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…e di lavoro si muore …ancora di più l La Città di Sotto

"Ufficialmente sono 1.041 le denunce di incidenti mortali sul posto di lavoro arrivate all’Inail in tutto il 2023. Vittime che aumentano a 1.466 se come riferimento prendiamo i dati dell’Osservatorio nazionale di Bologna, una fotografia indipendente che monitora e registra tutti i morti sul lavoro in Italia, anche quelli che non dispongono di un’assicurazione."

lacittadisotto.org/2024/02/22/…



L’ONG croata Gong ha indagato sull’uso di Facebook da parte dell’HDZ e ha giudicato che i suoi bot ingannano i cittadini e manipolano l’opinione pubblica – una valutazione problematica nell’anno delle “super elezioni” in Croazia, quando si svolgeranno le elezioni...


Riciclaggio da Riga a Berlino attraverso Malta. Perquisizioni anche in Italia


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Immagine/foto


Oltre 100 perquisizioni in un'operazione su larga scala contro una rete criminale russo-eurasiatica e un istituto finanziario con sede a Malta presumibilmente coinvolto in servizi di riciclaggio di denaro svolte dalle autorità nazionali di Lettonia, Germania, Francia, Italia e Malta hanno effettuato. Per l'Italia hanno svolto le attività la Procura della Repubblica di Roma e la Guardia di Finanza - Nucleo Polizia Economica e Finanziaria di Roma. Quattro i sospetti che sono stati arrestati durante la giornata di azione sostenuta da #Eurojust ed #Europol. Potenziali sospettati e testimoni sono stati interrogati anche in Lettonia, Germania, Estonia e Malta.

Nel corso delle azioni sono stati impiegati oltre 460 agenti di polizia per effettuare le perquisizioni. La Germania ha inoltre schierato quattro agenti per supportare le indagini e le perquisizioni in Lettonia e Malta. Oltre agli arresti sono stati sequestrati diversi conti bancari e proprietà.

Dalla fine del 2015 l'istituto finanziario maltese ha riciclato almeno 4,5 milioni di euro in procedimenti criminali. La somma totale del denaro riciclato potrebbe ammontare a decine di milioni di euro. L'istituto finanziario e il gruppo criminale organizzato dietro di esso offrivano servizi di riciclaggio di denaro attraverso una rete di false imprese e individui che erano amministratori registrati, senza svolgere alcuna attività commerciale reale.

Il gruppo criminale organizzato operava principalmente da Riga e Berlino. Le indagini sono state avviate nel 2021 dalle autorità lettoni dopo aver notato trasferimenti di denaro insoliti dalla Lettonia all'istituto finanziario maltese. Contemporaneamente le autorità tedesche avevano avviato indagini su flussi di denaro sospetti che coinvolgevano lo stesso istituto finanziario.

Durante la giornata dell’azione, Europol ha inviato un esperto di riciclaggio di denaro in Lettonia e ha allestito un ufficio mobile presso il centro di coordinamento di Eurojust per supportare l’operazione. Da dicembre 2021 Europol sostiene le indagini fornendo analisi operative e finanziarie e competenze operative. L'Agenzia ha inoltre sostenuto la squadra investigativa comune e ha fornito sostegno finanziario al caso.

#GuardiadiFinanza



VERSIONE ITALIANA AI GENERATIVA, COME TRASFORMERA’ LA SCIENZA E IL SUO IMPATTO SULLA SOCIETA’L’intelligenza artificiale generativa sta mostrando, in questo ultimo anno, il suo grande potenziale anche nell’ambito della ricerca scientifica. Oltre a supportare nuove ipotesi e scoperte scientifiche, l’IA generativa può permettere ai ricercatori di seguire gli sviluppi mondiali nel loro campo. Università, finanziatori, …

Gabriele Orlando reshared this.



Diamo i casi ai fenomeni della UE, risolveranno tutto...


Il #MIM ha sottoscritto oggi il #Contratto collettivo nazionale integrativo sulla mobilità del personale della #scuola per l’anno scolastico 2024/2025.


Oggi #21febbraio, nella Giornata nazionale del Braille, prosegue l’attività della Biblioteca “Luigi De Gregori” del #MIM per la valorizzazione dei testi scritti con il rivoluzionario alfabeto per non vedenti e ipovedenti.


Stefano Galieni*   Bouzekri Rachimi, 56 anni, è stato l’ultimo corpo ad essere recuperato. Prima di lui erano stati estratti dalle macerie di un ca


Assange non ha nulla in comune con Navalny né col giornalismo


Spiace non poter solidarizzare con un uomo solo costretto metaforicamente in catene, ma i paragoni, parlando di Julian Assange, non reggono. Non regge, per cominciare, il paragone con Alexei Navalny. Navalny si è spontaneamente consegnato alla finta giust

Spiace non poter solidarizzare con un uomo solo costretto metaforicamente in catene, ma i paragoni, parlando di Julian Assange, non reggono. Non regge, per cominciare, il paragone con Alexei Navalny. Navalny si è spontaneamente consegnato alla finta giustizia di uno Stato autocratico (la Russia) per tutelare la libertà altrui, mentre Assange si sottrae alla giustizia di uno Stato democratico (gli Stati Uniti) per tutelare la propria, personale libertà. E non regge il paragone fatto da molti, soprattutto nel mondo grillino, con i tanti giornalisti che rischiano la prigione per aver legittimamente esercitato la libertà di stampa. Il paragone non regge per il semplice fatto che Julian Assange non è un giornalista, ma un attivista politico e non utilizza gli strumenti del mestiere di giornalista, ma quelli dell’agente di un servizio di intelligence ostile.

