GDPR Procedures Regulation: "Stripping citizens of procedural rights"
Regolamento GDPR sulle procedure: "Spogliare i cittadini dei diritti procedurali" Oggi la Commissione europea ha presentato una proposta per risolvere la (mancanza di) cooperazione tra alcune autorità di protezione dei dati (DPA). Si tratta di un passo indietro, non di un passo avanti.
Emergenza idrica in Uruguay: entro 10 giorni senza acqua potabile
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Pagine Esteri, 4 luglio 2023. L’Uruguay rischia di rimanere senza acqua potabile. La peggiore siccità degli ultimi 74 anni ha fatto scendere le riserve di acqua sotto l’1,8%.
Le autorità hanno fatto sapere che se non avverrà, nei prossimi giorni, un’alluvione di portata sorprendente, entro una settimana, al massimo dieci giorni, l’acqua potabile sarà terminata.
Il presidente Luis Lacalle Pou ha dichiarato che piogge consistenti sono poco probabili nel periodo di luglio e agosto e che si spera termineranno presto i lavori al Paso Belastiquí, che consentiranno di prendere acqua dolce dal fiume San José.
La situazione è preoccupante per la presenza, nell’acqua potabile che rimane a disposizione, di livelli elevati di sodio e cloruro.
L’emergenza idrica è stata proclamata e le condizioni sono preoccupanti soprattutto nell’area di Montevideo, dove vive metà della popolazione dell’Uruguay. Pagine Esteri
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Esercito israeliano rioccupa Jenin. Campo profughi distrutto, centinaia di famiglie sfollate
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della redazione
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Aggiornamenti
4 luglio ore 10.47. È salito a 10 il numero dei palestinesi uccisi durante l’incursione dell’esercito israeliano nella città e nel campo profughi di Jenin, centinaia i feriti. La Mezzaluna Rossa ha evacuato almeno 1000 famiglie. La situazione all’interno del campo profughi è diventata insostenibile. I mezzi israeliani hanno distrutto strade e infrastrutture.
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Video mostrano escavatori che producono profondi solchi lungo le vie principali, diventate cumuli di macerie. La rete idrica e quella elettrica sono danneggiate. L’ospedale pubblico è pieno di feriti ma i medici hanno difficoltà a raggiungere la struttura, che viene attaccata dal lancio di gas da parte dell’esercito israeliano e dal passaggio di mezzi corazzati ed escavatori.
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Il vice portavoce del Segretario generale delle Nazioni Unite, Farhan Haq, ha esortato “tutte le parti a rispettare il diritto internazionale umanitario, evitando l’uso eccessivo della forza nei centri abitati”.
Proteste e manifestazioni contro l’attacco e l’occupazione israeliana di Jenin si stanno tenendo in varie città della Cisgiordania occupata.
Ore 22.30. La Mezzaluna Rossa comunica che più di 500 famiglie sono state evacuate dal campo profughi palestinese di Jenin. Le condizioni, dichiara, sono diventate insostenibili per i danni causati dall’esercito israeliano.
Pagine Esteri, 3 luglio 2023 – Anticipata da giorni dai media locali e invocata da ministri e parlamentari della destra estrema al governo, è cominciata l’ampia operazione dell’esercito israeliano contro la città palestinese di Jenin e il suo campo profughi, nel nord della Cisgiordania.
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Sono coinvolti migliaia di soldati, carri armati Merkava sono schierati nei pressi della città e droni hanno colpito diversi obiettivi. Il bilancio al momento parla di cinque palestinesi uccisi e di altri 25 feriti, 7 dei quali sono in condizioni critiche.
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Non si segnalano vittime tra i soldati, nonostante l’intenso fuoco di sbarramento da parte di decine di combattenti palestinesi che avrebbero anche abbattuto un drone e fatto esplodere un ordigno sotto una ruspa militare israeliana. Giungono in queste ore notizie di rastrellamenti e ampie distruzioni, particolare delle strade del campo profughi.
Difficile prevedere quanto durerà la rioccupazione di Jenin. Nei giorni scorsi si parlava di 48 ore ma è improbabile che in un tempo così breve le forze israeliane possano avere ragione di organizzazioni armate ben strutturate. Il rischio, oltre ad un bagno di sangue, è che l’operazione inneschi reazioni a catena in Cisgiordania dove la lotta armata è ormai vista da molti come l’unico mezzo per mettere fine all’occupazione militare israeliana.
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Migliaia di palestinesi la scorsa notte hanno già sfilato in protesta a Nablus e altri centri abitati. Alla periferia di Ramallah i soldati hanno ucciso un manifestante. Pagine Esteri
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Edith Wharton – L’età dell’innocenza
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CJEU declares Meta/Facebook's GDPR approach largely illegal
La CGUE dichiara ampiamente illegale l'approccio di Meta/Facebook al GDPR Nella decisione odierna, la CGUE ha dichiarato ampiamente illegale l'approccio di Meta/Facebook al GDPR, analogamente al precedente contenzioso di noyb davanti all'EDPB che ha portato a una multa di 390 milioni di euro.
In Cina e Asia – Chip war, Pechino frena le esportazioni di gallio e germanio
I titoli di oggi: Chip war, Pechino frena le esportazioni di gallio e germanio
Wang Yi accusa gli Usa di interferire nelle relazioni Cina-Giappone-Corea del Sud
Hong Kong, emesso mandato d'arresto per otto cittadini fuggiti all'estero
Si è spento Yuan Mingfu, il mediatore di piazza Tian'an Men
Corea del Sud, al via due settimane di scioperi
Italia e Corea del Sud in un forum sull'etica del Metaverso
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Oggi inizia la Sessione Suppletiva degli #EsamiDiStato2023.
Alle 8.30 è stata pubblicata la chiave ministeriale per decrittare il testo della cornice nazionale generale di riferimento per i percorsi professionali di nuovo ordinamento contenuto nel p…
Ministero dell'Istruzione
Oggi inizia la Sessione Suppletiva degli #EsamiDiStato2023. Alle 8.30 è stata pubblicata la chiave ministeriale per decrittare il testo della cornice nazionale generale di riferimento per i percorsi professionali di nuovo ordinamento contenuto nel p…Telegram
PRIVACYDAILY
Forza e debolezza della Cina come attore finanziario globale
Dai negoziati sul debito dello Zambia all'internazionalizzazione dello yuan: la Cina ha assunto una centralità indiscussa nelle dinamiche della finanza globale. Anche grazie all'appoggio del Sud globale. Ma non è tutto oro quel che luccica.
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Il gusto tutto francese per la violenza
Maximilien-François-Marie-Isidore de Robespierre non era algerino e non crebbe in una banlieu. Crebbe ad Arras, nel nord della Francia, figlio di un avvocato e discendente di una famiglia che nell’ancien régime esercitava la professione notarile. Eppure, prima di rimetterci a sua volta la testa, Robespierre e con i suoi giacobini fecero della violenza lo strumento della loro lotta politica e, in difesa del “popolo”, aggredirono il Potere e giustiziarono serenamente diverse migliaia di concittadini. Lo fecero, naturalmente, in nome della democrazia e della giustizia sociale.
Non erano algerini, e non vivevano nelle banlieu, i capipopolo che nel maggio del 1968 animarono la rivolta, una “rivoluzione mancata” secondo molti, che infiammò tutte le democrazie occidentali tanto da dare all’anno che la partorì la dignità maiuscola d’un fatto storico: il Sessantotto. Una radicale delegittimazione del potere costituito, dei suoi principi, dei suoi miti e dei suoi simboli.
Non erano algerini, e non vivevano nelle banlieu, i tanti terroristi italiani e non solo italiani a cui lo Stato francese ha riconosciuto e riconosce un diritto d’asilo, con ciò dimostrando quanto sia insito nel carattere nazionale francese, tanto da diventare principio ispiratore della prassi istituzionale, il riconoscimento della sovversione violenta come frutto della naturale ricerca della libertà e, in coerenza con la teoria dell’abate, francese, Sieyés, il tirannicidio come atto profondamente legittimo, per non dire doveroso.
Non erano algerini, e non vivevano nelle banlieu, i capi e i militanti dell’Oas, il movimento paramilitare insurrezionalista che negli anni Sessanta si oppose a suon di bombe all’indipendenza dell’Algeria in nome di una Grande Francia imperialista. In ciò rappresentando solo una piccola tessera del variopinto mosaico di cui si compone l’estremismo culturale e politico della destra francese: dal padre di tutti i razzisti, il marchese de Gobineau, all’Affaire Dreyfus, all’Action Francaise, al cattolico Joseph De Maistre, alla Repubblica di Vichy… fino a Jean-Marie Le Pen e soprattutto a sua figlia Marine. Tutti fenomeni politici piuttosto estremi ma sempre radicati in segmenti nient’affatto marginali della società francese, di cui hanno espresso ed esprimono fedelmente sentimenti e pulsioni.
Non erano algerini, e non vivevano nelle banlieu, i leader della rivolta dei gilet gialli e le centinaia di migliaia di loro seguaci che dal novembre 2018 hanno paralizzato Parigi e altre duecento città francesi formalmente per protestare contro l’aumento del prezzo della benzina. Erano rappresentanti del cosiddetto ceto medio. Ceto precipitato socialmente, in Francia come ovunque, in conseguenza della crisi finanziaria del 2008.
