alzare il volume 2 / luca zanini. 2025
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buttano la parte quella] dei segnali ottici i [proteici sono categorie gli elettrici sono categorie disturbano] lasciando traslochi le case delle bambole tutte] allineate dove si nascondono fanno i buchi] per l’ispezione [al primo danno una cesta lo] legano al secondo] un contributo atari illegale come cronaca slegano il terzo a] seguire visto un reel a percussione senza regno senza] freni quelli della temperanza l’appalto se il gancio] [non regge
-o tardi tutto il bricolage perdono i] robinetti l’enfant prodige frena l’autostrada deriva dagli ostici -i Tusci per la parte i nomi] insoliti da scuola a volàno per fare gli esercizi a tutti] gli effetti una teiera di terra cruda gli attrezzati fanno] in fretta danno le risposte a tempo del legno del] nobilitato
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esce “spore / 1”, di antonio francesco perozzi
declicedizioni.it/prodotto/spo…
#AntonioFrancescoPerozzi #AntonioPerozzi #déclic #prosa #ProsaInProsa #scritturaDiRicerca #scrittureDiRicerca #spore
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Un master, perchè “tutti hanno il diritto di sapere”
edu.inaf.it/approfondimenti/st…
Intervistiamo Elena Pettinelli, coordinatrice del Master ComRis: un’opportunità per chi vuole diventare divulgatore scientifico, ma non solo.
#comunicazioneDellaScienza #master #UniversitàRoma3
Un master, perchè "tutti hanno il diritto di sapere"
Intervistiamo Elena Pettinelli, coordinatrice del Master ComRis: un'opportunità per chi vuole diventare divulgatore scientifico, ma non solo.Livia Giacomini (EduINAF)
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oggi, 29 ottobre, podcast ‘ndn’: marco giovenale e guido mazzoni in dialogo su “scrittura e biografia”
Il podcast di dialoghi sulle scritture, NDN – Niente di nuovo
oggi, mercoledì 29 ottobre, presenta
SCRITTURA E BIOGRAFIA
un dialogo tra
Marco Giovenale e Guido Mazzoni
a cura di Antonio Syxty
open.spotify.com/show/4iIZ0Vbc…
#AntonioSyxty #MarcoGiovenale #MG #ndn #NDNNienteDiNuovo #NienteDiNuovo #scritturaDiRicerca #scritturaEBiografia #scrittureDiRicerca #testiDiMgInRete #testiDiMgOnline
Niente di nuovo - Dialoghi sulla scrittura
Podcast · Syxty · Niente di nuovo è un progetto di Dialoghi sulla scrittura realizzato in formato podcast audio.Spotify
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Parco urbano a Monte Po, finalmente una buona notizia.
Che fine ha fatto il parco territoriale Monte Po – Vallone Acquicella, proposto da un comitato di cittadini e associazioni, presieduto da Pippo Rannisi, delegato Lipu e protagonista indiscusso della difesa del verde a Catania?
E che fine ha fatto la sua versione ridotta, di soli 26 ettari di proprietà comunale, inserita nel PUI della Città Metropolitana e finanziata con 15 milioni di […]
Leggi il resto: argocatania.it/2025/10/29/parc…
#ComitatoParcoMontePoAxquicella #ComuneDiCatania #GiuseppeRannisi #MontePo #ParcoMontePoValloneAcquicella
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Agenti penitenziari accusati di tortura nel carcere Le Vallette: il processo si avvia a conclusione. Ne parliamo con l’Avv. Simona Filippi
Per gli approfondimenti sui casi di violenza in carcere che sono stati investigati e per i quali è stato utilizzato il reato di tortura, proponiamo alcune note sui fatti sotto processo avvenuti nel carcere Lorusso e Cotugno, quartiere Le Vallette a Torino dalla fine 2017 all’inizio del 2019.
Dopo il caso di Santa Maria Capua Vetere di cui abbiamo parlato con l’Avv. Luigi Romano e quello di San Gimignano che ci ha spiegato l’Avv. Simonetta Crisci, abbiamo intervistato l’Avv. Simona Filippi del foro di Roma e membro dell’Associazione Antigone a proposito del processo in corso presso la sezione collegiale del Tribunale di Torino contro agenti penitenziari accusati del reato di tortura per le violenze esercitate in particolare nel Padiglione C dell’Istituto Penitenziario piemontese.
INTERVISTA ALL’ AVV. SIMONA FILIPPI
- Come è nata l’inchiesta riferita ai fatti di violenza avvenuti tra la fine del 2017 e l’inizio del 2019 nel carcere Lorusso e Cotugno di Torino?
Come spesso abbiamo registrato per i processi di questo tipo che si stanno celebrando in Italia, anche in questo caso la notizia di reato emerge per l’intervento di un soggetto terzo cioè non i detenuti né il personale penitenziario.
A far partire l’inchiesta è stato l’intervento del Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Torino, la dottoressa Monica Gallo, che entrata nel novembre 2017 in carcere, come è suo mandato, riceveva diverse segnalazioni di violenze esposte da detenuti che raccontavano di episodi con modalità analoghe all’interno dello stesso reparto, il Padiglione C del carcere Lorusso e Cotugno di Torino.
A fronte di tali ripetute segnalazioni la Garante, dopo alcuni tentativi non andati a buon fine di coinvolgere il direttore (circostanza questa che tra l’altro è il motivo per il quale il direttore è stato processato), ha fatto partecipe della situazione gli altri Garanti, quello regionale e quello nazionale, che in quel momento era il professor Mauro Palma. Sulla base di questo lavoro, essenziale altrimenti con molta probabilità il processo non si sarebbe mai celebrato, la dottoressa Gallo si è recata in Procura, sono stati aperti inizialmente una serie di fascicoli separati tra loro.
A questo punto la Procura si era allertata perché le notizie erano diverse ma sempre analoghe. Da qui è partita l’indagine. Si è poi arrivati all’apertura del processo nel 2023 purtroppo con tempi troppo lunghi perché siamo nel 2025 e sono già passati otto anni dai fatti.
- Parliamo degli episodi denunciati dalla Garante, su cui poi è stata avviato l’inchiesta e alla fine si è arrivati processo. Di cosa stiamo parlando? Chi sono le vittime e chi sono gli autori delle violenze?
Stiamo parlando di violenze che venivano adoperate, come raccontano i capi di imputazione, nei confronti di detenuti per reati di violenza sessuale. La sezione dove si sono verificate le violenze era ed è dedicata a questo tipo di detenuti, si tratta del Padiglione C del carcere Lorusso e Cotugno. Come sappiamo nelle carceri italiane, ma in generale nell’organizzazione di tutte le carceri, i detenuti che sono accusati di questo tipo di reati vengono separati dal resto della popolazione penitenziaria perché i reati loro imputati sono considerati di particolare gravità e questi detenuti possono anche essere vittime di violenza da parte di altri ristretti. In questo caso le vittime sono esclusivamente questo tipo di figure.
Per quanto riguarda gli autori dei reati stiamo parlando di agenti penitenziari.
In particolare, come è emerso già dalla fase delle indagini ma soprattutto nel corso del dibattimento, si evidenzia il ruolo sempre costante ricoperto dall’ispettore di quel reparto che in qualche modo risultava essere il referente più importante per questo tipo di azioni.
Le vittime prevalentemente sono stranieri. Questo è un elemento che torna spesso nei processi per tortura all’interno delle carceri. Si tratta di soggetti più vulnerabili rispetto ai detenuti italiani che ovviamente hanno più collegamenti con il territorio.
Per tornare agli episodi al centro del processo le vittime aggredite sono quasi sempre stranieri. Penso per esempio in particolare a un detenuto, che ha fatto molta fatica nel rendere testimonianza, che è stato vittima di schiaffi, pugni, costretto a rimanere in piedi nel corridoio della sezione con la faccia rivolta verso il muro per circa quaranta minuti per poi essere portato in un’altra stanza, colpito violentemente con schiaffi al volto nonché vittima di perquisizioni arbitrarie e vessatorie all’interno della propria cella. Oppure un altro detenuto, anche in questo caso sempre straniero, trasferito da una sezione ordinaria al Padiglione C e nel trasferimento colpito con violenza, fatto cadere a terra uno o due volte, colpito nuovamente con calci alle gambe, sbattuto contro il muro, poi uno degli agenti si è sfilato la cinghia e lo ha colpito con violenza sul braccio. Ed ancora un altro detenuto che al momento dell’ingresso all’interno del carcere, mentre doveva essere condotto nella sua sezione, è stato colpito violentemente con reiterati pugni e schiaffi al capo, al volto e colpito con numerosi calci alle gambe, poi uno degli agenti gli ha schiacciato con forza il piede con il tallone, provocandogli un dolore molto forte. In questo caso, mentre lo colpivano veniva offeso, gli dicevano “per quello che tu hai fatto, devi morire qua”. Stiamo parlando di un tipo di condotta che torna spesso nel processo visto in diverse occasioni è emerso che i detenuti venivano costretti a ricordare ad alta voce davanti ad altri agenti o davanti ad altri detenuti quello che avrebbero fatto.
- Sulla base di quale reato si è mossa la Procura all’inizio di tutta la storia?
Il reato di tortura è stato introdotto nel 2017 e i fatti si sono svolti proprio a partire dal anno in cui è entrata in vigore la legge. Per cui la Procura ha potuto procedere alla contestazione del reato di tortura per una parte dei 21 agenti inquisiti.
Ci sono state anche delle ordinanze di misura cautelare all’inizio e alcuni agenti sono stati sottoposti a misura. Il che ha creato un clima di forte tensione intorno all’iter giudiziario.
- Come è si è sviluppato l’iter processuale?
Il processo si è aperto nel 2023. Come dicevo l’avvio ha avuto tempi lunghissimi. In udienza preliminare alcuni imputati hanno scelto il rito abbreviato che in questo momento si è definitivamente concluso con la sentenza della Cassazione del luglio di quest’anno con l’assoluzione per il Direttore, l’allora comandante e un agente che erano accusati tra l’altro di omessa denuncia e favoreggiamento.
Il processo nei confronti del grosso degli imputati si sta celebrando con un rito ordinario davanti alla sezione collegiale del Tribunale di Torino, composta dai giudici Paolo Gallo, Elena Ricci e Giulia Maccari. Nella requisitoria svolta poco tempo fa il Pm Francesco Pelosi ha chiesto condanne da 1 a 6 anni per 14 agenti penitenziari tra cui 7 imputati del reato di tortura. Il processo si dovrebbe concludere presumibilmente tra dicembre 2025 e gennaio 2026.
- Nel processo si sta confermando il clima di tensione molto forte che ha accompagnato le violenze commesse nel Padiglione C. Possiamo parlare di questo aspetto non secondario?
Oltre alle singole condotte, di cui ho parlato prima in maniera più o meno sommaria, tutti gli interlocutori venuti a testimoniare davanti ai giudici del collegio di Torino hanno confermato il pesante clima di tensione che si viveva in maniera particolare in quel periodo storico all’interno di quel reparto. Educatori, insegnanti che venivano da scuole esterne, il prete, ovviamente i Garanti, tutti questi testimoni sono stati fondamentali e hanno descritto in maniera dettagliata il clima di tensione che si era creato. Era una paura quotidiana molto pesante che i detenuti trasmettevano agli interlocutori che si trovavano davanti. Faccio un esempio: il professore che insegnava e veniva da una scuola esterna nel corso del processo ha raccontato come gli sia stato impedito di accedere alla sezione perché gli agenti in quel momento stavano ponendo in essere un’azione di violenza.
Altro personale penitenziario è stato intimorito da alcuni agenti nel momento in cui veniva avanzata qualche rimostranza, tanto è vero che la Garante comunale e il Garante nazionale hanno trovato conferma di quello che avevano già appreso parlando con alcuni detenuti anche dal personale non di polizia penitenziaria che operava in quel momento all’interno del carcere.
- Qual’è la caratteristica di questa vicenda all’interno dei casi di violenza nelle carceri e di che paura possiamo parlare per le vittime?
Sulla base dei processi che ci sono stati da quando è stato introdotto il reato di tortura, quindi neanche 10 anni, possiamo dire, in maniera veramente sommaria, basandoci sui processi che stiamo seguendo come Associazione Antigone, che la dinamica dell’utilizzo della violenza si può classificare in tre macro aree.
Una è quella di una violenza sistemica e organizzata che può vedere coinvolti anche i vertici apicali dell’amministrazione e cito su questo fronte il processo che si sta celebrando per i fatti di Santa Maria Capovetere.
La seconda è quella che riguarda episodi di violenza singoli e isolati che vedono coinvolta solitamente una squadretta che aggredisce violentemente un detenuto. Si tratta di un episodio appunto isolato. In questi casi solitamente la vittima, come già detto prima, è un detenuto straniero. Cito come esempi il processo per cui c’è stata confermata anche in Corte d’appello la condanna per il reato di tortura per un episodio avvenuto nel carcere di San Gimignano nel 2018 o il caso in cui è stato contestato il reato di tortura avvenuto a Reggio Emilia nel 2023 e che il giudice ha derubricato in un abuso dei mezzi di coercizione da parte degli agenti e su cui ancora si deve svolgere l’appello.
L’ultima grande macro area è quella di ripetuti episodi di violenza che avvengono per colpire determinati gruppi di detenuti che hanno commesso dei reati che sono, come dire, considerati particolarmente infamanti all’interno del carcere. Tanto è vero che, come dicevo, ci sono apposite sezioni che contengono questo tipo di detenuti. Il caso di quello che è avvenuto a Torino tra novembre 2017 e inizio 2019 è un processo che riguarda questo ultimo gruppo di violenze. I detenuti colpiti, le vittime, sono tutte quante di quel reparto, tutte quante autori di quel tipo di reati. Alle condotte contestate e poi attestate nel corso del dibattimento, oltre alla violenza che poteva essere più o meno grave, si accompagnava il voler umiliare la persona la quale doveva ripetere a voce alta, come è contestato nel capo di imputazione: “sono un pezzo di merda … perché ho commesso quel reato”. Un utilizzo della violenza da parte degli agenti con un senso di voler punire ulteriormente chi ha commesso quel tipo di reati. Questo discorso ben emerge nel processo.
La paura rispetto alla testimonianza resa dalle vittime è un tema ricorrente che abbraccia sempre questi processi. A Torino il processo ha visto un diffondersi continuo nelle udienze di “non ricordo”, “non so riconoscere” oltre alle evidenti difficoltà nella ricostruzione dei fatti stessi.
Il tema della paura, che da un punto di vista normativo rispetto ad altre vittime di violenze, penso per esempio alle donne di cui tanto si parla in questo momento, è un aspetto giustamente tenuto in conto, non lo è per quanto riguarda i processi di tortura. Manca ancora l’attenzione su quanto per una vittima sia una questione molto complicata ricordare e raccontare la condotta di tortura che ha subito. Inoltre va tenuto ben presente che per quanto riguarda questo tipo di processi, la vittima, in molti casi, continua ad essere detenuta.
Benvenuto sul sito dell' Associazione Antigone
Antigone, associazione “per i diritti e le garanzie nel sistema penale”, è nata alla fine degli anni ottanta nel solco della omonima rivista contro l’emergenza promossa, tra gli altri, da Massimo Cacciari, Stefano Rodotà e Rossana Rossanda.www.antigone.it
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L’Italia: un Paese satellite degli Usa, culturalmente e linguisticamente
Di Antonio Zoppetti
Nel libro Casa Bianca-Italia. La corruzione dell’informazione di uno stato satellite (PaperFIRST, Roma, 2025), il criticatissimo Alessandro Orsini denuncia la “corruzione del sistema dell’informazione in Italia” sui temi della politica internazionale, per esempio la “santificazione di Zelensky e la mostrificazione di Putin” che secondo l’autore fanno parte di una propaganda rivolta ai cittadini basata sulla disinformazione.
