“L’Occidente non tramonta”, Giacalone in Fondazione per la seconda lezione della Scuola di Liberalismo
“Dopo la fine della Guerra fredda e il crollo dell’Unione sovietica, con l’avviarsi della globalizzazione, il mondo è cresciuto quanto mai prima. Centinaia di milioni di persone sono state sottratte alla fame. Se la globalizzazione è una colpa allora va rivendicata con orgoglio”. Lo ha detto il direttore de La Ragione, Davide Giacalone, che questa sera ha tenuto, nell’aula Malagodi della Fondazione Luigi Einaudi, di cui è vicepresidente, la seconda lezione, dal titolo: “L’Occidente non tramonta”, della Scuola di Liberalismo 2024.
Viviamo nell’area più ricca, libera, sana e longeva del mondo, ha osservato, “eppure non si sente che parlare delle colpe occidentali, del declino, della soccombenza, della debolezza, della povertà e così andando con difetti e drammi. Che non mancano, perché le cose peggiori prodotte dalla storia sono quelle che pensano d’essere perfette. Mentre noi siamo orgogliosamente imperfetti”.
Di fronte ai numerosi partecipanti, che al termine della lezione hanno dato vita a un interessante dibattito sul tema oggetto della lezione, Giacalone ha spiegato il perché di questo lento e progressivo mutamento. “C’è una radice profonda, in quell’antioccidentalismo degli occidentali, e va cercata nella paura della libertà, che comporta sempre una collettiva e personale responsabilità. Molti orfani delle ideologie novecentesche non apprezzano la libertà di sognare e realizzare, ma tremano alla mancanza delle false certezze. Senza le quali si vive assai meglio”.
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Service Learning: le indicazioni e i suggerimenti sono presenti in un nuovissimo documento, liberamente scaricabile, che costituisce l’esito di un percorso di confronto e ricerca avviato nel 2021 nell’ambito delle attività del pr…
Ministero dell'Istruzione
#NotiziePerLaScuola Service Learning: le indicazioni e i suggerimenti sono presenti in un nuovissimo documento, liberamente scaricabile, che costituisce l’esito di un percorso di confronto e ricerca avviato nel 2021 nell’ambito delle attività del pr…Telegram
Frode IVA da 195 milioni di euro attraverso la vendita di smartphone in 17 paesi (Italia compresa)
Il 28 febbraio sono state arrestate 14 persone, ritenute responsabili di aver orchestrato una massiccia frode IVA da 195 milioni di euro in 17 paesi.
Gli arresti sono il risultato di un'indagine condotta dalla Procura europea (#EPPO) a Monaco di Baviera e Colonia (Germania) con il sostegno di #EUROPOL.
Oltre 180 perquisizioni sono state effettuate contemporaneamente in Albania, Austria, Cipro, Croazia, Cechia, Estonia, Germania, Ungheria, Italia, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Svezia e Regno Unito, che hanno impegnato oltre 680 investigatori del fisco e della polizia.
Durante le perquisizioni, sono state sequestrate ingenti quantità di smartphone, per un valore di oltre 15,3 milioni di euro, uno yacht, del valore di 3 milioni di euro, e 1,2 milioni di euro in contanti e criptovalute, nonché diverse autovetture, tra cui una Rolls Royce, una BMW e una Range Rover. Nelle residenze degli indagati sono stati trovati anche gioielli, orologi di lusso e 2,5 chilogrammi d'oro.
Dall'indagine è emerso che i presunti organizzatori del sistema di frode in materia di IVA hanno creato un complesso ecosistema criminale, che ha consentito loro di frodare fino a 195 milioni di EUR attraverso diversi schemi criminali che prevedevano la vendita di piccoli dispositivi elettronici, come gli smartphone.
Gli indagati hanno utilizzato catene fraudolente di commercianti svanite senza adempiere ai loro obblighi fiscali.
Gli stessi organizzatori di questi schemi di frode IVA nel 2020 erano entrati nel mercato delle mascherine protettive. La società gestita dai sospetti li acquistò da un commerciante scomparso e li incanalanò attraverso diverse società cuscinetto per mascherare la loro destinazione finale.
Sulla carta, la loro azienda aveva sede a Hong Kong, ma le mascherine si trovavano in realtà in un magazzino in Germania e sono rimaste lì fino a quando il Ministero Federale della Salute tedesco non le ha acquistate dall'azienda apparentemente con sede a Hong Kong. Secondo l'indagine, né l'azienda all'inizio della catena di approvvigionamento, né l'azienda con sede a Hong Kong, hanno rimborsato al Ministero l'IVA che avevano ricevuto sulla vendita delle mascherine.
Gli arresti sono il risultato di anni di investigini condotte da un certo numero di uffici investigativi fiscali tedeschi a Berlino, Bielefeld, Cottbus, Münster e Norimberga. Questa impresa ha potuto contare anche sul sostegno di Europol ed Eurojust. In Germania, questi includevano il Polizeipräsidium (Polizeipräsidium) del Nordhessen e del Brandeburgo, nonché gli uffici di polizia criminale dello Stato (Landeskriminalamt) del Brandeburgo e di Berlino.
Il caso fu aperto presso Eurojust nel 2021 su richiesta del procuratore europeo delegato tedesco.
EU Digital Identity Regulation (eIDAS): Pirates don’t support blank cheque for surveillance of citizens online!
The EU Parliament today approved a new EU regulation on digital identity (eIDAS 2) against the votes of the Pirates and their group: According to the law, a new digital identity app will enable EU citizens to access public and private digital services such as Facebook or Google and to pay online. The deal was approved despite IT security experts and scientists publicly warning against mass surveillance and recently countering disinformation by the EU.
“This regulation is a blank cheque for surveillance of citizens online, endangering our privacy and security online”, comments Pirate Party lawmaker Patrick Breyer. “Browser security is being undermined, and overidentification will gradually erode our right to use digital services anonymously. Mark Zuckerberg should have no right to see our ID! Entrusting our digital lives to the government instead of Facebook and Google is jumping out of the frying pan and into the fire. This deal sacrifices essential requirements the European Parliament had put forward to make the eID app privacy-friendly and secure. The EU misses the opportunity to establish a trustworthy framework for modernization and digitization. We will watch the implementation very closely.”
Pirates Mikulas Peksa and Patrick Breyer worked until the last minute to try and fix at least some of the numerous risks of the EU digital identity scheme. In a major victory, Member States will not be obliged to assign a single unique ID number to every citizen. Signing up for the eID app will be voluntary, and it will remain possible to access public and private services by other existing identification and authentication means. The app client will be open source.
„Overall though the scheme remains a blank cheque for surveillance of citizens online“, concludes Breyer. „As hundreds of scientists publicly warn and contrary to what the EU claims, web browser manufacturers could be forced to expose our securely encrypted Internet use (including intimate and sensitive activities) to government surveillance. This is an unacceptable attack on secure encryption. The eID apps can also be used to monitor our digital lives because there is no requirement of unobservability and unlinkability. The content of our eID wallets (potentially bringing together personal banking data, medical prescriptions and criminal records) could be monitored via central databases because we have no right to store documents exclusively on our personal devices.
The lure of conveniently signing in to private digital services using a single official eID app is a trap. Overidentification will gradually erode our right to use digital services anonymously which currently keeps us safe from criminal activity, unauthorised disclosure, identity theft, stalking and other forms of abuse of personal data. The eID app will not allow for multiple, truly separate user profiles which vulnerable persons rely on.
The server-side code of the eID wallet will not have to be open source, meaning the public cannot know what the code actually does and if it is safe.
In view of all this, the new EU eID app will not be trustworthy and will fail to sufficiently encourage the development of digital and eGovernment services in Europe – much to the Pirates regret.“
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Ministero dell'Istruzione
Dopo un costruttivo confronto con il #MIM, l'ANAC ha dato parere favorevole alla possibilità che le scuole proseguano autonomamente nelle procedure di acquisto per l’organizzazione di viaggi d’istruzione, stage linguistici e scambi culturali e per i …Telegram
GAZA. Uccisi a decine in fila per il pane. I morti superano i 30.000
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di Eliana Riva –
Pagine Esteri, 29 febbraio 2024. Oggi Israele ha ucciso circa 100 persone tra le migliaia in attesa dell’arrivo dei camion di aiuti umanitari lungo Al Rasheed street, nel nord di Gaza. Più di mille i feriti ma il bilancio potrebbe aggravarsi. Uno dei camion che avrebbe dovuto consegnare farina alla popolazione affamata è stato tragicamente utilizzato per trasportare decine di feriti verso ciò che resta degli ospedali. Intanto, almeno sei bambini sono morti per malnutrizione, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
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A quasi cinque mesi dall’inizio dei bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza sono state uccise 30.000 persone. I due terzi sono donne e bambini. L’1% della popolazione è stata spazzata via. Ma i numeri potrebbero essere addirittura ottimistici: decine di migliaia di persone sono morte fuori dagli ospedali e sono state sepolte dai propri familiari, o sono rimaste intrappolate sotto le macerie delle case distrutte.