Si parla tanto di integrazione. Ed è un bene che se ne parli, essendo il tema evidentemente centrale. Tuttavia, visti i precedenti storici e tenendo conto del fatto che ad animare le rivolte odierne in Francia sono le seconde e terze generazioni di immigrati, dunque cittadini francesi a tutti gli effetti, viene da pensare che questa violenta rivolta dei ventenni magrebini sia il miglior segno della loro avvenuta integrazione. Ora che sono francesi, dei francesi possono legittimamente esercitare la violenza. Ovviamente giustificata con nobili motivazioni di giustizia sociale.
L’anomalia è che ai ribelli stavolta mancano una matrice culturale e una rappresentanza politica. Il monito e che, come la Storia insegna, il più delle volte le peculiarità “rivoluzionarie” francesi si sono fatte prassi nell’intero mondo occidentale, capitalista e industrializzato.
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Putin incontra i leader di Cina e India dopo l’insurrezione della Wagner
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Pagine Esteri, 3 luglio 2023. Un forum di importanza strategica per Putin, quello di domani martedì 4 luglio, quando si riunirà online la Shanghai Cooperation Organization, un gruppo fondato da Russia e Cina per rispondere alle alleanze che l’occidente sempre di più allarga in Asia.
L’evento è coordinato e ospitato dall’India, divenuta stato membro dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai nel 2017. L’organismo è stato fondato nel 2001 e comprende, oltre a Russia e Cina, India, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan, Pakistan e Iran (che ha aderito nel 2021).
Il gruppo ha affrontato fino ad oggi questioni relative alla cooperazione economica, la lotta ai traffici di droga e al terrorismo, ma anche il cambiamento climatico. Da quando ha avuto inizio la guerra tra Russia e Ucraina la questione della sicurezza alimentare è diventata centrale per molti dei membri.
L’evento è il primo pubblica di portata internazionale alla quale Putin parteciperà dopo l’insurrezione del gruppo mercenario della Wagner capeggiato da Prigozhin. Rappresenta l’occasione, per il presidente russo Vladimir Putin, di dimostrare il fallimento della politica occidentale di isolamento e la praticabilità di alleanze alternative che possano rappresentare una opzione pure per i Paesi dell’area.
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Il debunking di Giacomo Bechini sulle affermazioni false di Francesco Giubilei a proposito del fatto che il 27% di incidenti stradali da parte dei giovani sia causato dalla "droga"
@Politica interna, europea e internazionale
Questo il tweet di Francesco Giubilei:
> Caro @riccardomagi ecco dati ISTAT che dicevi non essere veri: “conducenti giovani che causano incidenti stradali sotto l’effetto di stupefacenti sul totale è al 27% per la guida sotto effetto di droghe”. Poi c’è l’abuso di alcol alla guida ma questi sono i dati sulle droghe.
Questa la risposta di Giacomo Bechini:
Caro Francesco,siamo onesti. Il tuo virgolettato è autentico quanto le borse di Vuitton che si vedono vendere in spiaggia.
L’indagine conoscitiva da cui si rileva quel dato (questa, pag.9) dice una cosa ben precisa:
⚠️ “La proporzione dei conducenti giovani, in età 15-24 anni, che causano incidenti stradali in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di stupefacenti sul totale, è pari circa al 20% per la guida sotto effetto di alcol e al 27% per la guida sotto effetto di droghe.” ⚠️
👉 Spiegato semplice: “sul totale degli incidenti stradali in cui almeno un conducente è sotto effetto di stupefacenti, il 27% ha fra i 15-24 anni”.
👉👉 Non stiamo calcolando l’incidenza degli incidenti avvenuti sotto effetto di droga sul totale degli incidenti; ma stiamo osservando la ripartizione di questo tipo di incidenti per fasce di età.💖 Se vogliamo proprio essere onesti al 100%, possiamo anche tranquillamente andare al report di Istat per gli incidenti stradali più recente (questo a pagina 11, dove dice che “su un totale di 52.459 incidenti con lesioni osservati […] sono stati 5.085 quelli con almeno uno dei conducenti dei veicoli coinvolti in stato di ebbrezza e 1.676 quelli per i quali si è rilevato l'effetto di stupefacenti. Il 9,7% e il 3,2% degli incidenti rilevati da Carabinieri e Polizia Stradale nel complesso, è correlato quindi ad alcol e droga, proporzioni in aumento rispetto al 2020, per lo stato di ebbrezza alla guida e in lieve diminuzione per la droga (9,2% e 3,5%). Le percentuali erano pari a 8,7 e 3,4 nel 2019.”
Nella pagina successiva, inoltre, c’è anche una bellissima tabella con i dati relativi alle sanzioni emesse dagli organi di Polizia per inosservanza dei principali articoli del Codice della Strada. E si può chiaramente leggere che il numero delle violazioni per gli art. 186 (alcol) e 187 (droga) sono, rispettivamente 0,44% e 0,06% (sì, i calcoli li ho fatti su un foglio).
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Tutto ciò per ricordare a tutti i politici (non solo a te) che quando si citano delle statistiche, forse bisognerebbe almeno sapere di che cosa stiamo parlando e, soprattutto, avere l’onestà intellettuale di non stravolgerne il significato.Buon proseguimento.
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noyb win: First major fine (€ 1 million) for using Google Analytics
vittoria di noyb: Prima multa importante (1 milione di euro) per l'utilizzo di Google Analytics L'autorità svedese per la protezione dei dati (IMY) ha emesso decisioni contro quattro società e ha imposto una multa di 12 milioni di corone svedesi (1 milione di euro) a Tele2 e di 300.000 corone svedesi a CDON
PODCAST JENIN. L’attacco israeliano potrebbe incendiare la Cisgiordania
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di Eliana Riva –
Pagine Esteri, 3 luglio 2023. Dopo le pressioni della destra estrema israeliana, l’esercito ha lanciato l’operazione che dovrebbe rastrellare e annientare la resistenza armata palestinese di Jenin. I coloni hanno voluto fortemente un intervento in quello che è considerato il cuore della resistenza. I palestinesi uccisi sono, al momento, 8, tutti giovanissimi, tra i 16 e i 23 anni. Abbiamo intervistato, da Gerusalemme, il direttore di Pagine Esteri, Michele Giorgio.
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Etiopia, guerra economica tra USA e Russia sulla pelle di milioni di persone in Tigray [BRICS e G7]
L’amministrazione americana di Joe Biden ha informato il Congresso che l’Etiopia non è più coinvolta in un “modello di gravi violazioni dei diritti umani”.
L’annuncio degli USA arriva dopo 2 anni di guerra genocida (iniziata in Tigray, stato regionale settentrionale etiope, sconfinata in altre parti d’Etiopia, principalmente Amhara e Afar) e dopo 8 mesi dalla firma dell’accordo di cessazione ostilità – CoHA – siglato tra le parti il 2 novembre 2022 a Pretoria, Sud Africa e mediato dall’ Unione Africana.
Conflitto considerato il più sanguinoso del 21° secolo per cui si stimano un minimo di 600.000 morti tra i civili, attività di pulizia etnica, milioni di persone sfollate, decine di migliaiai fuggite nel vicino Sudan ed attualmente ancora martoriate dai pochi aiuti e dal tentato golpe che ha gettato a ferro a fuoco il Paese, decine di migliai di stupri come arma di guerra verso le donne di ogni età e ceto sociale di origine tigrina, deportazioni di massa, arresti e detenzioni in violazione del diritto umanitario solo perché di origine tigrina (ancora oggi non c’è una trasparenza su che destino abbiano avuto le tante persone, adulti e bambini, donne incinta ed anziani, messi agli arresti). Oltre allo stupro, anche di gruppo, gran parte della strategia di guerra per fermare il “gruppo terroristico” del TPLF e i suoi potenziali sostenitori, è stata la distruzione di campi e raccolti per affamare il popolo tigrino, distruzione di luoghi di culto, chiese e monasteri (patrimonio Unesco) per cancellare storia e cultura. E’ stato distrutto e reso inagibile il 90% del sistema sanitario, gli ospedali del Tigray: ancora e soprattutto oggi le persone ne stanno pagando le conseguenze, per mancanza di materiale igienico sanitario. La difesa etiope, supportata da accordi e fornitura militare da Emirati Arabi, Cina e Turchia, ha bombardato per mezzo drone target che ha dichiarato essere basi logistiche di formazione del TDF, Tigray Defence Forces, i partigiani tigrini considerati dissidenti: siti tra cui asili, ospedali, pubbliche piazze come aree di mercati cittadini, legittimando le uccisioni di civili come “guerra al terrorismo” (1 maggio 2021 il governo etiope ha legiferato il TPLF e tutti i suoi potenziali sostenitori “gruppo terroristico” e terroristi quindi da perseguire come tali).
Le violazioni e gli abusi sul popolo del Tigray non si fermano
Nonostante siano passati 8 mesi dall’accordo di Pretoria, abusi e violenze sono ancora a piede libero, come l’occupazione amhara ed eritrea, la prima nel Tigray occidentale, la seconda in buona parte della woreda [distretto] di Irob, esteemo Tigray orienatle.