La disinformazione non si fonda solo sulla manipolazione o la ricostruzione forzata dei fatti, ma anche sull’omissione di ciò che non fa comodo, e in particolare l’autore punta il dito contro la mancanza di un dibattito pubblico sul fallimento della strategia della Nato in Ucraina che ci tocca tutti da molto vicino sia perché agli italiani costa miliardi di euro, sia perché ci sta esponendo a seri rischi che potrebbero sfociare in una terza guerra mondiale. “In una società libera, con un sistema dell’informazione sulla politica internazionale libero e sano” questo dibattito dovrebbe invece essere aperto e centrale, ma ciò non avviene perché siamo uno “stato Satellite degli Usa”, un po’ come la Bielorussia gravita solo attorno alla politica del Cremlino. Dunque Orsini riflette sulla libertà di uno Stato satellite, e anche se la comunità giornalistica italiana dichiara di essere libera di dire tutto ciò che vuole, avanza il “sospetto” che ciò non sia affatto vero e lo documenta con una serie di fatti e di episodi che lo portano a concludere che i mezzi di informazione disinformano i cittadini “per compiacere il potere politico”.
Personalmente non sono così convinto che i giornalisti facciano tutto ciò per compiacere il potere in modo consapevole e calcolato. A parte qualche caso eclatante, mi pare che siano semplicemente partigiani e schierati in modo tendenzioso ma sentito. Quando per esempio fanno cominciare la guerra in Ucraina con l’invasione russa, o la questione del “genocidio” palestinese con il massacro del 7 ottobre 2023, indubbiamente semplificano e distorcono la realtà, visto che questi episodi sono il culmine di interminabili conflitti che si trascinano da decenni, se non da secoli. Ma questa disinformazione è la conseguenza di una precisa visione politica ideologizzata, più che una ricostruzione funzionale a legittimare il sistema di potere. Certo, allinearsi alla visione dominante aiuta a far carriera, ma non c’è solo questo aspetto a determinare certe prese di posizione.
Il “metodo del sospetto” ripreso da Orsini è infatti un presupposto che – secondo il filosofo francese Paul Ricoeur – era alla base delle speculazioni di autori come Marx o Freud, i quali avevano messo in luce come sotto ogni presa di posizione – dietro le giustificazioni e le apparenze – ci sono sempre forze più profonde che regolano i comportamenti umani e sociali: per Marx erano le motivazioni economiche a determinare certi giudizi, per Freud c’erano delle pulsioni psicologiche non sempre consce. In questa prospettiva potremmo concludere che davanti alla propaganda giornalistica in tempi di guerra siano soprattutto le visioni politiche dominanti e filoamericane a governare l’interpretazione e la ricostruzione dei fatti.
Fatte queste premesse, vorrei provare a estendere queste considerazioni al di fuori dell’ambito politico per riflettere sugli aspetti culturali e linguistici che emergono dagli stessi presupposti. Perché anche su questo aspetto in Italia manca ogni dibattito, in modo ancora più eclatante di quanto non avvenga a proposito del fallimento delle strategie della Nato.
L’Italia non è solo uno Stato satellite, ma anche una cultura satellite
In una rissa televisiva sulla questione di Gaza, recentemente, uno degli ospiti si chiedeva: “Quando la Meloni riconoscerà la Palestina, come hanno già fatto oltre 150 Stati su circa 200?”. E concludeva: “Quando lo farà anche Trump, o quando gli americani le diranno di farlo.” La risposta, anche se può sembrare una battuta, è invece in linea con la realtà. Mentre Orsini si affanna a dimostrare, dati alla mano, che l’Italia è un Paese satellite degli Usa, per altri tutto ciò è semplicemente evidente e scontato, a livello politico, anche se manca un dibattito serio sulla questione.
È proprio la mancanza di dibattito a caratterizzare il nuovo contesto storico del Duemila, perché questo dibattito c’è sempre stato, sino al Novecento, benché oggi sia stato nascosto sotto al tappeto. Come ho provato a riassumere nel libro Lo tsunami degli anglicismi. Gli effetti collaterali della globalizzazione linguistica – le controversie sulla nostra dipendenza dagli Usa hanno caratterizzato la nostra storia almeno dalla Liberazione sino al crollo del muro di Berlino, dell’Unione Sovietica, e alla fine della guerra fredda. Ma le polemiche tra “americanisti” e “anti-americanisti” si ritrovano ben prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale, e già Gramsci (“Americanismo e Fordismo”, 1934) prendeva posizione in questo dibattito ritenendo che l’antiamericanismo a priori era “comico, prima di essere stupido”, anche se – come molti altri pensatori – fu al tempo stesso attratto e inorridito dalla società statunitense che tra le due guerre mondiali si stava imponendo all’attenzione di tutta l’Europa. L’atteggiamento sanamente e lucidamente critico nei confronti degli Usa non caratterizzava solo gli autori legati al comunismo, che vedevano in quel Paese l’incarnazione più aggressiva del capitalismo concepito come “il male”, era invece un sentimento trasversale. La chiesa cattolica già alla fine dell’Ottocento aveva duramente condannato l’individualismo, il materialismo e l’immoralità della società statunitense, e dopo la Liberazione De Gasperi era molto preoccupato e critico davanti all’invadenza della Casa Bianca con cui però la Democrazia cristiana si era dovuta alleare in funzione anticomunista. Ma anche a destra i fascisti e i post-fascisti denunciavano la trasformazione del nostro Paese in un satellite politico degli Usa manifestando la preoccupazione per l’invasione dei prodotti culturali americani che insidiavano la nostra cultura.
Accanto a simili prese di posizione critiche, in ogni schieramento c’era però allo stesso tempo il riconoscimento degli elementi positivi che arrivavano d’oltreoceano, e se la Dc si schierava con la Casa Bianca, anche la destra appoggiava il nostro inserimento nel patto atlantico in contrapposizione al blocco comunista, mentre a sinistra c’era chi vedeva negli Usa la patria della democrazia e della libertà che ci aveva liberati dal fascismo, nonostante la stigmatizzazione della caccia alle streghe del maccartismo, dell’appoggio alle dittature sudamericane e di moltissime altre nefandezze che andavano nella direzione contraria. Davanti al ruolo dominante degli Usa, in altre parole, in ogni schieramento prevaleva un atteggiamento critico, che ne accettava ed esaltava alcuni aspetti per respingerne altri. Il piano Marshall, per esempio, che oggi è invocato e salutato come una specie di “gesto filantropico” che ha determinato il “boom economico” e il “miracolo italiano”, ha dato vita a un dibattito enorme sulla sua funzione, e se Togliatti lo definì un “ricatto politico”, anche per molti intellettuali europei non comunisti costituiva “un vendere l’anima al diavolo” in cambio di una ricchezza immediata che ci avrebbe condotto a un’americanizzazione non solo politica, ma anche sociale e culturale (si pensi a De Gaulle che lo ha accettato per necessità ma con estrema diffidenza).
Oggi, questi questi dibattiti sono però stati sepolti e dimenticati. Negli anni Duemila la nostra americanizzazione è ormai data per scontata e nessuno sembra più riflettere sulle sue conseguenze negative. Con la fine della logica dei due blocchi e l’avvento di una globalizzazione che tende a coincidere con l’americanizzazione del mondo, dopo il “siamo tutti americani” che ha caratterizzato la svolta dell’11 settembre 2001, è venuto a mancare il fronte critico trasversale che in qualche modo si contrapponeva all’espansione dei modelli economici e culturali d’oltreoceano.
Come ha evidenziato Andrea Zhok in articolo su “La sovranità italiana in una prospettiva storica” (L’antidiplomatico.it, 7 giugno 2021), da tempo ci siamo lasciati alle spalle le denunce sulle ingerenze americane esplicite o su quelle occulte perpetrate dai servizi segreti o dalla Cia, “ma ne siamo lontani semplicemente perché ciò che spontaneamente si agita nella politica italiana è già totalmente asservito, e non richiede una manipolazione troppo robusta. Facciamo una politica estera che ci viene dettata nei dettagli dagli Usa, abbaiando obbedienti ai loro avversari. Facciamo una politica interna innocua e perfettamente inconcludente, e una politica economica apprezzata dagli Usa.” Oltre a questa sudditanza politica, una parte significativa della classe dirigente del nostro Paese sta riducendo l’Italia “a una colonia culturale. Ciò avviene in mille modi, dall’adozione di modelli formativi di ispirazione americana, all’assorbimento passivo illimitato della filmografia americana (e dei suoi temi, che siamo indotti a immaginare siano i nostri), alla resa incondizionata a tonnellate di imprestiti linguistici da parvenu (ci muoveremo grazie al Green pass, canteremo le lodi del Recovery fund, che ci permetterà di ribadire il Jobs act, dopo essere finalmente usciti dal Lockdown, in attesa che vadano al governo quelli della Flat tax al posto di quelli del Gender fluid, e ci dedicheremo allo Smart working, rivitalizzando i settori del Food e del Wedding, mentre lotteremo impavidi contro le Fake news).”
E per tornare al “metodo del sospetto”, ciò che per Orsini produce la disinformazione politica fa parte di una più ampia analoga “disinformazione” culturale e linguistica. Ormai privi di una nostra identità che ci distingue, inglobati in un Occidente guidato dagli Usa, abbiamo accettato tutto ciò e siamo passati all’orgoglioso “collaborazionismo”, tutto interno, nei confronti di una pressione esterna che è fortissima, e che invece di arginare agevoliamo compiaciuti fin nelle ricadute lessicali che celano, sotto la superficialità dell’itanglese, una nostra trasformazione ben più profonda.
L’itanglese: la nuova lingua satellite dell’angloamericano
Prendiamo un articolo di giornale, tra i mille, che abbandonano l’italiano per rivolgersi ai cittadini in una lingua ibrida in cui l’inglese e l’italiano sono mescolati.
Perché il titolo del Corriere che parla di AirBnB è etichettato con la frase in inglese “whatever it takes” (“a tutti i costi”)? Perché l’espressione è diventata uno “slogan” dopo essere stata pronunciata da Mario Draghi nel 2012, quando era direttore della Banca Centrale Europea, per ribadire che avrebbe fatto “tutto il necessario” per evitare speculazioni sulla nostra moneta. Ma è anche il titolo di un film e di una canzonetta che ne rafforzano la circolazione. Il ricorso all’inglese, e la scelta di usare una locuzione che non è affatto trasparente per la maggior parte dei cittadini, è la conseguenza del fatto che l’inglese è spacciato come più solenne e prestigioso dai giornalisti e dalla nostra classe dirigente, dunque l’italiano retrocede a una lingua satellite che si impiega per spiegare ciò che si esprime nella lingua superiore e che possiede una precisa gerarchia: al vertice c’è la concettualizzazione in inglese, poco importa che sia “whatever it takes”, o di volta in volta il body shaming al posto della derisione fisica, l’underdog e l’outsider invece dello sfavorito o il fact checking invece della verifica dei fatti. Allo stesso modo, fa accapponare la pelle leggere che la figura dell’host costituirebbe un nuovo “ceto sociale”, ma in un Paese satellite come l’Italia questo lessico dipende dal fatto che le multinazionali esportano la propria terminologia nella propria lingua, e i giornalisti, invece di tradurla, la ripetono e la rafforzano educando tutti alla newlingua che prende corpo nella loro testa. Tutto nasce dal fatto che AirBnB, in un Paese-colonia come il nostro, ha introdotto la figura dell’“host” al posto di ricorrere alla parola italiana “locatore”, mentre ai francesi o agli spagnoli il programma si rivolge con le parole autoctone (hôte e anfitrión), esattamente come Google in Italia propone il servizio denominato in inglese AI mode, che in Francia e Spagna è invece tradotto con Mode IA e Modo IA.
La disinformazione giornalistica che, seguendo Orsini, fa del nostro Paese uno Stato satellite dal punto di vista politico, agisce nello stesso modo anche dal punto di vista linguistico, e più in generale culturale. Per fare un altro esempio, mi ha colpito un articolo di un linguista intitolato “Estensione dello «switch» nella lingua incassata. Alcune osservazioni sul Matrix Language Frame” che ricorre a una terminologia “coloniale” dove i concetti – per l’ennesima volta – sono espressi in inglese, dunque si parla come fosse la cosa più normale di code mixing, system morphemes, codici embedded, insertions, bare forms, discourse marker… in una trasposizione che non fa altro che ripetere pappagallescamente le concettualizzazioni di autori anglofoni con la loto terminologia in inglese che diventa intoccabile e tecnica (talvolta solo affiancata tra parentesi da una sommaria indicazione di cosa significa in italiano). Negli articoli dei linguisti, sino al Novecento, la terminologia era praticamente quasi solo in italiano, ma in un Paese satellite degli Usa tutto quanto si srotola con una rapidità preoccupante. E se questa sottomissione ai modelli anglofoni sta prendendo piede persino tra i linguisti, negli altri settori è anche peggio.
La lingua, per tornare a Freud, è la spia dell’inconscio, e per comprendere il perché dell’esplosione incontrollata degli anglicismi e più in generale di un riversamento dell’inglese sempre più incontenibile, dovremmo cominciare a riflettere sul fatto che siamo un Paese satellite degli Usa non solo dal punto di vista politico o economico, ma anche sociale e culturale.
Eppure il dibattito manca e sulla questione tutto tace. Persino tra chi denuncia il nostro gravitare attorno alla politica della Casa Bianca con delle sacrosante riflessioni che andrebbero però estese a un contesto più ampio: se la libertà di stampa è minata da un sistema di informazione omologato sul pensiero politico dominante che ci proviene d’oltreoceano – e spesso chiamato non a caso mainstream – ciò non vale solo per la narrazione della guerra o della politica internazionale, ma coinvolge la nostra intera visione e del mondo e della cultura, che invece di produrre un pensiero autonomo si riduce a ripetere ciò che proviene dall’anglosfera. In questo processo anche le nostre parole vengono dismesse e sostituite dalle categorie espresse in inglese, perché il fenomeno fa parte dello stesso pacchetto.
