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Guerra dell’acqua tra Talebani e Iran


Kabul non ha versato all'Iran la quota d'acqua del fiume Helmand stabilita da un accordo del 1973. Ma pesano anche le differenze religiose tra le due parti. L'articolo Guerra dell’acqua tra Talebani e Iran proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri

della redazione

Pagine Esteri, 29 maggio 2023 – I talebani afghani minacciano di invadere l’Iran se non saranno risolte le dispute tra Kabul e Teheran sul controllo dell’acqua che hanno già fatto tre morti lungo il confine.

In un video, un alto comandante talebano ha avvertito che i talebani sono pronti a combattere la Guardia rivoluzionaria della Repubblica islamica “con più passione” di quanto abbiano combattuto le forze statunitensi in Afghanistan. Ha aggiunto che i talebani “invaderanno presto l’Iran se riceveranno il via libera dai loro comandanti”.

Un altro video dai talebani che schernisce il presidente iraniano Ebrahim Raisi è virale sui social media. In esso un talebano riempie d’acqua una tanica gialla, dicendo sarcasticamente “Signor Raisi, prendi questo barile d’acqua e non attaccare, siamo terrorizzati”.

I media iraniani hanno spiegato gli scontri con la lotta sul confine al traffico di droga generato in Afghanistan. Teheran afferma inoltre che i talebani hanno sparato per primi ai militari della Guardia Repubblicana. I talebani sostengono il contrario.

Gli scontri a fuoco in realtà sono avvenuti per una disputa sull’acqua. All’inizio di maggio, Raisi ha avvertito i talebani di non violare i diritti dell’Iran sul fiume Helmand, condiviso dai due paesi. “Avverto i governanti dell’Afghanistan di concedere immediatamente alla gente i loro diritti sull’acqua”, ha detto. “Prendete sul serio le mie parole o non lamentatevi dopo”, ha aggiunto perentorio.

Le tensioni intorno al fiume sono aumentate negli ultimi due anni da quando i talebani hanno preso il controllo dell’Afghanistan dopo il ritiro delle forze statunitensi.

Un trattato del 1973 tra i due paesi stabilisce che l’Afghanistan deve fornire all’Iran una certa quantità di acqua dal fiume. Kabul però ha violato il trattato e l’Iran ha ricevuto solo il quattro percento dell’acqua dovuta. La mancanza d’acqua è particolarmente significativa per l’Iran che fa i conti una lunga siccità, un problema che riguarda anche l’Afghanistan.

Sullo sfondo ci sono anche le ampie differenze religiose tra le due parti. Sunniti ultraortodossi e molto rigidi, i Talebani guardano con ostilità l’Iran e gli Sciiti. Sono stati responsabili di massacri e abusi a danno della minoranza sciita Hazara in Afghanistan. Pagine Esteri

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Le due eredità di un uomo per bene


Con la partecipazione di Francesca Scopelliti, compagna di Enzo Tortora e presidente della Fondazione per la giustizia «Enzo Tortora» Modera Salvo La Rosa, Giornalista e conduttore televisivo L'articolo Le due eredità di un uomo per bene proviene da Fond

Con la partecipazione di Francesca Scopelliti, compagna di Enzo Tortora e presidente della Fondazione per la giustizia «Enzo Tortora»

Modera Salvo La Rosa, Giornalista e conduttore televisivo

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Ambidestri


Dunque la a lungo bistrattata Unione europea è una cosa buona ed è necessario averne di più, che abbia più competenze, che estenda le proprie funzioni. Mica una cosa da poco. E accipicchia se sono significative le parole del ministro della Difesa Guido Cr

Dunque la a lungo bistrattata Unione europea è una cosa buona ed è necessario averne di più, che abbia più competenze, che estenda le proprie funzioni. Mica una cosa da poco. E accipicchia se sono significative le parole del ministro della Difesa Guido Crosetto, cui plaudo: «Nessun Paese europeo può difendersi da solo (…). I tempi ci stanno obbligando a mettere insieme le forze armate dei 27 Paesi dell’Unione sul modello Nato». Bravo, ma bravo anche a contestare la tesi di chi gli fa osservare che l’Italia va a rimorchio e conta poco o nulla: «Contiamo moltissimo, assolutamente». Molto bene. È il contrario di quanto gli antieuropeisti hanno salmodiato per anni, esponenti della destra ora al governo compresi; è il contrario dell’Ue in cui non si conta nulla e dalla cui moneta unica si deve uscire. Ma va benissimo così.

Nel mentre Crosetto parlava a Trento, Giorgia Meloni era in Romagna con Ursula von der Leyen, annunciando che accederemo al fondo di garanzia. Giusto. Non che sia una bella cosa, perché si tratta di fondi per far fronte alle disgrazie, ma l’Italia è quella che ha usato il fondo più di ogni altro e ora torna a farlo. L’esistenza di quel fondo è la non nuova dimostrazione della natura solidale dell’Ue. L’opposto di quel che dissero. Del resto, uno dei più grandi meriti di Meloni (e uso il suo nome, anziché quello del suo partito, perché sono sicuro che molti dei suoi – così come i suoi alleati – la pensavano diversamente) è stato quello di assicurare in campagna elettorale che non ci sarebbe stato sfondamento di bilancio, che non avremmo fatto più deficit. Nei successivi atti del governo s’è confermato il percorso di rientro dal debito, già delineato dal governo precedente. E questo è il riconoscimento della validità e utilità dei vincoli di bilancio europei, senza i quali il singolo Paese si troverebbe esposto alla speculazione e soccomberebbe. Come Crosetto ben vede sul fronte militare. Anche in questo caso è il contrario di quel che sostennero, ma va benissimo così. Lo hanno capito tutti e lo hanno capito i mercati. Difatti regna la quiete.

Anche sull’immigrazione s’è capito che non ha senso puntare sulla redistribuzione – perché non funziona e perché già è illegittimamente praticata – ma sui confini comuni, quindi su più Europa. Alla faccia dei paventati e impossibili blocchi navali. E anche qui: bene.

La destra di governo somiglia soltanto nelle pose alla destra di opposizione. Che poi lottizzino la Rai lo trovo disdicevole tanto quanto lo era quando a lottizzarla erano altri. Che il loro elenco di intellettuali di destra sia divertente quanto quello di sinistra (che un intellettuale non si fa intruppare e se si fa intruppare è un corista) era ed è scontato. Si ersero a difensori dell’italianità della mitica “compagnia di bandiera” e ora ne cedono il 90% ai tedeschi di Lufthansa. Va benissimo così. Gianni Agnelli sostenne che la sinistra fa le cose che la destra non può fare. Non che faccia cose di sinistra, ma cose ovvie che agli altri non riescono perché la sinistra s’oppone. Il giochino vale anche al contrario: la destra fa le cose che la sinistra non può fare. Si stanno impiccando alla ratifica della riforma del Mes non perché non sappiano come sciogliere il nodo, ma perché provano a usare furbescamente quel che sanno di dovere fare sommessamente. Meglio non tirare e mollare, tanto più che il cappio non è il Mes – come avventatamente dissero – ma la sceneggiata che stanno facendo.