Assange non ha diffuso informazioni ricevute da una fonte compiacente, le ha sottratte illegalmente. L’accusa, infatti, è di hackeraggio. Cioè di aver aiutato l’ex militare americano Chelsea Manning a decrittare le password del Pentagono e di altre agenzie statunitensi per mettere le mani su informazioni classificate: 250mila documenti segreti la quasi totalità dei quali non svelava alcun misfatto né alcuna illegalità. È stata una colossale opera di disvelamento di fonti riservate della Cia e di dispacci diplomatici segreti che è servita (quasi) solo a mettere a repentaglio operazioni in corso e relazioni diplomatiche, oltre che la vita di un numero ragguardevole di agenti americani e, soprattutto, di loro collaboratori afghani e iracheni. Un’operazione che ha il sapore dell’offensiva spionistica. Un gusto certificato dalla successiva collaborazione tra WikiLeaks e l’hacker russo Guccifer2.0, al soldo dei servizi segreti militari del presidente Vladimir Putin. Un’operazione che, giova ricordarlo oggi, fu realizzata ai tempi della campagna per le presidenziali americane, quando a competere erano Donald Trump e Hillary Clinton. Un’operazione evidentemente volta a screditare l’antagonista del magnate americano, notoriamente sintonico con gli interessi della Russia putiniana.

Spiace non poter solidarizzare con un uomo solo costretto metaforicamente in catene, ma i paragoni non reggono. Julian Assange non è un martire e non è un giornalista: è un attivista politico e molto lascia credere che la sua attività sia stata se non concordata di certo incoraggiata dagli apparati russi al solo scopo di mettere in difficoltà il paese capofila del fronte liberal-democratico occidentale a cui Vladimir Putin ha dichiarato guerra: gli Stati Uniti d’America.

Huffington Post

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Kilonove, fabbriche di metalli pesanti l MEDIA INAF

"Secondo gli astronomi, nei giorni successivi a un evento di fusione, l’evoluzione della kilonova è essenzialmente caratterizzata dal decadimento radioattivo degli elementi più pesanti del ferro, sintetizzati durante la fusione."

media.inaf.it/2024/02/21/kilon…



Fincantieri guarda al Golfo. Così produrrà le sue navi negli Emirati


Firmato a Roma l’accordo tra Fincantieri ed Edge group, azienda specializzata dell’industria militare del Golfo, per un valore complessivo di trenta miliardi di euro, che prevede la creazione di una joint venture fra le due società al fine di cominciare a

Firmato a Roma l’accordo tra Fincantieri ed Edge group, azienda specializzata dell’industria militare del Golfo, per un valore complessivo di trenta miliardi di euro, che prevede la creazione di una joint venture fra le due società al fine di cominciare a produrre i design di Fincantieri direttamente negli Emirati Arabi Uniti. La firma è avvenuta a Palazzo Marina a Roma tra Hamad Al Marar, ceo e direttore generale di Edge group, e Pierroberto Folgiero, ceo e direttore generale di Fincantieri, alla presenza del sottosegretario per la Difesa, Matteo Perego di Cremnago, il capo di Stato maggiore della Marina militare, ammiraglio Enrico Credendino, il segretario generale Difesa e direzione nazionale armamenti, generale Luciano Portolano, il presidente di Fincantieri, generale Claudio Graziano, e il direttore generale della divisione Navi militari, Dario Deste.

I dettagli dell’accordo

Grazie alla firma, Fincantieri ed Edge group prevedano la creazione di una joint venture che porterà alla nascita di una filiera per la costruzione di navi militari direttamente negli Emirati Arabi, per un valore di trenta miliardi di euro. Come registrato da Folgiero, l’obiettivo dell’intesa è “creare una piattaforma industriale unica nel suo genere in grado di cogliere con massimo spirito imprenditoriale e competenze distintive le notevoli opportunità di mercato che hanno origine negli Emirati”. La joint venture si occuperà delle operazioni commerciali e dello sviluppo e protezione delle proprietà intellettuali condivise. Questo accordo servirà anche ad aumentare le capacità di Edge nella costruzione di navi militari, in particolare le fregate, e faciliterà l’ingresso di Fincantieri nei mercati del Golfo. L’intesa prevede anche lo sviluppo di un programma di costruzione di sottomarini per l’industria emiratina permettendole di sviluppare e diversificare le sue capacità di produzione underwater.

I risvolti strategici

Nel quadro dell’accordo, il sottosegretario Perego ha fatto notare l’importanza e l’impatto che tale intesa avrà per le relazioni tra Italia ed Emirati Arabi Uniti, data “la volontà politica dei due Paesi di consolidare e rafforzare i rapporti di collaborazione nel settore marittimo già avviati l’anno scorso con la visita del ministro della Difesa e della presidente Meloni”. Per il sottosegretario, quella tra Italia ed Emirati è un’importante sinergia “che traccia ulteriori traiettorie lungo le quali possono nascere significative collaborazioni strategiche e strutturate in tutti i domini della Difesa”. Inoltre, sempre secondo Perego, questo accordo avrà importanti risvolti nello sviluppo di tecnologie militari e nell’ambito economico, “la cornice in cui le due importanti aziende possono sviluppare congiuntamente soluzioni innovative nel settore navale, a vantaggio dei mercati domestici e internazionali.”

Il lato emiratino

Questo accordo è parte dell’insieme di iniziative messe in atto dai Paesi del Golfo per modernizzare le loro forze armate e diversificare le loro economie diminuendo gradualmente la dipendenza della loro economia dall’esportazione di carburanti fossili. Come sottolineato da Al Marar, “attraverso questa joint venture con Fincantieri non stiamo solo espandendo le diverse capacità di Edge nella navalmeccanica, ma stiamo stabilendo un nuovo punto di riferimento per la collaborazione e lo scambio di conoscenze nell’industria marittima globale”. Per l’amministratore delegato della società araba, la partnership “incarna il nostro impegno verso l’innovazione, facendo leva sull’incomparabile expertise di Fincantieri”.