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L’imposizione (orwelliana) della newlingua e il mito della lingua che arriva dal basso
Di Antonio Zoppetti Domenico mi scrive: “Ho scoperto che c’è un nuovo mezzo di trasporto: il people mover, che io – nella mia ingenuità e nella mia arretratezza culturale e linguistica – ancora mi …Diciamolo in italiano
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Treno Intercity 510 con E403.001 – Arrivo & Partenza – Campiglia Marittima (03/02/2017)
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Quando ancora sugli Intercity potevano esserci le E403. Inoltre questo era il periodo di transizione dalle carrozze in livrea XMPR a quelle SUN e la trasformazione delle carrozze a scompartimenti in quelle a salone
3 febbraio 2017
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Quando ancora sugli Intercity potevano esserci le E403. Inoltre questo era il periodo di transizione dalle carrozze in livrea XMPR a quelle...Treni del Creeperotto
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metodo femcellico per piangere di meno stando a lettino da sola ma per un pochino quasi no…
Stanotte, o stamattina, a seconda di come si vuole vederla, tra il sonno e la veglia, abbastanza per caso, ho scoperto un completamente nuovo meta da femcel, che è tipo… caspita, ma come ho fatto a non pensarci prima? Ed altro non sto parlando che del fare handholding in single player, ma con una delle due mani addormentata… così che si abbia l’impressione che si sta tenendo la mano ad un’altra persona (seppur una mano sospettosamente poco schifosa, non sudata, alla stessa temperatura dell’altra, eccetera…), e quindi magari che si stia dormendo con un’altra persona, e quindi boh, varie cose… ☺️😚🥰😍
Ed è geniale per quanto è scema, questa roba. So che non ho in realtà scoperto nulla io, perché gente con anche meno fantasia di me racconterà proprio questa come tecnica utile per fare cose brutte con una fantasia diversa… non mi è affatto chiaro come, a causa delle difficoltà proprio tecniche che questa procedura nasconde, ma convinti i gooner contenti tutti. L’idea base è di applicare una minima pressione sul braccio — per esempio, stando a letto, tenendolo giusto sotto il lato del corpo, o altrimenti sotto il cuscino, boh — giusto abbastanza perché si addormenti… o, come dicono gli scienziati, perché si verifichi il fenomeno della parestesia, nello specifico parestesia transitoria (cioè, causata dallo stare in una posizione “scorretta”, non a fattori cronici); buono sapere il nome reale, e anche che che il tutto è causato non dal blocco dell’afflusso di sangue, bensì dalla semplice compressione di nervi, cosa che a volte va insieme alla prima, ma non sempre… e quindi in realtà non ci sarebbero pericoli quando contemporaneamente non si sta anche bloccando l’afflusso di ossigeno ai tessuti (cosa che avviene stando troppo sul trono idraulico, per dire, ma non tanto col braccio sotto un cuscino). Poi si addormenta anche la mano, e gnam. 😇
Stranamente, stanotte mi è capitato a sorpresa nel secondo modo, cioè sotto al cuscino… ma non il cuscino su cui tengo la testa, bensì il secondo a cui mi appoggio o abbraccio e così via… cioè, è bastata la pressione del cuscino incastonato tra le lenzuola strette e l’altro cuscino, per farmi addormentare il braccio, wow. Me ne sono accorta in un momento in cui mi sono svegliata (prima della sveglia, quindi avevo ancora tempo di marcire a letto, e giustamente così ho fatto!!!), stavo cercando di rigirarmi, e muovendo una mano ho trovato l’altra che spuntava fuori, che però appunto non percepivo più, e lì viene il bello. (O il brutto, per chi si fa prendere dalla paura che magari uno spirito maligno possa essersi materializzato sotto forma di una mano estranea e inserito nel proprio letto per fare cose bruttissime…) ✋
Chiaramente, ciò è non altro che la fiera del coping, eppure rimane una sensazione particolare tenere così la manina, secondo me… La mente (temo anche inconsciamente, purtroppo) sa si bene che non si sta tenendo la mano ad una persona esterna, però la fantasia è sempre pericolosamente potente e, se si riesce per un attimo a fare finta, per quell’attimo si può solo apprezzare, suppongo… e quindi ohh, in realtà non sono colpita da alcuna maledizione per cui devo rimanere da sola per la mia intera esistenza, e anzi mi sto intensamente tenendo la manina con qualcuno??? Assurdo per me. Una cosa da tenere a mente in realtà, quando ci si accorge di avere la sensibilità inibita, finché non subentra la sensazione di formicolio, è di non muoversi subito, così la sensazione di manine può durare anche minuti, anziché pochi miseri secondi, cosa di cui avrei decisamente bisogno, oohh come sono romantica… 😭
Peccato che non ho avuto modo di provare la cosa proprio per bene perché, nella casualità della scoperta, un po’ ho sbagliato, ci ho voluto riprovare ma un po’ mi sono riaddormentata quando non dovevo, visto che la procedura richiede minuti interi, un po’ poi è effettivamente suonata la sveglia, e allora pazienza… sarà per la prossima volta. (…Probabilmente su WikiHow ci saranno trucchi segreti per fare questa cosa più efficientemente, ma nel letto al buio non potevo mettermi a cercare su Internet… cercherò prima di stanotte.) Però oh, mannaggia alla merda e fuck my stupid shitty rotted femcel life, che sono e sarò costretta a pensare questo tipo di cose fino alla mia morte, poiché non interesso particolarmente a nessuna persona fisicamente esistente, e allora posso solo vivere nell’irrealtà. 💔
#coping #dormire #femcel #handholding #manine #metodo #romanticismo
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Torna lo Shaw-IAU Workshop: astronomia, dati reali e didattica globale
edu.inaf.it/news/oae-italia/to…
Dal 18 al 21 novembre 2025 torna lo Shaw-IAU Workshop on Astronomy for Education, promosso da OAE-Italy e aperto gratuitamente a docenti e divulgatori di tutto il mondo. L’edizione di quest’anno è dedicata alle galassie e alla didattica basata su dati astronomici reali, con sessioni replicate in diverse fasce orarie per favorire la partecipazione globale.
#didattica #didatticaAstronomia #divulgazione #IAU #oae #OAECenterItaly
Torna lo Shaw-IAU Workshop: astronomia, dati reali e didattica globale
Shaw-IAU 2025: il workshop globale gratuito sulle galassie e sulla didattica con dati reali, in sessioni su più fusi orari.Federica Duras (EduINAF)
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Burkina Faso, nuovi armamenti dalla Cina
SM6s cinese
Fonte: Presidenza del Burkina Faso
Il 10 ottobre 2025, il capitano Ibrahim Traoré, attuale leader del Burkina Faso, ha ufficialmente consegnato un significativo lotto di materiale bellico alle forze armate del Paese. La notizia è stata dettagliatamente riportata da Guy Martin sul sito sudafricano specializzato Defenceweb il 16 ottobre.
Durante l’evento, Traoré ha presentato apparecchiature militarmente avanzate a diverse unità, tra cui il Battaglione di Artiglieria da Campo di Intervento Rapido (BACIR) e il Battaglione Corazzato di Intervento Rapido (BBIR). Le immagini della cerimonia rivelano la presenza di sei veicoli di supporto di fuoco VN22B da 105 mm, quattro lanciarazzi multipli SR5, e una serie di altri mezzi, tra cui mortai semoventi SM6/WMA09 da 120 mm e veicoli comando WZ551, tutti prodotti dall’azienda cinese Norinco. Inoltre, la presidenza del Burkina Faso ha sottolineato che i veicoli blindati ricevuti sono dotati di avanzati dispositivi missilistici a guida laser.VN22B cinese
Fonte: Presidenza del Burkina Faso
Secondo quanto riportato da Jane’s, la consegna ha incluso anche 14 obici semoventi SH1 da 122 mm e diversi camion Shaanxi. I veicoli cinesi, che si stima siano stati consegnati intorno ad agosto, si sono già resi visibili sui social media attraverso i filmati dell’arrivo.
Il sistema SR5, capace di lanciare razzi di vari calibri, e il VN22B, un veicolo corazzato dotato di cannone da 105 mm, rappresentano una parte fondamentale della nuova dotazione. Il PLL-05 da 120 mm, un sistema semovente di mortaio-obice, dimostra ulteriormente la sofisticazione dei nuovi mezzi. Anche i nuovi veicoli blindati Paramount Mbombe 4, di fabbricazione sudafricana, sono stati segnalati come già in servizio, mostrando l’impegno del Burkina Faso nell’espandere e modernizzare le proprie forze armate.
Negli ultimi anni, Burkina Faso ha affrontato una crisi di sicurezza crescente, caratterizzata da attacchi terroristici e dalla perdita di controllo su vasti territori a favore di gruppi militanti. Le statistiche relative alle vittime parlano di quasi 10.500 morti all’anno, un dato allarmante che ha spinto il governo a intensificare gli sforzi per rinforzare le proprie forze armate. Al momento, è stimato che le forze burkinabé controllino solo il 40% del territorio nazionale, a fronte del 70% dichiarato dal governo.Dongfeng EQ2050 cinese.
Foto da Presidenza del Burkina Faso
Con la precedente consegna di nuovi veicoli blindati avvenuta a giugno 2024, tra cui Norinco VP11 e CS/VP14, la direzione delle forze armate sembra indirizzarsi verso un potenziamento significativo per contrastare la minaccia terrorista. Sulle pagine di questo sito avevamo già riferito in precedenza che Traoré aveva acquistato dalla Cina ben 5 lotti di armamenti, fra pesanti e leggeri, da consegnarsi in serie. Va notato che comunque la Cina non è l’unico fornitore. Fra gli altri Federazione Russa, Turchia, Egitto
Con una media annuale di perdite crescenti e la necessità di ristabilire il controllo su parti significative del proprio territorio, Traoré si sta muovendo per contrastare la minaccia jihadista mediante l’acquisto di nuovi mezzi ed armamenti, e con l’ingrossamento delle fila di militari e paramilitari; tuttavia tale atteggiamento è anche inteso a rafforzare la propria immagine di uomo forte ed impavido e nel contempo instillare nei cittadini una sensazione di sicurezza non sempre giustificata.SR5 MLRS cinese
Foto da Presidenza del Burkina Faso
Ovviamente tutto ciò ha un costo. Per una stima possiamo considerare che il costo di un sistema SR5 può variare tra 1,5 e 2 milioni di dollari a seconda della configurazione. I VN22B e PLL-05 hanno prezzi stimati tra 500.000 e 1 milione di dollari ciascuno. Consideriamo pure uno sconto per la quantità, ma in un Paese dove si muore di fame…
Fonte: Defenceweb. Foto: Presidenza del Burkina Faso e Televisione del Burkina Faso
Burkina Faso’s military receives new Chinese equipment
Captain Ibrahim Traore, leader of Burkina Faso, has officially handed over a large batch of military hardware to the nation’s military, after acquiring theGuy Martin (defenceWeb)
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“i nostri anni”, di tano d’amico, su radio tre
● Attilio Scarpellini presenta I nostri anni, di Tano D’Amico: Rai Radio 3.
Quaranta minuti di racconto intenso e raffinato alternato a musiche ricercate sull’opera narrativa del fotografo dei nostri cuori.
Si può ascoltare cliccando su raiplaysound.it/audio/2025/10/…
Tano D’Amico, I nostri anni, Milieu | Rai Radio 3 | RaiPlay Sound
Il libro: milieuedizioni.it/product/nost…
#AttilioScarpellini #fotografia #INostriAnni #Milieu #RadioTre #Radio3 #RadioTre #RaiRadioTre #RaiRadioTre #ricostruzioni #Scarpellini #Settanta #SettantaMilieu #Tano #TanoDAmico
Qui comincia | S2025 | Tano D'Amico, I nostri anni, Milieu | Rai Radio 3 | RaiPlay Sound
Tano D'Amico, I nostri anni, Milieu - Qui comincia - Con Attilio Scarpellini | Tano D'Amico, I nostri anni, Milieu edizioniRaiPlaySound
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Copertine belle: Niechęć – Reckless Things [Audio Cave, 2025]
Cover art courtesy of the Artist and Raster Gallery: Aneta Grzeszykowska, “Beauty Mask #10”; Graphic design: Mateusz Holak.
Anche il disco è bellissimo, che ve lo dico a fare. Uno dei dischi jazz (rock) dell’anno, per quanto mi riguarda.
#albumCovers #AnetaGrzeszykowska #AudioCave #copertineBelle #MateuszHolak #Niechęć #RecklessThings
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“poesia ibrida”, di valerio cuccaroni, in un dialogo alla ‘finestra di antonio syxty’
open.spotify.com/embed/episode…
open.spotify.com/episode/63323…
alla Finestra: Poesia visiva, videopoesia, poesia elettronica, PJ set – di Valerio Cuccaroni, nella collana di testi e studi letterari Scriba, diretta da Paolo Giovannetti
Il volume analizza le nuove forme di testualità poetica intermediale, emerse dall’ibridazione del linguaggio verbale con l’arte visiva, il cinema, la musica, l’informatica e la performance.
Il libro si propone come uno studio approfondito e aggiornato sulle nuove frontiere della poesia contemporanea, caratterizzate dalla contaminazione tra diversi linguaggi e dalla continua ricerca di nuove forme espressive. MTM Teatro
Il libro: biblionedizioni.it/prodotto/po…
#art #arte #artiVisive #Biblion #BiblionEdizioni #cinema #LaFinestraDiAntonioSyxty #MTMManifattuteTeatraliMilanesi #MTMTeatro #PaoloGiovannetti #performance #pjSet #poesia #poesiaContemporanea #poesiaElettronica #poesiaIbrida #poesiaVisiva #poesie #ValerioCuccaroni #videopoesia
"Poesia ibrida" di Valerio Cuccaroni
La Finestra di Antonio Syxty · Episode"Poesia ibrida" di Valerio Cuccaroni (Spotify)
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oggi, 28 ottobre, a roma, fondazione baruchello: convegno su “luoghi, oggetti, arredi e case d’autore” (archivi degli artisti e degli scrittori)
Domani, 28 ottobre, presso la Fondazione Baruchello si svolge il Convegno Luoghi, oggetti, arredi e case d’autore. Il contesto degli archivi degli artisti e degli scrittori.
Saranno trattati argomenti intimamente connessi alla storia degli archivi e a quella della creazione letteraria ed artistica.
Qui una breve spiegazione del progetto:
Gli archivi privati degli artisti e degli scrittori conservano materiale documentario di grande interesse per lo studio delle fonti della cultura e della storia della seconda metà del Novecento e per ritessere la fitta trama dei rapporti amicali, intellettuali, sociali e letterari che ha attraversato la ricca e densa sostanza della cultura novecentesca.
I fondi fotografici presenti all’interno degli archivi, il cosiddetto materiale minore, agende, agendine, appunti, quaderni, calendari, gli oggetti e degli arredi delle dimore e delle case d’autore, i luoghi da loro frequentati e amati sono ancora territori inesplorati che molto possono svelare sulla complessità e le radici delle opere e per la ricostruzione del contesto e di una mappa geo-culturale e storica che può illuminare il percorso, anche biografico, della creazione.I
Il Convegno tratterà queste aree tematiche all’apparenza marginali ma pienamente significative e fondamentali per la ricostruzione, la visibilità e la valorizzazione delle fonti storiche.”
Si prega di confermare la presenza scrivendo a
muraca.marcelladalila [at] gmail.com
e a info [at] fondazionebaruchello.com
PROGRAMMA
Modera Barbara Mancini
Ore 10:30 – 13:30
INTRODUZIONE
Carla Subrizi, Cetta Petrollo Pagliarani
SESSIONE I. Le case e le stanze d’autore: artisti, poeti, scrittori
Caterina Borelli
Case, oggetti e arredi: autobiografie o archivi? Luoghi pubblici o privati?
Eleonora Cardinale
Ricostruire le stanze degli scrittori: Spazi900 della Biblioteca nazionale centrale di Roma
Monica Fabbri
L’Archivio Giovannino Guareschi a Roncole Verdi
SESSIONE II. I dialoghi amicali, le dediche negli epistolari e nei libri
Federico Milone
Scaffali privati e scaffali digitali: il caso della biblioteca di Alfredo Giuliani
Barbara Mancini
A Elio, maestro d’arte e di vita”: le dediche nei libri della Biblioteca Pagliarani
Francesco Pascali
«Gli anni ‘80 sono nostri», Giuseppe Bertolucci e Marco Tullio Giordana, carte da
un’amicizia
Ore 15:30 -19:00
SESSIONE III. Gli incontri: agende agendine quaderni e calendari
Antonio D’Ambrosio
Attraversare l’Europa dagli avantesti del Fondo Claudio Magris
Sara Gregori
Ada Negri nell’Archivio del Novecento
Chiara Portesine
Archiviare la Neoavanguardia: lo sperimentalismo tra anarchia e documento
Mauro Distefano
Appunti, quaderni e ritagli: il laboratorio nascosto di Federico De Roberto
SESSIONE IV. Gli arredi, gli oggetti
Giuseppe Garrera
Immagini devozionali. Le Gioconde di Luca Maria Patella.Alcune considerazioni sulle Gioconde di Leonardo disseminate sulle pareti e nei cassetti della casa di Luca Maria Patella
Arianna Saggio
Speranzella di Bernari attraverso la fotografia: tra documento e finzione
SESSIONE V. I Luoghi
Ilaria Serra
La casa e il bosco di Mario Rigoni Stern
Silvia Moretti
Memorie e rappresentazioni della casa di via dei giornalisti di Gianni Toti
Convegno a cura di
Cetta Petrollo Pagliarani – Associazione Letteraria Elio Pagliarani
Coordinamento
Marcella Muraca
Moderatrice
Barbara Mancini
#AdaNegri #agende #agendine #anarchia #AntonioDAmbrosio #appunti #archivi #archivio #archivioDelNovecento #AriannaSaggio #arredi #artisti #AssociazioneLetterariaElioPagliarani #AssociazionePagliarani #calendari #case #caseDAutore #CettaPetrollo #CettaPetrolloPagliarani #CettaPetrolloPagliaraniAssociazioneLetterariaElioPagliarani #ChiaraPortesine #ClaudioMagris #documenti #documento #ElioPagliarani #FedericoDeRoberto #FondoClaudioMagris #GiuseppeBertolucci #GiuseppeGarrera #Gruppo63 #laboratorio #LucaMariaPatella #luoghiOggettiArredi #MarcoTullioGiordana #materialeMinore #MauroDistefano #neoavanguardia #oggetti #oggettiMinori #quaderni #SaraGregori #scrittori #sperimentalismo
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una copertina di [da] gino de dominicis
L. Balbi – G. Gaetano, Nuove dimensioni 2, Antologia italiana con letture epiche per la scuola media, Le Monnier, Firenze 1972. In copertina: Gino De Dominicis, Tentativo di volo (1969). Immagine tratta dal manifesto della VII Biennale di Parigi (1971).
