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In Cina e Asia – Gaza, delegazione di paesi islamici a Pechino per fermare il conflitto


In Cina e Asia – Gaza, delegazione di paesi islamici a Pechino per fermare il conflitto 10480063
I titoli di oggi:

-Gaza, delegazione di paesi a maggioranza musulmana a Pechino per fermare il conflitto
-L'Apec chiude con la promessa di riformare l'Omc
-Cina, indagini a tappeto negli ospedali dopo lo scandalo del traffico di bambini
-Canada, uno dei "Due Michael" arrestati in Cina sostiene di essere stato usato per spiare la Corea del Nord
-L'Australia accusa la marina cinese di condotta "pericolosa e non professionale"
-Cina, mandato di cattura per i vertici di un'organizzazione di truffe telefoniche
-L'India ospita il Sud globale e organizza un G20 virtuale con Putin

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ARGENTINA. Javier Milei vince e porta il Paese a destra, ma non avrà vita facile


Nel suo discorso di vittoria Milei ha evitato di parlare dei suoi cavalli di battaglia come la dollarizzazione o la chiusura della Banca Centrale. Sa che non ha la maggioranza parlamentare e dovrà fare compromessi. E in America Latina avrà pochi leader am

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di Massimo D’Angelo

Pagine Esteri, 20 novembre 2023 – Alla fine, l’ultraliberista antisistema Javier Milei ha vinto, confermando i pronostici iniziali e spostando l’Argentina decisamente a destra in un continente sudamericano in cui la sinistra ha riconquistato molto terreno negli ultimi anni. Con oltre il 55 percento dei voti, Milei sarà il nuovo presidente della Repubblica Argentina.

Le elezioni sono state definite le più incerte dal ritorno della democrazia in Argentina, quarant’anni fa, nel 1983.

Durante il primo turno, contrariamente ai pronostici e ai sondaggi, il partito progressista, giustizialista e peronista è arrivato primo, con l’attuale Ministro dell’Economia Sergio Massa che aveva ottenuto il 36,7% dei voti, mentre Milei – favorito da tutti – si era fermato al 30% dei voti.

I risultati del primo turno avevano dunque ribaltato a sorpresa i pronostici, dimostrando quanto fosse ancora vivo e potente l’apparato peronista nel paese. Contro ogni aspettativa, Massa era riuscito a dimostrare una buona capacità di raggiungere le sacche più povere del paese, le periferie e, soprattutto, di non essere l’uomo di Cristina Kirchner, già ex presidente e vicepresidente in carica della Repubblica Argentina. Kirchner, attualmente in attesa di giudizio da parte della Corte di Cassazione, dopo essere stata condannata a sei anni per corruzione dal tribunale di primo grado, è considerata da molti da tempo l’esponente politica più potente del partito. I suoi scontri con l’uscente presidente Fernandez, selezionato da lei stessa in passato, hanno portato alla scelta di un candidato di compromesso come Sergio Massa. Tuttavia, durante la campagna elettorale la ex presidente non ha speso una parola per il candidato del suo partito.

Dall’altro canto, Milei è riuscito a riconfermare l’appoggio del suo elettorato ottenuto durante il primo turno, oltre a conquistare il supporto dell’elettorato della coalizione di centrodestra, che era arrivata terza al primo turno. A poche ore dalle aperture delle urne, l’ex presidente della coalizione conservatrice Mauricio Macri ha dichiarato su X di votare a Milei, invitando l’elettorato di centrodestra a sconfiggere il candidato peronista Sergio Massa. L’Argentina rimane un paese fortemente polarizzato, e l’odio per il peronismo, potente macchina politica che domina il paese da decenni, si è catalizzato premiando il candidato ultraliberista Milei.

Milei si è presentato come il tipico candidato populista di estrema destra. La sua vicepresidente è un’alleata del partito spagnolo di estrema destra Vox. Si è dichiarato favorevole all’abolizione della banca centrale, alla totale dollarizzazione del Paese (nonostante le critiche sostenendo che il paese non disponga di sufficienti riserve di dollari) e a politiche controverse come la legalizzazione della vendita di organi umani. È inoltre contrario all’aborto, da poco legalizzato nel paese. Gli analisti individuano nel suo carisma anticonvenzionale e nella sua promessa di totale cambiamento la ragione del suo successo presso l’elettorato in difficoltà sociale ed economica.

Due i problemi imminenti per il nuovo presidente della repubblica: innanzitutto, occorrerà vedere cosa accadrà a partire da martedì, sui mercati finanziari. Secondo alcuni economisti, se Milei avesse vinto e dovesse insistere sulla dollarizzazione, l’aspettativa di svalutazione sarà così grande che il dollaro non avrà un tetto nel breve termine, a un punto tale da non poter prevedere cosa accadrà. In secondo luogo, Milei sarà costretto a trovare un compromesso politico. Entrerà in carica con soli 39 deputati su un totale di 257, mentre la maggioranza assoluta e il quorum richiedono 129 deputati. Milei avrebbe bisogno di altri 90 deputati per ottenere la maggioranza della camera bassa, una soglia molto alta. Il centrodestra potrebbe aggiungere i suoi 41 deputati, ma la somma ancora non sarebbe sufficiente, e all’amministrazione Milei mancherebbero quindi 49 per il quorum. Guillermo Francos, il principale consigliere politico di Milei, si è già espresso con parole molto conciliatorie: “La politica è dialogo, e lo è ancora di più quando al governo mancano le maggioranze parlamentari”. Al Senato, il rapporto di forza sarà peggiore per Milei perché lì il peronismo avrà la sua propria maggioranza autonoma.

Nonostante le proposte politiche provocatorie di Milei, il nuovo presidente si dovrà confrontare con un paese fortemente polarizzato, una maggioranza assente in parlamento e una situazione finanziaria disastrosa, per la quale sarà necessario aiuto esterno. I rischi sono molti, e perseguire una politica incendiaria potrebbe non favorirlo. Bisognerà capire quali saranno le sue prossime mosse politiche. Chissà che non si avveri il pronostico del suo oppositore Massa, il quale aveva dichiarato in campagna elettorale che se non fosse diventato presidente a questa tornata elettorale, lo sarebbe diventato entro un anno. Pagine Esteri

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La Germania si arma: “dobbiamo prepararci alla guerra”


La Germania aumenta la spesa militare e decide di trasformare la Bundeswehr in un esercito moderno e potente pronto alla guerra. Il nemico è la Russia (e la Cina) L'articolo La Germania si arma: “dobbiamo prepararci alla guerra” proviene da Pagine Esteri

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di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 20 novembre 2023 – Nei giorni scorsi il tribunale di Firenze ha riconosciuto la Germania colpevole di “crimini di guerra” e “crimini contro l’umanità” e ha condannato Berlino a risarcire i familiari di alcune vittime italiane delle forze di occupazione tedesche per crimini compiuti durante la Seconda Guerra Mondiale.
La giudice Susanna Zanda ha deciso un indennizzo di 50.000 euro a favore di Mirella Lotti, 88 anni, per l’assassinio del padre Giuliano Lotti, trucidato insieme ad altre 11 persone nella strage di Pratale compiuta il 23 luglio 1944. La giudice ha inoltre fissato un risarcimento di 25.000 euro, rivalutato con gli interessi a partire dal 1945, per Sergio e Katia Poneti, nipoti di Egidio Gimignani, che fu torturato e ucciso dai nazisti a Tavarnelle val di Pesa il 20 giugno 1944.

“La spina dorsale della sicurezza europea”
A distanza di 80 anni Berlino paga ancora le conseguenze del suo tradizionale militarismo, eppure il governo della Germania – che pure sta facendo i conti con la crisi economica più grave degli ultimi decenni – sta intraprendendo in queste settimane ulteriori passi verso la trasformazione delle sue forze armate in un esercito potente e pronto alla battaglia.
È un obiettivo che, tra stop and go, la Germania persegue da alcuni anni. Subito dopo l’invasione russa dell’Ucraina, nel marzo del 2022, il governo tedesco decise di destinare 100 miliardi di euro al rimodernamento delle sue forze armate, descritte da più parti come una “scatola vuota”.
Ma evidentemente lo stanziamento record di un anno e mezzo fa non è stato ritenuto sufficiente da Berlino che vuole fare di più e più in fretta.

«Oggi nessuno può seriamente dubitare della necessità (…) di una Bundeswehr potente» ha chiarito il 10 novembre il cancelliere tedesco Olaf Scholz partecipando ad una conferenza. La teoria del dirigente socialdemocratico è che «il nostro ordine di pace» sarebbe in pericolo; l’invasione russa dell’Ucraina obbligherebbe la Germania a trasformare il suo esercito in una forza combattente «potente e ben finanziata».

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“Dobbiamo abituarci alla guerra in Europa”
«Dobbiamo riabituarci all’idea che in Europa possa esserci il pericolo di una guerra» ha dichiarato durante un’intervista rilasciata all’emittente tv “Zdf” il ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius. «Solo una Bundeswehr forte può impedire che accada il peggio» ha aggiunto chiarendo poi: «Abbiamo bisogno di una Bundeswehr che possa difendersi e fare la guerra per difendere la nostra sicurezza e la nostra libertà. Con la Zeitenwende (com’è stato ribattezzato il “grande cambiamento”, ndr) la Germania diventa un Paese adulto in termini di politica di sicurezza».
La nuova dottrina militare tedesca – che sostituisce quella varata nel 2011 – è riassunta in un documento di 19 pagine intitolato “Linee guida per la politica della difesa” redatto da Pistorius e dal capo di Stato maggiore dell’esercito, generale Carsten Breuer, nel quale si afferma: «La guerra è tornata in Europa. La Germania e i suoi alleati devono ancora una volta fare i conti con una minaccia militare. L’ordine internazionale è sotto attacco in Europa e nel mondo. Viviamo a un punto di svolta».
«Come Stato e come società abbiamo trascurato per decenni la Bundeswehr» recita il testo, dimenticando che furono le potenze vincitrici del secondo conflitto mondiale a imporre a Berlino – così come al Giappone– una Costituzione pacifista per impedire al paese di riarmarsi e di diventare nuovamente una minaccia per la pace.

Il nemico è la Russia (e la Cina)
Il documento strategico indica esplicitamente il nemico – «La Federazione Russa rimarrà la più grande minaccia alla pace e alla sicurezza nell’area euro-atlantica» – ma cita anche la lontana Cina, accusata di «rivendicare in modo sempre più aggressivo la supremazia regionale».
Sembrano passati secoli da quando Berlino considerava Mosca un partner strategico non solo per l’approvvigionamento degli idrocarburi ma anche per la costruzione di un ordine internazionale euro-asiatico stabile.

Ora la nuova dottrina punta alla riduzione delle missioni all’estero – che Berlino aveva intrapreso con entusiasmo negli anni scorsi, alla ricerca di un ruolo e di una proiezione militare internazionale inediti dopo la sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale – per concentrarsi sul potenziamento delle proprie forze armate. Per sostenere l’esercito, il governo composto da socialdemocratici, verdi e liberali promette di rafforzare l’industria militare e di accelerare gli appalti militari. «L’azione centrale è il superamento della lentezza organizzativa e burocratica che da anni rallenta le truppe» ha spiegato il cancelliere. Per Pistorius e Breuer occorre rafforzare sia la cooperazione nel settore degli armamenti sia le esportazioni di materiale bellico, puntando in particolare sull’area dell’Indo-Pacifico così da «contenere le ambizioni politiche della Cina (…) che contraddice sempre più i valori e gli interessi» della Germania.