La presenza di Fincantieri nel Golfo

Questo accordo non è l’unica iniziativa del gruppo italiano per conquistare il mercato del Golfo. Già al World defense show di Riyad, Fincantieri aveva presentato la sua nuova fregata FCx30 nelle sue tre configurazioni (leggera, antisottomarino e completa) impegnandosi a costruire l’unità multiruolo in soli trentadue mesi. La compagnia ha deciso di adottare una tempistica così ambiziosa grazie al nuovo sistema di costruzione modulare. Applicando questo nuovo approccio il gruppo triestino sarà in grado di costruire in contemporanea lo scafo e l’albero della nave riducendo ampiamente i tempi di produzione. Il progetto di modularità prevede anche lo sviluppo di un modello informatico che andrà costruito in contemporanea con la nave affinché il lavoro sul software, una volta completata l’unità, sia ridotto al minimo. L’ad Folgiero ha spiegato che queste innovazioni permetteranno a Fincantieri di ridurre il tempo di costruzione standard di una fregata, ad oggi stimato in quaranta mesi.


formiche.net/2024/02/fincantie…



La US Space Force lancia l’idea di una red line con Pechino. Di cosa si tratta


La US Space Force vuole un “telefono rosso” con Pechino, esattamente come quella nata tra Washington e Mosca dopo la Crisi dei Missili Cubani. E i motivi sembrano essere pressoché gli stessi. “Dobbiamo ottenere il consenso dei nostri alleati e partner, ma

La US Space Force vuole un “telefono rosso” con Pechino, esattamente come quella nata tra Washington e Mosca dopo la Crisi dei Missili Cubani. E i motivi sembrano essere pressoché gli stessi.

“Dobbiamo ottenere il consenso dei nostri alleati e partner, ma è anche importante avere una comprensione condivisa con i potenziali avversari, in modo che non ci siano errori di calcolo… Questo è il valore della hotline, perché le norme internazionali non sono ancora ben stabilite, nonostante gli sforzi degli Stati Uniti per assumere un ruolo di leadership in questo settore”. Come riportato da DefenseOne, con queste parole il generale Anthony Mastalir, comandante delle forze spaziali statunitensi nell’Indo-Pacifico, ha commentato all’Air & Space Forces Association Warfare Symposium, la necessità di stabilire una linea di comunicazione diretta con Pechino per prevenire l’emergere di crisi nello spazio. Una necessità emersa alla luce del proliferare delle capacità anti-satellite cinesi, e della sfida che esse rappresentano per gli Stati Uniti.

Soprattutto considerando come, rispetto alle norme nei domini marittimo e aereo, le regole di ingaggio nello spazio rimangano piuttosto “immature”, come lo stesso Mastalir ha dichiarato. “Quando si pensa a un atto ostile o a una dimostrazione di intenti ostili nello spazio, cosa si intende? E tutte le nazioni hanno una visione condivisa di simili atti?”

Le armi antisatellite in orbita (comunemente note come Asat) della Cina rappresentano una fonte di grande preoccupazione per gli Stati Uniti; così come lo sono anche le capacità di disturbo e i sistemi ad energia diretta che la Cina sta costruendo. “Ciò che mi preoccupa maggiormente sono le capacità da cui dipendono le capacità di joint combined warfare nell’area dell’Indo-Pacifico, e molte di queste sono messe a rischio dalle capacità di energia diretta che la Cina sta costruendo, non solo per ‘abbagliare’, ma per essere distruttive” ha dichiarato il militare americano.

Nella memoria delle forze armate americane è ancora nitido il ricordo di quanto, nel 2007, la Repubblica Popolare decise di distruggere uno dei suoi stessi satelliti.

I leader militari statunitensi e cinesi hanno recentemente ripristinato le comunicazioni, dopo che la Cina le aveva interrotte nel 2022 a seguito della significativa visita condotta dall’allora presidente della Camera Nancy Pelosi sull’isola di Taiwan. Tuttavia, una linea diretta per le operazioni spaziali rappresenterebbe un nuovo e più canale di comunicazione tra funzionari cinesi e americani. Anche se non è la prima volta che una proposta simile viene mossa: già in passato infatti la US Space Force aveva sottolineato quanto fosse importante istituire una “red line” che tenesse in continuo contatto Washington con Pechino e Mosca, per evitare che si verificassero incidenti di sorta nell’orbita terrestre ed extraterrestre.


formiche.net/2024/02/linea-ros…



“La CNIL richiama le strutture sanitarie sull’accesso illegittimo alla cartella informatizzata dei pazienti” La Commission Nationale de l’Informatique et Des Libertés (“CNIL”), il 9 Febbraio 2024, ha annunciato di aver intimato ad alcune strutture sanitarie di intensificare le misure di sicurezza delle cartelle informatizzate dei pazienti.La diffida arriva dopo che la CNIL ha effettuato diverse …


Per alcuni politici, l'ecologia e l'inquinamento, sono problemi a "comodo"; dipendendo da chi, come e quando...
ilfattoquotidiano.it/2024/02/2…


Un'altra psicopatica europeista. Già leggere "Stati Uniti d'Europa" mi sanguinano gli occhi e inorridisco al pensiero...
imolaoggi.it/2024/02/21/bonino…


Il cazzaro fiorentino è tornato in forma a sparare le sue cazzate. Probabilmente si è risentito che in molti l'abbiano sostituito, quindi vuole tornare al vertice. Questa è la "perla" di oggi.
imolaoggi.it/2024/02/21/elezio…


Benvenuti in Itaglia, dove il politico delinquente è tutelato. Sig. Mattarella, niente da dire, o pensa solo all'Ucraina, Ue, nato e a Israele?
ilfattoquotidiano.it/2024/02/2…


Quindi che si fa Ue e nato di m...a, rimanete zitti?
lindipendente.online/2024/02/2…


Gli Euroidioti insistono...
lindipendente.online/2024/02/2…


di Enrico Nardelli Negli ultimi anni l'intelligenza artificiale (IA) è sulla bocca di tutti. Anche l'uomo della strada ha capito che si t...


