Cina-Mondo: Gli e-book di China Files n°19
È ora disponibile il nuovo e-book di China Files, un dossier che offre alcune riflessioni sulla politica estera cinese degli ultimi anni. Ecco come ottenere una copia e sostenere il lavoro della redazione con un contributo libero
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In Cina e Asia – Marcos è arrivato negli Usa
I titoli di oggi:
Marcos è arrivato negli Usa
Ding Liren è il primo cinese campione del mondo di scacchi
Cina, la ledership presterà maggiore attenzione ai reclami dei cittadiniù
Uzbekistan, vince il "si" al referendum costituzionale
Onu, la Cina chiede più rappresentanza per i paesi in via di sviluppo nel Consiglio di sicurezza
Corea del Sud e Cina i due paesi dove è più costoso crescere figli, rivela uno studio
Myanmar, Qin: "Non c'è una soluzione rapida"
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PRIVACY DAILY 105/2023
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TERRITORI OCCUPATI. Morto in prigione Khader Adnan, faceva lo sciopero della fame
della redazione
Pagine Esteri, 2 maggio 2023 – Il prigioniero politico palestinese Khader Adnan (Jihad) è morto in un carcere israeliano dopo 86 giorni di sciopero della fame contro la sua “detenzione amministrativa” (senza processo). Adnan, figura politica molto nota in Cisgiordania, già in passato aveva fatto in carcere altri quattro lunghi digiuni di protesta contro la detenzione senza processo. Sciopero generale a Gaza, in Cisgiordania, Gerusalemme Est.
Tre razzi lanciati da Gaza sono caduti nel sud di Israele senza causare danni. In Cisgiordania due coloni israeliani sono stati feriti da colpi sparati da un’auto.
Si attendono manifestazioni e raduni di protesta ovunque nei Territori palestinesi occupati. Pagine Esteri.
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Thailandia al voto: scelta tra riforme e status quo filo-militare
È tutto pronto per le elezioni in Thailandia del 14 maggio. Il Pheu Thai domina nei sondaggi ma è difficile che riuscirà a governare da solo, mentre i partiti filo-militari sanno di poter contare sui 250 voti del senato non elettivo
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News da Marte #15 - Coelum Astronomia
"Bentornati su Marte! Oggi abbiamo parecchia carne al fuoco con aggiornamenti da terra, dall’aria e dallo spazio. Iniziamo con questi ultimi. Non solo MRO In questa rubrica vediamo spesso immagini e resoconti del Mars Reconnaissance Orbiter della NASA, ma ci sono numerosi altri satelliti artificiali attorno a Marte."
Missioni internazionali, Meloni conferma linea transatlantica e interesse nazionale
Ucraina, Libia, Niger, Burkina Faso e non solo. Il Consiglio dei ministri, su proposta del presidente Giorgia Meloni e del ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Antonio Tajani, ha deliberato la prosecuzione delle missioni internazionali e delle iniziative di cooperazione allo sviluppo in corso e l’avvio di nuove missioni internazionali per il 2023.
La deliberazione – si legge sul comunicato del Consiglio dei ministri – è stata approvata previa comunicazione al Presidente della Repubblica ed è accompagnata da una relazione analitica che ha il fine di riferire alle Camere sull’andamento delle missioni internazionali delle Forze armate e delle Forze di polizia, nonché sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, per il periodo 1° gennaio 2022 – 31 dicembre 2022, riportando, nelle schede allegate per ciascuna missione, le informazioni di sintesi. Il documento indica inoltre le missioni internazionali che il governo intende proseguire nel periodo 1° gennaio 2023-31 dicembre 2023, nonché gli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione da porre in essere nel medesimo periodo.
Per quanto riguarda la prosecuzione delle missioni in corso, l’Italia, in considerazione del complesso quadro geo-strategico, contraddistinto da persistenti e duraturi fattori di instabilità e aggravato dal conflitto russo-ucraino, continua a operare nella zona del cosiddetto Mediterraneo allargato. All’esterno del Mediterraneo allargato, permane l’esigenza di mantenere una presenza navale nell’area indo-pacifica.
“La strategia di impiego dello strumento militare continua a basarsi sulla tradizionale adesione alle iniziative delle Organizzazioni Internazionali di riferimento per il nostro Paese (Onu, Nato, Eu), non tralasciando la possibilità di cooperare, all’interno di coalizioni ad hoc, con Paesi e attori con i quali condividiamo rapporti di collaborazione o alleanze”, viene specificato nel comunicato del cdm.
Le nuove missioni per l’anno 2023 riguardano la partecipazione di personale militare alle seguenti: missione Ue denominata European Union Military Assistance Mission in Ucraina (Eumam Ucraina); missione Ue denominata European Union Border Assistance in Libya (Eubam Libia); missione Ue denominata European Union Military Partnership Mission in Niger (Eumpm Niger); missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Burkina Faso.
L’Italia conferma dunque la sua presenza all’interno del quadro di impegno complesso transatlantico, con il governo Meloni che batte un colpo sul posizionamento atlantista. Ma non solo, perché l’impegno in quei quadranti per Roma è fortemente strategico. Al di là del conflitto russo Ucraina, dove la necessità strategica italiana è appunto mostrarsi affidabile con gli alleati del blocco Nato e con parte dei Paesi like-minded dell’Indo Pacifico, come Giappone e Corea del Sud; per l’Italia c’è parecchio altro.