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Evoluzione della spesa militare in Germania

Aumenta la spesa militare
Per dotarsi di un esercito “pronto alla guerra” la Germania ha deciso di aumentare la propria spesa militare portandola al 2% del Pil, come richiesto esplicitamente dal Patto Atlantico. «Garantiremo questo 2% a lungo termine, per tutti gli anni ’20 e ’30», ha promesso Scholz.
Come altri paesi della Nato – eclatante è il caso della Polonia – o del sistema di alleanze incentrato su Washington – come nel caso del Giappone– il comparto militare sta risucchiando sempre più risorse, sottratte ovviamente alla spesa sociale, al contrasto del cambiamento climatico, alla lotta contro le diseguaglianze.
Il 20 ottobre il ministero della Difesa tedesco ha informato che il prossimo anno saranno messi a disposizione del comparto già 71 miliardi tra bilancio ordinario e fondo speciale. In un’intervista al quotidiano “Handelsblatt”, Pistorius si è vantato del fatto che il suo dicastero è l’unico ad aver ricevuto un «incremento significativo» di risorse nel bilancio del 2024. Per soddisfare l’obiettivo del 2%, però, le spese per il comparto militare dovranno aumentare dai 50 miliardi attuali a 75 l’anno, perché il “fondo speciale” di 100 miliardi istituito lo scorso anno si esaurirà entro il 2027.
A ottobre la commissione Bilancio del Bundestag ha approvato l’acquisto del sistema di difesa aerea “Arrow 3” prodotto da Israele e dalla statunitense Boeing, per un costo di circa 4 miliardi, e di 4 droni sottomarini.
Entro il 2025 il governo tedesco si è dato l’obiettivo di formare una divisione armata e addestrata al combattimento da mettere a disposizione della Nato. Berlino dovrebbe poi inviare in Lituania una brigata di 4000 uomini, come promesso all’Alleanza Atlantica, ma il suo allestimento è in forte ritardo ed ha rivelato i “gravi problemi strutturali” delle forze armate che Scholz e Pistorius di sono impegnati a superare il prima possibile.
Nel governo Scholz si discute inoltre del ristabilimento di una certa forma di leva obbligatoria – abolita solo nel 2011 – per avere a disposizione un numero più alto di cittadini da mobilitare in caso di crisi bellica.

La competizione con Parigi
Berlino aspira esplicitamente a diventare “la spina dorsale” della difesa europea, mirando ad affiancare gli Stati Uniti all’interno della Nato ed entrando in competizione sul piano militare con Parigi, mentre per decenni si è accontentata di lasciare alla Francia la preminenza militare concentrandosi sullo sviluppo economico.
Recentemente il governo Scholz ha annunciato il raddoppio degli aiuti militari all’Ucraina (che pure è responsabile del sabotaggio del gasdotto Nord Stream) portandoli da 4 a 8 miliardi di euro. Dal 24 gennaio 2022, il governo tedesco ha impegnato 17 miliardi in aiuti militari a Kiev; si tratta di una cifra rilevante, che svetta rispetto ai 7 miliardi stanziati dal Regno Uniti e ai soli 500 milioni della Francia, potendo competere con i 42 degli Stati Uniti. Pagine Esteri

10479593* Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna, America Latina e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria.

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ARGENTINA. Javer Milei vince e porta il Paese a destra, ma non avrà vita facile


Nel suo discorso di vittoria Milei ha evitato di parlare dei suoi cavalli di battaglia come la dollarizzazione o la chiusura della Banca Centrale. Sa che non ha la maggioranza parlamentare e dovrà fare compromessi. E in America Latina avrà pochi leader am

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di Massimo D’Angelo

Pagine Esteri, 20 novembre 2023 – Alla fine, l’ultraliberista antisistema Javier Milei ha vinto, confermando i pronostici iniziali e spostando l’Argentina decisamente a destra in un continente sudamericano in cui la sinistra ha riconquistato molto terreno negli ultimi anni. Con oltre il 55 percento dei voti, Milei sarà il nuovo presidente della Repubblica Argentina.

Le elezioni sono state definite le più incerte dal ritorno della democrazia in Argentina, quarant’anni fa, nel 1983.

Durante il primo turno, contrariamente ai pronostici e ai sondaggi, il partito progressista, giustizialista e peronista è arrivato primo, con l’attuale Ministro dell’Economia Sergio Massa che aveva ottenuto il 36,7% dei voti, mentre Milei – favorito da tutti – si era fermato al 30% dei voti.

I risultati del primo turno avevano dunque ribaltato a sorpresa i pronostici, dimostrando quanto fosse ancora vivo e potente l’apparato peronista nel paese. Contro ogni aspettativa, Massa era riuscito a dimostrare una buona capacità di raggiungere le sacche più povere del paese, le periferie e, soprattutto, di non essere l’uomo di Cristina Kirchner, già ex presidente e vicepresidente in carica della Repubblica Argentina. Kirchner, attualmente in attesa di giudizio da parte della Corte di Cassazione, dopo essere stata condannata a sei anni per corruzione dal tribunale di primo grado, è considerata da molti da tempo l’esponente politica più potente del partito. I suoi scontri con l’uscente presidente Fernandez, selezionato da lei stessa in passato, hanno portato alla scelta di un candidato di compromesso come Sergio Massa. Tuttavia, durante la campagna elettorale la ex presidente non ha speso una parola per il candidato del suo partito.

Dall’altro canto, Milei è riuscito a riconfermare l’appoggio del suo elettorato ottenuto durante il primo turno, oltre a conquistare il supporto dell’elettorato della coalizione di centrodestra, che era arrivata terza al primo turno. A poche ore dalle aperture delle urne, l’ex presidente della coalizione conservatrice Mauricio Macri ha dichiarato su X di votare a Milei, invitando l’elettorato di centrodestra a sconfiggere il candidato peronista Sergio Massa. L’Argentina rimane un paese fortemente polarizzato, e l’odio per il peronismo, potente macchina politica che domina il paese da decenni, si è catalizzato premiando il candidato ultraliberista Milei.

Milei si è presentato come il tipico candidato populista di estrema destra. La sua vicepresidente è un’alleata del partito spagnolo di estrema destra Vox. Si è dichiarato favorevole all’abolizione della banca centrale, alla totale dollarizzazione del Paese (nonostante le critiche sostenendo che il paese non disponga di sufficienti riserve di dollari) e a politiche controverse come la legalizzazione della vendita di organi umani. È inoltre contrario all’aborto, da poco legalizzato nel paese. Gli analisti individuano nel suo carisma anticonvenzionale e nella sua promessa di totale cambiamento la ragione del suo successo presso l’elettorato in difficoltà sociale ed economica.

Due i problemi imminenti per il nuovo presidente della repubblica: innanzitutto, occorrerà vedere cosa accadrà a partire da martedì, sui mercati finanziari. Secondo alcuni economisti, se Milei avesse vinto e dovesse insistere sulla dollarizzazione, l’aspettativa di svalutazione sarà così grande che il dollaro non avrà un tetto nel breve termine, a un punto tale da non poter prevedere cosa accadrà. In secondo luogo, Milei sarà costretto a trovare un compromesso politico. Entrerà in carica con soli 39 deputati su un totale di 257, mentre la maggioranza assoluta e il quorum richiedono 129 deputati. Milei avrebbe bisogno di altri 90 deputati per ottenere la maggioranza della camera bassa, una soglia molto alta. Il centrodestra potrebbe aggiungere i suoi 41 deputati, ma la somma ancora non sarebbe sufficiente, e all’amministrazione Milei mancherebbero quindi 49 per il quorum. Guillermo Francos, il principale consigliere politico di Milei, si è già espresso con parole molto conciliatorie: “La politica è dialogo, e lo è ancora di più quando al governo mancano le maggioranze parlamentari”. Al Senato, il rapporto di forza sarà peggiore per Milei perché lì il peronismo avrà la sua propria maggioranza autonoma.

Nonostante le proposte politiche provocatorie di Milei, il nuovo presidente si dovrà confrontare con un paese fortemente polarizzato, una maggioranza assente in parlamento e una situazione finanziaria disastrosa, per la quale sarà necessario aiuto esterno. I rischi sono molti, e perseguire una politica incendiaria potrebbe non favorirlo. Bisognerà capire quali saranno le sue prossime mosse politiche. Chissà che non si avveri il pronostico del suo oppositore Massa, il quale aveva dichiarato in campagna elettorale che se non fosse diventato presidente a questa tornata elettorale, lo sarebbe diventato entro un anno. Pagine Esteri

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pagineesteri.it/2023/11/20/mon…



VERSIONE ITALIANA USA, NUOVE NORME SUI DIRITTI DEI GENITORI IN RISPOSTA AL PRIVACY ACTSecondo le linee guida del Family Educational Rights and Privacy Act (FERPA) gli studenti dai 18 anni in su devono fornire ai loro genitori il loro consenso scritto per che questi possano accedere alle informazioni sul loro stato di salute. Matt Gaetz …

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La Cina e la crisi a Gaza: tra derive "antisemite” e ambizioni globali


La Cina e la crisi a Gaza: tra derive gaza
Dall’attacco del 7 ottobre la Cina ha cercato di proporsi come un interlocutore super partes tra Palestina e Israele, vantando buoni rapporti un po’ in tutto il Medio Oriente. Oltre il linguaggio felpato della diplomazia, occorre però notare l’esistenza di impercettibili chiaroscuri. Il dibattito online e sui media statali si rivela molto utile per cogliere le sfumature della postura cinese

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Di Laura Tussi Da vari mesi il documentario “C’era una volta in Italia. Giacarta sta arrivando” viene diffuso in tutto il Paese e sta riscuotendo un im


Framasoft starts talking about the upcoming features for PeerTube, as well as next year's plans. German newspaper Zeit interviews Eugen Rochko. Fediverse safety.


AGGIORNAMENTI. GAZA. L’Oms: evacuati 32 neonati dallo Shifa ormai “zona della morte”


La tv al Jazeera riporta che l'esercito israeliano ha intimato a staff medico, pazienti e sfollati nell'al Shifa di Gaza city di evacuare l'ospedale entro un'ora L'articolo AGGIORNAMENTI. GAZA. L’Oms: evacuati 32 neonati dallo Shifa ormai “zona della mor

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AGGIORNAMENTI 19 NOVEMBRE


ORE 16.30

Fonti giornalistiche di Gaza affermano che sono almeno 15 gli uccisi dai nuovi massicci raid aerei israeliani sui sobborghi a est e a nord est di Gaza city, in particolare a Jabaliya e Zeitun, dove l’esercito dello Stato ebraico ha lanciato un”altra offensiva nelle ultime 24 ore. Queste vittime vanno ad aggiungersi alle decine di morti e feriti nei bombardamenti di ieri sulla scuola dell’agenzia Unrwa (Onu) “Al Fakhoura” e sulla città di Khan Yunis. Il commissario generale dell’Unrwa, Philippe Lazzarini ha denunciato che sono circa 200 i civili rimasti uccisi sino ad oggi nelle scuole e nei centri della sua agenzia dove avevano cercato rifugio dai bombardamenti aerei.