Recente è la denuncia di HRW per cui le attvità di pulizia etnica e demografica continuano nonostante nell’accordo di tregua venga esplicitato l’obbligo di ritiro di tutte le “forze esterne” dal Tigray. Nell’ accordo non si nominano esplicitamente però chi siano tali “forze”, ovvero amhara ed eritrei, per cui la denominazione mediatica falsata di “guerra civile in Tigray” dovrebbe essere rinominata in guerra regionale, visto la partecipazione confermata dell’eserccito eritreo. Fattore ancor più determinante per tale designazione il fatto che nelle prime linee furono inviati e a morire per una guerra non loro cadetti somali in formazione alla difesa eritrea ignari come le loro famiglie, ma invece consci di essere addestrati per missioni da svolgere in Qatar.
La guerra genocida è stata considerata la più atroce perché, come il vaso di Pandora, ha scoperchiato tutta la rabbia e sete di vendetta represse da parte degli alleati nazionalisti amhara ed eritrei verso gli etiopi di origine tigrina: tensioni storiche mai veramente lenite o dipanate, ma sempre mediate per ingerenza esterna.
Si ricordi la guerra 1998/2000 tra Eritrea ed Etiopia (governata dalla coalizione con a capo il TPLF) per rivendicazioni territoriali in zona di confine. Ricordiamo il successivo accordo di Pace siglato dall’attuale premier Abiy Ahmed Ali con il dittatore eritreo Isaias Afwerki che ha valso al premier etiope il Premio Nobel per la Pace nel 2019 ad oggi tanto controverso… e nel nov.2020 è arrivata l’alleanza non formale tra Etiopia ed Eritrea, invaditrice del Tigray col suo esercito)… come dire, vivere in un periodo di non pace. Un po’ come l’attuale accordo di Pretoria.
Un report preliminare della commissione di esperti del diritto umanitario ONU – ICHREE – ha accusato tutte le parti in guerra di aver commesso crimini, sottolineando che il governo ha usato il blocco del supporto umanitario come arma di guerra. Naturalmente, come posizione costante, il governo ha sempre rigettato al mittente le accuse definendole politicizzate e alzando muri diplomatici (esempio: attacco all’ Irlanda) di propaganda verso l’ingerenza esterna (leggasi USA e occidente).
Le denuncie in tutela dei diritti umani
HRW – Human Rights Watch e altrettante realtà e parte della società civile hanno laciato l’allarme: il 15 febbraio 2023 da parte del vice primo ministro dell’Etiopia al Consiglio esecutivo dell’Unione Africana (che ha sede ad Addis Abeba) il governo etiope ha inteso presentare una risoluzione alla sessione del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite per porre fine al mandato della International Commission of Human Rights Experts on Ethiopia (ICHREE)
Nell’ appello condiviso da HRW si può leggere che:
“I tentativi dell’Etiopia di porre fine al mandato dell’ICHREE durante il suo mandato non hanno precedenti. Non solo suggerisce che gli Stati possono manovrare politicamente per ribaltare le decisioni del Consiglio dei diritti umani per evitare il controllo indipendente e la responsabilità, ma potrebbe anche costituire un pericoloso precedente per quanto riguarda il controllo internazionale e l’impunità per le violazioni dei diritti altrove.”
USA & sanzioni all’Etiopia
Gli Stati Uniti hanno preso precedentemente la decisione di sanzionare l’Etiopia denunciata di implicazione in violazioni dei diritti umani causati dalla guerra, escludendola dall’accordo economico dell’African Growth and Opportunity Act (AGOA) a partire dal 1 gennaio 2022: duro colpo sull’economia etiope, già intaccata pesantemente dal baratro economico per perseguire la sete di vittoria nella guerra genocida in Tigray.
USA blocca la designazione di genocidio in Tigray
Gli USA si erano fatti anche promotori di un’indagine investigativa e legale per la designazione di genocidio in Tigray. Presa di posizione opportunamente cambiata rivendicando di voler lasciare spazio alle misure diplomatiche in Etiopia.
Molly Phee, vicesegretario di Stato per gli affari africani ha affermato che:
“Abbiamo deciso di astenerci in questo momento dal prendere una decisione pubblica per lasciare spazio e tempo per vedere se i colloqui attualmente in corso possono fare progressi”
Aggiungendo:
“Il nostro obiettivo principale è stato cercare di impegnarci diplomaticamente nei molti modi a nostra disposizione per raggiungere la fine del conflitto, il che ovviamente comporterebbe la fine immediata delle atrocità”.
Dovrà passare quasi un anno perché arrivino i tempi di tavoli di negoziato, mentre in quel periodo la guerra, le atrocità sono continuate e sono aumentate le vittime.
Lo strano modo americano per la tutela dei diritti umani
A detta della recente notifica interna del Dipartimento del Tesoro americano, la revoca legale unilaterale di tale designazione per l’Etiopia per cui non è più coinvolta in un “modello di gravi violazioni dei diritti umani“, aprirà la strada per poter riprendere l’invio di aiuti economici USA ed internazionali al paese dell’Africa orientale, il secondo Paese più popoloso del continente.
Questa presa di posizione degli USA si allinea legalmente ai sensi della sezione 701 dell’International Financial Institutions Act del 1977 per i quali i direttori esecutivi statunitensi delle istituzioni finanziarie internazionali (IFI), come il FMI e le banche multilaterali di sviluppo, sono incaricati di opporsi a prestiti o assistenza finanziaria a paesi coinvolti in violazioni dei diritti umani.
Nella recente nota al Congresso americano infatti si legge:
“Il Tesoro smetterà di istruire i direttori esecutivi statunitensi competenti presso le IFI a opporsi a qualsiasi prestito, estensione dell’assistenza finanziaria o assistenza tecnica all’Etiopia”
Stabilità economica non è sinonimo a vera pace
Se tale scelta da parte americana apre le porte a supporto dell’Etiopia per riuscire a ricreare una certa stabilità economica, c’è il rischio che crei un precedente sul fronte della tutela dei diritti umani.
Venerdì 30 giugno 2023 John Kirby, portavoce per la sicurezza nazionale della Casa Bianca ha dichiarato:
“Stiamo revocando alcune restrizioni su alcuni tipi di assistenza mentre interrompiamo gli aiuti alimentari. Riteniamo che questa decisione espanda gli strumenti a nostra disposizione per rafforzare il nostro sostegno a una pace duratura in Etiopia.”
Il Dipartimento di Stato americano ha affermato che la sua assistenza sosterrà la pace e la riconciliazione.
Un portavoce del Dipartimento di Stato ha affermato che:
“L’obiettivo della ripresa dell’assistenza bilaterale sarà sostenere l’ulteriore attuazione dell’accordo sulla cessazione delle ostilità e promuovere la pace e la riconciliazione sostenibili attraverso sforzi che includono lo sminamento, la giustizia di transizione e la responsabilità”
Aggiungendo:
“Continueremo a sollevare preoccupazioni e parlare delle segnalazioni di gravi violazioni dei diritti umani, anche da parte di attori non statali nel Tigray occidentale, e solleciteremo il governo a proteggere i civili e a ritenere responsabili gli autori.“
Peccato che l’Etiopia, a detta di ricercatori, osservatori e competenti nel campo legale, non abbia una legislazione atta a criminalizzare le gravi violazioni dei diritti umani.
La presa di posizione degli USA ha trovato la scappatoia legale per riprendere accordi economici con l’Etiopia, nonostante sussistano denunce, accuse confermate per cui ci sono ancora abusi e violenze da dover giudicare come il perseguimento penale dei diretti responsabili criminali: implicate diverse realtà etiopi, governative del comparto della difesa e degli alleati partecipi della guerra durata due anni.
Un po’ come la ripresa a mani basse siglata mesi fa anche dell’ Italia per firma della Premier Giorgia Meloni: un finanziamento triennale di 182 milioni di euro per finanziare in parte la filiera agro-alimentare e quello industriale.
Un po’ come l’Italia che anche nel precedente governo Draghi, non si è mai esposta esplicitamente per la tutela dei diritti umani e delle vittime di guerra, nemmeno rispondendo ai molteplici appelli della diaspora rimasta senza voce fino ad oggi, tanto meno supportata dai media politicizzati.
Amnesty accusa gli Stati Uniti di aver fatto marcia indietro sulla determinazione delle atrocità in Etiopia
Riporto la traduzione integrale dell’appello di denuncia di Amnesty International:
“Questa settimana il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha notificato al Congresso che, sulla base di una valutazione del Dipartimento di Stato, non ritiene più che il governo etiope sia impegnato in un “modello di gravi violazioni dei diritti umani”, aprendo la strada al Dipartimento del Tesoro per impegnarsi in Etiopia con istituzioni di aiuto economico, tra cui il Fondo Monetario Internazionale. A marzo, il segretario Antony Blinken ha annunciato una determinazione di atrocità del governo degli Stati Uniti secondo cui tutte le parti in conflitto nel nord dell’Etiopia hanno commesso crimini di guerra. Ha rilevato che anche le forze di difesa nazionali etiopi, le forze di difesa eritree e le forze amhara hanno commesso crimini contro l’umanità, “inclusi omicidio, stupro e altre forme di violenza sessuale e persecuzione”.Ad aprile, Amnesty International ha rilasciato una dichiarazione chiedendo il rilascio dei giornalisti imprigionati dopo lo scoppio della violenza nella regione di Amhara che ha provocato l’uccisione di due operatori umanitari. A giugno, Human Rights Watch ha pubblicato i risultati secondo cui le autorità nella zona del Tigray occidentale in Etiopia avevano continuato una campagna di pulizia etnica contro i tigrini dopo la tregua del novembre 2022. Il rapporto documenta accuse di tortura, detenzione arbitraria ed espulsione forzata da parte delle autorità etiopi nel Tigray occidentale. Sempre a giugno, il governo degli Stati Uniti ha sospeso gli aiuti alimentari all’Etiopia dopo che un’indagine dell’USAID ha scoperto un piano, coordinato dalle autorità federali e regionali etiopi, per rubare gli aiuti donati.