Se le attività venture all’interno della regione indo-pacifica sono parte di un ampliamento in divenire delle visioni di politica estera, quelle nel quadrante del Mediterraneo allargato sono una conferma della volontà italiana di segnare la presenza nella fascia di diretta proiezione geopolitica. E allora su tutte, la più simbolica, quella in Libia. E più quelle nel Sahel (Niger, Burkina Faso). La fascia è soggetta a pesanti destabilizzazioni di carattere securitario, indotte dal proliferare due gruppi armati e dal moltiplicarsi di crisi istituzionali — come quella recentissima in Sudan. Qui l’Italia trova interessi che vanno dal tema sicurezza stretto (potenziali rischi di sviluppi terroristici e immigrazione) a perdita di influenza a beneficio di attori rivali (con riflessi sul quadro economico/commerciale e politico).
L'elettrico è il futuro (checchè ne dicano i no-tutto)
L'imprenditore del settore mobilità avveduto ha già capito questo e si è già dato da fare. Da buoni italiani però ci prendiamo sempre all'ultimo e allora corriamo da mamma a piangere inventandoci scuse bambinesche.
lamborghini.com/it-en/modelli/…
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“Privacy and Data Protection in Software Services” di Roberto Senigaglia, Claudia Irti, Alessandro Bernes (Springer)
Le iniziative delle altre Autorità
🔊 #Risentiamoli ⏩ JINGO DE LUNCH "PERPETUUM MOBILE"
Quella dei Jingo De Lunch sarà una parabola ascendente rapidissima, che li consacrerà quasi immediatamente tra le realtà più interessanti, per poi vederli sparire in modo quasi improvviso.
iyezine.com/riascoltiamoli-jin…
RIASCOLTIAMOLI - JINGO DE LUNCH "PERPETUUM MOBILE" 1987
RIASCOLTIAMOLI - JINGO DE LUNCH "PERPETUUM MOBILE" - Quella dei Jingo De Lunch sarà una parabola ascendente rapidissima, che li consacrerà quasi immediatamente tra le realtà più interessanti, per poi vederli sparire in modo quasi improvviso.Marco Valenti (In Your Eyes ezine)
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Il confronto Usa-Cina, tra Nato globale, ruolo dell’Ue e competizione sulle tecnologie
Nel 2017 un famoso politologo americano, Graham Allison, pubblicò un libro intitolato “Destined for war. Can America and China escape Thucydides’s trap?“, che suscitò tra gli esperti un ampio e acceso dibattito. Citando Tucidide e la guerra del Peloponneso, l’autore ipotizzava che Stati Uniti e Cina, potenze sempre più concorrenti nello scenario globale, potessero entrare violentemente in rotta di collisione. Con il rischio di una guerra, come documentato nel libro con vari esempi storici precedenti.
L’ipotesi di un possibile scontro militare tra Cina e Stati Uniti è ormai molto diffusa nella comunità degli studiosi di politica internazionale. Di certo le tensioni nel corso degli ultimi anni sono andate crescendo enormemente, al netto del colore delle amministrazioni americane, e con la guerra in Ucraina non hanno fatto altro che aumentare. E la vicenda Taiwan potrebbe essere solo uno dei possibili elementi di frattura anche in futuro.
Il recente incontro tra Xi Jinping e Vladimir Putin e il ruolo assunto a livello globale dalla Cina palesano sempre di più le intenzioni cinesi di rivendicare una postura di primaria importanza sul piano internazionale, in alternativa al ruolo svolto dall’occidente. E anche le recenti affermazioni cinesi nei confronti degli Usa, per quanto possano essere viziate da una certa strumentalità, evidenziano un chiaro tentativo di costruire un fronte politico anti-occidentale di cui la Cina sembra volersi candidare a guida. Se nel tempo possa diventare un nuovo polo antagonista al mondo libero è difficile da dire. Certamente l’eterogeneità tra i diversi regimi autocratici che potrebbero comporlo è ben maggiore di quella che caratterizzava nel Novecento il fronte comunista. Questa eterogeneità ideologica e culturale, che spesso nasconde diversi interessi nazionali, potrebbe non impedire la formazione di una coalizione di Paesi non democratici contrapposta a quelli democratici, ma potrebbe anche essere un limite.
Negli ultimi anni, soprattutto sul versante economico e tecnologico, lo scontro si è fatto sempre più aspro. E non a caso la stessa Nato, e l’Europa, hanno iniziato a guardare alla Cina come a una rivale strategica. La “Nato globale” disegnata con il nuovo Concetto strategico sarà protagonista di questa nuova stagione di competizione tra potenze globali di cui Usa e Cina saranno, inevitabilmente, i principali attori. E potrà essere anche il consesso perfetto per unire i Paesi democratici euro-atlantici.
In futuro la temperatura del confronto potrebbe scaldarsi ancora, con alcuni possibili punti di rottura. Dalla crisi ucraina, la cui soluzione è ancora lontana, alle tensioni nel Pacifico. Ma sarà soprattutto la competizione sulle nuove tecnologie, dal digitale all’energia, a rappresentare il cuore dello scontro tra i contendenti.