#ilCafFLEespresso – L'(in)giustizia penale con Francesco Petrelli


Intervista con l’Avv. Francesco Petrelli, Presidente dell’Unione delle Camere penali italiane, sulle ragioni dell’astensione dei penalisti L'articolo #ilCafFLEespresso – L'(in)giustizia penale con Francesco Petrelli proviene da Fondazione Luigi Einaudi.

Intervista con l’Avv. Francesco Petrelli, Presidente dell’Unione delle Camere penali italiane, sulle ragioni dell’astensione dei penalisti

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L'articolo #ilCafFLEespresso – L'(in)giustizia penale con Francesco Petrelli proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Rifondazione Comunista denuncia la gravità di quanto sta accadendo in queste ore in Senato. La modifica della norma sulla esenzione dalla raccolta delle firme


Ue e Giappone giocano assieme in difesa. Ecco come


L’Unione europea ha deciso di avviare negoziati con il Giappone per giungere a un accordo di partenariato per la sicurezza e la difesa. Lo riferisce la stampa giapponese, che cita i contenuti di un documento approvato lunedì dal Consiglio Affari esteri de

L’Unione europea ha deciso di avviare negoziati con il Giappone per giungere a un accordo di partenariato per la sicurezza e la difesa. Lo riferisce la stampa giapponese, che cita i contenuti di un documento approvato lunedì dal Consiglio Affari esteri dell’Unione.

Bruxelles punta a rafforzare le relazioni bilaterali con il Tokyo, negoziando un aumento della cooperazione in aree quali la sicurezza marittima, la condivisione di intelligence e la risposta ad “attacchi ibridi”, che includono tattiche non militari come “la disseminazione di informazioni false per conseguire obiettivi strategici”. La decisione europea giunge nel solco dell’impegno a “sviluppare ulteriormente il partenariato di difesa” assunto lo scorso luglio con il Giappone, in risposta alla crescente presenza militare della Cina nell’Indo Pacifico.

Nel documento, citato dalla stampa giapponese, il Giappone viene definito dall’Unione europea “un partner chiave nell’Indo-Pacifico”, area in cui la proiezione di alcuni dei 27 si sta facendo sempre più importante (tra questi c’è l’Italia). Le due parti sono, si legge ancora, “partner di lungo corso negli ambiti della pace, della sicurezza e della difesa, e hanno sviluppato significativamente le loro relazioni in queste aree negli ultimi anni”. Per questo, Bruxelles punta a “elevare la cooperazione al prossimo livello”.

Tra le aree potenzialmente interessate dal rafforzamento del partenariato di sicurezza figura la sicurezza marittima, anche tramite esercitazioni congiunte nell’Indo Pacifico. Ulteriori aree di possibile rafforzamento della cooperazione sono la protezione delle infrastrutture critiche, il coordinamento contro il terrorismo e la sicurezza e la difesa spaziale.

Nel decennio passato, l’approccio dell’Unione europea all’Indo-Pacifico era principalmente incentrato sulla connettività. La svolta è avvenuta nel 2021, all’indomani della pandemia Covid-19, con la nuova Strategia dell’Unione europea per l’Indo-Pacifico, che ha dimostrato la volontà di impegnarsi anche nella sicurezza e nella difesa. Dal vertice tra Unione europea e Giappone dell’anno scorso, poi, è emerso l’impegno a promuovere la cooperazione non solo in materia di sicurezza economica, ma anche di sicurezza e difesa, considerato in particolare che il confine militare e non militare diventato sempre più labile. In questo senso, l’Unione europea si muove in scia agli Stati Uniti e alla Nato.

La condivisione di informazioni rappresenta la base della cooperazione, anche per rafforzare la fiducia reciproca. Tocca poi all’impegno in sicurezza e difesa, dossier su cui l’Italia è in prima linea visto il Global Combat Air Programme che coinvolge anche Giappone e Regno Unito per la realizzazione dell’aereo stealth di sesta generazione.


formiche.net/2024/02/ue-giappo…



Londra e Riga guidano la nuova coalizione di droni per Kyiv


Londa e Riga saranno anime gemelle in uno sforzo atto a rifornire Kyiv con migliaia di droni con firs-person view (Fpv), impiegati in enormi quantità lungo il fronte come surrogati delle loitering munitions. Secondo i media lettoni, alla coalizione dovreb

Londa e Riga saranno anime gemelle in uno sforzo atto a rifornire Kyiv con migliaia di droni con firs-person view (Fpv), impiegati in enormi quantità lungo il fronte come surrogati delle loitering munitions. Secondo i media lettoni, alla coalizione dovrebbero aderire otto Stati, tra cui Germania e Paesi Bassi.

Giovedì 15 febbraio il Ministero della Difesa inglese ha diramato un comunicato stampa in cui si legge che almeno una parte dei droni che sarà inviata all’Ucraina sarà prodotta da enti della manifattura britannica, senza però identificare i fornitori di droni o specificare se Ministero della Difesa acquisterà modelli commerciali già disponibili o prodotti appositamente per un impiego militare. Quest’ordine sarà il primo impiego effettivo di un fondo di 200 milioni di sterline (pari a circa 252 milioni di dollari) istituito a gennaio dalla Gran Bretagna appositamente per fornire droni all’Ucraina. Il Primo Ministro Rishi Sunak ha annunciato a gennaio che, oltre a piccoli veicoli aerei a basso costo senza equipaggio, il Ministero della Difesa acquisterà droni d’attacco a lungo raggio, droni marini e altre tipologie nell’ambito dell’impegno.