Dal 7 ottobre, dopo l’attacco di Hamas in Israele che ha ucciso circa 1.200 persone e ne ha fatte prigioniere circa 250, i bombardamenti israeliani hanno colpito prima il nord della Striscia e hanno continuato poi verso il centro e il sud. Alla popolazione è stato ordinato di evacuare e sono state indicate “zone sicure” che sono state a loro volta colpite. Mentre l’esercito entrava a Gaza sui carri armati, 1,8 milioni di persone su una popolazione di 2,3 milioni, diventava sfollata.
Il nord della Striscia di Gaza è stato completamente distrutto. Quello che le bombe non sono riuscite a colpire è stato appianato dai mezzi militari: sono stati demoliti con l’esplosivo interi quartieri residenziali ma anche moschee, scuole, università. Le ruspe hanno distrutto campi sportivi e abbattuto i resti di numerose case rimaste in piedi.
Durante il cessate il fuoco di fine novembre, quando Hamas e Israele hanno concordato uno scambio di prigionieri, i palestinesi che hanno provato a ritornare nel nord di Gaza hanno trovato a fermarli i checkpoint dell’esercito, che li hanno rimandati indietro anche sparando sulla folla. Chi è rimasto nel nord della Striscia vive oggi fame e povertà estreme.
Sono 582 i soldati israeliani morti nei combattimenti con Hamas nel nord di Gaza.
Né l’Egitto né Israele permettono ai giornalisti di entrare nella Striscia. Alcune delle più importanti testate internazionali hanno avuto il permesso di farlo da “embedded”, ossia insieme all’esercito e stipulando un accordo secondo il quale tutto il materiale prodotto sarebbe stato visionato dai soldati, dei quali i giornalisti si impegnavano ad accettare la censura. Un gruppo di oltre 50 giornalisti di varie testate, tra le quali CNN, Sky News, ABC, NBC e CBS, hanno inviato una lettera aperta alle autorità israeliane ed egiziane nella quale chiedono che sia permesso il libero accesso dei giornalisti a Gaza e che venga garantita la sicurezza dei giornalisti palestinesi che lavorano nella Striscia. Fino al 29 gennaio sono stati più di 100 i giornalisti uccisi dall’esercito.
Nel sud di Gaza la situazione non è migliore. Sono circa 1 milione e 200 mila le persone sfollate che si sono rifugiate nella zona. Intere famiglie in una stanza, quelle che sono riuscite a trovarne una libera e che hanno le possibilità di permettersi di pagare un affitto. Tutte le altre per strada, nelle tende costruite con qualsiasi cosa potesse servire a proteggere dalla pioggia che allaga comunque i campi profughi improvvisati, dove non esistono bagni né elettricità, non c’è acqua. Le Nazioni Unite hanno denunciato che Israele non permette ai camion di aiuti ammassati al confine con l’Egitto o ai valichi di entrare nella Striscia. Le famiglie sono costrette a mangiare ciò che trovano tra i rifiuti e gli scarti marciti. La fame e le malattie potrebbero uccidere più persone di quelle morte fino ad oggi. L’ONU ha fatto sapere che 576.000 persone nella Striscia sono sull’orlo della carestia. Si tratta del 25% dell’intera popolazione. Il Word Food Program ha dichiarato che nel nord di Gaza i bambini sotto i due anni soffrono di grave malnutrizione e che 155.000 donne incinte o che allattano non hanno accesso a cibo nutriente.
Gli ospedali sono stati attaccati e la maggior parte è completamente fuori servizio. I cecchini sono appostati sui tetti delle case e nei mezzi blindati e i medici denunciano un alto numero di vittime, anche tra i bambini, colpiti alla testa dai fucili di precisione. Nelle strutture ospedaliere ormai da mesi si opera in condizioni estreme. Le amputazioni, numerose, dovute alle ferite causate dall’abbattimento delle case o dai bombardamenti nelle strade, sono effettuate da mesi ormai spesso senza anestesia, con strumenti assolutamente inadeguati. Molti tra i medici e il personale sanitario sono stati arrestati. Come centinaia di altre persone, che non si sa dove siano state portate. Molti tra coloro che sono stati rilasciati dall’esercito, hanno denunciato di essere stati sottoposti a torture.
Le Nazioni Unite e la Mezzaluna Rossa palestinese hanno denunciato che le ambulanze vengono colpite dall’esercito nonostante il loro passaggio sia stato concordato con i militari.
La popolazione di Rafah, ossia la maggior parte della popolazione dell’intera Gaza, attende con terrore l’attacco militare che Israele ha annunciato. Senza l’UNRWA, l’Organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa dei profughi palestinesi, con la Mezzaluna Rossa che ha sospeso gli interventi perché non è in grado di garantire la sicurezza del personale, che viene regolarmente attaccato e ucciso, con gli ospedali fuori servizio, danneggiati o affollati dai feriti e dai profughi, un attacco militare potrebbe portare a conseguenze che al momento sembrano essere addirittura inimmaginabili.
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Nonostante le proteste degli agricoltori, l'Ue approva la Legge sul ripristino della natura - L'INDIPENDENTE
lindipendente.online/2024/02/2…
In Cina e in Asia – Xinjiang, bloccato accordo Ue sulla sostenibilità aziendale
I paesi dell’Ue bloccano la legge sulla due diligence sulla sostenibilità aziendale
Country Garden, il creditore presenta richiesta di liquidazione
L’inviato cinese per gli Affari euroasiatici sarà di nuovo in Ucraina e Russia
Li Qiang: “Gli Stati uniti devono evitare il disaccoppiamento dalla Cina”
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Dialoghi – Smetto quando voglio
In Cina fuma circa un quinto della popolazione, che in un anno consuma più o meno la metà delle sigarette vendute in tutto il mondo. Il tasso di fumatori è in leggero calo, soprattutto nelle zone urbane, ma rimane a un livello molto più alto che nel resto del pianeta.
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Oggi a Mosca i colloqui con Fatah, Hamas e altre 10 organizzazioni palestinesi
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della redazione
(nella foto di archivio il presidente dell’Anp Abu Mazen e il leader di Hamas Ismail Haniyeh)
Pagine Esteri, 29 febbraio – Russia scende in campo con più decisione nella crisi mediorientale e la guerra a Gaza e si offre di mediare tra Hamas e Fatah, il partito del presidente dell’Anp Abu Mazen, nemici dal 2007. Da oggi fino al 2 marzo si svolgerà a Mosca un incontro con 12 formazioni palestinesi finalizzato, almeno secondo alcune parti, a dare vita a un governo di unità nazionale, in sostituzione di quello guidato da Mohammed Shttayeh che ha dato le dimissioni a inizio settimana.
Tuttavia questo esecutivo, che la popolazione palestinese invoca da anni, difficilmente vedrà la luce. Il ministro degli esteri dell’Anp, Riad al Malki, ha avvertito che «non bisogna aspettarsi miracoli». L’Anp a Mosca ci va, a quanto pare, per preparare il terreno a un governo tecnico di cui Hamas non dovrà fare parte. A precisarlo è stato proprio Al Malki. «Ora non è il momento per un governo di coalizione nazionale…Non è il momento giusto per un governo di cui Hamas faccia parte, perché in questo caso verrà boicottato da diversi paesi, come è successo prima e non vogliamo trovarci in una situazione del genere. Vogliamo essere accettati e impegnarci nella comunità internazionale».
Parole che non hanno fatto piacere al capo dell’ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh, che ieri in occasione di una conferenza ha escluso che «ciò che non è stato ottenuto con la forza (a Gaza con l’offensiva militare israeliana, ndr) possa essere realizzato con manovre politiche». Haniyeh ha chiesto finanziamenti e armi al mondo arabo, affermando la volontà del movimento islamico di continuare a combattere le truppe israeliane se non sarà raggiunto il cessate il fuoco. Pagine Esteri
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Ministero dell'Istruzione
Oggi al #MIM, il Ministro Giuseppe Valditara ha incontrato i rappresentanti regionali delle Consulte provinciali studentesche che fanno parte del nuovo Ufficio di Coordinamento Nazionale.Telegram
Metano sui pianeti nani ghiacciati: la scoperta degli scienziati l Passione Astronomia
"La Fascia di Kuiper è una grande regione a forma di ciambella ricca di corpi ghiacciati oltre l’orbita di Nettuno. [...] Questi corpi probabilmente si sono formati all’inizio della storia del nostro sistema solare, circa 4,5 miliardi di anni fa. Lontani dal calore del nostro Sole, si credeva che fossero oggetti freddi e morti."