Collezione Giuseppe Garrera
#antologia #antologiaPerLaScuolaMedia #art #arte #CollezioneGiuseppeGarrera #copertina #GinoDeDominicis #GiuseppeGarrera #TentativoDiVolo #VIIBiennaleDiParigi
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rossella or nel podcast ‘la finestra di antonio syxty’
open.spotify.com/episode/6R7rT…
open.spotify.com/episode/6R7rT…
il libro: argonline.it/prodotto/come-lam…
#AntonioSyxty #Argo #Argolibri #ComeLAmoreDiUnTimpanoEUnaPupilla #intervista #ManifattureTeatraliMilanesi #MTM #MTMManifattureTeatraliMilanesi #poesia #poesie_ #presentazione #RossellaOr
"Come l'amore di un timpano e una pupilla" Rossella Or
La Finestra di Antonio Syxty · Episode"Come l'amore di un timpano e una pupilla" Rossella Or (Spotify)
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mercoledì 29 ottobre, podcast ‘ndn’: marco giovenale e guido mazzoni in dialogo su “scrittura e biografia”
Il podcast di dialoghi sulle scritture, NDN – Niente di nuovo
mercoledì 29 ottobre presenta
SCRITTURA E BIOGRAFIA
un dialogo tra
Marco Giovenale e Guido Mazzoni
a cura di Antonio Syxty
open.spotify.com/show/4iIZ0Vbc…
#AntonioSyxty #MarcoGiovenale #MG #ndn #NDNNienteDiNuovo #NienteDiNuovo #scritturaDiRicerca #scritturaEBiografia #scrittureDiRicerca #testiDiMgInRete #testiDiMgOnline
Niente di nuovo - Dialoghi sulla scrittura
Podcast · Syxty · Niente di nuovo è un progetto di Dialoghi sulla scrittura realizzato in formato podcast audio.Spotify
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La cometa Lemmon sui cieli di Sicilia
edu.inaf.it/astrofoto/cometa-l…
La cometa C/2025 A6, nota come Lemmon, in uno scatto da un nostro lettore di Modica.
Franc Mac likes this.
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esce il n. 2 di ‘niederngasse’, rivista cartacea (e digitale): oggi la prima presentazione online
ESCE Niederngasse #2 – Evento online
OGGI, lunedì 27, si apre il tabellone (cfr. foto).
ore 21:00 (Italia)
Si presenta online il nuovo numero cartaceo di Niederngasse
30 minuti secchi: breve introduzione + autorə
Niederngasse – La cavalleria leggera della letteratura italiana
La storica rivista d’artista fondata nel 1998 in Svizzera torna in edizione cartacea. Un progetto indipendente che reimmagina la fruizione culturale contemporanea con una formula inedita: “Il Grande Giuoco di Niederngasse”, una plancia interattiva dove ogni casella corrisponde a un articolo, accessibile anche in digitale tramite QR code.
Scarica il tabellone e leggi il nuovo numero → https://niederngasse.it/editoriale
Edizione cartacea limitata e numerata.
#2 #eventoOnline #NiedernGasse #PaolaSilviaDolci #presentazione #rivista #riviste #tabellone
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28 ottobre, roma, fondazione baruchello: convegno su “luoghi, oggetti, arredi e case d’autore” (archivi degli artisti e degli scrittori)
Domani, 28 ottobre, presso la Fondazione Baruchello si svolge il Convegno Luoghi, oggetti, arredi e case d’autore. Il contesto degli archivi degli artisti e degli scrittori.
Saranno trattati argomenti intimamente connessi alla storia degli archivi e a quella della creazione letteraria ed artistica.
Qui una breve spiegazione del progetto:
Gli archivi privati degli artisti e degli scrittori conservano materiale documentario di grande interesse per lo studio delle fonti della cultura e della storia della seconda metà del Novecento e per ritessere la fitta trama dei rapporti amicali, intellettuali, sociali e letterari che ha attraversato la ricca e densa sostanza della cultura novecentesca.
I fondi fotografici presenti all’interno degli archivi, il cosiddetto materiale minore, agende, agendine, appunti, quaderni, calendari, gli oggetti e degli arredi delle dimore e delle case d’autore, i luoghi da loro frequentati e amati sono ancora territori inesplorati che molto possono svelare sulla complessità e le radici delle opere e per la ricostruzione del contesto e di una mappa geo-culturale e storica che può illuminare il percorso, anche biografico, della creazione.I
Il Convegno tratterà queste aree tematiche all’apparenza marginali ma pienamente significative e fondamentali per la ricostruzione, la visibilità e la valorizzazione delle fonti storiche.”
Si prega di confermare la presenza scrivendo a
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Modera Barbara Mancini
Ore 10:30 – 13:30
INTRODUZIONE
Carla Subrizi, Cetta Petrollo Pagliarani
SESSIONE I. Le case e le stanze d’autore: artisti, poeti, scrittori
Caterina Borelli
Case, oggetti e arredi: autobiografie o archivi? Luoghi pubblici o privati?
Eleonora Cardinale
Ricostruire le stanze degli scrittori: Spazi900 della Biblioteca nazionale centrale di Roma
Monica Fabbri
L’Archivio Giovannino Guareschi a Roncole Verdi
SESSIONE II. I dialoghi amicali, le dediche negli epistolari e nei libri
Federico Milone
Scaffali privati e scaffali digitali: il caso della biblioteca di Alfredo Giuliani
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A Elio, maestro d’arte e di vita”: le dediche nei libri della Biblioteca Pagliarani
Francesco Pascali
«Gli anni ‘80 sono nostri», Giuseppe Bertolucci e Marco Tullio Giordana, carte da
un’amicizia
Ore 15:30 -19:00
SESSIONE III. Gli incontri: agende agendine quaderni e calendari
Antonio D’Ambrosio
Attraversare l’Europa dagli avantesti del Fondo Claudio Magris
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Chiara Portesine
Archiviare la Neoavanguardia: lo sperimentalismo tra anarchia e documento
Mauro Distefano
Appunti, quaderni e ritagli: il laboratorio nascosto di Federico De Roberto
SESSIONE IV. Gli arredi, gli oggetti
Giuseppe Garrera
Immagini devozionali. Le Gioconde di Luca Maria Patella.Alcune considerazioni sulle Gioconde di Leonardo disseminate sulle pareti e nei cassetti della casa di Luca Maria Patella
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Speranzella di Bernari attraverso la fotografia: tra documento e finzione
SESSIONE V. I Luoghi
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La casa e il bosco di Mario Rigoni Stern
Silvia Moretti
Memorie e rappresentazioni della casa di via dei giornalisti di Gianni Toti
Convegno a cura di
Cetta Petrollo Pagliarani – Associazione Letteraria Elio Pagliarani
Coordinamento
Marcella Muraca
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#AdaNegri #agende #agendine #anarchia #AntonioDAmbrosio #appunti #archivi #archivio #archivioDelNovecento #AriannaSaggio #arredi #artisti #AssociazioneLetterariaElioPagliarani #AssociazionePagliarani #calendari #case #caseDAutore #CettaPetrollo #CettaPetrolloPagliarani #CettaPetrolloPagliaraniAssociazioneLetterariaElioPagliarani #ChiaraPortesine #ClaudioMagris #documenti #documento #ElioPagliarani #FedericoDeRoberto #FondoClaudioMagris #GiuseppeBertolucci #GiuseppeGarrera #Gruppo63 #laboratorio #LucaMariaPatella #luoghiOggettiArredi #MarcoTullioGiordana #materialeMinore #MauroDistefano #neoavanguardia #oggetti #oggettiMinori #quaderni #SaraGregori #scrittori #sperimentalismo
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La nascita del movimento pacifista italiano avvenne dunque più tardi
«La Stampa» 25 ottobre 1981, p. 5
La scelta del governo italiano di installare le armi atomiche determinò la riorganizzazione dei movimenti pacifisti italiani. Renato Moro ha fatto notare come in Italia, nel secondo dopo guerra, contrariamente ad altri paesi europei mancava di un forte movimento pacifista indipendente; tuttavia, le istanze intese legate alla rimozione delle cause di guerra e alla trasformazione in senso più egualitario e solidale della società sarebbero state veicolate in primis dal PCI <133. Solamente tra il 1976 e il 1978, in seguito al disastro ambientale provocato a Seveso, emersero dei movimenti contro l’uso civile dell’energia nucleare che ponevano l’accento soprattutto sulla questione della sicurezza nei posti di lavori e sull’inquinamento territoriale. La nascita del movimento pacifista italiano avvenne dunque più tardi rispetto a paesi come Regno Unito, Germania, Belgio e Olanda. I primi gruppi riuniti per discutere di pacifismo e politiche antinucleari presero avvio grazie agli incontri giovanili organizzati dalla Nuova Sinistra. L’obiettivo era quello di trasformare la questione antinucleare sia militare che civile in un campo di battaglia per raggiungere scopi politici <134.
Tra il 1979 e il 1980, subito dopo la decisione del governo italiano di installare i missili Cruise nelle basi militari italiane, alcuni partiti come il Partito Radicale (PR) e il Partito di Unità Proletaria (PDUP) si opposero. Su questo tema, il Partito comunista italiano era tra i più attivi e organizzava raduni in tutto il paese coinvolgendo soprattutto intellettuali e studenti. Dall’altra parte dello schieramento politico, alcuni raggruppamenti cattolici, in evidente contrapposizione con le decisioni portate avanti dalla Democrazia Cristiana (DC), proposero la formazione di un movimento apartitico pacifista per il disarmo <135. Una delle prime grandi manifestazioni in favore della pace venne organizzata dal PCI a Firenze. Enrico Berlinguer durante il suo discorso tenuto in Piazza della Signoria sottolineava la matrice politica della mobilitazione, esclamando: «i comunisti sono la prima e la più grande forza politica in Italia a impegnarsi per la pace e la distensione» <136. Nonostante l’impegno dei comunisti nell’organizzare manifestazioni nelle città italiane come il corteo del 4 dicembre 1979 che da Piazza Esedra in Roma raggiunse Piazza di Spagna, animato da migliaia di persone con fiaccole e striscioni con su scritto: «Fermare la corsa al riarmo, trattative subito» <137, non riuscirono a coinvolgere altri grandi partiti come la DC e il PSI <138. Solamente nel 1981 dopo le avvenute mobilitazioni dei gruppi pacifisti europei aderenti al movimento del Disarmo Nucleare Europeo (END), l’elezione di Ronald Reagan alla Casa Bianca che aveva già annunciato l’avanzamento dell’installazione delle bombe atomiche in Europa e la prima mobilitazione a Comiso (luogo designato dalla NATO e dal governo italiano per l’installazione dei missili Cruise), il Movimento nonviolento attivo in Umbria già dal secondo dopo guerra organizzò la marcia della pace Assisi-Perugia <139. Si trattò della prima manifestazione pacifista che riuniva diversi schieramenti politici. Il 27 settembre 1981 partirono da Assisi in cinquantamila persone, guidati dal filosofo Norberto Bobbio, uno dei più illustri aderenti del Movimento nonviolento, il quale concluse la marcia della pace con un discorso pronunciato ai piedi della Rocca di Assisi. Il messaggio dell’intellettuale era chiaro: «la strada è una sola, ed è la strada che conduce al superamento dei blocchi contrapposti, al rifiuto della politica di potenza, alla distensione, al disarmo e alla pace fondata non sull’equilibrio del terrore ma su quello della distribuzione dei beni» <140. In quell’occasione parteciparono alla marcia aderenti al PCI, PDUP, PR a vari gruppi provenienti dagli ambienti cattolici, evangelici, nonviolenti e anche alcuni socialisti contrari alle posizioni ufficiali del PSI <141. Poche settimane dopo, il primo grande incontro del movimento pacifista si svolse a Roma il 24 ottobre 1981 e venne convocato da un cartello di partiti, con la prevalenza dei giovani esponenti del PCI e della Nuova Sinistra che si riunirono in un Comitato di coordinamento nazionale <142. Al corteo parteciparono più di 300.000 persone guidate da un manifesto raffigurante San Francesco d’Assisi. «Dalla Sicilia alla Scandinavia, no alla NATO e al patto di Varsavia» era uno degli slogan più pronunciati, ma non era l’unico <143. Alcuni striscioni del PSI della corrente di Achille Benzoni recitavano: «Craxi, Lagorio non sono qui, noi siamo il vero PSI» <144. Oltre ai gruppi politici citati, molti erano i gruppi partecipanti: le donne e femministe, le chieste evangeliche, le federazioni anarchiche, le comunità israelitiche, i cattolici schierati contro la DC e definiti da Marco Tosati come i «diversi», i movimenti ecologisti e alcuni rappresentanti del pacifismo tedesco145. Oltre agli striscioni e agli slogan, il corteo venne animato dalla tarantella, e da alcune musiche intonate dal Laboratorio di musica popolare di Testaccio; gli accessori principali usati durante la manifestazione furono missili di cartapesta, bombe finte, falci e fantasmi simboli di morte <146. La presenza di raggruppamento di forze politiche divergenti creò difficoltà nella scelta delle risoluzioni da prendere in vista dell’installazione degli euromissili. Le maggiori problematiche vennero riscontrate tra il PCI e la Nuova Sinistra: il primo gruppo portava, infatti, avanti la strategia del «fronte unico» lavorando per raggiungere una soluzione equilibrata, mentre i giovani della Nuova Sinistra si proponevano come unico obbiettivo quello del disarmo attuando forme di lotta disorganizzata <147. Pochi giorni dopo la manifestazione di Roma, il giornale della sinistra cattolica «Testimonianze» propose l’organizzazione di un convegno che si sarebbe tenuto a Firenze tra il 14 e il 15 novembre 1981. Il primo incontro teorico del pacifismo italiano si trasformò in una sorta di conferenza nazionale con l’obbiettivo di formare un movimento autonomo e indipendente non strettamente legato ai partiti politici. Al convegno intitolato “Se vuoi la pace” presero parte gruppi e partiti di diversa estrazione politica e sociale: c’erano i comunisti che proponevano un disarmo equilibrato, il PR schierato contro l’Unione Sovietica perché ritenuta più pericolosa degli Stati Uniti, e quindi, favorevole alle politiche della distensione, in più contraddicevano le posizioni del PCI. Altri partecipanti furono i gruppi indipendenti come il Movimento nonviolento, che era in collisione con i cattolici di sinistra, e La Lega per il disarmo unilaterale, promossa dallo scrittore Carlo Cassola ed impegnata nella lotta per il disarmo nucleare sia militare che civile. Inoltre, presero parte all’incontro anche i giovani aderenti alla Nuova Sinistra al gruppo Democrazia Proletaria (DP) e Lotta continua. L’eterogeneità del movimento pacifista italiano alle sue origini veniva precipita da prospettive contrapposte: da una parte emergeva la capacità sperimentata all’interno del movimento di privilegiare le diversità e non giudicare le idee divergenti dei membri che poteva permettere la coesistenza di diverse posizioni in collaborazione per un unico fine; dall’altra, tuttavia, il ruolo prevalente del PCI nelle attività del movimento pacifista era la causa di litigi e le posizioni diverse dei vari partecipanti impedivano il raggiungimento dei risultato e il colloquio con parti politiche opposte alla sinistra. Nonostante le divergenze, questo movimento pacifista, più o meno unito, decise di mobilitarsi a Comiso, in occasione delle manifestazioni organizzate dai locali per opporsi all’installazione degli euromissili.