Le seguenti citazioni possono essere attribuite rispettivamente a Human Rights Watch e Amnesty International USA:
“Siamo profondamente preoccupati che il governo degli Stati Uniti non creda più che in Etiopia si stiano verificando gravi violazioni dei diritti umani”, ha affermato Sarah Yager, direttrice di Washington di Human Rights Watch. “Non solo la decisione ignora la realtà che le gravi violazioni dei diritti umani continuano in tutto il paese, ma invia un segnale disastroso che le determinazioni delle atrocità degli Stati Uniti hanno poche conseguenze”.
“L’amministrazione Biden pretende di mettere i diritti umani al centro della sua politica estera, ma la loro dichiarazione secondo cui le gravi violazioni dei diritti umani non si verificano più sono contrarie a questa promessa”, ha affermato Amanda Klasing, direttore nazionale per le relazioni con il governo e l’avvocatura presso Amnesty International Stati Uniti. “Dalla cessazione delle ostilità, le autorità etiopi non hanno compiuto passi significativi verso la giustizia e la responsabilità per i crimini commessi durante il conflitto nel nord dell’Etiopia. Prendere una tale decisione prima di aver visto l’impegno per la giustizia e la responsabilità, e mentre sono in corso segnalazioni di violazioni, sarebbe una decisione politicamente opportuna a spese dei sopravvissuti e delle vittime”.”
L’ Etiopia chiede di entrare nel BRICS
Sabato 29 giugno 2023 il portavoce del ministero Meles Alem ha confermato che l’Etiopia ha presentato la richiesta di adesione ai BRICS.
Dopo la guerra di propaganda diplomatica del governo etiope contro l’occidente e parallelamente alla presa di posizione degli USA per candeggiare l’immagine dell’Etiopia sui crimini di guerra, arriva la richiesta etiope di entrare nel BRICS.
La domanda di Addis Abeba si aggiunge all’interesse di circa un’altra ventina di Paesi tra cui Arabia Saudita, Egitto, Messico, Venezuela, Argentina e Iran.
Meles Alem in conferenza stampa ha dichiarato:
“Abbiamo presentato domanda di adesione e speriamo in una risposta positiva.”
Aggiungendo:
“In quanto paese [Etiopia] che è stato membro fondatore di istituzioni globali come l’UA [Unione Africana] e l’ONU, e mentre cerchiamo di garantire i nostri interessi nazionali, è importante unirsi a blocchi come il BRICS”
Originariamente composto da Brasile, Russia, India e Cina (da qui BRIC), il gruppo ha aggiunto il Sudafrica nel 2010 (ecco l’aggiunta della S nell’acronimo)
I cinque Stati membri rappresentano oltre il 40% della popolazione mondiale e circa un quarto del PIL globale.
Va sottolineato che il blocco economico BRICS si contrappone all’egemonia del dollaro e delle potenze economiche occidentali rappresentate dal G7 che vede capofila gli USA.
Considerando la contrapposizione di questi 2 blocchi come chiave di lettura, sono peculiari le tempistiche comunicative accusatorie americane verso la contro parte.
Iran, Paese che ha manifestato interesse per entrare nel BRICS, è stato accusato dagli Stati Uniti di rifornire droni alla Russia per la guerra contro l’Ucraina.
Allo stesso modo e nello stesso periodo l’Etiopia è stata accusata sempre per voce americana di ricevere droni dall’Iran: droni ricevuti in pieno svolgiento della guerra genocida in Tigray.
Martedì 18 ottobre 2022 Vedant Patel ha affermato che gli Stati Uniti hanno informato le Nazioni Unite del trasferimento di droni, sottolineando che viola la risoluzione 2231 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Comunicato e notizia passata nell’ombra questa del convolgimento dei droni dell’ Iran nella guerra in Tigray, surclassata dalla guerra politica tra USA e Russia, dalla visibilità mediatica occidentale in Ucraina: rappresenta però per l’America un ulteriore tassello come delegittimazione alla Russia ed ai suoi alleati.
Una guerra globale che ha come primi obiettivi l’ottenimento di nuove risorse, del riposizionamento geo politico delle super potenze, finalizzati al perseguimento del sistema capitalistico.
Sistema subordinato al consumismo di chi ha e che avrà sempre più, innescando strumentalmente nuove guerre tra poveri, tra gli ultimi, verso tutte quelle comunità, popoli, individui che il dio denaro vuole dimenticare.
Tutta quella parte di mondo che “noi bianchi”, “occidentali” chiamiamo semplicemente “Paesi in via di sviluppo” per lavarci la coscienza e che li aiutiamo “a casa loro”, supportandoli e mantenedoli in “costante stato di emergenza”, ma che otterranno solo le briciole dal sistema economico globale.
Il Tigray, il suo popolo e le centinaia di migliaia di vittime, i milioni di sfollati, purtroppo una tra le tante crisi umanitarie dimenticate, aspettano solo di avere giustizia, di veder rispettati i propri diritti di esseri umani da troppo dimenticati.
Tigrini per 2 anni presi di mezzo ai bombardamenti ed ai massacri di una guerra genocida che non si è voluto vedere per convenienza.
Tigrini che oggi sono tra i fuochi incrociati di una guerra globale delle superpotenze in conflitto sulla pelle di milioni di persone.
Tigray : la Guerra Genocida Dimenticata dal Mondo – Archivio
"Etiopia, guerra economica tra USA e Russia sulla pelle di milioni di persone in Tigray [BRICS e G7]"
tommasin.org/blog/2023-07-03/e…
Etiopia, guerra economica tra USA e Russia sulla pelle di milioni di persone in Tigray [BRICS e G7]
L'amministrazione americana di Joe Biden ha informato il Congresso che l'Etiopia non è più coinvolta in un "modello di gravi violazioni dei diritti umani". L'annuncio degli USA arriva dopo 2 anni...Davide Tommasin ዳቪድ
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noyb win: First mayor fine (€ 1 million) for using Google Analytics
vittoria di noyb: Il primo sindaco multato (1 milione di euro) per l'uso di Google Analytics L'autorità svedese per la protezione dei dati (IMY) ha emesso decisioni contro quattro società e ha imposto una multa di 12 milioni di corone svedesi (1 milione di euro) a Tele2 e di 300.000 corone svedesi a CDON
Spain takes over the Presidency of the Council of the EU: U-turnon civil liberties needed!
On 1 July, Spain holds the Presidency of the Council of the EU for the fifth time. In his welcome address, the President of the Spanish Government, Pedro Sánchez, announced: “Europe must become an area of certainties, in which material welfare, freedom and democracy pave the way for the future of all people.” Previously, Sweden had presided over the Council of the EU for six months. Under the Swedish Presidency, the so-called “Going Dark” program was launched, which aims to reintroduce indiscriminate communications data retention while limiting citizens’ digital freedoms and rights for confidential and anonymous communications on the internet. Similarly, under the Swedish Presidency, the Council pushed ahead with plans for EU-wide chat control, despite legal opinions showing that the plans are incompatible with EU law.
Patrick Breyer MEP (German Pirate Party / Greens/EFA) and digital freedom fighter, comments:
“It is an positive and important signal that the Spanish President, Pedro Sánchez, is emphasizing freedom and democracy at the start of the Council Presidency. The Swedish Presidency had taken a confrontational course against the fundamental digital rights and freedoms of citizens in the EU, which urgently needs to be corrected.A first necessary step would be to stop the non-transparent and factually misguided “Going Dark” expert group, whose mandate is based on the disproven assumption that law enforcement agencies cannot effectively fight crime without mass surveillance or further interference with citizens’ fundamental rights. The aims of this program contradict the European values of freedom and democracy.
A second necessary step would be to stop authoritarian chat control. The chat control proposal has been universally rejected by multiple actors, including a strong campaign that was launched in Spain against the proposal.
Europe does not need more surveillance against all, but real solutions such as long-term, targeted and well-equipped investigative work, a strong civil society especially in the areas of child and youth protection, and authorities and public institutions better acquainted with the concrete problems in this area. I hope that President Pedro Sánchez’s words will be followed by actions that strengthen freedom and democracy digitally as well.”
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Intelligenza artificiale: implicazioni etiche e politiche | La Fionda
«Si chiede alle macchine di pensare al nostro posto, perché chi usa senso critico rallenta il processo e non è funzionale.
L’abbiamo visto anche durante la pandemia in cui i dati scientifici venivano portati come verità assolute. Abbiamo sentito dire frasi come “qui parlano i dati”, ma i dati non parlano da soli, si tratta sempre di interpretazioni di risultati che dipendono dalle conoscenze e dall’esperienza dei ricercatori e delle ricercatrici.
E così sempre più ci si affida all’intelligenza artificiale come un qualcosa di magico, di salvifico, di oggettivo, con l’illusione che le macchine potenti e infallibili, ci portino verso verità neutre e imparziali.»
