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LA SITUAZIONE DEL CONSUMO DI DROGHE ILLECITE IN UNIONE EUROPEA. UNA ANALISI APPROFONDITA (2 di 4), COCAINA, LA PIÙ UTILIZZATA
La cocaina è la droga stimolante illecita più comunemente utilizzata in Europa, con livelli di consumo che variano da paese a paese. Circa 14 milioni di adulti nell’Unione europea (di età compresa tra 15 e 64 anni), ovvero quasi il 5% di questa fascia di età, hanno provato la cocaina nel corso della loro vita, di cui circa 3,5 milioni ne hanno fatto uso nell’ultimo anno. La cocaina è stata tradizionalmente utilizzata in due forme principali: sale cloridrato, spesso definito "cocaina in polvere", e una forma base libera e fumabile, spesso definita "crack". I consumatori abituali di cocaina possono riscontrare problemi più gravi e circa il 60% dei consumatori di cocaina che entrano in terapia riferiscono di utilizzare la droga tra i 2 e i 7 giorni alla settimana.
Dati recenti suggeriscono che il consumo di cocaina e i danni associati potrebbero essere in aumento in Europa. Dei 15 paesi che hanno comunicato informazioni sufficienti sulla prevalenza del consumo di cocaina dal 2019, 8 hanno riportato stime del consumo dell’anno scorso più elevate rispetto alla loro precedente indagine comparabile, 5 avevano stime stabili e 2 stime inferiori. Questi modelli si riflettono anche nei dati sulle persone che entrano in terapia per la prima volta per problemi di cocaina, sono aumentati in 14 paesi secondo i dati sinora disponibili, tra il 2014 e il 2020.
I danni alla salute associati al consumo regolare di cocaina comprendono dipendenza, problemi cardiaci e di salute mentale e un aumento del rischio di incidenti. I danni possono essere esacerbati quando la cocaina viene utilizzata insieme all’alcol. L'iniezione di cocaina e il consumo di cocaina crack sono associati ai maggiori rischi per la salute. Nel 2020, si sono verificati circa 473 decessi correlati alla cocaina, ovvero circa il 13,5% di tutti i decessi indotti dalla droga con accertamenti tossicologici post mortem in questi paesi. La maggior parte di questi decessi sono stati attribuiti a overdose di droga, ma nella maggior parte dei casi sono state rilevate anche altre sostanze, principalmente oppioidi.
La cocaina viene trafficata in Europa dai paesi produttori del Sud America sia via aerea che via mare utilizzando una serie di metodi e rotte. Nel 2020, per il quarto anno consecutivo, è stata sequestrata la quantità più alta mai vista di cocaina, 214,6 tonnellate, nell’UE, in Norvegia e in Turchia. I primi dati sui sequestri di un numero limitato di paesi nel 2021 suggeriscono che la quantità sequestrata in tutta Europa è aumentata ancora una volta.
Le restrizioni adottate per affrontare la pandemia di Covid-19 nel 2020 hanno avuto un certo impatto sul commercio di cocaina, ma nel complesso la coltivazione, la produzione e il traffico di cocaina in Europa sono continuati durante questo periodo e potrebbero addirittura essere ulteriormente aumentati.
Per saperne di più: European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction and Europol (2022), EU Drug Market: Cocaine — In-depth analysis, emcdda.europa.eu/publications/…
Indagine sul Fediverso: una premessa ai risultati del nostro sondaggio
Pubblicheremo su più post i risultati del nostro sondaggio sul Fediverso che ha avuto il riscontro di 227 utenti provenienti da diverse istanze e da diverse piattaforme. In questo post ci limiteremo a un’introduzione e una risposta ad alcune osservazioni raccolte. Il sondaggio ha presentato alcune limitazioni che cercheremo di superare il prossimo anno e che riguardano soprattutto i…
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📣 L’obiettivo del Liceo del #MadeinItaly è valorizzare, promuovere e tutelare le eccellenze italiane.
Le #IscrizioniOnline sono aperte fino al #10febbraio2024 su #Unica.
Qui le scuole che hanno aderito ▶️ unica.istruzione.gov.
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Cosa non torna nel doppiopesismo sulle vittime civili delle guerre. Scrive Nones
La mancanza nel nostro Paese di una cultura della sicurezza e difesa continua ad accomunare opinione pubblica, mondo dell’informazione e mondo politico e si riflette anche nell’affrontare il tema delle vittime civili delle guerre, dove si sta evidenziando una sorta di “doppiopesismo” a seconda della loro nazionalità. Una posizione che ha il suo collante nel pacifismo di varia natura, da quello di matrice cattolica a quello terzomondista.
Ne è un chiaro esempio il prevalente atteggiamento di condanna di Israele per le operazioni militari condotte a Gaza, rimuovendo il ricordo della strage di civili, comprese donne e bambini, e del rapimento di più di un centinaio di ostaggi israeliani compiuti il 7 ottobre 2023 dai terroristi di Hamas. Questo non significa rinunciare a criticare Israele per una reazione ormai palesemente eccessiva e che si sta protraendo troppo nel tempo, ma ricordare in ogni momento chi è stato il responsabile di quanto sta avvenendo.
Il tema delle vittime civili è diventato attuale soprattutto durante la seconda guerra mondiale con il bombardamento di Londra o Dresda, la distruzione di Varsavia, per arrivare a Hiroshima e Nagasaki. A bombardare furono in questi casi forze armate regolari e, anche allora, vi furono nei paesi democratici dubbi e perplessità poi superati dalla consapevolezza della loro indispensabilità per sconfiggere l’aggressione nazi-fascista e interrompere l’Olocausto in Europa e quella nipponica in Asia. Ovviamente queste preoccupazioni non si manifestarono, né avrebbero potuto farlo, in quei regimi dittatoriali. Ma, in tutti questi casi, da una parte e dall’altra, non si trattò di “danni collaterali”, ma di scelte politico-militari volte a fiaccare il “fronte interno” nemico, una strategia resa possibile dallo sviluppo tecnico e industriale dei velivoli militari e dei primi razzi.
Significativa è stata, invece, l’esperienza della guerra condotta dagli Stati Uniti in Vietnam. Fra le cause principali della sconfitta viene unanimemente riconosciuta quella della vasta opposizione che si verificò nell’opinione pubblica americana sia per le perdite subite sia per le devastazioni imposte alla popolazione civile. Anche grazie ai nuovi mezzi di comunicazione le informazioni e le immagini di morti e feriti civili a causa dei bombardamenti americani hanno fortemente condizionato la scelta politica di interrompere le operazioni militari.
Altrettanto significativa è in questi ultimi due anni la prosecuzione di attacchi indiscriminati russi alle città ucraine con migliaia di vittime civili, senza che l’opinione pubblica internazionale e, in particolare, quella italiana riescano ad esprimere un’adeguata condanna politica e morale. Pur non trattandosi di obiettivi militari (comunque condannabili se si configurano come aggressione), sembra che il valore della vita dei cittadini ucraini sia relativamente poco importante per molti “pacifisti”.
Lo stesso vale per i cittadini israeliani che da sempre sono colpiti da azioni terroristiche e, in particolare, nell’ultimo decennio, dal sistematico lancio di missili e razzi dalla striscia di Gaza e dal sud Libano verso le città israeliane. Per arrivare all’attacco del 7 ottobre, che dovrebbe rimanere scolpito nella storia come un vero e proprio crimine contro l’umanità, i cui responsabili dovrebbero essere unanimemente condannati dalla comunità internazionale, senza se e senza ma.
Il problema si è ingigantito con le guerre ibride combattute da forze irregolari in territori dove non c’è o non viene esercitato alcun potere statale. Queste forze molto spesso operano o trovano rifugio in aree abitate dove non sono facilmente individuabili: non hanno comandi, caserme e depositi, aeroporti, radar, mezzi e armamenti pesanti come le forze regolari, spesso nemmeno le divise. A Gaza il lancio di missili e razzi verso le città israeliane avviene dai terrazzi o dai cortili di edifici civili all’interno di conglomerati urbani densamente abitati. I tunnel utilizzati dai terroristi corrono sotto scuole, ospedali, centri di accoglienza, ecc. e hanno altrettanti accessi. Per distruggerli bisogna inevitabilmente coinvolgere i sovrastanti edifici civili.
La differenza fra le vittime civili delle azioni terroristiche e quelle delle operazioni militari dei Paesi democratici è che nel primo caso non esiste nemmeno la parvenza di obiettivi militari che in qualche modo possano essere addotti a giustificazione, mentre, nel secondo caso, sono presenti, ovviamente e per fortuna, forme di auto-controllo sia nel sistema militare che in quello politico.
In questo quadro si colloca la campagna terroristica condotta da parte del movimento Houthi nello Yemen con il lancio di missili contro navi civili in transito nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden. Se riuscissero a colpirle vi sarebbero delle vittime civili innocenti, oltre che ingenti danni economici. Per evitarlo sono stati effettuati bombardamenti aerei americani e inglesi. Anche ipotizzando di individuare precisamente e tempestivamente i siti di lancio, ogni risposta militare volta a distruggerli, finirà inevitabilmente con il coinvolgere la popolazione civile che vive nei pressi.
Ma anche il previsto intervento di una forza navale europea a protezione del traffico commerciale potrebbe trovarsi in una situazione analoga. Se un missile colpisse una di queste navi militari, sarebbe necessario distruggere la postazione ostile con gli inevitabili danni collaterali. Ma lo stesso potrebbe avvenire anche in fase di lancio. Con buona pace di coloro che in Italia si commuovono per le tragiche immagini delle vittime civili a condizione che non siano cittadini di paesi amici ed alleati.
Regu(AI)ting Health: Lessons for Navigating the Complex Code of AI and Healthcare Regulations
Authors: Stephanie Wong, Amber Ezzell, & Felicity Slater
As an increasing number of organizations utilize artificial intelligence (“AI”) in their patient-facing services, health organizations are seizing the opportunity to take advantage of the new wave of AI-powered tools. Policymakers, from United States (“U.S.”) government agencies to the White House, have taken heed of this trend, leading to a flurry of agency actions impacting the intersection of health and AI, from enforcement actions and binding rules to advisory options and other, less formal guidance. The result has been a rapidly changing regulatory environment for health organizations deploying artificial intelligence. Below are five key lessons from these actions for organizations, advocates, and other stakeholders seeking to ensure that AI-driven health services are developed and deployed in a lawful and trustworthy manner.
Lesson 1: AI potential in healthcare has evolved exponentially
While AI has been a part of healthcare conversations for decades, recent technological developments have seen exponential growth in potential applications across healthcare professionals and specialties requiring response and regulation of use and application of AI in healthcare.
The Department of Health and Human Services (“HHS”) is the central authority for health sector regulations in the United States. HHS’ Office for Civil Rights (“OCR”) is responsible for enforcement of the preeminent federal health privacy regulatory framework, the Health Insurance Portability and Accountability Act (HIPAA) Privacy, Security, and Breach Notification Rules (“Privacy Rule”). A major goal of the Privacy Rule is to properly protect individuals’ personal health information while allowing for the flow of health data that is necessary to provide quality health care.
In 2023, OCR stated that HIPAA-regulated entities should analyze AI tools as they do other novel technologies; organizations should “determine the potential risks and vulnerabilities to electronic protected health information before adding any new technology into their organization.” While not a broad endorsement of health AI, OCR’s statement suggests that AI has a place in the regulated healthcare sector.
The Food and Drug Administration (“FDA”) has taken an even more optimistic approach toward the use of AI. Also an agency within HHS, the FDA is responsible for ensuring the safety, efficacy, and quality of various pharmacological and medical products used in clinical health treatments and monitoring. In 2023, the FDA published a discussion paper intended to facilitate discussion with stakeholders on the use of AI in drug development. Drug discovery is the complex process of identifying and developing new medications or drugs to treat medical conditions and diseases. Before drugs can be marketed to the public for patient use, they must go through multiple stages of research, testing, and development. This entire process can take around 10 to 15 years, or sometimes longer. According to the discussion paper, the FDA strives to “facilitate innovation while safeguarding public health” and plans to develop a “flexible risk-based regulatory framework that promotes innovation and protects patient safety.”
Lesson 2: Different uses of data may implicate different regulatory structures
While there can be uncertainty regarding whether particular data, such IP address data collected by a consumer-facing website, is covered by HIPAA, HHS and the Federal Trade Commission (“FTC”) have made clear that they are working together to ensure organizations protect sensitive health information. In particular, failure to establish proper agreements or safeguards between covered entities and AI vendors can constitute a violation of the HIPAA Privacy Rule when patient health information is shared without patient consent for purposes other than treatment, payment, and healthcare operations.
However, some data collected by HIPAA-covered entities may not be classified as protected health information (“PHI”) and could be permissibly shared outside HIPAA’s regulatory scope. Examples include data collected by healthcare scheduling apps, wearables devices, and health IoT devices. In these circumstances, the FTC could exercise oversight. The FTC is increasingly focused on enforcement actions involving health privacy and potential bias and has historically enforced laws prohibiting bias and discrimination, including the Fair Credit Reporting Act (“FCRA”) and the Equal Credit Opportunity Act (“ECOA”). In 2021, the FTC underscored the importance of ensuring that AI tools avoid discrimination and called for AI to be used “truthfully, fairly, and equitably,” recommending that AI should do “more good than harm” to avoid violating the FTC’s “unfairness” prong of Section 5 of the FTC Act.
Lesson 3: What’s (guidance in the) past is prologue (to enforcement)
While guidance may not always be a precursor to enforcement, it is a good indicator of an agency’s priorities. For instance, in late 2021, the FTC issued a statement on the Health Breach Notification Rule, followed by two posts in January 2022 (1, 2). The FTC then applied the Health Breach Notification Rule (HBNR) for the first and second time in 2023 enforcement actions.
The FTC has recently honed in on both the health industry and AI. Agency officials published ten blog posts covering AI topics in 2023 alone, including an article instructing businesses to ensure the accuracy and verifiability of advertising around AI in products. In April 2023, the FTC issued a joint statement with the Department of Justice (DOJ), the Consumer Financial Protection Bureau (CFPB), and the Equal Employment Opportunity Commission (EEOC) expressing its intent to prioritize enforcement against discrimination and bias in automated decision-making systems.
The agency has separately been working on enforcement in the health sector, applying the unfairness prong of its authority to cases where the Commission has found that a company’s privacy practices substantially injured consumers in a manner that did not outweigh the countervailing benefits. This focus resulted in major settlements against health companies, including GoodRx and BetterHelp, where the combined total fine neared $10 million. In July, the FTC published a blog post summarizing lessons from its recent enforcement actions in the health sector, underscoring that “health privacy is a top priority” for the agency.
Lesson 4: Responsibility is the name of the game
Responsible use has been the key concept for policymakers looking to be proactive in establishing positive norms for the use of AI in the healthcare arena. In 2022, the White House Office of Science and Technology Policy (OSTP) published the Blueprint for an AI Bill of Rights (“Blueprint”) to support the development of policies and practices that protect and promote civil rights in the development, deployment, and governance of automated systems. In highlighting AI in the health sector, the Blueprint hopes to set up federal agencies and offices to serve as responsible stewards of AI use for the nation. In 2023, the OSTP also updated the National AI Research and Development (R&D) Plan to advance the deployment of responsible AI, which is likely to influence health research. The Plan is intended to facilitate the study and development of AI while also maintaining privacy and security and preventing inequity.