Anche per questo il fronte dei Paesi occidentali non dovrà solo rafforzarsi cementando alleanze e collaborazioni con i Paesi del Pacifico come Corea del Sud, Giappone e Australia, ma dovrà anche tentare di riaprire il dialogo e rafforzare i legami con i Paesi africani e mediorientali, aree del mondo dove la Cina è sempre più attiva.
In tutto questo restano due grandi incognite, fondamentali per i futuri equilibri globali: da un lato il ruolo che in questa sfida vorrà giocare l’Europa, al fianco dei suoi alleati; dall’altro il destino del gigante indiano, un Paese democratico e in grande ascesa, che sta giocando un ruolo sempre più autonomo sul piano internazionale. I contorni di questa sfida sono comunque già ben delineati ed è chiaro quale sia la posta in gioco: il futuro degli equilibri geopolitici globali.
Questo articolo è stato pubblicato nell’ultimo numero di Airpress
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Ministero dell'Istruzione
Un augurio speciale da parte del Ministero a chi lavora nella scuola, a tutto il personale che accompagna studentesse e studenti nel loro percorso di studi e di vita. Buon #1maggio!Telegram
Cosa ci dice la telefonata tra Xi e Zelensky?
Prima la mediazione tra Iran e Arabia Saudita, poi il corteggiamento dei leader europei: dove possibile, la Cina ha cercato in ogni modo di ripristinare la propria reputazione internazionale in risposta al rapido deterioramento dei rapporti con gli Stati Uniti. Ora non è escluso che anche la guerra in Ucraina venga sfruttata come palcoscenico per promuovere l’immagine di una Cina superpotenza responsabile.
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Le cinque poesie di Pasolini pubblicate su Paese Sera il 5 gennaio 1974
Il significato del rimpianto
Poesia popolare
Appunto per una poesia lappone
La recessione
Appunto per una poesia in terrone
Pier Paolo Pasolini, La nuova gioventù. Poesie friulane 1941-1974, Torino, Einaudi, 1975
archive.org/details/glistruzzi…
( Gli Struzzi) Pier Paolo Pasolini La Nuova Gioventu Poesie Friulane 1941 1974 Einaudi ( 1975) : Pier Paolo Pasolini : Free Download, Borrow, and Streaming : Internet Archive
La nuova gioventù: poesie friulane 1941-1974, Turin: Einaudi, 1975.Description:La nuova gioventù è l’ultimo libro pubblicato in vita da Pier Paolo...Internet Archive
La lettera di Pasolini a Calvino, intitolata “Quello che rimpiango”
Caro Calvino,
Maurizio Ferrara dice che io rimpiango un’«età dell’oro», tu dici che rimpiango l’«Italietta»: tutti dicono che rimpiango qualcosa, facendo di questo rimpianto un valore negativo e quindi un facile bersaglio.
Ciò che io rimpiango (se si può parlare di rimpianto) l’ho detto chiaramente, sia pure in versi («Paese sera», 5-1-1974). Che degli altri abbiano fatto finta di non capire è naturale. Ma mi meraviglio che non abbia voluto capire tu (che non hai ragioni per farlo). Io rimpiangere l’«Italietta»? Ma allora tu non hai letto un solo verso delle Ceneri di Gramsci o di Calderón, non hai letto una sola riga dei miei romanzi, non hai visto una sola inquadratura dei miei films, non sai niente di me! Perché tutto ciò che io ho fatto e sono, esclude per sua natura che io possa rimpiangere l’Italietta. A meno che tu non mi consideri radicalmente cambiato: cosa che fa parte della psicologia miracolistica degli italiani, ma che appunto per questo non mi par degna di te.
L’«Italietta» è piccolo-borghese, fascista, democristiana; è provinciale e ai margini della storia; la sua cultura è un umanesimo scolastico formale e volgare. Vuoi che rimpianga tutto questo? Per quel che mi riguarda personalmente, questa Italietta è stata un paese di gendarmi che mi ha arrestato, processato, perseguitato, tormentato, linciato per quasi due decenni. Questo un giovane può non saperlo. Ma tu no. Può darsi che io abbia avuto quel minimo di dignità che mi ha permesso di nascondere l’angoscia di chi per anni e anni si attendeva ogni giorno l’arrivo di una citazione del tribunale e aveva terrore di guardare nelle edicole per non leggere nei giornali atroci notizie scandalose sulla sua persona. Ma se tutto questo posso dimenticarlo io, non devi però dimenticarlo tu…
D’altra parte questa «Italietta», per quel che mi riguarda, non è finita. Il linciaggio continua. Magari adesso a organizzarlo sarà l’«Espresso», vedi la noterella introduttiva («Espresso», 23-6-1974) ad alcuni interventi sulla mia tesi («Corriere della Sera», 10-6-1974): noterella in cui si ghigna per un titolo non dato da me, si estrapola lepidamente dal mio testo, naturalmente travisandolo orrendamente, e infine si getta su me il sospetto che io sia una specie di nuovo Plebe: operazione di cui finora avrei creduto capaci solo i teppisti del «Borghese».
