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“La tecnologia è globale. Le leggi sono locali. Ecco perché così non può funzionare.”


Nuovo appuntamento con la rubrica Privacy weekly, tutti i venerdì su StartupItalia. Uno spazio dove potrete trovare tutte le principali notizie della settimana su privacy e dintorni.


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Spazio, cyber, fianco est. Perché il governo aumenta il numero di soldati


Aumenta l’organico delle Forze armate italiane, che passa dalle attuali 150mila unità a 160mila. A deciderlo il Consiglio dei ministri, che ha approvato il disegno di legge presentato dal ministro della Difesa, Guido Crosetto, sulle disposizioni in materi

Aumenta l’organico delle Forze armate italiane, che passa dalle attuali 150mila unità a 160mila. A deciderlo il Consiglio dei ministri, che ha approvato il disegno di legge presentato dal ministro della Difesa, Guido Crosetto, sulle disposizioni in materia di revisione dello strumento militare, che interviene sulla legge del 5 agosto 2022 nella quale si indicava appunto il massimale di personale in uniforme previsto per lo strumento militare nazionale. La riunione del Consiglio a Palazzo Chigi, durata circa un quarto d’ora, è stata presieduta dal vice presidente e ministro degli Esteri, Antonio Tajani.

L’aumento dell’organico

Come si legge nel comunicato del ministero della Difesa, il testo interviene a disciplinare le dotazioni organiche del personale delle Forze armate, prevedendo l’incremento di 10mila unità, già previsto dalla legge del 2022. L’incremento vedrà l’Esercito italiano crescere di 3.700 militari, di 3.250 la Marina militare e 3.050 l’Aeronautica. Viene pertanto mantenuto un equilibrio di massima tra le Forze armate, che vedono crescere in più o meno in egual misura le proprie file. È il segno dell’attenzione a 360° e multidominio perseguito dalla Difesa italiana e confermato dal ministero con la proposta appena approvata.

Accresciuti impegni internazionali

Il disegno di legge approvato, tra l’altro, non si limita a modificare qualche cifra, ma interviene a modificare il trend di contrazione degli organici, registrato l’aumento degli impegni assunti dalle Forze armate in ambito nazionale e internazionale, “riconducibili all’accresciuta complessità dello scenario globale”. Il testo, dunque, riconosce l’attuale sforzo senza precedenti dei nostri militari, schierati oltre che in Patria anche in un arco geografico che va dal Baltico al Sahel, passando per il fianco est, i Balcani, il Medio oriente e il Mediterraneo. Un’estensione delle nostre forze militari mai raggiunto dai tempi della Seconda guerra mondiale.

Spazio e cyber

L’ampliamento dell’organico, tra l’altro, risponde anche a un’altra necessità delle Forze armate, oltre quella meramente geografica. Gli ambiti di intervento della Difesa nazionale sono cresciuti anche di complessità a causa dell’aumento di attività nei nuovi domini emergenti dello spazio e del cyber. A dirlo è il ministero stesso, che registra “l’ampliamento delle competenze e dei compiti delle Forze armate in materia di difesa delle infrastrutture spaziali e dello spazio cibernetico in ambito militare”. Spazio e cyber sono ormai riconosciuti quali domini abilitanti vitali per la conduzione di ogni operazione militare, e hanno dimostrato tutto il loro impatto nella guerra in Ucraina, dove la resistenza di Kiev è riuscita a frenare l’avanzata russa anche grazie all’appoggio fornito dalle costellazioni satellitari, che hanno permesso il mantenimento delle comunicazioni (rese sicure da un costante monitoraggio cyber) e l’individuazione di bersagli e obiettivi, permettendo il loro centramento con precisione da parte di missili, droni e artiglieria.


formiche.net/2023/07/soldati-o…



Temperature a Roma dal 1862 al 2017


Un breve articolo sui dati relativi alle temperature a Roma. I dati sono quelli ufficiali dell’Osservatorio Meteorologico del Collegio Romano. Situato nel cuore di Roma, l’Osservatorio è un gioiello della scienza meteorologica italiana. Dal 1862,Continue reading

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In Cina e Asia – Consolato cinese a Odessa danneggiato da un bombardamento russo


In Cina e Asia – Consolato cinese a Odessa danneggiato da un bombardamento russo consolato cinese Odessa
I titoli di oggi:

Ucraina: consolato cinese danneggiato a seguito di un bombardamento russo su Odessa
Xi e Kissinger, due “vecchi amici” a Pechino
Cina: pubblicato piano in 31 punti per sostenere le imprese private
Anche l'ambasciatore americano in Cina Nicolas Burns tra le vittime degli hacker cinesi
La Malaysia punta sull'industria dell'auto elettrica: Tesla apre una sede nel paese
TSMC rinvia al 2025 l'apertura della fabbrica in Arizona
Corea del Sud, Stati Uniti e Giappone si incontrano per discutere di sicurezza nucleare
Thailandia: il Pheu Thai è il nuovo leader della coalizione che proverà a formare il governo
Boom di turisti in Giappone

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PRIVACYDAILY


N. 140/2023 LE TRE NEWS DI OGGI: Apple ha dichiarato che eliminerà servizi come FaceTime e iMessage nel Regno Unito, piuttosto che diminuire la sicurezza, nel caso in cui le nuove proposte vengano rese legge e vengano attuate.Il governo sta cercando di aggiornare l’Investigatory Powers Act (IPA) del 2016.Vuole che i servizi di messaggistica mettano... Continue reading →


Kissinger ricevuto da Xi. Ma il disgelo non è più semplice


Kissinger ricevuto da Xi. Ma il disgelo non è più semplice 8372402
Prima (e piuttosto) che utile a favorire una distensione, il viaggio di Kissinger sembra innanzitutto rafforzare la prospettiva cinese sulle relazioni sinoamericane. E cioè che le tensioni sarebbero colpa solo di una politica Usa che ha distrutto "l'atmosfera di comunicazione amichevole" tra i due paesi. E che per questo va scavalcata per arrivare agli scambi people-to-people

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Oggi alle ore 11,30 in Piazza Montecitorio a Roma si svolgerà la conferenza stampa di presentazione del comitato di sostegno alla proposta di legge di iniziati


Dal monopolio alla concorrenza, la rivoluzione culturale del centrodestra sui tassisti


Un anno, è passato solo un anno. Lo scorso 13 luglio, i Palazzi della politica al centro di Roma erano blindati, la celere schierata, il traffico deviato. Esplodevano le bombe carta, lo sbuffo dei fumogeni tingeva l’aria di rosso mentre una folla di tassi

Un anno, è passato solo un anno. Lo scorso 13 luglio, i Palazzi della politica al centro di Roma erano blindati, la celere schierata, il traffico deviato. Esplodevano le bombe carta, lo sbuffo dei fumogeni tingeva l’aria di rosso mentre una folla di tassisti cingeva d’assedio il Senato della Repubblica. Ad arringarli, il senatore Matteo Salvini: “C’è qualcuno che a Palazzo Chigi mal consiglia Mario Draghi. In un momento economico planetario come questo, perché infilare 40.000 lavoratori in un decreto senza nessuna motivazione?”. In piazza, Salvini era schierato senza se e senza ma dalla parte dei tassisti, mentre nelle commissioni i parlamentari della Lega chiedevano (e ottenevano) lo stralcio dell’articolo 10 del decreto Concorrenza, quello che prevedeva la liberalizzazione del settore. Salvini non era solo. Chi più chi meno, leader e parlamentari del centrodestra erano (come sempre) graniticamente schierati al fianco dei conducenti di auto pubbliche.

Ebbene, par di capire che molto sia cambiato. Sembra che le responsabilità implicite nella funzione di governo abbiano determinato una vera e propria rivoluzione culturale tra i ranghi del centrodestra. Decisive sono state le file di turisti davanti alle stazioni ferroviarie in attesa di taxi che non arrivano.

“Servono più auto in strada da subito”, ha infatti scandito ieri Matteo Salvini dismessa la felpa del leader di lotta e di governo e indossata la grisaglia del ministro dei Trasporti. Cartina di tornasole dell’avvenuto mutamento, il Giornale. All’indomani della rumorosa manifestazione dello scorso 13 luglio, il quotidiano della famiglia Berlusconi dava conto della cronaca (“I tassisti assediano Palazzo Chigi”, era il titolo dell’articolo), ma evitava con cura di esprimere commenti. Oggi, invece, il Giornale pubblica nella collocazione più nobile, quella dell’editoriale, un sacrosanto commento di Vittorio Macioce che, sotto il titolo “Tassisti, l’estate della sconfitta”, non lascia margine al dubbio. Alcuni passaggi: “Le richieste sono tante e i taxi sono pochi… La domanda non incontra l’offerta… I taxi in Italia sono un servizio pubblico al tracollo… Se i taxi sono pochi perché non si aumentano le licenze? Perché non si fanno più turni? Troppo facile. C’è sempre un alibi, una paura, un disinteresse, una ragione in più per aspettare che il caos si spenga… Dopo anni è arrivato il momento… Si è andati oltre il limite… Non si può fare finta di nulla”.

Dalla tutela del monopolio alla tutela della concorrenza; dalla difesa della corporazione alla difesa del consumatore: la rivoluzione culturale del centrodestra è in atto e se il ministro Salvini si mostrerà coerente con l’annuncio fatto, sarà il caso di dire meglio tardi che mai.

Formiche

L'articolo Dal monopolio alla concorrenza, la rivoluzione culturale del centrodestra sui tassisti proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Abuse survivor files suit against #ChatControl searches in private messages


Today, a child sexual abuse survivor from Bavaria, supported by the German Society for Civil Liberties (GFF), filed a lawsuit against tech corporation Meta’s practise of scanning direct messages in search …

Today, a child sexual abuse survivor from Bavaria, supported by the German Society for Civil Liberties (GFF), filed a lawsuit against tech corporation Meta’s practise of scanning direct messages in search of potentially illegal content.[1] Schneider (name changed) wants to be able to exchange confidential direct messages with other abuse victims without having to fear that these exchanges will be classified as “suspicious” and read by Meta’s algorithms.

With his lawsuit, Schneider wants to stop the practice of US digital corporations such as Meta, Google and Microsoft of indiscriminate and error-prone searches of private messages for supposedly suspicious content (so-called voluntary chat control or chat control 1.0) and overturn the corresponding EU regulation from 2021. The background to the lawsuit is a planned successor regulation, with which this message and chat control, which has so far only been practised by US providers, is to become mandatory for all providers of email, messenger and chat services (so-called chat control 2.0 or child sexual abuse regulation, CSAR).

Pirate Party MEP Patrick Breyer, who himself went to court last year against voluntary chat control[2] and is currently negotiating the proposed regulation on mandatory chat control, explains:

“Abuse victims have long criticised that chat control harms them by destroying private spaces for calls for help, exchange, therapy and counselling instead of helping them.[3] But the fact that an abuse victim now feels compelled to take legal action against chat control means: never again will ‘Big Sister’ Commissioner Johansson and the other masterminds of this unprecedented attack on private and secure communication be able to presume to speak for ‘the victims’ of sexual abuse.

This Big Brother attack on our mobile phones, private messages and photos, planned by the EU Commission and already voluntarily carried out by US tech companies with the help of error-prone algorithms, is a giant step towards a Chinese-style surveillance state. Chat control is like the post office opening and scanning all letters – ineffective and illegal.

Even the most intimate nude photos and sex chats can suddenly end up with company staff or the police. Those who destroy the digital secrecy of correspondence destroy trust. We all depend on the security and confidentiality of private communication: People in need, victims of abuse, children, the economy and also state authorities.