ORE 14

L’Organizzazione Mondiale della Sanità e le Nazioni Unite hanno evacuato 32 neonati prematuri dall’ospedale Al-Shifa. Quattro bambini sono morti nei giorni scorsi a causa della mancanza di corrente per le incubatrici. Nell’ospedale restano 25 membri del personale medico e 291 pazienti, due dei quali in terapia intensiva senza ventilazione e 22 sottoposti a dialisi.

Negli ultimi due o tre giorni si sono verificati diversi decessi a causa dell’interruzione forzata dell’assistenza medica.

Ieri un team dell’OMS ha visitato l’ospedale per valutare la situazione e lo ha descritto come una “zona della morte”. Ha potuto però trascorrere solo un’ora all’interno dello Shifa a causa delle restrizioni imposte dall’esercito israeliano che da giorni occupa l’ospedale. Ha riferito tra le altre cose che i corridoi dell’ospedale sono pieni di rifiuti con il rischio di infezioni.

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AGGIORNAMENTI 18 NOVEMBRE


ORE 21.30

Il ministero della sanità a Gaza ha aggiornato a 64 il numero dei palestinesi uccisi nell’attacco aereo su Khan Yunis.

Philippe Lazzarini, capo dell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA) ha dichiarato di aver ricevuto immagini e filmati “terribili” di decine di palestinesi uccisi e feriti nell’attacco israeliano alla scuola Al Fakhoura nel nord di Gaza. “Questi attacchi non possono diventare un luogo comune, devono finire. Un cessate il fuoco umanitario non può più aspettare”, ha affermato Lazzarini.

Hamas comunica di aver perduto contatto con i suoi uomini responsabili per la sorveglianza degli ostaggi israeliani e stranieri.

Il premier israeliano Netanyahu ha ribadito che le pressioni internazionali non fermeranno Israele e che l’offensiva a Gaza andrà avanti. Ha anche sminuito le notizie che vorrebbero imminente uno scambio tra ostaggi e prigionieri politici palestinesi.

Ore 13.20

Israele bombarda la scuola ONU Fakhoora, nel nord di Gaza, utilizzata come rifugio da centinaia di persone. Le immagini mostrano un grande numero di vittime tra cui molti bambini.

pagineesteri.it/wp-content/upl…

Ore 12.30

L’ospedale al-Shifa di Gaza è stato quasi completamente evacuato dopo l’ordine che medici e pazienti dichiarano di aver ricevuto dai militari israeliani. L’esercito ha poi negato di aver imposto l’evacuazione ma al momento controlla completamente l’ospedale quasi deserto. All’interno solo qualche medico, i pazienti più gravi, tra i quali i neonati prematuri sopravvissuti e i loro familiari.

Pazienti e sfollati che vi avevano trovato rifugio si stanno spostando a piedi verso sud, secondo le indicazioni che ritengono gli siano state date da Israele. Tuttavia, al Jazeera ha fatto sapere che testimoni oculari hanno dichiarato di aver trovato, lungo la strada principale, indicata come via di evacuazione sicura da Israele, i checkpoint dell’esercito che permetterebbe solamente alle donne di passare e tratterrebbe al nord tutti gli uomini.


della redazione

(foto di archivio, commons.wikimedia)

Pagine Esteri, 18 novembre 2023 – La tv al Jazeera riporta che l’esercito israeliano ha intimato a staff medico, pazienti e sfollati nell’al Shifa di Gaza city di evacuare l’ospedale entro un’ora. L’agenzia di stampa palestinese Wafa aggiunge che 26 persone sono state uccise durante la notte in un attacco israeliano a edifici di Khan Younis nel sud di Gaza. In Cisgiordania cinque palestinesi sono stati uccisi la scorsa notte in un attacco di droni israeliani nel campo profughi di Balata, contro una edificio usato dalle Brigate dei Martiri di Al Aqsa (Fatah).

Queste notizie giungono mentre lancia Israele lancia un nuovo avvertimento ai palestinesi della città meridionale di Khan Younis affinché si allontanino subito verso Ovest, indicando così l’intenzione di attaccare nel sud dopo aver già occupato il nord. Una mossa del genere potrebbe costringere centinaia di migliaia di palestinesi fuggiti a sud dall’assalto israeliano a Gaza City a fuggire nuovamente, insieme ai residenti di Khan Younis, una città di oltre 400.000 abitanti, peggiorando una terribile crisi umanitaria.

Un portavoce militare ha detto che le truppe israeliane dovranno avanzare su Khan Yunis “per cacciare i combattenti di Hamas dai tunnel sotterranei e dai bunker”.

Israele ha bombardato gran parte di Gaza city riducendola in macerie e ordinato lo sfollamento dell’intera metà settentrionale di Gaza lasciando senza casa circa due terzi dei 2,3 milioni di palestinesi della Striscia. Uno sfollamento che potrebbe diventare permanente.

Ieri le autorità sanitarie di Gaza hanno aumentato il bilancio dei palestinesi uccisi a oltre 12.000, 5.000 dei quali bambini. Le Nazioni Unite ritengono credibili queste cifre, anche se ora vengono aggiornate raramente a causa della difficoltà di raccogliere informazioni. Pagine Esteri

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AGGIORNAMENTI. GAZA. L’Oms: evacuati 32 neonati dallo Shifa ormai “zona della morte”


La tv al Jazeera riporta che l'esercito israeliano ha intimato a staff medico, pazienti e sfollati nell'al Shifa di Gaza city di evacuare l'ospedale entro un'ora L'articolo AGGIORNAMENTI. GAZA. L’Oms: evacuati 32 neonati dallo Shifa ormai “zona della mor

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AGGIORNAMENTI 19 NOVEMBRE


ORE 14

L’Organizzazione Mondiale della Sanità e le Nazioni Unite hanno evacuato 32 neonati prematuri dall’ospedale Al-Shifa. Quattro bambini sono morti nei giorni scorsi a causa della mancanza di corrente per le incubatrici. Nell’ospedale restano 25 membri del personale medico e 291 pazienti, due dei quali in terapia intensiva senza ventilazione e 22 sottoposti a dialisi.

Negli ultimi due o tre giorni si sono verificati diversi decessi a causa dell’interruzione forzata dell’assistenza medica.

Ieri un team dell’OMS ha visitato l’ospedale per valutare la situazione e lo ha descritto come una “zona della morte”. Ha potuto però trascorrere solo un’ora all’interno dello Shifa a causa delle restrizioni imposte dall’esercito israeliano che da giorni occupa l’ospedale. Ha riferito tra le altre cose che i corridoi dell’ospedale sono pieni di rifiuti con il rischio di infezioni.

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AGGIORNAMENTI 18 NOVEMBRE


ORE 21.30

Il ministero della sanità a Gaza ha aggiornato a 64 il numero dei palestinesi uccisi nell’attacco aereo su Khan Yunis.

Philippe Lazzarini, capo dell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA) ha dichiarato di aver ricevuto immagini e filmati “terribili” di decine di palestinesi uccisi e feriti nell’attacco israeliano alla scuola Al Fakhoura nel nord di Gaza. “Questi attacchi non possono diventare un luogo comune, devono finire. Un cessate il fuoco umanitario non può più aspettare”, ha affermato Lazzarini.

Hamas comunica di aver perduto contatto con i suoi uomini responsabili per la sorveglianza degli ostaggi israeliani e stranieri.

Il premier israeliano Netanyahu ha ribadito che le pressioni internazionali non fermeranno Israele e che l’offensiva a Gaza andrà avanti. Ha anche sminuito le notizie che vorrebbero imminente uno scambio tra ostaggi e prigionieri politici palestinesi.

Ore 13.20

Israele bombarda la scuola ONU Fakhoora, nel nord di Gaza, utilizzata come rifugio da centinaia di persone. Le immagini mostrano un grande numero di vittime tra cui molti bambini.

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Ore 12.30

L’ospedale al-Shifa di Gaza è stato quasi completamente evacuato dopo l’ordine che medici e pazienti dichiarano di aver ricevuto dai militari israeliani. L’esercito ha poi negato di aver imposto l’evacuazione ma al momento controlla completamente l’ospedale quasi deserto. All’interno solo qualche medico, i pazienti più gravi, tra i quali i neonati prematuri sopravvissuti e i loro familiari.

Pazienti e sfollati che vi avevano trovato rifugio si stanno spostando a piedi verso sud, secondo le indicazioni che ritengono gli siano state date da Israele. Tuttavia, al Jazeera ha fatto sapere che testimoni oculari hanno dichiarato di aver trovato, lungo la strada principale, indicata come via di evacuazione sicura da Israele, i checkpoint dell’esercito che permetterebbe solamente alle donne di passare e tratterrebbe al nord tutti gli uomini.


della redazione

(foto di archivio, commons.wikimedia)

Pagine Esteri, 18 novembre 2023 – La tv al Jazeera riporta che l’esercito israeliano ha intimato a staff medico, pazienti e sfollati nell’al Shifa di Gaza city di evacuare l’ospedale entro un’ora. L’agenzia di stampa palestinese Wafa aggiunge che 26 persone sono state uccise durante la notte in un attacco israeliano a edifici di Khan Younis nel sud di Gaza. In Cisgiordania cinque palestinesi sono stati uccisi la scorsa notte in un attacco di droni israeliani nel campo profughi di Balata, contro una edificio usato dalle Brigate dei Martiri di Al Aqsa (Fatah).

Queste notizie giungono mentre lancia Israele lancia un nuovo avvertimento ai palestinesi della città meridionale di Khan Younis affinché si allontanino subito verso Ovest, indicando così l’intenzione di attaccare nel sud dopo aver già occupato il nord. Una mossa del genere potrebbe costringere centinaia di migliaia di palestinesi fuggiti a sud dall’assalto israeliano a Gaza City a fuggire nuovamente, insieme ai residenti di Khan Younis, una città di oltre 400.000 abitanti, peggiorando una terribile crisi umanitaria.

Un portavoce militare ha detto che le truppe israeliane dovranno avanzare su Khan Yunis “per cacciare i combattenti di Hamas dai tunnel sotterranei e dai bunker”.

Israele ha bombardato gran parte di Gaza city riducendola in macerie e ordinato lo sfollamento dell’intera metà settentrionale di Gaza lasciando senza casa circa due terzi dei 2,3 milioni di palestinesi della Striscia. Uno sfollamento che potrebbe diventare permanente.