[NOTE]133 R. Moro, Against the Euromissiles: Anti-nuclear Movements in 1980s Italy, cit. p. 200.
134 Ivi, p.201.
35 Ibidem
136 F. Fusi, Il discorso di Berlinguer alla grande manifestazione nazionale. Duecentomila a Firenze per la pace in «L’Unità» n° 7, 18 febbraio 1980, p. 1.
137 Missili: oggi il dibattito decisivo. Miglia manifestano nel centro di Roma, in «L’Unità», 4 dicembre 1979, p.1.
138 Il discorso di Berlinguer a Firenze, «L’Unità», 18 febbraio 1980, p. 2.
139 R. Moro, Against the Euromissiles: Anti-nuclear Movements in 1980s Italy (1979-1984), cit. p. 202.
140 R. Conteduca, Ad Assisi in 50 mila «Il mondo vuole pace, in «La Stampa», 28 settembre 1981.
141 Ibidem
142 Vecchio e Nuovo internazionalismo: paure, esperienze e bisogni, appunti dall’Archivio privato di Chiara Ingrao, p. 8.
143 M. Tosati, Roma imponente sfilata per la pace «Vietate ambasciate Usa e Urss» in «La Stampa» 25 ottobre 1981, p. 5.
144 Ibidem.
145 Ibidem
146 Ibidem
147 R. Moro, Against the Euromissiles: Anti-nuclear Movements in 1980s Italy (1979-1984), cit. p 203.
Maria Letizia Fontana, Donne contro gli euromissili. Una prospettiva transnazionale e di genere dei movimenti antinucleari femministi e pacifisti nei primi anni Ottanta in Italia e Belgio, Tesi di laurea, Università Ca’ Foscari – Venezia, Anno Accademico 2022-2023
#1976 #1978 #1981 #antinucleari #AssisiPerugia #CarloCassola #cattolici #Comiso #comunitàIsraelitiche #contro #DC #donne #ecologisti #euromissili #evangelici #femminismo #Firenze #Italia #manifestazioni #marcia #MariaLetiziaFontana #movimenti #nonviolento #NorbertoBobbio #pacifista #PCI #PDUP #PSI #radicali #Roma
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L’ultima mossa dei Not Moving
Ieri sera ho scoperto su IYE che è stato appena pubblicato un nuovo – l’ultimo – album dei Not Moving. Si chiude con un «That’s All Folks» la storia di una delle più grandi band rock’n’roll che abbia calpestato questa terra di nulla e di nessuno che è lo Stivale. In attesa di poter ascoltare le nuove canzoni – e intendo il disco per intero, perché non ho alcuna intenzione di mandarlo giù a pezzetti – ripropongo il capolavoro perduto del 1984, Land of Nothing, riesumato dalla mitica Area Pirata nel 2003: per chi già conosce e voglia ripassarci sopra, per chi non conosce e voglia ficcarsi giù per la gola questi quindici minuti o poco più di tiratissimo e scurissimo rock’n’roll punk dai contorni blues e rockabilly (Gun Club e Cramps sono nomi che vengono in mente più spesso che no). È un modo per salutare l’ultima mossa di una band che qui, su questi solchi, ha girato e significato molto.
Per chi voglia un riassunto della storia ci ha pensato Tony Face.
#DomeLaMuerte #LandOfNothing #NotMoving #Punk #punkBlues #RitaLilith #RockNRoll #TonyFace
‘That’s All Folks’, l’ultimo giro dei Not Moving
Giunge al capolinea con un album che uscirà venerdì la corsa di Lilith, Dome La Muerte e Tony Face. Abbiamo chiesto a quest’ultimo di raccontare l’epopea del gruppo e i motivi dello scioglimento. Una storia rock’n’rollAntonio Bacciocchi (Rolling Stone Italia)
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Crateri Sivestri a pagamento, riperimetrazione: Parco dell’Etna sotto attacco
Un sito Unesco proprietà privata, con ingresso a pagamento. Una proposta di legge regionale per restringere i confini del Parco dell’Etna e l’ampiezza dell’area da esso controllata . Su queste notizie, recentemente assurte, con grande clamore, agli onori della cronaca, vorremmo aprire un dibattito, a cui invitiamo a partecipare cittadini e associazioni che hanno a cuore il nostro vulcano […]
Leggi il resto: argocatania.it/2025/10/27/crat…
#Etna #ParcoDellEtna #RegioneSiciliana #speculazioneEdilizia
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ancora fino al 19 novembre, a milano: “l’altra pittura” di gianni asdrubali
L’ALTRA PITTURA
A CURA DI LORENZO MADARO
A ARTE INVERNIZZI
VIA DOMENICO SCARLATTI 12 20124 MILAN ITALY
CATALOGO CON SAGGIO DI LORENZO MADARO
24 SETTEMBRE – fino al 19 NOVEMBRE 2025
IN CONTEMPORANEA ALLA GALLERIA ARTRA DI MILANO
Le gallerie A arte Invernizzi e Artra hanno inaugurato mercoledì 24 settembre 2025 la mostra Gianni Asdrubali. L’altra pittura, a cura di Lorenzo Madaro.
La mostra, articolata nelle due sedi delle gallerie, con cui l’artista dialoga intensamente da decenni, diviene una antologica in grado di tracciare i punti focali imprescindibili di tutta la sua ricerca sin dagli esordi. Le due sezioni sono una in continuità con l’altra con incroci, tangenze speciali e a volte intrecci che le connettono costantemente.
Gianni Asdrubali (Tuscania, 1955) sviluppa la propria ricerca con convinzione dai primissimi Ottanta, rimanendo già in quegli anni autosufficiente e originale, fuori da ogni possibile categoria di riferimento, lontana dagli ismi e da ogni perimetro critico/curatoriale, fatta eccezione per l’Astrazione povera teorizzata da Filiberto Menna includendo oltre allo stesso Asdrubali anche Mariano Rossano, Bruno Querci e altri artisti.
L’arte con Gianni Asdrubali torna ad assumere una funzione primaria di spazio che indaga il sé della pittura, dopo la bolgia di colore, immagini, simboli, allegorie a cui la pittura in quegli anni ci stava abituando anche nelle sue espressioni più stimolanti, innovative, coinvolgenti.
Gianni Asdrubali già da quel decennio è infatti un battitore libero e solitario. Non silenzioso, non inerme, non immobile. La sua storia in quei primi momenti di sperimentazione è di impegno massimo nelle stanze dei suoi studi, alla ricerca della radice originaria di un segno mai incerto ma in costante movimento, proiettato – all’epoca come oggi – in una persistente fuoriuscita dalla tela, dal muro o comunque dal quadro in senso stretto. Tutto è propedeutico alla gestazione, al concepimento e all’affinamento di uno stile che non diventa mai un genere, che non inciampa mai nel caos totale della replica, bensì nell’ossessiva, meditata e insieme voluttuosa e caparbia capacità di costruzione di un alfabeto in costante movimento.
Opere in mostra come Camurro (1981) e Diodiavolo (1980) rivelano grovigli, contorsioni, capriole, tracce, alle volte forti e penetranti, altre che si assottigliano man mano che si allargano dalla matrice cromatica, rigorosamente nera, che quasi esplode in un lato dell’opera per farsi altro, per liberarsi della propria energia intrinseca. Ecco allora che con il passare degli anni – pensiamo a Aggroblanda del 1984, Bestia del 1985, Zaazze del 1986, per citare alcune tra le opere in mostra – la traccia di ogni segno si regolarizza in un sistema di coordinate ancor più approfondite, precise, che si allontana dalla gestualità informale per ricomporsi in un sistema in cui il segno si assottiglia per diventare un elemento autonomo, un apparente tubo che si apre per creare spazi di pieno e di vuoto in cui si inserisce il bianco della superficie che diviene “corpo”.
E se in opere come Malumazac del 1990 il segno inizia nuovamente ad allargarsi, ma non come groviglio bensì come traccia libera che si espande, in opere come Tromboloide del 1992 l’opera stessa diventa sagoma fatta esclusivamente di segno e il supporto è ritagliato attorno al segno stesso. Svolta, prende impossibili diagonali, alle volte torna indietro, si stratifica, poi si innalza, è come un’onda che si increspa e poi esplode nella libertà assoluta di una superficie che – ed è questo il filo conduttore di questa nuova fase, quella dei Novanta, più matura dell’artista – non finisce più sul proprio perimetro ma idealmente inizia a ampliarsi e sfrangiarsi del tutto sullo spazio attorno. Questa attitudine poi si svilupperà completamente negli anni più recenti, soprattutto negli interventi che realizza o sulle tele sagomate e assemblate, messe assieme a mo’ di arcipelago sprigionando un’energia sempre inesausta.
Energia. La pittura di Asdrubali è un concentrato che concilia riflessione e azione, impeto e calma, quella che occorre nello spazio concentrato dello studio, luogo di elaborazione progettuale, ma anche di allenamento verso quel continuo evolversi del segno stesso.
Tromboloide è una delle opere centrali di un transito in grado di generare nuove possibili traiettorie: il segno qui fa emergere un’altra delle identità della pittura di Asdrubali. Da un lato c’è quello netto, profondamente denso, totalizzante, e poi c’è la traccia del pennello semi asciutto che genera altre prospettive interne. Quindi la pittura non è soltanto il risultato della sua azione su una superficie ma anche il suo farsi, il suo essere processo.
La mostra poi prosegue con un’ampia sezione, divisa nelle due gallerie, di opere degli anni Duemila e, soprattutto, di quelli più recenti, dove l’energia di Asdrubali si è completamente dilatata e in cui la superficie assume un ruolo a volte perfino primario nella definizione degli spazi e delle prospettive delle pennellate, che si fanno sempre più tumultuose, irradianti, talvolta nevrotiche, iperattive, avvolgenti, dilatate, in un continuo rincorrersi di asimmetrie, di rinunce a una possibile regola stagnante.
Anche nell’opera recente comprendiamo come la ricerca di Asdrubali sia un battito cardiaco di un’esperienza che esplora il problema interno della pittura, ovvero l’energia e il vuoto.
In occasione della mostra è stato pubblicato un catalogo bilingue con un saggio di Lorenzo Madaro, la riproduzione delle opere esposte nelle due gallerie e un aggiornato apparato bio-bibliografico.
#AArteInvernizzi #abstract #abstractArt #art #arte #arteAstratta #catalogo #GalleriaArtra #GianniAsdrubali #LorenzoMadaro
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la sorpresa malwarica della domenica (l’attacco alla supply chain di OpenVSX mi fa passare brutti minuti)
Dopo i vari complotti ai miei danni… e prima gli scherzi degli spiriti, e poi i malware autunnali che colpiscono il mio corpo, e pure tutte le cose pericolosamente problematiche per essere anche solo scritte… Oggi pomeriggio mi è arrivata un’altra sorpresa: i fottuti virus sul PC. (E no, non è perché sto continuando ad usare Windows 10 una decina di giorni dopo la data di fine vita… non c’è nessuna falla nel sistema operativo di mezzo, bensì, anche stavolta, solo i potery forty.) 😰
Ho semplicemente aperto VSCodium per fare la mia programmazione, perché sennò il fine settimana non sono contenta, lo sappiamo già… ed è arrivato un popup di Windows Defender, che si lamentava di un file JavaScript nella cartella di un’estensione installata dell’IDE. Purtroppo, cercandolo online, scopro che il merdone ha probabilmente ragione: il file è probabilmente infetto (non lo so con certezza, perché non volevo sbloccarlo col rischio che venisse eseguito, quindi l’ho fatto sparire)… perché, a quanto sembra, c’è stato di recente un attacco alla filiera (o “supply chain“, come piace dirlo agli altri) che ha colpito alcune estensioni VSCode… e zio cane. 😐
I link interessanti sono su memos.octt.eu.org/m/GdeyW5UqDV…, e stavolta sono forse interessanti davvero, perché il malware, “GlassWorm“, è una cosa assurda, a livello tecnico… Usa la blockchain di Solana per salvare i riferimenti allo stage 2, probabilmente per essere indistruttibile, perché se qualcuno gli leva di mezzo il server di comando e controllo questi possono sempre aggiornare il payload sulla blockchain e avere tutto ancora funzionante, una roba da pazzi… e poi, il codice malevolo nascosto nei file JavaScript è codificato con caratteri Unicode che appaiono vuoti, ma ovviamente vengono decodificati in quello che serve, e bleah. Ma non è questo il punto… 🤥
In pratica, quello che è successo — e non capisco perché lo scopro solo ora, e non mi sia invece arrivata indirettamente la notizia pochi giorni fa — è che questo malware prende di mira le estensioni per VSCode — principalmente quelle ospitate su OpenVSX, ma si sa già di almeno una infetta anche sullo store di Microsoft — per replicarsi e diffondersi sui PC degli sviluppatori di software, e da lì fare cose brutte… Innanzitutto rubare i dati di varie estensioni browser di criptovalute (e vabbè che se tieni le criptovalute sul PC anziché sul telefono stai proprio chiedendo che ti vengano rubate), perché evidentemente questi stronzi non hanno fantasia… poi credenziali Git, NPM, OpenVSX, questa roba qui, appunto per spargere codice malevolo… e, si dice, installare varie schifezze persistenti. 😭
Non so se sia più ironico il fatto che non ho praticamente mai beccato malware sui PC in anni e anni di pirateria e cose particolari, eppure mi deve succedere oggi in un modo che non potevo ragionevolmente prevenire — anche perché io non installo estensioni troppo ad minchiam, nel possibile faccio attenzione, ma a volte tocca installare il pacchetto sfigato gestito da qualcuno a caso non malevolo, ma che suo malgrado si è fatto bucare — per il solo peccato di scrivere codice ed usare VSCodium per farlo… Oppure, se la cosa che veramente mi deve far incazzare è che le estensioni bucate sono per ora ancora una quindicina, eppure proprio una (1) è capitato che l’avessi, quindi che combinazione… Ma è tutto così fottutamente assurdo. 💥
Per fortuna, (anche se non so quanto devo davvero fidarmi di un simile risultato, e mi chiedo se forse non dovrei prendere provvedimenti più forti; ma se devo cambiare le password impazzisco, e idem se devo reinstallare il sistema, quindi spero di no…) da diverse scansioni complete, una con Defender ed una con Kaspersky, esclusi i file dell’estensione infetta che poi ho giustamente anche disinstallato da VSCodium, il PC risulta pulito; e, anche controllando a manina i servizi di Windows, le operazioni programmate all’avvio, e le chiavi di registro riportate negli articoli sopra, non ho trovato nulla di strano, così come non vedo richieste agli indirizzi IP noti di questo merdone attraverso WireShark. 🙄
Quindi… è possibile che Defender abbia bloccato il codice malevolo in un momento in cui si, l’IDE ha letto il file che lo conteneva, ma non effettivamente eseguito, perché questa estensione (sissel.shopify-liquid@4.0.1) magari non era una di quelle che gira a vuoto, e io in cosa stavo lavorando oggi (e ieri) non avevo niente che causasse l’effettivo caricamento dell’estensione? Mi verrebbe da chiedermi perché minchia la rilevazione sia avvenuta solo oggi, visto che l’estensione è bucata da apparentemente una bella settimana, e quindi dovevo avere in teoria già minimo da ieri la versione schifosa, visto che VSCode maledetto aggiorna in automatico le estensioni senza dire niente… ma evidentemente Microsoft ha il culo comodo nell’aggiornare le definizioni. 😤
Allora, in sostanza, spero vivamente che questo coglione marcio non sia riuscito ad installarmi sul computer RAT, HVNC, o proxy per i propri usi schifosi, altrimenti sono rogne… Se avete consigli, a parte l’idea di smettere di programmare software, vi ringrazio in anticipo; per ora ho disattivato l’aggiornamento automatico di tutte le estensioni, così, semmai qualcun’altra viene fottuta, io non lo sarò. Però, a parte gli scherzi, viviamo veramente in un mondo di merda se i malware non sono più “vinci la partita a carte se non vuoi che ti cancello il disco“, e invece sono “mi nascondo per fotterti”… e se per prenderli non serve fare nulla di incauto, ma basta appena esistere ed usare software scritto da altri!!! 😩
#GlassWorm #malware #OpenVSX #virus #VSCode
[MALWARE] Compromised VS Code extension
🚨 Security Alert: Malicious Version Detected on Open VSX Hi @panoply, My name is Ilyas Makari, and I’m a malware researcher at Aikido Security. I wanted to let you know that we’ve identified a comp...IlyasMakari (GitHub)
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Ritorna Mauro Balboni con L’orsa che mangiava ciliegie
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- L’orsa che mangiava ciliegie
- Il rewilding e la coesistenza tra uomo e natura selvatica
- Mauro Balboni
L’orsa che mangiava ciliegie
(Mauro Balboni, in uscita a inizio 2026)
L’orsa che mangiava ciliegie. I castori che nuotano sotto i palazzi della city finanziaria. Il lupo in giardino. Le foreste ripariali a 20 km da piazza Duomo. Le scale dei fiumi dove passano i grandi storioni dopo 60 anni di assenza. La foresta lasciata evolvere secondo le sue leggi. I bisonti di Giulio Cesare e Asterix. I miracolosi boschi delle risorgive nella pianura più cementificata d’Europa. E molto altro.Cos’è: un bestiario da leggende metropolitane? No: sono incontri reali con la nuova natura europea. La wilderness diversamente selvaggia che sta prendendo forma nel primo continente che la wilderness la cancellò quasi dovunque. Eppure, sta ritornando. Qui e là, a brandelli, più spesso che no ferocemente avversati.