Expanding on the Blueprint, on October 30, 2023, the Biden Administration released its Executive Order on Safe, Secure, and Trustworthy Artificial Intelligence (“EO”). The EO aims to establish new standards for the responsible use, development, and procurement of AI systems across the federal government. Among other directives, the EO directs the Secretary of HHS to establish an “HHS AI Taskforce” in order to create a strategic plan for the responsible use and deployment of AI in the healthcare context. The EO specifies that this strategic plan must establish principles to guide the use of AI as part of the delivery of healthcare, assess the safety and performance of AI systems in the healthcare context, and integrate equity principles and privacy, security and safety standards into the development of healthcare AI systems.
The EO also directs the HHS Secretary to create an AI Safety program to centrally track, catalog, and analyze clinical errors produced by the use of AI in healthcare environments; create and circulate informal guidance to advise on how to avoid these harms from recurring; and develop a strategy for regulating the use of AI and AI-tools for drug-development. The Fact Sheet circulated prior to the release of the EO emphasizes that, “irresponsible uses of AI can lead to and deepen discrimination, bias, and other abuses in justice, healthcare, and housing” and discusses expanded grants for AI research in “vital areas,” including healthcare.
On November 1, 2023, the Office of Management and Budget (“OBM”) released for public comment a draft policy on “Advancing Governance, Innovation, and Risk Management for Agency Use of Artificial Intelligence,” intended to help implement the AI EO. The OMB guidance, which would govern federal agencies as well as their contractors, would create special requirements for what it deems “rights-impacting” AI, a designation that would encompass AI that “control[s] or meaningfully influence[s]” the outcomes of health and health insurance-related decision-making. These include the requirements for AI impact assessments, testing against real-world conditions, independent evaluation, ongoing monitoring, human training “human in the loop” decision-making, and notice and documentation.
Finally, the National Institute of Standards and Technology (“NIST”) also focused on responsible AI in 2023 with the release of the Artificial Intelligence Risk Management Framework (“AI RMF”). The AI RMF is meant to serve as a “resource to the organizations designing, developing, deploying, or using AI systems to help manage the many risks of AI and promote trustworthy and responsible development and use of AI systems.” The AI RMF provides concrete examples on how to frame risks in various contexts, such as potential harm to people, organizations, or an ecosystem. In addition, prior NIST risk management frameworks have provided the basis for legislative and regulatory models, meaning it may have increased importance for regulated entities in the future.
Lesson 5: Focus and keep eyes on the road ahead
AI regulation is a moving target with significant developments expected in the coming years. For instance, OSTP’s Blueprint for an AI Bill of Rights has already been used to inform state policymakers, with legislators both highlighting and incorporating its requirements into legislative proposals. The Blueprints’ five outlined principles aim to: (i) ensure safety and effectiveness; (ii) safeguard against discrimination; (iii) uphold data privacy; (iv) provide notice and explanation; and (v) enable human review or control. These principles are likely to continue to appear and to inform future health-related AI legislation.
In 2022, the FDA’s Center for Devices and Radiological Health (CDRH) released “Clinical Decision Support Software Guidance for Industry and Food and Drug Administration Staff,” which recommends that certain AI tools be regulated by the FDA under its authority to oversee clinical decision support software. Elsewhere, the FDA has noted that its traditional pathways for medical device regulations were not designed to be applied to AI and that the agency is looking to update its current processes. In 2021, CDRH issued a draft “Artificial Intelligence/Machine Learning (AI/ML)-Based Software as a Medical Device (SaMD) Action Plan”, which introduces a framework to manage risks to patients in a controlled manner. The Action Plan includes specific instruction on data management, including a commitment to transparency on how AI technologies interact with people, ongoing performance monitoring, and updates to the FDA on any changes made to the software as a medical device. Manufacturers of medical devices can expect the FDA to play a vital role in the regulation of AI in certain medical devices and drug discovery.
Conclusion
The legislative and regulatory environment governing AI in the U.S. is actively evolving, with the regulation of the healthcare industry emerging as a key priority for regulators across the federal government. Although the implementation and development of AI into healthcare activities may provide significant benefits, organizations must recognize and mitigate privacy, discrimination, and other risks associated with its use. AI developers are calling for the regulation of AI to reduce existential risks and prevent significant global harm, which may help create clearer standards and expectations for AI developers and developers navigating the resources coming from federal agencies. By prioritizing the development and deployment of safe and trustworthy AI systems, as well as following federal guidance and standards for privacy and security, the healthcare industry can harness the power of AI to ethically and responsibly improve patient care, outcomes, and overall well-being.
Uno si ma con moderazione. Riflessioni sulla moderazione nel Fediverso da parte dello staff di Mastodon.uno
Non è facile comprendere quali siano tutte implicazioni dell'ecosistema federato e come funzionano le dinamiche che rendono il Fediverso molto diverso da un social qualsiasi.
Il lungo post è suddiviso in due premesse, due chiarimenti e una conclusione:
1. cosa significa moderare una una comunità
2. cosa significa la moderazione nel fediverso
3. la moderazione all’interno dell’istanza
4. la moderazione verso le altre istanze
5. la moderazione nel Fediverso italiano e l’approccio di mastodon.uno
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Riservisti, missioni e finanziamenti. Ecco i nuovi progetti della Difesa
L’attuale scenario geopolitico internazionale richiede un aggiornamento dell’intero sistema-Difesa nazionale “che consenta al Paese di dotarsi di una migliore e più efficace capacità di risposta alle crisi”. A ribadirlo è stato il ministro della Difesa, Guido Crosetto, in audizione presso le commissioni Difesa di Camera e Senato e reduce dalla riunione informale dei ministri della Difesa a Bruxelles. Entrambe occasioni nelle quali il ministro ha affrontato i principali temi di insicurezza che circondano l’Europa e il Paese, dalla guerra in Ucraina alla minaccia nel mar Rosso, passando per la crisi a Gaza. È in questo scenario che, per il ministro, è necessario apportare delle modifiche all’architettura delle Forze armate e del comparto difesa in generale, a cominciare dalle norme che regolano la partecipazione italiana alle missioni internazionali.
La sfida asimmetrica
Per il ministro, infatti, gli attacchi delle milizie yemenite filo-iraniane Houthi nel mar Rosso fa parte di una più ampia strategia ibrida di destabilizzazione asimmetrica “cui Mosca e Pechino perseguono l’obiettivo di prevalere slealmente nella competizione globale e di guadagnare nuove sfere di influenza”. Per Crosetto, infatti, Russia, Iran, Corea del Nord e Cina “stanno intenzionalmente conducendo un conflitto ibrido contro l’Occidente: un confronto per l’accesso alle materie prime, alle fonti di energia, alle terre rare, un confronto sulla capacità produttiva in settori e capacità strategiche, un confronto sulla superiorità tecnologica e sulla ricerca, ma anche un confronto sulla competitività economica”. Una sfida asimmetrica che “pagherà principalmente l’Europa, soprattutto i Paesi della sponda sud come l’Italia”.
La legge sulle missioni internazionali
Per Crosetto, dunque, quanto sta accadendo “ha fatto risaltare ancora di più i limiti della legge 145 del 2016” che la partecipazione dell’Italia alle missioni internazionali. L’obiettivo della modifica è elaborare “uno strumento normativo migliorato che consenta al Paese di dotarsi di una migliore e più efficace capacità di risposta alle crisi, potendo contare su procedure di impiego immediato delle forze armate e conferendo maggiore flessibilità operativa e di impiego alle forze operanti in una stessa area geografica”. Come sottolineato dal ministro anche in altre occasioni, “la Difesa deve stare al passo coi tempi per affrontare con rapidità ed efficacia le emergenze e le crisi internazionali”. La modifica, come già annunciato nel Documento programmatico pluriennale della Difesa e nell’ultima Nadef, rivisita la procedura di autorizzazione delle missioni all’estero con lo scopo di assicurare maggiore flessibilità d’impiego allo strumento militare. Il provvedimento agevolerà l’impiego a livello operativo delle unità ad alta e altissima prontezza, da impiegare all’estero al verificarsi di crisi o in situazioni di emergenza. L’attivazione di quest’ultime sarà disposta con delibera del Consiglio dei ministri da inviare alle Camere per l’autorizzazione, con una tempistica più rapida, in linea con esigenze derivanti dalla gestione della crisi. Tutto questo “senza togliere le prerogative del Parlamento che resteranno centrali”.
Finanziamenti
Altro aspetto fondamentale previsto dalla nuova legge è una notevole semplificazione procedurale che consentirà l’effettiva riduzione dei tempi per il finanziamento delle missioni. La norma prevede anche lo spostamento, dal 31 dicembre al 31 gennaio, del termine per la presentazione del governo alle Camere della relazione analitica sulle missioni in corso, necessaria per la loro prosecuzione, allineando la pianificazione operativa a quella finanziaria, derivante dalla legge di bilancio. “Il quadro che si sta delineando – ha spiegato Crosetto – prefigura un accresciuto impiego di capacità della Difesa, non preventivabili in fase di predisposizione delle assegnazioni finanziarie per gli impegni del 2024 e difficilmente compensabili attraverso una rimodulazione degli impegni in altre aree di crisi”. Per questo l’impegno italiano per la sicurezza nelle aree di crisi “deve trovare ristoro attraverso finanziamenti aggiuntivi oltre il perimetro previsto dalla legge di bilancio”.
La riserva ausiliaria
Accanto a queste misure, il ministro sta da tempo sottolineando la necessità per il Paese di attivare una riserva militare sul modello della Guardia nazionale statunitense o delle riserve militari di Svizzera e Israele, “volontari che, in caso di necessità, possono essere attivati per affiancare le Forze armate”. Per adesso il progetto prevede di reclutare circa diecimila riservisti, da attivare “in caso di situazioni e crisi eccezionali”. Questi volontari saranno “ripartiti in nuclei operativi di livello regionale posti alle dipendenze delle autorità militari individuate con decreto del ministro della difesa” e al momento del richiamo sarebbero impiegati in “attività in campo logistico nonché di cooperazione civile-militare”. Insomma non direttamente nelle operazioni militari ma in supporto e per mettere sul campo tutti i militari di carriera. La priorità, inoltre, andrebbe a professionalità diverse nelle nuove dimensioni operative della difesa, a partire da hacker o esperti di intelligenza artificiale.
BRASILE. Spari contro gli aerei dei cercatori d’oro ma la situazione degli Yanomami peggiora
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Pagine Esteri, 1 febbraio 2024. Nonostante gli sforzi del presidente Luiz Inácio Lula da Silva e i tentativi del suo governo, i minatori d’oro stanno tornando nella riserva indigena di Yanomami, portando morte e distruzione.
L’Aeronautica militare ha fatto sapere di aver sparato colpi di mitragliatrici contro un aereo non identificato che sorvolava l’aerea nonostante la no Fly zone imposta dal governo.
La stessa aeronautica è stata molto criticata per non aver fatto abbastanza, in questi mesi, per evitare che i minatori d’oro entrassero illegalmente nella riserva. Le organizzazioni ambientaliste hanno anzi presentato un documento che accusa apertamente le forze armate di star sabotando i tentativi di protezione dell’area cominciati un anno fa.
Lo scorso anno un’operazione governativa è riuscita a cacciare circa 20.000 minatori dalla riserva indigena delle dimensioni del Portogallo. La presenza dei minatori e dei loro mezzi di estrazione è una delle cause principali della crisi umanitaria che mette a rischio la popolazione indigena, che muore per le malattie, la fame e la violenza.
In un video diffuso dalle forze armate brasiliane, si vede l’aereo, un Cessna 182 monomotore, costretto ad un atterraggio di emergenza a seguito dei colpi di avvertimento partiti dalle mitragliatrici dell’esercito.
Il pilota è riuscito a far atterrare il mezzo ed è poi fuggito nella foresta. La polizia federale non è riuscita a rintracciarlo ma ha sequestrato il velivolo.
Le organizzazioni internazionali denunciano che la grave crisi umanitaria del popolo Yamomai continua a peggiorare, nonostante i tentativi del governo.
‼️ Entidades representativas dos servidores do Ibama, MMA, ICMBio, SFB e da Funai repudiam atuação das Forças Armadas na operação Yanomami em nota pública. Leia na íntegra 👇🏽t.co/qeHqBoNOJU— Comissão Pró-Índio de São Paulo (@proindio) February 1, 2024
Dal comunicato stampa di Survival International:
Gli esperti denunciano che una grave crisi sanitaria sta devastando il popolo Yanomami, nel nord dell’Amazzonia brasiliana, a un anno dalla massiccia operazione governativa che doveva liberare il territorio Yanomami dai cercatori d’oro illegali.
I dati diffusi dal servizio sanitario ufficiale nell’area mostrano che:
- Nel 2023, l’incidenza della malaria è aumentata del 61%, con almeno 25.000 casi.
- Anche il tasso di influenza è aumentato in modo drammatico, passando da 3.203 casi nel 2022 a 20.524 nel 2023 (un incremento del 640%)
- 308 indigeni sono morti (gennaio – novembre 2023), e la maggior parte erano bambini sotto i 5 anni.
La Corte Inter-Americana per i Diritti Umani ha pubblicato di recente una schiacciante risoluzioneche mostra quanto la situazione nel territorio Yanomami si sia deteriorata:
- I servizi sanitari nell’area funzionano a malapena. Nove avamposti sanitari, che avrebbero dovuto essere riaperti, sono ancora chiusi.
- C’è poca disponibilità di acqua potabile.
- Sono ancora attivi molti siti minerari illegali.
- “Persiste una situazione estremamente grave e urgente, che sta arrecando danni irreparabili alla vita e alla salute dei popoli indigeni.”
- “Nel Territorio Indigeno Yanomami permangono ancora gruppi di minatori armati che appartengono a bande criminali organizzate, che distribuiscono armi alla popolazione indigena e cercano di controllarla.”
Foto e video recenti provenienti dal territorio mostrano una malnutrizione drammatica tra bambini e adulti yanomami, ma anche cercatori d’oro illegali che agiscono nell’area nell’impunità.
Una pista di atterraggio illegale costruita dai cercatori d’oro appena all’interno del confine venezuelano, nel cuore del Territorio Yanomami. Sono visibili nove aerei leggeri. © Globo TV
In un episodio particolarmente scioccante ripreso in video, si vedono tre giovani bambini yanomami legati e tenuti prigionieri dai cercatori d’oro.
“Il governo non è riuscito a risolvere la situazione nemmeno con il decreto d’emergenza,” ha detto Dario Kopenawa Yanomami, vice-presidente dell’Associazione Yanomami Hutukara. “I minatori sono ancora nella terra yanomami. E oggi le attività minerarie sono più distruttive di quanto non lo fossero negli anni ’80 e ’90. Oggi a cercare l’oro nel territorio Yanomami ci sono bande criminali, il crimine organizzato, il PCC (Primo Commando Capitale) e il Commando Vermelho (Commando Rosso). È una situazione molto, molto grave e gli Yanomami sono estremamente vulnerabili. I bambini continuano a morire di malaria e polmonite, per parassiti e tubercolosi. Gli Yanomami e la loro terra continuano a soffrire una crisi umanitaria. E noi continueremo a lottare e a criticare i governi federale e statali.”
“Nonostante le promesse fatte dal Presidente Lula al momento del lancio dell’operazione per sfrattare i cercatori d’oro, un anno fa, la situazione attuale nel Territorio Yanomami è catastrofica” ha commentato Fiona Watson, Direttrice del Dipartimento Ricerca e Advocacy di Survival International.
“I minatori stanno ritornando nell’area, e i vecchi siti di estrazione vengono ripristinati” ha detto Watson.
“Le forze armate, che sono coinvolte nell’operazione per sfrattare i minatori, si muovono lentamente. Molti avamposti e servizi sanitari cruciali, che sarebbero essenziali, non funzionano.”