Il Ministero della Difesa di Riga ha invece pianificato di stanziare circa dieci miliardi di euro all’anno per la produzione di questa tipologia di drone, esclusivamente con l’intento di rifornire le forze armate di Kyiv impegnate nel combattimento contro Mosca. Ma il ruolo della Lettonia non si esaurisce qui: il Paese dovrebbe ospitare una scuola di droni per gli operatori ucraini, oltre che stabilire un campo di prova per verificare le prestazioni dei droni.

Per l’Ucraina i droni si sono rivelati fondamentali nel tentativo di controbilanciare la schiacciante superiorità numerica della Russia nell’ambito delle munizioni a lungo raggio, come i proiettili d’artiglieria. I numeri parlano chiaro: attualmente l’Ucraina spara solo 2.000 proiettili contro i 10.000 della Russia. La carenza di munizioni comincia a far sentire i suoi effetti al fronte, tant’è che viene considerata una delle principali motivazioni dietro la decisione del Comando ucraino di ritirare le proprie forze dalla cittadina di Avdiivka, teatro di feroci combattimenti negli ultimi mesi a causa dei ripetuti tentativi russi di occupare la città.

Oltre a ricevere droni già assemblati l’Ucraina, così come la Russia, ne produce un gran numero anche a livello domestico, affidandosi a componenti a basso costo acquistati solitamente dalla Cina. Alcune varianti possono costare anche solo 400 dollari. L’Ucraina produce fino a 50.000 droni Fpv al mese, e spera di arrivare a produrne fino a un milione nel 2024.

“Insieme, (il Regno Unito e la Lettonia) daranno all’Ucraina le capacità di cui ha bisogno per difendersi e vincere questa guerra, per garantire che Putin fallisca nelle sue ambizioni illegali e barbariche” ha dichiarato al riguardo il ministro della Difesa britannico Grant Shapps in un comunicato.


formiche.net/2024/02/londra-e-…



Il #MIM e il Comando Generale delle Capitanerie di Porto - Guardia Costiera bandiscono il #Concorso Nazionale "La Cittadinanza del Mare", rivolto alle studentesse e agli studenti delle scuole primarie e secondarie di I e II grado, statali e paritarie…


Con l’intelligenza artificiale, l’attenzione all’applicazione delle leggi sulla concorrenza è vitale e va di pari passo con la preservazione della democrazia, hanno affermato gli esperti del settore in una tavola rotonda al Parlamento europeo lunedì (19 febbraio). Nel 2023, l’autorità...


Weekly Chronicles #64


Social scoring all'italiana, sorveglianza BLE e storie di allarmi bomba.

Questo è il numero #64 di Privacy Chronicles, la newsletter che ti spiega l’Era dell’Informazione e come sopravvivere: tecnologia, sorveglianza di massa, privacy, sicurezza dei dati e molto altro.

Cronache della settimana

  • Il social scoring è il futuro del Welfare tecnocratico
  • Apple traccia i tuoi dispositivi anche se sono spenti
  • Allarmi bomba: il governo indiano vieta ProtonMail… e altre 14 app

Lettere Libertarie

  • Bitcoin: pura anarchia e sistema intersoggettivo distribuito

Rubrica OpSec

  • Errori di OpSec: impariamo dalla storia di Eldo Kim

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Il social scoring è il futuro del Welfare tecnocratico


"L'idea che dobbiamo portare avanti e studiare è quella di una tessera sanitaria a punti in modo che se conduci uno stile di vita corretto e salutare puoi guadagnare dei punti che poi ti permettono di ricevere degli incentivi".

La vita, per quelli come Bertolaso, è semplice; come un videogioco: compi le azioni giuste, aumenta il tuo personal score, vinci e salva la principessa.

E sono in molti a vederla come lui, non è certo un mistero. Da un paio d’anni in giro per l’Italia si sentono voci che sussurrano di comportamenti virtuosi, premi e punteggi — identità digitale.

Tra i primi, forse lo ricorderete, ci fu l’assessore Bugano di Bologna, quando annunciò pubblicamente il progetto di “Smart Citizen Wallet:

«Il cittadino avrà un riconoscimento se differenzia i rifiuti, se usa i mezzi pubblici, se gestisce bene l’energia, se non prende sanzioni dalla municipale, se risulta attivo con la Card cultura». Comportamenti virtuosi che corrisponderanno a un punteggio che i bolognesi potranno poi «spendere» in premi in via di definizione.»


Si scoprì solo dopo, anche grazie a un’istruttoria del Garante Privacy, che di concreto dietro all’idea di Smart Citizen Wallet non c’era ancora nulla di concreto: tutta propaganda (ma che propaganda è, quella fondata sull’idea di sorvegliare il cittadino? Eppure…).

E poi, sì, ci fu anche qualche sperimentazione — come quella fatta a Ivrea per qualche mese, con lo scopo di testare una nuova “piattaforma per l’economia comportamentale" fondata su blockchain e sponsorizzata dal governo e da TIM.

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L’idea di incentivare, diciamo così, comportamenti “virtuosi” attraverso l’azione di governo, con lo scopo di creare una società perfetta, non è certo nuova. È anzi l’idea fondante che fu usata fin dal XIX secolo in poi per giustificare moralmente il sistema statale di welfare-warfare che viviamo ancora oggi.

Il social scoring, perché di questo si tratta, è l’apice dello statalismo, nonché tappa obbligata di una società tecnocratica governata da algoritmi automatizzati e logiche di vita a debito.