Un racconto di crisi e cambiamento
L’orsa che mangiava ciliegie di Mauro Balboni racconta inevitabilmente la crisi ecologica e climatica che stiamo vivendo, e non potrebbe essere diversamente.
Ma, per una volta, dalla parte di quello che sta provando ad adattarsi. Quello che ogni anno aggiunge un anello nel tronco anche se deformato da siccità e inquinanti ambientali. Quello che è tornato a scorrere dove non scorreva più. Quello che riappare su montagne da dove pensavamo di averlo scacciato per sempre. Quello che non ha voce ma deve essere fatto conoscere, per evitare che venga perso di nuovo.
Le domande che dobbiamo farci
Sono incontri che spalancano la porta direttamente sui grandi temi del nostro tempo: il clima, la difesa dagli eventi metereologici estremi, i servizi ecosistemici, la vivibilità dell’ambiente costruito, l’overtourism. Che ci parlano di amnesia ecologica generazionale, di rewilding, di quale ruolo per le aree protette. Di quale futuro ci aspetta.
L’orsa che mangiava ciliegie ci conduce ad affrontare domande per le quali non abbiamo ancora risposte, ma che forse aprono uno spiraglio di speranza: quell’orsa, quei castori, quelle nuove foreste, quegli storioni sono qui per rimanerci? Sono ecologicamente reversibili, i disastri dell’Epoca Umana?
Il rewilding e la coesistenza tra uomo e natura selvatica
Il concetto di “rewilding” non è più una visione romantica, ma un approccio pratico alla conservazione, basato sul lasciare spazio ai processi naturali e sul ritorno, spesso spontaneo, delle specie chiave. Il fenomeno narrato da Balboni si inserisce perfettamente in questo contesto europeo, dove i lupi tornano ad attraversare le Alpi e i castori rimodellano i corsi d’acqua a ridosso delle aree urbane. Questo ritorno della fauna selvatica pone però un’ardua sfida: la coesistenza. Se da un lato il ripristino della biodiversità porta benefici tangibili, come una maggiore resilienza agli eventi climatici estremi o la fornitura di servizi ecosistemici essenziali, dall’altro lato, richiede una profonda revisione del rapporto tra uomo e fauna selvatica. Il libro di Balboni, dunque, non celebra solo il trionfo della natura, ma indaga anche le complesse dinamiche sociali, economiche e culturali che si attivano quando la wilderness irrompe nella quotidianità antropizzata.
La resilienza naturale contro la crisi delle risorse
Questa prospettiva, ricca di incontri sorprendenti, offre un contrasto significativo con le preoccupazioni più drammatiche espresse dall’autore in merito alla sicurezza alimentare e alla gestione delle risorse, temi centrali nel suo precedente saggio, “Il pianeta dei frigoriferi” (2022). Dopo aver analizzato lucidamente le criticità strutturali e globali dell’impronta umana sulle risorse, l’autore in questa nuova opera rivolge lo sguardo ai segnali di resilienza che la natura, nonostante tutto, continua a offrire. L’orsa che mangiava ciliegie si presenta quindi come un invito a considerare i meccanismi di adattamento del mondo naturale non come un’alternativa alle soluzioni tecnologiche o politiche, ma come una parte essenziale e forse decisiva per immaginare un futuro sostenibile, dove uomo e natura possano trovare un nuovo equilibrio.
Mauro Balboni
Mauro Balboni è nato a Bolzano nel 1958 e vive oggi in Svizzera (dopo essere passato per Austria e Inghilterra). Si è laureato in Scienze Agrarie all’Università di Bologna. È stato dirigente di livello internazionale nell’agroindustria, per la quale ha lavorato sia nella ricerca & sviluppo che negli affari governativi. Ha lavorato oltre 30 anni nella ricerca e sviluppo della grande industria agrochimica, la maggior parte dei quali come dirigente con responsabilità europee e globali. Ha vissuto a Milano, Bologna, Vienna, Oxford, Zurigo. Oggi risiede tra la Svizzera e il lago di Garda, dove ha trovato la sua vera life mission, quella di conservare un biotopo di prati magri e i suoi legittimi residenti: le “carote ametista”, le cavallette dalle ali blu, le api, le farfalle e le orchidee rare. Dal 2017 scrive sui temi della sicurezza alimentare globale e dell’impronta del cibo sulle risorse e gli ecosistemi, prima con Il Pianeta mangiato e più recentemente con Il pianeta dei frigoriferi (edito da Scienza Express e uscito a maggio 2022). Nel resto del suo tempo gira l’Europa con il camper, a piedi o in bicicletta anche alla ricerca di agricolture e di cibi presenti, passati e futuri.
#Balboni #Resilienza #Rewilding #saggio
Ritorna Mauro Balboni con L'orsa che mangiava ciliegie
Mauro Balboni presenta "L'orsa che mangiava ciliegie": il ritorno della wilderness in Europa tra orsi, lupi e la sfida della coesistenza.Francesco Scatigno (Magozine.it)
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Tra i blog Wordpress Federati rilanciati dal nostro account non poteva mancare quello della nuova associazione per la promozione del #Fediverso: Fedimedia
Fedimedia Italia nasce dalla collaborazione tra diverse realtà legate al software libero e in particolare al Fediverso.
Cosa intende promuovere @Fedimedia Italia APS ⁂?
– Il Fediverso italiano, come spazio digitale federato, inclusivo e sostenibile.
– Servizi open source, etici e rispettosi della privacy.
– Alternative europee concrete alle piattaforme delle Big Tech.
Per seguire l'account dal fediverso puoi seguire @Fedimedia Italia APS - Web
Se vuoi essere aggiornato sulle notizie che riguardano il Fediverso, segui il gruppo Activitypub @Che succede nel Fediverso?
Fedimedia Italia APS
Fedimedia Italia APS nasce per costruire un ecosistema digitale e sociale dove tecnologia, diritti e ambiente coesistono in armonia.Fedimedia Italia APS - Web
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“l’opera come processo”: ancora fino al 15 novembre
#CentroScritture #DavideGualtieri #FabioOrecchini #IvanSchiavone #LauraCingolani #PierpaoloCipitelli #RAW #RAWRomeArtWeek #RomeArtWeek #SaraDavidovics #SpazioMODULO
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Bombardamenti alleati in provincia di Como durante la seconda guerra mondiale
All’inizio dell’autunno 1944, la linea del fronte in Italia si stabilizzò sull’Appennino Tosco Emiliano, sulla Famosa Linea Gotica. L’offensiva alleata, per sfondare la linea difensiva tedesca, fece uso di un massiccio intervento dell’aviazione anglo-americana, che ebbe come obiettivi la distruzione di ogni deposito di carburanti e munizioni (anche minimo), l’attacco a strade, ponti, ferrovie, treni, autoveicoli. In questa strategia di attacco, si collocò il duplice bombardamento aereo subito da Erba nei giorni 30 settembre e 1 ottobre 1944, il più sanguinoso attacco aereo in tutta la Provincia di Como, ad opera di bombardieri medi americani tipo Martin B-26 C “Marauder” del 17° Bombardment Group U.S.A.A.F., particolarmente del suo 95° Squadron, facente parte del 42° Bomb Wing dipendente dalla XIIª Tactical Air Force, in quel periodo di stanza a Poretta nella Corsica settentrionale, al comando del Col. R.O. Harrell <88. Don Erminio Casati, prevosto di Erba, nel “Liber Chronicus” della parrocchia, scrisse per l’anno 1944: “[…] Le ansie e i timori si accrescono per l’avvicinarsi dei fronti e per la minaccia delle incursioni aeree. Arrivano anche nella nostra parrocchia gruppi di SS italiane e tedesche […]. Con l’accondiscendenza dell’autorità comunale installano un parco di automezzi al cosiddetto Campo Sportivo lungo il Lambrone e un deposito di benzina lungo la ferrovia Nord vicino alla Cascina Sassonia, attirando così l’attenzione dei bombardieri nemici. E purtroppo quanto si temeva avvenne e con tragiche conseguenze. Il 30 settembre di questo anno, vigilia della tradizionale Festa del S. Rosario, verso le ore 14, verso il Palanzone si vedevano sbucare alcuni lucenti apparecchi inglesi <89, subito dopo si udiva lo schianto spaventoso delle bombe cadute nelle vicinanze del Mercato. Il prevosto accorse subito verso tale località e si trovò dinnanzi ad uno spettacolo terrificante. Giunto nella corte dei signori Molteni e Nava in via Diaz 8, fra le rovine vedeva straziate tre vittime: due giovani spose e la loro suocera. In piazza del Mercato un deserto sconvolto da un terremoto con grida disperate di spavento e di invocazioni. Il lavatoio all’imbocco della via S. Rocco, schiantato e stritolato e le donne che stavano lavando, sfracellate in modo orribile: di una giovane presente non se ne ebbe più traccia: rimase dispersa dalle bombe cadute sul lavatoio. E la distesa di campagne dietro la piazza Santa Eufemia fin giù al deposito della benzina verso le Cascine Lovatella-Sassonia e Prà del Matto, tutta crivellata di bombe che distrussero ogni cosa e seminarono la morte, colpendo con schegge micidiali quasi tutte le persone che pacificamente stavano cogliendo uva dai filari delle viti sparsi per quei campi. Purtroppo le bombe o per errore o di proposito furono sganciate in modo che quasi non colpirono l’obbiettivo militare che era il deposito della benzina, ma portarono rovina e morte a poveri inermi. Una delle località più colpite fu la via Cattaneo, dove alcune case furono completamente abbattute” <90.
La prima incursione, probabilmente per un tragico errore di puntamento del velivolo capo formazione, fallì l’obiettivo sganciando le bombe sull’abitato. Gli americani usarono bombe speciali dirompenti, spolettate per causare il massimo effetto scheggia, ordigni di non grande peso ma micidiali contro bersagli estesi e poco protetti quali automezzi, depositi, persone <91. Vennero, inoltre, crivellati di colpi uno stabilimento tessile, subito a nord del deposito e l’adiacente ferrovia. Essendo stato mancato il bersaglio, il piano Alleato di sistematica eliminazione degli obiettivi già pianificati, imponeva una seconda missione, che il 1° ottobre colpiva finalmente il deposito, sconvolgendo ancora l’abitato di Erba, dove complessivamente ci furono 77 morti (60 per il primo attacco e 17 per il secondo), e oltre 200 feriti, molti dei quali terribilmente mutilati <92. Il quotidiano “La Provincia” <93 diede rilievo
all’episodio con l’intento di alimentare l’ostilità verso gli Alleati, facendo leva sul dolore della popolazione, ma non una parola fu scritta, vista la censura, sul deposito di benzina e munizioni, situato troppo vicino all’abitato. Il deposito era stato trasportato ad Erba dall’Alpe del Viceré per allontanarlo dal “Campeggio”, dove stava per installarsi un battaglione di SS italiane <94.
Il 10 gennaio 1945 Erba fu mitragliata da alcuni aerei alleati, con un morto e tre feriti, il 5 febbraio, vi fu un’altra incursione con un’azione di mitragliamento che coinvolse l’Alpe del Viceré, ferendo due persone. L’obiettivo era il Villaggio Alpino dei Fasci Italiani all’Estero (detto “Campeggio”), dove si era insediato un reparto di SS italiane. <95 Tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio ’45, le incursioni si intensificarono. Aerei singoli mitragliavano tutto ciò che si muoveva per strada. Uno di questi aerei, la sera del 29 gennaio 1945, fece una strage di pendolari a Lambrugo, attaccando un treno delle Ferrovie Nord: ci furono 7 morti e numerosi feriti. Così narrò il tragico episodio, il parroco di Lambrugo, Don Edoardo Arrigoni (“Liber Chronicus”, pagine 265-266): “[…] I treni erano presi di mira dagli aeroplani alleati ed erano diminuiti di numero, e quelli mantenuti, fatti in ora oscure per sottrarli all’osservazione aerea. Anche la ferrovia Nord ha dovuto limitarsi a questa situazione. Nonostante questa prudenza, una sera, e precisamente quella del 29 gennaio, mentre l’unico treno stava per entrare nella stazione di Lambrugo, favoriti da una magnifica luna che faceva spiccare sulla neve alta un metro la lunga teoria di carrozze, alcuni aeroplani, a bassissima quota, lo mitragliavano causando la morte di sette persone e ferendone circa una quarantina”. Il treno fu colpito nel tratto che va da Cascina Maria di Lurago al ponte sulla statale Como-Bergamo. Il convoglio si fermò immediatamente con la motrice riparata sotto il ponte e tutti i passeggeri che erano rimasti illesi fuggirono per i campi innevati in preda alla paura e in cerca di un rifugio. Proseguiva così il suo racconto il parroco: “Al primo rumore di mitragliamento, prendendo gli oli santi, mi portai sul posto, e nella confusione, nello strazio, dei morenti e dei feriti, procurai di amministrare l’Estrema Unzione sotto condizione a coloro che mi fu possibile. Le salme vennero provvisoriamente messe nella saletta di aspetto della Stazione. Il pavimento venne macchiato dal sangue uscito in abbondanza dalle tremende ferite operate dalle pallottole esplosive. Per grazia di Dio la nostra popolazione fu risparmiata da sì tremenda strage. I giorni seguenti si svolsero i solenni funerali e il salone dell’asilo venne trasformato in Camera ardente. Le salme vennero di poi trasportate ai propri Comuni di origine. La popolazione partecipò tutta al funerale, meritando la riconoscenza dei parenti delle vittime” <96. Nello stesso giorno, tra Canzo ed Asso, alcui vagoni di un treno passeggeri, furono mitragliati senza conseguenze <97. L’unica via di fuga lungo le strade, per tentare di salvarsi dai mitragliamenti, era di infilarsi in una “buca di sicurezza”. Purtroppo nelle vie di collegamento tra Como-Milano-Varese-Erba e Lecco, queste buche a metà febbraio 1945, non erano ancora state scavate <98. “La Provincia” del 12 aprile 1945, segnalava la distruzione di carri trainati da cavalli a Lurago, Merone e Rogeno <99. Ormai gli attacchi aerei erano un tiro a segno senza obiettivi di rilievo militare, ma di sicuro effetto psicologico.