Dove casca l’asino? In quello che la politica, di destra e di sinistra, non sa fare. La classe dirigente è da troppo tempo selezionata nell’arte parolaia, ma quell’arte serve a nulla quando si ha in mano il Pnrr. Servono competenze, che ci sono ma non fanno politica. E l’occasione è buona per rinsanguare un mondo divenuto anemico. Sperando che, nel frattempo, la sinistra non si metta a fare la destra quand’era all’opposizione, rinunciando a spingere perché i fatti seguano alle parole e sperando di rifarsi gonfiando parole senza sostanza.

La Ragione

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RiOrdino


Non è normale che quando una cosa non si può non farla in tempi ragionevoli, automaticamente si pensi a un commissario. Se poi ci si mette a cincischiare sul colore partitico del commissario stesso è segno che all’imperizia s’unisce l’incoscienza. Non son

Non è normale che quando una cosa non si può non farla in tempi ragionevoli, automaticamente si pensi a un commissario. Se poi ci si mette a cincischiare sul colore partitico del commissario stesso è segno che all’imperizia s’unisce l’incoscienza. Non sono due questioni diverse, ma due facce della medesima moneta. Cattiva.

Che un evento disgraziato, terremoto o alluvione, arrivi senza preavviso rientra nell’ordine naturale delle cose. Non sai cosa, non sai quando, ma sai che le disgrazie hanno questa caratteristica e che, pertanto, occorre prepararsi all’imprevedibile. Lo sappiamo e lo facciamo anche bene, visto che protezione civile, pompieri, esercito e forze dell’ordine hanno assicurato – ancora una volta – un soccorso efficiente e immediato. La cosa curiosa (talmente curiosa da non destare neanche curiosità) è che nessuno pensa che un commissario possa fare alcunché nella fase dell’immediata emergenza, quando le cose sono tutte anormali, ma lo si invoca per la fase successiva, quando le cose vanno tornando alla normalità.

E ci sono cose ancora più curiose, che raccontano moltissimo dell’Italia. Quel che più appassiona il legislatore è concepire un bel pensiero, mettere a fuoco una cosa giusta e quindi scriverla in una legge. Fine. Che il Parlamento abbia anche poteri e doveri di controllo ci se ne ricorda quando si tratta di fare Commissioni d’inchiesta pittoresche o eterne. Eppure il governo è un potere “esecutivo” e ci sono amministrazioni preposte alla concretizzazione di quanto legiferato, ad esempio alimentando le banche dati sulle condizioni territoriali o redigendo i piani triennali per quell’assetto. Poi si dovrebbe controllare che i dati siano gestiti correttamente e i piani realizzati. Qui manco li si è raccolti e preparati. E a farlo sarebbero dovuti essere, in diversi casi, dei commissari. Nominati perché prima non lo si faceva.

È un gravissimo errore credere che questa sia “burocrazia”: è la mascheratura dell’incapacità realizzativa e dell’incompetenza politica. Il che porta ad avere tanti soldi a disposizione e a spenderne pochi secondo quanto pianificato, poi correndo a spenderli a piffero per non perderne la disponibilità. I soldi non spesi, a loro volta, restando in cassa diventano “tesoretti”, che i governi di turno sventolano come loro miracolose scoperte, laddove sono il residuato contabile di miserabili fallimenti.

Non è normale che, passata l’emergenza, si dia per certo che la ricostruzione non si possa fare utilizzando i protagonisti istituzionali esistenti. Si dice: bisogna coordinare Comuni, Provincie, Regioni, enti territoriali e azione governativa. Giusto, e allora? In realtà si sta dicendo: tutta quella roba non funziona, quando qualche pezzo funziona sarà l’inerzia degli altri a bloccarlo; quindi, ora che c’è bisogno di fare e fare subito, saltiamoli tutti e facciamo un commissario, anzi no: facciamo un commissario che parli con tutti loro, ma poi decida. Come dire che l’intera macchina istituzionale e amministrativa è da buttare.

All’apice delle curiosità si trova la superstizione secondo cui, invece, tutto funzionerebbe se il capo dell’Italia – ovunque s’allochi (che il costituzionale e comparato non lo si maneggia con disinvoltura) – lo eleggesse trionfalmente il popolo. Ma è un’allucinazione: la legge stabilisce cosa sia l’autorità; la capacità e la serietà creano l’autorevolezza; il fallimento di autorità e autorevolezza genera autoritarismo. Non è un rimedio, è il monumento al male.

Aggiungete lo spettacolo della discussione sul colore del commissario, con il grottesco immaginarne uno “competente” contrapposto a uno “democratico” e avrete la spiegazione del perché la politica appassiona i fanatici delle tifoserie ma disaffeziona quanti restano convinti che un Paese che fa i nostri risultati non meriti una tale condizione, che un riordino non debba essere una rivoluzione ideologica ma una evoluzione pragmatica. E hanno ragione. Popolando il torto di non sapere come cambiare andazzo.

La Ragione

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La Biblioteca del MIM ricorda la figura di Don Lorenzo Milani, a cento anni dalla nascita (27 maggio 1923), con un’esposizione di volumi, tratti dalle collezioni ministeriali, che sarà aperta ai visitatori fino a fine mese presso la Sala dell’Emerote…


#NotiziePerLaScuola

È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.



Ucciso poliziotto Anp a Jenin. Israele ha bombardato in Siria


Ashraf Ibrahim è stato colpito da due proiettili durante un raid dell'esercito israeliano. Ieri missili israeliani su obiettivi alla periferia di Damasco L'articolo Ucciso poliziotto Anp a Jenin. Israele ha bombardato in Siria proviene da Pagine Esteri.

della redazione

Pagine Esteri, 29 maggio 2023 – Un ufficiale dell’intelligence dell’Autorità nazionale palestinese, Ashraf Ibrahim, 36 anni,è stato ucciso oggi da colpi dall’esercito israeliano penetrato nella notte nella città di Jenin per compiere arresti. Combattenti palestinesi hanno provato a respingere il raid. Nel successivo scontro a fuoco, Ibrahim è stato colpito da due proiettili ed è morto durante il trasporto in ospedale. Altri cinque palestinesi sono rimasti leggermente feriti

A Jenin è stato annunciato uno sciopero generale in seguito all’incidente.

L’ucciso era un militante del partito Fatah e aveva trascorso 11 anni nelle carceri israeliane prima di essere rilasciato nel 2019. Come molti altri ex prigionieri politici di Fatah, si era unito poi unità alle forze di sicurezza palestinesi.