“La situazione per le migliaia di Yanomami che vivono oltreconfine, sul lato venezuelano, è tragica, e non riceve praticamente alcuna attenzione mediatica. I cercatori d’oro stanno operando in nuove aree del Venezuela con il supporto dei militari venezuelani. Al momento è in corso un’epidemia di malaria, e molti Yanomami sono morti.”
“Particolarmente preoccupante è la situazione degli Yanomami incontattati – sappiamo che i cercatori d’oro stanno ancora operando a pochi chilometri dalle loro comunità”.
“Se questa situazione dovesse continuare, moriranno centinaia di altri Yanomami e la loro terra diventerà inabitabile. È assolutamente cruciale che le nuove misure appena annunciate dal Presidente Lula vengano attuate immediatamente nell’ambito di un’operazione prolungata e completa per sfrattare i minatori in modo definitivo e per fornire l’assistenza sanitaria urgente necessaria. Inoltre, è essenziale che queste attività vengano poi mantenute nel tempo – altrimenti questa tragedia si ripeterà ancora e ancora, fino a quando gli Yanomami non saranno stati decimati. È ora che tutti coloro che guadagnano dall’estrazione illegale dell’oro rispondano dei loro crimini”.
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Ministero dell'Istruzione
🎿 Il #Mim in collaborazione con la Fondazione Milano Cortina 2026, il CONI e il Comitato Italiano Paralimpico, presenta “Winter Games Week”, la settimana didattica dedicata a sensibilizzare studentesse e studenti sulle tematiche Olimpiche e Paralimpi…Telegram
Il diritto alla conoscenza nel nome di Ezechia Paolo Reale
Venerdì 2 febbraio 2024, ore 16:00, presso l’Aula Magna dell’Università di Catania, Piazza dell’Università
Ore 16:00 – Saluti Istituzionali:
Prof. Francesco Priolo, Rettore dell’Università di Catania
Avv. Enrico Trantino, Sindaco di Catania
Prof. Felice Giuffré – Componente del Consiglio Superiore della Magistraturd
Dot. Filippo Pennis, Presidente della Corte d’Appello di Catania
Dott. Francesco Mannino, Presidente del Tribunale di Catania
Prof. Enrico lachello, Presidente Ass. Amici UniCT
Prof. Jean-François Thony, Presidente The Siracusa International Institute for criminal justice and human rights
Prof.ssa Ida Nicotra, Direttore Master Il Livello in Diritto delle Pubbliche Amministrazioni UniCT
Avv. Antonino Guido Distefano, Presidente Consiglio dell’Ordine degli Auvocati di Catania;
Avv. Francesco Antille, Presidente Camera Penale Catania “Serafino Famà”
Avv. Dina D’Angelo, Presidente Camera Penale Siracusa;
Prof.ssa Loredana Faraci, Segretario Generale della Fondazione Siracusa è Giustizia
Ore 16:45 – Introduzione:
Avv. Andrea Pruiti Ciarello, Presidente Fondazione Famiglia Piccolo di Calanovella e Consigliere Fondazione Luigi Einaudi
Ore 17:00 – Interventi:
Sen. Giulio Terzi di San Agata, Presidente della Commissione Politiche dell’Unione Europea
Dott. Matteo Angioli, Segretario Generale del Global Committee for the Rule of Law “Marco Pannella
Prof. Giuseppe Benedetto, Presidente Fondazione Luigi Einaudi ETS
L'articolo Il diritto alla conoscenza nel nome di Ezechia Paolo Reale proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Inaugurazione della sede della provincia di Siracusa
Venerdì 2 febbraio 2024, ore 12:00, Via P. Umberto 210 – AUGUSTA
La sede sarà intitolata all’Avvocato Ezechia Paolo Reale
Saranno presenti
Avv. Giuseppe Benedetto, President della Fondazione Luigi Einaudi
Sen. Giulio Terzi di Sant’Agata, President Commission Politiche dell’Unione Europea del Senato
L'articolo Inaugurazione della sede della provincia di Siracusa proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Senato della Repubblica. La lezione di etica giuridica sulla presunzione di innocenza
Partiamo dal protagonista di questa audizione in Senato. Avvocato penalista di lunga esperienza, giornalista pubblicista, iscritto all’Ordine dei Giornalisti dal 28 Maggio 1997 Giuseppe Benedetto è oggi Presidente della Fondazione Luigi Einaudi. Ma è anche Presidente emerito della Fondazione Famiglia Piccolo di Calanovella. Già docente di Diritto Costituzionale presso la facoltà̀ di Giurisprudenza dell’Università̀ LUM di Bari, appassionato di tematiche sociali, la sua attività̀ scientifica e politica si è sempre contraddistinta per intransigenti posizioni a favore della salvaguardia dei diritti civili, dello sviluppo di una cultura laica – ma non laicista – e della tutela delle libertà̀ fondamentali del cittadino contro ogni oppressione, “anche quella eventuale dello Stato”. Annovera tra i suoi maestri, con i quali si è intensamente rapportato, figure di politici illustri quali Giovanni Malagodi e il costituzionalista Aldo Bozzi. È stato Capo Gruppo del PLI al Consiglio Comunale di Pescara. È stato vice segretario nazionale della Gioventù Liberale Italiana. È stato membro della Direzione Nazionale e dell’Esecutivo del PLI, dove ha ricoperto l’incarico di Responsabile Nazionale degli Enti Locali. È autore dei saggi “L’eutanasia della democrazia. Il colpo di Mani Pulite”, con prefazione a cura del Prof. Sabino Cassese (Rubbettino editore, ottobre 2021) e “Non diamoci del tu”, con prefazione del Ministro della Giustizia Carlo Nordio (Rubbettino editore, ottobre 2022)
Un personaggio, dunque, e un protagonista vero della storia politica di questi anni in Italia.
Alle ore 13 di martedì scorso 16 gennaio, alla Commissione Politiche dell’Unione Europea del Senato, nel corso della sua audizione, l’intervento di Giuseppe Benedetto è nei fatti una vera e propria “lectio magistralis” sui temi centrali del diritto moderno.
Senza perifrasi, senza nessun tono retorico, con la serenità che contraddistingue da sempre la sua storia e il suo ruolo di uomo liberale, il Presidente Benedetto picchia duro su talune distorsioni della pratica giudiziaria di questi anni.
“Per quanto riguarda il primo e più corposo aspetto della presunzione d’innocenza, che tante polemiche ha suscitato in ltalia per la cosiddetta Legge Bavaglio, voglio dire che l’impostazione data da chi si oppone al provvedimento già votato dalla Camera e oggi alla vostra attenzione è esattamente in senso contrario alle indicazioni della Commissione Europea”.
Chi lo conosce bene sa che l’uomo non concede attenuanti neanche a sé stesso, e che il suo rigore morale va al sopra di ogni cosa: “Quando sento dire “ce lo chiede l’Europa” da parte di chi si oppone ai provvedimenti a tutela della presunzione d’innocenza ci dovrebbe dire cosa chiede l’Europa, con quale atto ce lo chiede e perché la legislazione italiana non si sarebbe ancora adeguata. La delega al Governo introdotta dall’altro ramo del Parlamento e qui in discussione tende proprio a tutelare in concreto la presunzione di innocenza. ln particolare, lì dove prevede il divieto di pubblicazione integrale o per estratto dell’ordinanza di custodia cautelare finché non siano concluse le indagini preliminari, e cioè fino a quanto il cittadino indagato non sa ancora di esserlo”.
Giuseppe Benedetto legge i suoi appunti, ma in realtà va a braccio, sono temi che come uomo di legge conosce meglio di chiunque altro, e sono principi -lui li chiama così- su cui nessuno di noi dovrebbe mai fare marcia indietro.
“Vi è subito da chiarire che tale pubblicazione dell’ordinanza di custodia cautelare- precisa il giurista- oggi è consentita solo grazie ad una modifica dell’Art. II4 c.p.p. intervenuta nel 2017. Prima di quella modifica non era consentita. Cercherò di chiarire perché è opportuno che da ora in avanti non sia più consentita. lntanto, un’osservazione di ordine generale. Mi sono chiesto perché mai con tanta virulenza alcuni PM di scagliano contro questa norma? Sono comprensibili, ma dirò perché non condivisibili, le critiche anche forti”.
A costo di risultare impopolare, ma il Presidente della Fondazione Einaudi è più determinato che mai.
Dice testualmente: “Ricordo il tempo in cui proprio i magistrati, giustamente, si appellavano al segreto istruttorio. Dovrebbe infatti essere interesse di chi conduce le indagini non diffondere le notizie almeno nelle fasi iniziali più delicate. Ma, guarda caso, sono proprio questi magistrati i più acerrimi critici della novella”.
Per il Presidente Giuseppe Benedetto “ln realtà oggi queste polemiche nascono da un’altra novità legislativa, quella che non consente più ai PM, se non in casi eccezionali, le tanto amate conferenze stampa sostituite dalle più sobrie comunicazioni del Procuratore Capo”.
E qui la nota dolens della giornata e della sua audizione in Commissione: “La paradossale conseguenza di questa limitazione – precisa il Presidente Fondazione Einaudi–è che il PM scarica in centinaia di pagine di ordinanza custodiale tutta una serie di elementi ad colorandum relativi alla presunta colpevolezza dell’indagato. Ricordiamoci, innocente per ancora lunghi anni (fino a sentenza passata in giudicato). E non sto qui a parlare del GlP, figura sempre più evanescente, che quasi sempre riporta pedissequamente quanto proposto dal PM. Appare superfluo aggiungere che, sino alla fase delle indagini, in campo c’è sostanzialmente solo una parte: l’accusa. E dunque, la voce della difesa più che flebile è inesistente”.
Sembrava dover essere la sua una audizione tranquilla, priva di polemiche, ma in realtà il giurista siciliano mette alle corde il sistema-giustizia-Paese come forse nessun altro prima di lui aveva saputo fare: “Allora mi chiedo: tale norma è a tutela o no degli oltre 100mila persone ingiustamente arrestate dal 1992 ad oggi e tutte sottoposte alla gogna mediatica che ben conosciamo? Insomma, chi esce dal processo innocente ha il diritto o no ad avere la sua reputazione integra? E lo Stato deve tutelare questo diritto?”.
Domande sacrosante, a cui il sistema giudiziario italiano non ha mai dato una risposta serena ed esauriente.
“Ricordo, peraltro, en passant – osserva ancora il Presidente Benedetto- che il divieto di pubblicazione non è assoluto, ma il giornalista può ben trarne un sunto per darne comunicazione e doverosamente informare su fatti di pubblico interesse. ln conclusione, la norma in discussione in questa commissione è un altro tassello della civiltà giuridica che consente di evitare quanto è successo troppe volte in questi anni. Cioè, che il processo penale duri un’ora, l’ora della conferenza stampa del Pubblico Ministero”.
Come si fa a non dargli ragione?
“Lì –conclude il Presidente della Fondazione Einaudi- viene distrutta una reputazione e il danno mai più sarà riparato. Se per molti magistrati gli indagati sono solo numeri, se per alcuni giornalisti sono solo notizie, per un liberale sono persone in carne e ossa, innocenti o meno”.
Se fossimo stati in teatro – osservano molti dei senatori presenti- avremmo pe forza di cose assistito ad una standing ovation a favore del Presidente Giuseppe Benedetto, ma in Senato il rigore e lo stile parlamentare non lo consentono. Ma mai come in questo caso le parole sono pietre.
Mai così pesanti contro una giustizia che spesso fa acqua da tutte le parti.
di Pipo Nano, primapaginanews.it
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Il PD e la bussola dell’atlantismo
Nikki and the Corvettes
Ad avviarmi verso quel magnifico caleidoscopio di suoni, emozioni, sensazioni che viene generalmente etichettato come power pop, è stato indubbiamente Greg Shaw. Con i suoi scritti su Bomp e con le sue pubblicazioni, mi ha letteralmente preso per mano conducendomi in un mondo fatato dal quale nessuno potrà mai allontanarmi.
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Nella “famiglia” degli F-35 c’è ancora posto per la Turchia?
L’apertura, seppur condizionata alla partita degli S-400, arriva dal vice segretario di Stato americano Victoria Jane Nuland che durante una recente visita nel Paese ha espresso la posizione dell’amministrazione Usa, in un momento in cui la stabilizzazione dell’alleato Nato si è manifestata in due azioni concrete, come il via libera parlamentare all’ingresso della Svezia nella Nato e l’accordo diplomatico di cooperazione siglato con la Grecia, dopo anni di tensioni. Nell’ultimo periodo parecchi aesi europei hanno acquistato caccia F-35 e a Cameri in Piemonte è operativo, come è noto, il centro di assemblaggio.
Qui Ankara
La mossa segna uno slancio positivo nei rapporti Washington-Ankara. Ma condicio sine qua non è la soluzione della questione relativa al sistema missilistico russo, che provocò l’espulsione di Ankara dal programma del caccia di quinta generazione. L’obiettivo di Washington è garantire che la Turchia mantenga una solida difesa aerea che non contrasti con gli strumenti a disposizione degli alleati atlantici. “Stavamo negoziando la vendita del Patriot, e mentre quei negoziati erano in corso, la Turchia è andata in un’altra direzione”, ha aggiunto Nuland.
Da un punto di vista tecnico il governo Erdogan aveva manifestato l’intenzione di chiedere il rimborso del pagamento già effettuato per gli F-35 e da quel momento ha avanzato una seconda richiesta parallela agli Usa: ottenere caccia F-16 e kit di modernizzazione per aggiornare la propria flotta esistente. Dopo anni di tensioni, una settimana fa l’amministrazione Biden ha sbloccato la vendita di 40 nuovi F-16, oltre a quasi 80 kit, per un totale di 23 miliardi di dollari dopo che la Turchia ha ratificato l’adesione alla Nato della Svezia.
I paesi interessati
La scelta compiuta da alcuni paesi di ottenere il caccia di quinta generazione è riconducibile allo status degli F-35, ovvero spina dorsale di una risposta militare corale in seno alla Nato. Al momento sono quattro le aeronautiche militari del Vecchio continente che lo posseggono: Italia, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito mentre altri sette Paesi sono in procinto di ricevere diverse quantità di caccia, ovvero Belgio, Finlandia, Germania, Polonia, Svizzera, Grecia e Danimarca. La Spagna è uno dei candidati futuri. Entro il 2035 saranno seicento gli F-35 dislocati in Europa.
Recentemente anche Praga ha raggiunto un accordo con Washington per l’acquisto di quattro F-35, diventando il diciottesimo Paese del programma globale (la consegna del primo velivolo è prevista per il 2031). Atene è ormai quasi certa di averne una squadriglia: entro il 2028 arriveranno in Grecia i primi due caccia, dopo che il governo Mitsotakis ha già acquistato 18 Rafale dalla Francia e ha avviato i lavori per il raddoppio della base som di Souda bay a Creta, che diventerà così la nuova piattaforma galleggiante in chiave Nato nel Mediterraneo orientale.
Scenari
Non si tratta, come qualche voce contraria ha osservato nei giorni scorsi, di una mera corsa al riarmo, piuttosto la mossa atlantica nel Mediterraneo presenta una sua ratio strategica e di visione: in un momento caratterizzato dai fronti bellici triplicati (all’Ucraina si sono sommati Gaza e il Mar Rosso), e con un fortissimo tasso di potenziale destabilizzazione in quadranti di per sé già ultra sensibili come il Medio Oriente e il golfo di Aden, non può essere relegata in secondo piano una stagione di programmazione alla voce difesa e sicurezza. Questa la ragione che ha portato nell’ultimo periodo ad una serie di valutazioni da parte di leaders europei sui rischi di guerra: ovvero crescenti avvertimenti sul fatto che l’Europa potrebbe trovarsi coinvolta in un conflitto con la Russia.