I servizi a tutela di industria, spazio e difesa. Ecco la Relazione dell’Intelligence
L’industria nazionale dell’aerospazio e della difesa (As&d) non solo ricopre un ruolo fondamentale all’interno dell’architettura di sicurezza del Paese in quando fornitore di piattaforme e sistemi, ma è essa stessa un asset strategico fondamentale sia come principale fonte di innovazione tecnologica, sia come strumento di proiezione commerciale italiana all’estro. A riportarlo è stata l’ultima Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza presentata dal Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica, l’insieme degli organi di Intelligence della Repubblica (Cisr, Dis, Aise e Aisi) al Parlamento. Il documento, che ogni anno informa sulla politica dell’informazione per la sicurezza e sui risultati ottenuti l’anno precedente dal comparto, ha sottolineato in particolare quanto, “anche alla luce della crescente conflittualità che caratterizza il contesto internazionale” l’industria As&d continui “a costituire un presidio strategico per la tutela della sicurezza nazionale”.
Come registra la Relazione, però, proprio per questa centralità e strategicità l’intero settore ha attirato l’interesse anche di attori stranieri, le cui intenzioni e obiettivi non sempre sono in linea con quelli del sistema-Paese. Ne è un esempio proprio il comparto della difesa, che come registra il documento nel 2023, “in un quadro di aumentati attriti geopolitici”, è stato attivato nel contesto del “processo di rinnovamento di taluni sistemi d’arma, soprattutto nel comparto terrestre”. Se i vari programmi, e le relative gare di assegnazioni, hanno richiamato l’interesse anche di operatori stranire, con opportunità positive per le realtà nazionali, è altrettanto vero che queste stesse attenzioni portano con sé alcuni rischi. Primo fra tutti quello di una “marginalizzazione nell’ambito di possibili partnership” delle aziende italiane attraverso una “suddivisione non favorevole per i nostri operatori” di rischi e opportunità. Altra minaccia, più diretta in questo caso, sono le “ingerenze all’interno di progetti europei o di joint venture” e le “interferenze straniere nella proiezione degli attori italiani sui mercati internazionali”, a cui le Agenzie di sicurezza hanno rivolto particolare attenzione, cogliendone eventuali segnali e monitorando i tentativi di acquisizione di realtà italiane, in particolare “di piccole e medie realtà di settore, talvolta connotate da elevato contenuto tecnologico”.
Un approccio simile è stato mantenuto dalla nostra Intelligence anche per quanto riguarda il settore spaziale, riconoscendone il ruolo ormai centrale all’interno della competizione internazionale, le cui tensioni si riverberano ormai in maniera sempre più decisa anche oltre l’atmosfera. In particolare, a interessare i nostri servizi di sicurezza è la nuova evoluzione che sta assumendo il comparto con l’ingresso nel settore dei privati. Anche in questo caso, infatti, il ruolo dei Servizi è stato quello di monitorare sulla sicurezza e la tutela delle realtà nazionali, soprattutto alla luce della proiezione globale delle aziende italiane all’estero. Naturalmente, l’attenzione del Sistema di informazione si è rivolta a tutti i segmenti dello spazio italiano, uno tra i pochi a livello globale a poter esprimere una filiera completa dall’osservazione della Terra all’accesso alle orbite.
Un’area dove si è rivolto in particolare il focus dell’Intelligence è stata quella dei lanciatori, un settore dove l’Italia gioca un ruolo da protagonista soprattutto a livello europeo e dove si concentra in particolare la presenza dei privati e l’introduzione di nuove tecnologie. Nel 2023, del resto, si è tenuto il summit spaziale dell’Esa a Siviglia, che ha posto il tema del futuro dei vettori europei al centro dell’agenda. In Spagna, l’Agenzia europea ha anche presentato l’intenzione di separare la commercializzazione dei servizi messi a disposizione dalle due famiglie di lanciatori europei, l’Ariane francese e il Vega italiano, con l’accordo tra Arianespace (che attualmente si occupa della commercializzazione di entrambi) e Avio (che realizza i Vega) da finalizzare entro la metà del 2024.
Altro settore al quale si è rivolta l’azione del Sistema di informazione della Repubblica è stato quella dei satelliti, Del resto, è ormai assodato il ruolo cruciale che i satelliti giocano nell’architettura della sicurezza nazionale: dall’osservazione delle attività sulla superficie terrestre, al rilevamento di potenziali minacce, fino alle comunicazioni strategiche, l’infrastruttura orbitale è una componente essenziale della difesa e della sicurezza del nostro Paese. Anche in questo caso, assicurare la protezione di un asset così strategico passa per la tutela delle aziende che mettono a disposizione i loro sistemi e le loro piattaforme. Per questo l’Intelligence nazionale si è mossa a tutela dell’intera catena del valore, in un segmento – tra l’altro – interessato dalla presenza di rilevanti joint venture europee.
Riforma dell’intelligence. Ecco cosa dicono Mantovano e Guerini
La scossa di Draghi all’Ue
Educazione, ricerca, formazione, energia, dazi, Cina, mercato unico, investimenti, transizione ecologica, intelligenza artificiale, Stato sociale e debito pubblico. Ruota attorno a queste parole l’intervento che Mario Draghi ha fatto ieri al Parlamento di Strasburgo davanti alla conferenza dei presidenti di commissione. Il terzo confronto con i rappresentanti delle principali istituzioni Ue, dopo quelli avuti con il collegio dei commissari e con l’Ecofin. Ed è proprio agli eurodeputati che l’ex premier ha rivelato di aver lanciato una stoccata ai ministri delle Finanze, dunque ai governi, nell’incontro di sabato allo stadio di Gand: «Mi hanno chiesto qual è l’ordine in cui queste riforme andrebbero fatte – ha raccontato Draghi –. Io non ho idea di quale sia l’ordine, ma posso dire solo una cosa: per favore fate qualcosa. Scegliete voi cosa, ma fatelo. Non potete passare altro tempo dicendo di no a tutto».
Chi lo ha ascoltato ha colto un messaggio indirizzato in particolar modo al governo tedesco, anche se l’ex numero uno della Bce non ha citato per nome nessuno dei ministri. Al di là di questo dettaglio, il suo ragionamento ha fatto trasparire una visione dell’Europa dai tratti federalista, soprattutto quando – in risposta a chi gli ricordava che spesso negoziare con i governi è difficile – ha invitato gli eurodeputati a non abbassare la testa. «Il Parlamento europeo è molto più ambizioso dei vari Consigli e se posso permettermi un consiglio, dovreste mantenere questa ambizione. Spero che gli altri vi seguiranno». Nel futuro immediato bisognerà prendere «decisioni cruciali» che comporteranno «discussioni difficili» e che richiederanno «alle nostre istituzioni e ai governi nazionali di fare scelte difficili». Ma si tratta di decisioni fondamentali perché «determineranno la capacità dell’Europa di tenere il passo con i suoi concorrenti globali negli anni a venire».
Draghi, su mandato di Ursula von der Leyen, sta lavorando a un rapporto sulla competitività che sarà presentato dopo le elezioni e che servirà da base di lavoro alla prossima Commissione. Ma, a giudicare dai suoi interventi, «il livello di ambizione» del suo lavoro sembra destinato ad andare al di là della questione competitività. Dalle sue parole emerge una chiara visione dell’Unione europea che a suo modo di vedere è chiamata a fare passi decisi e decisivi in avanti per non rimanere indietro. Ma lui stesso ha avvertito chi coltiva aspettative eccessive: «Io non ho la bacchetta magica”. Piuttosto bisogna definire «il minimo comune denominatore» per «ritrovare la capacità di agire insieme nell’interesse collettivo». Il problema è che la ricerca del minimo comune denominatore, soprattutto tra i governi, spesso si trasforma in un gioco al ribasso.
Anche in un altro passaggio del suo intervento Draghi è sembrato lanciare un messaggio alla Germania e agli altri Paesi che hanno puntato i piedi sulla riforma del Patto di Stabilità. Sul compromesso uscito dal negoziato traspare un giudizio piuttosto critico perché le nuove regole non sembrano favorire la competitività, che richiede una mole enorme di investimenti privati e pubblici. «Qual è il livello di debito pubblico tollerabile? Quello degli Stati Uniti (circa il 123% del Pil, ndr) oppure il 60% previsto dal vecchio e dal nuovo Patto di Stabilità?». Una domanda alla quale Draghi ha indubbiamente una sua risposta. C’è poi la questione del debito comune a livello europeo e qui ha rivelato nuovamente di aver avuto un acceso confronto con un ministro: «All’Ecofin ho menzionato un fondo dedicato – ha raccontato agli eurodeputati – e uno subito mi ha detto che allora serve una vera unione fiscale. A me non importa: scegliete qualsiasi cosa risulti la migliore, anche un mix, ma fate qualcosa».