Ieri le autorità sanitarie di Gaza hanno aumentato il bilancio dei palestinesi uccisi a oltre 12.000, 5.000 dei quali bambini. Le Nazioni Unite ritengono credibili queste cifre, anche se ora vengono aggiornate raramente a causa della difficoltà di raccogliere informazioni. Pagine Esteri

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Speranza costruttiva


La fede dona speranza nel ritorno del Signore e ci fa vedere l’intervento dello Spirito, in momenti particolari, ciò ci rafforza nella speranza cristiana. E tutto ciò dà pazienza.
La pazienza, dice un detto vero, è la virtù dei forti. Perché il forte può aspettare, non è impaziente. Anche noi possiamo aspettare il Regno che viene e vivere nell’oggi, perché conosciamo la verità del Regno di Dio arrivato in Gesù Cristo e che ritornerà nella sua gloria. Nonostante tutto quindi siamo forti, pur nella nostra debolezza di esseri umani.
Possiamo affrontare il futuro, dunque, con speranza sapendo che, anche se il Regno non lo instauriamo noi, già possiamo muoverci come suoi cittadini: costituendo la chiesa insieme, agendo nella società con responsabilità, intervenendo con amore del prossimo, specie quando è in difficoltà. Dalla predicazione su Romani 8:18-25
youtu.be/SfZ0XSlIMfM


Taiwan Files – Salta l’annuncio del candidato d’opposizione


Taiwan Files – Salta l’annuncio del candidato d’opposizione 10444882
Sabato 18 novembre doveva essere il giorno dell'annuncio del candidato unitario dell'opposizione dialogante con Pechino per le presidenziali di gennaio. L'annuncio non è mai arrivato, perché il Taiwan People's Party di Ko Wen-je non ha accettato il "margine d'errore" dei sondaggi d'opinione inizialmente concordato con il Guomindang. C'è tempo fin a venerdì 24 per depositare le candidature, ma ricucire appare complicato. Il Dpp sorride e aspetta, senza accordo Lai Ching-te è strafavorito. Incognita sul terzo (quarto?) incomodo Gou Taiming. Appendice sul summit Biden-Xi visto da Taiwan. Puntata speciale della rassegna di Lorenzo Lamperti con notizie e analisi da Taipei (e dintorni)

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Biden e Xi


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Il "grande gioco” di Guadalcanal


Il Pacifico Isole Salomone
Dall'epica battaglia iniziata ottantuno anni fa ai giochi del Pacifico. La geografia non cambia: Guadalcanal (e quindi l'arcipelago delle Isole Salomone) resta una dei siti più strategici del Pacifico.

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GAZA. Israele ordina a 400mila palestinesi di Khan Yunis di fuggire verso Ovest


La tv al Jazeera riporta che l'esercito israeliano ha intimato a staff medico, pazienti e sfollati nell'al Shifa di Gaza city di evacuare l'ospedale entro un'ora. L'articolo GAZA. Israele ordina a 400mila palestinesi di Khan Yunis di fuggire verso Ovest

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della redazione

(foto di archivio, commons.wikimedia)

Pagine Esteri, 18 novembre 2023 – La tv al Jazeera riporta che l’esercito israeliano ha intimato a staff medico, pazienti e sfollati nell’al Shifa di Gaza city di evacuare l’ospedale entro un’ora. L’agenzia di stampa palestinese Wafa aggiunge che 26 persone sono state uccise durante la notte in un attacco israeliano a edifici di Khan Younis nel sud di Gaza. In Cisgiordania cinque palestinesi sono stati uccisi la scorsa notte in un attacco di droni israeliani nel campo profughi di Balata, contro una edificio usato dalle Brigate dei Martiri di Al Aqsa (Fatah).

Queste notizie giungono mentre lancia Israele lancia un nuovo avvertimento ai palestinesi della città meridionale di Khan Younis affinché si allontanino subito verso Ovest, indicando così l’intenzione di attaccare nel sud dopo aver già occupato il nord. Una mossa del genere potrebbe costringere centinaia di migliaia di palestinesi fuggiti a sud dall’assalto israeliano a Gaza City a fuggire nuovamente, insieme ai residenti di Khan Younis, una città di oltre 400.000 abitanti, peggiorando una terribile crisi umanitaria.

Un portavoce militare ha detto che le truppe israeliane dovranno avanzare su Khan Yunis “per cacciare i combattenti di Hamas dai tunnel sotterranei e dai bunker”.

Israele ha bombardato gran parte di Gaza city riducendola in macerie e ordinato lo sfollamento dell’intera metà settentrionale di Gaza lasciando senza casa circa due terzi dei 2,3 milioni di palestinesi della Striscia. Uno sfollamento che potrebbe diventare permanente.

Ieri le autorità sanitarie di Gaza hanno aumentato il bilancio dei palestinesi uccisi a oltre 12.000, 5.000 dei quali bambini. Le Nazioni Unite ritengono credibili queste cifre, anche se ora vengono aggiornate raramente a causa della difficoltà di raccogliere informazioni. Pagine Esteri

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La flotta cinese bullizza ancora. Sonar contro una nave australiana


Canberra ha espresso le “più serie preoccupazioni” a Pechino a seguito di “un’interazione poco sicura e poco professionale” tra una nave militare australiana con un cacciatorpediniere della Marina dell’Esercito di liberazione popolare (Pla-N). L’episodio,

Canberra ha espresso le “più serie preoccupazioni” a Pechino a seguito di “un’interazione poco sicura e poco professionale” tra una nave militare australiana con un cacciatorpediniere della Marina dell’Esercito di liberazione popolare (Pla-N).

L’episodio, su cui Formiche.net ha ricevuto una nota per la stampa qualche ora fa, è avvenuto il 14 novembre 2023, quando la “Hmas Toowoomba”, una fregata Classe Amzac, si trovava all’interno della Zona Economica Esclusiva del Giappone per una visita portuale programmata.

La Toowoomba era nella regione per condurre “operazioni a sostegno all’applicazione delle sanzioni delle Nazioni Unite (non viene definito quali, ndr). Si era fermata per condurre attività di immersione al fine di rimuovere le reti da pesca che si erano impigliate intorno alle sue eliche. In ogni momento, la Toowoomba ha comunicato la sua intenzione di condurre le operazioni di immersione sui normali canali marittimi e utilizzando segnali riconosciuti a livello internazionale. Mentre era ferma, un cacciatorpediniere della Pla-N che operava nelle vicinanze si è avvicinato. [A quel punto la Toowoomba] ha nuovamente avvisato il cacciatorpediniere [cinese] che erano in corso operazioni di immersione e ha chiesto alla nave di tenersi a distanza di sicurezza. Nonostante il riconoscimento delle comunicazioni, la nave cinese si è avvicinata. Poco dopo, è stata rilevata azionare il sonar montato sullo scafo in modo da mettere a rischio la sicurezza dei sommozzatori australiani che sono stati costretti a uscire dall’acqua”.

Il comunicato stampa del governo australiano bolla la decisione immotivata e deliberata cinese come “condotta non sicura e non professionale”, e aggiunge che “le valutazioni mediche fatte dopo l’uscita dall’acqua hanno rilevato che i sommozzatori [australiani] avevano riportato ferite minori, probabilmente a causa degli impulsi sonar del cacciatorpediniere cinese”.

La Cina non è nuova a certe attività di bullismo che mettono a rischio la sicurezza delle acque di una regione estesa, l’Indo Pacifico, dove le tensioni non mancano. Recentemente, i battelli militari e quelli della flottiglia ibrida dei pescherecci cinesi hanno in più di un’occasione avvicinato per disturbare le attività delle forze armate filippine. Per almeno tre volte ci sono stati attacchi fisici, una collisione e due usi di cannoni ad acqua. Manila è il principale degli obiettivi, perché Pechino l’ha recentemente persa. Con il cambio presidenziale dello scorso anno, le Filippine di Ferdinand Marcos Jr hanno velocemente implementato la cooperazione — anche militare — con gli Stati Uniti — e la Cina ha perso svariate aliquote dell’influenza rafforzata durante la presidenza di Rodrigo Duterte.

Se la vicenda filippina è la rivisitazione in chiave moderna di come l’America smuova gli equilibri regionali — e dunque alteri i piani cinesi — con l’Australia la questione è diversa. La Cina ha sempre mosso molta influenza nel Paese, sebbene Canberra, anglofona e occidentalizzata totalmente, sia storica alleata americana. Negli ultimi anni, per rappresaglia a decisioni australiane (anche dettate dagli Usa), la Cina aveva avviato pratiche di coercizione economica contro l’Australia, ma recentemente era sembrata possibile una distensione.

Anthony Albanese era stato in visita a Pechino, e non succedeva dal 2016 che un primo ministro australiano entrasse nella Città Proibita. I rapporti tra Canberra e Pechino si erano deteriorati terribilmente nel 2018, quando il governo australiano — su indicazione americana — tagliò fuori Huawei dal proprio 5G. In mezzo accuse sull’uso strategico degli expat cinesi per influenzare le dinamiche politiche australiane, l’appoggio a Washington per un’inchiesta sulle origini del Covid, una guerra commerciale, l’accordo Aukus (che permetterà all’Australia, grazie a Usa e Uk, di ottenere una dotazione di sommergibili nucleari e missili Tomahawk). La coercizione economica ha complicato l’export di prodotti agro-alimentari australiani, su cui Pechino ha imposto dazi pesanti), e considerando che la Cina è il primo partner commerciale dell’Australia non è stato semplice.

Albanese era a Pechino pochi giorni prima del vertice tra Joe Biden e Xi Jinping. In un quadro di volontà di comunicazione tra le due potenze, l’australiano commentava che adesso ci sono “segnali promettenti” per riavviare una “discussione costruttiva” con Pechino, e quello che faceva era anche frutto di un equilibrio delicato che certi Paesi hanno la necessità di tenere. D’altronde, l’Australia fa parte di coloro che in questo momento possono più facilmente intavolare relazioni con la Cina se le comunicazioni Washington-Pechino funzionano, mentre devono tenere una linea più severa in altre fasi.

Nei giorni ancora precedenti, Albanese era a Washington, e — come ricordava Guido Santevecchi, guru sulla Cina al Corriere della Sera — durante il loro incontro Biden aveva rievocato il vecchio principio enunciato da Ronald Reagan quando trattava con i sovietici: “Mostrare fiducia e verificare”. La vicenda della Toowoomba è già una prima verifica su quella fiducia concessa? Possibile che la notizia sia stata diffusa solo adesso per non alterare il clima del summit Biden-Xi, che c’è stato il 15 novembre. Ora la vicenda viene fatta circolare anche per calmare letture eccessivamente positive dell’incontro e questioni a cascata (come riflessi sulle politiche interne dei Paesi coinvolti)?


formiche.net/2023/11/la-flotta…



VERSIONE ITALIANA UE, GLI ULTIMI PIANI DELLA COMMISSIONE PER IL TRASFERIMENTO INTERNAZIONALE DEI DATIIn questi giorni si è tenuto a Bruxelles il Congresso IAPP – Europe Data Protection Congress– che ha visto la massiccia partecipazione di tutti gli attori – che a diverso titolo – si occupano di privacy. Qui Didier Reynders – Commissario europeo …

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Child Protection Day: Mass surveillance prevents finding real solutions


On the European Day on the Protection of Children against Sexual Exploitation and Sexual Abuse (#EndChildSexAbuseDay) on 18 November 2023, civil rights activist and MEP Patrick Breyer (Pirate Party, Greens/EFA) … https://www.coe.int/en/web/children/2023-

On the European Day on the Protection of Children against Sexual Exploitation and Sexual Abuse (#EndChildSexAbuseDay) on 18 November 2023, civil rights activist and MEP Patrick Breyer (Pirate Party, Greens/EFA) calls for a rational debate on effective child protection rather than embracing mass surveillance solutionism:

“Paedocriminals can circumvent any form of surveillance, but a society tackling child protection in a rational way can make a real difference. As long as surveillance projects such as chat control and blanket data retention are confused with child protection, there will be a lack of political will to invest in direct and genuine child protection. Europe urgently needs a rational debate about effective child protection rather than embracing mass surveillance solutionism.