Io so bene, caro Calvino, come si svolge la vita di un intellettuale. Lo so perché, in parte, è anche la mia vita. Letture, solitudini al laboratorio, cerchie in genere di pochi amici e molti conoscenti, tutti intellettuali e borghesi. Una vita di lavoro e sostanzialmente perbene. Ma io, come il dottor Hyde, ho un’altra vita. Nel vivere questa vita, devo rompere le barriere naturali (e innocenti) di classe. Sfondare le pareti dell’Italietta, e sospingermi quindi in un altro mondo: il mondo contadino, il mondo sottoproletario e il mondo operaio. L’ordine in cui elenco questi mondi riguarda l’importanza della mia esperienza personale, non la loro importanza oggettiva. Fino a pochi anni fa questo era il mondo preborghese, il mondo della classe dominata. Era solo per mere ragioni nazionali, o, meglio, statali, che esso faceva parte del territorio dell’Italietta. Al di fuori di questa pura e semplice formalità, tale mondo non coincideva affatto con l’Italia. L’universo contadino (cui appartengono le culture sottoproletarie urbane, e, appunto fino a pochi anni fa, quelle delle minoranze operaie – ché erano vere e proprie minoranze, come in Russia nel ’17) è un universo transnazionale: che addirittura non riconosce le nazioni. Esso è l’avanzo di una civiltà precedente (o di un cumulo di civiltà precedenti tutte molto analoghe fra loro), e la classe dominante (nazionalista) modellava tale avanzo secondo i propri interessi e i propri fini politici (per un lucano – penso a De Martino – la nazione a lui estranea, è stato prima il Regno Borbonico, poi l’Italia piemontese, poi l’Italia fascista, poi l’Italia attuale: senza soluzione di continuità).
È questo illimitato mondo contadino prenazionale e preindustriale, sopravvissuto fino a solo pochi anni fa, che io rimpiango (non per nulla dimoro il più a lungo possibile, nei paesi del Terzo Mondo, dove esso sopravvive ancora, benché il Terzo Mondo stia anch’esso entrando nell’orbita del cosiddetto Sviluppo).
Gli uomini di questo universo non vivevano un’età dell’oro, come non erano coinvolti, se non formalmente con l’Italietta. Essi vivevano quella che Chilanti ha chiamato l’età del pane. Erano cioè consumatori di beni estremamente necessari. Ed era questo, forse che rendeva estremamente necessaria la loro povera e precaria vita. Mentre è chiaro che i beni superflui rendono superflua la vita (tanto per essere estremamente elementari, e concludere con questo argomento).
Che io rimpianga o non rimpianga questo universo contadino, resta comunque affar mio. Ciò non mi impedisce affatto di esercitare sul mondo attuale così com’è la mia critica: anzi, tanto più lucidamente quanto più ne sono staccato, e quanto più accetto solo stoicamente di viverci.
Ho detto, e lo ripeto, che l’acculturazione del Centro consumistico, ha distrutto le varie culture del Terzo Mondo (parlo ancora su scala mondiale, e mi riferisco dunque appunto anche alle culture del Terzo Mondo, cui le culture contadine italiane sono profondamente analoghe): il modello culturale offerto agli italiani (e a tutti gli uomini del globo, del resto) è unico. La conformazione a tale modello si ha prima di tutto nel vissuto, nell’esistenziale: e quindi nel corpo e nel comportamento. È qui che si vivono i valori, non ancora espressi, della nuova cultura della civiltà dei consumi, cioè del nuovo e del più repressivo totalitarismo che si sia mai visto. Dal punto di vista del linguaggio verbale, si ha la riduzione di tutta la lingua a lingua comunicativa, con un enorme impoverimento dell’espressività. I dialetti (gli idiomi materni!) sono allontanati nel tempo e nello spazio: i figli sono costretti a non parlarli più perché vivono a Torino, a Milano o in Germania. Là dove si parlano ancora, essi hanno totalmente perso ogni loro potenzialità inventiva. Nessun ragazzo delle borgate romane sarebbe più in grado, per esempio, di capire il gergo dei miei romanzi di dieci-quindici anni fa: e, ironia della sorte!, sarebbe costretto a consultare l’annesso glossario come un buon borghese del Nord!
Naturalmente questa mia «visione» della nuova realtà culturale italiana è radicale: riguarda il fenomeno come fenomeno globale, non le sue eccezioni, le sue resistenze, le sue sopravvivenze.
Quando parlo di omologazione di tutti i giovani, per cui, dal suo corpo, dal suo comportamento e dalla sua ideologia inconscia e reale (l’edonismo consumistico) un giovane fascista non può essere distinto da tutti gli altri giovani, enuncio un fenomeno generale. So benissimo che ci sono dei giovani che si distinguono. Ma si tratta di giovani appartenenti alla nostra stessa élite, e condannati a essere ancora più infelici di noi: e quindi probabilmente anche migliori. Questo lo dico per una allusione («Paese sera», 21-6-1974) di Tullio De Mauro, che, dopo essersi dimenticato di invitarmi a un convegno linguistico di Bressanone, mi rimprovera di non esservi stato presente: là, egli dice, avrei visto alcune decine di giovani che avrebbero contraddetto le mie tesi. Cioè come a dire che se alcune decine di giovani usano il termine «euristica» ciò significa che l’uso di tale termine è praticato da cinquanta milioni di italiani.