Organised child porn rings do not use e-mails or messenger services, but sealed-off self-operated forums. With its plans for chat control, the EU Commission is putting the general security of our private communications and public networks, business secrets and state secrets at risk out of short-term surveillance desires. What we need is deletion instead of snooping – that’s what I’m fighting for as a pirate politically and also in court!”

Background:

Today’s lawsuit makes serious accusations against the method of chat control practiced in the US: it does not curb the spread of abusive depictions, overburdens law enforcement and criminalizes young people for sharing consensual photos. Even before that, a representative survey of minors had shown that they reject the chat control scanning that ostensibly serves to protect them.

[4]Swedish EU Internal Affairs Commissioner Ylva Johansson is the mastermind behind the unprecedented EU ChatControl scheme which she named “mandatory detection”.

[1] Press release on the lawsuit: freiheitsrechte.org/en/ueber-d…

Background information: freiheitsrechte.org/en/themen/…

Statement of claim (in German): freiheitsrechte.org/uploads/do…

[2] Breyer’s lawsuit: patrick-breyer.de/en/meta-face…

[3] Criticism from other abuse victims: linkedin.com/pulse/why-i-dont-…

[4] Criticism from minors: patrick-breyer.de/en/chatcontr…

mogis.info/static/media/upload…

[4] Criticism from minors: patrick-breyer.de/en/chatcontr…


patrick-breyer.de/en/abuse-sur…



L’Aeronautica sceglie il Samp/T Ng, il sistema missilistico che unisce Roma e Parigi


Anche l’Aeronautica militare italiana si dota del Samp/T Ng. Questo è quanto stabilito dall’emendamento del contratto Fsaf-Paams Sustainment & enhancement per l’approvvigionamento di sistemi terrestri di difesa aerea di nuova generazione, appena siglato d

Anche l’Aeronautica militare italiana si dota del Samp/T Ng. Questo è quanto stabilito dall’emendamento del contratto Fsaf-Paams Sustainment & enhancement per l’approvvigionamento di sistemi terrestri di difesa aerea di nuova generazione, appena siglato dal direttore di Occar-Ea (Organisation conjointe de coopération en matière d’armement), Joachim Sucker, e l’amministratore delegato di eurosam, Eva Bruxmeier. Un importante alleato per la protezione dei cieli, grazie ai suoi sistemi ed equipaggiamenti all’avanguardia.

L’accordo

Tale commessa si aggiunge alla produzione di Samp/T Ng già sottoscritta questo gennaio per l’Esercito italiano e l’Aeronautica militare francese. Occar ha commissionato questo emendamento all’accordo S&E al Consorzio italo-francese eurosam – sostenuto dai suoi tre azionisti Mbda Francia, Mbda Italia e Thales Las Francia – su delega del segretariato generale della Difesa e direzione nazionale degli armamenti (Segredifesa) e della Direction générale de l’armement (Dga). L’emendamento è stato siglato alla presenza dei rappresentanti di Segredifesa e dell’Aeronautica, che entra così nella cerchia dei clienti domestici del sistema Fsaf-Paams. Eurosam, fondata nel 1969 come joint venture di Mbda e Thales, ha permesso di mettere a fattor comune le reciproche competenze nel campo delle soluzioni per la difesa aerea, così da puntare a risultati ancor più ambiziosi.

Più sinergia operativa

“Come Mbda Italia siamo molto soddisfatti che anche l’Aeronautica militare italiana abbia scelto il Samp/T Ng per la difesa aerea di medio e lungo raggio”, ha commentato Giovanni Soccodato, Mbda executive group director sales & business development e managing director di Mbda Italia. Tale impegno da parte dell’Arma azzurra inoltre “conferma le caratteristiche avanzate e performance di un sistema altamente evoluto”, anche grazie a sistemi innovativi quali il “nuovo missile Aster B1NT di Mbda e al nuovo radar Kronos grand mobile HP di Leonardo”, ha spiegato ancora Soccodato. Il sistema, secondo il managing director di Mbda Italia, “assicurerà all’Aeronautica militare totale sinergia operativa con il resto delle Forze armate italiane, garantendo sovranità tecnologica all’Italia, nonché la più efficace protezione del territorio e della popolazione”.

L’evoluzione del Samp/T

Il sistema Samp/T Ng, che rappresenta un’evoluzione del sistema Samp/T in servizio dal 2010, è stato sviluppato a partire dal 2021 ed è frutto della collaborazione tra Roma e Parigi. Tale sistema si basa sul missile Aster block 1 Nt di Mbda, su un lanciatore aggiornato, sul Kronos grand mobile high power di Leonardo per l’Italia e il Ground fire 300 di Thales per la Francia, oltre a un modulo di comando e controllo comune basato su un’architettura software di comando e controllo aggiornata e una connettività migliorata. Pensato per le missioni terrestri di difesa aerea, il sistema di difesa missilistica superficie-aria a lungo raggio è in grado di intercettare una minaccia fino a 150 chilometri di distanza, oltre a riuscire a operare anche in ambienti densamente abitati da aerei civili. Grazie alle sue tecnologie può inoltre contrastare minacce ibride ed emergenti, quali ad esempio i missili ipersonici e balistici manovranti. Il Samp/T Ng si può schierare in tempi brevi e richiede un numero limitato di personale, oltre a integrarsi facilmente in una rete di difesa aerea.


formiche.net/2023/07/accordo-o…



Come perseguire l’interesse nazionale. La ricetta di Crosetto, Cingolani e Folgiero 


L’interesse nazionale è uno strumento fondamentale, una bussola che deve orientare l’azione dello Stato a prescindere dal colore politico del governo in carica, per la cui definizione sono necessarie le migliori energie del Paese. Questo è solo uno dei te

L’interesse nazionale è uno strumento fondamentale, una bussola che deve orientare l’azione dello Stato a prescindere dal colore politico del governo in carica, per la cui definizione sono necessarie le migliori energie del Paese. Questo è solo uno dei temi emersi nel corso del Med-Or Day, l’appuntamento annuale della fondazione creata nel 2021 da Leonardo, e giunto alla terza edizione, dal titolo “Italia, Europa, Mediterraneo: per una nuova visione dell’interesse nazionale”. “In un mondo così disordinato, l’interesse nazionale costituisce in qualche modo una bussola, un’idea non solo per questa o quella alleanza di governo”, ha infatti aperto i lavori della serata il presidente della fondazione, Marco Minniti, aggiungendo come si tratti di qualcosa che “unisce, non quello che divide”.

Italia, ponte mediterraneo

Per il presidente Minniti, “in questo mondo così profondamente interconnesso l’interesse nazionale si gioca fuori dai confini nazionali”, sottolineando come un pezzo fondamentale per l’Italia “si giochi nel rapporto tra Europa e Mediterraneo”. Essendo “al centro del Mediterraneo, il suo ruolo è quello di fare da ponte tra Europa e Mediterraneo allargato”, una posizione che le consente di diventare un “punto di congiunzione fisico con il Global South”.

8361885L’importanza dell’interesse nazionale

“Perseguire l’interesse nazionale non è una cosa facile, significa anche capire quali sono le ambizioni e quali perseguire”. A sottolinearlo il ministro della Difesa, Guido Crosetto, intervenendo ai lavori, aggiungendo come “siamo un Paese piccolo, serve una visione e una strategia che trovi il concorso di migliaia di persone”. “Viviamo tempi difficili e drammatici – ha proseguito il ministro – e non esiste un Paese che abbia un futuro se non esiste una classe dirigente, soprattutto quella pubblica, che pensa di costruire una strategia” per il suo futuro, aggiungendo come non esistano “conduttori illuminati” che possano sostituirsi al lavoro di squadra necessario richiesto alle leadership nazionali. “Dobbiamo costruire un campo neutro e parlare di queste cose e non lasciare le cose nelle mani della politichetta”, ha allora proposto Crosetto, segnalando l’importanza che ad agire sia l’ossatura burocratico-industriale dello Stato, definito dal ministro il “deep state” costante anche col cambio dei governi: “Se domani il governo cadesse il 90% di questa sala rimarrebbe al suo posto”, ha detto il ministro rivolgendosi alla platea del Med-Or Day.

La dimensione industriale

La definizione di un interesse nazionale è importante anche per la dimensione industriale. Come registrato ancora dal ministro Crosetto, “un piccolo Paese come l’Italia non può perseguire tutto, può essere un leader sugli elicotteri, sull’elettronica, sulle navi, nel settore spaziale, ma non può essere leader in tutto”. Lo Stato, dunque, deve fare una scelta, orientandosi verso quello su cui ritiene importante assumere un ruolo di guida “quello che tra trent’anni ti garantirà di essere tra i leader del mondo”. Per fare questo, ancora una volta c’è bisogno di un “lavoro di squadra” della classe dirigente pubblica. Senza questa assunzione di responsabilità, alle imprese rimangono due strade: “Potete avere la più bella tecnologia del mondo – ha detto infatti il ministro alle aziende presenti– ma se vivete in un Paese che non ha altro o morite o vi spostate”. Per questo, per Crosetto, l’Italia “ha bisogno come il pane di un documento di strategia nazionale condivisa”.

Un ministero del Futuro?

Per Roberto Cingolani, amministratore delegato e direttore generale di Leonardo, “nelle ultime decadi spesso è mancata la risposta alla domanda fondamentale: cosa vogliamo essere tra trent’anni”. Una riflessione che avrebbe dovuto coinvolgere non solo il Paese, ma anche le aziende. “una società non può limitarsi a guardare ai conti a tre anni”, deve sapere “dove andare e dove trascinare il Paese”. Anche perché, “se si ha una direzione, si sa cosa si vuole essere in futuro, e se si sceglie bene la direzione poi i conti di un’azienda tornano”. In Italia, invece, c’è stata una miopia non solo da parte delle istituzioni, ma anche delle imprese, che avrebbero “cercato di risparmiare la fatica”. “Abbiamo accumulato una serie di fallimenti che sono preoccupanti, ha detto Cingolani, secondo cui l’Italia ha “perso i computer, eliminato il nucleare – pur essendo stata protagonista della loro invenzione – e adesso c’è chi costruisce sviluppo economico oggi su questi ambiti”. La provocazione dell’ad del gruppo di Monte Grappa, allora, è stata la costituzione di un “ministero del Futuro”.

Cambiano le catene del valore

“Siamo nell’era del reshoring, onshoring, friendshoring e dell’alliedshoring, e l’interesse nazionale di oggi ripensa alla globalizzazione, accorcia le catene di fornitura, pensa a difendere quanto dell’industria pesante è rimasto in Europa, il lavoro e la tecnologia” ha sottolineato l’amministratore delegato e direttore generale di Fincantieri, Pierroberto Folgiero. L’esempio del trend precedente è dato dalla cantieristica navale, il cui solo 3% “è rimasto in Europa, il resto è andato in Asia”. Bisogna allora progettare e riprogettare le filiere: “Il momento storico – ha detto Folgiero – ha spinto il mondo ha fare una conversione a U nel ripensamento delle catene di forniture”. È stata marginalizzata l’industria, abdicando spesso a quella pesante, che ha potuto sopravvivere “grazie all’industria militare”, una questione che non coinvolge solo l’aspetto economico, dal momento che il “settore della difesa contiene i trend del futuro”. Ne è un esempio il dominio underwater, “un aspetto in partenza, che dovrà essere occupato e abbiamo le tecnologie che ci permetteranno di innovare”.