È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.
Ministero dell'Istruzione
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Carrellata
L’inflazione è scesa, ma troppo poco. Si è passati, su base annua, dal 7,6% di maggio al 6,4% di giugno. Considerato il ribasso consistente (rispetto ai picchi) delle materie prime energetiche, è segno che l’aumento dei prezzi è retto anche da fenomeni interni. L’ultimo bollettino della Banca centrale europea è chiaro: non si segnalano dinamiche salariali inflattive; non sono i salari a crescere, semmai i profitti delle aziende. Quando questo succede è segno che i produttori possono ancora puntare sul rialzo dei prezzi, senza perdere quote di mercato. È da qui che si deve partire, se non si vuol fare soltanto delle sciocche e inutilissime polemiche sul rialzo dei tassi d’interesse.
Non è senza significato che il presidente dell’Associazione bancaria italiana, Antonio Patuelli – dopo avere ripetutamente avvertito circa il rischio che quei rialzi mettano in difficoltà i debitori, quindi poi le banche – dica ora, chiaro e tondo: «Temo che un certo rallentamento dell’attività economica sia inevitabile quando si combatte duramente l’inflazione, che è la più brutta delle malattie». Ha ragione. Per capire quanto sia brutta si deve tornare ai dati di giugno e alla segnalata discesa, perché i salari restano fermi, mentre l’aumento dei prodotti alimentari è all’11,2%. Il morso è molto forte, tenuto conto che i redditi più bassi hanno una spesa maggiormente concentrata in quei prodotti i cui prezzi crescono di più. Far polemiche sul rialzo dei mutui a tasso variabile (di cui nessuno parlava quando i ratei calavano) significa ignorare questa realtà. Come anche quella di famiglie e settore privato che hanno 10mila miliardi sui conti correnti, quindi risparmi che perdono valore.
Ma c’è un altro aspetto, in quei dati di giugno, da tenere in conto: le comunicazioni registrano un aumento di appena lo 0,5%, i trasporti addirittura diminuiscono i prezzi (-0,2%). Significa che una delle armi migliori contro l’inflazione è la concorrenza, che interdice le speculazioni. Facciamo un esempio concreto, in questa pazzotica estate in cui non si trovano i taxi e in cui i sindaci di Roma e Milano si accorgono che dovrebbero aumentare le licenze, dopo che la maggioranza parlamentare bloccò le positive novità che il governo Draghi avrebbe voluto introdurre: se hai un aereo da prendere e se non vuoi andare in aeroporto il giorno prima (considerato che non si accettano più prenotazioni, che i tempi d’attesa sono diventati lunghissimi e che spesso ci si sente rispondere che «non ci sono vetture disponibili nella sua zona»), si finisce con il rivolgersi ai noleggiatori con conducente, la cui tariffa – dal centro di Roma all’aeroporto di Fiumicino – è di 60 euro, 10 in più rispetto a quella fissa dei taxi. Dunque si accetta di pagare il 20% in più, il che alimenta l’inflazione. Generata, in questo caso, da scarsa concorrenza e non disponibilità di vetture. È il corporativismo a generare prezzi più alti. Il governo che lo favorisce spinge il rialzo dei prezzi. Poi si maschera con polemiche irragionevoli contro la Bce.
A pagare di più il carrello della spesa sono le stesse persone che se vorranno andare al mare pagheranno rialzi ben superiori al tasso medio d’inflazione. Meno concorrenza significa prezzi crescenti e spinta inflattiva. Il tutto scaricato sulle spalle più deboli, quelle dei redditi fissi che non crescono. Né serve dire: fateli crescere. Perché questo può portare non pochi produttori fuori mercato e gli altri a scaricare sui prezzi i costi più alti.
La via virtuosa consiste nell’usare i fondi europei per investimenti che compensino il raffreddamento economico, nel frattempo facendo crescere la concorrenza per interdire le speculazioni. Il resto sono parole perse, demagogia inconcludente, speranza di trovare un colpevole esterno per coprire le incapacità interne. E la cosa drammatica non è soltanto che il governo sembra preferire la demagogia, ma che l’opposizione pensa di superarlo su quella e non sul pragmatismo e sulla serietà.
L'articolo Carrellata proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Comando
Non c’è organizzazione che possa funzionare senza chiarezza della linea gerarchica, senza sapere chi fa cosa e chi prevale su chi. Non c’è organizzazione che possa salvarsi da devianze e degenerazioni se al potere di comando non corrisponde la responsabilità e, di converso, se la responsabilità non corrisponde ad un potere. Nominare dei commissari, ovvero sostituire la linea gerarchica con un accentramento di potere e responsabilità, può risolvere un problema, ma può diventare a sua volta un problema.
Prendiamo il caso del Generale Francesco Paolo Figliuolo. Esperto di logistica, ha dato prova non buona, ma eccellente nell’organizzare la vaccinazione di massa. Organizzazione perfetta, file ordinate e veloci, rari i casi di intemperanze o sprechi di tempo. Dovrebbe essere normale, ma guardate quel che succede -per dirne una- nel rilascio dei passaporti e ricordiamoci che un lavoro ben fatto va apprezzato anche perché non consueto. Ma in quel caso era indubbio che ci si trovasse davanti ad una emergenza e che dovessero essere approntati strumenti altrettanto d’emergenza. Ora il generale Figliuolo è commissario per l’alluvione in Romagna. Escluso che si discutano le sue capacità, apprezzata la continuità con le scelte del governo Draghi, in che consiste l’emergenza? I giorni terribili dell’alluvione sono alle spalle e, dopo due mesi, non si tratta di approntare i soccorsi. Le “missioni” sono due: a. fare in modo che dopo l’efficienza dei soccorsi non ci sia il vuoto negli accertamenti dei danni e nella ricostruzione di ciò che è andato perso; b. eseguire i lavori per la messa in sicurezza dei corsi d’acqua e delle infrastrutture. Due “missioni” che dovrebbero essere (state) assolte dalle istituzioni amministrative esistenti. Nominare un commissario non tappa una falla improvvisamente apertasi, ma sfiducia l’organizzazione istituzionale “normale”.
È solo un esempio, perché molti altri se ne potrebbero fare (ci sono sistemi sanitari commissariati da decenni, che per la durata segnalano la necessità di commissariare il commissariamento). Nessun sistema istituzionale è perfetto, sicché metterli costantemente a punto è la normalità. Non è normale codificare linee di comando per poi puntualmente derogarle. Non lo è accentrare le competenze e i poteri nel mentre si pretende di decentrarli ancora di più. Anche perché in questo bailamme va a finire che si smarrisce la riconoscibilità sia del potere che della responsabilità, non sapendo più chi fa cosa, chi prevale su chi e chi ne risponde. Nel caso delle acque siamo arrivati all’assurdo di un commissario nazionale che sovraintende a commissari locali, nel mentre si pretende che la faccenda sia di competenza regionale.
Né ha alcun senso pensare di affrontare la contraddizione rafforzando il mandato in capo a chi governa, perché i presidenti delle Regioni sono già eletti direttamente, ma non per questo (come si è visto) non possono essere scavalcati dai commissari. Affiancare il regionalismo ancora più marcato con una specie (imprecisata) di presidenzialismo governativo, quindi, non è un modo per trovare un equilibrio, ma per cuocere lo stufato di montone mettendoci anche la rana pescatrice e la liquirizia.
A taluno potrà sembrare un tema adatto a perditempo che si suppongono cultori degli equilibri e funzionamenti istituzionali, ma giusto ieri, sul Corriere della Sera, il prof. Sabino Cassese non ha lanciato un allarme, ma direttamente un’accusa: molti decreti legge -che fanno del governante un legislatore- sono come la minestra di Gian Burrasca, fatta con la risciacquatura dei piatti: sovrapposti, scoordinati, incoerenti, prolissi e non funzionanti. E di Cassese non si può dire che non sia cultore della materia o che sia prevenuto contro il governo in carica.
Dietro tutto questo c’è la voragine del procedere per proclami e senza capacità esecutiva. Parole e fatti che divorziano. Sarebbe un tema per la politica, ove esistesse e non si dedicasse alle suggestioni anziché alla realtà.
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La Cina serra i ranghi puntando sull’educazione patriottica
Aumentano le incognite esterne, Pechino riflette sul modo di insegnare l’orgoglio nazionale a scuola. Dal suo primo mandato Xi Jinping insiste sulla continuità della civiltà millenaria cinese
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In Cina e Asia – Calo di giovani nel Partito comunista cinese
Calo di giovani nel Partito comunista cinese
Cina: Pan Gongsheng nuovo segretario del Pcc per la PBOC
La Cina introdurrà nuove misure economiche per facilitare il suo ingresso nel CPTPP
Hong Kong: il discorso di John Lee per il 26° anniversario del passaggio della città alla Cina
Chip: i Paesi Bassi svelano dettagli sui nuovi divieti
LGBTQ: concessione temporanea dei diritti in Nepal e pride in Corea del Sud
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PRIVACYDAILY
VIDEO. Esercito israeliano rioccupa Jenin. Morti e feriti
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della redazione
Pagine Esteri, 3 luglio 2023 – Anticipata da giorni dai media locali e invocata da ministri e parlamentari della destra estrema al governo, è cominciata l’ampia operazione dell’esercito israeliano contro la città palestinese di Jenin e il suo campo profughi, nel nord della Cisgiordania. Sono coinvolti migliaia di soldati, carri armati Merkava sono schierati nei pressi della città e droni hanno colpito diversi obiettivi. Il bilancio al momento parla di tre palestinesi uccisi e di altri 25 feriti, 7 dei quali sono in condizioni critiche. Non si segnalano vittime tra i soldati, nonostante l’intenso fuoco di sbarramento da parte di decine di combattenti palestinesi che avrebbero anche abbattuto un drone e fatto esplodere un ordigno sotto una ruspa militare israeliana. Giungono in queste ore notizie di rastrellamenti e ampie distruzioni, particolare delle strade del campo profughi.