Tu dirai: gli uomini sono sempre stati conformisti (tutti uguali uno all’altro) e ci sono sempre state delle élites. Io ti rispondo: sì, gli uomini sono sempre stati conformisti e il più possibile uguali l’uno all’altro, ma secondo la loro classe sociale. E, all’interno di tale distinzione di classe, secondo le loro particolari e concrete condizioni culturali (regionali). Oggi invece (e qui cade la «mutazione» antropologica) gli uomini sono conformisti e tutti uguali uno all’altro secondo un codice interclassista (studente uguale operaio, operaio del Nord uguale operaio del Sud): almeno potenzialmente, nell’ansiosa volontà di uniformarsi.
Infine, caro Calvino, vorrei farti notare una cosa. Non da moralista, ma da analista. Nella tua affrettata risposta alle mie tesi, sul «Messaggero», (18 giugno 1974) ti è scappata una frase doppiamente infelice. Si tratta della frase: «I giovani fascisti di oggi non li conosco e spero di non aver occasione di conoscerli.» Ma: 1) certamente non avrai mai tale occasione, anche perché se nello scompartimento di un treno, nella coda a un negozio, per strada, in un salotto, tu dovessi incontrare dei giovani fascisti, non li riconosceresti; 2) augurarsi di non incontrare mai dei giovani fascisti è una bestemmia, perché, al contrario, noi dovremmo far di tutto per individuarli e per incontrarli. Essi non sono i fatali e predestinati rappresentanti del Male: non sono nati per essere fascisti. Nessuno – quando sono diventati adolescenti e sono stati in grado di scegliere, secondo chissà quali ragioni e necessità – ha posto loro razzisticamente il marchio di fascisti. È una atroce forma di disperazione e nevrosi che spinge un giovane a una simile scelta; e forse sarebbe bastata una sola piccola diversa esperienza nella sua vita, un solo semplice incontro, perché il suo destino fosse diverso.
8 luglio 1974
Calvino e Pasolini. Una polemica letteraria.
Calvino e Pasolini. Una polemica letteraria.
Calvino e Pasolini. Una polemica letteraria. Città PasoliniCittà Pasolini (Pier Paolo Pasolini)
PRIVACY DAILY 104/2023
La vera partita comincia adesso, per una innovazione sana
Su Agenda Digitale il mio punto di vista su quello che credo debba essere letto come il calcio di inizio di una partita lunga e importante nella quale perderà solo chi sarà convinto di avere la risposta giusta in tasca Se vuoi leggere il mio pezzo lo trovi qui agendadigitale.eu/sicurezza/pr…
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L'euro digitale è quasi pronto
È ufficiale: i lavori per l’euro digitale sono quasi terminati, e da ottobre si inizia a fare sul serio. Così ci dice Fabio Panetta, membro del Board della Banca Centrale Europea, in un comunicato stampa rilasciato il 24 aprile.
“Stiamo entrando nelle fasi finali del processo investigativo. Il Consiglio della BCE ha da poco approvato il terzo set di opzioni di design per l’euro digitale”
Panetta prosegue recitando quasi come un mantra i motivi “ufficiali” che hanno portato la Banca Centrale a voler iniziare un processo di sviluppo per un euro digitale: la rapida digitalizzazione dell’economia ci richiede di evolvere i contanti nella sfera digitale e di fornire uno strumento europeo unico per i pagamenti digitali, universalmente accettato in tutta l’euro-zona.
Vero, ma non proprio. Nessuno infatti sente la mancanza di un euro digitale. Gli strumenti di pagamento attuali, offerti da banche e intermediari, sono più che sufficienti per sopperire alle necessità dell’era dell’informazione. E poi, molte persone sono ancora affezionate ai contanti per diversi motivi.
Questi approfondimenti non li trovi certo su Repubblica. Che aspetti ad iscriverti?
Un complesso di inferiorità
Il motivo che haspinto la BCE verso l’euro digitale non è certo la voglia di svecchiarsi. E infatti la Presidente Lagarde sconfessa la facile retorica di Panetta, spiegando in un recente video la verità dietro a tutta questa fretta di evoluzione digitale: “I dont want euro to be dependent on unfriendly country currency or dependent on a friendly currency that is activated by a private company like Facebook or Google.1”
La Banca Centrale Europea ha davvero una gran paura di perdere il suo monopolio monetario a favore di soggetti come Meta, Google o AWS. La paura, più che fondata, nasce nel 2018, quando Facebook (ora Meta) per la prima volta annuncia al mondo di voler creare il suo "stablecoin”: Libra. Il progetto fu presto messo da parte a causa delle immense pressioni politiche, ma nel frattempo altre istituzioni come Tether e numerosi altri stablecoin hanno risposto alla domanda di mercato per questa nuova forma di moneta.
I complessi di inferiorità rispetto agli stablecoin, che sono comunque ancora una nicchia per nerd, diventano in verità palesi anche nella retorica di Panetta: People should be able to pay and be paid in digital euro anywhere in the euro area, no matter which intermediary they are using to access the digital euro or which country they are in.
È chiaro infatti che strumenti come Tether — o anche Bitcoin — offrano già soluzioni universali e native digitali per scambiare valore ovunque nel mondo in modo standardizzato, mentre non è possibile dire lo stesso per le monete FIAT come l’euro.
Gli strumenti di pagamento elettronici a cui siamo abituati sono infatti servizi privati senza alcun valore legale (inteso come legal tender) e tutt’altro che standardizzati. I commercianti non sono obbligati ad accettare pagamenti con PayPal o con determinati circuiti di carte di credito, né è detto che la diffusione e accettazione di questi strumenti sia omogenea in tutto il mondo. L’unica garanzia, ad oggi, rimane il buon vecchio contante.