Investire sui giovani

“L’industria è fatta da persone che devono rispondere alle esigenze di futuro”, ha continuato Cingolani, segnalando come nei prossimi serviranno “300mila specializzati Stem nei prossimi anni, ingegneri e gente tecnica”. Questo però richiederà un investimento sui giovani “è un discorso che ha radici lontane – ha detto Cingolani –è impossibile andare avanti con la contrattualistica attuale, chiedo un altro tipo di modello: se uno è bravo va avanti e la banca gli dà il mutuo anche se ha contratto a tempo determinato”. Una questione che non impatta solo l’aspetto industriale, ma la sicurezza nel suo insieme. “In Ucraina dei giovani con Internet e la connessione digitale hanno guidato i droni che hanno affondato navi”. La difesa, per l’ad di Leonardo, “è un sottoinsieme di una cosa più grossa che è la sicurezza nazionale, che significa anche sicurezza energetica, infrastrutture, cibernetica, ci vuole una visione più ampia”. Riflessioni a cui ha fatto eco anche Folgiero, sottolineando come in Italia ci sia un problema di manodopera, “gli italiani non vogliono più produrre”. Se è vero che si può strutturare una fabbrica sempre più robotizzata, è anche vero che “senza manodopera l’industria non si fa, si possono fare tante cose senza mani, ma non la manifattura”. Serve, allora, “la capacità di innovare, lavorare sulla distintività di questa manifattura” anche perché si tratta di un volàno per fare Pil, export e portare l’Italia all’estero.


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Here is the Meloni model: paying dictators and regimes to keep migrants captive


The Meloni model is the same as the British one adopted by Boris Johnson in Rwanda. Dictators and regimes are paid to hold migrants captive. by Luca Casarini (The following article is machine translated using Google Translate) There was a time when ” civi

The Meloni model is the same as the British one adopted by Boris Johnson in Rwanda. Dictators and regimes are paid to hold migrants captive.

by Luca Casarini

(The following article is machine translated using Google Translate)

There was a time when ” civilized countries “ went to Africa to capture men and women, to enslave them and put them to work. Instead, this is the time where states and governments that are always civilized do everything to bring back to Africa women, men and children who come from there, driven by forced migration. At the time of the slaves, in the markets of human beings created directly in European and American ports, the price was fixed on the basis of the build, the apparent state of health (one looked at the teeth, like horses or the eyes, like fish when you buy it at the counter), and the function.

A ” male beast” of burden could be worth a lot, but even a beautiful ” female beast” for reproduction, also considering the use for itself that the owner could have made of it, brought in a lot to human traffickers. Today however, thanks to modernization, the price for a man, woman or child is set in a standard manner on a national basis. For example, for every human being that the United Kingdom delivers to Rwanda for detention in the small African country, the price is fixed at 1,68,000 pounds . The English public debate, also driven by the rejection by the English Court of Appeal of what is defined by the judges as a “inhuman programme” , is much more heated if we talk about the economic aspects: within the same majority of Prime Minister Sunak, son of immigrants and great sponsor of the deportations of those of today, there are those who are indignant about the squandering: in fact, keeping a refugee inside the United Kingdom would cost thirty thousand pounds less!

The European Union, after some customary indignation over the British project, actually seems to have been inspired: the discussion, led by the Italian government, with Tunisia and Libya is exactly this. The European plan, signed in Luxembourg by the Union’s interior ministers, saw only two countries against it, Poland and Hungary. Which, as we know, would eliminate the root problem of black migrants, with a “final solution”. After the ratification of the new “pact for migration and asylum” issued by the Luxembourg summit, it will be possible to deport ” irregular migrants, present on European territory ” to“safe third countries ” outside the borders of the Union, obviously in exchange for lavish funding for these same countries, which will have to set up detention camps for the deportees.

There is another radical difference between the time when human beings went to pick them up at their homes, and the time when we pay to get rid of them: in the first case, the “goods” had to arrive as healthy as possible, because they were sold at the end of the journey. Today however, if they die earlier, it’s less money to get out. The “Rwanda project” does not belong to Sunak, the current British prime minister. It was his predecessor Boris Johnson who conceived it and tried, unsuccessfully due to strong opposition from human rights organizations, the Church and the judges, to implement it. But why Rwanda? For the great willingness to enter this new business of “legal” human trafficking on the part of its president, the sixty-three year old Paul Kagame , considered the hero who stopped, 27 years ago, the genocide of a million people of Tutsi and “moderate” Hutu ethnicity , organized by Hutu militias financially supported by France. Even in this terrible story, the “civilized world” has something to do with it.

Not only France, but just think that already in 1924 Belgium “received” Rwanda as a gift from the League of Nations. To organize the colony, the Belgians choose the Tutsi as kapo, and the Hutu as slaves. Why? The Tutsi have a light complexion, and according to the dictates of nineteenth-century physiognomy, they are for this reason “more reliable” for the white masters. The Hutus, black and squat in build, are the beasts of burden. The third ethnic group in the region, the Twa, are pygmies. For white masters comparable to forest monkeys. The 1994 genocide it comes from here. It goes through the expulsion of the Tutsis from Rwanda at the end of the Belgian colonial rule . Paul Kagame, is the Tutsi leader of the Rwandan Patriotic Front, which fights for the return of refugees, which officially takes place in 1993 with the Arusha agreements. From that moment the Hutu militias plan the genocide. With French complicity, the “interahamwe” which means ” those who work together” are created and armed.

Lists of Tutsi exponents to be killed are drawn up; thousands and thousands of machetes are purchased in China, through the Chillington company of Kigali , which will be used materially to slaughter women, men and children. “Radio Machete ” is created , the “Free Radio and Television of the Thousand Hills” as they define it, which serves to coordinate and incite the Hutus to ” complete the job” of exterminating the “cockroaches”. Hutus who refuse to cooperate in the village-by-village mass murders are also slaughtered. Kagame, with the Tutsi, manages to put an end to the massacre in July 1994.To give the proportion of what happened, it must be known that over a million people were slaughtered in just one hundred days, with an average of four hundred every hour.

Can a country, one of the smallest in Africa, where a similar tragedy occurred less than thirty years ago, be today the “safe place” in which to forcibly deport refugees from all over the world? Kagame, the president who has ruled for two decades, says yes. “My government is motivated to provide this welcome by altruism and moral responsibility ”. But critics are not lacking even if dissident voices, like other Tutsi members of Kagame ‘s Patriotic Front , have mysteriously disappeared, or been killed, like Patrick Karegeya, whose story is well told in the book Do not disturb: the story of a political murder and an African regime gone bad,by the English journalist Michela Wrong . Detractors argue that the reason for this willingness to act as a refugee camp for Europe is economic and image.

“The migration agreements with the West are part of Rwanda’s drive to recycle its image abroad ,” Professor Haastrup, a professor of international politics at the University of Stirling in Great Britain , told the New York Times . To finance the camps project, more than one hundred million dollars have already been diverted through UN programs , 140 million seem to have already been collected by the United Kingdom, and the three-year contract with Denmark for the deportation of refugees also seems very substantial. To “sell” its service, the government of Kigali needs to present well what it offers: tours have been organized with international journalists and media, to visit the center of Gashora, about 40 miles south of the capital Kigali.

“Bare but clean rooms, with double beds” as the New York Times writes . To then add: “The center is fenced off. But guests get three meals a day and can bond with each other by preparing traditional foods. They can also play volleyball.” A Mediterranean club for deportees. Kagame, who was re-elected for the third time in the last elections with 99% of the votes, has not organized a visit to another place. It is located in the Gikondo district in Kigali and is called “Kwa Kabuga” .


Since 2021 Human Rights Watch has denounced its inhumane conditions. Even street children end up there, when it is necessary to “clean up” the city center. Of course, the promotional tour for journalists is not enough to explain where tens of thousands of refugees from Burundi, Congo, Eritrea, Somalia, Sudan are being held . Which are already in Rwanda, but no one shows where and under what conditions. Giorgia Meloni , who immediately offered help and solidarity to the British premier after the judicial blockade of the British deportations to Rwanda, wants to do the same, but in Tunisia. Minniti has already done it in Libya , just continue.And how much will a “nigger” cost to send back to Tunisia? Will they be cheaper than Rwanda?


Source: unita.it/2023/07/04/ecco-il-mo…


tommasin.org/blog/2023-07-20/h…



La Commissione europea sta gettando le basi per un’iniziativa legislativa volta a regolamentare l’uso di algoritmi per la gestione, il monitoraggio e l’assunzione di lavoratori. All’inizio di quest’anno, la Direzione generale per l’Occupazione, gli affari sociali e l’inclusione ha commissionato...


Gaetano Salvemini – Mazzini


L'articolo Gaetano Salvemini – Mazzini proviene da Fondazione Luigi Einaudi. https://www.fondazioneluigieinaudi.it/gaetano-salvemini-mazzini/ https://www.fondazioneluigieinaudi.it/feed


“Normativa copyright e diritti dei direttori di doppiaggio”


Questa sera a partire dalle 20.30 nella sala Gian Maria Volontè della Casa del Cinema di Roma avrò il piacere di partecipare all’incontro “Normativa copyright e diritti dei direttori di doppiaggio” organizzato da ADID per discutere di AI e le sue ricadute sulla privacy.


guidoscorza.it/normativa-copyr…



Nel 2022 oltre 2 miliardi e 100 progetti per la Difesa europea. Il bilancio di Breton


Un bilancio di spesa della Difesa europea. È quello che ha tracciato il commissario Ue al Mercato interno, Thierry Breton, intervenendo in occasione della seduta della commissione Budget sui piani comunitari sulla Difesa. Il fondo europeo di difesa (Edf),

Un bilancio di spesa della Difesa europea. È quello che ha tracciato il commissario Ue al Mercato interno, Thierry Breton, intervenendo in occasione della seduta della commissione Budget sui piani comunitari sulla Difesa. Il fondo europeo di difesa (Edf), secondo quanto emerso, è riuscito lo scorso anno a supportare moltissime aziende distribuite su tutto il Vecchio continente, per un totale di circa 2 miliardi di euro. Accanto a questo, nel corso della seduta, è stato deciso anche un nuovo fondo in favore dell’Ucraina.

Più di 100 progetti finanziati nel 2022

L’Edf era stato dotato fino al 2027 di “8 miliardi di euro su 7 anni per finanziare i progetti europei di ricerca e di sviluppo”, ha spiegato Breton, e ad a oggi “abbiamo circa 2 miliardi di euro dell’Unione europea che sono stati decisi per più di 100 progetti innovativi e concreti”. Lo scorso anno, secondo quanto ha riportato il commissario Ue, sono state coinvolte “550 imprese di 26 Stati, di cui 39% piccole medie aziende” e “ogni progetto comporta in media da 18 a 20 imprese di 9 Stati membri diversi”. Una produzione realmente transfrontaliera che è “veramente europea, nella quale si associano a grandi imprese e anche le piccole e medie aziende. Questo dimostra che il Fondo europeo di Difesa che era stato concepito anche per questo, consente cooperazioni industriali che non esistevano”, ha infine raccontato Breton sottolineando la forte ricaduta per tutto il comparto industriale della Difesa europea.

L’unione fa la forza

E per il prossimo futuro? A lungo si sta facendo strada in Europa il dibattito che mira ad aumentare gli investimenti a favore della Difesa, così come auspicato anche dalla Nato. “Rispetto alla domanda sullo spendere di più, lavorare di più insieme” sulla difesa Ue, “ovviamente la finalità è quella di spendere meglio insieme”, ha risposto il commissario, “e questo ci consente anche di risparmiare e di condividere il nostro approccio alla Difesa”. Per farlo, secondo Breton, è necessario “dare un incentivo affinché gli Stati membri siano incentivati a farlo, siano incoraggiati”.