CLIMA-AMBIENTE. IL 2023 è stato un anno eccezionalmente caldo, in futuro andrà peggio
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di Stan Cox* – Counterpunch
(foto needpix.com/photo/1758427/)
A dicembre, il New York Times ha riferito che “la Terra sta finendo il suo anno più caldo degli ultimi 174 anni e molto probabilmente degli ultimi 125.000”. (Anche se non è lo stile del Times , quest’ultima cifra avrebbe dovuto essere seguita da un paio di punti esclamativi!) Inoltre, secondo il capo scienziato della National Oceanic and Atmospheric Administration, “Non solo il 2023 è stato l’anno più caldo dall’inizio delle registrazioni, è stato di gran lunga il più caldo”. Infatti, ciascuno dei sei decenni trascorsi dal 1960 ha visto una temperatura media globale più elevata rispetto ai 10 anni che lo hanno preceduto. Inoltre, ogni aumento da un decennio all’altro è stato maggiore del precedente. In altre parole, la Terra non si sta solo riscaldando costantemente; si sta riscaldando a un ritmo sempre più veloce.
E non è necessario aspettare un futuro lontano per vedere l’impatto di un riscaldamento così accelerato. Basta guardare i dati globali attuali. Confrontando il periodo 2023-2022, l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA) ha registrato un aumento mondiale del 60% nel numero di morti per frane, del 278% per incendi e del 340% per tempeste. Peggio ancora, i nostri simili che soffrono di più per l’impatto del cambiamento climatico indotto dall’uomo non sono quelli che lo causano. Più della metà dei decessi segnalati dall’OCHA si sono verificati in paesi a reddito medio-basso e il 45% delle persone uccise viveva in paesi che producono meno di un decimo dell’1% delle emissioni mondiali di gas serra.
Porre fine al riscaldamento globale dovrebbe essere un imperativo morale schiacciante per ogni nazione su questo pianeta. Ma le storie sul cambiamento climatico, per quanto estreme, non fanno quasi mai notizia, né la gestione del fenomeno sembra essere in cima alla lista delle priorità nazionali di qualsiasi leader. Che dite del vertice globale sul clima COP28 del mese scorso a Dubai? Ha prodotto un accordo che impegnava le nazioni del mondo a fare…beh, essenzialmente nulla.
Con il ciclo delle notizie bloccato in un ingorgo di crisi improvvise e irresistibili e guerre senza fine, le potenze mondiali sembrano quasi volontariamente cieche alla possibilità che l’ambiente globale (e con esso, la civiltà stessa) stia andando fuori controllo – e non in un futuro lontano, ma proprio adesso.
Emergenze lunghe
Con il recente accordo COP28, le nazioni ricche hanno almeno finalmente riconosciuto che i combustibili fossili sono effettivamente un problema. Tuttavia, continuano a rifiutare un’eliminazione pianificata e sistematica del petrolio, del gas naturale e del carbone secondo un calendario ambizioso e accelerato (come previsto nelle proposte per un Trattato globale di non proliferazione dei combustibili fossili ).
I governi, a quanto pare, hanno sempre a portata di mano qualche altra terribile emergenza che giustifica la messa da parte del cambiamento climatico. Forse il momento più vicino a cui i paesi ricchi siano mai arrivati ad affrontare seriamente il tema delle emissioni di gas serra, che potrebbe essere considerata un’emergenza di lunga durata, è stato con i vari Green New Deal statunitensi , europei e globali del 2018-2019. Ma quelle proposte inadeguate sono state presto eclissate dalla pandemia di Covid-19 e da un’ascesa ancora crescente di estremisti di estrema destra che considerano il riscaldamento globale un argomento completamente fuori scala. Poi, nel 2022-2023, proprio mentre l’interesse per il clima tornava ad aumentare grazie a nuovi spaventosi rapporti provenienti dalla comunità mondiale delle scienze climatiche, l’invasione russa dell’Ucraina ha spinto il riscaldamento globale fuori dal nostro campo visivo, mentre uno straordinario picco legato alla guerra dei prezzi dei combustibili fossili ha annientato ogni interesse immediato a ridurre le emissioni di carbonio.
Poi, lo scorso autunno, è iniziato il genocidio a Gaza. A novembre, Tom Engelhardt di TomDispatch ha scritto che “mentre l’incubo in Medio Oriente viene coperto quotidianamente in modo drammatico dai media mainstream, l’incendio del pianeta è, nella migliore delle ipotesi, un aspetto decisamente secondario, o terziario, o… beh, puoi inserire i numeri possibili da lì… la realtà. Certamente non stava suggerendo, e nemmeno io, che i palestinesi ricevano troppa attenzione. Al contrario, ne hanno bisogno ancora di più, ma la crisi climatica semplicemente non può essere persa nel caos.
Una deviazione in India
Tali disattenzioni, ovviamente, non sono certo limitate agli Stati Uniti. Una miopia simile si può osservare proprio adesso in India, dove io e la mia famiglia stiamo trascorrendo gennaio con dei parenti a Mumbai. Anche in questo caso, i politici stanno facendo un putiferio su questioni immediate e sfacciate – alcune reali, altre inventate – ignorando la minaccia di un collasso climatico che si sviluppa più lentamente ma molto più consequenziale.
Negli ultimi anni, l’India ha subito una serie di siccità catastrofiche, inondazioni, ondate di caldo e altri disastri, insieme a una piaga cronica ma legata al clima dell’inquinamento atmosferico urbano. In questa stagione secca di Mumbai, viviamo nel mezzo di una fitta “nebbia” biancastra, inalando una miscela tossica di polvere, scarichi di veicoli a motore, emissioni di fabbriche e nuvole di particolato fine create dalla costruzione e dalla demolizione. di edifici. In alto, il cielo diurno senza nuvole è di un bianco opaco e senza profondità. Le macchie blu appaiono raramente e di notte non è visibile una stella.
È impossibile ignorare una qualità dell’aria così palesemente negativa, ma il pubblico indiano è anche allarmato dalle emissioni inodore e invisibili di anidride carbonica che sono alla base del ritmo crescente del caos climatico nel subcontinente. C’è, infatti, un enorme elettorato in attesa di un’azione per il clima. Un sondaggio del 2022 ha indicato che l’81% degli elettori era preoccupato per il cambiamento climatico indotto dall’uomo. Un buon 50% era “molto preoccupato” e una percentuale simile ha affermato di essere stata danneggiata personalmente dal riscaldamento dovuto all’effetto serra.
Come negli Stati Uniti, anche qui il 2024 è un anno elettorale. Quindi, visti i numeri dei sondaggi di cui sopra, si potrebbe pensare che promuovere la mitigazione e l’adattamento climatico sarebbe un ottimo modo per raccogliere voti. Ma gli sforzi sul clima da parte del primo ministro Narendra Modi e del partito nazionalista indù BJP al potere continuano ad essere, nella migliore delle ipotesi, sporadici e discontinui . Invece, stanno perseguendo quello che vedono come un modo molto più affidabile per rilanciare la loro base elettorale prima delle elezioni: annunciare l’inaugurazione di un nuovo tempio indù .
Come diavolo funzionerebbe , chiedi? Ebbene, non stiamo parlando di un tempio qualsiasi. Questo, attualmente in costruzione, si trova su un sito un tempo occupato da una famosa moschea, l’ex Babri Masjid nella città settentrionale di Ayodhya. Quel sacro luogo di culto musulmano, vecchio di cinque secoli, fu demolito nel 1992 da fanatici sostenuti dal BJP. Il fervore religioso per la demolizione ha scatenato la violenza in tutto il paese, provocando la morte di oltre 2.000 persone.
Per tre decenni, la distruzione della moschea e la sua prevista sostituzione con un tempio dedicato al dio Ram hanno rappresentato una corrente tossica che correva appena sotto la superficie della politica indiana, sfociando occasionalmente in conflitti. Quindi, per rafforzare la loro base suprematista indù e assicurarsi la vittoria nelle elezioni di questa primavera, i leader del BJP si sono affrettati a organizzare una cerimonia di consacrazione del tempio il 22 gennaio , mesi prima ancora che la costruzione fosse completata.
L’esplosione di nazionalismo religioso di destra innescata da quell’evento ha avuto l’effetto collaterale di garantire che il riscaldamento globale rimarrà fuori dai titoli dei giornali politici per mesi, se non di più.
Non è tutto nella tua mente
Una preoccupazione istituzionale per le questioni acute della “carne rossa” (a scapito di affrontare emergenze a lungo termine come il cambiamento climatico) riflette predilezioni fin troppo umane che ben si adattano agli studi condotti dagli psicologi su come il nostro cervello reagisce alle crisi.
Il professore di Harvard Daniel Gilbert, ad esempio, è noto per la sua ipotesi riguardante il tipo di minacce a cui noi umani rispondiamo più fortemente, quelle che ha definito le “ quattro I ”: “intenzionali, immorali, imminenti e istantanee”. Questi aggettivi, ha scoperto, catturano il tipo di emergenze che stimolano le nostre risposte più rapide e intense. In un’intervista del 2019 con NPR, Gilbert ha spiegato come, in particolare quando si tratta di clima, un simile sistema di risposta possa tradursi in un fallimento dell’azione politica. Per la maggior parte delle persone, la potenziale devastazione della catastrofe climatica sembra ancora troppo lontana nel futuro. E sebbene i rischi climatici, come uragani e inondazioni sempre più devastanti, siano quasi istantanei , il riscaldamento dell’atmosfera che è alla base della loro crescente virulenza è, fino a tempi recenti, progredito molto lentamente. Gli esseri umani hanno una grande capacità di adattarsi psicologicamente al cambiamento graduale, ma con il riscaldamento globale, quel potere non ci è di grande aiuto. Dopotutto, se quest’anno sembra più o meno come l’anno scorso, c’è davvero qualcosa a cui rispondere?
Altre due caratteristiche del cambiamento climatico, legate a due I di Gilbert, lo separano da molte altre emergenze, sia brevi che lunghe. Per prima cosa, i governi tendono a rispondere in modo più deciso ai nemici umani che agiscono in modo fin troppo intenzionale , ma il cambiamento climatico, come ha detto a NPR, “non sembra affatto che sia una persona, quindi ci limitiamo a borbottare”. Né sembra immorale . “Come creatura sociale”, osserva, “siamo profondamente interessati alla moralità, alle regole in base alle quali le persone si trattano a vicenda”. Anche se il surriscaldamento del pianeta è effettivamente causato dall’attività umana, sottolinea, il cambiamento climatico “è meteorologico. Non si presenta come un affronto al nostro senso della decenza” – almeno finché le persone intorno a te non vengono uccise da un’ondata di caldo .
Inoltre, in un’economia capitalista, il breve termine è più o meno l’intero gioco. Le aziende sono impegnate a massimizzare il valore delle azioni per i loro azionisti, trimestre dopo trimestre, così come i politici sono impegnati a massimizzare se stessi per gli elettori. Qualsiasi politico che osi dichiarare che tagliare le emissioni di gas serra è una questione più urgente che tagliare il prezzo della benzina sentirà un gigantesco suono di risucchio mentre gli elettori e i donatori della campagna svaniscono nel nulla.
La psicologa clinica Margaret Klein Salamon è direttrice esecutiva del Fondo per l’emergenza climatica e autrice di Facing the Climate Emergency . In quel libro, sostiene che per frenare il caos climatico sarà necessario che gli americani passino collettivamente alla “modalità di emergenza”. Questo stato, osserva , è “marcatamente diverso dal funzionamento “normale” [e] caratterizzato da un’estrema concentrazione di attenzione e risorse sul lavoro produttivo per risolvere l’emergenza”. In “modalità normale”, come sottolinea Salamon, senza alcuna minaccia urgente in vista, il tempo di risposta non è fondamentale. In modalità di emergenza, quando esiste una grave minaccia alla vita, alla salute, alla proprietà o all’ambiente, è essenziale una risposta rapida ed efficace e affrontare la minaccia deve avere la priorità su tutte le altre questioni.
Quando si tratta di azioni rapide e di vasta portata, la modalità emergenza, aggiunge, non dovrebbe essere riservata solo a problemi a breve termine. Infatti, secondo Salamon, ciò che realmente richiede l’azione per il clima è passare a quella che lei chiama “modalità di emergenza lunga”, in cui concentrarsi su un singolo problema non è più tollerabile. Il cambiamento climatico è ora intrappolato in un traffico con troppe altre emergenze immediate, nessuna delle quali può essere accantonata per anni o decenni, ma nessuna delle quali minaccia l’esistenza stessa della vita come l’abbiamo conosciuta su questo pianeta.
Detto questo, Salamon sollecita che la modalità di emergenza climatica si irradi nella nostra società il più rapidamente possibile, cosa che non accadrà se i politici, le aziende e persino alcune figure del movimento climatico continueranno a sminuire il messaggio. Ciò non accadrà se il pubblico continuerà ad avere l’impressione che le future scoperte tecnologiche e la magia dei mercati garantiranno l’inevitabilità della riduzione e quindi dell’eliminazione delle emissioni di carbonio con pochi sconvolgimenti nella vita quotidiana.
Non c’è tempo per le chiacchiere felici
Per stimolare la rimozione dal basso della resistenza aziendale e politica a un’autentica azione climatica è necessario articolare una visione di un mondo migliore che ci aspetta oltre l’era dei combustibili fossili, ma è necessario fare di più. Deve diventare molto più chiaro che la nostra crescente emergenza globale è profondamente legata a un atteggiamento costante di business-as-usual e che è effettivamente necessaria un’enorme quantità di lavoro e sacrificio. Al contrario, discorsi allegri come l’attuale caratterizzazione errata dell’accordo COP28 come una “ svolta” climatica “ senza precedenti ” spingeranno le persone a cancellare la catastrofe ecologica dalla lista delle preoccupazioni urgenti.
Essere compiacenti nei confronti del clima non significa solo essere incredibilmente ignari, ma sostenere la futura sofferenza umana su una scala quasi inconcepibile. Alla COP28, il presidente della Colombia, Gustavo Petro, ha parlato in termini duri degli imperativi morali di fermare l’orrore a Gaza adesso e di prevenire futuri orrori quasi inimmaginabili innescati dal collasso ecologico. Così facendo, ha offerto una visione di un futuro devastato dal cambiamento climatico che dovrebbe stupirci tutti:
Questi eventi sono scollegati, è la mia domanda, o stiamo vedendo qui uno specchio di ciò che accadrà in futuro? I genocidi e gli atti barbarici scatenati contro il popolo palestinese sono ciò che attende coloro che fuggono dal sud a causa della crisi climatica… La maggior parte delle vittime del cambiamento climatico, [che] saranno contate a miliardi, saranno in quei paesi che non lo fanno. emettono CO 2 o ne emettono pochissimo. Senza il trasferimento di ricchezza dal nord al sud, le vittime del clima avranno sempre meno acqua potabile nelle loro case e dovranno migrare verso nord… L’esodo sarà di miliardi… Ci sarà una reazione contro l’esodo, con la violenza, con atti barbarici commessi. Questo è ciò che sta accadendo a Gaza. Questa è una prova generale per il futuro.
Il presidente Petro stava descrivendo solo alcune delle probabili interazioni e feedback catastrofici che, tra le altre crisi, il cambiamento climatico porterà su questo pianeta in quella che sarà conosciuta come la “ policrisi globale ”. Se i governi continuano a concentrarsi sulla “risoluzione” solo delle emergenze più immediate e apparentemente più risolvibili (spesso peggiorando le cose nel processo), siamo nei guai più profondi. È passato il tempo in cui le società devono affrontare solo le crisi individuali nel ciclo di notizie 24 ore su 24. È tempo di passare alla modalità policrisi. Tutti noi dovremo quindi affrontare la vasta rete di connessioni tra le emergenze di questo pianeta, immediate e a lungo termine, in particolare il futuro devastante surriscaldamento del nostro mondo, come un grande problema che deve essere risolto – altrimenti.