Vuoi sostenere Privacy Chronicles? Dona qualche sats scansionando il QR Code con il tuo wallet LN preferito o clicca sul link!
Come funzionerà, nella pratica
L’euro digitale sarà l’equivalente digitale dell’euro fisico. Ciò significa che tra ottobre 2023 e il prossimo anno ci sarà una proposta di legge da parte della Commissione Europea per rendere l’euro digitale legal tender, cioè moneta a corso legale, all’interno dell’Unione Europea. I commercianti saranno così obbligati ad accettare euro digitale come se fossero contanti.
I vari rapporti tecnici usciti finora (tre in totale) spiegano in modo dettagliato le scelte che sono state fatte dalla Banca Centrale e il futuro funzionamento dell’euro digitale. Prima di tutto: l’euro digitale sarà una liability della BCE, esattamente come i contanti. Gli intermediari finanziari, come le banche commerciali, saranno invece incaricati della distribuzione, della gestione dei pagamenti e del processo di onboarding degli utenti.
Passando dagli intermediari le persone potranno quindi convertire i loro euro tradizionali con euro digitale e viceversa. È possibile che il processo sarà facilitato da applicazioni accessibile tramite homebanking fornite direttamente dalla Banca Centrale per standardizzare i processi in tutta UE. Sembra però che le persone potranno detenere solo un quantitativo limitato di euro digitale. Non è chiaro se questo sia un limite temporaneo o se invece una funzione permanente, né è chiaro ancora a quanto ammonti questo limite.
L’ultimo report2 sconfessa invece la possibilità di programmare l’euro digitale. Ci sarà la possibilità di creare dei pagamenti condizionati, ma non sarà invece possibile definire specifiche modalità d’uso per le “monete” digitali, ad esempio limitando le possibilità di spesa solo per specifici beni o servizi, o magari al di fuori del territorio europeo.
Questa sembra una buona notizia, considerando che la programmabilità della moneta creerebbe diversi rischi di abuso, ma non sono ancora del tutto convinto. Altri report precedenti suggerivano diversamente, ad esempio per limitarne l’uso e diffusione al di fuori dei confini geografici europei o per incentivare comportamenti ecosostenibili nella popolazione. Staremo a vedere.
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Privacy e anonimato con l’euro digitale
Il primo3 dei tre report sul design dell’euro digitale affronta nello specifico il tema della privacy dei pagamenti, che come saprete è uno degli elementi più critici di tutto lo schema dell’euro digitale.
La prima brutta notizia è che la Banca Centrale Europea sembra aver categoricamente eliminato la possibilità di pagamenti anonimi, nonostante negli scorsi mesi avessero sommessamente accennato a una possibile soglia di esclusione della sorveglianza.
“Full anonymity is not considered a viable option from a public policy perspective. It would raise concerns about the digital euro potentially being used for illicit purposes (e.g. money laundering and the financing of terrorism). In addition, it would make it virtually impossible to limit the use of the digital euro as a form of investment – a limitation that is essential from a financial stability perspective.”
Non si può essere anonimi perché l’euro digitasle potrebbe essere usato per scopi illeciti, come riciclaggio di denaro e finanziamento al terrorismo. Okay, prendiamola per buona. E poi, proseguono, sarebbe virtualmente impossibile limitare l’uso dell’euro digitale come forma d’investimento - una limitazione essenziale per avere stabilità finanziaria. In soldoni: niente anonimato perché dobbiamo controllare come lo usate e quanto ne usate.
Un passaggio importante ci spiega poi che dall’euro digitale potremo aspettarci lo stesso livello di privacy degli attuali sistemi di pagamento elettronici, che in effetti non è granché.
“A digital euro would provide a level of privacy equal to that of current private sector digital solutions. Users would need to identify themselves when they start using the digital euro, and intermediaries would perform customer checks during onboarding. Personal and transaction data would only be accessible to intermediaries for the purpose of ensuring compliance with anti-money laundering and combating the financing of terrorism (AML / CFT) requirements and relevant provisions under EU law.
L’attuale scenario scelto dalla BCE prevede l’identificazione del cliente attraverso procedure KYC e la piena trasparenza delle transazioni verso l’intermediario, come accade già oggi per i pagamenti elettronici. Le transazioni saranno inoltre monitorate per anti riciclaggio e anti terrorismo, a prescindere dagli importi.
Pare poi che i dati saranno principalmente detenuti dagli intermediari e non anche dalla Banca Centrale, salvo che la condivisione di questi dati non sia prevista per legge o che sia necessaria a svolgere attività legate all’euro digitale (qualsiasi cosa voglia dire). Che in effetti rischia di tradursi in: sì, saranno disponibili anche alla BCE.
“One euro is one euro, whatever form it takes”, dice Panetta. Eppure, comprare il pane con l’euro digitale invece che con una moneta da due euro farà scattare una serie di misure di sorveglianza e monitoraggio che fanno accapponare la pelle. Siamo proprio sicuri che tutti gli euro nascano uguali?
E sì, è vero: anche gli attuali intermediari di pagamento sono pessimi dal punto di vista della privacy. E sì, ne ho già parlato male. Euro digitale e mezzi di pagamento elettronici come Paypal o Satispay non sono però sullo stesso piano.