Oltre al confronto con gli Stati Uniti, ha fatto poi un riferimento all’altro attore globale con il quale l’Europa dovrebbe cercare di competere meglio: la Cina. «Come può l’Ue continuare con i dazi sull’import di auto dalla Cina al 10%, quando gli Usa hanno il 27% e Donald Trump ha già detto che, se eletto, li porterà al 67%?». Pechino «negli ultimi 15 anni ha largamente sovrainvestito in molte cose, una delle quali sono le auto elettriche, ma anche le tecnologie legate alle batterie, sussidiando tutto. Ora hanno un’immensa sovracapacità produttiva che scaricano su di noi».
Sul piano interno ha poi insistito sulla mancanza di formazione che provoca una carenza di forza lavoro, sulla scarsità dei finanziamenti privati alla ricerca, sull’importanza dell’educazione per garantire l’innovazione e sulla necessità di rivedere il funzionamento del mercato elettrico «perché il prezzo resta alto nonostante il gas sia sceso». Insomma, secondo Draghi le riforme non sono più rinviabili. Ma vanno fatte «con il consenso dei cittadini».
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Difesa comune europea, anche il Parlamento Ue accelera
Dopo l’annuncio da parte di Ursula von der Leyen di un Commissario europeo ad hoc per la difesa, la plenaria di Strasburgo compie un altro passo concreto verso la difesa comune: la prossima apertura dell’Ufficio per Innovazione Difesa a Kiev non solo ha lo scopo di dimezzare le distanze tra l’Ucraina e l’Europa, ma si pone come cemento per strutturare, in maniera ampia e condivisibile, l’innovazione della Difesa industriale. L’annuncio della presidente della Commissione europea in occasione del dibattito sul rafforzamento della Difesa europea, nella plenaria del Parlamento europeo, rappresenta un ulteriore step di una precisa politica continentale, resa ancora più urgente dai fronti bellici e dalla dipendenza europea dagli Usa.
Architettura di sicurezza europea
La posizione espressa da von der Leyen è che bisogna “iniziare a lavorare sul futuro dell’architettura di sicurezza europea, in tutte le sue dimensioni e con tutta la rapidità e la volontà politica necessarie, perché la verità è che non conviviamo con il conflitto solo dal 2022, ma da molto più tempo”. Individua due tipi di minacce, quelle più facilmente riconoscibili e quelle più confuse, come il soft power che incide nelle infrastrutture critiche più che sul campo di battaglia. Rivendicazioni che sono state portate avanti da tempo dal governo italiano, sia per bocca del presidente del consiglio, Giorgia Meloni, che del ministro degli esteri Antonio Tajani.
Parola d’ordine, dunque, efficienza, un traguardo che si può raggiungere concordando “su una migliore integrazione degli eserciti nazionali e su una produzione comune degli armamenti, che costa ma è necessaria, che, se fatta insieme, può consentirci di spendere e meglio Servono coraggio, realismo e buon senso”, come osservato in aula dal copresidente del gruppo ECR al Parlamento europeo Nicola Procaccini di Fratelli d’Italia, che ha chiesto un cambio di passo.
Ovvero, mentre negli ultimi 5 anni in quest’aula si è parlato molto di monopattini elettrici e farfalle, adesso è arrivato il momento di concentrarsi su geopolitica e di difesa militare. “L’idea della sinistra rossa e verde di fare dell’Europa una superpotenza erbivora ha occupato interamente l’agenda della Commissione europea e di conseguenza quella parlamentare”.
L’obiettivo adesso, secondo Procaccini, deve essere quello di rendere più saldo ed efficiente il pilastro europeo della Nato, mossa che servirà a rafforzare anche l’alleanza atlantica. “Per favore, non scandalizziamoci quando Trump viene a svegliarci dal nostro sogno verde. Non possono essere sempre gli altri a pagare o a morire per noi. Comunque oggi non è necessario dividersi sulla prospettiva di un esercito europeo. Che, consentitemi la digressione personale, la destra italiana sostiene da cinquant’anni, quando altri sostenevano l’Armata Rossa”.
Usa e Ue
Proprio il tema del legame militare tra vecchio continente e Stati Uniti è stato citato dal presidente del Partito popolare europeo (Ppe), Manfred Weber, secondo cui Washington non può difendere l’Europa per sempre ma “dobbiamo pensare a farlo da soli e per questa ragione rafforzare la difesa europea non è in contraddizione col dire che rafforzare le Nato è un pilastro per l’ Ue”. Il ragionamento riguarda in concreto l’ottimizzazione di risorse e mezzi, nella consapevolezza che “stiamo sprecando denaro”. Weber spiega nel dettaglio che è necessario, oggi più che mai, realizzare il mercato unico europeo, dal momento che gli americani hanno un tipo di carro armato, mentre l’Europa 17; gli americani hanno 30 sistemi d’armamento, l’Europa 160.
Le critiche
Dura la reazione del Movimento 5 Stelle, che definisce il piano riarmo von der Leyen un piano che rinuncia alla pace e si mette elmetto: “Fanno rabbrividire le parole della von der Leyen sulla necessità dell’Europa di prepararsi alla guerra con un piano straordinario di riarmo europeo. La nuova strategia di difesa europea preannunciata dal presidente della Commissione è la massima espressione di una politica bellicista che, di fronte al rischio di escalation della tensione con la Russia, invece di lavorare per riportare la pace in Ucraina e ricostruire una nuova architettura di sicurezza europea in un’ottica di distensione con una nuova conferenza di Helsinki, preferisce mettersi l’elmetto e imbracciare il fucile preparandosi allo scontro”.
Tabacco riscaldato e approccio all’innovazione: sistemi normativi a confronto
Indice dei documenti:
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Italia, Europa, Cina: influenze accademiche e squilibri economici
6 marzo 2024, ore 17:00 presso Sala Zuccari, Palazzo Giustiniani, Via della Dogana Vecchia, 29 – Roma
APERTURA
Sen. Giulio Terzi di Sant’Agata, Presidente 4′ Commissione Politiche dell’UE
L’INFLUENZA CINESE NEL MONDO ACCADEMICO E CULTURALE ITALIANO
PRIMA SESSIONE: 17.00 – 18.30
Giulia Pompili, Giornalista de Il Foglio
André Gattolin, già Senatore e Vice Presidente della Commissione affari esteri del Senato francese, membro onorario GCRL
Andrea Merlo, Membro del Consiglio scientifico GCRI
Antonio Stango, Presidente della Federazione Italian Diritti Umani
Luke de Pulford, Direttore esecutivo Inter-Parliamentary Alliance on China
Matteo Angioli, Moderatore
GLI INVESTIMENTI CINESI NELLE INFRASTRUTTURE MARITIME ITALIANE E EUROPEE
SECONDA SESSIONE: 18.30 – 20.00
Gianni Vernetti, Editorialista de La Repubblica, già Senatore e Sottosegretario agli Affari esteri
Marco Casale, Direttore responsabile di PortNews
Claudio Pagliara, Corrispondente Rai dagli Stati Uniti
Plamen Tonchev, Direttore unità Asia presso l’Institute of International Economic Relations; MERICS EU-China Policy Fellow
Simona Benedettini, Consulente indipendente politiche energetiche
Francesco Galietti, Scenarista e docente di analisi di rischio politico, LUISS Guido Carli; fondatore di Policy Sonar
Nicola Iuvinale, Analista presso Extrema Ratio
Ottavia Munari, Moderatore
CHIUSURA DEI LAVORI
Sen. Giulio Terzi di Sant’Agata, Presidente 4′ Commissione Politiche dell’UE
L'articolo Italia, Europa, Cina: influenze accademiche e squilibri economici proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
XVIII Concorso Nazionale "Tricolore Vivo" anno scolastico 2023/2024, promosso da A.Ge. Associazione italiana genitori della Regione Sicilia, è rivolto agli studenti delle scuole di ogni ordine e grado.
Ministero dell'Istruzione
#NotiziePerLaScuola XVIII Concorso Nazionale "Tricolore Vivo" anno scolastico 2023/2024, promosso da A.Ge. Associazione italiana genitori della Regione Sicilia, è rivolto agli studenti delle scuole di ogni ordine e grado.Telegram
Chat control: New EU government attempt to bulk search private messages and destroy secure end-to-end encryption
According to a document leaked by netzpolitik.org, the Belgian Council Presidency, led by conservative Home Affairs Minister Annelies Verlinden, proposes minor changes to the controversial EU Commission’s Chat Control 2.0 proposal (officially “child sexual abuse regulation”) in order to secure a majority among EU governments. The proposed “new approach” will be discussed on Friday in a Council working group and on Monday by the EU interior ministers.
Pirate Party Member of the European Parliament and most vocal opponent of chat control Patrick Breyer criticises:
“Now that the extension of voluntary chat control 1.0 has been agreed, EU Commissioner ‘Big Sister’ Johansson and her network are immediately go back to making general mass monitoring of our private messages mandatory and destroying secure encryption of our chats.