Non è un caso che si parli sempre di comportamenti “virtuosi” o “corretti”: sono aggettivi necessari a rafforzare l’idea della rettitudine e dignità delle persone soltanto se rispettose del pensiero egemonico collettivo. Chi decide quali comportamenti sono virtuosi? Le masse: o meglio, le masse plagiate dalla propaganda delle solite minoranze.

E se poi, come anticipato, è anche una questione di debito: il sistema finanziario occidentale fondato sul debito e sul welfare universale sta collassando su se stesso.

Non sarà possibile curare tutti (è già così) e sarà così necessario distinguere tra chi si merita di ricevere servizi sanitari e chi invece si merita altro, magari l’eutanasia di Stato; a prescindere dal pagamento o meno delle tasse — quelle vanno pagate comunque.

Questa cosa qua è una delle conseguenze della nascente religione transumanista che mira ad addomesticare e manipolare le masse attraverso ricatti morali algoritmicamente eseguiti. Ma chi segue regolarmente queste pagine lo sa: se ne è parlato anche al G20 del 2022; il compagno Bertolaso non inventa nulla.


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Apple traccia i tuoi dispositivi anche se sono spenti


Apple usa una tecnica chiamata "offline finding" per individuare i dispositivi degli utenti anche quando non sono connessi a Internet. Fa parte del servizio “Find My”, che da qualche anno permette di ritrovare dispositivi rubati o persi anche se spenti.

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#64


In Cina e Asia – Componenti USA e UE nei missili nordcoreani dati a Mosca


In Cina e Asia – Componenti USA e UE nei missili nordcoreani dati a Mosca
Componenti USA e UE nei missili nordcoreani dati a Mosca
L'Australia potenzia la sua flotta in ottica anticinese
Myanmar, tre generali condannati a morte per la resa di Laukkai
Dati, la Cina mappa le risorse dati del Paese
Microchip, nuovi fondi governativi a Smic e Huawei

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Dalla Cina agli Usa: in migliaia scappano attraverso rotta mortale


Dalla Cina agli Usa: in migliaia scappano attraverso rotta mortale 12893133
Dalla Cina agli Usa: in migliaia scappano attraverso rotta mortale. Non è facile stimare con esattezza la portata dello zouxian. Dai dati sull’immigrazione parrebbe trattarsi quantomeno di un trend in aumento: se nel 2022 l’Ecuador ha documentato l’arrivo di circa 13.000 cittadini cinesi, nei primi undici mesi del 2023 il numero è salito a oltre 45.000. Ma perché tante ...

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VERSIONE ITALIANA UE, LA COMMISSIONE APRE UN NUOVO PROCEDIMENTO CONTRO TIKTOK PER LA VIOLAZIONE DEL DSLa Commissione europea ha avviato un procedimento formale per valutare se TikTok abbia violato il Digital Services Act dell’UE. L’indagine dovrà valutare se TikTok ha messo in atto misure adeguate per mitigare i rischi sistemici, inclusi i sistemi algoritmici che …



Relazione di Paolo Ferrero - Conferenza internazionale su: “Prigionieri politici in Turchia: dove va il sentiero della libertà e della pace” Bruxelles


Brussels Privacy Symposium 2023 Report


The seventh edition of the Brussels Privacy Symposium, jointly co-organized by the Future of Privacy Forum and the Brussels Privacy Hub, took place at the U-Residence of the Vrije Universiteit Brussel campus on November 14, 2023. The Symposium presented a

The seventh edition of the Brussels Privacy Symposium, jointly co-organized by the Future of Privacy Forum and the Brussels Privacy Hub, took place at the U-Residence of the Vrije Universiteit Brussel campus on November 14, 2023. The Symposium presented a key opportunity for a global, interdisciplinary convening to discuss one of the most important topics facing Europe’s digital society today and in the years to come: “Understanding the EU Data Strategy Architecture: Common Threads – Points of Juncture – Incongruities.”

With the program of the Symposium, the organizers aimed to transversally explore three key topics that cut through the Data Strategy legislative package of the EU and the General Data Protection Regulation (GDPR), painting an intricate picture of interplay that leaves room for tension, convergence, and the balancing of different interests and policy goals pursued by each new law. Throughout the day, participants debated the possible paradigm shift introduced by the push for access to data in the Data Strategy Package, the network of impact assessments from the GDPR to the Digital Services Act (DSA) and EU AI Act, and debated the future of enforcement of a new set of data laws in Europe.
Attendees were welcomed by Dr Gianclaudio Malgieri, Associate Professor of Law & Technology at Leiden University and co-Director of the Brussels Privacy Hub, and Jules Polonetsky, CEO at the Future of Privacy Forum. In addition to three expert panels, the Symposium opened with Keynote addresses by Commissioner Didier Reynders, European Commissioner for Justice, and Wojciech Wiewiórowski, the European Data Protection Supervisor. Commissioner Reynders specifically highlighted that the GDPR remains the “cornerstone of the EU digital regulatory framework” when it comes to the processing of personal data, while Supervisor Wiewiórowski cautioned that “we need to ensure the data protection standards that we fought for, throughout many years, will not be adversely impacted by the new rules.” In the afternoon, attendees engaged in a brainstorming exercise in four different breakout sessions, and the Vice-Chair of the European Data Protection Board (EDPB), Irene Loizidou Nikolaidou, gave her closing remarks to end the conference.

The following Report outlines some of the most important outcomes from the day’s conversations, highlighting the ways and places in which the EU Data Strategy Package overlaps, interacts, supports, or creates tension with key provisions of the GDPR. The Report is divided into six sections: the above general introduction; the ensuing section which provides a summary of the Opening Remarks; the next three sections which provide insights into the panel discussions; and the sixth and final section which provides a brief summary of the EDPB Vice-Chair’s Closing Remarks.