Fondo ad hoc per l’Ucraina

Secondo 5 diverse fonti diplomatiche riprese da Politico.eu, l’Ue è pronta anche a proporre un fondo, da adottare entro l’autunno, dedicato a mantenere le scorte militari dell’Ucraina per i prossimi quattro anni, con una spesa prevista di circa 20 miliardi di euro. Un’ennesima iniziativa, che punta a sostenere attivamente la cornice di sicurezza del Vecchio continente, proseguendo sulla strategia adottata fino ad oggi in favore di Kiev contro l’aggressione di Mosca, ma con un’ulteriore accelerazione e rimarcando la volontà di impegnarsi a lungo termine. Ma attenzione, la proposta non prevede che l’Ue paghi direttamente le armi all’Ucraina, al contrario Bruxelles aiuterebbe i Paesi a coprire i propri costi per l’acquisto e la donazione di articoli come munizioni, missili, carri armati e altri aiuti militari. I fondi messi a disposizione contribuirebbero inoltre all’addestramento dei soldati ucraini e verrebbero resi disponibili attraverso la cornice del “Fondo europeo per la pace”. Il piano si andrebbe così ad aggiungere alla proposta dell’Ue di stanziare 50 miliardi di euro in assistenza non militare all’Ucraina tra il 2024 e il 2027.


formiche.net/2023/07/bilancio-…



PandeNordio


Quando l’irragionevolezza dilaga è segno che la politica e la comunicazione stanno confondendo le acque. L’Istituto Piepoli ha sondato l’opinione pubblica su “La riforma della giustizia”: è favorevole il 42%, che arriva al 62% fra chi vota a destra e scem

Quando l’irragionevolezza dilaga è segno che la politica e la comunicazione stanno confondendo le acque. L’Istituto Piepoli ha sondato l’opinione pubblica su “La riforma della giustizia”: è favorevole il 42%, che arriva al 62% fra chi vota a destra e scema al 25% fra chi vota a sinistra. Hanno sondato il caos. Che ha autori e finalità. La giustizia italiana è la peggiore d’Europa, ergo qualsiasi persona ragionevole dovrebbe essere favorevole a farla funzionare meglio. Ma, dall’altra parte, dire di volerla “riformare” significa poco e nulla. Quindi ci si divide secondo tradizione: guelfi e ghibellini; Montecchi e Capuleti; destra e sinistra. Poi i guelfi sono divisi fra loro, i due giovani s’innamorano e i due schieramenti sono in continuo lavorio trasformistico. Nulla di innocente.

Fra le cose misteriose, frutto di acque confuse, vi è il vivace dibattito sulla denegata ipotesi di cancellare un reato che nel codice non c’è mai stato, sicché è impossibile cancellarlo. La contestazione penale di “concorso esterno in associazione di stampo mafioso” nasce non da una legge ma da una lettura congiunta, da un “combinato disposto” dell’articolo 110 (concorso nel reato) e 416 bis (associazione di stampo mafioso). Entrambi nel codice penale. L’osservazione del ministro della Giustizia e già magistrato Carlo Nordio è ineccepibile e ingenua: trattasi di ossimoro, perché o sei esterno o sei concorrente. Ribatte Giancarlo Caselli: no, perché sei esterno in quanto “non punciuto” e concorrente in quanto hai aiutato la mafia. Ora, anziché volere indurre all’istituzione dell’albo dei mafiosi, adeguatamente punciuti (ma chi è sicuro che tali siano tutti?), basterebbe descrivere la condotta criminale che s’intende punire. Ovvero inserire, non cancellare. Il che può anche portare a maggiore severità della legge. Non ci ha pensato Meloni, che invita a parlare d’altro e oggi commemora Borsellino? Ma la risposta di Nordio è ingenua, perché è cascato nella trappola di parlare di un tema suggestivo ed estraneo al programma di governo e alle riforme annunciate.

Qui è il nocciolo: le acque si rimestano per fermare tutto. Che non è una roba de sinistra, ma reazionaria e corporativa. Facciano attenzione, gli elettori de sinistra e i loro gruppi dirigenti frastornati. Il tema vero è l’annunciata separazione delle carriere. Con il vantaggio retorico che Giovanni Falcone era a favore, non a caso reietto dalla pressoché totalità dei colleghi magistrati. Se i riformatori rinunciano a usare questi argomenti hanno già perso. Come il citato sondaggio dimostra.

Nordio sta commettendo un errore, perché se parte con un’anticipazione di riforma, su cose oggettivamente minori, per poi farsi trascinare in dibattiti in cui lui prova a portare dottrina e gli altri l’accusano di favorire la mafia (roba dell’altro mondo!) – talché la presidente del Consiglio lo invita a concentrarsi su altro – la sorte della riformina sarà quella del marlin che il vecchio Santiago pesca nel mare di Hemingway: prima d’arrivare in porto ci resta la lisca. Dopo di che avrà una sola strada: le dimissioni con sconfitta indignazione.

Onde evitare questa mesta conclusione, farà meglio a non lasciarsi distrarre e a surriscaldare la frescura autunnale presentando il disegno di legge costituzionale che contiene la separazione delle carriere, la cancellazione dell’obbligatorietà dell’azione penale e la riforma del Consiglio superiore della magistratura. Succederà un pandemonio, un PandeNordio, ma nessuno potrà suggerirgli di parlare d’altro, essendo quello che è stato annunciato in Parlamento.

Portando in tavola il piatto forte del pasto democratico eviterà che le divisioni siano senza sugo e sostanza – fatte soltanto di destra e sinistra – al tempo stesso indicando un sistema che va tutto nel senso della piena autonomia di chi giudica, ovvero nello schema della civiltà europea. Non è escluso vada male e che alle dimissioni si giunga ugualmente. Ma sarebbero una sfida, non una presa d’atto della cantonata.

La Ragione

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PRIVACYDAILY


N. 139/2023 LE TRE NEWS DI OGGI: Quando il Commissario europeo per la Giustizia Didier Reynders si è recato a San Francisco la scorsa settimana prima della sua ultima visita a Washington, la sua agenda prevedeva un nome di rilievo: Ashkan Soltani, capo dell’agenzia californiana incaricata di supervisionare la storica legge sulla privacy dei dati... Continue reading →


In Cina e Asia: Xi avverte: "Sul clima la Cina non deve farsi influenzare”


In Cina e Asia: Xi avverte: xi
I titoli di oggi:
Xi avverte: “Sul clima la Cina non deve farsi influenzare”
Ancora silenzio da Pechino sul dialogo sulla difesa tra Usa e Cina
Spariti i dati sulla cremazione nello Zhejiang
Seul inasprisce le pene per combattere l’abbandono di infanti
Thailandia: il parlamento impedisce a Pita di essere nuovamente candidato a primo ministro
Papua Nuova Guinea, l'Esercito Usa potrà stanziare nel paese per 15 anni

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«Variante King»: il disertore Usa in Corea del Nord


«Variante King»: il disertore Usa in Corea del Nord 8356502
Il militare americano fuggito oltre il confine proprio durante l'escalation di tensione fra Seul, Pyongyang e Washington

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Laura Tussi*   Sono passati oltre vent’anni da Genova 2001. Un momento che ha segnato la vita di molte persone e che ancora oggi, dopo tante anal


Continua la strage di lavoratori. Oggi sono tre i morti. Due morti in Campania, Raffaele Foresta, operaio edile di 59 anni e Raffaele Vergara, operaio di 19 ann

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La notizia della grazia per Patrick Zaki ci riempie di gioia. La sua liberazione dimostra che le campagne per i diritti umani servono e possono salvare vite uma


Graziato Patrick Zaki ma in Egitto migliaia di oppositori restano dietro le sbarre


Con la grazia concessa a Zaki e El Baqer, il presidente egiziano cerca di accreditare un suo presunto approccio più moderato alle questioni di sicurezza. Ma la realtà è ben diversa L'articolo Graziato Patrick Zaki ma in Egitto migliaia di oppositori rest

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della redazione

(nella foto di SonoGrazy un manifesto per la liberazione di Patrick Zaki a Palermo)

Pagine Esteri, 19 luglio 2023 – Il giorno dopo la condanna a tre anni di carcere, sentenziata dal tribunale speciale di Mansoura per “diffusione di notizie false” sui social, lo studente Patrick Zaki, iscritto all’Università di Bologna, è stato graziato. Il presidente egiziano Abdel Fattah El Sisi oggi ha emesso un provvedimento di grazia a suo favore e dell’avvocato per i diritti umani Mohamed El-Baqer, legale dell’attivista Alaa Abdel Fattah il più noto prigioniero politico egiziano.

Zaki dei tre anni avrebbe dovuto scontare ancora 14 mesi. Ieri, dopo la condanna – non appellabile perché pronunciata da una corte di sicurezza – erano stati lanciati vari appelli per la sua liberazione. A Roma gli esponenti della maggioranza di destra sostengono che il giovane egiziano sarebbe stato graziato per le pressioni diplomatiche del governo Meloni. Ma su El Sisi con ogni probabilità hanno influito di più i messaggi che ha ricevuto dagli Stati uniti a favore della scarcerazione di Zaki e considerazioni di carattere economico, dati i rapporti stretti in campo energetico tra Italia ed Egitto. Al Cairo in ogni attribuiscono il merito all’appello, accolto da El Sisi, lanciato ieri dal comitato per il “Dialogo Nazionale”, la serie di incontri cominciati nelle scorse settimane tra varie forze politiche, sindacali e sociali sulla “riconciliazione nazionale” promossi dal regime e che sino ad oggi non hanno prodotto alcun risultato apprezzabile.

Con la grazia concessa a Zaki e El Baqer, il presidente egiziano cerca di accreditare un suo presunto approccio più moderato alle questioni di sicurezza. L’Egitto però era e resta un paese con migliaia di detenuti politici, in gran parte dei casi arrestati in modo arbitrario, con scarse possibilità di essere scarcerati o graziati. Pagine Esteri

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pagineesteri.it/2023/07/19/med…



Oggi è il 31° anniversario della strage di Via d’Amelio, in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti Agostino Catalano, Eddie Walter Cosina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi e Claudio Traina.


Con Draghi premier ci avrebbero guadagnato sia l’Italia sia la Meloni


Se lo scorso 21 luglio il governo Draghi non fosse stato fatto cadere, si sarebbe finito presumibilmente per votare in giugno e, data la balcanizzazione del centrosinistra, il centrodestra avrebbe comunque vinto le elezioni. Al governo, oggi, ci sarebbe s

Se lo scorso 21 luglio il governo Draghi non fosse stato fatto cadere, si sarebbe finito presumibilmente per votare in giugno e, data la balcanizzazione del centrosinistra, il centrodestra avrebbe comunque vinto le elezioni. Al governo, oggi, ci sarebbe sempre Giorgia Meloni. Ma quale Giorgia Meloni e in quale Italia?

Bisogna innanzitutto con onestà intellettuale ammettere che le cose sono andate meglio del previsto. Molto meglio del previsto. Tanto per cominciare, la recessione che la scorsa estate le maggiori autorità economiche e finanziarie nazionali e internazionali annunciavano come scontata fortunatamente in autunno non c’è stata. Un dato di fatto non attribuibile al merito di nessuno, ma che di sicuro ha semplificato il compito di chi ha assunto la responsabilità del governo.

Non è bastato questo, naturalmente, ad impedire che fossero sin dalle prime ore della legislatura confermate negli inciampi del governo sul decreto Rave e nel cedimento della maggioranza parlamentare sull’elezione della seconda carica dello Stato le due critiche di fondo rivolte al centrodestra in campagna elettorale: la debolezza della classe dirigente meloniana e la mancanza di unità politica della coalizione. Limiti che danno tutt’ora i loro amari frutti. Ma quella che, soprattutto in tempo di “guerra”, poteva essere una tragedia si è rivelata più che altro una commedia. Folklore, o poco più. Come i distinguo di Matteo Salvini e di, pace all’anima sua, Silvio Berlusconi sull’Ucraina.