Ieri la Siria ha denunciato un attacco israeliano con missili partiti dalle Alture del Golan, un’area parte del territorio siriano che Israele occupa dal 1967. I missili, in parte abbattuti dalle difese antiaeree siriane, hanno colpito nei pressi di Damasco. Non si ha notizie di vittime. Israele ha condotto negli ultimi anni centinaia di raid aerei in Siria contro quelli che descrive postazioni militari dell’Iran, alleato di Damasco. Pagine Esteri

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La forza del gioco di squadra – Codice di condotta


Oggi abbiamo fatto un altro piccolo passo per contrastare il telemarketing. Non può essere e non sarà la panacea di tutti i mali del telemarketing ma potrà contribuire a promuovere l’attività degli onesti e complicare la vita ai disonesti. Sono felice di esser parte della “squadra” che sta giocando questa partita!


guidoscorza.it/la-forza-del-gi…



LiberaLibri 2023 – “Jane Eyre” di Charlotte Brontë


Nell’ambito del Maggio dei Libri, Giulia Savarese legge un estratto di “Jane Eyre” di Charlotte Brontë, pubblicato nel 1847. La lettura è tratta dal capitolo 23. Progetto LiberaLibri 2023 L'articolo LiberaLibri 2023 – “Jane Eyre” di Charlotte Brontë pr

Nell’ambito del Maggio dei Libri, Giulia Savarese legge un estratto di “Jane Eyre” di Charlotte Brontë, pubblicato nel 1847.

La lettura è tratta dal capitolo 23.

Progetto LiberaLibri 2023

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Disponibile la nuova puntata del format “Il #MinistroRisponde” 📲

In questo sesto...

Disponibile la nuova puntata del format “Il #MinistroRisponde” 📲

In questo sesto appuntamento si parla degli interventi del Ministero a sostegno delle scuole colpite dall’alluvione in Emilia-Romagna, delle attività a supporto degli studenti in mater…



Venti di guerra nel Pacifico? Intervista all’ammiraglio Sandalli


Venti di guerra nel Pacifico? Intervista all’ammiraglio Sandalli guerra
Dunque si preparano davvero scenari di guerra nel Mar cinese Orientale e Meridionale? E in che tempi? Qual è la situazione soprattutto da un punto di vista militare nelle acque dove sorge Taiwan, l’isola che la Cina considera una provincia ribelle? La Repubblica Popolare Cinese dispone di una flotta da guerra in grado di competere con quella USA? Ne abbiamo parlato con l’ammiraglio Paolo Sandalli della Marina Militare Italiana, ora in congedo ma a lungo operativo nel Sud est asiatico e dunque attivo per la nostra Marina in quel teatro Estremo Orientale

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In Cina e Asia – Il nuovo ambasciatore cinese fa visita a Kissinger


In Cina e Asia – Il nuovo ambasciatore cinese fa visita a Kissinger kissinger
I titoli di oggi:

Xie Feng fa visita a Henry Kissinger
Gli Usa rafforzano le catene di approvvigionamento dei settori critici
Bill Gates: la Cina può dare un contributo unico alle sfide globali
Il primo aereo a fusoliera stretta realizzato in Cina fa il suo esordio nella tratta Shanghai-Pechino
La Corea del Nord fortifica i suoi confini con Cina e Russia

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Erdogan rieletto già agita il pugno contro l’opposizione


Ha accusato Kilicdaroglu di essersi schierato con i terroristi, in riferimento al sostegno elettorale offerto dai curdi al suo rivale. L'articolo Erdogan rieletto già agita il pugno contro l’opposizione proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it

della redazione

Pagine Esteri, 29 maggio 2023 – Il presidente turco Tayyip Erdogan ha prolungato i suoi due decenni al potere ottenendo ieri un nuovo mandato per perseguire le sue politiche autoritarie che hanno polarizzato la Turchia ma anche rafforzato la sua posizione di potenza militare regionale.

Il suo sfidante, Kemal Kilicdaroglu, l’ha definita “l’elezione più ingiusta degli ultimi anni” ma ha riconosciuto il risultato. Kilicdaroglu ha ottenuto il 47,9% dei voti contro il 52,1% di Erdogan, risultati che mostrano una nazione profondamente divisa.

L’elezione è stata tra le più importanti per la Turchia contemporanea, con l’opposizione che credeva fino a qualche settimana fa di avere un’ottima possibilità di spodestare Erdogan, in crisi di popolarità per la crisi economica, e di bloccare le sue politiche. Invece, la vittoria ha rafforzato l’immagine di Erdogan che nei suoi lunghi anni al potere ha ridisegnato la politica interna, economica, di sicurezza ed estera della Turchia, paese con 85 milioni di abitanti e membro della Nato

Nel discorso di vittoria pronunciato ad Ankara, Erdogan si è impegnato a lasciarsi alle spalle tutte le controversie e ha invitato il paese ad unirsi dietro i valori e i sogni nazionali. In precedenza, rivolgendosi ai sostenitori esultanti dall’alto di un autobus a Istanbul, aveva detto che “l’unico vincitore oggi è la Turchia”. “Ringrazio ognuno degli elettori che ci ha dato la responsabilità di governare il Paese per altri cinque anni”, ha detto.

Allo stesso tempo Erdogan si è scagliato contro l’opposizione, accusando Kilicdaroglu di essersi schierato con i terroristi, in riferimento al sostegno elettorale offerto dai curdi al suo rivale. E ha detto che il rilascio dell’ex leader del partito filo-curdo Selahattin Demirtas, che ha etichettato come “terrorista”, non avverrà sotto il suo governo.

Secondo Erdogan l’inflazione è il problema più urgente della Turchia.

La sconfitta di Kilicdaroglu con ogni probabilità è stata accolta con dispiacere dagli alleati Nato della Turchia, allarmati dai legami di Erdogan con il presidente russo Vladimir Putin, che si è congratulato con il suo “caro amico” per la sua vittoria.

Comunque sia il presidente degli Stati uniti Joe Biden ha scritto su Twitter: “Non vedo l’ora di continuare a lavorare insieme come alleati della Nato su questioni bilaterali e sfide globali condivise”. Le relazioni degli Usa con Ankara sono state segnate da ripetuti disaccordi, come l’obiezione di Erdogan all’adesione della Svezia alla Nato, ma soprattutto lo stretto rapporto del rieletto presidente turco con Mosca, oltre alle divergenze sulla Siria.

Con il rinnovo del suo mandato, Erdogan diventa il leader più longevo da quando Mustafa Kemal Ataturk ha fondato la Turchia moderna sulle rovine dell’Impero ottomano un secolo fa. Si tratta di un anniversario di eccezionale significato politico che Erdogan, indubbiamente legato al passato ottomano, celebrerà al comando del paese.

Erdogan, capo del partito AK di matrice islamista, ha fatto appello agli elettori con una retorica nazionalista e conservatrice durante una campagna controversa che ha distolto l’attenzione dai profondi problemi economici.

Kilicdaroglu, che aveva promesso di portare il Paese su un percorso più democratico e di rispettare i diritti umani, ha detto che il voto ha mostrato la volontà della gente di cambiare un governo autoritario. “Tutti i mezzi dello stato sono stati posti ai piedi di un uomo”, ha detto.

I sostenitori di Erdogan, che si sono riuniti fuori dalla sua residenza di Istanbul, hanno cantato Allahu Akbar, o Dio è il più grande. E un po’ tutti si sono detti convinti che con lui in carica la Turchia diventerà più forte per altri cinque anni.