Editor: Alexander Thompson

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Si chiama Difesa la priorità dell’Europa


Negli oltre 70 anni del suo lungo dopoguerra, tra burro e cannoni l’Europa comunitaria non ha mai avuto un attimo di esitazione: meglio il burro, cioè pace, benessere e welfare-state. Naturalmente al riparo dello scudo Nato. Quella stagione beata è finita

Negli oltre 70 anni del suo lungo dopoguerra, tra burro e cannoni l’Europa comunitaria non ha mai avuto un attimo di esitazione: meglio il burro, cioè pace, benessere e welfare-state. Naturalmente al riparo dello scudo Nato. Quella stagione beata è finita all’alba del 24 febbraio di due anni fa, con l’aggressione russa all’Ucraina e, sullo sfondo, il principio dell’apparentemente inesorabile scomposizione degli equilibri internazionali con l’Occidente in bilico. Da allora non c’è più scelta per il pacifismo europeo, se non una e obbligata: quella dei cannoni. A dirlo è la forza delle cose, il discrimine tra democrazie e autocrazie calato sul club libertario dei 27 paesi membri dell’Unione. E ancora di più, la pressione congiunta di due guastatori acclarati dell’ordine continentale: quella certa della Russia di Vladimir Putin che, spezzando l’Ucraina, spera di rinverdire passate glorie, una restaurazione di potenza ormai immaginaria.

Quella non meno insidiosa dell’America di Donald Trump II (da vedere se otterrà una nuova incarnazione alle urne) che minaccia sfracelli alla tirchia Europa e quindi alla Nato. Decisa a restare alla guida della Commissione Ue la sua presidente, Ursula von der Leyen, ha fiutato il vento, declassato il green deal, il blasone impallidito del suo primo mandato, e messo la costruzione dell’eurodifesa in cima alle priorità del suo prossimo quinquennio a Bruxelles. Con tanto di commissario alla Difesa. «Spendere di più, meglio ed europeo», lo slogan della grande svolta, da realizzare con una politica industrial-militare che punti a rafforzare le
capacità di produzione e dei sistemi di difesa più avanzati, maggiore autonomia dagli americani, oggi coprono quasi l’80% degli acquisti Ue di armamenti, appalti pubblici integrati, il tutto con più fondi e nel segno della preferenza Ue e del coordinamento con la Nato su pianificazione e standardizzazione delle armi. A prima vista la ricetta giusta al momento giusto: in sintonia con i nuovi orientamenti della maggioranza dei Governi Ue e perfino con il neo-trumpismo che ne pretende più spesa. Il 16 scorso il cancelliere tedesco, poi seguito dalla Francia di Macron, ha firmato con l’Ucraina un patto di sicurezza bilaterale di 10 anni rinnovabili, con garanzia di assistenza finanziaria e militare in caso di una nuova aggressione russa. E aggiunto altri aiuti a Kiev per 1,1 miliardi. «Noi europei dobbiamo prenderci cura della nostra sicurezza. Noi tedeschi abbiamo stanziato il 2% del Pil in spese militari nel 2023 e così continueremo da qui al 2030, abbiamo raddoppiato a 7 miliardi gli aiuti a Kiev, 6negli anni a venire» ha detto Olaf Scholz.

«Vorrei decisioni simili da tutte le capitali Ue. È vero, mancano soldi ma, senza sicurezza, tutto il resto è niente». Nel weekend la Danimarca ha deciso di inviare all’Ucraina tutto lo stock della sua artiglieria, in attesa delle munizioni europee promesse ma consegnate a metà. L’olandese Mark Rutte, probabile futuro segretario generale della Nato, avverte: «Invece di preoccuparsi di chi sarà il prossimo presidenteUsa, l’Europa dovrebbe concentrarsi su aumento delle sue capacità militari e sostegno a Kiev perché sono nel nostro interesse». Così anche i Baltici e i Paesi dell’Est. Nonostante i passi avanti, la percezione del pericolo condivisa da quasi tutti non è bastata finora a produrre una solida dottrina comune della difesa. La divergenza di vedute e di interessi tra atlantisti e autonomisti resta intatta e di fatto rallenta ogni progresso. I primi, con l’adesione di ferro di Germania, Italia e tutto il fronte Nord-Est, sono maggioranza ma l’autonomismo della Francia, sia pure un’ po’ temperato, l’ansia di francesizzare l’industria della difesa Ue bastano e avanzano per metterle i bastoni tra le ruote.

Von der Leyen prova a mediare, perché ha bisogno del consenso di quasi tutti i Governi per restare insella, ma ne scapita la coerenza dei suoi progetti. Senza contare i possibili trabocchetti nell’europarlamento: l’uscente la promosse nel 2019 per 9 voti soltanto. Salvo sorprese, quello che scaturirà dalle elezioni di giugno avrà maggioranze più liquide, meno prevedibili. Le scommesse sono aperte.