Un folklore che ha accresciuto e consolidato l’immagine di Giorgia Meloni come presidente del Consiglio affidabile. Affidabile soprattutto perché graniticamente atlantista e sorprendentemente europeista. Molto istituzionale, praticamente draghiana. Ed è questo che, in tale misura, non era davvero prevedibile. Non da parte di un leader politico che aveva trascorso gli ultimi 10 anni a dir male dell’Europa e che aveva sdegnosamente rifiutato di sostenere il governo di unità nazionale guidato da Mario Draghi.

E invece… Invece appaiono in perfetta continuità con il governo Draghi i rapporti istituzionali di Roma con Bruxelles, la vendita di Ita, la delega fiscale, il superamento del reddito di cittadinanza, quello del superbonus edilizio, le misure sul pos, le politiche sull’immigrazione… oltre che, da Bankitalia all’Agenzia delle Entrate, quasi tutte le nomine pubbliche più importanti.

Viene allora da pensare, senza con questo voler offendere nessuno, che con l’originale all’Italia sarebbe andata anche meglio. Se negli ultimi dieci mesi capo del governo fosse stato Mario Draghi è lecito supporre che avremmo impostato e negoziato meglio il Pnrr con Bruxelles, che saremmo rimasti nel gruppo di testa sull’Ucraina con Francia e Germania, che avremmo assunto un ruolo di leadership sia nel vitale confronto europeo in atto per la riforma del Patto di stabilità sia in quello per la rimodulazione del regolamento di Dublino sull’immigrazione e più in generale nel processo di riforma della governance europea. Detta in firma di slogan: più risorse, meno immigrati, maggiore sicurezza, maggiore autorevolezza internazionale dell’Italia, maggiore attrattività degli investimenti stranieri, maggiore efficacia ed efficienza dell’Europa in quanto tale.

Anche per Giorgia Meloni sarebbe stato probabilmente meglio. Avrebbe avuto il tempo per maturare un’identità politica più solida, per darsi una visione di governo più realista, per rendere credibile fino in fondo la propria conversione dalla logia dell’anti (anti Europa, anti migranti, anti trivelle, anti mercato…) alla logica del pro. Avrebbe potuto lavorare, con l’aiuto di un qualche professor Fisichella, a quella transizione liberale della Destra che ad oggi rischia di essere un’incompiuta. Avrebbe preso in carico un’Italia più stabile e più forte. Dunque più governabile.

Insomma, se Mario Draghi non fosse stato sconsideratamente fatto cadere dall’inconsapevole Conte e dai consapevoli Salvini e Berlusconi, a guadagnarci sarebbero stati sia l’Italia sia Giorgia Meloni. Dunque il centrodestra. Perciò, pur ammettendo che le sono andate molto, ma molto meglio del previsto, non mi pento di essere stato l’unico senatore del centrodestra ad intervenire lo scorso 21 luglio in aula per confermare la fiducia a Mario Draghi.

Huffington Post

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Sul 2% alla Difesa, l’Italia è indietro. L’allarme di Crosetto e Tajani


Sull’obbiettivo di destinare il 2% del Pil alla Difesa, l’Italia è indietro e non raggiungerà il traguardo nei prossimi due anni. A lanciare l’allarme è stato il ministro della Difesa, Guido Crosetto, intervenuto in audizione davanti alle commissioni Este

Sull’obbiettivo di destinare il 2% del Pil alla Difesa, l’Italia è indietro e non raggiungerà il traguardo nei prossimi due anni. A lanciare l’allarme è stato il ministro della Difesa, Guido Crosetto, intervenuto in audizione davanti alle commissioni Esteri e Difesa del Senato e della Camera, riunite per ascoltare la relazione sugli esiti del vertice Nato a Vilnius da parte del responsabile di palazzo Baracchini e del ministro degli Esteri, Antonio Tajani. “La Nato ha invitato gli alleati ad investire almeno il 2% del rapporto tra spese della Difesa e Pil”, ha ricordato il ministro, sottolineando come “questo parametro sarà considerato in futuro come base di partenza per le rinnovate esigenze dell’Alleanza e in alcuni casi sarà importante spendere anche oltre il 2%, considerando gli anni precedenti di sotto investimenti”. Come registrato anche dal ministro Tajani: “L’aumento delle spese per la difesa dovrà essere sostenibile e graduale”, aggiungendo che tale aumento dovrà “tenere conto del contributo complessivo degli alleati”.

I fondi alla Difesa

“Al momento i nostri piani nazionali prevedono che l’Italia si attesterà nel 2023 all’1,46% per poi scendere all’1,43% nel 2024: una tendenza in negativo e come si può constatare siamo molto lontani dal 2%”, ha spiegato ancora il ministro della Difesa, ricordando come quest’anno l’obiettivo verrà raggiunto “da undici Paesi a cui se ne aggiungeranno nel 2024 altri otto” e altri negli anni successivi. “In un’ipotetica graduatoria, l’Italia si candida al 24esimo posto per le spese per la Difesa”, ha aggiunto il ministro. Come spiegato da Crosetto al question time alla Camera, l’Italia al momento ha allocato alla Difesa nella legge di bilancio 2023 “circa 6,21 miliardi per il 2023, 6 miliardi per il 2024, 6,2 miliardi per il 2025, in linea con un trend avviato già dai precedenti governi”. A questi si aggiungono i fondi del Mimit per lo sviluppo tecnologico-industriale “pari a circa 1,9 miliardi nel 2023, 2,2 miliardi nel 2024 e 2,5 miliardi nel 2025”.

Le difficoltà verso il 2%

“Sono stato il primo ministro del nostro Paese a parlare della difficoltà di raggiungere l’obiettivo del 2%. Per la prima volta questo governo ha fatto chiarezza sulla possibilità di dare il nostro contributo”, ha sottolineato il ministro, registrando come l’Italia continui a disattendere il traguardo deciso in Galles. “È giusto chiedersi se ci serve, ma il 2% lo decide il Parlamento approvando gli stanziamenti di bilancio, che sono una scelta politica, affidata al passaggio parlamentare” ha voluto rimarcare Crosetto, ribadendo come ad oggi l’Italia non può raggiungere il 2% del Pil alla Difesa né il prossimo anno né quello successivo: “È difficile identificare una data – ha detto Crosetto – io mi auguro, perché penso che ce ne sia necessità, che noi riusciremo a rispettare il patto perché altrimenti ci ritroveremmo ad essere l’ultimo Paese come investimento in questo senso”.

Attenzione al Mediterraneo

Nel corso dell’audizione il ministro Tajani ha ricordato come l’Italia al vertice Nato di Vilnius abbia chiesto di “rafforzare la postura verso sud” dell’alleanza, con “maggiori risorse e impegno per le sfide del fianco meridionale”. Tajani ha ricordato “il traffico di esseri umani, il cambiamento climatico, la sicurezza alimentare, il terrorismo” come alcuni dei fattori di instabilità che caratterizzano la regione, e “la sicurezza del vicinato meridionale della Nato è essenziale per la sicurezza dell’Alleanza”. In questo quadro, ha aggiunto, “vogliamo approfondire i rapporti con i partner” del Mediterraneo “su base paritaria”. Inoltre l’Italia, nella presidenza 2024 del G7, avrà tra le sue priorità “l’Africa ed il Mediterraneo”.

Vertici Nato

Tajani ha anche registrato come l’Italia abbia concorso alla proroga del mandato di Stoltenberg alla guida della Nato, “riconoscendone la leadership in questa fase”. In particolare il ministro degli Esteri ha aggiunto che “il governo mantiene una vigile attenzione sul rinnovo di tutte le cariche speciali del sistema Nato al fine di svolgere con autorevolezza una costante azione di promozione dei nostri interessi nazionali, che porteremo avanti anche nei prossimi mesi nelle continue interlocuzioni con gli alleati”. Un’annotazione che potrebbe riferirsi all’ambizione italiana di candidare il capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, alla carica di presidente del Comitato militare della Nato.


formiche.net/2023/07/due-per-c…



Spazio e cyber chiavi del multidominio. Il punto di Elt


Il futuro della difesa passa per lo spazio e per il cyber, due aspetti strettamente legati e che avranno bisogno di investimenti per mantenere quel vantaggio tecnologico in grado di assicurare la deterrenza. È questo il quadro emerso nel corso dell’inizia

Il futuro della difesa passa per lo spazio e per il cyber, due aspetti strettamente legati e che avranno bisogno di investimenti per mantenere quel vantaggio tecnologico in grado di assicurare la deterrenza. È questo il quadro emerso nel corso dell’iniziativa “Cyber e Spazio: abilitanti per operazioni multi-dominio” organizzata da Elt Group presso la sede del Segretariato Generale della Difesa e Direzione Nazionale degli Armamenti. L’evento ha visto l’azienda presentare le sue soluzioni e, soprattutto, ha avuto l’obiettivo di stimolare una riflessione di alto livello su questi settori strategici e abilitanti, fondamentali per la difesa nazionale del prossimo futuro. Moderati dal direttore di Rid, Pietro Batacchi, si sono confrontati sul tema il segretario generale della Difesa, generale Luciano Portolano, il presidente di Elt Group, Enzo Benigni, l’amministratore delegato del gruppo, Domitilla Benigni, il sottocapo di Stato maggiore della Difesa, generale Carmine Masiello, il sottocapo di Stato maggiore dell’Aeronautica, generale Aurelio Colagrande, il direttore del V reparto di SegreDifesa, Luisa Riccardi, il direttore di Teledife, generale Angelo Gervasio, il capo reparto C4S e capo Ufficio generale innovazione e spazio dello Stato maggiore della Marina militare, ammiraglio Francesco Procaccini, l’amministratore delegato di Cy4gate, Emanuele Galtieri, il vice presidente Global sales & business development Strategy, innovation & transformation di Elt, Gianni Maratta, e il vice presidente Paolo Izzo. Presenti all’iniziativa anche il sottosegretario di Aiad, Carlo Festucci, e il consigliere militare del presidente della Repubblica, generale Gianni Candotti.

L’importanza del multidominio

Come registrato in apertura proprio dal generale Portolano “i domini emergenti dello spazio e del cyber sono in pieno sviluppo, e su questi bisogna investire”. Come illustrato dal segretario generale della Difesa, infatti, l’evoluzione tecnologia nella difesa si è svolta, fino a oggi, dal settore militare che “partendo dagli aspetti dottrinali definiva le esigenze, chiedendo poi all’industria di soddisfarle”. Oggi questo processo non è scontato. “Il progresso tecnologico avanza senza precedenti – ha detto Portolano – e oltre alla Difesa si sono affacciati numerosi altri stakeholders”. L’importanza di queste soluzioni risiede in particolare nel fatto che abilitano l’impego delle Forze armate nel multidominio “un prodotto, e non una somma, di capacità di componenti efficace solo se effettuata in maniere sinergia in tutti i domini”. In questo spazio, le azioni si svolgono nella dimensione fisica e virtuale, con l’obiettivo di “creare effetti strategici nella dimensione cognitiva, quella nella quale si prendono le decisioni”. Il ragionare in domini differenti, allora, può essere “un artificio per facilitare la comprensione, ma non deve essere una limitazione al pensiero strategico” che deve pensarli non come “entità isolate, ma un ambiente unico”.

Investire è una necessità

Enzo Benigni ha ricordato che “l’evoluzione è talmente veloce che sorprende gli stessi tecnici”. Per questo l’obiettivo delle aziende, a partire da Elt Group, deve essere quello di “mettere a disposizione alle Forze armate le tecnologie necessarie”, utili anche nel consesso internazionale per dare spessore all’azione totale del Paese. Il tema cruciale sottolineato dal presidente di Elt è che l’innovazione è “una cosa seria, costosa e pericolosa se si sbaglia strada”. Investire, allora, è l’unico modo per individuare le soluzioni all’avanguardia, utile “a ridurre e colmare i gap”. Anche dal punto di vista industriale, l’innovazione è un elemento indispensabile: “Per un’azienda significa soprattutto rimanere competitivi; senza innovazione si diventa rapidamente obsoleti”. ELT Group ha messo questi concetti al centro del proprio piano industriale Tenet 2030 “per cogliere al meglio le possibilità offerte dalle proprie competenze a servizio di nuovi domini, come lo spazio, il cyber e la bio-difesa’’ ha ricordato ancora il presidente Benigni.