Ma la Turchia è divisa a metà e chi ha votato per Kilicdaroglu pensa che la speranza di un cambiamento non sia svanita ieri e che esistano ancora le possibilità di rimuovere dal potere Erdogan. La performance del presidente rieletto però ha spiazzato gli oppositori convinti che gli elettori lo avrebbero punito per la crisi economica, la risposta inizialmente lenta dello Stato ai devastanti terremoti di febbraio, in cui sono morte più di 50.000 persone. Non solo, al primo turno di votazioni del 14 maggio, che includeva le elezioni parlamentari, il partito AK del presidente a sorpresa è emerso al vertice in 10 delle 11 province colpite dai terremoti e potrà continuare a governare assieme agli alleati.

Il presidente francese Emmanuel Macron, che spesso ha avuto contrasti con Erdogan si è congratulato, affermando che Francia e Turchia hanno “enormi sfide da affrontare insieme”. I presidenti di Iran, Israele e il re saudita Salman sono stati tra i primi leader a congratularsi con Erdogan per anni in disaccordo con numerosi governi della regione ma che negli ultimi anni ha assunto una posizione più conciliante. Pagine Esteri

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PRIVACYDAILY


N. 128/2023 LE TRE NEWS DI OGGI: I ministri hanno solo pochi giorni per decidere se compiere il passo straordinario di avviare un’azione legale contro l’inchiesta Covid, nell’ambito della loro battaglia per mantenere segreti una serie di messaggi sensibili provenienti da figure di alto livello come Boris Johnson e Rishi Sunak. A sole 48 ore... Continue reading →


Secondo la Commissione, l’Unione europea quest’anno raggiungerà un accordo sulla prima legge in materia di intelligenza artificiale (IA). Eppure, secondo le dichiarazioni della commissaria per il digitale Margrethe Vestager in un’intervista, le nuove norme potrebbero non entrare in vigore prima...


Siena, lo stadio della vergogna


Lo stadio di Siena è chiuso per lavori da moltissimo tempo. È una vergogna (purtroppo frequente in Italia). Con che faccia il sindaco l'assessore hanno il coraggio di farsi vedere in giro?


Scuole del Tigray in rovina, 3.846 studenti, insegnanti uccisi nel conflitto genocida


Il conflitto nella regione etiope del Tigray è costato la vita a oltre 3.846 insegnanti e studenti, è quanto rivela l’Ethiopian Institution of the Ombudsman Le valutazioni dei danni in corso dipingono un quadro cupo di devastazione per le scuole e le stru

Il conflitto nella regione etiope del Tigray è costato la vita a oltre 3.846 insegnanti e studenti, è quanto rivela l’Ethiopian Institution of the Ombudsman

Le valutazioni dei danni in corso dipingono un quadro cupo di devastazione per le scuole e le strutture educative.

Il rapporto, presentato il 25 maggio 2023, ha rivelato che la guerra nel Tigray aveva causato la morte di 2.146 studenti e 1.700 insegnanti in due anni. La sostanziale perdita di vite umane minaccia di interrompere gravemente l’apprendimento per una generazione di giovani del Tigray.

Sei mesi dopo la fine dei combattimenti con l’accordo di Pretoria, oltre 2,8 milioni di tigrini sono ancora sfollati dalle loro case.

I risultati sono emersi una settimana dopo che gli sfollati interni e i residenti del Tigray hanno organizzato massicce proteste chiedendo il ritiro delle forze eritree e amhara che occupavano parti del Tigray.

Funzionari dell’Amministrazione provvisoria del Tigray hanno affermato che finché queste truppe rimarranno, gli sfollati interni non potranno tornare ai loro precedenti mezzi di sussistenza, comprese le scuole lasciate in frantumi all’indomani del conflitto.

Un milione dei 2,8 milioni di sfollati interni proviene dal Tigray nordoccidentale, che secondo quanto riferito rimane sotto il controllo delle forze eritree e amhara.

Tuttavia, anche vicino al capoluogo regionale Mekelle, rimangono oltre 419.000 sfollati interni, oltre a 299.000 nel Tigray centrale, 256.000 nel Tigray orientale, 195.000 nel sud-ovest e oltre 45.000 nel sud.

Inoltre, gli sfollati interni non ricevono aiuti e sostegno adeguati, secondo Adane Belay, direttore della prevenzione degli abusi presso l’Ethiopian Institution of the Ombudsman. L’istituto ha condotto la ricerca tra il 30 aprile e il 10 maggio 2023.

Adane ha affermato che durante la guerra, il 96% dei banchi degli studenti, il 95% delle lavagne, l’88% delle aule degli studenti (sia completamente che parzialmente), il 63% dei libri di testo e il 31% degli edifici amministrativi sono stati distrutti nella regione del Tigray.

I danni alle strutture sanitarie sono stimati a 65 miliardi di birr etiopi, mentre i danni alle infrastrutture elettriche sono stimati a tre miliardi di birr, alle infrastrutture di telecomunicazione a 1,3 miliardi di birr e alle infrastrutture idriche a 489 milioni di birr.

Proprietà del valore di 69 miliardi di birr sono state distrutte in quattro settori, secondo il rapporto.


FONTE: thereporterethiopia.com/34244/


tommasin.org/blog/2023-05-28/s…




Mosca e Kyiv non sono uguali. Crosetto cita don Milani sulla guerra


Guido Crosetto, ministro della Difesa, ha scritto una lettera al direttore de l’Unità, Piero Sansonetti, pubblicata domenica sul quotidiano. Crosetto parla della situazione in Ucraina e delle missioni militari all’estero dell’Italia: “Non si può chiedere

Guido Crosetto, ministro della Difesa, ha scritto una lettera al direttore de l’Unità, Piero Sansonetti, pubblicata domenica sul quotidiano. Crosetto parla della situazione in Ucraina e delle missioni militari all’estero dell’Italia: “Non si può chiedere la pace senza l’abbandono e la rinunzia ai territori che la Russia ha occupato, il riconoscimento che l’invasione è stato un atto illegittimo, in violazione di ogni norma internazionale, che ha causato danni e sofferenze indicibili alle popolazioni civili. Stabilito che credo che il solo tentativo di mediazione serio, in campo e che bisogna aiutare in tutti i modi sia quello del cardinale [Matteo Maria] Zuppi e del Vaticano, resta il punto: ‘Non c’è ingiustizia più grande che fare parti uguali tra diseguali’”, dice citando don Lorenzo Milani.

IL DEBOLE E IL FORTE

“Immagino già un vecchio pacifista come te che sobbalza sulla sedia: ma come, Crosetto che mi cita don Milani?! Eh sì, non solo perché ricorrono i cento anni dalla nascita, questa frase di don Lorenzo Milani, tratto dal suo pamphlet più famoso, Lettera a una professoressa, mi frulla in testa da giorni. La citazione, come ben sai, si riferisce, principalmente, al mondo della scuola […]. Se ci pensi, però, le parole di don Milani si possono prendere e traslare sul piano politico, diplomatico e internazionale: l’Ucraina è la parte debole, aggredita, invasa (tanto che viene aiutata dall’Occidente, democrazie libere e basate sul consenso e il gioco democratico, non autocrazie), la Russia è la parte forte, l’aggressore, l’invasore. Non si possono, cioè, fare parti uguali tra diseguali, neppure nei rapporti tra le Nazioni”, ribadisce Crosetto.