Il Sole 24 ore

L'articolo Si chiama Difesa la priorità dell’Europa proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Tutta la mia stima a Lula, chiaro, conciso, senza peli sulla lingua e con le "palle".
ilsole24ore.com/art/lula-a-gaz…


Superlativa Stella Assange. Bella risposta all'arroganza della capo criminale UE.
imolaoggi.it/2024/02/16/morte-…


I nostri pseudopolitici, sempre prodighi a commentare ed accusare gli altri, ma non fanno nulla per le loro mancanze. Va tutto bene, l'Italia va bene. Ipocriti allo stato puro.
lindipendente.online/2024/02/2…


Non sapevo che il ministro inutile che usa i treni pubblici per scopi personali, intendesse di politica estera. Certo che è divertente leggere il litigio tra 2 somari.. bella lotta
ilfattoquotidiano.it/2024/02/2…


Lezioni ucraine per Italia ed Europa. Il report Iai


Non solo fonte di preziose lezioni dal punto di vista militare, ma anche occasione di spunti di riflessione sulla cooperazione tra settore pubblico e settore privato, sull’importanza dell’investire nell’apparato militare-industriale, sull’assetto politico

Non solo fonte di preziose lezioni dal punto di vista militare, ma anche occasione di spunti di riflessione sulla cooperazione tra settore pubblico e settore privato, sull’importanza dell’investire nell’apparato militare-industriale, sull’assetto politico e geopolitico dell’Italia e dell’Unione Europea, e anche sul loro rapporto con l’Alleanza Atlantica. A due anni dall’inizio del conflitto, la guerra in Ucraina ha suscitato riflessioni in questi e in altri campi. Riflessioni che sono state oggetto del report “Le implicazioni strategiche della guerra in Ucraina per l’Italia” pubblicato dall’Istituto Affari Internazionali e presentato presso la Sala della Regina della Camera dei Deputati nella mattina di martedì 20 febbraio.

Dopo i saluti portati dal vicepresidente della Camera dei Deputati Giorgio Mulè e dal presidente dello Iai Ferdinando Nelli Feroci, che hanno sottolineato quanto sia cruciale per il nostro Paese elaborare le lezioni e tattiche e strategiche del primo conflitto su larga scala scoppiato in Europa sin dai termini della seconda guerra mondiali, gli esperti del programma “Difesa e Sicurezza” dell’Istituto hanno presentato i punti principali del report.

Affermando come l’invasione russa dell’Ucraina sia stata, nella sua tragicità una doccia fredda, ma chiarificatrice: essa ha evidenziato come nel rapporto di coesistenza tra Nato ed Unione Europea l’Alleanza Atlantica abbia ancora la supremazia per quel che riguarda la difesa, ma allo stesso tempo ha rimarcato quanto sia cogente un rafforzamento delle capacità di difesa europea, con la sua lentezza nel sistema produttivo e nel processo decisionale. Inoltre, “la guerra in Ucraina dev’essere uno stimolo per l’Italia nell’approcciarsi al Mediterraneo Allargato, suo focus prioritario in simultanei fora, senza però trascurare le priorità generali dell’Alleanza” rammenta la responsabile di ricerca nei programmi Difesa e Sicurezza dello Iai Karolina Muti. Mentre l’intervento di Alessandro Marrone, responsabile del programma Difesa dell’Istituto, sottolinea le lezioni di carattere operativo che si possono trarre dal conflitto in corso tra Kyiv e Mosca, attraverso tutti e cinque i domini operativi in cui esso viene combattuto. Lezioni su cui “Adattare il sistema della difesa italiano a una realtà di guerra su larga scala in Europa, superando le sue criticità peculiari”.

Temi che vengono ripresi e sviluppati nel dibattito che segue alla presentazione del documento. La Nato rappresenta a oggi un vero scudo di libertà e democrazia, come rimarca l’Ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, Capo di Stato Maggiore della Difesa, il quale ripropone la visione di un confronto su base decennale con la Russia, visione già esposta in passato dal Segretario Generale dell’Alleanza Jens Stoltenberg. Un confronto che non si terrà però soltanto lungo il cosiddetto “Eastern Flank”, ma anche in altre parti del mondo. Come ad esempio il continente africano. Il conflitto in Ucraina segna infatti un punto di cesura, un confronto tra il vecchio e il nuovo. Un nuovo che è anche urgente: “Per l’Europa servono un nuovo design geopolitico e un nuovo design costituzionale. O si fa l’Unione subito, o diventa complicato”, avverte Giulio Tremonti, presidente della Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati. Superando anche le divisioni interne all’Unione stessa. Senza il convinto sostegno europeo la resistenza ucraina avrebbe avuto ben altra sorte. Ma senza quello inglese e americano, il sostegno europeo non sarebbe stato sufficiente. È necessaria “un’operazione di restart”, come la definisce la presidente della Commissione Affari Esteri e Difesa del Senato Stefania Craxi (che inizia il suo intervento ricordando l’oppositore politico russo Alexei Navalny, morto in circostanze misteriose pochi giorni fa), che va elaborata tenendo alla mente i processi d’adesione all’Unione attualmente in corso, compreso quello di Kyiv.

Il dubbio è: come avviare questo processo? Secondo Lorenzo Guerini, presidente del Copasir ed ex-ministro della Difesa, ci si deve concentrare su punti centrali come il destinare il 2% del Pil alle spese della difesa, che sono “non solo un requisito necessario dell’Alleanza, ma un passo fondamentale per mantenere efficiente il nostro strumento di difesa e sicurezza” o sulla collaborazione tra istituzione pubbliche e attori privati, punto ripreso anche dal presidente di Leonardo Stefano Pontecorvo.

“Possiamo vedere aspetti positivi nella risposta all’aggressione russa, come la reazione di sostegno all’Ucraina immediata e all’unisono nel nostro Paese, un’attitudine positiva a riorganizzare il nostro sistema produttivo, e una nuova responsività geopolitica, come il lancio di Aspides dimostra, Ma ci sono anche cose che non funzionano. Nella guerra ibrida parliamo troppo poco di cyber e di dominio cognitivo, siamo tutti i giorni oggetto di stratcom ma sottovalutiamo quetso fenomeno. Oggi le guerre non le combattiamo soltanto nelle trincee”, chiosa il sottosegretario alla Difesa Matteo Perego di Cremnago, nella summa di tutti gli spunti usciti durante la presentazione del report.


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