Distribuito da TomDispatch.
*Stan Cox è l’autore di The Green New Deal and Beyond : Ending the Climate Emergency While We Still Can (City Lights, maggio 2020) e uno degli editori di Green Social Thought .
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Netanyahu vuole chiudere l’Unrwa. OMS: sarà una catastrofe
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della redazione
(foto Fars)
Pagine Esteri, 1 febbraio 2024 – Israele, lo ha ripetuto ieri il premier Benyamin Netanyahu, è fermamente intenzionato a far chiudere l’Unrwa, usando come motivo il coinvolgimento di 12 dipendenti dell’agenzia dell’Onu per i profughi palestinesi nell’attacco di Hamas del 7 ottobre. Diversi paesi, con gli Usa in testa, hanno già sospeso i finanziamenti all’Unrwa. Allo stesso tempo si fanno insistenti gli appelli a non colpire un’organizzazione tanto importante in una fase di estrema difficoltà per oltre due milioni di palestinesi a Gaza travolti dalla crisi umanitaria causata dall’offensiva militare israeliana.
Il capo dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ieri ha avvertito che la sospensione dei finanziamenti all’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi comporterebbe “conseguenze catastrofiche”. “Nessun altro ha la capacità di fornire la portata e l’ampiezza dell’assistenza di cui 2,2 milioni di persone a Gaza hanno urgentemente bisogno”, ha detto Tedros Adhanom Ghebreyesus. “Chiediamo che gli annunci dei tagli vengano riconsiderati”, ha aggiunto.
Il bombardamento e l’offensiva terrestre lanciati da Israele dopo il 7 ottobre hanno sfollato la maggior parte della popolazione di Gaza, distrutto case e infrastrutture civili e causato una grave carenza di cibo, acqua e medicine. La maggior parte degli ospedali di Gaza hanno smesso di funzionare a causa dei bombardamenti e della carenza di carburante e rifornimenti. Il Nasser a Khan Younis è funzionante solo in minima parte e si trova circondato dall’esercito israeliano.
Tedros ha affermato che l’OMS deve affrontare “sfide estreme” per consegnare aiuti a Gaza. Lunedì, tuttavia, è riuscito a portare rifornimenti all’ospedale Nasser. “L’Oms incontra grandi difficoltà per raggiungere gli ospedali nel sud di Gaza”, ha detto. “Ci sono pesanti combattimenti vicino agli ospedali di Khan Younis che ostacolano l’accesso alle strutture sanitarie per i pazienti, gli operatori sanitari e le forniture”.
Gli operatori sul campo dell’Oms, ha aggiunto Tedros, registrano una crescente carenza di cibo tra i pazienti e gli operatori sanitari nell’enclave. “Il rischio di carestia è elevato e aumenta ogni giorno, con accesso umanitario limitato”, ha affermato. “Ogni persona con cui le nostre squadre parlano chiede cibo e acqua”.
Le autorità sanitarie di Gaza riferiscono che 26.900 palestinesi sono stati uccisi – di cui 150 tra martedì e mercoledì – dalle forze armate israeliane che affermano di aver “eliminato” almeno 25 combattenti palestinesi a Gaza nelle ultime 24 ore. Negli scontri sono rimasti uccisi altri tre soldati israeliani. Sono 224 in totale dall’inizio dell’offensiva di terra cominciata a fine ottobre.
Il campo profughi di Nuseirat, nel centro di Gaza, è finito sotto il fuoco e i carri armati hanno bombardato le aree di Khan Younis intorno all’ospedale Nasser. Mentre il sistema sanitario si deteriora, i medici palestinesi affermano di aver formato punti medici sul campo per aiutare a raggiungere la prima linea, poiché curare i feriti a Khan Younis è diventato sempre più difficile tra combattimenti in strada e attacchi dell’artiglieria e dell’aviazione di Israele.
Intanto continuano a diffondersi indiscrezioni di stampa sulla possibilità che Israele e Hamas arrivino presto ad un accordo di tregua. Netanyahu però ha ribadito ieri sera che le differenze tra le due parti restano ampie. Pagine Esteri
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In Cina e in Asia – Il nuovo ministro della Difesa cinese riafferma la cooperazione militare con la Russia
I titoli di oggi: Il nuovo ministro della Difesa cinese riafferma la cooperazione militare con la Russia La Cina attua nuove misure per sostenere il settore immobiliare Medio Oriente, Russia e Taiwan: i temi discussi da Wang e Sullivan La Cina apprezza il sostegno delle Nazioni Unite al principio dell’unica Cina Cina, giustiziati un padre e la sua fidanzata per ...
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La Nube di Oort: cos’è, origini, come è fatta e da cosa è formata l Passione Astronomia
"Grazie alla sua posizione periferica, la Nube di Oort conserva molti dei materiali che hanno contribuito alla formazione del nostro Sistema Solare. Gli scienziati credono che l’analisi delle comete provenienti da lì possa offrire preziose informazioni sull’antica composizione del nostro Sistema Solare e sulle condizioni che c’erano al momento della sua formazione."
LA SITUAZIONE DEL CONSUMO DI DROGHE ILLECITE IN UNIONE EUROPEA. UNA ANALISI APPROFONDITA (1 di 4), PARTENDO DAGLI OPPIOIDI: EROINA E FENTANIL
L’ European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction (#EMCDDA, Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze) è la principale autorità in materia di droghe illecite nell’Unione Europea (#UE). Abbiamo già trattato del report di EMCDDA sulla cannabis (leggi qui => noblogo.org/cooperazione-inter… , me pare opportuno proseguire nella revisione dello stato dell’uso negli Stati dell’Unione di altre sostanze stupefacenti.
Il Rapporto europeo sulla droga 2023: tendenze e sviluppi, presenta l'ultima analisi dell'EMCDDA sulla situazione della droga in Europa.
Suddiviso in più capitoli, iniziamo quindi una veloce analisi di quanto riportato, partendo dalla situazione relativa all’eroina ed agli altri oppioidi.
L’eroina rimane l’oppioide illecito più comunemente utilizzato in Europa ed è responsabile di una parte significativa del carico sanitario attribuito al consumo illecito di droghe. Tuttavia, il problema degli oppioidi si è evoluto nel corso dell’ultimo decennio, con dati che mostrano un invecchiamento del gruppo di consumatori di eroina e un aumento dell’età media dei pazienti che si sottopongono a trattamenti specialistici per il consumo di eroina. Ciò solleva importanti sfide politiche e a livello di servizio, poiché i servizi devono rispondere agli utenti con esigenze più complesse di salute mentale e fisica, occupazione e assistenza sociale.
Sebbene l’eroina continui a essere coinvolta nella maggior parte dei decessi correlati agli oppioidi, altri oppioidi hanno acquisito maggiore importanza. È stato osservato anche un allontanamento dal consumo di eroina per via parenterale tra i consumatori di eroina trattati per la prima volta e quelli trattati in precedenza, forse riflettendo messaggi sull'uso più sicuro e sforzi di riduzione del danno. Solo il 19% dei nuovi pazienti che entrano in terapia per problemi legati all’eroina ora segnalano l’iniezione come principale via di somministrazione, che è particolarmente associata a esiti negativi sulla salute.
Nonostante i dati sul lato della domanda non mostrino un aumento osservabile nella prevalenza dell’eroina, gli indicatori di disponibilità sul lato dell’offerta sono tornati o addirittura hanno superato i livelli pre-pandemia. La quantità sequestrata dagli Stati membri dell’UE è più che raddoppiata nell’ultimo anno preso in esame, il 2021, mentre i sequestri in Turchia sono aumentati a livelli record. Tuttavia, vi sono poche prove che suggeriscano che ciò abbia ridotto significativamente la disponibilità, poiché sono osservabili solo cambiamenti marginali nelle tendenze indicizzate sui prezzi al dettaglio o sulla purezza.
Gli oppioidi sintetici possono rappresentare una minaccia crescente per il futuro, poiché attualmente svolgono un ruolo relativamente piccolo nel mercato dei farmaci in Europa, ma rappresentano un problema significativo in alcuni paesi. La maggior parte delle preoccupazioni si è concentrata sulla disponibilità e sull’uso dei derivati del fentanil, ma i recenti sviluppi includono la comparsa di oppioidi benzimidazolici (nitazene) altamente potenti e il rilevamento di miscele di oppioidi contenenti nuove benzodiazepine e tranquillanti.
Per saperne di più: European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction (2023), European Drug Report 2023: Trends and Developments, emcdda.europa.eu/publications/…
L’Unione Europea sposta ingenti fondi dal clima alla guerra
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di Redazione
Pagine Esteri, 31 gennaio 2024 – Il cambiamento climatico sta rapidamente mutando la geografia europea minacciando di rendere presto inabitabili o quantomeno ostili intere aree del continente e provocando ogni anno miliardi di euro di danni e centinaia di vittime.
Eppure l’Unione europea avrebbe deciso di modificare le sue priorità di spesa, puntando meno sulle questioni ambientali e investendo di più sulla guerra.
Lo scrive il quotidiano economico britannico “Financial Times” che cita fonti diplomatiche secondo cui, tale cambiamento di paradigma sarebbe dovuto alle reazioni negative dei cittadini europei alla gestione della lotta al cambiamento climatico e, ovviamente, ai riflessi del conflitto in Ucraina.
«In un contesto restrittivo per i bilanci nazionali, gli Stati membri del blocco comunitario hanno tagliato, da 10 a 1,5 miliardi di euro, il fondo generale destinato a stimolare l’innovazione e hanno assicurato che potrà essere utilizzato solo per progetti legati alla difesae non per le tecnologie verdi o altre questioni legate al clima», riferisce il giornale di Londra.
La Banca europea per gli investimenti (Bei), che nel 2019 si autodefiniva addirittura “banca per il clima”, negli ultimi mesi ha dovuto affrontare crescenti pressioni per aumentare l’entità dei prestiti concessi al settore della cosiddetta difesa. All’inizio di quest’anno la banca ha annunciato il lancio di un “fondo di capitale di difesa” da 175 milioni di euro destinata a fornire capitale di rischio alle Pmi e alle startup che presentano progetti innovativi nelle tecnologie di difesa e sicurezza.
Lo spostamento delle priorità dell’Ue verso la difesa è un fatto confermato anche dalla creazione nel 2022 del “Fondo europeo di sovranità”, che avrebbe dovuto aumentare la spesa nel comparto ecologico e dello sviluppo di tecnologie avanzate. Secondo il giornale, durante l’ultimo vertice Ue di dicembre, i leader continentali hanno chiarito che avrebbero accettato solo 1,5 miliardi di euro in più per la difesa dopo che la Commissione europea aveva spinto per una “piattaforma tecnologica strategica” (Step) da 10 miliardi di euro che avrebbe anche incluso investimenti in tecnologie a basse emissioni di CO2.
Secondo il giornale britannico, la piattaforma Step è destinata esclusivamente a finanziare i programmi esistenti e non a creare un nuovo meccanismo di finanziamento basato sul debito condiviso.
Bruxelles stima che tagliare le emissioni di gas serra del 90% entro il 2040 richiederebbe investimenti annuali di 1,5 trilioni di euro ma secondo le fonti diplomatiche del Financial Times, «gli investimenti per rendere più verde l’economia probabilmente diminuiranno drasticamente dopo il 2026, quando il fondo di recupero si esaurirà», tenendo conto anche del fatto che alcuni dei Paesi membri, fra cui la Germania, hanno chiarito che l’adozione di questo strumento è stato “un evento unico”.
I paesi dell’UE stanno anche discutendo il finanziamento di ulteriori aiuti militari a Kiev per un importo di 5 miliardi di euro all’anno attraverso un fondo separato, lo European Peace Facility, con una decisione prevista entro marzo. Bruxelles sta discutendo su come l’EPF, che ha già rimborsato i capitali dell’UE per quasi 6 miliardi di euro di armi inviate in Ucraina, possa essere ricalibrato per finanziare anche la produzione di armi. Pagine Esteri
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Nuove armi per Kyiv. In arrivo i missili targati Boeing
L’azienda americana Boeing si accinge a inviare in Ucraina il primo carico di missili a lungo raggio (sviluppati assieme alla svedese Saab) noti come Ground Launched Small Diameter Bombs (Glsdb), che potrebbero vedere un impiego operativo già dai primi giorni di gennaio in base alle tempistiche rese pubbliche. Il testing operativo di queste armi si è svolto il 16 gennaio presso il poligono della Eglin Air Force Base in Florida, con il lancio (coronato dal successo) di sei proiettili sopra il Golfo del Messico.
L’esito positivo di questa sperimentazione ha dato il via libera all’esportazione in Ucraina su base pressoché immediata. I lanciatori, assieme a decine di testate, sarebbero infatti già state trasferite in Ucraina tramite un trasporto aereo; tuttavia, i tempi di consegna e il loro dispiegamento finale sono rimasti segreti per preservare l’elemento sorpresa (come già fatto in precedenza in altre occasioni).
Il contratto sarebbe già stato firmato ed approvato nel febbraio dell’anno scorso, motivo per cui l’invio die misilli non sarebbe stato sottoposto ad un vaglio congressuale che avrebbe potuto tramutarsi in una palude burocratica capace di bloccare l’invio, esattamente come nel caso del pacchetto di aiuti ancora bloccato al Senato.
Con la loro portata di circa centocinquanta chilometri, i sistemi Glsdb permetterebbero alle forze armate Kyiv di colpire bersagli posti a una distanza quasi doppia rispetto a quelli raggiungibili dai sistemi Himars, attualmente il sistema a più lungo raggio di cui dispongono le forze ucraine, fatta eccezione per gli Atacms, le cui poche scorte inviate a Kyiv sono state quasi esaurite e adesso sono disponibili in quantità molto limitate.
Per l’amministrazione statunitense Biden, la decisione di inviare il Glsdb all’Ucraina rappresenta infatti un modo per sopperire all’esaurimento delle scorte di munizioni Atacms. Pur non avendo la stessa potenza degli Atcams, i Glsdb sono molto più economici; inoltre, le loro dimensioni ridotte permettono una maggiore facilità nel dispiegamento e nell’impiego. “È ormai tempo di trovare mezzi creativi per fornire le capacità necessarie a colpire in profondità e spesso dietro le linee russe” è il commento di Tom Karako, esperto di armi e sicurezza presso il Center for Strategic and International Studies. Tramite l’uso dei Glsdb, Kyiv mirerà alla disruption della logistica e della conduzione delle operazioni da parte delle forze di Mosca, nell’obiettivo di creare situazioni favorevoli da sfruttare a livello tattico.
MEDIO ORIENTE. Gli Usa parlavano di “disimpegno” ma la regione è piena di basi americane
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della redazione
(foto US Army, wikimedia commons)
Pagine Esteri, 31 gennaio 2024 – L’uccisione di tre soldati Usa da parte di un drone che domenica ha colpito un avamposto militare in Giordania, noto come Tower 22, ha portato i riflettori sulle basi che gli Stati Uniti hanno in Medio Oriente. Spesso si è parlato in questi ultimi anni di “disimpegno” di Washington dalla regione. La realtà sul terreno dice cose ben diverse. Gli Stati Uniti da decenni hanno basi consolidate nel Grande Medio Oriente – una vasta area geopolitica che va dal Nordafrica all’Asia centrale – e continueranno ad averle, anche se il numero dei soldati varierà da un periodo all’altro. Al suo apice, c’erano più di 100.000 soldati statunitensi in Afghanistan nel 2011 e oltre 160.000 in Iraq nel 2007. Anche se il numero è molto più basso dopo il ritiro dall’Afghanistan nel 2021, ci sono ancora circa 30.000 soldati statunitensi sparsi nella regione. Inoltre, da quando è iniziata l’offensiva di Israele a Gaza , gli Stati Uniti hanno inviato migliaia di truppe aggiuntive nella regione e navi da guerra.