LE GUERRE GIUSTE

“Naturalmente, citando don Milani, potrei subire facilmente la critica di appropriarmi del pensiero di un autore famoso, anche, per il suo pacifismo e il suo antimilitarismo (…). Per don Milani non esistono guerre ‘giuste’. Non ne ravvisa la possibilità neppure nella Costituzione. Non sono, ovviamente, d’accordo. Le guerre ‘giuste’ (quelle per la difesa della Patria, come la lotta di Liberazione, e quelle per stabilire un ordine internazionale democratico, libero, pacifico, come la lotta al terrorismo, agli Stati canaglia, o quella di autodifesa dell’Ucraina) esistono eccome. Ma capisco e rispetto la posizione di un pacifismo ‘totale’, ‘intransigente’ e che rifiuta la guerra combattuta con ogni mezzo e per qualsiasi fine. Rispetto molto meno partiti e giornali (non farò nomi) che, fino a ieri, quando erano al governo o appoggiavano partiti al governo, approvavano a occhi chiusi l’aumento delle spese militari e l’invio di armi all’Ucraina mentre, oggi, che sono all’opposizione, si sono ‘riscoperti’ pacifisti integrali, integerrimi, totali. Ridicoli…”, prosegue il ministro.

IL RICORDO DI CICCIOMESSERE

“Resta che le parole e i libri di don Milani sono alla base dell’introduzione, anche in Italia, del diritto all’obiezione di coscienza, portato a dama da un deputato radicale morto di recente, Roberto Cicciomessere. Oggi, l’esercito di leva, da molti decenni, non esiste più. Abbiamo forze armate professionali e composte da professionisti che scelgono – bontà loro! – sacrificando molto della loro vita privata, di servire per difendere la Patria in Italia e fuori. E proprio su questo tema, sulle nostre missioni militari all’estero, vorrei spendere due parole. Ovunque vanno le nostre Forze Armate, nei Paesi stranieri in cui svolgono operazioni di peaceforcing e di peacekeeping, vengono trattate e vissute come ‘amici’, non come stranieri ‘invasori’. È il modello italiano che, nato nell’operazione militare in Libano, ormai fa scuola in mezzo mondo. Il mio compito, quello che mi sono prefisso, è di connettere, sempre di più, l’azione dei nostri militari con quella dei territori e delle popolazioni in cui operano, nel rispetto e nella gratitudine di tutti”, sottolinea Crosetto.

LE NUOVE FORZE ARMATE

“La mia idea, un’idea ‘nuova’ per l’impiego delle nostre forze armate, è quella di aiutare i Paesi stranieri dilaniati da guerre civili, lotte intestine, terrorismi di varia natura, spesso privati dei più elementari diritti di democrazia, libertà, crescita economica e sociale, a crescere e svilupparsi. Condizioni che, purtroppo, in troppi teatri esteri, solo la presenza militare può davvero garantire. Penso soprattutto all’Africa, a quel grande continente, dove non a caso il governo Meloni ha lanciato un importante e serio ‘Piano Mattei’. Il lavoro del governo, in Italia come in Africa come altrove, mira a fare ‘uguali’ cittadini, nazioni, continenti. Proprio perché fare le parti uguali fra diseguali vuol dire commettere l’ingiustizia maggiore”, conclude il ministro.


formiche.net/2023/05/ucraina-c…



Francesco Meloni, professione avventuriero


Le riviste cartacee da dieci anni almeno chiudono a grappoli (e non sempre si tratta di onorevoli uscite di scena) e da altrettanti anni la roba per serve si ammucchia nei supermercati e nelle poche edicole rimaste con tirature a rotta di collo. Nel maggio 2023 il per nulla glorioso "#Gente" (la un tempo concorrente "#Oggi" pare abbia cambiato linea editoriale abbandonando monarchi monegaschi, principi britannici e altra roba del genere) dedica una copertina alla madre non sposata all'epoca Primo Ministro nello stato che occupa la penisola italiana.
Il signor Francesco #Meloni vi viene definito #avventuriero.
Alla madre tocca la definizione di scrittrice.
Nel 1995 Meloni fu beccato mentre cercava di introdurre nel #Regno di #Spagna una quantità di hashish tale da rallegrare le serate di tutta la #Castiglia e di tre quarti dell'#Andalusia per un anno di fila (qui su Archive). La #FirenzeCheNonConta lo avrebbe chiamato #cialtrone, #sprovveduto, #improvvisato, #sfortunato o puramente e semplicemente #bìschero. Se non fosse stato il padre di un individuo politicamente intoccabile le gazzette lo avrebbero relegato nelle pagine interne e a distanza di trent'anni (e di un decesso, avvenuto nel 2012) dai fatti sarebbe stato ancora tacciato di #trafficante o di #spacciatore.
E Francesco Meloni era un uomo. Con buona pace di chi segue la moda del "#linguaggio #inclusivo" il vocabolo #avventuriera, al pari di #esperta, #cortigiana, #intrattenitrice, #cubista e chissà quanti altri, non va usato come complimento.



Neuralink: gli USA autorizzano Musk a testare i microchip cerebrali sull’uomo | L'Indipendente

"Dopo anni di annunci circa l’inizio imminente di test clinici sull’uomo, la società di impianti cerebrali di Elon Musk – Neuralink – ha reso noto che la Food and Drug Administration (FDA) ha autorizzato la sperimentazione umana di chip cerebrali negli Stati Uniti. L’obiettivo è quello di creare un’interfaccia tra l’uomo e il computer con l’inserimento di un chip – tramite un foro di 8 mm nel cranio – collegato al cervello con fili più sottili di un capello umano, che possono essere “iniettati” con un ago di 24 micron per rilevare l’attività dei neuroni. L’operazione sarà condotta da un robot per ridurre al minimo i rischi d’errore. L’azienda del magnate americano aveva chiesto l’autorizzazione all’FDA all’inizio del 2022, ma l’agenzia aveva respinto la domanda a causa di diverse preoccupazioni che dovevano essere affrontate prima di dare l’avvio alle sperimentazioni."

lindipendente.online/2023/05/2…



Ufo nel Medioevo? No


Gli UFO nel Medioevo attraverso l’analisi del dipinto “La Crocifissione di Cristo” presente nel monastero di Visoki Decani. Storia dell’arte e curiosità extraterrestre in un viaggio affascinante tra credenze antiche e interpretazioni moderne. 1. LaContinue reading

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Dino Greco* L’antefatto della strage di Piazza della Loggia: le lotte di classe a Brescia nei primi anni Settanta  Per capire cosa sia stata la strage


 Dmitrij Palagi* Durante il primo ciclo di incontri dei dialoghi sull’immaginario abbiamo avuto modo di discutere anche di un libro di Claudio V


FESTIVAL DELL’ECONOMIA DI TRENTO – Nuovi modelli educativi tra CHATGPT e digitale


Grazie al FESTIVAL dell’ ECONOMIA di TRENTO per l’invito e per aver organizzato un bellissimo dibattito aperto e partecipato con Sara Tonelli, Carlo Blengino, Michele Kettmajer e Stefano Moriggi. Al prossimo anno!


guidoscorza.it/festival-dellec…



Russia fornirà armi alla Somalia. Al Shaabab: uccisi 137 soldati dell’Atmis


La Russia è pronta a fornire all'esercito somalo attrezzature militari nella sua guerra contro il terrorismo, L'articolo Russia fornirà armi alla Somalia. Al Shaabab: uccisi 137 soldati dell’Atmis proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023/

della redazione

Pagine Esteri, 27 maggio 2023La Russia è pronta a fornire all’esercito somalo attrezzature militari nella sua guerra contro il terrorismo, ha annunciato ieri il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov dopo i colloqui a Mosca con il suo omologo somalo Abshir Omar Jama.