Difficile prevedere quanto durerà la rioccupazione di Jenin. Nei giorni scorsi si parlava di 48 ore ma è improbabile che in un tempo così breve le forze israeliane possano avere ragione di organizzazioni armate ben strutturate. Il rischio, oltre ad un bagno di sangue, è che l’operazione inneschi reazioni a catena in Cisgiordania dove la lotta armata è ormai vista da molti come l’unico mezzo per mettere fine all’occupazione militare israeliana.
Migliaia di palestinesi la scorsa notte hanno già sfilato in protesta a Nablus e altri centri abitati. Alla periferia di Ramallah i soldati hanno ucciso un manifestante. Pagine Esteri
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Inizia il viaggio di Euclid: osserverà l’Universo “oscuro” | Astronomia.com
"L’obiettivo scientifico di Euclid è generare una mappa 3D dell’Universo. [...] Le precise rilevazioni che Euclid fornirà permetteranno di mappare le due entità più elusive dell’Universo e che tuttavia ne costituiscono ben il 95%: la materia oscura e l’energia oscura, così aggettivate perché gli astronomi non hanno fondamentalmente idea di cosa siano."
Perché la Francia brucia
Da qualche giorno la Francia brucia: incendi, esplosioni, migliaia di auto ed edifici distrutti; orde di persone che saccheggiano, rubano e sfondano vetrine di supermercati, negozi e armerie. Qualcuno che smonta pali di videosorveglianza con le ruspe (grazie!). Si è visto di tutto. Da Parigi a Lione, fino in Marsiglia…
Il governo francese ha mobilitato quasi 50.000 forze dell’ordine, che però non possono assolutamente nulla, se non dimostrare l’inutilità della loro esistenza. Il governo non può reprimere in alcun modo queste proteste, né usare la (giusta) violenza contro coloro che da giorni distruggono proprietà privata e mettono in pericolo la vita dei cittadini francesi. Si limiteranno a farsi vedere in video e arrestare qualcuno, ma per il resto, i francesi sono soli.
Così alcuni — già denominati dai mass media “nazionalisti” — hanno deciso di scendere in strada con mazze e spranghe e difendere da soli i loro quartieri, le loro proprietà e la loro famiglia. In qualche modo i giornalisti riusciranno a farli passare per vigilanti cattivi.
Perché sta succedendo tutto questo? I giornalisti dicono che è per colpa di un poliziotto che ha sparato e ucciso un 17enne algerino-francese di nome Nahel in un posto di blocco (ma la patente in Francia a che età si prende?).
Se non sei ancora iscritto a Privacy Chronicles, che aspetti?
Trovare un singolo evento scatenante è però tipico dei mass-media, il cui unico ruolo è indirizzare e polarizzare le masse da una parte e dall’altra, con iper-semplificazioni e favolette.
“È colpa dell’Islam e degli africani!”, gridano alcuni. “È colpa della polizia fascista e del governo!”, gridano altri. Entrambe le fazioni però vogliono la stessa cosa: giustificare moralmente la violenza di Stato che arriverà inevitabile una volta che saranno spenti gli incendi e placati gli animi.
La mia idea è che le rivolte violente siano invece espressione naturale di diversi fattori connessi tra loro: statalismo, globalismo (neo-marxismo) e svalutazione della moneta.
Il primo elemento è lo statalismo: un sistema istituzionalizzato di violenza. Un sistema che non lascia ai cittadini, i nuovi sudditi, alcuna scelta — se non quella di combattere e salire al potere; rubare o essere rapinati; uccidere o essere uccisi.
Lo statalismo provoca sempre la frammentazione sociale in gruppi rivali tra loro. La pressione politica da parte di gruppi in costante lotta tra loro per acquisire potere e vantaggi a discapito degli altri è una forma di guerra civile perpetua. Quando il metodo politico (violento) sostituisce il metodo di mercato, non c’è alcuna scelta se non combattere coi mezzi che si hanno a disposizione.
Mises scriveva nel 19451: “La nostra società è piena di conflitti tra gruppi con interessi diversi. Ma questi conflitti non sono inerenti alla natura di una società capitalistica di libero mercato. Sono il risultato delle politiche dello Stato, che interferiscono con il mercato. Non sono conflitti tra classi marxiste. Sono conflitti che derivano dal fatto che il genere umano sta tornando indietro a logiche di privilegio di gruppo, verso un nuovo sistema di caste.”
Per sopravvivere in un sistema del genere gli uomini non hanno alcuna scelta, se non odiarsi a vicenda, avere paura del prossimo e cercare di distruggersi a vicenda; è un sistema fatto di complotti, conspirazioni, favori, tradimenti. Non è un sistema da cui può nascere fratellanza, sicurezza, cooperazione e pace.
La storia insegna che è il libero mercato a stimolare fratellanza, cooperazione e pace. Fino al 1300 l’economia europea era fondata sul commercio internazionale di merci, disciplinato da regole negoziali di natura volontaria e sostenuto da un sistema bancario libero, molto presente soprattutto nella penisola italica2. Popoli diversi, con culture ed etnie diverse, collaboravano tra loro nei limiti di quanto necessario alla reciproca sopravvivenza e arricchimento, sia materiale che spirituale.
Oggi invece popoli diversi sono costretti a convivere tra loro in modo forzato e artificiale; non per il mutuo beneficio ma per sfruttare l’arma statale e ottenere vantaggi politici e fiscali a discapito degli altri. Allo stesso tempo il commercio viene invece limitato — se non del tutto vietato — anche verso le stesse popolazioni che poi, magari, accogliamo come rifugiati.
Il che, ci porta al secondo punto: la rivoluzione industriale e le sue conseguenze. Anzi: il globalismo e le sue conseguenze.
Brock Chisholm, psichiatra e primo direttore generale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, disse: "Per arrivare a un governo globale è necessario rimuovere dalle menti degli uomini l'individualismo, la devozione nei confronti delle tradizioni famigliari, il patriottismo nazionale, e i dogmi religiosi."
Per avere un governo globale bisogna quindi prima rimuovere gli ostacoli.
Un popolo multi-etnico, multi-culturale, laico e statalista accetterà molto più facilmente di essere governato da enti sovranazionali come UE, OMS, ONU e tanti altri. Così come individui senza forti legami e tradizioni famigliari saranno più facilmente suscettibili al potere dello Stato e alla pressione sociale dei vari gruppi di potere. Già secondo Marx e Engels l’idea tradizionale di famiglia andava abolita, in quanto fonte di individualismo e capitalismo. Cioè di libertà.
Milioni di individui oggi sono schiacciati dal peso di un sistema che li rende incapaci di sopperire autonomamente ai propri bisogni primari e li assoggetta a migliaia di leggi e aspettative sociali su cui non hanno alcun controllo. Così — disorientati, soli e spesso senza legami familiari, finiscono per alienarsi dagli altri e dalle comunità locali a cui invece dovrebbero far riferimento.
Non c’è da stupirsi quindi che i criminali che vediamo in video siano individui molto giovani, a cui probabilmente manca una famiglia e un’identità culturale e storica. Che identità culturale potrà mai avere chi cresce a Parigi, Londra o Milano nel 21esimo secolo?
Leopold Kohr scriveva in “The Breakdown of Nations” che quando una società o un sistema diventa troppo grande, collassa inevitabilmente su se stesso.
Nelle piccole comunità, scriveva Kohr, è più semplice mantenere le tradizioni culturali, e c’è spesso una forte condivisione degli stessi valori, nonché un rispetto reciproco derivante dalla stessa etnia e radici storiche.
Le grandi metropoli europee non hanno ormai più nulla di tutto questo: nessuna radice storica condivisa, nessuna tradizione (no, l’aperitivo non è una tradizione), nessun valore, né senso di comunità.
Nel voler esaltare l’integrazione etnica e culturale gli ingegneri sociali globalisti hanno finito invece per incentivare meccanismi di autodifesa che provocano ghettizzazione e (auto)marginalizzazione delle minoranze etniche. Come mescolare insieme olio e acqua. E tutti sappiamo cosa succede quando la temperatura sale.
Le rivolte, le guerre civili, la povertà e il conflitto sociale sono effetti previsti della transizione verso il nuovo mondo globale e unificato.
Klaus Schwab, leader del World Economic Forum e portavoce del movimento globalista occidentale, lo disse non troppo tempo fa al B20 di Bali: “C’è da aspettarsi che questa ristrutturazione sociale ed economica possa portare del malcontento. Il periodo di transizione —che potrebbe durare diversi anni, causerà una diminuzione del benessere e molte tensioni sociali.”