Statistically speaking, there are one or two children in every school class who have suffered sexualised violence (“Vor unseren Augen”, 2023, German only). In 70 to 85% of all cases, according to the Council of Europe, child sexual abuse is committed by someone the child knows and trusts. Perpetrators mainly lurk in the immediate vicinity and use strategies to gain trust and extort secrecy. In 90% of cases, the sexual offences are not reported to the police. Perpetrators benefit from the lack of awareness, education and professional handling of the issue of child sexual abuse.

On the Internet, organised criminals, unlike the majority of citizens, technically protect themselves from surveillance measures. The journalist and darknet expert Daniel Moßbrucker has succeeded in disrupting a paedocriminal forum and force it to give up. He calls on law enforcement agencies to initiate a paradigm shift. Their current tactics are allowing the darknet forums to grow, even though this could be curbed by proactive removal.

For better child protection, Europe needs mandatory protection programmes and responsible experts in schools, churches and sports clubs. Europe urgently needs long-term and well-funded awareness campaigns and counselling services, child and youth work as well as a strong civil society. When it comes to investigation, the solutions are raising public awareness, specially trained experts, long-term investigations, removal of child sexual exploitation content, targeted investigation orders and login traps.

It is misleading, inappropriate for the topic and contradicts the available science to claim that programmes of mass surveillance have an effect on structures and strategies of paedocriminality. Rather, the issue of child protection is being used as a pretext to politically enforce surveillance measures such as the lobbying project Chat Control or the blanket data retention of internet addresses. Our children and abuse victims deserve real, effective, court-proof and rights-respecting protection. Let’s stop spying and start protecting.”


patrick-breyer.de/en/child-pro…



Domani, sabato 18 novembre iniziativa "CESSATE IL FUOCO Giustizia per la Palestina Pace per due popoli", dalle ore 15 presso la sala Carla Lonzi della Casa Inte


📣 Torna il JOB&Orienta, il Salone italiano dedicato a orientamento, scuola, formazione e...

📣 Torna il JOB&Orienta, il Salone italiano dedicato a orientamento, scuola, formazione e lavoro.

📌Dal 22 al 25 novembre, il MIM sarà presente con oltre 50 eventi e uno spazio per l’orientamento e la formazione.



Il narcisismo della coppia Landini-Schlein


Nell’era del narcisismo, con un dibattito pubblico di conseguenza caratterizzato da posizioni assunte per partito preso su impulso demagogico, la giornata di oggi verrà ricordata come uno spartiacque. Mai, infatti, la sinistra, nella sua duplice declinazi

Nell’era del narcisismo, con un dibattito pubblico di conseguenza caratterizzato da posizioni assunte per partito preso su impulso demagogico, la giornata di oggi verrà ricordata come uno spartiacque. Mai, infatti, la sinistra, nella sua duplice declinazione politica e sindacale, era apparsa più autoreferenziale, velleitaria e graniticamente chiusa al confronto.

Sui giornali odierni troneggia il gran rifiuto di Elly Schlein. Giorgia Meloni aveva invitato la segretaria del Pd ad un confronto pubblico ad Atreju, la kermesse del movimento giovanile di Fratelli d’Italia. In passato, da Walter Veltroni a Enrico Letta fino a Giuseppe Conte, altri leader della sinistra erano stati invitati e nessuno aveva mai rifiutato. L’ha fatto Elly Schlein, e nel farlo ha disconosciuto la figura presidente del Consiglio come avversario politico e interlocutore legittimo, preferendo trattarlo da “nemico assoluto”, in ciò confermando le tesi di un vecchio saggio di Luca Ricolfi sull’arroganza intellettuale di certa sinistra (“Perché siamo antipatici? La sinistra e il complesso dei migliori”). “Dietro la scelta di Elly Schlein si intravede ancora l’ombra di quella presunzione e di quell’arroganza che tanto hanno allontanato la sinistra dal suo popolo”, ha scritto Federico Geremicca sulla Stampa. E ha scritto la verità.

Analogo atteggiamento hanno assunto i sindacati. Nelle scorse settimane, i segretari generali di Cgil e Uil hanno ostentatamente disertato gli incontri con il governo sulla legge di bilancio. E si capisce, dal momento che avevano programmato una giornata di sciopero quando della manovra non si conosceva ancora neanche una virgola. La giornata è infine giunta, ma oggi, in piazza, la coppia Landini-Bombardieri ha esibito una piattaforma politica pot-pourri che andava delle morti sul lavoro all’evasione fiscale. Tutto e nulla. Il senso dello sciopero risiede, evidentemente, nello sciopero in quanto tale. Una logica affine a quella dei Cobas, lontana anni luce dalla logica cgiellina dei Di Vittorio, dei Lama, dei Trentin. Demagogia allo stato puro.

Di ben altra pasta è fatto Luigi Sbarra. Lo si capisce dal suo inascoltato monito ai colleghi di Cgil e Uil: “State attenti a non svilire lo sciopero, a non farlo diventare un rito fine a se stesso, che, ripetuto in maniera compulsiva, alla lunga logora la rappresentanza sociale e dà spazio ai populismi”, ha detto il segretario generale della Cisl enunciando una tesi che in anni lontani accomunò personalità culturalmente distanti, ma accomunate da un prorompente senso dello Stato e della realtà, come il socialista Filippo Turati e il liberale Luigi Einaudi.

Sbarra, oggi, è rimasto a casa. Riunirà la sua piazza il prossimo sabato, ma lo farà su una serie di proposte circostanziate, che daranno dignità alla Cisl e metteranno in difficoltà il governo. La politica, che sia partitica o sindacale, si fa così: attraverso il metodo del confronto e con l’obiettivo della mediazione. In alternativa c’è solo la demagogia, che in politica si traduce nel narcisismo più inconcludente. Inconcludente come proclamare un grande sciopero per poi accorgersi che le adesioni nei comparti principali sono state mediamente del 4%.

Formiche.net

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Gelo a Nordio


Al Consiglio dei ministri arrivano progetti indirizzati a garantire la sicurezza privata e collettiva. Dal Consiglio dei ministri poi partono disegni di legge, o direttamente si emanano decreti legge, che trasformano in norme quella volontà di garanzia. C

Al Consiglio dei ministri arrivano progetti indirizzati a garantire la sicurezza privata e collettiva. Dal Consiglio dei ministri poi partono disegni di legge, o direttamente si emanano decreti legge, che trasformano in norme quella volontà di garanzia. Chi mai potrebbe essere contrario? Chiunque conosca il diritto e la giustizia, conosca il rapporto fra la norma scritta e la realtà, abbia studiato l’effetto che certe leggi producono e, insomma, abbia letto e apprezzato (come noi) le cose sostenute e scritte da Carlo Nordio. Con un senso di gelo.

È ovvio che chi truffa un anziano debba essere punito. Se è per questo anche chi truffa un giovane. Evidente che chi organizza una sommossa in carcere debba essere ulteriormente condannato. Naturale che chi occupa la casa di altri debba sì trovare un tetto a cura dello Stato, ma nelle patrie galere. E così via per i vari reati, che tali sono sempre stati. Il guaio è che non serve a nulla aumentare le pene né inventare nuove definizioni e fattispecie di reato. Lo spiegò benissimo Nordio: se il legislatore predilige vestire i panni della severità – limitandosi a ideare reati da inserire nel codice penale e calcare la mano aumentando le pene – otterrà due soli risultati: i carichi di lavoro dei tribunali aumenteranno e i processi non si faranno, quindi le condanne non arriveranno; mentre, se si arriva a sentenza, l’esagerazione delle pene spinge il giudice a collocarsi nella parte bassa della scelta. Dopo di che la severità reclamizzata esplode in bolla di scivoloso sapone, schiumante aspettative e illusioni puntualmente disilluse.

L’aumento delle pene (teoriche), come capita nel caso delle truffe agli anziani, apre però la strada alla possibilità di arrestare e trattenere in custodia cautelare. Ma chi? Non certo il truffatore, giacché sarà riconosciuto e definibile tale soltanto dopo una sentenza di definitiva condanna. Quindi si può portare in galera il presunto truffatore, che è anche – secondo quanto previsto dalla Costituzione (articolo 27) – un presunto non colpevole o, se si preferisce il più chiaro linguaggio delle convenzioni internazionali, un presunto innocente. Sicché la custodia cautelare, che dovrebbe essere utilizzata solo in casi estremi di pericolo e violenza, non è un sistema per punire i criminali ma diventa un moltiplicatore di inciviltà giuridica.

Fra l’altro: se poi (come spesso capita) non si arriva alla condanna, chi fu arrestato può far causa allo Stato e chiedere d’essere risarcito; ma il risarcimento non lo paga chi lo fece arrestare, bensì il contribuente; sicché all’anziano truffato si fa credere che il truffatore è stato subito punito, mentre in realtà si chiederanno alla vittima i soldi perché sia risarcito, talché l’anziano è doppiamente raggirato.

Mi piace la destra di legge e ordine. Come mi piace ricordare che legge e ordine sono anche di sinistra. Sono buon senso e Stato di diritto. Ma se si vogliono assicurare la legge e l’ordine non serve a nulla moltiplicare le trombonate della falsa severità, serve una giustizia funzionante. Se uno scippa una persona, non c’è bisogno di promettergli l’ergastolo: è sufficiente condannarlo in fretta e mandarlo a scontare una pena equa. E se ci riprova si aumenta la dose. Questo ha effetti dissuasivi, non i ceppi di cartapesta. Senza dimenticare che far funzionare decentemente la giustizia, con tempi umani, è uno degli impegni cui sono legati i quattrini del Pnrr. Oltre che il rispetto per sé stessi e la civiltà.

A tal proposito: nessuno meglio di Nordio ha spiegato quanto sia necessario separare le carriere dei magistrati dell’accusa da quelle dei magistrati giudicanti, così come nessuno più del ministro Nordio ha ribadito che quella riforma – anche costituzionale – s’ha da fare. Gliecché tale sua intenzione è stata posticipata all’approvazione dello scarabocchio costituzionale ingannevolmente e falsamente intitolato al premierato. E quando una cosa si stabilisce che verrà dopo a un’altra che non verrà, significa che non si farà.

La Ragione

L'articolo Gelo a Nordio proviene da Fondazione Luigi Einaudi.




L’export delle armi, la politica e la ricerca della decisione. Il commento di Filippo del Monte


Con una proposta presentata lo scorso 11 agosto dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani, il governo sta provando ad apportare alcune modifiche alla Legge 185/90, quella che regola le esportazioni di armamenti. L’obiettivo è duplice: razionalizzare la no

Con una proposta presentata lo scorso 11 agosto dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani, il governo sta provando ad apportare alcune modifiche alla Legge 185/90, quella che regola le esportazioni di armamenti. L’obiettivo è duplice: razionalizzare la normativa in materia e reintrodurre il Comitato interministeriale per gli scambi di materiali di armamento per la difesa (Cisd), abolito nel 1993.