La più grande base americana in Medio Oriente si trova in Qatar, conosciuta come base aerea di Al Udeid e costruita nel 1996. Altri paesi arabi in cui gli Stati Uniti sono presenti includono Bahrein, Kuwait, Arabia Saudita ed Emirati.
Circa 900 soldati Usa sono in Siria, in piccole basi come al Omar Oil Field e al-Shaddadi, soprattutto nel nord-est del Paese. C’è un piccolo avamposto vicino al confine tra Iraq e Giordania, noto come la guarnigione di Al Tanf. Nello specifico, la Torre 22 si trova vicino alla guarnigione di Al Tanf ritenuta dagli Usa fondamentale nella lotta contro lo Stato islamico. In realtà è parte della strategia statunitense per contenere il rafforzamento militare iraniano nella Siria orientale.
Altri 2.500 militari statunitensi sono in Iraq, ad Union III e nella base aerea di Ain al-Asad.
Ad eccezione della Siria, le truppe Usa sono nella regione con il permesso del governo di ciascun paese. In Iraq e la Siria, i soldati americani sono o sarebbero lì per combattere i militanti dello Stato Islamico e per aiutare le forze armate locali. In Siria però non cooperano con il governo centrale – il presidente Bashar Assad è considerato un nemico da Washington – e appoggiano le milizie curde loro alleate.
Da alcuni anni, i militari Usa in Medio Oriente vengono attaccati da formazioni appoggiate dall’Iran.
La Giordania, un alleato chiave degli Stati Uniti nella regione, accoglie centinaia di istruttori militari statunitensi che tengono esercitazioni durante tutto l’anno. In altri casi, come in Qatar e negli Emirati, le truppe statunitensi sono presenti anche per rassicurare gli alleati arabi e per svolgere attività di addestramento.
Le basi Usa sono altamente sorvegliate e dotate di sistemi di difesa aerea per proteggersi da missili o droni. Nonostante ciò, sono soggette a frequenti raid. Dal 7 ottobre, le truppe statunitensi sono state attaccate più di 160 volte dalle milizie appoggiate dall’Iran, subendo il ferimento di circa 80 soldati. Pagine Esteri
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“Esistono prove sufficienti per indagare il genocidio” ma la Corte di Giustizia non ordina il cessate in fuoco
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Pagine Esteri, 26 gennaio 2024. La Corte internazionale di giustizia ha emesso la sua sentenza iniziale riguardo alla causa presentata contro Israele dal Sudafrica, dichiarando che “esistono prove sufficienti per valutare l’accusa di genocidio”. La sentenza obbliga legalmente Israele a prendere tutte le misure necessarie per prevenire atti di genocidio e a consegnare eventuali prove delle stesse azioni genocidiarie. La sentenza è stata votata da 15 giudici su 17.
Questa prima decisione ha un’importante eco internazionale e potrebbe rappresentare un primo passo verso la condanna di Israele per genocidio. La giudice Joan E. Donoghue ha infatti affermato che la Corte ha giurisdizione per pronunciarsi sulle misure di emergenza del caso e che le operazioni militari di Israele hanno provocato un numero enorme di morti, feriti, una massiva distruzione e lo sfollamento della popolazione. L’ordine è che Israele prevenga l’uccisione o il ferimento dei palestinesi di Gaza, e le condizioni calcolate per distruggere in tutto o in parte la popolazione della Striscia.
Joan E. Donoghue, giudice della Corte Internazionale di Giustizia
Le dichiarazioni dei rappresentanti politici israeliani sono state riportate, dalla giudice che ha presieduto la seduta, come esempi di linguaggio disumanizzante e come prova dell’intenzione di commettere una punizione collettiva.
Il Ministro degli Esteri del Sudafrica, Naledi Pandorthe, ha commentato la decisione, dichiarando che la Corte ha emesso un ordine importante per salvare delle vite a Gaza ma che avrebbe voluto che la sentenza avesse contenuto il “cessate il fuoco”.
Il Ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir è stato il primo membro del governo israeliano a commentare l’ordine, definendo “antisemita” la Corte internazionale di Giustizia: “La decisione della corte antisemita dell’Aia dimostra ciò che era già noto: questa corte non cerca giustizia, ma piuttosto la persecuzione degli ebrei“. Ha continuato dichiarando che “Le decisioni che mettono in pericolo la continua esistenza dello Stato di Israele non devono essere ascoltate. Dobbiamo continuare a sconfiggere il nemico fino alla vittoria completa”. Ben Gvir ha anche accusato il Tribunale internazionale dell’Aia di essere rimasto “in silenzio durante l’Olocausto”. In realtà, la corte è stata fondata il 26 giugno 1945.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha dichiarato che “l’affermazione stessa che Israele stia commettendo un genocidio contro i palestinesi non è solo falsa, è oltraggiosa e la volontà della corte di discuterne è una vergogna che non verrà cancellata per generazioni”.
Anche Hamas ha commentato la sentenza in un comunicato: “è un importante sviluppo che contribuisce a isolare Israele e a smascherare i suoi crimini a Gaza”.
Israele ha provato con tutte le sue forze ad evitare la pronuncia, movimentando i propri diplomatici, facendo pressioni sui governi e rilasciando dichiarazioni infuocate contro i rappresentanti del Sudafrica. Appena ieri, prima che la Corte si riunisse, il governo Netanyahu ha detto, per bocca del suo portavoce Eylon Levi “ci aspettiamo che la Corte respinga le false accuse”. Molti altri Stati hanno però sostenuto la denuncia del Sudafrica, soprattutto quelli arabi.
Ora Israele sa di essere seriamente sotto inchiesta per il crimine di genocidio. I rappresentanti governativi sono stati avvisati, in qualche modo, che le dichiarazioni pubbliche potranno essere utilizzate contro loro stessi, come prova di incitamento al genocidio. Questo vale anche per i vertici militari, ai quali potrebbe essere ordinato di cambiare registro linguistico. Ma è improbabile che ciò avvenga con alcuni rappresentanti del governo, come il ministro israeliano Amichai Eliyanu, che un giorno prima della sentenza dell’Aia ha confermato il suo invito a sganciare una bomba nucleare su Gaza.
Il Sudafrica ha denunciato il 29 dicembre Israele alla Corte Internazionale di Giustizia. L’accusa, mossa all’interno di un documento di 84 pagine, è di compiere deliberatamente un genocidio, tentando ripetutamente di distruggere i palestinesi in quanto gruppo. Tali intenzioni, secondo i rappresentanti sudafricani, sono state più volte chiaramente espresse dal primo ministro Benjamin Netanyahu e dal ministro della difesa Yoav Galant.
Oltre ai bombardamenti e alle uccisioni mirate, la documentazione fa riferimento alla scelta deliberata, da parte del governo israeliano, di infliggere condizioni di vita intese a distruggere una parte sostanziale del gruppo nazionale, razziale ed etnico palestinese.
La Corte internazionale di giustizia è l’organo giurisdizionale principale delle Nazioni Unite. Il suo scopo è quello di definire in base al diritto internazionale controversie giuridiche presentate dagli Stati e di dare pareri su questioni sottoposte da organismi delle Nazioni Unite e da agenzie indipendenti.
Al momento della denuncia Israele ha commentato, attraverso il portavoce del Ministero degli affari esteri Lior Haiat, che la richiesta del Sudafrica “costituisce un uso spregevole della Corte” e che il governo sudafricano starebbe “cooperando con un’organizzazione terroristica che chiede la distruzione dello Stato di Israele”, aggiungendo poi che Hamas è “responsabile della sofferenza dei palestinesi nella Striscia di Gaza, perché li usa come scudi umani e ruba loro aiuti umanitari”.
Lior Haiat ha dichiarato inoltre che “Israele è impegnato nel diritto internazionale e agisce in conformità con esso e dirige i suoi sforzi militari solo contro l’organizzazione terroristica di Hamas e le altre organizzazioni terroristiche che cooperano con Hamas. Israele ha chiarito che i residenti della Striscia di Gaza non sono il nemico e sta facendo ogni sforzo per limitare i danni ai non coinvolti e per consentire agli aiuti umanitari di entrare nella Striscia di Gaza”.
Nel documento presentato alla Corte Internazionale di Giustizia, si legge, tra le altre cose:
“I fatti invocati dal Sudafrica nel presente ricorso e che dovranno essere ulteriormente sviluppati nel presente procedimento dimostrano che, in un contesto di apartheid, espulsione, pulizia etnica, annessione, occupazione, discriminazione e continua negazione del diritto del popolo palestinese alla autodeterminazione – Israele, in particolare dal 7 ottobre 2023, non è riuscito a prevenire il genocidio e non è riuscito a perseguire l’incitamento diretto e pubblico al genocidio. Ancora più grave, Israele si è impegnato, si sta impegnando e rischia di impegnarsi ulteriormente in atti di genocidio contro il popolo palestinese a Gaza. Tali atti includono l’uccisione, il causare gravi danni mentali e fisici e l’infliggere deliberatamente condizioni di vita intese a provocare la distruzione fisica come gruppo.
Le ripetute dichiarazioni dei rappresentanti dello Stato israeliano, anche ai massimi livelli, del presidente, del primo ministro e del ministro della Difesa israeliani esprimono intenzioni genocide. Tale intenzione deve essere correttamente dedotta anche dalla natura e dalla condotta dell’operazione militare israeliana a Gaza, tenuto conto, tra l’altro, dell’incapacità di Israele di fornire o garantire cibo, acqua, medicine, carburante, riparo e altra assistenza umanitaria essenziale per l’assediato popolo palestinese, spinto sull’orlo della carestia.
Ciò emerge chiaramente anche dalla natura e dalla portata degli attacchi militari israeliani contro Gaza, che hanno comportato il bombardamento prolungato per più di 11 settimane di uno dei luoghi più densamente popolati del mondo, costringendo all’evacuazione di 1,9 milioni di persone, l’85% della popolazione di Gaza dalle loro case e spingendoli in aree sempre più piccole, senza un riparo adeguato, in cui continuano ad essere attaccati, uccisi e feriti.
Israele al momento ha ucciso oltre 21.110 palestinesi, tra cui oltre 7.729 bambini – con oltre 7.780 altri dispersi, presumibilmente morti sotto le macerie – e ha ferito oltre 55.243 altri palestinesi, causando loro gravi danni fisici e mentali. Israele ha inoltre devastato vaste aree di Gaza, compresi interi quartieri, e ha danneggiato o distrutto oltre 355.000 case palestinesi, insieme a estesi tratti di terreni agricoli, panifici, scuole, università, aziende, luoghi di culto, cimiteri, centri culturali e di siti archeologici, edifici municipali e tribunali e infrastrutture critiche, comprese strutture idriche e igienico-sanitarie e reti elettriche, perseguendo al contempo un attacco implacabile al sistema medico e sanitario palestinese.
Israele ha ridotto e continua a ridurre Gaza in macerie, uccidendo, ferendo e distruggendo la sua popolazione e creando condizioni di vita calcolate per provocare la loro distruzione fisica come gruppo”.
All’inizio di novembre il Sudafrica aveva ritirato i propri diplomatici in Israele e l’Assemblea Nazionale sudafricana ha votato la sospensione di tutte le relazioni diplomatiche con Tel Aviv.
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📌 Entro il #10febbraio sarà possibile effettuare le #IscrizioniOnline attraverso la piattaforma #Unica.
Qui tutte le indicazioni su come presentarla correttamente ▶ unica.istruzione.gov.
Ministero dell'Istruzione
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Il fondo sovrano tedesco ha deciso di finanziare il progetto Activitypub Test Suite
ActivityPub Test Suite è un importante progetto che istituisce una solida suite di test per il protocollo ActivityPub , una componente fondamentale del panorama dei social network decentralizzati noto come Fediverso.
Tra gli obiettivi previsti:
- Sviluppare e implementare un sistema completo di test di conformità del server per il protocollo ActivityPub.
- Creare una guida all'implementazione accessibile e un tutorial per il test automatizzato delle implementazioni conformi di ActivityPub.
- Garantire che la suite di test funga da punto di riferimento fondamentale, favorendo la fiducia degli sviluppatori nella creazione di applicazioni interoperabili.
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Anche Praga sceglie l’F-35. Una buona notizia per l’Italia
Il progetto più importante nella storia delle Forze Armate ceche. Così il governo di Praga ha definito la firma del memorandum d’intesa tra la Repubblica Ceca e gli Stati Uniti per l’acquisto di ventiquattro caccia F-35 di quinta generazione. “Questo accordo governo-governo porta il nostro Paese e le sue Forze armate in un’era completamente nuova”, ha dichiarato durante la cerimonia della firma il ministro della Difesa Jana Cernochova, aggiungendo che “di fatto, gli aerei di quinta generazione sono la spina dorsale dei caccia della Nato. Inoltre, il loro acquisto aumenterà significativamente la prontezza di combattimento delle Forze armate ceche”. Con la firma, la Repubblica Ceca diventerà il diciottesimo Paese del programma globale F-35. Ci vorrà però ancora un po’ di tempo prima che un aereo esca dagli hangar cechi, poiché la consegna del primo velivolo non è prevista prima del 2031 e la piena capacità operativa non sarà raggiunta prima del 2035. Fino ad allora, l’esercito ceco continuerà a volare con i caccia Gripen di produzione svedese.
L’accordo
Il Dipartimento di Stato americano ha approvato la potenziale vendita di ventiquattro aerei e di una serie di attrezzature associate, valutate circa cinque miliardi e mezzo di dollari. Il memorandum d’intesa e la lettera di accettazione ufficiale sono stati firmati a Praga dopo settimane di discussioni sul protocollo. “Siamo lieti che il governo della Repubblica Ceca sia ora ufficialmente parte del programma F-35 Lightning II”, ha dichiarato in un comunicato di Lockheed Martin il generale dell’aeronautica statunitense Mike Schmidt, program executive officer dell’F-35 Joint program office. “Questa partnership con il ministero della Difesa ceco fornirà e sosterrà l’F-35 per decenni, garantendo all’aeronautica militare ceca un’interoperabilità senza pari e assicurandole la capacità di contrastare le minacce attuali e future”.
Caccia Usa nell’Egeo
La notizia segue l’altro sblocco da parte degli Stati Uniti della vendita degli F-16 ad Ankara e degli F-35 ad Atene. Una approvazione che ha seguito l’approvazione turca all’adesione della Svezia alla Nato. Come annunciato da Atene, entro il 2028 i primi due caccia di quinta generazione verranno consegnati alla Grecia. I caccia seguono i 18 Rafale acquistati dalla Francia e soprattutto il raddoppio della base som di Souda bay a Creta che diventerà il nuovo avamposto Usa tra Mediterraneo e Medio Oriente.
Un caccia europeo
Con l’arrivo in Repubblica Ceca degli F-35, tra l’altro, cresce il numero di Paesi europei dotati del caccia della Lockheed Martin. La Repubblica Ceca, infatti, è l’undicesimo Paese a utilizzare l’F-35 dal proprio territorio. Attualmente oltre a Copenaghen, altre quattro aeronautiche militari del Vecchio continente già annoverano il Lightning II tra gli assetti a disposizione (Italia, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito), altri sette Paesi sono in procinto di ricevere diverse quantità di caccia, tra ordini e intenzioni di acquisto (Belgio, Finlandia, Germania, Polonia, Svizzera, Grecia e Danimarca) a cui potrebbe in futuro aggiungersi anche la Spagna. Un trend che porterà nel 2035 ad avere oltre seicento F-35 dislocati sul continente europeo nelle basi dei paesi membri della Nato e in Svizzera, con più della metà delle forze aeree europee dotate di F-35.