[NOTE]88 Cfr. AA.VV., Civico Museo Archeologico città di Erba, Obbiettivo Erba. I bombardamenti alleati del 1944 sulla città, Ed. Malinverno, Como 1994, p.14;
89 Erano in realtà americani; come da copia degli atti ufficiali dell’aviazione dell’esercito americano (U.S.A.A.F.), vedi: AA.VV., Civico Museo Archeologico città di Erba, op. cit., p.13;
90 Cfr. “Liber Chronicus”, della parrocchia di Santa Maria Nascente di Erba, anno 1944, fogli s.n.;
91 Cfr. AA.VV., Civico Museo Archeologico città di Erba, op. cit., pp.16-17-18;
92 Cfr. AA.VV., Civico Museo Archeologico città di Erba, op. cit., p.19;
93 Cfr. “La Provincia di Como”, 1 ottobre 1944, foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (33); Cfr. “La Provincia di Como”, 2 ottobre 1944, foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (34); Cfr. “La Provincia di Como”, 3 ottobre 1944, foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (35);
94 Cfr. AA.VV., ISCPAPC, Taccuino degli anni difficili. (Luoghi, persone, documenti, ricordi), 1943-1945, Ed. Nodo libri, Como 2006, p.83;
95 Cfr. “La Provincia di Como”, 6 febbraio 1945, foglio s.n.;
96 Cfr. Riva Gaetano, Lambrugo e il suo monastero, Edizione a cura dell’Amministrazione comunale di Lambrugo, stampato da Modulimpianti s.n.c. Capriate San Gervasio, Bergamo 1990, p.364;
97 Cfr. “La Provincia di Como”, 30 gennaio 1945, foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc.(36);
98 Cfr. Roncacci Vittorio, La calma apparente del lago. Como e il Comasco tra guerra e guerra civile, Macchione Editore Varese 2003, p.325;
99 Cfr. “La Provincia di Como”, 12 aprile 1945, foglio s.n.
Laura Bosisio, Guerra e Resistenza in Alta Brianza e Vallassina, Tesi di Laurea, Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano, Anno Accademico 2008-2009
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Agostino Di Scipio, DUE DI UNO
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oggi, 26 ottobre, a roma: cerimonia finale della ix edizione del premio zavattini
Si tiene oggi, domenica 26 ottobre 2025 alle ore 11:00, presso il Cinema Nuovo Aquila (Via L’Aquila 66/74, Roma), la Cerimonia di premiazione della IX edizione del Premio Cesare Zavattini, il concorso dedicato al riuso del cinema d’archivio, rivolto a giovani filmmaker che vogliono sperimentare nuove forme di racconto attraverso materiali audiovisivi del passato. In tale ambito saranno presentati i progetti vincitori e consegnati i relativi riconoscimenti.
All’evento saranno presenti componenti della Giuria, presieduta dal regista Roland Sejko e composta da Monica Maurer, Benni Atria, Ivelise Perniola e Alessia Petitto; il presidente della Fondazione AAMOD Vincenzo Vita e i rappresentanti degli Enti che hanno sostenuto e collaborato con l’iniziativa; il direttore del Premio Antonio Medici, la coordinatrice Aurora Palandrani, i tutor che hanno seguito lo sviluppo dei progetti, Luca Onorati, Giovanni Piperno e Chiara Ronchini.
Nell’ambito dell’iniziativa sarà inoltre proiettato il breve cortometraggio Tentativi di analisi, vincitore del Premio Memory Ciak, nato dalla collaborazione tra Bookciak, Azione!, la Fondazione AAMOD e il Premio Cesare Zavattini. Presenteranno il film l’autore, Pietro Bonaccio, e Gabriella Gallozzi, ideatrice e direttrice di Bookciak, Azione!
Per partecipare è necessario compilare il modulo al seguente link:
https://docs.google.com/forms/d/e/1FAIpQLScoK9FURPM4w6ErMw9D_9t288pPpNfok3gW4MSv_LjX9e7NYw/viewform
PROGETTI VINCITORI:
Altrimenti inventa di Meriam Jarboua
Un film che affronta l’assenza di rappresentazioni visive dei migranti nordafricani in Italia negli anni Ottanta e Novanta del Novecento, proponendo un originale e sperimentale lavoro di “reinvenzione” dell’archivio mancante, che parte dalla propria storia familiare e approda a una dimensione più collettiva, interrogandosi sui temi dell’identità e della memoria.
Milano Infetta di Tommaso Cohen
Attraverso la storia dello spazio occupato Virus di Milano, base del nascente movimento punk italiano sgomberato nel 1984, esplora rabbia e desideri giovanili utilizzando poco noti materiali d’archivio, e nello stesso tempo allarga lo sguardo a una città che lasciandosi alle spalle Resistenza e lotte operaie sta diventando capitale degli affari e del glamour.
Nido di vespe di Riccardo Calisti e Giovanni Mauriello
Con ironia e leggerezza, la coppia di autori intreccia la propria storia con quella del quartiere romano di Torpignattara, tra intimità e memoria collettiva, con un approccio meta-narrativo che stratifica diverse dimensioni di racconto intorno ai temi del nido.
La Giuria della IX edizione del Premio Cesare Zavattini ha inoltre assegnato una Menzione speciale al progetto Noialtre di Michele Sammarco.
Il Premio Cesare Zavattini/UnArchive è un progetto della Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico ETS.
La IX edizione dell’iniziativa è stata realizzata con il sostegno della Direzione del Cinema del MIC, Istituto Luce Cinecittà e Nuovo Imaie, con la partnership di Home Movies, in collaborazione con Cineteca Sarda, Archivio delle Memorie Migranti, Premio Bookciak, Azione!, Deriva Film, Officina Visioni, UCCA, FICC, ANCR. Media partner: Radio Radicale e Diari di Cineclub.
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Cerimonia di Premiazione - Premio Zavattini 2024/25
Indirizzo dell’evento: Nuovo Cinema Aquila (Via L'Aquila, 66/74) Contattaci a eventi@aamod.itGoogle Docs
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Pier Paolo Pasolini: cinquant’anni oltre il sogno e il sangue
Indice dei contenuti
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- Il Tempo Circolare e la Scena Immutabile: “Il Sogno di una Cosa”
- L’Intellettuale scellerato: impegno politico e attualità sconvolgente
- La critica al “Nuovo Potere” e all’omologazione
- L’attacco alla borghesia e alla classe dirigente
- Il mistero e il silenzio: la morte sospetta e “Io So”
- L’attentato all’Italicus (1974)
- Il riferimento nell’articolo “Io so”
- Il significato della denuncia
- Il ruolo di Piazza Fontana nell’articolo “Io so”
- Il “vertice” del potere
- Connessione con altre stragi
- L’istante superbo: la poesia di un sogno
- Commemorazioni a Roma: Cinquanta Anni Dopo
Il 2 novembre 1975, sulla spiaggia dell’Idroscalo di Ostia, il corpo di Pier Paolo Pasolini trovò la sua fine terrena. Oggi, a cinquant’anni da quella notte brutale, il vuoto lasciato dalla sua assenza non è affatto una mancanza, ma una presenza che pulsa, profetica, nel cuore del nostro presente. La ricorrenza non è una semplice commemorazione, ma la dolorosa constatazione di quanto la sua voce, stroncata con violenza, risuoni oggi più urgentemente che mai in un’Italia e in un’Europa che sembrano aver disimparato, ancora una volta, la lezione della Storia.
Il Tempo Circolare e la Scena Immutabile: “Il Sogno di una Cosa”
Prendiamo a prestito il titolo del suo primo romanzo, completato nel 1949 e pubblicato nel 1962: “Il sogno di una cosa”. Non è solo il racconto della vita, degli amori e delle difficoltà dei giovani contadini istriani nella Trieste del dopoguerra, tra la speranza di una riforma agraria, l’attrazione per il comunismo e la dura realtà di un’esistenza in bilico. È, soprattutto, una metafora della condizione umana incagliata in un tempo che non passa, ma scorre ripetendosi.
Pasolini, attraverso gli occhi di questi giovani, disillusi eppure animati da una “fame di vita” quasi sacra, ci mette di fronte all’illusione del progresso lineare. Le scenografie mutano: i campi istriani si sono trasformati in periferie metropolitane, il linguaggio dei giovani è passato dal dialetto al neovolgare televisivo, i partiti si sono sciolti e ricomposti in sigle irriconoscibili. Mutano gli attori, sì, ma il dramma resta lo stesso. La Storia è un loop infinito dove la speranza è sempre tradita dalla forza inesorabile del potere e dell’omologazione.
Questo è il cuore della sua lungimiranza: la capacità di vedere che sotto la vernice del boom economico, della tolleranza apparente e del benessere consumistico si nascondeva un meccanismo di controllo molto più capillare e distruttivo di qualsiasi fascismo storico. Il potere, per Pasolini, non si manifestava più nella violenza aperta, ma nella capacità di “annullare” le differenze, di sedare le coscienze, di trasformare i singoli in masse indistinte di consumatori acritici.
La nostra epoca, in questo senso, è l’apoteosi del fenomeno che in psicologia è definito “Presentismo”: una condizione mentale e culturale che enfatizza in modo esagerato il momento attuale, ignorando o distorcendo il passato e rendendo difficile proiettare un futuro autentico. Viviamo nel “qui e ora” assoluto del feed digitale e della notizia lampo, soffrendo di una memoria storica cortissima che ci impedisce di imparare dagli errori già commessi. Ricaschiamo negli stessi polarismi, nelle stesse isterie collettive, nelle stesse fascinazioni per il “capo” o per la soluzione semplice, perché abbiamo dimenticato che il passato è pieno di moniti gridati. Pasolini, il poeta che aveva fatto della memoria e della tradizione (il mondo contadino, il sottoproletariato) il suo baluardo, è il più grande antidoto a questo male.
L’Intellettuale scellerato: impegno politico e attualità sconvolgente
L’impegno politico e sociale di Pier Paolo Pasolini fu un atto dirompente, un’abiura costante di ogni facile compromesso. Egli non fu mai un intellettuale organico, ma un “corsaro” che navigava contro la corrente. La sua militanza, pur avendo avuto radici nel Partito Comunista Italiano (dal quale fu allontanato per moralismo borghese, salvo poi restarne un compagno critico e dolente per tutta la vita), fu innanzitutto un’etica, un’estetica e una “scandalosa” coerenza.
I suoi ideali non erano formule astratte, ma l’amore viscerale per ciò che era autentico e non contaminato: la cultura popolare, il mondo dei “ragazzi di vita”, la purezza violenta del sacro. Era un marxista eretico, un cattolico ateo, un tradizionalista rivoluzionario. Il suo è l’impegno di chi sa che la lotta è persa in partenza, ma lotta lo stesso per dovere morale, per l’onore della verità.
Quanta della sua visione è oggi incredibilmente attuale?
La critica al “Nuovo Potere” e all’omologazione
Pasolini aveva capito che il vero genocidio non sarebbe stato compiuto con i carri armati, ma con la televisione e la merce. La sua denuncia della mutazione antropologica degli italiani, trasformati da popolo di civiltà pre-industriale (con i suoi valori e le sue sacralità) a massa di consumatori indifferenziati, è la fotografia esatta del nostro presente digitale e globalizzato. La sua furia contro l’omologazione linguistica e culturale è la medesima che oggi potremmo rivolgere all’appiattimento algoritmico e al linguaggio semplificato dei social media.
L’attacco alla borghesia e alla classe dirigente
I suoi articoli sui “Corriere della Sera”, raccolti poi in “Scritti Corsari” e “Lettere Luterane”, sono sferzate morali che, se pubblicate oggi, farebbero tremare le fondamenta del potere. Pasolini denunciava la corruzione morale e politica della classe dirigente democristiana, l’ipocrisia della magistratura e dei media. In un momento politico tanto delicato, caratterizzato da populismi polarizzanti, da una crisi etica della rappresentanza e da un uso massivo della MENZOGNA come strumento di governo, le sue parole sulla necessità di un risveglio etico rimangono il più potente invito alla resistenza intellettuale.
L’Ecologia e la Sacralità della Natura: Pasolini fu uno dei primi a denunciare il degrado ambientale come una diretta conseguenza del modello di sviluppo capitalistico, industriale e consumistico. Vedeva nella distruzione del paesaggio la distruzione della storia e dell’anima popolare. La sua ecologia era una ecologia del sacro.
Pasolini era un lungimirante perché possedeva uno sguardo che era insieme storico e mitico. Guardava al passato per capire il presente e intuire il futuro. Il suo era l’occhio del profeta che non predice, ma avverte con passione.
Il mistero e il silenzio: la morte sospetta e “Io So”
La morte di Pasolini resta una delle pagine più oscure e dolorose della storia italiana. Nonostante la condanna iniziale del “ragazzo di vita” Pino Pelosi, ritrattata anni dopo, l’esecuzione sommaria di Pasolini fu da subito percepita come qualcosa di più complesso di un delitto a sfondo sessuale finito male.
Pasolini era un uomo che sapeva troppo e che non aveva paura di dirlo. La sua vera “condanna a morte” fu scritta da lui stesso nell’articolo “Io So”, pubblicato su “Mondo Nuovo” il 14 novembre 1974 (e poi in “Scritti Corsari”). Nonostante l’uso del titolo “Io so ma non ho le prove”, il testo è un atto d’accusa devastante contro il potere, la cui corruzione non era più un fatto isolato, ma un sistema. Pasolini puntava il dito contro i mandanti nascosti delle stragi (come quelle di Piazza Fontana o l’Italicus), ipotizzando che dietro gli esecutori fascisti ci fossero gli apparati dello Stato, la borghesia industriale e finanziaria.
“Io so” è un testo di un coraggio inaudito. Egli dichiara di sapere chi sono i responsabili e i mandanti, ma si ferma all’ammissione di non avere le prove giudiziarie per incriminarli. Questa mossa non è una ritirata, ma un atto politico: Pasolini vuole che la sua accusa, basata su indizi e una comprensione profonda delle dinamiche del potere, diventi un imperativo morale e civile. La morte del poeta, l’uomo che sapeva, non ha zittito la sua denuncia; l’ha incisa a fuoco nella memoria collettiva, trasformandola in un simbolo eterno della lotta tra la Verità e l’Oscurità. L’ipotesi che la sua morte fosse un omicidio politico, collegato forse al furto delle bobine del film Salò o alle sue indagini private sulla corruzione e le stragi, non è mai stata completamente accantonata, e periodicamente nuove inchieste e riaperture del caso tentano di far luce sui “mandanti ignoti” che, cinquant’anni dopo, restano impuniti.
L’attentato all’Italicus (1974)
La strage del treno Italicus avvenne il 4 agosto 1974. Una bomba ad alto potenziale esplose nella quinta carrozza dell’espresso Roma-Brennero, mentre il convoglio transitava nella galleria di San Benedetto Val di Sambro, sull’Appennino tosco-emiliano.
Vittime e Conseguenze: L’attentato causò la morte di 12 persone e il ferimento di altre 48. Fu uno degli atti più gravi della cosiddetta “strategia della tensione” in Italia.
Responsabilità: Le indagini stabilirono la matrice neofascista dell’attentato.
Il riferimento nell’articolo “Io so”
Pochi mesi dopo l’attentato all’Italicus, il 14 novembre 1974, Pier Paolo Pasolini pubblicò sul Corriere della Sera l’articolo-manifesto “Che cos’è questo golpe? Io so”, poi incluso negli Scritti corsari.
In questo testo, Pasolini non solo nomina l’attentato, ma lo inserisce in una lista di crimini di Stato e di depistaggio, attribuendone la responsabilità a un “vertice” politico-istituzionale.