Klaus Schwab al B20 di Bali, nell’ambito del G20
L’aumento dei conflitti e delle tensioni sociali in tutto l’occidente richiederà azioni condivise e unificate, prese da enti sovranazionali lontani anni luce dagli interessi delle persone e dalle comunità in cui vivono.
E infine, un fenomeno troppo spesso sottovalutato quando si parla di questi temi: la costante svalutazione della moneta, che prosegue inarrestabile da cento anni.
Più la moneta viene svalutata, più l’orizzonte temporale delle persone si comprime. Come scrive Saifedean Ammous: “l'abbassamento della preferenza temporale è ciò che dà inizio al processo di civilizzazione umana e permette agli esseri umani di cooperare, prosperare e vivere in pace”.
Viceversa, preferenze temporali più alte (cioè a breve termine) portano le persone a preferire risultati immediati — anche a discapito del loro stesso futuro! Le preferenze temporali plasmano la nostra realtà e le nostre società.
Dare più importanza al beneficio immediato significa cedere agli istinti, rinunciare alla ragione e alla cooperazione a favore della violenza. Significa, in breve, avvicinarsi agli animali. Non stupisce allora che i rivoltosi francesi abbiano iniziato a danneggiare, distruggere e saccheggiare come bestie rabbiose qualsiasi cosa gli capitasse a tiro, senza curarsi delle conseguenze.
Non ce l’hanno con lo Stato — come ragione vorrebbe, se la causa di tutto fosse l’omicidio del giovane algerino da parte del poliziotto — non ce l’hanno con nessuno.
Vogliono solo fare casino: animali persi, senza cultura, senza identità, senza famiglia, senza ragione e senza alcun orizzonte temporale. Utili idioti, protagonisti e spettatori di un cinema macabro che serve soltanto a polarizzare le opinioni e avanzare nel programma prestabilito.
Domani
Quando le proteste avranno fatto il loro corso il governo francese potrà fare la sua mossa e chiedere il supporto europeo per gestire l’ennesima “crisi globale”. Diranno, giustamente, che ciò che sta accadendo in Francia può accadere ovunque; che serve un’azione condivisa e globale.
I francesi nel frattempo si ritroveranno città piene zeppe di guardie e telecamere con riconoscimento facciale e nuove scintillanti leggi di sorveglianza e di censura. Il Ministro della Giustizia francese ha d’altronde già intimato di voler bloccare Snapchat, usato “dai giovani” per organizzare le rivolte. Anche alcuni video sono già stati censurati su Twitter, su richiesta del governo francese.
E poi qualcuno alzerà la mano e dirà che la situazione è insostenibile: siamo troppi; le città sono troppo grandi e impossibili da controllare.
Così procederà anche l’agenda delle città da 15 minuti, i nuovi ghetti 2.0 tanto cari al World Economic Forum. Centinaia di migliaia di persone saranno rinchiuse nei loro quartieri, ammassate tra loro e costrette a un’integrazione forzata che non avverrà mai. Ingressi e uscite saranno controllati con autenticazione biometrica e ogni azione sarà monitorata dalle cabine di regia che anche in Italia iniziano a chiamare “control room”.
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L'ennesima coglionata di Elon Musk sta mettendo sotto pressione Mastodon.
Il server di mastodon.uno è al momento irragiungibile: oggi c'è stata una nuova migrazione di massa da parte degli utenti di Twitter...
@filippodb - fddt sta lavorando insieme agli altri sistemisti per risolvere il problema.
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Account divulgativi
Un elendo di utenti mastodon diviso per argomenti
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Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂ reshared this.
@ekZeno Ecco qualche altro suggerimento nel fediverso italiano
Università e ricerca
@Marco Castellani
@Andrea Mariuzzo
@Maria Chiara Pievatolo
Factchecking
@Disinformatico
@David Puente :mastodon:
@Bufale.net :verified:
@BUTAC
Teatro
@Daniele Luttazzi
@giuliocavalli@sociale.network
Satira e fumetti
@Francesco Artibani
Giornalismo
@stefania maurizi
@Marco Camisani Calzolari
@Nico Piro
@Viola Stefanello 👩💻
Diritto
@Vitalba
@Bruno Saetta
Digitale
@quinta :ubuntu:
@Andrea Borruso
@Marco A. L. Calamari
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Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂ likes this.
@quinta @brunosaetta @calamarim @factcheck @marcocc @violastefanello @Vitalba @smaurizi @DavidPuente @artibani @luttazzi @mcp @butac @MariuzzoAndrea @_Nico_Piro_ @ildisinformatico @mcastel @ekZeno
Grazie per avermi inserito in questa lista!
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Stati Uniti, la vergogna fa 37 | Cumpanis
«Washington non ha mai accettato quanto sentenziato dalla massima autorità giuridica internazionale e, 37 anni dopo, continua a non farlo. Dietro le opposizioni giuridiche, c’è una verità politica: accettare la sentenza implicherebbe il riconoscimento degli Stati Uniti come nazione tra le altre, costretta cioè al rispetto del Diritto Internazionale e delle istituzioni chiamate a tutelarlo. Inconciliabile con lo status di “eccezionalità”, che si sono assegnati in Costituzione e poi nell’agire criminale che ha contraddistinto i loro 249 anni di esistenza, fatti di 232 anni di guerre e circa 30 milioni di vittime sacrificate per l’affermazione di un modello folle, darwiniano ed escludente.»
Commissariamento
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L'articolo Commissariamento proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
FRANCIA: “Dietro le rivolte il nodo mai sciolto di razzismo e discriminazione”
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di Michele Giorgio –
Pagine Esteri, 1 luglio 2023. Quarta notte di scontri in Francia tra polizia e manifestanti, con oltre mille arresti, di cui un centinaio a Marsiglia, a poche ore dai funerali, previsti oggi nel pomeriggio, del 17enne Nahel ucciso da un poliziotto a Nanterre.
Le forze di sicurezza sono intervenute anche con mezzi blindati per disperdere i manifestanti in diverse città. Il presidente Emmanuel Macron non ha dichiarato lo stato d’emergenza, come molti prevedevano e come chiede a gran voce la destra.
Il governo però ha annullato concerti ed eventi pubblici. Ferme alle 21 le corse degli autobus e dei tram. Sulle ragioni sociali e politiche che sono dietro la proteste di questi giorni, abbiamo intervistato la sociologa Caterina Bandini, residente da anni a Parigi.
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L'articolo FRANCIA: “Dietro le rivolte il nodo mai sciolto di razzismo e discriminazione” proviene da Pagine Esteri.
Etiopia, quasi un migliaio di persone morte di fame in Tigray causa sospensione del supporto alimentare
Oltre 700 morti per fame sono state registrate in 7 zone amministrative del Tigray nelle ultime settimane a causa della sospensione degli aiuti alimentari daparte delle agenzie umanitarie degli USA e dell’Europa, USAID e WFP.
Almeno 27 persone, tra cui 11 bambini, sono morte di fame nel campo per sfollati interni (IDP) di Abiy Adi, nel Tigray.
La Commissione per la gestione del rischio di catastrofi del Tigray ha registrato 728 morti.
La cifra include 350 morti per fame nella zona nord-occidentale del Tigray, ancora sotto occupazione amhara, e territorio che ospita migliaia di persone di etnia tigrina sfollate a causa dellla guerra genocida durata per due anni.
I dati si basano su informazioni raccolte dai funzionari distrettuali, ha affermato il capo della commissione, Gebrehiwot Gebregziaher aggiungendo:
“La situazione nel Tigray è molto difficile. Molte persone muoiono a causa della carenza di cibo”
I ricercatori dell’Università di Mekelle, parallelamente alla ricerca della Commissione per la Gestione del Rischio di Catastrofi del Tigray, hanno documentato 165 morti per fame in sette campi per sfollati interni nel Tigray dall’inizio della sospensione degli aiuti alimentari.
Ci sono oltre 100 di questi campi in tutta nello stato regionale del Tigray.
I decessi sono stati segnalati dai coordinatori del campo per sfollati ai ricercatori, che stanno indagando sulla situazione di sopravvivenza precaria di queste persone.
La maggior parte dei decessi riguarda bambini, anziani e persone con problemi di salute pregressi, ha affermato un ricercatore che ha parlato in condizione di anonimato per paura di rappresaglie. Ha collegato le morti direttamente alla sospensione degli aiuti.
Un aggiornamento delle Nazioni Unite pubblicato il 14 giugno afferma che il numero di bambini ricoverati negli ospedali del Tigray per malnutrizione è aumentato del 196% tra aprile 2022 e aprile 2023.
Mercoledì 28 giugno Tigrai TV condivide la notizia e le testimonianze degli sfollati a Ofla, nel Tigray meridionale, che stanno ancora soffrendo per mancanza di cibo e medicine.
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Tigrai TV aggiunge la segnalazione e testimonianza da parte di una ostetrica dell’ Ayder Hospital di Mekelle che denuncia nutrizione e medicinali inadeguati.
“Madri all’ospedale di Ayder costrette a partorire prematuramente a causa di un’alimentazione e medicine inadeguate”
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In Maggio 2023 l’ Health Cluster Operational Presence Map condivide la mappa dello stato regionale del Tigray che rappresenta la situazione disastrosa delle strutture sanitarie, degli ospedali. Il sistema sanitario e le sue strutture a livello regionale durante i 2 anni di guerra sono stati saccheggiati, vandalizzati, occupati e distrutti per il 90%. Oggi milioni di persone ne pagano le amare conseguenze.Health Cluster Operational Presence Map – Tigray ospedali Maggio 2023
Giovedì 29 giugno Tim Vanden Bempt denuncia e sottolinea la triste verità:
“Tutti i partner dell’aiuto sapevano che queste condizioni si sarebbero verificate. Sapevano che migliaia di persone sarebbero morte. E hanno permesso che accadesse comunque. Quando USAID dice di essere inorridito, dovrebbe seriamente guardarsi allo specchio.”