Verlinden’s claim that her proposal was ‘more targeted’ than the Commission’s is a brazen lie. Nothing is targeted about it, in the meaning of the European Court of Justice. In reality, the proposal again aims to impose on communications services the unreliable automated mass monitoring of private chats of citizens who are not even remotely connected to child sexual abuse. This destruction of the digital privacy of correspondence has unanimously and repeatedly been rejected by independent legal experts as likely illegal and subject to annulment in court. The proposed untargeted scanning of ‘parts’ of a service has also long been been officially rejected by the EU Council’s own legal service. Law enforcement paranoia about ‘threats’ and ‘risks’ does not justify deploying unreliable suspicion machines to search and expose the private and intimate communications of millions of law-abiding citizens.
Verlinden’s claim that her proposal would protect cyber security and encrypted data also constitutes disinformation. In reality, secure end-to-end encryption would be destroyed as a result of installing chat scanning technology on our private devices (so-called client-side scanning). Just a fortnight ago, the European Court of Human Rights banned such general weakening of secure end-to-end encryption because encryption protects us all from data theft and fraud. Secure encryption saves lives, the Belgian initiative jeopardises them.
With their minimal amendments, the intransigent Belgian hardliners are ignoring the alternative and much more effective measures proposed by the European Parliament to protect children: Security by design obligations for communications services, cleaning the open Internet, removal obligations – none of this is part of the Belgian initiative.
This latest attack on digital privacy of correspondence and secure encryption is doomed to fail both politically and legally. Likely Verlinden doesn’t even have her own government’s backing. By clinging to chat control mass surveillance, Verlinden will achieve nothing at all to better protect our children. Victims of abuse deserve politicians who are able to protect children effectively, in line with fundamental rights and in a court-proof way.”
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Disinformare: ecco l’arma di Mario Caligiuri e Alberto Pagani
La mente umana è un campo di battaglia dove si combatte una guerra fatta di narrazioni bugiarde. Una competizione strategica che plasma le percezioni, influenza le decisioni e avvelena le democrazie. Il saggio di Mario Caligiuri e Alberto Pagani, introdotto dal Comandante generale emerito dell’Arma dei Carabinieri, Giovanni Nistri, e scritto in collaborazione con la giornalista Michela Chioso, indaga origini, tattiche e implicazioni di questo nuovo terreno di scontro, a due anni dall’inizio della operazione militare speciale russa, una guerra a tutti gli effetti che sta ridefinendo la carta d’Eurasia.
A due anni da quando, il 24 febbraio 2022, le truppe della Federazione Russa ne hanno violato il confine, l’Ucraina è in stallo militare, il sostegno internazionale vacilla e Mosca si prepara alle elezioni presidenziali all’ombra della morte, in un carcere siberiano, del dissidente Aleksej Naval’nyj.
Nel pieno di una guerra a più dimensioni, il cui esito resta ancora incerto, Disinformare: ecco l’arma. L’emergenza educativa e democratica del nostro tempo (Rubbettino), narra le avventure e le disavventure della verità di un evento che sta cambiando il mondo.
Da qui parte il dialogo tra Mario Caligiuri, esperto di Intelligence e Pedagogia, e Alberto Pagani, docente di Sociologia con esperienze parlamentari: un confronto che affonda le sue radici nell’interesse condiviso per l’universo della Sicurezza.
Il saggio – introdotto dal Comandante generale emerito dell’Arma dei Carabinieri, Giovanni Nistri, e scritto in collaborazione con la giornalista Michela Chioso – è suddiviso in due parti: la prima centrata sulle questioni geopolitiche, la seconda di ispirazione umanistica. La narrazione segue i codici dell’intervista giornalistica e spiega come e perché siamo entrati nell’era della disinformazione.
Caligiuri e Pagani indagano il conflitto che serve a Mosca per confermarsi impero: non più impiego armato della forza ma guerra cognitiva che vede nella mente umana un campo di battaglia.
La disinformazione è la guerra e la prima vittima è la verità.
Nulla di nuovo sotto il sole, poiché da sempre le bugie sono parte costitutiva del conflitto: la differenza risiede neglistrumenti di diffusione, che ora includono piattaforme, come i social media globali, e siti di controinformazione per massimizzare l’efficacia delle strategie impiegate: pubblicità,deception, disinformazione, intossicazione e propaganda. Tattiche in grado di soggiogare e devitalizzare una società senza ricorrere alla forza o alla coercizione.
Sebbene la propaganda russa attiri su di sé grande attenzione, Pagani avverte: “la maggior parte delle notizie false è prodotta in casa nostra”. Storie che hanno dell’incredibile ma che pure proliferano, fino a diventare virali.
“L’antidoto alla disinformazione è l’istruzione” : lo ricorda Caligiuri con un richiamo alla consapevolezza:
fake news e complottismi non sono che la parte più evidente della questione. “La vera minaccia risiede nella disinformazione di Stato, la comunicazione istituzionale” che stritola le coscienze e sbriciola la fiducia nelle istituzioni.
Affrontare la sfida significa, quindi “proposte educative più funzionali, alta formazione per gli insegnanti e ampliamento dei saperi”. Perché la Scuola sia sempre più un vivaio dove germogliare e non l’arena dove competere. E in tale prospettiva “l’Intelligence si conferma scienza del futuro e merita pieno riconoscimento accademico “.
Questo libro – così lo compendia Caligiuri – “è un atto di responsabilità nel contrastare l’idea che la verità possa essere sacrificata sull’altare della menzogna e della propaganda”.
L’invito finale a mantenere elevati standard di fedeltà al vero. Un atto rivoluzionario in questa società dove la verità – lo estrinseca magnificamente il filosofo Byung-chul Han – “si disintegra in polvere di informazioni, spazzata via dal vento digitale”.
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In Cina e Asia – Qin Gang si è dimesso dalla carica di deputato
I titoli di oggi: Cina, l’ex ministro degli Esteri Qin Gang si è dimesso dalla carica di deputato Segreti di stato, Pechino approva emendamenti e preoccupa le aziende straniere Cina, pronta la normativa nazionale per regolare e-bike e scooter elettrici Coree, Cuba ufficializza le relazioni diplomatiche con il Sud Cina, Qin Gang si è dimesso dalla carica di deputato L’ex ...
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Buon compleanno Presidente! Attualità del pensiero economico di Luigi Einaudi
20 marzo 2024, ore 11:00 presso la Camera dei Deputati, Sala del Refettorio, Palazzo San Macuto, Roma
SALUTI ISTITUZIONALI
GIUSEPPE BENEDETTO, Presidente Fondazione Luigi Einaudi
INTRODUCE
ANDREA CANGINI, Segretario Generale Fondazione Luigi Einaudi
RELAZIONI A CURA DI
PROF. LORENZO INFANTINO, Luigi Einaudi e l’idea di Europa
PROF.SSA EMMA GALLI, Luigi Einaudi: la finanza straordinaria e il debito pubblico
PROF. PAOLO SILVESTRI, Buona società e buon governo: l’umanesimo liberale di Luigi Einaudi
CONCLUSIONI DEL MINISTRO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE GIANCARLO GIORGETTI
Per accedere alla Camera dei Deputati, per gli uomini è d’obbligo la giacca. Accredito con nome e cognome ad accrediti@fondazioneluigieinaudi.it
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Presentazione del libro “La Gogna” di Alessandro Barbano
28 marzo 2024, ore 18:00 presso l’Aula Malagodi della Fondazione Luigi Einaudi
SALUTI INTRODUTTIVI
GIUSEPPE BENEDETTO, Presidente Fondazione Luigi Einaudi
OLTRE ALL’AUTORE INTERVERRANNO
ALBERTO CISTERNA, Presidente di Sezione del Tribunale di Roma
ENRICO COSTA, Deputato della Repubblica Italiana
TULLIO PADOVANI, Professore emerito di Diritto penale presso la Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa e Accademico dei Lincei
MODERA
ANDREA CANGINI, Segretario Generale Fondazione Luigi Einaudi
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Lapidi, la Grande carestia in Cina
Il libro-inchiesta che ha portato alla luce l’immane eccidio provocato dal regime maoista dal 1958 al 1962.
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Disinformare: ecco l’arma di Mario Caligiuri, Alberto Pagani, Michela Chioso
La mente umana è un campo di battaglia dove si combatte una guerra fatta di narrazioni bugiarde. Una competizione strategica che plasma le percezioni, influenza le decisioni e avvelena le democrazie. Il saggio di Mario Caligiuri e Alberto Pagani, introdotto dal Comandante generale emerito dell’Arma dei Carabinieri, Giovanni Nistri, e scritto in collaborazione con la giornalista Michela Chioso, indaga origini, tattiche e implicazioni di questo nuovo terreno di scontro, a due anni dall’inizio della operazione militare speciale russa, una guerra a tutti gli effetti che sta ridefinendo la carta d’Eurasia.