Elt Group cresce

“La tecnologia di oggi va più veloce di noi e ci dobbiamo adeguare; dobbiamo essere più veloci a utilizzarla” ha detto Domitilla Benigni all’evento, registrando come la digitalizzazione abbia accelerato l’innovazione di una decina di volte. Per questo, il gruppo si baserà su una serie di laboratori che seguiranno il fast prototyping, in modo da gestire i processi di prototipizzazione in maniera più veloce. Inoltre, il know how delle aziende del gruppo permette a Elt Group di possedere una crescente competenza in tutti i nuovi domini trasversali dello spazio e del cyber. “Il portafoglio prodotti aumenta – ha commentato Benigni – dai tradizionali delle contromisure e della self protection, al Sigint, all’infrarosso, ai nuovi settori della guerra elettronica spaziale e del cyber”.

Scorpio

L’occasione ha permesso all’azienda anche di presentare il proprio traguardo del primo payload di Elt finanziato dall’azienda lanciato nello spazio il 15 aprile scorso dalla base spaziale di Vandenberg a bordo di un razzo di SpaceX. “Il sistema Scorpio ha messo insieme competenze tradizionali di Elt insieme a nuove capacità del dominio spaziale, grazie all’apporto di nuovi colleghi e nuovi partner”, ha spiegato Gianni Maratta. Il satellite, la cui missione è raccogliere i dati marittimi non classificati analizzati dal segmento di terra presso il quartier generale di Elt a Roma, è solo l’ultimo traguardo della società, i cui prossimi obiettivi sono il sistema in orbita stratosferica EuroHAPS e il sistema di contromisura per impedire l’acquisizione di immagini da parte di satelliti ostili, Zenital jammer.

La sicurezza cyber delle orbite

Come spiegato da Emanuele Galtieri, l’infrastruttura spaziale è fatta da diversi segmenti: la piattaforma in orbita, il centro di controllo a Terra, il collegamento tra questi due e la supply chain. “Ciascuno di questi segmenti può essere attaccato” sia nello spazio Ems (jamming, interferenze) che cyber. “La Space economy vale già 450 miliardi di dollari, con un tasso di crescita al 6% – ha detto ancora Galtieri – questo significa che nel 2030 varrà un trilione di dollari. Questa crescita naturalmente attrae gli attaccanti”. Come spiegato dall’ad di Cy4gate, gli attacchi ai satelliti sono aumentati del 500% dal 2008 al 2018. Per questo la società ha messo a punto diverse soluzioni per assicurare la difesa delle piattaforme e dei collegamenti.

L’azione delle Forze armate nei nuovi domini

I nuovi domini dello spazio e del cyber “sono trasversali, perché investono gli altri tre, non appartengono a una sola Forza armata, ma sono abilitanti per tutte ed esse stesse sono un campo di battaglia” ha registrato il generale Masiello. Per il sottocapo della Difesa, i due domini vogliono dire “connettività, da raggiungere con i satelliti, la valorizzazione dei dati, con l’IA, e la cyber-sicurezza dei dati”. Per il generale Colagrante, “i dati prodotti dallo spazio sono a disposizione di tutti perché sono abilitanti fondamentali per le operazioni; la dimensione spaziale pervade tutto”. In questo quadro però, ha registrato ancora il sottocapo dell’Aeronautica, per l’Arma azzurra lo spazio è nel suo Dna “per quanto riguarda operare i sistemi spaziali”. Questo ambiente, tra l’altro, sta diventando sempre più conteso, con l’affacciarsi di nuovi attori, anche ostili. Dallo spazio dipendono poi numerose attività anche sulla superficie, compresa quella marittima “Sorveglianza, navigazione, comunicazione, cartografia, tutte dipendono dallo spazio” ha spiegato l’ammiraglio Procaccini, ricordando come la Marina sia per sua vocazione multidominio. L’ammiraglio ha anche sottolineato la similitudine tra spazio e l’ambiente underwater, soprattutto per quanto riguarda la dimensione cyber, con il “99% delle comunicazioni Internet che passano lungo le dorsali sottomarine”.

La sfida del procurement

Fondamentale in questo senso sarà il procurement dei sistemi satellitari e spaziali in generale. La sfida, ha spiegato il generale Gervasio, è “trovare sul mercato le soluzioni adatte a soddisfare le esigenze delle Forze armate” in un settore complesso e articolato. “I mandati che ho ricevuto nel primo semestre del 2023 sono stati una volta e mezzo maggiori rispetto all’intero 2022, e di questi la maggior parte ha riguardato lo spazio e il cyber”. Serve allora “un indirizzo per capire quali siano i requisiti che un sistema deve possedere per poter essere impiegato”. Per la dottoressa Riccardi, stiamo allora assistendo a un cambio di paradigma “Settori come cyber e spazio per la loro trasversalità obbligano la Difesa a interfacciarsi con interlocutori nuovi e la Difesa stessa ha cambiato il modo di rivolgersi alle nuove realtà”. L’obiettivo del futuro, allora, deve essere la collaborazione con i privati per “definire insieme il futuro e capire come orientarlo insieme”.


formiche.net/2023/07/spazio-cy…




La notizia della morte improvvisa e inaspettata di Andrea Purgatori ci ha colpito profondamente. Perdiamo un punto di riferimento importante. La cultura italia


Ten MEPs ask EU Commission for a moratorium on tracking of users


Ten Members of the European Parliament asked the European Commission on Wednesday (19 July) for a moratorium on tracking users online, and more details on how it intends to apply the EU's new digital rules in this domain.


euractiv.com/section/data-priv…



Etiopia, legittimata da USA ed Europa, ostacola la giustizia per le vittime di guerra in Tigray


Dopo 2 anni di guerra genocida iniziata il 4 novembre 2020 in Tigray, stato regionale settentrionale dell’ Etiopia, ancora oggi, dopo quasi 9 mesi dalla firma dell’ accordo di cessazione ostilità firmato a Pretoria, continuano abusi, violenze e violazioni

Dopo 2 anni di guerra genocida iniziata il 4 novembre 2020 in Tigray, stato regionale settentrionale dell’ Etiopia, ancora oggi, dopo quasi 9 mesi dalla firma dell’ accordo di cessazione ostilità firmato a Pretoria, continuano abusi, violenze e violazioni.

Continuano le morti per fame di adulti e bambini.

Da marzo 2023 in Tigray e da giugno 2023 nel resto d’Etiopia, le agenzie umanitarie WFP e USAID hanno fatto la scelta politicizzata di bloccare la fornitura alimentare per 20 milioni di persone bisognose di supporto alimentare.


Approfondimenti:


Diversi punti dell’accordo di Pretoria (CoHA) ancora oggi sono disattesi.

Il ritiro dell’occupazione amhara dall’area aoccidentale del Tigray: le forze amhara hanno perpetrato, anche dopo l’accordo di tregua, attività di pulizia etnica verso i civili etiopi di etnia tigrina.

Il ritiro delle forze eritree, che anche durante e dopo i tavoli di negoziato del 2 novembre 2022, hanno continuato con abusi, saccheggi e repressione, uccisioni di civili tigrini. Oggi i soldati dell’esercito eritreo risultano parzialmente ritirati, perché nelle zone del Tigray dell’estremo nord est, nella woreda (distretto) di Irob sono ancora presenti.

L’accesso incondizionato al supporto umanitario come vuole l’accordo di Pretoria, proprio per la presenza di queste “forze esterne” (come sono state implicitamente nominate nel “contratto di tregua” le forze amhara ed eritree) hanno condizionato i movimenti umanitari nella regione del Tigray.

Il sistema sanitario distrutto per il 90% durante 2 anni di guerra genocida combattuta in totale blackout comunicativo ed elettrico, ha tenuto in scacco quasi 7 milioni di civili. Ancora oggi molte zone rurali, la maggior parte dello staot regionale, sono in balia degli eventi, come le loro comunità. Ancora oggi anche grossi centri sanitari, ospedali come ad Adwa, a Mekelle, nonostante siano passati quasi 8 mesi dall’accordo che ha impartito dei punti fondamentali per la ricostruzione e la rinascita di una popolazione distrutta, massacrata e martoriata da una guerra non loro, non arrivano a risollevarsi, non hanno il giusto supporto di materiale per poter curare vecchi e nuovi pazienti. Gli aiuti che arrivano oggi sono doverosi, ma ancora unagoccia di acqua in mezzo al deserto.

L’accordo però è una raccolta di linee guida che non può essere fine a se stesso, ma deve considerarsi strumentale a salvare milioni di persone e tutelarne i diritti come individui e parte della società.


Quelle persone in Tigray che oggi continuano a soffrire per il mancato rispetto di vari punti di quel stesso accordo che invece dovrebbe tutelarle.

La catastrofe umanitaria continua in Tigray


In data di scrittura di questo articolo (19 luglio 2023) sono passati 112 giorni dall’inizio della sospensione di materiale umanitario da parte del WFP e USAID rivolto a milioni di persone in Tigray.
Grazie a Duke Burbridge per la condivisione di questo grafico.Grazie a Duke Burbridge per la condivisione di questo grafico.
La fame artificiosamente indotta dal’uomo e da scelte politiche, porta alla luce atrocemente casi come quello di Tsige Shishay.

Il maglione rosa che indossa riporta tragicamente la scritta “bello” sul davanti.

Tsige Shishay ha 10 anni, ma pesa appena 10 kg. Il suo medico a Mekelle dice che sta morendo, una nuova vittima di una grave carenza di cibo in una regione devastata da due anni di guerra e lotta contro gli stenti: siccità e cambiamenti climatici sono solo fattori complementari che aggravano la vita di milioni di persone oggi.

Il personale dell’Ayder Hospital a Mekelle ha detto che otto bambini sono morti lo scorso maggio.
Tsige Shishay, il cui maglione rosa dice "bello" sul davanti, ha 10 anni ma pesa appena 10 kg - Ayder hospital Mekelle - TigrayTsige Shishay, il cui maglione rosa dice “bello” sul davanti, ha 10 anni ma pesa appena 10 kg – Ayder hospital Mekelle – Tigray

Anche la repressione a sfondo etnico continua: un caso eclatante e recente subìto da Aba Serekebirhan Weldesamuel che una volta atterrato in Etiopia all’areoporto di Bole, Addis Ababa, voleva continuare il viaggio verso Mekelle per rivedere la proria famiglia. E’ stato detenuto al’areoporto dalle forze di polizia per 3 giorni senza motivo ed estradato senza foglio di via verso Nuova Delhi, India come scalo prima di tornare in Australia.

L’Etiopia ostacola la giustizia per le vittime in Tigray


Nell’accordo di tregua un altro punto fondamentale è quello della giustizia di transizione.

In base all’accordo di cessazioni ostilità – CoHA, firmato congiuntamente al TPLF – Tigray People’s Liberation Front, l’Etiopia si è impegnata ad attuare una “politica nazionale di giustizia transitoria globale volta alla responsabilità, all’accertamento della verità, al risarcimento delle vittime, alla riconciliazione e alla guarigione”.

Il processo manca di trasparenza ed è conseguenza di una strategia nota ben prima della stipula dell’accordo negoziato a Pretoria e mediato dall’ African Union.

