica. Da allora, le forze aeree del nostro Paese sono state protagoniste di tutti i principali eventi per l’Italia, dalla terribile prova della Seconda guerra mondiale, fino alle operazioni di Air policing dei cieli della Nato.


formiche.net/2023/03/monete-co…



I numeri del rapporto Nato 2022 tra Ucraina, opinione pubblica e spese per la difesa


Martedì il Segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha pubblicato il rapporto annuale per il 2022. “Siamo entrati in un’epoca di competizione strategica”, si legge nel documento. “Le potenze autoritarie stanno sfidando il sistema internazionale b

Martedì il Segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha pubblicato il rapporto annuale per il 2022. “Siamo entrati in un’epoca di competizione strategica”, si legge nel documento. “Le potenze autoritarie stanno sfidando il sistema internazionale basato sulle regole”, con gli esempi dell’aggressione russa all’Ucraina e la crescente assertività cinese, mentre permangono minacce come il terrorismo, gli attacchi informatici e le ricadute sulla sicurezza del cambiamento climatico.

Di fronte a queste sfide, l’Europa e il Nord America sono uniti nella Nato. “Continuiamo ad adattarci a questa nuova realtà con una deterrenza e una difesa più forti e relazioni più profonde con i nostri partner in tutto il mondo. Abbiamo sostenuto l’Ucraina con circa 150 miliardi di euro di assistenza militare, umanitaria e finanziaria”, prosegue il dossier.

Tema centrale del rapporto è quello della spesa per la difesa, di cui si illustra la composizione. Il 2022 ha visto l’ottavo anno consecutivo di aumento della spesa degli alleati europei e del Canada. Dal 2021 al 2022, la spesa in difesa è aumentata del 2,2% in termini reali e, in totale, negli ultimi otto anni questo aumento ha aggiunto 350 miliardi di dollari al settore.

Nel 2022, sette alleati su trenta hanno rispettato la linea guida del 2% del Pil, un netto aumento rispetto al 2014, quando solo tre membri superavano la soglia. Un dato interessante è che gli Stati Uniti rappresentino il 54% del Pil aggregato dell’Alleanza, ma provvedano al 70% della spesa combinata. La spesa totale dell’Alleanza nel 2022 è stata stimata superiore a 1.000 miliardi di dollari.

Gli alleati hanno inoltre compiuto progressi nell’impegno a investire in nuove capacità. Queste consistono nel migliorare la prontezza, il dispiegamento, la sostenibilità e l’interoperabilità delle loro forze in linea con gli obiettivi.

Ulteriore tema analizzato dal rapporto è quello della percezione dell’Alleanza da parte dell’opinione pubblica. La Nato ha commissionato una serie di sondaggi in tutti i trenta Paesi membri tra il 7 e il 29 novembre 2022. Il principale dato che emerge è l’aumento del supporto popolare: il 70% degli intervistati voterebbe per rimanere nell’alleanza se questo fosse oggetto di referendum, otto punti in più del 2021. I risultati variano sensibilmente a seconda della geografia, con Polonia e Lituania tra i supporter più entusiasti e Slovacchia e Montenegro all’estremo opposto (pur con risultati intorno al 50%).

Collegata alla questione del supporto è la percezione di sicurezza dei cittadini. La maggioranza continua a ritenersi al sicuro nei propri confini nazionali, ma è in aumento la fetta di chi sostiene il contrario. Oltre all’aumento significativo del rischio percepito di una guerra che coinvolga la Nato, dal 15% del 2021 al 21% di oggi. Ultimo dato di grande rilevanza è la decisa scelta di proseguire il sostegno all’Ucraina, con quasi il 70% dei rispondenti favorevole o molto favorevole.


formiche.net/2023/03/rapporto-…



Davide Giacalone – Bambinate


Il dilemma è serio e complicato, privo di soluzioni ideali. Di certo non serve a nulla questa specie di corrida che è stata allestita, dimentica del fatto che prima dei desideri e dei capricci degli adulti vengono gli interessi dei bambini. Ci si deve occ

Il dilemma è serio e complicato, privo di soluzioni ideali. Di certo non serve a nulla questa specie di corrida che è stata allestita, dimentica del fatto che prima dei desideri e dei capricci degli adulti vengono gli interessi dei bambini. Ci si deve occupare dei bambini, non prodursi in bambinate.