A due anni da quando, il 24 febbraio 2022, le truppe della Federazione Russa ne hanno violato il confine, l’Ucraina è in stallo militare, il sostegno internazionale vacilla e Mosca si prepara alle elezioni presidenziali all’ombra della morte, in un carcere siberiano, del dissidente Aleksej Naval’nyj.
Nel pieno di una guerra a più dimensioni, il cui esito resta ancora incerto, Disinformare: ecco l’arma. L’emergenza educativa e democratica del nostro tempo (Rubbettino), narra le avventure e le disavventure della verità di un evento che sta cambiando il mondo.
Da qui parte il dialogo tra Mario Caligiuri, esperto di Intelligence e Pedagogia, e Alberto Pagani, docente di Sociologia con esperienze parlamentari: un confronto che affonda le sue radici nell’interesse condiviso per l’universo della Sicurezza.
Il saggio – introdotto dal Comandante generale emerito dell’Arma dei Carabinieri, Giovanni Nistri, e scritto in collaborazione con la giornalista Michela Chioso – è suddiviso in due parti: la prima centrata sulle questioni geopolitiche, la seconda di ispirazione umanistica. La narrazione segue i codici dell’intervista giornalistica e spiega come e perché siamo entrati nell’era della disinformazione.
Caligiuri e Pagani indagano il conflitto che serve a Mosca per confermarsi impero: non più impiego armato della forza ma guerra cognitiva che vede nella mente umana un campo di battaglia.
La disinformazione è la guerra e la prima vittima è la verità.
Nulla di nuovo sotto il sole, poiché da sempre le bugie sono parte costitutiva del conflitto: la differenza risiede neglistrumenti di diffusione, che ora includono piattaforme, come i social media globali, e siti di controinformazione per massimizzare l’efficacia delle strategie impiegate: pubblicità,deception, disinformazione, intossicazione e propaganda. Tattiche in grado di soggiogare e devitalizzare una società senza ricorrere alla forza o alla coercizione.
Sebbene la propaganda russa attiri su di sé grande attenzione, Pagani avverte: “la maggior parte delle notizie false è prodotta in casa nostra”. Storie che hanno dell’incredibile ma che pure proliferano, fino a diventare virali.
“L’antidoto alla disinformazione è l’istruzione” : lo ricorda Caligiuri con un richiamo alla consapevolezza:
fake news e complottismi non sono che la parte più evidente della questione. “La vera minaccia risiede nella disinformazione di Stato, la comunicazione istituzionale” che stritola le coscienze e sbriciola la fiducia nelle istituzioni.
Affrontare la sfida significa, quindi “proposte educative più funzionali, alta formazione per gli insegnanti e ampliamento dei saperi”. Perché la Scuola sia sempre più un vivaio dove germogliare e non l’arena dove competere. E in tale prospettiva “l’Intelligence si conferma scienza del futuro e merita pieno riconoscimento accademico “.
Questo libro – così lo compendia Caligiuri – “è un atto di responsabilità nel contrastare l’idea che la verità possa essere sacrificata sull’altare della menzogna e della propaganda”.
L’invito finale a mantenere elevati standard di fedeltà al vero. Un atto rivoluzionario in questa società dove la verità – lo estrinseca magnificamente il filosofo Byung-chul Han – “si disintegra in polvere di informazioni, spazzata via dal vento digitale”.
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Forse non tutti i Friulinuxiani sanno che... esiste un'istanza mastodon del LUG di Trieste
L'istanza è amministrata da @AdminLug@mastodon.lug.ts.it e si trova a questo indirizzo:
mastodon.lug.ts.it/public/loca…
Mastodon | Lug Trieste
Un'istanza di mastodon per la cittá di Trieste, ospitata sul server del Linux user Group TriestinoMastodon hosted on mastodon.lug.ts.it
I'm grateful for the service your account offers, but it's a shame that it's not possible to sort servers by number of active users. Unfortunately, the number of overall users is a value that rewards very old instances, even if they are practically dead
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Weekly Chronicles #65
Questo è il numero #65 di Privacy Chronicles, la newsletter che ti racconta l’Era Digitale e ti aiuta a preservare la tua libertà e la tua privacy.
Cronache della settimana
- Le vending machines ti osservano
- L’AI Act europeo è stato finalizzato, cosa ci aspetta
- Londra potenzia la sorveglianza di massa
Lettere Libertarie
- In Argentina arriva il carcere per chi stampa denaro
Rubrica OpSec:
- I consigli della NSA per usare lo smartphone
Le vending machines ti osservano
Vending.FacialRecognition.App.exe - Application Error
È il messaggio di errore che è apparso a uno studente della University of Waterloo mentre cercava di comprare una merendina da una vending machine del campus.
Lo studente ha poi postato l’immagine su Reddit, da cui è scaturito un intenso dibattito: “okay, perché le vending machines hanno il riconoscimento facciale?”
Qualcuno ha anche postato parte della privacy policy della vending machine:
“The facial recognition camera and video display signage on the front of the vending machine can collect data about the customer’s age and gender. Once the data has been sent to the control unit, the data can be combined with other information, such as local weather conditions and time of day. The platform can then send a message back to the video display to trigger targeted promotions to stimulate add-on sales in a single transaction.”
In generale gli utenti che hanno postato nel thread su Reddit sembravano abbastanza stupiti dalla possibilità che una vending machine avesse tali capacità — tanto da protestare con l’amministrazione dell’università, che è stata poi costretta a disabilitare la macchina.
Bene, ma non proprio. Purtroppo non è una novità che le macchinette abbiano capacità di riconoscimento facciale. Lavorando nel settore della privacy posso dirvi che da diversi anni il settore del vending ha fatto grandi passi in avanti nell’acquisizione di dati personali: riconoscimento facciale, profilazione, concorsi a premi e molto altro.
Per quanto riguarda il riconoscimento facciale, la questione è più complessa di ciò che sembra. Prima di tutto, bisogna distinguere tra riconoscimento facciale e analisi facciale.
Il primo implica la creazione di dati biometrici attraverso modelli applicati da algoritmi sulle immagini del viso in tempo reale. I dati biometrici creano poi dei codici univoci che descrivono e identificano matematicamente un singolo volto.
Viceversa, gli algoritmi di analisi facciale non creano modelli biometrici ma sono in grado di identificare caratteristiche comuni e distinguere tra vari elementi. Ad esempio, sono in grado di distinguere il genere di una persona (over 9000), esaminando il volto.
Nel secondo caso la macchina sa che siamo esseri umani, magari di genere maschile o femminile e di età compresa tra i 25 e i 30 anni, ma non crea dati biometrici che possono essere usati per identificarci tra miliardi di altre persone.
Inutile dire che il primo caso è molto peggio del secondo. Purtroppo non è facile come sembra scoprire con quale tipo di sistema abbiamo a che fare. Molte aziende produttrici di software e macchine usano il termine riconoscimento facciale impropriamente, per vendere meglio i loro prodotti. Altri invece lo usano davvero.
In alcuni casi addirittura le macchine vengono vendute con la capacità di riconoscimento facciale, senza neanche che il commerciante che le installa lo sappia.
Una cosa è certa: nell’Era Digitale dobbiamo presumere che ogni macchina abbia telecamere, microfoni e sensori ad hoc per acquisire i nostri dati e profilarci.
Il mondo sta cambiando: stupirsi di queste cose significa essere preda delle macchine, degli algoritmi, delle corporazioni e dei governi. Prenderne atto, usare la tecnologia con accortezza, e adeguarsi.
Niente siti web o app, niente tracking IP, nessun documento richiesto. Solo Telegram. Clicca qui per iniziare ad accumulare BTC con BitcoinVoucherBot!
L’AI Act europeo è stato finalizzato, cosa ci aspetta
Dopo lunghi anni di discussioni e ripensamenti, il testo finale dell’IA ACT è stato approvato dall’Unione Europea e sarà pubblicato in Gazzetta ad aprile 2024. Da quel momento inizieranno a decorrere i vari termini di efficacia delle diverse disposizioni.
Prima proiezione internazionale per “La rivoluzione di Ayten”
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Pagine Esteri, 28 febbraio 2024. Si è tenuta a Londra la prima proiezione internazionale del documentario “La rivoluzione di Ayten”, realizzato da Eliana Riva e prodotto da Pagine Esteri. Dopo la presentazione ufficiale del lavoro, è cominciato il tour di presentazioni che farà tappa in diversi Paesi europei e città italiane.
Il documentario racconta la storia di Ayten Öztürk, l’oppositrice politica turca che ha denunciato di essere stata rapita e torturata per sei mesi in un centro segreto di detenzione ad Ankara. La campagna per la sua liberazione ha coinvolto centinaia di persone in tutto il mondo ma la battaglia per la chiusura dei centri di tortura ha significato per Öztürk una repressione giudiziaria che l’ha costretta per tre anni agli arresti domiciliari. Pochi giorni fa è stata arrestata e rimane tutt’ora in carcere.