Lavrov ha detto che la Russia è in grado di soddisfare i bisogni materiali dell’esercito somalo nella sua lotta contro gli estremisti che agiscono nel territorio somalo, inclusi al-Shabaab e al-Qaeda. In precedenza, Lavrov aveva sottolineato la lunga relazione tra due paesi, che risale all’URSS. I due ministrri anche discusso dei preparativi per il vertice Russia-Africa previsto per luglio a San Pietroburgo. Un appuntamento con il quale Mosca conferma la sua intenzione di giocare un ruolo di primo piano in Africa e di stringere i rapporti politici ed economici con Paesi ritenuti fondamentali da un punto di vista strategico, tra cui la Somalia.

Intanto, proprio ieri, i ribelli di Al Shabaab hanno lanciato un violenti attacco contro una base dell’esercito ugandese – che fa parte dell’Atmis, il contingente militare dell’Unione africana in Somalia– a circa 120 chilometri a sud-ovest della capitale Mogadiscio.

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Un miliziano di Al Shaabab durante l’attacco

L’Atmis ha successivamente riferito che al Shabaab aveva attaccato la base usando una autobomba e attentatori suicidi. Il supporto aereo della missione avrebbe poi colpito gli aggressori mentre si ritiravano. Un comandante dell’esercito somalo ha aggiunto che entrambe le parti hanno subito pesanti perdite.

Al Shabaab da parte sua afferma di aver ucciso 137 soldati dell’Atmis, catturato molti altri oltre ad aver causato danni ingenti. Pagine Esteri

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I Murales dell'arista Stefano Salvi sul muro del Circolo Longo di Rifondazione comunista a Cinecittà. Verrà inaugurato domenica 28 maggio, alle 11, in via


PAROLE O_STILI – Distanze – Di effetti lontani e cose vicine


Ringrazio gli organizzatori del Festival Parole O_Stili per avermi invitato a partecipare al panel di discussione moderato da Massimo Cerofolini e dedicato all’importanza dei dati personali, alla privacy e agli algoritmi generativi.


guidoscorza.it/parole-o_stili-…



Imperatori Romani d’Occidente: La Lista Completa (con durata in carica)


Imperatori Romani d’Occidente, la lista completa. L’Impero Romano d’Occidente, una delle più potenti entità politiche del mondo antico, ha visto una serie di leader carismatici, forti e spesso controversi. La tabella seguente elenca tutti gliContinue reading

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PRIVACYDAILY


N. 127/2023 LE TRE NEWS DI OGGI: Hadelsblatt citando l’ufficio per la protezione dei dati nello Stato in cui la casa automobilistica ha la sua gigafactory europea che le autorità tedesche hanno seri indizi di possibili violazioni della protezione dei dati da parte di Tesla .Il rapporto di Handelsblatt afferma che la casa automobilistica elettrica... Continue reading →


Università, Economia, Politica, Istituzioni e Giornalismo nell’opera di Luigi Einaudi: Il giornalismo


29 maggio 2023 La sterminata produzione giornalistica di Luigi Einaudi, specie sul Corriere della Sera, oltre a trattare temi tipici del giornalismo economico, spazia su profili più ampi e diversi e consente di riflettere sul ruolo attuale del giornalismo

29 maggio 2023

La sterminata produzione giornalistica di Luigi Einaudi, specie sul Corriere della Sera, oltre a trattare temi tipici del giornalismo economico, spazia su profili più ampi e diversi e consente di riflettere sul ruolo attuale del giornalismo, anche nel suo rapporto con gli “altri” poteri, soprattutto quello politico e quello giudiziario.

Relatori
Massimo Nava, Editorialista del Corriere della Sera;
Davide Giacalone, giornalista e Vice Presidente della Fondazione Luigi Einaudi
Andrea Cangini, giornalista e Segretario generale della Fondazione Luigi Einaudi

Progetto Università, Economia, Politica, Istituzioni e Giornalismo nell’opera di Luigi Einaudi

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Protesta per Mahsa Amini e contro l’obbligo del velo: Ghazaleh Chalabi viene uccisa dai paramilitari iraniani


Ghazaleh era un’alpinista e atleta iraniana di 33 anni, colpita alla testa e uccisa dai volontari paramilitari basij durante le proteste per Mahsa Amini. Nata nel 1989 ad Amol, aveva studiato gestione bancaria ed era stata contabile per una società privat

Ghazaleh era un’alpinista e atleta iraniana di 33 anni, colpita alla testa e uccisa dai volontari paramilitari basij durante le proteste per Mahsa Amini.

Nata nel 1989 ad Amol, aveva studiato gestione bancaria ed era stata contabile per una società privata.

Ghazaleh Chalabi, il 21 settembre 2022, è stata colpita alla testa da un proiettile di un fucile di precisione sparato da un ufficiale dei Guardiani della rivoluzione islamica. Ghazaleh stava filmando la manifestazione e aveva finito col registrare anche il momento in cui era stata colpita dal proiettile del cecchino.

Questo video, diffuso su Internet, ha fatto inorridire il mondo.

Prima della sua morte, Ghazaleh aveva compilato due volte la domanda per la donazione dei suoi organi in caso di morte cerebrale. La famiglia di Chalabi aveva annunciato la donazione di diversi organi della ragazza, ma le autorità iraniane non hanno permesso ai genitori di farlo.

I guardiani della rivoluzione hanno sequestrato il corpo della giovane vittima e hanno minacciato i genitori intimando loro di non fare clamore sul caso e di seppellire la loro figliola in un luogo sconosciuto.

Le ultime parole di Ghazaleh furono: “Non aver paura, non abbiamo paura”.

Una zia di Chalabi ha rivelato in un’intervista che sua nipote era entrata in coma prima di morire e che “le avevano sparato frontalmente”. Non è stata dunque colpita a caso, ma volontariamente. “Aveva un piccolo foro sulla sua fronte. Il proiettile è uscito dalla parte posteriore della testa dove si era formato un buco grande quanto un mandarino.

Le forze di sicurezza hanno minacciato di morte anche il fratello di Chalabi ammonendo anche lui a non rivelare la causa della morte della sorella.

Durante la cerimonia funebre vi erano molti agenti in borghese alla sua sepoltura e stavano filmando le persone per registrarle e poi intimidirle.

Le minacce sono parte delle tattiche intimidatorie utilizzate dai servizi di sicurezza iraniani per meglio reprimere le proteste che da mesi si levano nel Paese dal 16 settembre 2022, giorno dell’assassinio di Mahsa Amini.