1. Senza un’apposita legge i sindaci possono incaponirsi quanto vogliono a registrare genitorialità dello stesso sesso, ma perderanno. Perché i genitori non è detto siano quelli dell’atto di registrazione (specie il padre, ma nel caso di falso e parto fuori dagli ospedali anche la madre), ma è certo che si tratta di una donna e un uomo.

2. La trascrizione è una cosa diversa, perché si tratta di recepire un atto già registrato altrove. Quindi quel bambino ha già due genitori e non trascrivendo l’atto gliene si toglie uno e forse anche due. Assurdo. Saggiamente il regolamento europeo stabilisce che un atto dell’anagrafe o di un tribunale di quale che sia Paese dell’Unione europea valga in tutti gli altri. Molto poco saggiamente, pensando agli adulti e non ai bambini, la maggioranza di destra ha voluto bocciarlo. Il che comporta una sfiducia anche nei tribunali italiani, dove numerose sono le sentenze di adozione speciale, basate sul sano principio che il bambino ha già in casa quei due “genitori” e se quello naturale finisse sotto a un treno rimarrebbe orfano totale.

Nel codice civile del 1942 (benché a governare fosse uno con figli fuori dal matrimonio) i figli “illegittimi” erano una classe inferiore, anche dal punto di vista ereditario. La cosa cadde a seguito della legge sul divorzio, del 1970. Ma si dovette attendere la riforma del 2012 perché sparisse ogni distinzione. A opporsi a tali legislazioni furono quelli che sostennero avrebbero annichilito la “famiglia tradizionale”. È una conquista della civiltà che oggi i loro eredi politici possano abbondantemente approfittare delle leggi che i loro predecessori avversarono. Magari cambino linguaggio.

3. Il difficile: se trascrivo in automatico genitorialità iscritte altrove legittimo la maternità surrogata, l’utero in affitto o, come si vuole che si dica in politicamente corretto: la gestazione per altri. a. Ritengo quella pratica inaccettabile, senza avere bisogno di chiamare in causa alcuna ragione religiosa. b. Non è accettata in gran parte dell’Ue e, semmai, anziché rigettare i regolamenti si dovrebbe provare a normare assieme. c. Ma esecrare non risolve la faccenda, perché quando si tratta di registrare o trascrivere il bambino è già nato, è già depositario di diritti (per lui no, non ci sono doveri) ed è meritevole di tutela.

Posto che non c’entra nulla questa fissazione collettiva dell’omosessualità, perché a quella pratica orrida ricorrono anche coppie etero, è qui che il dilemma diventa molto complicato. Perché se rifiuto di riconoscere quella nascita il bambino avrà comunque un genitore naturale, visto che il maschio o uno dei maschi dirà d’essere l’inseminatore e la donna o una delle donne d’essere l’inseminata, quindi,
ipocritamente, giro la pratica ai tribunali, che procederanno con l’adozione speciale in capo all’altro “genitore”. Se, all’opposto, registro in automatico introietto il risultato di un mercato sviluppatosi altrove. E non finisce, talché dovrebbero almeno provare a pensarci i commissionatori di gravidanze: nelle banche dei gameti vige l’anonimato, ma i tribunali del mondo civile vedono crescere le cause di maggiorenni che chiedono di conoscere l’identità dei genitori naturali. Che siano stati adottati o concepiti per conto terzi. E mi pare un’umana esigenza con valenza più forte di quella di chi vuole per forza un bambino. Ciò a tacere dell’epigenetica.

Muovendosi su questo terreno sconosciuto (prima non esisteva neanche la tecnica per arrivarci), sarà bene tenere a mente un principio: avere dei genitori è un diritto (talora menomato dalla cattiva sorte), avere dei figli è una possibilità, non un diritto. Serve procedere con delicatezza, non con la roncola.

La Ragione

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Arabia Saudita – Iran: la mediazione della Cina mette in luce politiche di sicurezza regionali imperfette


Una riconciliazione saudita-iraniana mediata dalla Cina getta potenzialmente i riflettori sulle politiche di sicurezza fondamentalmente imperfette delle potenze regionali, inclusi non solo il regno saudita e l’Iran, ma anche gli Emirati Arabi Uniti. Mentre gran parte della discussione negli ultimi anni si è concentrata sulla strategia dell’Iran di creare una linea di difesa ben oltre […]

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