Da una parte abbiamo infatti un monopolista che afferma candidamente che nel bilanciamento tra interesse pubblico e privacy prevarrà sempre il primo; dall’altro abbiamo invece attori di mercato in competizione tra loro che hanno incentivi economici a offrire soluzioni privacy-friendly ai loro clienti.
Inoltre, è evidente che la BCE e i governi hanno interessi politici oltre che economici, e si faranno presto ingolosire da questa nuova miniera d’oro di dati. Se non ora, magari fra qualche anno. La Presidente Lagarde, in una video intervista4 ha affermato che il controllo delle transazioni sarà uno degli obiettivi dell’euro digitale.
Non c’è alcun motivo di preferire l’euro digitale
E poi rimane aperta la questione cryptovalute e stablecoin, che certo non spariranno. Grazie al movimento cypherpunk nel mondo crypto c’è già grande attenzione a privacy e anonimato, che non potrà che crescere ancora nel prossimo futuro.
La competizione, prima ancora che sulla comodità e diffusione dello strumento, sarà proprio sulla privacy. Perché mai preferire l’euro digitale se il nostro panettiere accetta contanti, Bitcoin, Monero o perfino Tether? Non c’è alcun motivo razionale per farlo.
I governi e le Banche Centrali lo sanno bene, ed è per questo che oltre che nello sviluppo dell’euro digitale si stanno affrettando per ingabbiare crypto e stablecoin nelle maglie delle leggi KYC e anti riciclaggio. È sempre per questo che persone come Panetta chiedono al legislatore di vietare la diffusione di “crypto-asset energivori”5.
Nonostante la competizione sleale e la violenza politica, non vinceranno, ma sarà una lunga maratona.
In questa intervista Lagarde pensava genuinamente di parlare con Zelensky, ed ha affermato il reale motivo dietro alla spinta verso l’euro digitale: non farsi fregare il monopolio.
In questo report viene descritto lo schema di funzionamento dell’euro digitale
Questo è il report in cui si affronta il tema della privacy
In questa intervista Lagarde pensava genuinamente di parlare con Zelensky, e si è lasciata andare, affermando che l’euro digitale avrà delle forme di controllo delle transazioni: “they will be controlled, you’re right, you’re completely right.”
“Crypto assets deemed to have an excessive ecological footprint should also be banned,” he said, in a likely reference to platforms like Bitcoin that use an energy-intensive mechanism known as "proof-of-work" to validate transactions and secure their network.
Eppur si condivide
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L'articolo Eppur si condivide proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Staccò la foto di Khamenei dal muro della classe, l’hanno ridotta allo stato vegetativo
Hasti, ha 16 anni, è curda e vive su una sedia a rotelle in stato semi vegetativo perché l’unico desiderio di Khamenei è quello di sedere per sempre sul suo trono di potere, esercitare la sua spietata misoginia e inasprire il regime di apartheid di genere.
Hasti Hossein Panahi vive nella circoscrizione di Dehgolan, a est di Sanandaj, cuore del Kurdistan iraniano. Era un’adolescente intraprendente, una ribelle assieme alle sue compagne di Liceo con le quali esprimeva il rifiuto dell’obbligo dell’hijab irridendo la guida suprema Ali Khamenei e il grande ayatollah, Ruhollah Khomeini, facendosi fotografare mostrando il dito medio accanto ai ritratti dei mullah appesi alle pareti della loro classe. Sfidano così apertamente la regola dell’hijab le giovani donne iraniane e pubblicano in Rete le foto e i video delle loro performance per incoraggiare le loro coetanee alla ribellione.
Quel giorno di novembre del 2022, Hasti strappò dalla parete della sua classe le foto degli ayatollah. In quel momento irruppero nella scuola le forze paramilitari basij dei volontari dei pasdaran che aveva visionati i filmati delle telecamere di sorveglianza. Tutte le studentesse della scuola furono tradotte in un luogo sconosciuto e lì furono duramente picchiate da agenti in borghese e poi furono riportate a scuola.
Il 9 novembre 2022, fu convocata dal Dipartimento dell’Istruzione della città di Dehgolan e le fu detto che se non avesse collaborato con le forze di polizia facendo da delatrice avrebbero reso pubblico il video in cui lei strappava dalla parete della scuola le foto di Khomeini e di Khamenei e che ciò avrebbe determinato la sua espulsione dalla scuola.
Poco dopo la ragazza sarebbe entrata in coma. La polizia sostiene che avrebbe tentato il suicidio gettandosi da un’auto delle basij in movimento dopo aver lasciato il Dipartimento dell’Educazione. Lo stress mentale causato dalle richieste di cooperazione delle forze di sicurezza e dalla minaccia di espulsione dalla scuola, avrebbe spinto la giovane al suicidio e per questo sarebbe entrata in coma.
Hasti fu trasportata in elicottero all’ospedale Kausar di Sanandaj. Da allora non si è più completamente ripresa, il suo livello di coscienza è estremamente basso ed è costretta su una sedia a rotelle.
Solo da poco, in occasione della festività del Nowruz, il capodanno persiano appena trascorso, Hasti è stata dimessa dall’unità di terapia intensiva dell’ospedale di Sanandaj.