Il Disegno di Legge n. 855 è attualmente in discussione al Senato, ma ha generato già una levata di scudi da parte di numerose organizzazioni di stampo pacifista, che hanno accusato l’esecutivo di voler rendere più facile l’export di armi e sistemi d’arma italiani nel mondo.

In realtà questa è una argomentazione capziosa, anche perché in Italia e, più in generale, in Europa, l’esportazione di armamenti è soggetto a normative stringenti, tali da impedire qualunque “traffico illecito” o favorire lo scoppio di nuovi conflitti e/o la recrudescenza di quelli già in atto.

In particolare, per quanto concerne la normativa italiana, i divieti all’esportazione di materiali d’armamento si applicano quando mancano adeguate garanzie sulla definitiva destinazione dei prodotti per la difesa, ovvero sussistono elementi per ritenere che il destinatario previsto utilizzi gli stessi prodotti a fini di aggressione contro un altro Paese; quando il Paese destinatario è in stato di conflitto armato, in contrasto con l’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite; nel caso sia stato dichiarato verso un Paese l’embargo totale o parziale delle forniture di armi da parte di organizzazioni internazionali cui l’Italia aderisce; quando il governo di quel Paese sia responsabile di gravi violazioni dei diritti umani accertate da organizzazioni internazionali cui l’Italia aderisce; quando in un Paese si destinino a bilancio militare risorse eccedenti le proprie esigenze di difesa.

L’impianto della Legge 185/90 è stato modificato nel 2012, con il recepimento della direttiva europea 2010/80 Ue, che ha introdotto il principio generale in base al quale il trasferimento di prodotti per la difesa fra Stati membri deve essere subordinato al rilascio di un’autorizzazione preventiva dello Stato membro da cui partono i prodotti, salvo i casi di fornitori o destinatari facenti parte di un organismo governativo o delle forze armate, di forniture effettuate dall’Unione europea, dalla Nato, dalla Iaea o da altre organizzazioni intergovernative per lo svolgimento dei propri compiti o di programmi di cooperazione tra Stati membri in materia di armamenti – o ancora di fornitura di aiuti umanitari per fronteggiare catastrofi -, autorizzazione accordata sotto forma di una licenza di trasferimento.

Il testo del Disegno di legge n. 855 è facilmente consultabile e dalla relazione generale che lo accompagna si può facilmente notare come alla base del provvedimento vi sia la necessità di snellire le procedure contrattuali e burocratiche, al netto di un rafforzamento dei controlli e del perimetro d’azione del decisore politico su esportazione e importazione di armamenti.

Se, infatti, la proposta del governo Meloni amplia il termine per la presentazione della documentazione comprovante la conclusione dell’operazione di trasferimento, di pari passo inasprisce le sanzioni amministrative per la mancata produzione della documentazione richiesta.

La proposta di Tajani, presentata di concerto con i colleghi ministri della Difesa, di Economia e finanze, Interno e Imprese e Made in Italy, è in linea con le esigenze attuali tanto del comparto industriale dell’aerospazio-difesa, quanto della sicurezza nazionale.

La Aerospace and defence industries association of Europe (Asd) in un suo recente documento, intitolato The Importance of Exports for the European Defence Industry, ha spiegato come il mercato AD&S europeo sia oggi frammentato e soggetto a limitazioni di budget e cicli di approvvigionamento non sincronizzati, oltreché a rischi sull’intera catena del valore, soggetta alle ricadute dello scontro politico-diplomatico sui materiali critici. Inoltre, l’industria della difesa europea non riesce a competere con Paesi come gli Stati Uniti, la Russia e la Cina.

Per esempio, nel 2020, a parità di potere d’acquisto, i 27 Paesi membri dell’Ue hanno speso collettivamente circa 216 miliardi di euro per la difesa, contro i 766 miliardi di dollari degli Stati Uniti, i 178 miliardi di dollari della Russia e i 332 miliardi di dollari della Cina.

Si deve, inoltre, considerare come la quota di mercato dei produttori europei di armamenti in Europa sia inferiore alle aspettative, con molti Paesi del vecchio continente che preferiscono affidarsi ad appaltatori stranieri, principalmente statunitensi, per l’acquisto di velivoli dual use, elicotteri da trasporto pesante e velivoli unmanned. Il mercato europeo e quello dei Paesi Nato da soli non bastano a coprire i costi del comparto industriale di settore. Ecco perché l’Asd sta mettendo in evidenza quanto sia importante diversificare e favorire le esportazioni di armamenti creati da industrie europee con tecnologia europea.

Per quanto concerne l’Italia, l’aerospazio-difesa ha un fatturato di circa 17 miliardi di euro, e il valore della produzione, incluso l’indotto, è di circa quaranta miliardi di euro. Sono i numeri presentati nel febbraio scorso in audizione alla commissione Esteri e Difesa di Camera e Senato da Giuseppe Cossiga, presidente della Federazione aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza (Aiad). Anche l’Aiad, sulla stessa linea d’onda dell’Asd, ha richiesto di rivedere la Legge 185/90 non per stravolgerne il contenuto, ma per garantire ai processi di esportazione di armamenti una più chiara impronta governativa sulle decisioni da prendere.

Il tentativo di reintrodurre il Cisd – le cui funzioni sono oggi demandate a un comitato tecnico istituito presso la Farnesina e denominato Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento-Uama – risponde all’esigenza di dare un chiaro indirizzo di politica estera anche ad una materia complessa come quella dell’export di armi. Nel corso degli anni non sono stati rari i casi in cui dalla Uama sono passate decisioni di carattere squisitamente politico, che hanno influenzato la postura geopolitica ed economico-industriale del Paese all’estero.

L’ultimo caso è quello relativo all’export militare italiano verso Israele, con ogni operazione sospesa su ordine della Uama – nel rispetto della normativa vigente e come atto dovuto – a partire dallo scorso 7 ottobre, giorno d’inizio del conflitto contro Hamas. Fino a quel giorno, ha spiegato il ministro della Difesa, Guido Crosetto, le licenze approvate, per un valore di 9,9 miliardi di euro erano state 21, così come nel 2019 erano stati 28 i milioni stanziati durante il governo Conte 1 e 21 milioni nel 2020, ai tempi del Conte 2. E ancora, nel 2021 sono stati spesi 12 milioni sulle armi e 9 milioni nel 2022. Con questi numeri il ministro della Difesa ha voluto evidenziare come ogni governo, a prescindere dal colore, faccia “affari” con l’export di armi, sbugiardando la linea “pacifista” – nei fatti esclusivamente antioccidentale – del leader del Movimento 5 Stelle. Nei giorni scorsi Giuseppe Conte aveva violentemente attaccato il governo Meloni, in particolare i ministri Tajani e Crosetto, sull’appoggio fornito ad Israele.

Ma da questi numeri emerge, ancora una volta, come la politica funga da “comparsa” sulla delicata materia dell’esportazione di armi rispetto ai veri attori protagonisti che sono tecnici. Ma se si “deresponsabilizza” il decisore politico su una materia che ha necessariamente implicazioni politiche, è chiaro che sia poi il tecnico a dover decidere, generando inevitabili cortocircuiti.

Questo perché nei processi di promozione del sistema-Paese passa anche la presentazione di prodotti per la difesa sviluppati con know-how nazionale e da aziende italiane che, sia come capofila, sia come parte dell’indotto, rappresentano eccellenze al livello mondiale. Analizzando la serie storica delle esportazioni di armamenti italiani, contenuta nella Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento del 2022, si può notare la crescita delle autorizzazioni alle esportazioni di armi e sistemi e, dunque, anche del fatturato connesso, in Paesi come la Turchia (oggi al primo posto), il Qatar, Singapore, gli Emirati Arabi Uniti, l’Arabia Saudita, il Kuwait e l’India. Infatti, se la capacità italiana di esportare armi negli Stati Uniti e nei Paesi Ue e Nato può sembrare scontata, è interessante valutare come le direttrici commerciali AD&S italiane si stiano indirizzando verso i Paesi d’interesse del Mediterraneo allargato e di una strategia che lo connette, necessariamente, all’Indo-Pacifico e che, in un certo senso, stiano ricalcando il percorso della costituenda Via del Cotone indo-araba, da contrapporre alla cinese Via della Seta.


formiche.net/2023/11/politica-…



Quanto sta accadendo nel porto di Ortona, in provincia di Chieti è semplicemente inaccettabile. Due giorni fa la nave umanitaria Ocean Viking, dell’organizza


FPF and OneTrust Release Collaboration on Conformity Assessments under the proposed EU AI Act: A Step-by-Step Guide & Infographic 


Today, the Future of Privacy Forum (FPF) and OneTrust released a collaboration on Conformity Assessments under the proposed EU AI Act: A Step-by-Step Guide and accompanying Infographic. Conformity Assessments are a key and overarching accountability tool

Today, the Future of Privacy Forum (FPF) and OneTrust released a collaboration on Conformity Assessments under the proposed EU AI Act: A Step-by-Step Guide and accompanying Infographic. Conformity Assessments are a key and overarching accountability tool introduced in the proposed EU Artificial Intelligence Act (EU AIA or AIA) for high-risk AI systems.

Conformity Assessments are expected to play a significant role in the governance of AI in the EU, and the Guide and Infographic provide a step-by-step explanation of what a Conformity Assessment is–designed for individuals at organizations responsible for the legal obligation to perform one–along with a roadmap outlining the series of steps for conducting a Conformity Assessment.

The Guide and Infographic can serve as an essential resource for organizations who want to prepare for compliance with the EU AIA’s final text, which is expected to be adopted by the end of 2023 and become applicable in late 2025.

Click here to view the Guide

Click here to view the Infographic

Key aspects of the Guide and Infographic include:

  • Information and background about the proposed EU AI Act & Conformity Assessments. The proposed EU AIA is a risk-based regulation with enhanced obligations for high-risk AI systems, including the obligation to conduct Conformity Assessments. In the EU context, the Conformity Assessment obligation is not new: the EU AIA aims to align with the processes and requirements found in laws that fall under the New Legislative Framework (NLF), and Conformity Assessments are also part of several EU laws on product safety, such as the General Product Safety Regulation, the Machinery Regulation, or the in vitro diagnostic Medical Devices Regulation.
  • The Conformity Assessment applicability for AI systems. A Conformity Assessment is the process of verifying and/or demonstrating that a high-risk AI system complies with the requirements enumerated under Title III, Chapter 2 of the EU AIA. The first step in the Conformity Assessment journey is determining whether an organization’s AI system falls under the Conformity Assessment legal obligation, and the Guide and Infographic include a flowchart of questions for an organization to answer in order to determine whether they need to comply with the Conformity Assessment obligation.
  • Conformity Assessment requirements for high-risk AI systems. The Guide describes each Conformity Assessment requirement, its meaning, and at what phase of the AI system’s life cycle each requirement should be met. These requirements include Risk Management System; Data and Data Governance; Technical Documentation; Record Keeping; Transparency Obligations; Human Oversight; Accuracy, Robustness and Cybersecurity.
  • Overview of EU Plans for Standards & Presumption of Conformity. The European Commission is looking to obtain standards that provide “procedures and processes for conformity assessment activities related to AI systems and quality management systems of AI providers.” Such standards will be crucial to developing operational guidance for the implementation of Conformity Assessments and are expected to facilitate compliance with the technical obligations prescribed by the EU AIA. Given that the EU AIA is still under negotiation, the draft standardization request that was issued by the European Commission in December 2022 may be amended when the AIA is finally adopted.