UNOCHA – lo stesso giorno pubblica un resoconto della situazione sanitaria e di maternità, delle madri e dei neonati in Tigray.
“Ho visto mia sorella e molte altre donne incinte soffrire o morire a causa della mancanza di servizi di salute materna e di farmaci durante il conflitto. Ora, con l’accordo di pace, possiamo spostarci e accedere ai servizi sanitari”, dice Tigist, incinta di nove mesi del suo primo figlio presso la Maternity Waiting Home di Maedot nel Megab Health Center nella città di Hawzen, zona orientale della regione del Tigray.Tigist, una futura mamma di 23 anni, vive a Koraro con il marito e la famiglia, una piccola area rurale a tre ore di cammino attraverso il terreno montuoso.
“Sono stata portata su una barella di legno dai membri della mia comunità perché non c’è trasporto. Il centro sanitario del mio villaggio è stato distrutto durante il conflitto ed è per questo che siamo venuti all’Hawzen Health Center”, spiega Tigist all’UNFPA.
Ed sottolinea:
Nonostante alcuni miglioramenti, le strutture sanitarie sono ampiamente sovraccaricate in termini di risorse, capacità e personale per fornire servizi sanitari completi come prima del conflitto.“Questa struttura sanitaria dovrebbe servire 6 distretti ma a causa della distruzione delle strutture sanitarie vicine, attualmente ne stiamo supportando 9. Le madri devono venire a piedi perché l’ambulanza è stata rubata. Altri servizi, come la prevenzione della trasmissione dell’HIV da madre a figlio, non sono disponibili a causa della mancanza di cure e medicinali”, afferma il direttore medico dell’Hawzen Health Center.
La recente guerra genocida, iniziata in Tigray nel novembre 2020 e conclusasi con un accordo di tregua nel novembre 2022, oggi ha lasciato 5,4 milioni su 6 milioni di persone dipendenti dagli aiuti alimentari.
Le Nazioni Unite e gli Stati Uniti hanno sospeso gli aiuti alimentari al Tigray a marzo 2023, dopo la scoperta del saccheggio del materiale alimentare.
Nel periodo di marzo i funzionari statunitensi hanno trovato sacchi di aiuti alimentari sufficienti per 134.000 persone che erano stati deviati e pronti da vendere in un mercato locale a Shire, ad una 50ina di km ad ovest di Axum.
Gli operatori umanitari hanno riferito all’Associated Press che alti funzionari del governo etiope erano profondamente coinvolti. Il governo etiope respinge le accuse descrivendola come dannosa “propaganda” l’idea che sia il primo responsabile della deviazione degli aiuti alimentari. Gli USA di Joe Biden si rifiutano di riattivare la fornitura alimentare finché quei funzionari etiopi non saranno rimossi dal processo di distribuzione del materiale alimentare e non siano introdotti controlli più severi.
L’Associated Press riporta che:
“Il governo etiope respinge come dannosa “propaganda” l’idea che sia lui il principale responsabile della scomparsa degli aiuti nel Tigray e in altre regioni, ma ha acconsentito a un’indagine congiunta con gli Stati Uniti mentre il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite svolge un’indagine separata.”
Durante il conflitto, entrambe le parti hanno saccheggiato i rifornimenti umanitari e il governo ha limitato l’accesso agli aiuti, portando gli investigatori delle Nazioni Unite ad accusarlo di “usare la fame come metodo di guerra”.
All’inizio di giugno 2023 la decisione politicizzata del blocco di fornitura alimentare in Tigray è stata estesa al resto dell’Etiopia colpendo 20 milioni di persone bisognose, ovvero circa un sesto della popolazione del paese.
L’agricoltura potrebbe essere l’alternativa alla dipendenza alimentare umanitaria
La ripresa dell’agricoltura durante la stagione delle piogge potrebbe essere un’alternativa per il popolo del Tigray dalla dipendenza totale dal supporto alimentare umanitario, se non fosse che mancano sementi e gli agricoltori sono in pericolo.
Le vite degli agricoltori e i loro mezzi di sussistenza sono continuamente messi in pericolo dagli ordigni esplosivi e dalle mine antiuomo rimasti sparsi sul terreno del Tigray, il regalo postumo della guerra.
Secondo il Mine Action Service (UNMAS) delle Nazioni Unite, un totale di 726 chilometri quadrati di terra in Etiopia rimane contaminato da mine antiuomo e residuati bellici esplosivi (ERW).
“Sono state segnalate oltre 280 vittime nell’Etiopia settentrionale [nello stato regionale del Tigray] dall’inizio del conflitto, anche se non tutti i casi sono stati verificati, ma si ritiene che molti altri incidenti non siano stati denunciati. L’analisi iniziale mostra che i bambini sono una maggioranza allarmante delle vittime (57%)”
ICRC Ethiopia segnala uno dei tanti, troppi casi di bambini feriti dagli ordigni inesplosi sul terreno.
”Ce lo stavamo lanciando l’un l’altro. È caduto ed è esploso”, dice Abel. Il quattordicenne Abel ed i suoi amici hanno scambiato un ordigno inesploso per un giocattolo. E li ha feriti ad Adi Hageray, Tigray”
A Kola Tambien, tre persone hanno perso gli arti e diversi animali sono morti in seguito a molteplici incidenti di questo tipo in un villaggio locale del distretto, secondo Gezahegn Ambiza, il capo villaggio.
Gezahegn ha aggiunto:
“Otto famiglie sono completamente impossibilitate a coltivare per il terzo anno consecutivo, mentre le attività agricole di altre sono parzialmente limitate a causa degli esplosivi. Abbiamo riferito all’ufficio regionale dell’agricoltura, ma non abbiamo ancora ricevuto risposta”
Gebremedhin Gebrehiwot, 30 anni, agricoltore, possiede ettari di terreno agricolo che utilizzava per piantare grano, orzo e altri cereali prima della guerra. Nonostante il ritorno della pace nell’area, un tempo teatro di battaglie, dal novembre dello scorso anno, non può tornare a coltivare dato che l’area non è stata ripulita e bonificata dai resti degli ordigni bellici militari, bombe.
“Non posso riprendere l’agricoltura, a meno che gli esplosivi non vengano rimossi dalla mia fattoria da professionisti. Questo ha fatto soffrire me e la mia famiglia di problemi socio-economici. Ora lavoro come lavoratore quotidiano per garantire la sopravvivenza dei miei quattro figli perché non ho altra scelta ed è psicologicamente traumatizzante. Inoltre, ho paura che un giorno possa esplodere e uccidere i miei figli”
Gebremedhin avvisa l’allarmante situazione di vita delle persone in Tigray, nonostante l’accordo di cessazione ostilità firmato ormai 8 mesi fa, il 2 novembre 2022 a Pretoria, un accordo che dovrebbe tutelare i milioni di vittime della guerra ed i loro diritti come individui:
“La stagione delle piogge è già iniziata e gli agricoltori dovrebbero essere già nei loro terreni agricoli, abbiamo bisogno di una soluzione tempestiva prima che la stagione finisca”
Questa situazione è diffusa in tutto il Tigray.
Secondo Atakilti, consigliere economico e coordinatore dell’agricoltura presso la zona orientale nel Tigray, i terreni agricoli rimangono asciutti nei distretti della zona orientale come Irob, Bulemekeda e Gantashum sono tra gli altri distretti, mentre in altre aree gli agricoltori hanno bisogno di input agricoli tra cui buoi, sementi e fertilizzanti ecc. perché la maggior parte delle loro proprietà è stata saccheggiata e distrutta durante la guerra.
Atakilti ha sottolineato che questo ha aggravato la già catastofica crisi alimentare: c’è una forte domanda di aiuti alimentari per milioni di persone, nonostante WFP e USAID abbiano deciso con una scelta politicizzata – e qualcuno potrebbe giudicarla anche criminale – di sospendere la distribuzione degli aiuti alimentari in Tigray.
FONTI:
PRIVACYDAILY
Sono d'accordo con i 150 che chiedono la revisione della legge sulla AI.
Fa piacere vedere che anche tra i guru dell'AI ci sia chi avanza timori di minacce più esistenziali per l’umanità. Tuttavia la paura del buio, come la paura di volare è una paura infantile che va superata con la conoscenza e la tecnologia che ti permette di vedere nel buio e di volare in sicurezza. Poi, se gli europei decidono di azzopparsi da soli, buon per loro.
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Nobilmantis
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purtroppo questo è un problema devastante per questi tempi di disinformazione libera
Sì, per questo l'ho ricopiato completamente. Grazie a questa genialata, Musk sta facendo perdere sempre più utenti a Twitter... 😀
Nobilmantis
in reply to Informa Pirata • • •L'esportazione dell'informazione attraverso copia-incolla da piattaforme autoritarie con confini chiusi a piattaforme a libero accesso e consultazione è ufficialmente approvata dall'ONU
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