Un fatto eclatante che conferma tale strategia, sono le parole esclusive dell’ex ministro delle donne e della gioventù Filsan Abdi che al Washington Post aveva denunciato:

“La guerra ha polarizzato il paese così profondamente che so che molte persone mi etichetteranno come bugiarda semplicemente perché dico che anche il governo ha fatto cose dolorose e orribili”, ha detto Filsan. “Non sto dicendo che erano solo loro. Ma io c’ero. Ero alle riunioni di gabinetto e sono andata a incontrare le vittime. Chi può dirmi cosa ho fatto e cosa non ho visto?”


Era stata incaricata dal governo etiope di creare una task force investigativa in Tigray per indagare sulle diffuse denunce di stupro e sul reclutamento di bambini soldato.

“Abbiamo riportato le storie più dolorose e ogni parte era implicata”


Sottolineando:

“Ma quando ho voluto pubblicare le nostre scoperte, mi è stato detto che stavo oltrepassando il limite. “Non puoi farlo”, mi ha chiamato e mi ha detto un funzionario molto in alto nell’ufficio di Abiy. E ho detto: ‘Mi hai chiesto di trovare la verità, non di fare un’operazione di propaganda. Non sto cercando di far cadere il governo: c’è un’enorme crisi di stupri per l’amor di Dio. I bambini soldato vengono reclutati da entrambe le parti. Ho le prove sulla scrivania davanti a me.”


Il governo etiope è anche stato sempre ostile verso l’ingerenza straniera e sulle molteplici richieste ed appelli per indagini indipendenti per la giustizia delle vittime di guerra. Fin dall’inizio ha ostacolato l’accesso al Tigray a media, umanitari e funzionari di diritti umani legittimando la propria posizione con il detto “soluzioni africane ai problemi africani”.

Il governo etiope è implicato, come tutte le altre forze coinvolte nella guerra genocida in Tigray, in crimini di guerra. Nello specifico il governo ha intenzionalmente fatto ostruzionismo bloccando di fatto l’accesso ed il supporto umanitario nello stato regionale del Tigrai verso milioni di civili bisognosi di supporto.

USA ed Europa perseguendo il sistema capitalistico legittimano la strategia dell’Etiopia


I 6 milioni di persone in Tigray che hanno subìto crimini di guerra non vedranno alcuna responsabilità perché in gran parte è consrguenza legittimata da USA ed Europa che continuano a ripristinare e normalizzare le relazioni economiche con il governo etiope.

Una evidente dimostrazione di doppi standard da parte della così detta comunità internazionale se accostata al contesto ucraino. Milioni di rifugiati scappati dalla guerra e dall’invasione russa in patria ed accolti in Italia in pochi mesi. Il governo ha predisposto agevolazioni fiscali per tutti gli italiani che avessero dato disponibilità di accoglienza. Non si può dire che lo stesso furgone (#LoStessoFurgone come hashtag su Twitter) per andare a recuperare gli ucraini su linea di confine per portarli in salvo in Italia sia utilizzato come mezzo (metafora di scelte politiche non discriminanti e in tutela dei diritti universali di ogni individuo, nessuno escluso) anche per tutte quelle persone che scappano dalle guerre come per esempio quella genocida in Tigray.


Approfondimenti:


“In un mondo consumato dal conflitto in Ucraina e intrappolato in un tiro alla fune tra superpotenze, la responsabilità per le atrocità nel Tigray rimane una prospettiva lontana. Considerazioni strategiche si riflettono nei tentativi di rafforzare i legami [economici USA ed Europa] con il governo [etiope] piuttosto che rimproverarlo.

Ma restituire il pieno sostegno all’Etiopia senza passi concreti per porre fine all’impunità destabilizzerà ulteriormente un paese sempre più fragile. I tigrini continuano a essere soggetti a violazioni dei diritti umani mentre il conflitto ribolle in Amhara e Oromia, con il potenziale per inghiottire il paese nella violenza.”

Aaron Maasho & Martin Witteveen


Aaron Maasho ha lavorato come direttore delle comunicazioni dell’EHRC da luglio 2020 a novembre 2021.
Martin Witteveen, un esperto di diritto penale internazionale, ha prestato servizio presso EHRC fino a febbraio 2022 per sviluppare una strategia di risposta rapida per situazioni di emergenza in materia di diritti umani


tommasin.org/blog/2023-07-19/e…



Le iniziative delle altre Autorità


L’Autorità garante norvegese limita temporaneamente il marketing comportamentale di Meta L’Autorità norvegese (Datatilsynet) per la protezione dei dati ha adottato un provvedimento di limitazione temporanea del trattamento dei dati nei confronti di Meta relativamente alla personalizzazione della pubblicità basata sul monitoraggio e sulla profilazione degli utenti. La decisione si applicherà a partire dal 4 agosto... Continue reading →


I nomi per il dopo-Wallace alla Difesa britannica


Nei giorni scorsi Ben Wallace ha annunciato la decisione di lasciare dopo oltre quattro anni, un record dall’epoca di Winston Churchill, l’incarico di segretario alla Difesa del Regno Unito. Il passo indietro, ha spiegato al Sunday Times, si consumerà in

Nei giorni scorsi Ben Wallace ha annunciato la decisione di lasciare dopo oltre quattro anni, un record dall’epoca di Winston Churchill, l’incarico di segretario alla Difesa del Regno Unito. Il passo indietro, ha spiegato al Sunday Times, si consumerà in occasione di un prossimo rimpasto a cui il primo ministro Rishi Sunak, dovrebbe metter mano a settembre.

Nel colloquio, Wallace ha espresso il suo forte disappunto per il mancato sostegno del presidente statunitense Joe Biden alla sua candidatura come segretario generale della Nato. “Perché non sostieni il tuo più stretto alleato quando presenta un candidato? Penso che sia una domanda giusta”, ha dichiarato. Ma sulla vicenda rimangono diversi interrogativi. Due in particolare, che riguardano gli equilibri interni al Partito conservatore e le ambizioni del ministro uscente. Davvero Sunak appoggiava la candidatura di Wallace? Davvero Wallace credeva alla sua candidatura ben sapendo che ormai per quel ruolo gli alleati puntano ormai a un livello minimo di ex capi di governo?

Intanto, Wallace resterà deputato sino alla fine della legislatura, ma poi non si ricandiderà in Parlamento lasciando la politica attiva per dedicarsi di più “alla famiglia”. Sarà vero? Forse. Nel ambienti tory però c’è chi sospetta che voglia prendersi soltanto una pausa, lasciare in vista delle elezioni del 2024 che si preannunciano disastrose per il Partito conservatore e tornare per puntare alla leadership della destra britannica.

Per il successore è già partito il toto-scommesse, come da tradizione londinese. Il favorito è, secondo quanto riportato dal Telegraph, Tom Tugendhat, oggi viceministro per la Sicurezza al ministero dell’Interno. È ex militare di carriera esattamente come Wallace. Ha combattuto in Iraq e in Afghanistan. Come Wallace è un ferreo sostenitore dell’Ucraina. È stato presidente della commissione Esteri della Camera dei Comuni e in quel ruolo si è distinto per le sue posizioni fortemente critiche verso la Russia e la Cina.

Due le alternative a Tugendhat, riferisce ancora il Telegraph. La prima è la ministra Penny Mordaunt, attuale leader della Camera ai Comuni (responsabile cioè per i rapporti del governo con il parlamento) e prima e unica donna britannica alla guida della Difesa per un breve periodo nel governo guidata da Theresa May. Ma tra lei e Sunak il rapporto è pessimo. La seconda è il veterano Brandon Lewis, ex ministro fra l’altro della Giustizia, uscito temporaneamente dalle file del governo con l’ascesa di Sunak dopo averne fatto parte sotto May, Boris Johnson e Liz Truss.

Anne-Marie Trevelyan, viceministra all’Indo-Pacifico al ministero degli Esteri e già ministra per lo Sviluppo internazionale, si è autocandidata: “Sarebbe un privilegio”, ha scritto su Twitter. Ma lei potrebbe salire al livello più alto del Foreign Office nel caso in cui a guidare la Difesa dovrebbe essere James Cleverly, attuale ministro degli Esteri, un altro ex militare e convinto sostenitore dell’Ucraina. A fare il suo nome come favorito è stato il Times. Tra gli outsider ci sono James Heappey, oggi viceministro alle Forze armate, e John Glen, numero due del Tesoro.

Con la Global Britain che guarda all’Indo-Pacifico più che all’Europa risvegliata dall’invasione russa in Europa, con le elezioni alle porte, il lavoro per il successore di Wallace si preannuncia complicato. È stato lo stesso ministro uscente a indicare il tema più critico annunciando di essere pronto ad alzare la voce dai banchi della Camera dei Comuni se il primo ministro Sunak e il cancelliere Jeremy Hunt, due politici molto attenti al rigore dei conti, non manterranno la promessa di aumentare la spesa militare dall’attuale 2,16% al 2,5% del prodotto interno lordo al 2,5%.

C’è poi il tema Global combat air programme (Gcap), il progetto che vede i tre Regno Unito, Italia e Giappone collaborare per la realizzazione del velivolo da combattimento del futuro destinato a sostituire i circa 90 caccia F-2 giapponesi e gli oltre 200 Eurofighter britannici e italiani. Dopo i passi avanti dell’incontro a Roma di fine giugno, è previsto un nuovo incontro tra i ministri in autunno, probabilmente a Londra, con l’italiano Guido Crosetto e il viceministro giapponese Atsuo Suzuki (visto che Yasukazu Hamada viaggia all’estero). Potrebbe essere uno dei primi incontri del nuovo ministro della Difesa britannico.


formiche.net/2023/07/post-wall…



Perquisita la sede della testata di alimentazione Gift Great Italy Food Trade e la casa dell'avvocato giornalista Dario Dongo della testata online

@Giornalismo e disordine informativo

Milano - "Cinque funzionari della squadra mobile di Pescara si sono presentati presso la sede del sito di informazione indipendente Gift (greatitalianfoodtrade.it) su ordine del sostituto procuratore incaricato e del procuratore capo della Procura di Pescara, per perquisire la sede operativa del sito web. Al termine dell'azione, protrattasi per 6 ore, sono stati sequestrati tutti i dispositivi (cellulare, tablet, computer portatile) del fondatore, Dario Dongo, giornalista, tra i massimi esperti di diritto alimentare europeo". Lo ha reso noto l'ufficio stampa milanese di Gift e del Fatto Alimentare, due media specializzati sull'alimentazione e l'industria alimentare, al centro anche di inchieste di rilievo giudiziario.

Protesta dei sindacati dei Cronisti per tutela delle fonti giornalistiche un secco NO a qualsiasi forma di intimidazione e limiti alla libertà di stampa.

PS: Gift ItalyFoodTrade è un media online specializzato sull'alimentazione e l'industria alimentare, al centro anche di inchieste giornalistiche di rilievo giudiziario.