I raid della polizia turca hanno portato al fermo di decine di persone, tra cui gli avvocati della stessa Ayten, intervistati nel documentario insieme ad alcune delle madri degli oppositori politici arrestati o uccisi dalla polizia.
Il docufilm ripercorre la storia recente della repressione dentro e fuori dalle carceri, delle campagne di sciopero della fame per opporsi agli arresti di avvocati, insegnanti, musicisti e dell’uso politico dei tribunali e della giustizia.
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Centrale di riciclaggio internazionale mediante bit-coin tra il Napoletano, Lettonia e Lituania
Associazione per delinquere, riciclaggio, autoriciclaggio, ricettazione, intestazione fittizia di beni, bancarotta per distrazione, omessa dichiarazione dei redditi, nonché detenzione, diffusione e installazione abusiva di apparecchiature e altri mezzi atti a intercettare o interrompere comunicazioni informatiche o telematiche. Queste le accuse mosse dal Comando provinciale della #guardiadifinanza di Napoli, a seguito di indagini che hanno potato alla emissione di un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali e reali nei confronti di otto persone, emessa dal gip del Tribunale di Napoli, su richiesta della locale Procura della Repubblica.
La centrale di riciclaggio internazionale era attiva a Portici ed Ercolano. Una parallela misura cautelare è stata eseguita del comando provinciale di Lecce, nell’ambito di una squadra investigativa comune coordinata da Eurojust, alla quale hanno preso parte parte anche le autorità giudiziarie della Lettonia e della Lituania. Due degli arrestati italiani erano residenti a Riga e da lì dirigevano le società coinvolte, uno è ritenuto il capo dell'organizzazione.
Dietro il paravento di servizi di consulenza e promozione finanziaria operava una centrale di riciclaggio internazionale con sede a Portici ed a Ercolano, nel Napoletano, che offriva alla clientela un “pacchetto” di servizi finalizzato a delocalizzare ed investire all’estero proventi illeciti derivanti, tra l’altro, da frodi fiscali, truffe sui bonus edilizi e bancarotte fraudolente, con modalità tali da ostacolare l’identificazione dei beneficiari effettivi dei fondi riciclati.
I promotori del sodalizio avrebbero diretto e gestito un’articolata struttura organizzativa con ramificazioni anche in Paesi off-shore, che svolgeva in Italia una vera e propria attività bancaria occulta, attraverso un Istituto di moneta elettronica lituano e una società lettone ad esso collegata, assicurando alla clientela società fittizie intestate a soggetti “prestanome”, conti correnti gestibili interamente online attraverso un’applicazione scaricabile dai principali app store, carte di pagamento anonime nonché servizi di raccolta, custodia e trasporto di denaro contante.
Secondo l’accusa, gli indagati avrebbero movimentato, tra il 2018 e il 2023, oltre 2,6 miliardi di euro, proponendo il proprio servizio a oltre 6mila clienti (per lo più italiani, principalmente localizzati in Campania, Lombardia e Lazio) che avevano necessità di un meccanismo capace di “nascondere” agli occhi del fisco italiano e dell’autorità giudiziaria ingenti capitali di illecita provenienza.
Tra i clienti eccellenti della centrale di riciclaggio sgominata dalla Guardia di Finanza figurano anche elementi di spicco del clan dei casalesi e della 'ndrangheta. Poi ci sono studi medici, veterinari, professionali (anche legali) e un imprenditore napoletano già condannato per un'evasione fiscale di 70 milioni di euro.
Avvalendosi di 15 dipendenti, il sodalizio avrebbe offerto assistenza sia mediante un centralino telefonico, sia attraverso una chat online, pubblicizzando i servizi offerti su numerosi siti web e su un ebook. Secondo l’ipotesi investigativa, condivisa dal gip del Tribunale di Napoli, alla base del sistema di riciclaggio scoperto vi era una struttura organizzativa imponente, costituita da sedi occulte a Portici ed Ercolano, da forza lavoro specializzata e fidelizzata e da un caveau per la custodia del contante, individuato nel corso delle perquisizioni eseguite in collaborazione con il Nucleo speciale Tutela privacy e Frodi tecnologiche.
Gli indagati si sarebbero avvalsi anche di strumentazioni informatiche e telematiche per impedire e interrompere le comunicazioni relative a sistemi telefonici e telematici, allo scopo di evitare qualsiasi tipologia di sorveglianza, captazione e intercettazione da parte delle forze di polizia. Eseguita in collaborazione con le autorità giudiziarie della Lettonia e della Lituania, con la Procura della Repubblica di Lecce e con il Nucleo di Polizia economico-finanziaria a quella sede, che ha eseguito una misura cautelare personale e reale nell’ambito di un parallelo filone investigativo, l’indagine avrebbe permesso di accertare anche un’evasione fiscale attribuibile ai principali promotori del sodalizio per un imponibile netto di quasi 80 milioni di euro.
Contestualmente alle misure cautelari personali è eseguito il sequestro delle disponibilità finanziarie e del patrimonio degli indagati per un valore complessivo di oltre 25 milioni di euro. Tra i beni sequestrati vi sono quindici immobili a Vilnius (di cui due appartamenti di lusso nel centro storico, due alberghi e un bar-ristorante), quattro immobili a Riga (di cui due appartamenti di lusso), una villa ad Ercolano con piscina e campo di calcio, un immobile a Portici, un immobile a Como e uno yacht.
Nel corso delle indagini, erano già sequestrati oltre 700mila euro in contanti, criptovaluta detenuta in nove portafogli digitali per 1,3 milioni di euro e beni di lusso (orologi e gioielli) per 330mila euro. L’ordinanza applicativa di misure cautelari personali e reali è eseguita dai militari del Nucleo di Polizia economico finanziaria della guardia di finanza di Napoli nell’ambito di una Squadra Investigativa Comune coordinata da #Eurojust.
controinformazione.info/per-la…
Pirates end EU silence on Julian Assange’s looming extradition to the USA
Following an initiative of the Pirate Party, the European Parliament will discuss the looming extradition and prosecution of Wikileaks founder Julian Assange and its implications on freedom of the press on Wednesday. In a narrow vote on Monday, the majority of MEPs decided to request EU Commission and Council statements on the case followed by a political debate.
Patrick Breyer, MEP for the German Pirate Party, is delighted:
“We have put an end to the EU’s silence and looking the other way on Assange. Double standards just because the United States are an ally undermine Europe’s credibility when it comes to upholding human rights.
The US wants to make an example of Wikileaks founder Julian Assange to make sure no one will dare to leak internal information that exposes war crimes, unlawful detention, human rights violations and torture by the world power ever again. To us Pirates, such transparency is both a mission and an obligation, because transparency is the only way to hold the powerful accountable for state crimes and stop abuses of power. That is why we are calling for the release of Julian Assange.
When I raised the Assange case during a trip to the USA by the Home Affairs Committee, government representatives told me that every journalist would be prosecuted according to the same standards. In other words, freedom of the press and investigative journalism, our right to truth and justice are at stake here.
The world is now looking at the UK and its respect for human rights and the Convention on Human Rights. Britain’s relationship with the EU is at stake if it fails to respect its obligations.”
Previously, a group of 46 MEPs from different political groups had already sent a final appeal to the British Home Secretary to protect Wikileaks founder Julian Assange and prevent his possible extradition to the United States. In a letter to the British Home Secretary last week, the signatories emphasised their concerns about the Assange case and the impact on press freedom as well as the serious risks to Assange’s health in the event of extradition to the US. According to the letter, the US government is attempting to use the Espionage Act of 1917 against a journalist and publisher for the first time. If the US succeeds and Assange is extradited, this would mean a redefinition of investigative journalism. It would extend the application of US criminal laws to the whole world and also to non-US citizens, without extending the application of the US constitutional guarantee of freedom of expression.
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Uno Starlink cinese? Pechino accelera sull’Internet satellitare
La Cina starebbe pianificando la creazione di una infrastruttura di connessione globale di oltre dodicimila nano-satelliti, un sistema di Internet satellitare che ricalcherebbe il più conosciuto programma Starlink dell’americana SpaceX. Sebbene questo progetto sia ancora agli inizi, la Cina ha deciso di investire sul suo programma satellitare già da vari anni e lo sviluppo di un programma basato su larghe costellazioni di satelliti risale al 2018. Un altro segnale che dimostra l’aumento dell’interesse cinese nei confronti della dimensione spaziale è l’incremento dei lanci missilistici commerciali, sessantasette lo scorso anno, che la mettono in ottima posizione, seconda solo agli Stati Uniti con i loro centosedici lanci. Lo stesso governo cinese ha dichiarato che il valore dell’industria satellitare commerciale domestica raddoppierà nel 2024 raggiungendo i sessantaquattro miliardi di dollari entro il 2025. Alcune fonti indicano che la Cina stia pianificando di creare una rete di 12,992 satelliti per creare una rete di connessione globale, .