For more information about the EU AIA, Conformity Assessments, and the Guide and Infographic, please contact Katerina Demetzou at kdemetzou@fpf.org.


fpf.org/blog/fpf-and-onetrust-…



Il #17novembre ricorre la Giornata internazionale delle studentesse e degli studenti, in memoria di quei giovani e dei loro docenti e del coraggio manifestato nell’atroce eccidio del lontano 17 novembre 1939.


In Cina e Asia – APEC: Xi annuncia nuove aperture ai capitali stranieri


In Cina e Asia – APEC: Xi annuncia nuove aperture ai capitali stranieri APEC
I titoli di oggi:

APEC: Xi annuncia nuove aperture ai capitali stranieri
Gli Stati Uniti rinnovano l'impegno a inviare armi a Taiwan
Von der Leyen spinge sul pedale del de-risking

Pechino: intelligenza artificiale rischio per la sicurezza nazionale
Le restrizioni Usa minacciano il cloud computing di Alibaba e Tencent
La crisi immobiliare cinese non accenna a finire
Pianificatore statale cinese intende attrarre nuovi investimenti stranieri
Cina e Giappone annunciano la creazione di un nuovo quadro per il dialogo commerciale

L'articolo In Cina e Asia – APEC: Xi annuncia nuove aperture ai capitali stranieri proviene da China Files.



GAZA. Cosa stanno facendo esattamente le forze speciali americane in Israele?


La segretezza è la parola d'ordine quando si tratta del sostegno dell'amministrazione Biden all'offensiva israeliana a Gaza. L'articolo GAZA. Cosa stanno facendo esattamente le forze speciali americane in Israele? proviene da Pagine Esteri. https://pagi

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di Connor Echols* – Responsible Statecraft

(foto di Ambasciata Usa a Tel Aviv)

Mentre l’esercito israeliano entra nel secondo mese di operazione a Gaza, le domande continuano a vorticare sull’esatta natura del sostegno americano alla guerra, con importanti implicazioni potenziali per gli interessi americani in Medio Oriente. Il Pentagono è stato abbastanza trasparente riguardo alle sue azioni al di fuori di Israele, inclusa la decisione di spostare due gruppi d’attacco di portaerei in Medio Oriente, oltre ad altre risorse navali e sistemi di difesa missilistica. Ma due questioni più delicate rimangono avvolte nel mistero: cosa stanno facendo esattamente le forze speciali americane in Israele? E quali armi stanno dando gli Stati Uniti alle Forze di Difesa Israeliane (IDF)?

Cosa ci fanno i soldati americani in Israele?

Le forze per le operazioni speciali statunitensi sono di stanza in Israele e “aiutano attivamente gli israeliani” in una serie di aree, tra cui gli sforzi per “identificare gli ostaggi, compresi quelli americani”, ha rivelato la settimana scorsa un funzionario del Dipartimento della Difesa.

Il funzionario non ha condiviso ulteriori dettagli, ma altri hanno detto al New York Times che il Dipartimento della Difesa “ha inviato diverse dozzine di commando nelle ultime settimane, oltre a una piccola squadra che era in Israele il 7 ottobre per condurre un addestramento precedentemente programmato”. Secondo il Times, anche altri paesi occidentali hanno inviato forze speciali “più vicine a Israele” per aiutare nel recupero degli ostaggi e nella potenziale evacuazione dei civili.

Il Pentagono aveva inviato anche un generale del Corpo dei Marines con una notevole esperienza in operazioni speciali per consigliare le operazioni di terra di Israele, ma il generale ha lasciato il paese prima dell’incursione di terra di Tel Aviv.

Un funzionario ha detto al giornalista Spencer Ackerman che gli Stati Uniti stanno prendendo in considerazione “contingenze” di emergenza con cui le forze speciali americane assisteranno direttamente nel recupero degli ostaggi, ma questi piani rimangono ipotetici, secondo il funzionario. L’unica prova concreta del coinvolgimento “diretto” degli Stati Uniti è stata una serie di voli di droni disarmati sul sud di Gaza che stanno aiutando a localizzare gli ostaggi.

Alcuni testimoni oculari affermano di aver visto soldati con stemmi con la bandiera americana sul terreno a Gaza, ma nessun organo di informazione ha confermato questa affermazione. È anche plausibile che un soldato israelo-americano avrebbe potuto indossare uno stemma del genere senza il permesso degli Stati Uniti o dell’esercito israeliano.

Per quanto riguarda l’identità dei soldati statunitensi in Israele, una foto della Casa Bianca durante la visita del presidente Joe Biden del 18 ottobre mostrava l’incontro del presidente con diversi membri della Delta Force, la principale unità antiterrorismo e di recupero ostaggi del Pentagono. Non è chiaro se unità militari statunitensi stiano attualmente operando in Israele per operazioni non speciali. Il Pentagono non ha risposto ad una richiesta di commento da parte di RS sulle sue operazioni in Israele.

Maggiore segretezza sui trasferimenti di armi

L’amministrazione Biden è stata criticata dal Congresso per i suoi tentativi di nascondere i dettagli sui trasferimenti di armi americane a Israele nel corso della guerra, inclusa una misura proposta per ignorare i requisiti di notifica al Congresso che darebbero ai legislatori l’opportunità di opporsi a specifiche vendite di armi.

“Non c’è motivo per cui non possiamo garantire che l’assistenza necessaria degli Stati Uniti a Israele avvenga in modo rapido e che il Congresso sia in grado di adempiere al suo dovere di controllo costituzionale”, il rappresentante Gregory Meeks (DN.Y.) – il democratico in classifica alla Camera Commissione per gli affari esteri – ha detto la settimana scorsa al Washington Post.

Il senatore Chris Van Hollen (D-Md.), da parte sua, ha affermato che il Congresso “non dovrebbe fare eccezioni a questa pratica” e ha sostenuto che è responsabilità del legislatore “rivedere questi fondi e garantire che il loro utilizzo sia nel migliore interesse di il popolo americano”.

Mentre i legislatori avrebbero ricevuto informazioni complete su quali armi verranno inviate a Israele, la Casa Bianca ha evitato di condividere pubblicamente informazioni sul suo sostegno, in netto contrasto con la contabilità dettagliata degli aiuti dell’amministrazione Biden all’Ucraina.

L’amministrazione non ha spiegato questa discrepanza, ma molto probabilmente deriva da una semplice logica politica. Mentre Biden è stato orgoglioso di vantare il sostegno della sua squadra all’Ucraina, si trova ad affrontare molte più contraccolpi per aver sostenuto Israele, le cui azioni a Gaza hanno attirato critiche significative sia negli Stati Uniti che all’estero.

Questa logica è apparsa di recente quando è emerso che gli Stati Uniti pianificano di fornire fucili alla polizia nazionale israeliana, controllata dal ministro di estrema destra Itamar Ben-Gvir, che ha promesso di dare armi ai coloni in Cisgiordania. L’ex funzionario del Dipartimento di Stato Josh Paul ha anche detto a RS la scorsa settimana che diverse unità della polizia israeliana erano state precedentemente segnalate per presunte “gravi violazioni dei diritti umani”, cosa che dovrebbe legalmente impedire loro di ricevere armi americane.

L’unico altro trasferimento di armi pianificato a Israele che è stato reso pubblico è una spedizione precedentemente approvata di 320 milioni di dollari in kit di bombe di precisione noti come Spice Family Gliding Bomb Assemblies. Secondo quanto riferito, la deputata Ilhan Omar (D-Minn.) si opporrà a questa vendita presentando una “risoluzione di disapprovazione” che bloccherebbe il trasferimento se ricevesse una maggioranza a prova di veto in entrambe le camere del Congresso. Secondo Paul, i kit rappresentano “il tipo di mezzi che Israele ha utilizzato nell’ultimo mese per devastare Gaza”.

La posta in gioco è alta per gli interessi statunitensi nella regione

Un’altra probabile ragione della segretezza sul coinvolgimento degli Stati Uniti è il timore che il sostegno americano a Israele danneggerà la posizione di Washington in Medio Oriente, soprattutto data la diffusa opposizione della regione all’offensiva israeliana, che numerosi commentatori arabi hanno definito un “genocidio”.

Se le persone in Medio Oriente arrivassero a credere che le truppe americane siano direttamente coinvolte nelle ostilità, ciò potrebbe avere conseguenze disastrose sulla percezione delle azioni americane nella regione. Come ha osservato un cablogramma trapelato di recente dall’ambasciata americana in Oman , la campagna israeliana sta già “perdendo il pubblico arabo per una generazione”.

Secondo Stephen Wertheim, storico e membro senior del Carnegie Endowment for International Peace, tale impatto potrebbe essere avvertito ben oltre la regione. “I costi, in termini di prestigio e potere americano, si sono già rivelati sostanziali”, ha scritto Wertheim sul New York Times. “E potrebbero andare molto peggio.” E le potenziali conseguenze di un coinvolgimento diretto degli Stati Uniti non si limiterebbero al disprezzo pubblico, sostiene il giornalista Ackerman.

“Se le FSA dovessero entrare a Gaza come combattenti, come potrebbe sentirsi obbligato a rispondere l’Iran, la cui strategia regionale si basa sulla guida di un ‘asse di resistenza’ verso Stati Uniti, Israele e Arabia Saudita?” ha chiesto. “Cosa sceglierebbe di fare? Quale sarebbe l’impatto su Giordania, Egitto, Arabia Saudita, ecc.?”

*Connor Echols è un reporter di Responsible Statecraft. In precedenza è stato redattore associato presso la Fondazione Nonzero, dove ha co-scritto una newsletter settimanale di politica estera. Echols ha conseguito la laurea presso la Northwestern University, dove ha studiato giornalismo e studi sul Medio Oriente e sul Nord Africa.

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VERSIONE ITALIANA USA, META CHIEDE LEGGI SUL PARENTAL CONTROL PER I MINORI DI 16 ANNII ragazzi vivono immersi nel mondo digitale e ogni giorno, oltre a navigare, acquistano e scaricano molteplici App. Antigone Davis, responsabile globale della sicurezza di Meta, in un post pubblicato mercoledì scorso ha affermato di sostenere la legislazione federale che prevede …


I droni Global Hawk di Sigonella a sostegno di Israele


Sigonella è stata utilizzata dalle forze armate USA anche come base di transito degli aerei cargo C-17A Globemaster lll che stanno trasferendo armi, munizioni e apparecchiature belliche dagli Stati Uniti fino alla base aerea israeliana di Nevatim L'artic

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di Antonio Mazzeo

Pagine Esteri, 17 novembre 2023 – Prima operazione di intelligence, riconoscimento e sorveglianza di potenziali “obiettivi” di un drone Northrop Grumman RQ-4D “Global Hawk” di US Air Force nel teatro di guerra del Mediterraneo orientale.
Mercoledì 15 novembre il velivolo senza pilota è decollato dalla base siciliana di Sigonella per raggiungere il Mediterraneo orientale dove ha svolto una missione spia di fronte le coste della Siria meridionale e del Libano.