Il modello F-35
La scelta dei governi del Vecchio continente di affidarsi al caccia di quinta generazione discende sicuramente dalla necessità di dotarsi di equipaggiamenti militari all’avanguardia nel mutato contesto geostrategico globale, a partire dalla minaccia rappresentata dalla Russia a seguito dell’invasione dell’Ucraina. Ma al di là delle prestazioni dell’aereo, è proprio la sua diffusione tra le aeronautiche europee a renderlo un asset vantaggioso per le Difese nazionali. Sempre di più, infatti, la deterrenza e la dissuasione si baseranno anche sulla velocità e rapidità di schieramento dei mezzi e sulla facilità di manutenzione e gestione. Condividere lo stesso modello di aereo, infatti, significa che piloti e personale di terra sono in grado di operare immediatamente anche su macchine di Paesi diversi. Schierare una squadriglia di F-35 in un Paese che li ha già riduce la necessità di spostare anche specialisti e pezzi di ricambio, perché presenti sul territorio ospitante. Si creerà così una rete di nazioni in grado di esprimere un potere aereo coeso e rapidamente proiettabile, fatto di tecniche, procedure e tattiche in comune.
Il ruolo italiano
Con l’aumentare delle acquisizioni di F-35 in Europa, l’Italia si trova in una posizione privilegiata per inserirsi nella linea di produzione dei caccia destinati alle nazioni del Vecchio continente. A Cameri, infatti, si trova una delle sole due linee di produzione dell’F-35 fuori dagli Stati Uniti (l’altra è in Giappone), e l’unica in Europa. L’Italia ha partecipato al programma F-35 fin dall’inizio e l’Aeronautica militare e la Marina militare utilizzano attualmente gli aerei in versione convenzionale (versione A) e a decollo corto e atterraggio verticale (versione B). Inoltre, Cameri produce anche gli F-35A per le forze aeree olandesi.
In Cina e Asia – Usa e Cina finalizzano patto di collaborazione sul fentanyl
I titoli di oggi: Usa e Cina finalizzano patto di collaborazione sul fentanyl Papua Nuova Guinea, al vaglio patto di sicurezza con la Cina Myanmar, giunta manda inviato ASEAN Usa e Cina finalizzano patto di collaborazione sul fentanyl È ufficiale: Washington e Pechino hanno lanciato un gruppo di lavoro per il controllo dei traffici di fentanyl, l’oppioide che in questi ...
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La guerra di Gaza potrebbe radicalizzare il Golfo
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di Mira al Hussein *- Carnegieendowment.org
(nella foto Dubai, di Andrej Bobrovsky- wikimedia.commons)
Negli ultimi dieci anni, i regimi del Golfo Arabo hanno lavorato per emarginare la causa palestinese e aprire la strada alla normalizzazione con Israele. Anche i libri di testo scolastici sono stati ripuliti da qualsiasi riferimento religioso o politico al conflitto in corso, interpretato come una mera disputa territoriale tra palestinesi e israeliani. Ma se non altro, la guerra in corso contro Gaza ha rivelato la perdurante rilevanza della causa palestinese per la popolazione del Golfo.
La normalizzazione è arrivata alla fine di un decennio difficile. Le rivolte arabe, anche per i cittadini del Golfo più apolitici, sono state dirompenti e i governi della regione hanno risposte ad esse con una nuova ondata di repressione. Questo periodo ha visto la contrazione dello spazio pubblico e l’offuscamento delle linee convenzionali del dissenso, creando un ambiente di paura e sfiducia. L’idea che un cittadino del Golfo potesse essere punito retroattivamente in base a leggi sulla criminalità informatica arbitrarie e formulate in modo vago ha ulteriormente esacerbato le ansie, portando il dibattito pubblico nella clandestinità.
La necessità per i regimi del Golfo di controllare l’opinione popolare è diventata una questione di sicurezza nazionale che, a sua volta, ha gonfiato le casse delle aziende informatiche israeliane. I governi hanno utilizzato lo spyware israeliano (Pegasus, ndt) per sorvegliare i cittadini e criminalizzare il loro attivismo, persino la richiesta del diritto di guidare della donna. Anche i regimi del Golfo si sono ispirati al sistema israeliano e hanno ampliato l’uso della detenzione amministrativa, utilizzando il pretesto del terrorismo per incarcerare i prigionieri di coscienza a tempo indeterminato (senza processo, ndt). Queste misure hanno portato la repressione israeliana in casa, facendo sembrare la lotta palestinese meno astratta e distante ai cittadini del Golfo, e alimentando nuove rivendicazioni interne.
Nonostante le strategie di repressione condivise, gli Stati del Golfo hanno descritto il loro riavvicinamento a Israele come un modo per promuovere la pace regionale e la tolleranza religiosa. Nel marzo 2023, quando gli Emirati Arabi Uniti inaugurarono la “Casa della Famiglia Abramitica” come strumento interreligioso per la convivenza, i coloni israeliani si scatenavano contro i palestinesi nella Cisgiordania occupata. La violenza dei coloni contro i palestinesi si è intensificata proprio dopo la firma degli Accordi di Abramo (2020). Queste nette contraddizioni – mentre i regimi del Golfo rimangono in silenzio di fronte alla continua violenza israeliana – non sono sfuggite all’attenzione dei cittadini del Golfo e hanno ucciso il debole appetito per la pace.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu evoca violente storie bibliche per legittimare la sua guerra contro Gaza, ma non suscita alcuna condanna da parte dei leader mondiali. In questo contesto, i cittadini arabi del Golfo potrebbero essere costretti a chiedersi perché dovrebbero seguire l’esempio dei propri governi e secolarizzare il proprio linguaggio.
Ciò a cui i regimi del Golfo dovrebbero prestare attenzione, quindi, è l’appello di massa della resistenza palestinese che viene espresso attraverso un lessico religioso familiare. Il suo pubblico del Golfo comprende una generazione di videogiocatori, che sono stati anche i primi a sottoporsi alla coscrizione militare obbligatoria. Il giovane cittadino del Golfo, esaltato dal discorso statale sulla mascolinità e l’abilità militare, è ipnotizzato dai video di combattenti di Hamas che sferrano duri colpi alle forze israeliane. Il fatto che Hamas sia riuscito a negoziare uno scambio di ostaggi, nonostante l’alto numero di vittime a Gaza, avrà un impatto sui cittadini del Golfo.
Poiché la guerra a Gaza è destinata a continuare nei prossimi mesi, il mantenimento della normalizzazione o l’espansione di nuovi legami con Israele, di fronte alla sua profonda impopolarità interna, rischia di diventare un punto di svolta. Dato il potenziale di una rinascita della militanza di ispirazione religiosa in tutta la regione, spetta ai regimi del Golfo andare oltre la repressione e il paradigma della sicurezza come mezzo per garantire la propria sopravvivenza. Nelle parole dell’accademico kuwaitiano Talal Alkhader, questo è un momento opportuno per una riconciliazione tra Stato e società nel Golfo.
*Mira Al Hussein è una sociologa e commentatrice del Golfo. È ricercatrice presso l’Alwaleed bin Talal Centre, Università di Edimburgo.
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L'articolo La guerra di Gaza potrebbe radicalizzare il Golfo proviene da Pagine Esteri.
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Da Fleximan al ritorno delle Città-Stato
Il 2024 è iniziato solo da 31 giorni, eppure sembra già passato un anno. Mentre alcuni a Est continuano ad ammazzarsi tra un meme e l’altro, altri a Ovest circondano i loro confini di filo spinato.
Anche qui, in Italia, siamo alle prese con problemi peculiari, come il fenomeno Fleximan, che sta mettendo in crisi le casse dei Sindaci del nord Italia.
I giornalisti ci dicono che saranno dispiegate centinaia di pattuglie e che saranno usate tutte le risorse a disposizione della macchina statale: videosorveglianza, analisi dei dati del targa system e task-force di investigatori.
Purtroppo per loro, non basteranno tutte le pattuglie e risorse del mondo. Ormai dovrebbero aver capito che Fleximan non esiste. O meglio: esistono diverse persone che agiscono spinte dall’idea che i giornalisti chiamano Fleximan.
L’autovelox è l'oggetto prescelto su cui sfogare, in modo violento e istintivo, una frustrazione che scaturisce da una necessità esistenziale che inizia a farsi spazio tra le persone, e non solo in Italia.
Le stesse frustrazioni sono condivise dai Blade Runner londinesi; il braccio armato (di flessibile) e anonimo di un vero e proprio movimento che si chiama Action Against ULEZ (Ultra Low Emission Zones)1. Il canovaccio è lo stesso di Fleximan, anche se l’oggetto-simbolo è leggermente diverso: in Italia l’autovelox; a Londra la telecamera ZTL.
Soggiogate da centinaia di telecamere, oggi più di 60.000 persone sono costrette a pagare £12.50 al giorno per il privilegio transitare nella loro stessa città. Sembra però che il movimento Anti-ULEZ conti ormai un seguito di più di 35.000 persone, cioè quasi la metà di tutti coloro che ogni giorno subiscono le angherie di questa nuova forma di tecnocrazia.
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Da Fleximan al Texas
E poi c’è la rivolta del Texas contro il governo federale e le politiche di open-border del governo di Biden.
Per farla breve: il governatore del Texas, e presumo anche ampia parte della cittadinanza, sono stanchi dell’immigrazione incontrollata voluta da Biden. Così, hanno deciso di prendere in mano la situazione, dispiegando filo spinato lungo tutto il confine col Messico. A distanza di qualche migliaio di chilometri, la Corte Suprema ha invece autorizzato il governo federale a smantellare queste barriere. Il Texas, per ora, non intende cedere.
La situazione è molto tesa, e pare che in questi giorni l’esercito abbia inviato nello Stato diverse unità armate per “esercitazioni programmate”. Anche i civili si mobilitano verso il confine del Texas, con più di 5.000 tir e camion di vario tipo per supportare la rivolta, ormai supportata politicamente da decine di stati repubblicani.
Sul fronte democratico, Fox News ci dice invece che George Soros ha immesso nelle casse dei Democratici texani più di 3 milioni di dollari per cercare di fargli guadagnare terreno.
Che siano le prime avvisaglie di una seconda guerra civile americana?
Il bisogno esistenziale
Come per Fleximan e per i Blade Runner, anche il caso del Texas ha alla base la stessa esigenza esistenziale, che è ben descritta da Marco Aurelio:
La natura non ti ha fuso col composto di cui fai parte così intimamente da non permettere di segnare i tuoi confini e di dominare ciò che ti appartiene.
Marco Aurelio, Pensieri, Libro VII, 67.
Anche se ancora acerbo, sempre più persone saranno mosse dal pensiero di segnare i loro confini e dominare ciò gli appartiene: le loro strade, le loro città, e le loro vite.
Fleximan, i Blade Runner e perfino i Texani vogliono la stessa cosa, anche se ancora non lo sanno. Tutti loro vogliono riappropriarsi dei territori e al tempo stesso negare l’autorità di politici e governi nazionali e sovranazionali che rispondono a tiranniche logiche globaliste sempre più distanti dalle vite delle persone.
Questi fenomeni locali si possono ricondurre alle logiche megapolitiche ben espresse da Davidson e Rees-Mogg in The Sovereign Individual. Si tratta solo di trovare il giusto perno; poi faranno inevitabilmente il loro corso. Mi riferisco in particolare alla sempre più evidente inadeguatezza e obsolescenza delle democrazie di massa che hanno creato Leviatani sovranazionali come l’Unione Europea o il governo federale degli Stati Uniti.
La democrazia massiva ha fatto il suo corso. Fu un buon sistema per far digerire alle popolazioni europee e americane i meccanismi parassitari tipici del comunismo, e per consentire agli Stati di ammassare risorse economiche per portare avanti la macchina burocratica-militare (dall’idea Bismarckiana di Stato come strumento di welfare-warfare), ma non durerà ancora molto.
L’idea stessa di essere subordinati a centri di potere, distanti migliaia di chilometri dalla nostra vita e affetti, ma capaci di determinarne il corso, arriverà presto al suo capolinea. Non sarà facile e non sarà indolore — milioni di persone saranno pronte a sguainare le spade pur di difendere i loro privilegi parassitari, ma ci si arriverà.
I Sindaci-vassalli saranno così posti davanti a una scelta: rispettare il volere delle persone che vivono nei loro territori, oppure rimanere fedeli al Sovrano-centrale, continuando con le politiche di saccheggio per suo conto.
Lo stesso saranno presto chiamati a fare i Governatori-vassalli dei 50 Stati controllati da Washington: fare il bene dei propri cittadini, oppure rimanere fedeli al Presidente di un impero alla fine dei suoi tempi.
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L’Era dell’Informazione
D’altronde, è inevitabile che saremmo arrivati a questo punto.
Oggi abbiamo accesso a informazioni digitali, servizi digitali e ricchezza digitale che ci permettono di commerciare, stringere relazioni e vivere esperienze con persone dall’altra parte del mondo. Al tempo stesso però siamo esseri sedentari, che amano la propria stabilità e che spesso vivono e muoiono dove sono nati.
Da un lato abbiamo quindi necessità globali (digitali), mentre dall’altro si fanno sempre più pressanti necessità locali (fisiche). Le democrazie di massa oggi non possono purtroppo tener conto delle seconde.
I governi centrali sono sempre più lontani dai bisogni nazionali, e sempre più affini a logiche globaliste e direttive sovranazionali con cui non esitano a mettere in ginocchio la popolazione a fronte di obiettivi astratti e senza senso, come la “lotta al cambiamento climatico”.
Non si può vivere di solo virtuale. Una volta usciti di casa, la realtà è schiacciante e straziante: telecamere di sorveglianza, autovelox, immigrazione destabilizzante, criminalità dilagante, tasse e inflazione sempre più alte e città intere che perdono giorno dopo giorno la loro identità sotto ai colpi di assurde politiche per placare gli Dei dell’Olimpo sovrastatale che chiamiamo Unione Europea.
Da Fleximan al ritorno delle Città Stato
Nessuno prevede il futuro e Marco Aurelio direbbe che il futuro non esiste. Vi dico però che c’è un possibile futuro ben allineato con ciò che oggi sta accadendo in Italia, in UK e in Texas.
L’avanzamento della tecnologia ci renderà sempre più capaci di fare a meno di servizi centralizzati. Il mercato e la capacità di elaborazione computazionale, cioè il lavoro del 21esimo secolo, sono ormai digitali e distribuiti grazie a e-commerce, comunicazioni elettroniche e Cloud Computing. Presto, anche la produzione sarà digitale e distribuita, grazie al Cloud Manufactoring e alla stampa 3D, che finalmente farà tornare in auge l’antico meme ante-litteram: “you wouldn’t download a car”.
L’intelligenza artificiale renderà l’homeschooling sempre più appetibile ed efficiente; le famiglie finalmente avranno la possibilità di tornare a educare i loro figli secondo i propri princìpi, e non secondo quelli di un professore marxista pagato dallo Stato per fare propaganda.
Allo stesso modo, la libera informazione consentirà sempre più facilmente di frequentare corsi specializzanti che ben presto supereranno di gran lunga l’utilità delle già obsolete lauree (già oggi in alcuni settori tecnici, come quello della cybersecurity, è così).