Dopo oltre otto mesi di una coraggiosa lotta a mani nude, al prezzo della vita, ora con la disobbedienza civile e con gesti gioiosi, ironici e densi di simbolismo, le donne per le strade, sui mezzi pubblici, nei parchi, nelle scuole e nei campus universitari, ostentano i loro fluenti capelli, sciolti o a coda di cavallo, legati in crocchia o modellati in bob. “Il velo è solo un simbolo della protesta, dell’oppressione ed è paragonabile al Muro di Berlino”, sono convinte che se lo si abbatte, l’intero sistema della Repubblica islamica crollerà”, è questo il loro grido di libertà al mondo.

L’obbligo del velo è il pilastro più debole su cui si fonda la rigida applicazione delle leggi islamiche che costringono le donne alla segregazione e la polizia morale ha il compito di videosorvegliare l’abbigliamento delle persone e di arrestare coloro che non rispettano il codice prescritto dalle leggi vigenti della sharia.

Il regime teocratico non può rinunciare all’applicazione rigida della norma che segrega le donne confinandole in uno spazio di minorità: considerandole inferiori agli uomini, dunque. Non può sopportare che da oltre otto mesi, per le donne, la questione dell’hijab sia un capitolo chiuso, perché con questa rivoluzione le ragazze hanno di fatto già abolito l’obbligo di indossarlo. Le autorità iraniane non riescono più a far rispettare l’odioso codice di abbigliamento e ricorrono dunque all’inasprimento della legge e al terrorismo. La cosiddetta polizia morale continua a terrorizzare e a tormentare le donne di qualsiasi età, anche le bambine di nove anni.

Nelle scuole di Tehran e di diverse altre città del paese si registrano ancora attacchi chimici.

Il movimento giovanile di protesta accusa il regime della Repubblica islamica di volersi vendicare del coraggioso attivismo delle donne che hanno generato un moto di ribellione nonviolenta che sta scardinando le fondamenta ideologiche su cui si basa la teocrazia.

Dietro questi crimini contro l’umanità vi è la mano del regime che avrebbe incaricato gruppi di estremisti religiosi di mettere in atto tali azioni terroristiche nei confronti delle studentesse che si oppongono all’obbligo dell’hijab per escluderle dalle scuole e tenere dunque lontane dall’istruzione pubblica le alunne senza velo che hanno di fatto abbattuto l’apartheid di genere in Iran. Il gruppo estremista di Hamian-e Velayat è l’organizzazione sciita che starebbe dietro queste azioni terroristiche nelle scuole del paese. In passato tale formazione religiosa aveva lanciato attacchi contro i derwishi. Hamian-e Velayat è molto legata al figlio della guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, e ai pasdaran. L’obiettivo della parte più radicale del regime, infatti, sarebbe quello di terrorizzare la popolazione.

Un agente organofosfato viene liberato nelle aule di licei femminili provocando forte sudorazione, eccesso di salivazione, vomito, ipermotilità intestinale, perdita momentanea della vista, difficoltà respiratorie e paralisi, fino all’esito della morte. Tali sintomi si possono presentare anche a distanza di due settimane.

In questi ultimi giorni si sono registrati numerosi arresti di adolescenti che non indossavano l’hijab nei negozi e nei centri commerciali. A Isfahan quaranta negozi sarebbero stati chiusi perché il personale non indossava il velo. A Shandiz, nel nordovest dell’Iran, un agente delle forze volontarie paramilitari “basij” delle Guardie rivoluzionarie in borghese ha aggredito in un negozio di alimentari due donne senza l’hijab, rovesciando loro addosso un secchiello di yogurt.

“Fare il bene e proibire il male”, è il principio filosofico della Repubblica islamica. Il regime ha a lungo promosso la legge sul velo come simbolo del suo successo nell’istituzione della Repubblica islamica. La legge iraniana sull’hijab impone alle donne e alle ragazze di età superiore ai 9 anni di coprirsi i capelli e di nascondere le curve del proprio corpo sotto abiti lunghi e larghi. Nell’agosto del 2021 il presidente Ebrahim Raisi aveva inasprito la legge sull’hijab, imponendo un codice di abbigliamento più rigido e accaniti pedinamenti per farlo rispettare. La polizia morale aveva installato telecamere di videosorveglianza nei pressi di scuole, università e uffici e ad ogni angolo di piazze e strade. Ora le telecamere sono presenti anche nelle aule delle scuole di ogni ordine e grado.

Molte donne aderiscono ancora a questa regola, alcune per scelta e altre per paura. I video del Gran bazar nel centro della capitale Tehran, ad esempio, mostrano che la maggior parte delle donne si coprono i capelli.

Ma i video di parchi, caffè, ristoranti e centri commerciali, luoghi frequentati da donne giovani, mostrano che quasi tutte sono a capo scoperto. Non indossano più l’hijab le celebrità dell’arte, dello spettacolo e le atlete. “L’era dell’hijab forzato è ormai finita in Iran”, gridano le ragazze nelle piazze e nelle strade.

“I foulard torneranno sulle teste delle donne”, è la risposta del deputato Hossein Jalali ai media iraniani.

Ma ora la sfida tra il regime e i giovani è più che mai aperta e il dissenso nella nuova generazione rimane troppo diffuso per essere contenuto e troppo pervasivo perché vi sia un ritorno al rispetto del codice di abbigliamento, affermano le attiviste per i diritti umani.

Le donne con la disobbedienza civile stanno trasformando i loro foulard nell’arma più efficace e più potente contro la dittatura religiosa e gli strati profondi di misoginia e patriarcato della Repubblica islamica.

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Taiwan Files – Lo Stretto dopo il G7


Taiwan Files – Lo Stretto dopo il G7 7382882
G7, Ams, Nato e armi (con ritardi e nuove spedizioni). Turismo bloccato sullo Stretto. Morta l'ultima donna di conforto taiwanese. Proteste alla NTU. Turbolenze su economia e investimenti. La serie Netflix Wave Makers. La rassegna settimanale di Lorenzo Lamperti con notizie e analisi da Taipei (e dintorni)

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Kosovo: scontri tra serbi e polizia. Belgrado mobilita l’esercito


Alta tensione tra Belgrado e Pristina. La Serbia mobilita l'esercito dopo gli scontri tra la polizia del Kosovo e i manifestanti serbi che hanno boicottato le elezioni e vogliono impedire ai sindaci albanesi di insediarsi L'articolo Kosovo: scontri tra s

di Redazione

Pagine Esteri, 26 maggio 2023 – Il presidente della Serbia Aleksandar Vucic ha posto l’esercito del paese in stato di massima allerta e ha ordinato a diverse unità delle forze armate di avvicinarsi al confine con il Kosovo, dopo che manifestanti e polizia si sono scontrati a Zvecan, una città a maggioranza serba nella parte settentrionale di quella che Belgrado considera una sua provincia, non riconoscendone l’indipendenza decretata da Pristina nel 2008 dopo l’intervento militare della Nato nel 1999.
Il ministro della difesa della Serbia Milos Vucevic, confermando l’ordine del presidente, ha definito “drammatica” la situazione in Kosovo.