Le forze armate USA hanno dato il via a numerose missioni di pattugliamento e sorveglianza nella regione dopo lo scoppio del conflitto tra Hamas e le forze armate israeliane e i massicci bombardamenti di Gaza. Le attività erano state svolte fino ad ora però solo con i velivoli P-8A “Poseidon” di US Navy e i droni “Reaper” di US Air Force, decollati tutti da NAS Sigonella. Adesso fanno la loro comparsa a supporto degli strike israeliani anche i grandi droni “Global Hawk”.

Sigonella è stata utilizzata dalle forze armate USA anche come base di transito degli aerei cargo C-17A Globemaster lll che stanno trasferendo armi, munizioni e apparecchiature belliche dagli Stati Uniti d’America (via Ramstein, Germania) fino
alla base aerea israeliana di Nevatim, nel deserto del Negev, a pochi km dalla città di Beersheba.

Sul diretto coinvolgimento bellico del territorio italiano il governo Meloni-Tajani-Crosetto non ha ancora sentito il dovere di proferire parola alcuna: né il Parlamento né i cittadini sono stati informati.

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Com’è andato il summit tra Xi e Biden


Com’è andato il summit tra Xi e Biden 10415537
Raggiunti i risultati previsti, tranne che sull'intelligenza artificiale. La distanza maggiore resta quella su Taiwan, ma il tono del confronto è più che cordiale. Una piccola ombra dalla conferenza stampa del leader americano, mentre quello cinese incontra Musk, Cook e i vecchi amici dell'Iowa

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Domani parteciperò alla manifestazione di CGIL e UIL per la giornata di sciopero generale che si terrà nella mia regione a Lanciano in provincia di Chieti. L


AIDA TOUMA SOSPESA DAL PARLAMENTO ISRAELIANO SABATO A ROMA A CASA INTERNAZIONALE DELLE DONNE "Siamo orgogliosi di annunciare che la deputata comunista Aida T


Prime adesioni all’Osservatorio carta, penna & digitale


I primi ad aderire all’Osservatorio carta, penna & digitale della Fle sono stati i confindustriali Federazione Carta e Grafica e Comieco. L’annuncio è stato dato questa mattina, nel corso del convegno “Lettura su carta e scrittura a mano” che si è svolto

I primi ad aderire all’Osservatorio carta, penna & digitale della Fle sono stati i confindustriali Federazione Carta e Grafica e Comieco. L’annuncio è stato dato questa mattina, nel corso del convegno “Lettura su carta e scrittura a mano” che si è svolto a Milano presso la Fondazione Corriere della Sera, presieduta da Ferruccio de Bortoli, nel quadro della manifestazione Book City.

Ospite d’onore il Segretario generale della Fle, Andrea Cangini, che ha illustrato alla platea lo studio elaborato dalla Fondazione Luigi Einaudi che dimostra, su base scientifica, l’imprescindibilità della scrittura a mano e della lettura su carta. Tra i relatori, il presidente della Commissione Cultura della Camera, Federico Mollicone, che ha annunciato l’intenzione di “istituzionalizzare il meritorio Osservatorio costituito dalla Fondazione Luigi Einaudi”. Siamo appena partiti, e siamo partiti bene.

youtube.com/embed/NvFblHTZnIs?…

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FPF Submits Comments with the National Telecommunications and Information Administration (NTIA) on Kids Online Health and Safety


On November 15, the Future of Privacy Forum filed comments with the National Telecommunications and Information Administration (NTIA) in response to their request for comment on Kids Online Health and Safety as part of the Biden-Harris Administration’s in

On November 15, the Future of Privacy Forum filed comments with the National Telecommunications and Information Administration (NTIA) in response to their request for comment on Kids Online Health and Safety as part of the Biden-Harris Administration’s interagency Task Force on Kids Online Health & Safety.

Read the comments here.

Young people increasingly engage with their peers online and lawmakers continue to introduce legislation to expand protections for the privacy and safety of minors beyond the existing COPPA framework. However, adopting a one-size-fits-all approach to developing policies for minors online presents challenges, as protections that are appropriate for very young children may not be suitable for older teenagers with greater agency and autonomy. While addressing online experiences for minors is a multi-faceted issue, as evidenced by the interagency task force, FPF has identified four of the most impactful areas for privacy that the Task Force should consider as they develop voluntary guidance, policy recommendations, and a toolkit on safety-, health-, and privacy-by-design for industry to apply in developing digital goods and services.

1. Children and teens have varying privacy needs across developmental stages, and overgeneralized restrictions may exacerbate health risks and undermine the developmental benefits of social online experiences. In particular, limitations on access to content and connecting with peers may have negative consequences on the ability of adolescents to explore and develop independence and identity.

2. While many stakeholders agree on high-level policy goals, such as extending heightened protections to both children and teens or minimizing unnecessary data collection, there is little consensus on how best to implement broadly agreed-upon policy goals. In some areas, such as age assurance, there is significant disagreement on how best to grapple with conflicting equities on privacy and safety.

3. Companies building new features to protect the privacy and safety of minors online currently take into account the varying developmental stages of minors and the interaction between minors’ autonomy and parental involvement. These two considerations inform how companies balance privacy and safety before introducing new features and reviewing existing tools as research and societal norms evolve.

4. FPF recommends additional research investigating minors using online services for educational purposes versus recreation, shifts in privacy risks at different ages and stages of development, and the relationship between privacy and safety in applying heightened protections to teens. This research is necessary to identify appropriate safeguards for minors online in both policy and practice.


fpf.org/blog/fpf-submits-comme…



Noyb presenta una denuncia contro la Commissione Europea per annunci mirati di chatcontrol

Oggi, @noyb.eu ha presentato una denuncia contro la direzione generale per la migrazione e gli affari interni della Commissione europea. Nel settembre 2023, la Commissione ha utilizzato il micro-targeting illegale su Twitter (X) per promuovere la sua regolamentazione su #chatcontrol, fortemente criticata. Sembra che la Commissione fosse alla disperata ricerca del sostegno pubblico, che potesse essere utilizzato per fare pressione sui governi nazionali affinché accettassero la controversa proposta legislativa. Questa mossa ha minato le procedure democratiche stabilite tra le istituzioni dell’UE e ha violato il GDPR dell’UE.

@Privacy Pride


"noyb is accusing the Commission of “unlawful micro-targeting” on X (Twitter) related to a Commission legislative proposal aimed at combating child sexual abuse."

Techcrunch on our complaint against the EU Commission 👇

techcrunch.com/2023/11/15/oops…


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Un consorzio per il Tempest. A dicembre il trilaterale di Tokyo con Crosetto e Shapps


Italia, Regno Unito e Giappone si preparano a incontrarsi a Tokyo nella seconda metà di dicembre, con l’obiettivo di strutturare i propri programmi per lo sviluppo del caccia di sesta generazione, nell’ambito del Global combat air programme. La conferma s

Italia, Regno Unito e Giappone si preparano a incontrarsi a Tokyo nella seconda metà di dicembre, con l’obiettivo di strutturare i propri programmi per lo sviluppo del caccia di sesta generazione, nell’ambito del Global combat air programme. La conferma sul periodo sembra arrivare direttamente dal Paese del Sol Levante, ma l’impegno a incontrarsi nella capitale giapponese per la definizione del trattato per avviare l’iter parlamentare era già stato anticipato nel corso dell’ultimo vertice trilaterale tenutosi a Roma tra Guido Crosetto, ministro della Difesa italiano, al termine dell’incontro con Grant Shapps, segretario alla Difesa britannico, e Yoshiaki Wada, consigliere speciale del ministro della Difesa giapponese. Nell’incontro di dicembre, invece, ad accogliere Crosetto e Shapps dovrebbe essere direttamente il ministro della Difesa, Minoru Kihara.

Un consorzio per il Gcap

Insieme i tre dovranno coordinare la nascita dell’entità, con ogni probabilità basato nel Regno Unito, che dovrà occuparsi dello sviluppo vero e proprio del caccia e che dovrà guidare e mantenere in linea i progressi verso l’obiettivo di mettere in volo un sistema nel 2035. L’idea di questa nuova struttura arriva direttamente da quanto stabilito da Regno Unito, Italia, Germania e Spagna per lo sviluppo coordinato dell’Eurofighter, un programma il cui successo vuole essere adesso replicato anche per il Gcap. Sotto la supervisione di questo nuovo ente, le aziende leader del progetto (l’italiana Leonardo, la giapponese Mitsubishi Heavy Industries e la britannica BAE Systems) dovranno procedere allo sviluppo del primo design entro il 2027.

Le manovre di Tokyo

Nel frattempo, il governo giapponese sta chiedendo alla Dieta, il Parlamento nipponico, l’approvazione per la nascita e la gestione di questo nuovo ente per il Gcap nel corso del prossimo anno. L’obiettivo è assicurare i quattro miliardi di yen (circa 26 milioni di euro) parte della quota che il Giappone dovrà versare per garantire il funzionamento del nuovo organismo. Inoltre, l’esecutivo di Fumio Kishida è impegnato nelle negoziazioni con i legislatori relativamente alle rigide regole del Paese per quanto riguarda le leggi che regolano le esportazioni e i trasferimenti di materiali di Difesa, basate sulla Costituzione rigidamente pacifista dello Stato giapponese. Un prerequisito alla successiva possibilità di commercializzazione sul mercato del Gcap stesso.

Il Gcap

Il progetto del Global combat air programme è destinato a sostituire i circa novanta caccia F-2 giapponesi e gli oltre duecento Eurofighter britannici e italiani, e prevede lo sviluppo di un sistema di combattimento aereo integrato, nel quale la piattaforma principale, l’aereo più propriamente inteso, provvisto di pilota umano, è al centro di una rete di velivoli a pilotaggio remoto con ruoli e compiti diversi, dalla ricognizione, al sostegno al combattimento, controllati dal nodo centrale e inseriti in un ecosistema capace di moltiplicare l’efficacia del sistema stesso. L’intero pacchetto capacitivo è poi inserito all’intero nella dimensione all-domain, in grado, cioè di comunicare efficacemente e in tempo reale con gli altri dispositivi militari di terra, mare, aria, spazio e cyber. Questa integrazione consentirà al jet di essere fin dalla sua concezione progettato per coordinarsi con tutti gli altri assetti militari schierabili, consentendo ai decisori di possedere un’immagine completa e costantemente aggiornata dell’area di operazioni, con un effetto moltiplicatore delle capacità di analisi dello scenario e sulle opzioni decisionali in risposta al mutare degli eventi.

Il programma congiunto

L’avvio del programma risale a dicembre dell’anno scorso, quando i governi di Roma, Londra e Tokyo hanno concordato di sviluppare insieme una piattaforma di combattimento aerea di nuova generazione entro il 2035. Nella nota comune, i capi del governo dei tre Paesi sottolinearono in particolare il rispettivo impegno a sostenere l’ordine internazionale libero e aperto basato sulle regole, a difesa della democrazia, per cui è necessario istituire “forti partenariati di difesa e di sicurezza, sostenuti e rafforzati da una capacità di deterrenza credibile”. Grazie al progetto, Roma, Londra e Tokyo puntano ad accelerare le proprie capacità militari avanzate e il vantaggio tecnologico.


formiche.net/2023/11/un-consor…