La famiglia della ragazza, così come un’insegnante ed altri testimoni oculari sostengono invece che Hasti sarebbe entrata in come subito dopo essere stata picchiata violentemente e che non sarebbe mai stata portata nel Dipartimento dell’Educazione delle basij. Sarebbe stata invece colpita più volte alla testa con un manganello subito dopo essere stata prelevata dalla scuola e portata in un luogo sconosciuto.
Simili atti che destano un profondo orrore non sono inusuali per le autorità pasdaran iraniane. Nei centri di detenzioni vi sono anche minori sottoposti a fustigazione, scosse elettriche e a violenza sessuale. Lo riferiscono nei loro rapporto molto dettagliati e documentati le organizzazioni umanitarie come quella curda Hengaw e Amnesty International.
Nei loro report denunciano che l’intelligence e le forze di sicurezza iraniane hanno commesso orribili atti di tortura con pestaggi, fustigazioni, scosse elettriche, stupri e altre violenze sessuali su minori manifestanti di appena 12 anni per reprimere il loro coinvolgimento nelle proteste in corso a livello nazionale.
Amnesty in uno dei suoi ultimi rapporto descrive la violenza inflitta ai bambini arrestati durante e dopo le proteste. La ricerca parla di metodi di tortura che le guardie rivoluzionarie, i basij, le milizie della cosiddetta di pubblica Sicurezza e altre milizie al servizio di Khamenei e delle forze di intelligence, usano contro ragazzi e ragazze in custodia per punirli e umiliarli ed estorcere loro “confessioni” forzate.
Gli agenti statali iraniani strappano i minori alle loro famiglie e li sottopongono a indescrivibili crudeltà, infliggendo gravi sofferenze e angoscia a loro e ai loro genitori, provocando su di loro gravi cicatrici fisiche e mentali.
La violenza contro i minori rivela una efferata e ben precisa e deliberata strategia per schiacciare lo spirito vibrante dei giovani del paese e impedire loro di chiedere libertà e diritti umani.
Il 70% della popolazione iraniana ha una età inferiore ai 30 anni e dunque per stroncare la rivoluzione l’obiettivo da colpire è rappresentato dai giovanissimi.
Minori con gli occhi bendati vengono trasferiti in centri di detenzione gestiti dalle guardie rivoluzionarie e dal Ministero dell’Intelligence. Dopo giorni o settimane di detenzione in isolamento i minori vengono trasferiti nei vari penitenziari.
Come avvengono i rapimenti dei manifestanti? Agenti in borghese con furgoni bianchi rapiscono i manifestanti che protestano per le strade, compresi i minori. Li traducono in luoghi non istituzionali, in genere in magazzini, dove li torturano prima di abbandonarli in luoghi remoti.
Non sono veri e propri arresti. Sono appunto rapimenti con lo scopo di punire il manifestante, di intimidirlo e dissuaderlo dal partecipare alle proteste. La tecnica è mutuata dalla organizzazioni criminali, dalla mafia o da organizzazioni terroristiche. Molti minori vengono trattenuti insieme ad adulti, contrariamente agli standard internazionali, e sottoposti agli stessi schemi di tortura e ad altri maltrattamenti.
Un ex detenuto ha raccontato ad Amnesty International che, in una provincia iraniana, miliziani Basij, hanno costretto diversi minori a stare in fila con le gambe divaricate accanto a detenuti adulti e hanno inferto loro scosse elettriche nelle zona genitale con dissuasori Taser.
La maggior parte dei minori arrestati negli ultimi sei mesi di proteste è stata rilasciata su cauzione in attesa di rinvii a giudizio. È un modo questo anche per finanziare la giustizia criminale iraniana.
Molti manifestanti, anche minori, vengono rilasciati solo dopo essere stati costretti a firmare lettere di “pentimento” e solo dopo aver promesso di astenersi da “attività politiche” e dal partecipare a manifestazioni filogovernative.
Prima di rilasciarli, gli agenti minacciato i minori dicendo loro che se avessero sporto denuncia sarebbero finiti impiccati e i loro parenti sarebbero stati arrestati.
Ma alcuni familiari, nonostante le minacce, hanno presentato denunce ufficiali alle autorità giudiziarie, ma nessuna di esse finora ha fatto adeguate indagini.
Una madre ha raccontato all’associazione per i diritti umani Hengaw che agenti basij avevano stuprato suo figlio con un tubo dopo che era stato rapito. Il ragazzo ha raccontato alla mamma: “Mamma, mi hanno sospeso per le braccia fin a quasi strapparmele e mi hanno violentato con un tubo costringendomi a confessare quello che volevano loro”.
Altri metodi di tortura consistono nella somministrazione forzata di pillole per alterare l’equilibrio psicologico della vittima e l’immersione in acqua della testa delle vittime. Diverse adolescenti sono state rapite solo per aver scritto su un muro lo slogan motto delle proteste, “Donna, vita, libertà”.
Le famiglie delle vittime hanno raccontato ad Amnesty International i metodi di tortura praticati dagli agenti della sicurezza tra i quali quello di sospendere per le braccia nel vuoto i malcapitati, costingendoli a subire atti umilianti. Giovani prigioniere vengono rinchiuse in celle senza servizi igienici e lavabi, senza cibo, senza acqua, esposti al freddo e in isolamento prolungato. Ai feriti spesso vengono negate le cure mediche necessarie.
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