Qui il link alla notizia (cache di Google)



“Il GDPR in ambito assicurativo” (Giuffrè Editore) di Rudi Floreani e Stefano Petrussi


“Il GDPR in ambito assicurativo” di Rudi Floreani e Stefano Petrussi, primo volume, (Giuffrè editore) ha l’obiettivo di approfondire con approccio pragmatico le modalità di applicazione della disciplina in materia di protezione dei dati personal nel settore assicurativo e della distribuzione assicurativa. L’opera di Floreani e Petrussi nasce dall’avvertita esigenza di offrire agli attori del... Continue reading →


GAZA. Hamas paga gli stipendi ai dipendenti. Ma critiche e polemiche non cessano


Secondo molti abitanti, le casse del governo islamico non sono vuote solo a causa del blocco israeliano di Gaza e del ritardo delle donazioni qatariote. L'articolo GAZA. Hamas paga gli stipendi ai dipendenti. Ma critiche e polemiche non cessano proviene

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di Michele Giorgio*

(foto di gloucester2gaza)

Pagine Esteri, 19 luglio 2023 – Da forza di opposizione Hamas conquista consensi tra i palestinesi in Cisgiordania, a danno dell’Anp di Abu Mazen che, al contrario, continua a perdere sostegni. Eppure nella sua roccaforte Gaza dove è anche un apparato di governo, il movimento islamico è oggetto di critiche e contestazioni crescenti. Nonostante il ministero delle finanze di Hamas abbia annunciato che oggi pagherà 50mila dipendenti pubblici, superando il ritardo nell’erogazione del sussidio mensile di circa 30 milioni di dollari che riceve dal Qatar, la diminuzione delle entrate fiscali e l’aumento delle spese, a Gaza le polemiche non si spengono per i continui ritardi nel pagamento degli stipendi ai dipendenti pubblici. Decine di migliaia di famiglie sono costrette da anni a ricevere mediamente solo 1200 shekel (circa 300 euro), ossia metà dello stipendio.

Non è la prima crisi salariale che si registra a Gaza, lembo di terra senza una economia a causa dell’occupazione, dal 2006 soggetto a un blocco rigido da parte di Israele e teatro di offensive militari devastanti e sanguinose. Quest’ultima crisi però ha scatenato una quantità insolita di polemiche e critiche sui social media, espresse in alcuni casi anche da militanti di Hamas. Ammar Q. sul suo account Facebook ha commentato che «Se le autorità responsabili non sono in grado di erogare gli stipendi regolarmente, allora devono riconsiderare le loro politiche e il numero alto dei posti di lavoro nella pubblica amministrazione». Per l’insegnante Hussam S., il ritardo degli stipendi sarebbe «una manovra del governo per negare i diritti dei lavoratori». Muhammad S. facendo riferimento alle analoghe difficoltà dell’Anp in Cisgiordania, ha scritto che la crisi è «Il risultato di 16 anni di divisione (tra Gaza e Cisgiordania): due governi di incapaci che non sono in grado di pagare stipendi pieni o puntuali ai propri dipendenti».

La maggior parte dei 2,3 milioni degli abitanti di Gaza vive in povertà. Il Qatar ha erogato centinaia di milioni di dollari dal 2014 per progetti infrastrutturali e oltre ai 30 milioni di dollari per il lavoro pubblico, inoltre copre con suoi fondi anche l’acquisto (in Israele) del carburante per la centrale elettrica. Secondo alcune voci il ritardo della donazione è frutto di pressioni qatariote su Hamas. Doha intenderebbe ricordare ad Hamas che dipende dai suoi fondi e che pertanto deve restare calmo.

Vero o falso che sia, dall’inizio del 2023 è iniziato il ritardo nel pagamento degli stipendi a Gaza. Non solo. Il debito di Hamas con le banche è cresciuto dopo l’ottenimento di un prestito da circa dieci milioni di dollari ricevuto dalla Banca nazionale islamica, mentre sale il prezzo della benzina egiziana che sino ad oggi ha permesso di tenere basso il costo dei trasporti a Gaza. Di recente il governo di Hamas ha anche dovuto acquistare medicinali e saldare debiti con aziende farmaceutiche per 50 milioni di shekel (oltre 12 milioni di euro). Il viceministro Awni Al Bashar ha invitato la comunità internazionale a cessare il boicottaggio.

La popolazione intanto non è convinta che la crisi sia frutto solo del blocco israeliano e del ritardo delle donazioni qatariote. «Ogni mese decidono una nuova tassa» si lamenta Sabri K., un commerciante «paghiamo anche l’aria, dove finiscono tutti questi soldi?».

*Questo articolo è la versione aggiornata dell’originale pubblicato dal quotidiano il Manifesto il 18 luglio 2023 ilmanifesto.it/hamas-non-paga-…

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In Cina e Asia -Bangladesh, un morto e centinaia di feriti nelle manifestazioni contro il governo


In Cina e Asia -Bangladesh, un morto e centinaia di feriti nelle manifestazioni contro il governo bangladesh scontri manifestazioni
I titoli di oggi:
Bangladesh, un morto e centinaia di feriti nelle manifestazioni di massa contro il governo
Soldato Usa diserta in Corea del Nord
Big tech: 200 milioni di cinesi impiegati nel settore
India, nasce la coalizione anti Bjp
Cina, Henry Kissinger incontra il ministro della Difesa cinese a Pechino
Prove di rimozione dell' hukou in Zhejiang
Funerali in Cina, dopo il Covid si preferisce la cremazione

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PRIVACYDAILY


N. 138/2023 LE TRE NEWS DI OGGI: L’Unione europea (UE) e Argentina, Bahamas, Barbados, Brasile, Cile, Colombia, Costa Rica, Repubblica Dominicana, Ecuador, El Salvador, Guatemala, Honduras, Giamaica, Messico, Panama, Paraguay, Perù, Suriname, Trinidad e Tobago e Uruguay hanno deciso di approfondire il loro partenariato istituendo un’Alleanza digitale UE-LAC. L’Alleanza digitale UE-ALC è un progetto di... Continue reading →


#39 / Di cacche di cane e privacy


Sindaci, consiglieri e assessori in tutto il mondo hanno deciso all'unisono di imporre la schedatura genetica dei nostri cani per risolvere un particolare "problema" / Meme e citazione del giorno.

Il piccolo comune di Béziers invaso dalle cacche di cane - oppure no


Robert Ménard è il sindaco di Béziers, un piccolo comune sulla costa della Francia meridionale. Robert Ménard ha un problema: le cacche di cane lasciate in giro per strada.

Cosa farebbe una persona normale per affrontare questa grave piaga sociale? Magari cercherebbe di sensibilizzare i cittadini; o forse potrebbe distribuire “gratuitamente” bustine per raccogliere la cacca dei cani. O magari, non farebbe proprio nulla e penserebbe a risolvere questioni più importanti di qualche cacca per terra.

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E invece no. Il caro Robert non è certo una persona qualunque e non si farà intimorire da qualche cacca di cane. La soluzione è tanto semplice quanto grottesca: obbligare tutti i residenti a schedare il DNA del loro cane, cosicché attraverso i campioni dalle feci lasciate in terra si possa scovare il colpevole a quattro zampe e — di riflesso — il suo padrone.

È necessario punire i cittadini per farli comportare meglio”, afferma Robert France Bleu Radio.


Hey Robert, ma siamo sicuri che punire i cittadini per modificare il loro comportamento sia il ruolo di un sindaco?

Anche Alto Adige, Genova e Roma sommerse dalla cacca di cane - oppure no


Robert Ménard non è però solo nel suo dramma. Ho infatti scoperto che anche in Alto Adige sarà obbligatoria dal 31 dicembre 2023 la profilazione genetica di tutti i cani residenti1. Lo scopo, a dire dell’assessore provinciale Arnold Schuler è identificare gli escrementi dei cani e sanzionare i proprietari che non raccolgono. Accidenti, non pensavo che anche in Alto Adige fosse così pieno di cacche di cane da richiedere tali interventi.

Pare che diverse città e regioni siano interessate al “progetto pilota” dell’Alto Adige. Ad esempio gli assessori del comune di Genova hanno incontrato Schuler per valutare la possibilità di rendere obbligatoria questa profilazione genetica. E dire che a Genova ci vado spesso e non ho mai pestato una cacca di cane. Evidentemente sono molto fortunato.

Anche a Roma qualcuno è impegnato nell’arduo compito di mitigare il flagello delle deiezioni canine. Il consigliere del XV municipio Max Petrassi (Italia Viva)2 ha però avuto un’idea originale e innovativa: obbligare i cittadini romani a schedare geneticamente i loro cani e poi effettuare test sulle cacche per scovare i malfattori e multarli. Aspetta… dove l’ho già sentita questa?

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Il business delle cacche di cane


Okay qui c’è qualcosa che puzza. Possibile che tutte queste menti illuminate siano improvvisamente arrivate alla stessa conclusione? Mah. Più probabile invece che ci sia qualche azienda, come PooPrints — che fattura più di 7 milioni di euro l’anno — che ha inventato questa articolata soluzione per risolvere un non-problema.

Più probabile che sindaci, consiglieri e assessori, ben poco illuminati, vogliano far bella figura emulando altri che prima di loro sono cascati nelle braccia del dipartimento marketing di qualche azienda con troppa fuffa da vendere.

In effetti basta googlare per vedere molti esempi di altre città che hanno adottato soluzioni tecnologiche uguali a quelle proposte in Francia e Italia: Tel Aviv3, Denver4, Mallorca5

Esiste davvero un problema globale di cacche non raccolte, o questi politici stanno invece usando soldi estorti ai cittadini per inventare complessi schemi di sorveglianza e tassazione occulta?

Sì, perchè schedare geneticamente il cane significa anche sorvegliare indirettamente il proprietario. Come dichiarato anche dall’azienda PooPrints6, una volta schedato il DNA del cane sarà possibile tracciarlo ovunque nel mondo, e con lui il suo padrone.

Qualcuno potrebbe dire che ci sono modi migliori per sorvegliare le persone. Certo, ma non per questo bisogna sottovalutare e accettare un ulteriore ingerenza dello Stato nella nostra vita.

Per quanto riguarda la tassazione occulta invece non c’è molto da dire: queste schedature genetiche si pagano (circa €65). Chi non lo fa, sarà sanzionato. Un buon modo per far cassa, anche senza raccogliere cacche in giro. In Alto Adige si stimano 45.000 cani registrati, che equivale a un’entrata di quasi 3 milioni di euro. Così, de botto.

Le grandi cose arrivano dalle piccole cose


La questione, abbastanza ridicola, dovrebbe farci riflettere sul potenziale distruttivo della tecnologia nelle mani di politici che non vedono l’ora di spendere i nostri soldi per inventarsi fantasiosi modi per renderci la vita più difficile.

A qualcuno potrà sembrare una piccola cosa; perfino una misura ragionevole per insegnare una lezione agli incivili. Se non fosse che, dato il copia-incolla di questa incredibile “soluzione” è molto probabile che la cacca del cane non sia altro che un pretesto, e che gli incivili siano in verità ben pochi.

In ogni caso: grandi cose vengono costruite a partire dalle piccole. Ieri era l’obbligo di microchip, oggi è la schedatura genetica. Domani sarà un collare GPS collegato alle forze dell’ordine. O qualche altra diavoleria che inevitabilmente finirà per intaccare quel poco di privacy che ci rimane, pure quando interagiamo col nostro cane.

Ma parliamo anche della questione ontologica. È evidente che l’oggetto dell’intervento non è il cane, ma il padrone. Il cane, in quanto avente una relazione diretta col padrone, è uno strumento attraverso cui estrarre risorse e punire i cittadini; d’altronde sono loro ad essere responsabili del comportamento del cane, no?

Perché allora non fare lo stesso coi bambini? Perché non obbligare ogni genitore a legare un braccialetto elettronico con GPS alla caviglia dei figli? Qual è la differenza tra un cane che caga davanti alla porta di casa del sindaco e un ragazzino che gli disegna un pisello sul muro? Entrambi sono soggetti all’autorità e alla responsabilità del padrone/genitore.

Meme del giorno


Citazione del giorno

“It's only because of their stupidity that they're able to be so sure of themselves.”

Franz Kafka

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news.provincia.bz.it/it/news/p…

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roma.repubblica.it/cronaca/202…

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timesofisrael.com/tel-aviv-wil…

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denverpost.com/2019/12/07/denv…

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theolivepress.es/spain-news/20…

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cnbc.com/2018/12/19/pooprints-…


privacychronicles.it/p/39-di-c…