L’esempio di Starlink
Dietro la recente accelerazione di Pechino ci sarebbero delle valutazioni legate a quanto accaduto in Ucraina. Il programma di Elon Musk ha, infatti, permesso ai soldati ucraini di conservare le loro comunicazioni e la connessione Internet, vanificando buona parte delle offensive di guerra elettronica portate avanti da Mosca. Un elemento che, invece, potrebbe causare preoccupazione nel fronte occidentale è l’apertura che Musk sembra avere nei confronti di Pechino. Oltre ad aver vocalmente celebrato le qualità di Xi Jinping, pare che Musk abbia personalmente ordinato una riduzione dei servizi Starlink per gli abitanti di Taiwan, violando l’esistente contratto con Washington. Se veramente Pechino potesse contare sulla collaborazione, anche parziale, di Elon Musk allora è possibile che la Cina riesca a chiudere il divario tecnologico con l’occidente, in questo contesto, in tempi pericolosamente brevi.
Il rischio per l’America
Se la Cina, attraverso questo programma, dovesse ottenere l’indipendenza dall’infrastruttura sottomarina di Internet questo presenterebbe un importante sfida strategica per l’occidente. Ad oggi, la quasi totalità della connessione Internet è costituite da reti di cavi sottomarini che collegano i vari Paesi e trasportano le informazioni (quasi il 99%). La dipendenza da questi cavi per l’accesso al web è uno degli elementi che garantisce il controllo Usa su questa risorsa, grazie al vantaggio navale attualmente esercitato da Washington su Pechino. Se la Cina dovesse rendersi indipendente, anche parzialmente, gli Stati Uniti perderebbero uno dei loro vantaggi principali.
Il vantaggio militare
Nel pratico andando a sviluppare queste capacità la Cina andrebbe a guadagnare i seguenti vantaggi. In primo luogo, Pechino, come dimostrato in Ucraina, acquisirebbe resilienza nel contesto della guerra elettronica ottenendo un importante vantaggio in un, ipotetico, conflitto nell’ Indo-Pacifico. Se nelle prime fasi, che la maggior parti degli esperti considerano essere lo scontro tra la flotta americana e le capacità antinave cinesi nel mar di Giappone, Pechino dovesse essere in grado di proteggere i suoi vettori conservando la loro guida satellitare e fosse in grado di far rimanere attive le sue comunicazioni questo potrebbe fare la differenza tra la vittoria e la sconfitta. lo sviluppo di una flotta di piccoli satelliti che gestiscono le comunicazioni darebbe a Pechino profondità strategica nel dominio spaziale contro un ipotetico avversario americano. Questo progetto permetterebbe a Pechino di guadagnare resilienza nel dominio spaziale, in quello elettronico e in quello cyber, rappresentando un passo fondamentale per il Paese asiatico.
I vantaggi economico-strategici
In secondo luogo, Pechino sta acquisendo le capacità necessarie per creare un suo circuito di Space economy che, fondamentale per la sua autonomia strategica, le permetterà di ottenere enormi guadagni negli anni a venire. Infine, lo sviluppo di queste capacità permetterebbe a Pechino di supportare i suoi alleati, come hanno fatto gli americani in Ucraina grazie al progetto Starlink, permettendole di partecipare alle possibili guerre fra proxy che andranno a scoppiare negli anni a venire.
Lo US Army cancella l’elicottero per la ricognizione armata. Le incognite
L’annuncio dell’8 febbraio della cancellazione da parte dello US Army del programma di sviluppo per un nuovo elicottero militare ha destato qualche perplessità, non solo tra gli operatori americani, ma nei ministeri della Difesa e nelle relative industrie in Europa. Non è certo la prima volta che gli americani spendono miliardi di dollari su programmi che poi cancellano, ma in questo caso sono addirittura recidivi. Un programma analogo, il RAH-60 Comanche, per un elicottero con la stessa missione, è già stato cancellato quasi vent’anni fa e per lo stesso motivo dichiarato allora: la missione si può fare con i droni, senza rischiare la vita degli equipaggi – Ucraina docet. Allora gli Stati Uniti erano appena sbarcati in Iraq e anche allora i droni erano la motivazione.
Il programma FARA (Fast Attack and Reconnaissance Aircraft) cancellato qualche settimana fa e su cui erano già stati spesi due miliardi di dollari, era in evoluzione con un nuovo modello di acquisizione dalla difesa Usa, chiamato Competitive prototyping, cioè compartecipare l’industria allo sviluppo di più dimostratori operanti, per permettere al cliente di fare la scelta più aderente al requisito e ridurre i tempi di sviluppo e produzione del programma. È un modello che impone costi anche all’industria, per quasi un terzo dell’investimento, e premia chi meglio interpreta le esigenze e i requisiti della difesa. Nel caso del FARA erano rimasti in gara Bell, con un elicottero a tecnologia tradizionale, e Sikorsky, con un elicottero innovativo, a pale controrotanti ed un’elica propulsiva in coda. Entrambe le aziende hanno sviluppato prototipi, pronti al volo.
Quello che però incomincia a trapelare in ambienti americani è che la decisione dell’US Army non sia forse così lineare come sembra. Infatti, l’utilizzo di droni per una missione in aree ad alta intensità può avvenire solo con la disponibilità ininterrotta di data link e collegamenti satellitari. Come ha confermato ad Airpress il generale di divisione (Aus.) Fortunato di Marzio, pilota e già Comandante di Reggimento di Elicotteri di Attacco e Ricognizione/scorta: “Proprio la guerra in Ucraina dimostra quanto sia poco attendibile la certezza di riuscire a garantire il dominio non solo aereo, ma anche dello spettro elettromagnetico. Qualcosa che suscita molto scetticismo tra gli esperti, anche alla luce del forte dispiegamento di risorse russe dedicate alla guerra elettronica”. In altre parole, la possibilità di un utilizzo massiccio di droni per missioni di attacco e ricognizione può avvenire soltanto attraverso un controllo quasi assoluto dello spettro elettromagnetico a più basse quote.
E forse la decisione dell’US Army, non è motivata solo da un improvviso cambio di strategia ma piuttosto dalla realizzazione che gestire due programmi di sviluppo di piattaforme aeree in parallelo, come il FLRAA (Future long range assault aircraft, per il quale è stato selezionato un design tiltrotor) e il Fara, non sono compatibili né con le sue prospettive di bilancio né con la sua di capacità di gestione, e puntare sui droni è un modo elegante per districarsi dal problema.
La questione sta adesso toccando anche i vertici dei comitati Difesa del Pentagono. Il chairman del comitato Air and land forces, Rob Wittman, ha in questi giorni avviato formali richieste di chiarimento all’US Army: “Comprendiamo che l’Army è adesso focalizzato sull’utilizzo dei droni ma non si comprende quale sia la direzione per l’ammodernamento degli elicotteri, specialmente nel segmento di elicotteri veloci per attacco e ricognizione”.
Peccato che questa decisione abbia anche implicazioni quasi esistenziali per l’industria elicotteristica americana.
Se anche il FLRA subirà ridimensionamenti, come si mormora tra gli esperti americani, anche a causa dei problemi irrisolti con il convertiplano V-22 Osprey, ormai con le flotte messe a terra dal 6 dicembre, sia Bell che Sikorsky dovranno trovare sbocchi alternativi per le tecnologie che i programmi americani hanno prodotto. Ma la storia della difesa Usa insegna che la base industriale del Paese riceve sempre un’attenzione prioritaria, se non direttamente dal dipartimento della Difesa, sicuramente dal Congresso americano che è avvezzo a munifiche elargizioni per la salvaguardia della capacità produttiva nazionale.
Ricordiamo che proprio il Pentagono, a partire da fine anno, dovrà assicurare che l’industria elicotteristica americana preservi le sue competenze, perché non sarà certo il FLRAA a sostituire in futuro i più di tremila Blackhawk che volano con i colori americani. Certamente, come in passato, l’esercito lancerà un nuovo programma fra qualche anno, forse anche con le tecnologie già sperimentate con successo con il Fara.
Rimane comunque il fatto che la tempistica della decisione offre all’industria elicotteristica europea un interessante spazio di manovra per inserirsi in un mercato importante con le proprie soluzioni innovative e con la sponda di tecnologie mature già sviluppate dagli americani, e oggi più accessibili perché orfane di programmi nazionali.
Non a caso la Nato, con la sua iniziativa Next generation rotorcraft capability (NGRC), ha proprio in questi giorni pubblicato il bando di gara per l’ultimo studio in cui chiede all’industria dei Paesi Nato di fornire soluzioni tecnologiche elicotteristiche ad alte velocità, con sistemi di missione ed effettori di quinta generazione, precisando che non considererà proposte di soluzioni con tecnologie attuali.