Anche i patrimoni saranno sempre più digitali e distribuiti. Cryptovalute come Bitcoin rendono possibile già oggi, per la prima volta nella storia, la conservazione del patrimonio al di fuori dei confini e dalle grinfie di qualsiasi stato nazione. Questo, da solo, cambierà totalmente le logiche fondanti delle democrazie di massa. Se i patrimoni sono al di fuori dei confini fisici, lo Stato (qualsiasi Stato) avrà sempre più difficoltà a finanziare i suoi apparati di welfare-warfare.
Cosa resta, allora? Restano i luoghi e le persone, e il bisogno di vivere pacificamente.
La socialità sarà trasformata, e presto capiremo che Aristotele aveva ragione: una comunità organizzata può funzionare solo se i suoi membri condividono tra loro gli stessi valori e caratteristiche omogenee. E come ben possiamo osservare, non può esistere alcuna comunità omogenea a livello nazionale, federale o globale. La vita, i bisogni e le idee degli altoatesini sono lontane anni luce dalla vita, i bisogni e le idee dei palermitani. Figurarsi da quelle di popoli che neanche condividono le radici europee e che i nostri Stati continuano a importare proprio per sopperire alle esigenze di sostentamento del sistema di welfare-warfare.
I tempi sono maturi per concretizzare l’idea che muove gli animi dei texani e dei Fleximen: è impossibile vivere una vita fisica pacifica, senza prima smantellare istituzioni parassitarie centralizzate, sovranazionali e globali.
Fra qualche decade qualcuno inizierà a parlare di comunità locali sovrane, organizzate secondo regole e norme informative che derivano dal substrato etnico, culturale e religioso delle persone che le vivono. Come disse già in tempi meno sospetti Hans Hermann Hoppe: l’auspicio è una nuova Europa composta da mille Liechtenstein sovrani.
Queste comunità non saranno finanziate tramite tassazione predatoria, ma con fondi digitali messi a disposizione volontariamente dai suoi componenti e gestiti attraverso smart-contract e firme elettroniche. E così come sono messi a disposizione, altrettanto facilmente potranno essere rimossi nel momento in cui le persone vorranno esprimere il loro dissenso.
Il voto sarà una barbarie del passato. Magari, riscopriremo il Kleroterion, lo strumento usato nell’antica città-stato di Atene per scegliere casualmente coloro che avrebbero dovuto rappresentare gli interessi cittadini.
E allora forse Fleximan è l’idea di cui abbiamo bisogno per far sì che in uno dei nostri possibili futuri le persone possano segnare i loro confini e dominare ciò che gli appartiene.
Le ULEZ sono ZTL diffuse ormai in tutta la città. Lo scopo sarebbe quello di limitare l’inquinamento, secondo le stesse logiche dell’Area B di Milano: chi entra con mezzi inquinanti, paga. Inutile dire che questa politica di stampo globalista non ha nulla a che fare con l’inquinamento.
ACCORDI BILATERALI: FIRMATO PROTOCOLLO DI INTESA TRA ITALIA E THAILANDIA
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(lo stemma della Polizia tailandese)
In videoconferenza, il capo della Polizia Vittorio Pisani a Roma e il suo omologo thailandese, capo della Royal Thai Police (RTP), il generale Torsak Sukvimol, a Bangkok, hanno sottoscritto un memorandum di intesa finalizzato alla cooperazione operativa tra i due Paesi, con lo scopo di prevenire e contrastare reati di criminalità organizzata, pedopornografia, sfruttamento dei minori, tratta di esseri umani, immigrazione illegale, traffico di droga, cyber crime, con particolare riguardo alle frodi e al furto di identità, reati contro la persona e il patrimonio, anche storico e culturale nonché al contrasto al riciclaggio di denaro della criminalità economica.
Con questa prospettiva si vanno ad incrementare le possibilità per le rispettive Forze di polizia di individuare e sequestrare beni e capitali di provenienza illecita, strumenti di estrema importanza per l’affermazione della legalità per entrambi i Paesi, sulla base delle ottime esperienze già maturate, anche in occasione dell’arresto, estradizione nonché sequestro e congelamento dei beni in Thailandia di Vito Roberto Palazzolo, esponente di primo piano di Cosa nostra e già tesoriere e riciclatore di Riina e Provenzano.
(Immagine dell’evento)
L’evento è il frutto dello sforzo diplomatico che ha visto coinvolti il Dipartimento della pubblica sicurezza del ministero dell’Interno, Il ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale e le corrispondenti autorità thailandesi.
Immagine del Commissario Generale
Diretta da un Commissario Generale, la Royal Thai Police (RTP) è sotto il comando diretto del Primo Ministro. Con una forza di circa 230.000 funzionari, le funzioni principali di RTP sono:
- Fornire sicurezza ai membri della famiglia reale;
- Dirigere e supervisionare l'operato di tutti gli agenti di polizia per garantire un servizio di qualità e il rispetto delle leggi;
- Prevenire e reprimere la criminalità;
- Mantenere l'ordine pubblico e la sicurezza nazionale;
- Svolgere attività di contrasto assegnate dal Primo Ministro a sostegno dello sviluppo nazionale.
Con sede a Bangkok, la RTP è divisa in sei grandi gruppi.
EU top court finds indiscriminate storing of convicts’ data illegal
The European Court of Justice (ECJ) has ruled that law enforcement agencies cannot indiscriminately store biometric and genetic data on those who committed criminal offences until their death, it said in a judgement published on Tuesday (30 January).
Ministero dell'Istruzione
🐾 “A #scuola per imparare il rispetto per gli animali”: oggi al #MIM il convegno dell’OIPA, con il Sottosegretario Frassinetti, dedicato all’importanza dell’insegnamento del rispetto e della tutela per gli animali nelle scuole italiane.Telegram
The Garden State Joins the Comprehensive Privacy Grove
On January 16, 2024, Governor Murphy signed S332 into law, making New Jersey the thirteenth U.S. State to adopt a comprehensive privacy law to govern the collection, use, and transfer of personal data. S332 endured a long and circuitous route to enactment, having been introduced in January 2022 and amended six times before being passed by both chambers during the waning hours of New Jersey’s legislative session. The law will take effect on January 15, 2025. S332 bears a strong resemblance to other laws following the Washington Privacy Act (WPA) framework, particularly those passed in Delaware, Oregon, and Colorado. Nevertheless, S332 diverges from existing privacy frameworks in several significant ways. In this blog we highlight eight unique, ambiguous, or otherwise notable provisions that set S332 apart in the U.S. privacy landscape.
1. Private Right of Action Confusion
One ongoing controversy regarding S332 is whether the law could provide the basis for a private right of action. S332 specifies that the New Jersey Attorney General has “sole and exclusive authority” to enforce a violation of S332 and that nothing in the law shall be construed as providing the basis for a private right of action for violations of S332. A late amendment removed language stating that S332 should not be construed as providing the basis for a private right of action “under any other law.” Industry members raised concerns that the removal of this language opens up the possibility of private lawsuits by tying alleged violations of the law to causes of action under other laws. In his signing statement, Governor Murphy attempted to assuage industry fears by noting that “nothing in this bill expressly establishes such a private right of action” and “this bill does not create a private right of action under this law or under any other law.” Some industry members remain unconvinced, however, and continue to advocate for clarifying amendments.
2. Data Protection Assessments Prior to Processing
New Jersey joins the majority of state privacy laws in requiring that controllers conduct a data protection assessment (DPA) for any data processing activity that “presents a heightened risk of harm to a consumer.” New Jersey is notable, however, for explicitly requiring that the DPA occur before initiating any such high risk processing activities. Prior to New Jersey, only the Colorado Privacy Act’s implementing regulations required that DPAs occur prior to initiating processing. Following the NetChoice v. Bonta litigation, which saw California’s Age-Appropriate Design Code Act preliminarily enjoined, this requirement could raise First Amendment concerns if it is interpreted as a prior restraint on speech.
3. Thresholds for Applicability
S332 is notable for not including a revenue threshold in its applicability provisions. The law applies to controllers that control or process the personal data of either (a) at least 100,000 New Jersey residents annually, or (b) at least 25,000 New Jersey residents annually and the controller derives revenue from the sale of personal data. Prong (b) differs from the majority of existing privacy frameworks, which tend to require that the controller derive at least a certain percentage of revenue from personal data sales (e.g., 25%) to be covered. This is another similarity between S332 and the Colorado Privacy Act, which sets the same thresholds.
The carve outs in S332 are similar to those in the Delaware Personal Data Privacy Act. S332 includes data-level exemptions for protected health information subject to the Health Insurance Portability and Accountability Act (HIPAA) and “personal data collected, processed, sold, or disclosed by a consumer reporting agency” insofar as those processing activities are compliant with the Fair Credit Reporting Act (FCRA). With respect to the financial industry, S332 joins the majority of states by providing entity-level and data-level exemptions for financial institutions and their affiliates subject to Title V of the Gramm-Leach-Bliley Act (GLBA). Notably, however, S332 does not contain exemptions for nonprofits, higher education institutions, or personal data regulated by the Family Educational Rights and Privacy Act (FERPA).
4. Rulemaking
New Jersey becomes just the third state, after California and Colorado, to provide for rulemaking in its comprehensive privacy law. The Act charges the Director of the Division of Consumer Affairs in the Department of Law and Public Safety with promulgating rules and regulations necessary to effectuate the purposes of S332. This provision includes no details on the timeframe or substance of rulemaking, other than that the New Jersey Administrative Procedure Act applies. As the rulemaking process unfolds, this could be a valuable opportunity for stakeholders to seek clarity on some of S332’s ambiguous provisions.
5. Ambiguity on Authorized Agents and UOOMs
New Jersey joins Colorado, Connecticut, Delaware, Montana, Oregon, and Texas in allowing an individual to designate an authorized agent to exercise the individual’s right to opt out of processing for certain purposes. S332’s authorized agent provision has two ambiguities. First, subsection 8(a) specifies that an individual can designate an authorized agent to “act on the consumer’s behalf to opt out of the processing and sale of the consumer’s personal data.” (Emphasis added.) As written, this provision would create a broad opt-out right with respect to all processing, distinct from the explicitly established opt-out rights in the bill. It is more likely that this provision is intended to be limited to opting-out of processing for the purposes of targeted advertising, the sale of personal data, or profiling in furtherance of decisions that produce legal or similarly significant effects. The second ambiguity is the qualifier that an individual can use an authorized agent designated using technology to opt-out of profiling only “when such technology exists.” It is not clear who or what determines the availability of such technology.
S332 also joins California, Colorado, Connecticut, Montana, Oregon, and Delaware in requiring that controllers allow individuals to opt-out of the processing of personal data for targeted advertising or the sale of personal data on a default basis through a universal opt-out mechanism (UOOM). Designed to reduce the burden on individuals’ attempting to exercise opt-out rights, UOOMs encompass a range of tools providing individuals with the ability to configure their devices to automatically exercise opt out rights through a preference signal when interacting with a controller through a desktop or mobile application. S332’s statutory requirements for a UOOM, however, are ambiguous and inconsistent with those in existing privacy frameworks. Specifically, one requirement is that a UOOM cannot “make use of a default setting that opts-in a consumer to the processing or sale of personal data.” (Emphasis added.) This is clearly inconsistent with the purpose of a universal opt-out mechanism, which is to opt individuals out of such processing.
6. Adolescent Privacy
S332 continues and builds upon a trend of increased privacy protections for adolescents (while legislating around the existing, largely preemptive COPPA regime for individuals 12 and under). For individuals whom the controller actually knows are 13-16 years old or willfully disregards their age, the controller must obtain consent from the teens before processing their personal data for the purposes of targeted advertising, sale, or profiling in furtherance of decisions that produce legal or similarly significant effects. Several states have iterated on adolescent privacy protection in recent years by requiring consent for these processing purposes. Delaware raised the bar when it required such consent for individuals aged 13 through 17, but it did not extend the opt-in consent requirement to profiling. Oregon was the first state to include profiling in the opt-in consent requirement, but its age range was slightly narrow at 13 through 15. New Jersey is unique and arguably goes the furthest by extending the opt-in consent requirement to cover individuals aged 13 through 16 and extending this requirement to profiling in furtherance of decisions that produce legal or similarly significant effects.
7. Expansive Definitions of Sensitive Data and Biometric Data
S332’s definitions of sensitive data and biometric data (which require opt-in consent to process) continue and build upon trends seen in stronger iterations of the WPA framework. S332’s definition of sensitive data includes additional categories seen in a minority of existing privacy frameworks, such as “status as transgender or non-binary” and “sex life.”
S332’s definition of sensitive data also goes beyond the other WPA-style laws in two ways. First, the coverage of health data is slightly expanded to include mental or physical health treatment (in addition to condition or diagnosis). Second, sensitive data also includes “financial information,” which it specifies “shall include a consumer’s account number, account log-in, financial account, or credit or debit card number, in combination with any required security code, access code, or password that would permit access to a consumer’s financial account.” This category is new to the non-California laws.
The definition of biometric data is also broader than in most of the WPA-style laws, which consistently define biometric data as “data generated by automatic measurements of an individual’s biological characteristics.” S332, in contrast, defines biometric data as “data generated by automatic or technological processing, measurements, or analysis of an individual’s biological, physical, or behavioral characteristics,” and it explicitly includes facial mapping, facial geometry, and facial templates in its list of examples. This language is similar to the definitions of biometric data and biometric identifiers in the Colorado Privacy Act Rules.
8. Expanded Right to Delete
Finally, S332 provides an expanded right to delete with respect to third party data, first observed in Delaware. When a controller has lawfully obtained an individual’s personal data from a third party and the individual submits a deletion request, the controller must either (a) retain a record of the deletion request and the “minimum data necessary” to ensure that the individual’s personal data remains deleted and not use that retained information for any other purpose, or (b) delete such data. This is different from the majority of states, which instead allow a controller that obtains personal data from third party sources to respond to a deletion request by retaining such data but opting the individual out of processing activities that are not subject to a statutory exemption (such as fraud prevention or cybersecurity monitoring).
Alessandro De Nicola – Il Ducetto
youtube.com/embed/j-CX9j69LO8?…
L'articolo Alessandro De Nicola – Il Ducetto proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
informapirata ⁂
Unknown parent • • •@PetroliniVideo ricordo bene: era marzo ed eravamo in una di quelle fasi in cui andava di moda lanciare bestemmie a caso e poi rimanere sulla riva del fiume ad attendere qualche reazione di cui sorprendersi...
Comunque non sono affatto sorpreso: gli utenti i cui messaggi vengono moderati ritengono spesso che il moderatore abbia interpretato male o per limiti cognitivi o per evidente malafede
@fediverso
Che succede nel Fediverso? reshared this.
filippodb - fddt
Unknown parent • • •ho controllato il tuo account e non c'è alcuna limitazione nonostante tu sia stato segnalato ben 14 volte (!) da altri utenti per violazioni del regole, fra l'altro molti da altre istanze:
posso dirti solo che m1 è un'istanza aconfessionale e di quello che dicono i cattolici ce ne può fregare fino a un certo punto, tanto che abbiamo l'account ufficiale dell'unione Atei e degli Agnostici Razionalisti che li randella tutti i giorni e nessuno se ne lamenta anzi sono fra i messaggi più condivisi e popolari su M1
detto questo quello che hai scritto non è vero, non ho lo screenshot ma di sicuro nessuno perde tempo a segnalare queste affermazioni sulle madonne nere, anzi riceveresti solo valanghe di condivisioni. Nessuno censura una frase del genere che di fatto non viola alcuna regola. Abbiamo però una regola che vieta il turpiloquio gratuito ed eccessivo ma questa c'è anche su livellosegreto e altre istanze. Questo per non far scendere le discussioni al livello di rutti da osteria.
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