La polizia kosovara ha sparato gas lacrimogeni nella città di Zvecan, nel distretto di Mitrovica, per disperdere una folla davanti alla sede del comune. I manifestanti, che hanno reagito all’atto di forza lanciando pietre e incendiando alcuni mezzi delle forze dell’ordine, stavano cercando di impedire a un sindaco di etnia albanese appena eletto di entrare nel suo ufficio a seguito di un’elezione che i serbi del Kosovo hanno boicottato.

Il boicottaggio serbo delle elezioni
Più di 50.000 serbi che vivono in quattro comuni del nord del Kosovo, tra cui Zvecan, hanno disertato le urne il 23 aprile scorso per protestare contro il fatto che le loro richieste di maggiore autonomia non erano state soddisfatte.
Nei quattro comuni a maggioranza serba l’affluenza elettorale è stata soltanto del 3,47% e la popolazione ha affermato che non collaborerà con i nuovi sindaci – tutti di partiti di etnia albanese – perché non li rappresentano.
Se gli albanesi costituiscono quasi il 90% della popolazione totale del Kosovo, i serbi rappresentano di gran lunga la maggioranza nella regione settentrionale.

Blerim Vela, capo dello staff del presidente del Kosovo Vjosa Osmani, ha accusato “le strutture illegali e criminali della Serbia” di aver provocato l’escalation contro le forze dell’ordine.

Un giornalista dell’agenzia Reutersha riferito che diversi veicoli della missione di mantenimento della pace della NATO in Kosovo sono stati avvistati nelle vicinanze del luogo degli scontri.

Da parte sua Jeffrey Hovenier, ambasciatore degli Stati Uniti a Pristina, ha condannato l’azione della polizia di Pristina. «Gli Stati Uniti condannano l’azione in corso da parte delle autorità kosovare per accedere agli edifici municipali nel nord del Kosovo. Le misure violente di oggi dovrebbero essere immediatamente interrotte» ha scritto su Twitter.

Chris Murphy, un senatore democratico degli Stati Uniti e membro del Comitato per le relazioni estere che ha recentemente visitato il Kosovo, ha affermato: «Come amico del Kosovo sono stato colto totalmente di sorpresa e lui (Kurti) dovrebbe porre immediatamente fine a questa provocazione».

Il piano sostenuto da Stati Uniti e Unione Europea, concordato verbalmente dai governi del Kosovo e della Serbia lo scorso marzo, mirava a disinnescare le tensioniconcedendo ai serbi locali maggiore autonomia. La comunità serba da tempo chiede l’istituzione di un’associazione di comuni serbi in Kosovo, per coordinare il lavoro su istruzione, sanità, pianificazione territoriale e sviluppo economico a livello locale. Pristina però rifiuta temendo che la federazione dei comuni possa trasformarsi in una sorta di enclave serba completamente autonoma.
L’istituzione dell’associazione era stata originariamente inserita nell’accordo Pristina-Belgrado del 2013, ma è stata successivamente dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale del Kosovo.

Secondo diversi media, Vucic ha chiesto alle truppe dell’Alleanza Atlantica ancora presenti in Kosovo di proteggere i serbi kosovari dalla polizia, mentre quest’ultima ha fatto sapere di avere incrementato il numero di agenti sul posto «per aiutare i sindaci dei comuni settentrionali di Zvecan, Leposavic e Zubin Potok a esercitare il loro diritto» a insediarsi. Diversi video pubblicati sui social media mostrano, oltre alle immagini degli scontri, anche le colonne di blindati delle foze speciali kosovare muovere verso i comuni interessati.

Kosovo: droni turchi e manovre militari Nato
Intanto nei giorni scorsi le forze di sicurezza del Kosovo hanno ricevuto cinque droni da bombardamento Bayraktar TB2 turchi, a sette mesi dalla firma di un accordo militare con Ankra da parte del ministro della Difesa di Pristina Armend Mehaj.
I droni sono arrivati proprio all’inizio della grande esercitazione militare internazionale denominata Defender Europe 2023, guidata dalle forze armate degli Stati Uniti (che hanno mobilitato 7 mila militari) e alla quale stanno partecipando anche 1300 soldati di Pristina, insieme ai colleghi provenienti da Albania, Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Francia, Georgia, Germania, Grecia, Ungheria, Italia, Moldavia, Montenegro, Paesi Bassi, Macedonia del Nord, Polonia, Romania, Slovenia, Spagna, Svezia e Regno Unito.
Le imponenti manovre si stanno svolgendo dal 21 maggio proprio in territorio kosovaro – Pristina è attualmente candidata ad entrare all’interno della Nato – e termineranno il prossimo 5 giugno. In particolare le zone interessate sono l’aeroporto di Gjakova e la località di Boka. – Pagine Esteri

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Riteniamo inaccettabile che nel decreto aiuti per l’Emilia-Romagna colpita dall’alluvione sia stata infilata una norma che semplifica la costruzione, l'eser



Ieri 5 morti sul lavoro, tre in Lombardia, uno in Sardegna e un altro in Calabria. Uno di loro era al suo primo giorno in azienda pare neanche assunto. Un altro



#laFLEalMassimo – Episodio 94 – Rating e Sostenibilità dei Debiti Sovrani


Questa rubrica continuerà a sostenere la causa del popolo ucraino ingiustamente invaso dalla Russia finché il conflitto non sarà terminato e l’invasore sarà stato respinto definitivamente entro i propri confini. Di recente si è discusso di Rating sul debi

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Questa rubrica continuerà a sostenere la causa del popolo ucraino ingiustamente invaso dalla Russia finché il conflitto non sarà terminato e l’invasore sarà stato respinto definitivamente entro i propri confini.

Di recente si è discusso di Rating sul debito sovrano con riferimento al braccio di ferro politico tra democratici e repubblicani per l’innalzamento del tetto negli Stati Uniti e al giudizio dell’agenzia Moodys sul nostro paese che è stato rinviato.

Si tratta di un argomento nel quale si sovrappongono profili politici ed economici: il merito di credito misurato dalle agenzie di rating, riferito alla capacità di uno stato sovrano di tenere fede ai propri impegni rimborsando gli interessi sul proprio debito e rifinanziando il capitale alle scadenze prestabilite dipende indicativamente dalle prospettive di crescita della sua economia e dalla dimensione dello stock di debito in rapporto al PIL.

Nessuno ad oggi ha dubbi sulla solidità dell’economia americana o sulla sostenibilità del suo debito pubblico, tuttavia il ricatto operato dai repubblicani nei confronti del presidente ha indotto gli operatori a ventilare concretamente la possibilità che un default si possa verificare e potrebbe avere conseguenze negative sul rating come già successo in passato.

Per l’Italia il discorso è differente perché la scarsa crescita e la dimensione elevata del debito hanno per molti anni impensierito gli analisti e portato il giudizio da parte di Moodys al livello più basso della classe investment grade.

Se negli Stati Uniti la cattiva politica può mettere in discussione e danneggiare un’economia forte, in Italia possiamo augurarci che un miglioramento delle prospettive economiche, come quello prospettato da un’altra agenzia di rating DBRS, anche in virtù delle riforme collegate al PNRR, possa in qualche modo arginare i danni di una classe politica inadeguata.

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