Il passaggio cruciale è la sua accusa diretta e provocatoria:
«Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato “golpe” (e che in realtà è una serie di “golpe” istituitasi a sistema di protezione del potere). Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974. Io so i nomi del “vertice” che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di “golpe”, sia i neo-fascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli “ignoti” autori materiali delle stragi più recenti.»
Sebbene Pasolini non citi l’Italicus esplicitamente in quel passaggio (parlando genericamente delle “stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974”, riferendosi alla strage di Piazza della Loggia e all’Italicus che avvenne in agosto, ma che era parte della stessa stagione di violenza), l’intero contesto della sua accusa abbracciava pienamente anche l’attentato al treno.
Molti commentatori e documenti successivi hanno chiarito che l’Italicus era inteso come parte integrante di quella “serie di golpe istituitasi a sistema”.
Il significato della denuncia
Per Pasolini, l’Italicus e le altre stragi non erano atti isolati di terrorismo “nero”, ma strumenti di un “potere” occulto e trasversale (che egli definiva la Democrazia Cristiana e i suoi apparati deviati) il cui scopo era:
Protezione del Potere: Stabilizzare l’establishment politico impedendo l’accesso al governo alle forze di sinistra (il Partito Comunista Italiano).
Strategia della Tensione: creare paura e caos nel Paese, spingendo l’opinione pubblica a chiedere misure di ordine e sicurezza, rafforzando così il controllo dello Stato.
L’inclusione dell’Italicus e degli altri atti terroristici in un’unica, lucida accusa di alto tradimento, dimostra il coraggio intellettuale di Pasolini nel denunciare ciò che molti sapevano ma non osavano dire apertamente, rischiando la propria incolumità. La sua morte, avvenuta un anno dopo la pubblicazione di “Io so”, è stata per molti una tragica, sebbene non provata giudiziariamente, conseguenza di quel coraggio.
Il ruolo di Piazza Fontana nell’articolo “Io so”
Pasolini utilizza la strage di Piazza Fontana (Milano, 12 dicembre 1969) come punto di partenza per la sua denuncia contro l’establishment politico-istituzionale italiano.
L’Accusa ai Mandanti: Pasolini dichiara di sapere chi ha voluto l’attentato, distinguendo tra gli esecutori materiali e coloro che, nell’ombra, hanno fornito la protezione politica per rendere possibile e coprire il crimine.
«Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.»
Il “vertice” del potere
L’intellettuale non si ferma ai soli neofascisti, ma punta il dito contro il “vertice” della Democrazia Cristiana e degli apparati di Stato deviati (come sezioni dei servizi segreti e intelligence) che avrebbero manovrato gli attentati. Piazza Fontana è vista come la prima azione di una “strategia della tensione” volta a destabilizzare il Paese per impedire l’accesso al governo alle forze di sinistra.
Connessione con altre stragi
Nel testo, Piazza Fontana è collegata direttamente ad altre stragi che hanno devastato l’Italia:
«Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974 [riferimento a Piazza della Loggia e all’Italicus].»
“Io so. Ma non ho le prove.”
La parte più famosa e politicamente potente dell’articolo è la formula con cui Pasolini bilancia la sua accusa con l’assenza di prove legali:
«Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli. Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico.»
Pasolini rivendica, in questo modo, un ruolo di “detective” morale e politico che, grazie alla sua lucidità e alla capacità di connettere informazioni pubbliche e verità taciute, arriva a una verità che il sistema giudiziario, per depistaggio o incapacità, non riesce a raggiungere. Piazza Fontana è l’emblema di questa verità occultata.
L’istante superbo: la poesia di un sogno
Nella Trieste post-bellica e popolare del romanzo “Il sogno di una cosa”, c’è un momento di sospensione, una frattura lirica nel racconto crudo della povertà e della lotta. Un’istantanea che Pasolini usa per descrivere un gruppo di giovani.
Il Nini era leggero, Eligio un matto: ma in quel momento avevano tutti un’aria molto severa, quasi superba; ridevano con l’aspetto di ridere fra loro per fatti tutti speciali, che l’altra gioventù intorno doveva ascoltare tutta ammirata.
Ecco l’interpretazione poetica e coinvolgente di questa frase, che non nomina i personaggi ma coglie l’essenza dell’istante:
C’è un’aria che non è di questo mondo, uno scarto di luce tra la miseria e l’infinito. Sono corpi nati per la fatica, per l’ombra breve del campo e la polvere della strada, eppure in un attimo si accendono, si fanno sculture viventi di un’arcana, fragile superbia. Non è arroganza, ma la subitanea consapevolezza di un segreto.
Il riso che li solca è un crinale netto sul paesaggio della vita comune. Non è gioia sguaiata; è un’eco profonda, un mormorio cifrato che nasce da un luogo che solo loro conoscono. Essi condividono l’evidenza di un fatto speciale, una verità colta in un lampo di visione, forse la semplice, bruciante constatazione di essere vivi, di essere giovani, o forse l’amaro sapore di un futuro che si sa già beffardo.
In quel momento, la leggerezza, la follia, il disordine dell’esistenza si compattano in una severità quasi sacerdotale. Si ergono, inermi, a detentori di un codice non scritto. La gioventù intorno, quella che non ha ancora avuto il battesimo del fuoco e della disillusione, è condannata all’ascolto, all’ammirazione muta. Essi sono l’altare dove si celebra la promessa e la condanna, l’intuizione che il mondo è crudele ma che la bellezza della lotta è l’unica moneta di scambio che valga la pena spendere.
Quell’istante è l’unico vero atto di resistenza: il trionfo effimero della coscienza sull’ineluttabile, il momento in cui l’anima popolare, prima di essere annientata dall’omologazione, rivendica la sua dignità suprema: quella di sognare una cosa e di riderne, in segreto, con la superbia dei giusti. È l’ultima, indimenticabile fiammata di un mondo che Pasolini sapeva di aver già perduto.
«Ma quelli erano i giorni della speranza: la guerra pareva ormai lontana e, per la gioventù, cominciava la vita.»
Commemorazioni a Roma: Cinquanta Anni Dopo
La maggior parte delle iniziative rientra nel grande progetto multidisciplinare promosso da Roma Capitale, intitolato “PPP Visionario”, in corso dal 14 ottobre fino all’8 dicembre 2025.
Rassegna Diffusa “PPP Visionario”
Descrizione: Un vasto programma di oltre cento appuntamenti che celebra l’eredità di Pasolini, coinvolgendo teatro, cinema, arte, incontri, percorsi urbani e sport.
Luoghi: Eventi diffusi tra il centro di Roma e le periferie amate da Pasolini (es. Tor Bella Monaca, Garbatella, Quarticciolo, Idroscalo di Ostia).
Date: Dal 14 ottobre all’8 dicembre 2025.
Link Utile: Pagina ufficiale Roma Capitale – PPP Visionario
Eventi Sportivi e Commemorativi
Pasolini era un grande appassionato di calcio, e il programma include eventi sportivi in suo onore:
Quadrangolare Calcistico “PPP50: Pasolini Gioca Ancora”
Luogo: Stadio dei Marmi “Pietro Mennea” (Viale delle Olimpiadi 60, Municipio XV).
Data: 1° novembre 2025.
Dettagli: Partecipazione prevista di squadre come la Nazionale Attori, la Nazionale Giornalisti e il Campidoglio FC.
“La Corsa di Miguel – Staffetta Pasolini”
Luogo: Stadio dei Marmi “Pietro Mennea”.
Data: 31 ottobre 2025.
Dettagli: Evento sportivo per ricordare il poeta e la sua passione per lo sport.
PODEMA (Partita di calcio e Incontri)
Luogo: Idroscalo di Ostia e Porto di Roma.
Data: 31 ottobre 2025 (pomeriggio/sera).
Dettagli: Evento sportivo-culturale con una partita di calcio tra la Nazionale Poeti e quella dei Giornalisti. Sono previsti incontri e collegamenti video con personalità del mondo del calcio come Roberto Mancini e Fabio Capello.
Mostre e Iniziative Espositive
Mostra Fotografica “Franco Pinna e Pier Paolo Pasolini – Viaggio al termine del Mandrione”
Luogo: Casa del Cinema (Largo Marcello Mastroianni, 1 – Villa Borghese).
Date: Visitabile fino al 30 novembre 2025.
Dettagli: L’esposizione, a cura di Fondazione Cinema per Roma, è dedicata al famoso reportage fotografico realizzato con Franco Pinna sulle borgate romane.
Mostra Fotografica “Dentro la Roma di Pasolini”
Luogo: Biblioteca Guglielmo Marconi (Via Gerolamo Cardano, 135, Municipio XI).
Data: Inaugurazione il 30 ottobre 2025 (ore 10:30).
Dettagli: Mostra ispirata al volume “La Roma di Pasolini” di Dario Pontuale, ripercorrendo i luoghi del poeta tra centro e periferie.
Link Utile: Biblioteche di Roma – PPP Visionario
Teatro e Spettacoli
“Ragazzi di vita e Petrolio. Pasolini dalla parola alla scena”
Luogo: Teatro Elsa Morante (Piazzale Ezio Tarantelli, 20, Municipio IX).
Data: 30 ottobre 2025 (ore 15:00 e 18:00).
Dettagli: Spettacolo e selezione di testi a cura di Roberto Scarpetti, in collaborazione con il Teatro di Roma.
“Feroce. L’ultima notte di Pasolini”
Luogo: Teatro.
Date: 1° novembre (ore 21:00) e 2 novembre 2025 (ore 17:30).
Link Utile: La Voce del Lazio
“3 novembre 1975. Oratorio per i 50 anni dalla morte di Pier Paolo Pasolini”
Luogo: Teatro Argentina (Largo di Torre Argentina, 52).
Data: 3 novembre 2025.
Dettagli: Ideazione e regia di Giacomo Bisordi, con drammaturgia di Fabio Condemi.
“Pasolini. Una storia romana”
Luogo: Teatro Tor Bella Monaca (Via Bruno Cirino, 5, Municipio VI).
Data: 26 ottobre 2025 (ore 17:30).
Dettagli: Spettacolo di e con Massimo Popolizio, nell’ambito del progetto “Le Voci del Presente 2025”.
Incontri e Convegni
Conversazione: Pasolini, il cinema e i Vangeli
Dettagli: L’evento prevede un dialogo tra il regista Martin Scorsese (in collegamento video) e Padre Antonio Spadaro, focalizzato sul rapporto tra l’opera cinematografica pasoliniana e le tematiche religiose.
Maratona Pasoliniana
Luogo: Teatro India (Lungotevere Vittorio Gassman, 1, Municipio XI).
Data: 8 novembre 2025 (ore 10:30).
Dettagli: Reading di brani scelti di Pasolini a cura del Municipio Roma XI e Biblioteche di Roma.
Convegno “Un Poeta che non muore. Pier Paolo Pasolini 1975-2025”
Luogo: Teatro del Lido di Ostia (Via delle Sirene, 22, Ostia, Municipio X).
Data: 26 maggio 2025.
Dettagli: Primo convegno nazionale per l’anniversario, con focus sul dialogo intergenerazionale e il coinvolgimento degli studenti di Ostia.
Link Utile: Centro Studi Pier Paolo Pasolini Casarsa
Incontri tematici alla Biblioteca Guglielmo Marconi (Municipio XI)
14 novembre 2025 (ore 17:30): “I nomi di Pasolini” con Sandra Giuliani e Dario Pontuale.
28 novembre 2025 (ore 17:30): “Il reale del cinema”, sulle fotografie di set pasoliniane.
Pier Paolo Pasolini: cinquant'anni oltre il sogno e il sangue
Pier Paolo Pasolini: cinquant'anni oltre il sogno e il sangue - Controinformazione - Il Mago di OzCristina Desideri (Magozine.it)
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WordPress e l’IA, parte seconda
A marzo 2024, per non consentire ai motori di IA di fare la scansione di quanto scritto, wordpress aveva dato istruzioni su come fare. Lo scrissi qui.
Ora volevo andare a rivedere quella impostazione e il percorso segnato allora non esiste più. Mi sono quindi affidato con fiducia all’assistente virtuale gestito dall’IA. (Se sentite puzza di sarcasmo siete nel giusto.)
La conversazione è stata questa [in grassetto i miei commenti]:
Io: Cerco la pagina dove disabilitare “Prevent third-party sharing”IA: Sembra che tu voglia parlare con una persona. Il supporto umano è disponibile solo con il nostro paid plans. Per il supporto della community, visita i nostri forum.
Io: Come disabilitare la scansione dei motori di intelligenza artificiale?
IA: Sembra che tu voglia parlare con una persona. Il supporto umano è disponibile solo con il nostro paid plans. Per il supporto della community, visita i nostri forum.
Io: No, voglio parlare con l’IA. Rispondimi.
[Mi piaceva parlarci alla pari, ma niente, non funziona.]
IA: Sembra che tu voglia parlare con una persona. Il supporto umano è disponibile solo con il nostro paid plans. Per il supporto della community, visita i nostri forum.
[Sembra che ci sia un argomento tabù. O forse non lo conosce. Chi può saperlo?]
Io: Quante cose posso disabilitare dall’interfaccia di impostazioni?
IA: Ciao! Nell’interfaccia delle impostazioni di WordPress.com puoi disabilitare diverse funzioni come la visibilità sui motori di ricerca, i commenti, i pingback, e varie opzioni di privacy e condivisione. Vai su Impostazioni → Generali per iniziare – cosa stai cercando di modificare nello specifico?
Io: la visibilità dai motori di IA.
IA: Sembra che tu voglia parlare con una persona. Il supporto umano è disponibile solo con il nostro paid plans. Per il supporto della community, visita i nostri forum.
Io: Hai l’ordine di non parlare di intelligenza artificiale?
IA: No, posso parlare di intelligenza artificiale! Per quanto riguarda la scansione dei motori di IA, WordPress.com non ha ancora un’opzione specifica per bloccare solo i bot di IA mantenendo attiva l’indicizzazione sui motori di ricerca tradizionali.
Attualmente puoi solo disabilitare completamente la visibilità sui motori di ricerca andando su Impostazioni → Privacy e selezionando “Scoraggia i motori di ricerca dall’indicizzare questo sito” – ma questo blocca tutto, non solo l’IA. Ti serve qualcosa di più specifico?[Interessante. Si ricorda quanto chiesto prima e sembra dia un suggerimento. Ma…]
Io: A marzo 2024, dal pannello impostazioni di wordpress -> generali -> privacy -> Prevent third-party sharing for ilcomizietto.wordpress.com: ON -> salva impostazioni. Ora è ancora possibile?
IA: Sembra che tu voglia parlare con una persona. Il supporto umano è disponibile solo con il nostro paid plans. Per il supporto della community, visita i nostri forum.
Io: Ok, come disabilitare la visibilità nei motori di ricerca?
IA: Mi dispiace, in questo momento sono offline. Torna più tardi o chiedi aiuto nei nostri forum.
[E niente, si è stancato. I server fanno la nanna. Oppure l’ho mandato in tilt, come un flipper qualsiasi.]
L’impostazione generale -> privacy è solo per chi paga. Quindi mi rassegno a non poter scegliere. Ma io sono tignoso. E infatti l’impostazione c’è ancora. Ma leggermente più nascosta. Ora il giro è questo, dalla bacheca:
Impostazioni -> generale -> in fondo alla pagina c’è Impostazioni sito WordPress.com -> clicca Gestisci gli abbonamenti regalo, la proprietà e altri strumenti del sito su WordPress.com -> impostazioni -> generale -> visibilità del sito -> clic sulla freccia a lato -> pubblico -> Impedisci la condivisione con terze parti per il sito ON|OFF come gradito -> Salva.
Comodo, vero?
Che poi questa impostazione possa impedire alle IA di fare la scansione di quanto scrivo è un atto di fede, ma questa è un’altra storia.
WordPress e l’IA
Wordpress ha annunciato che venderà i contenuti dei suoi blogger a una imprecisata azienda di IA. Se non avete voglia di abbandonare Wordpress per questa geniale trovata, potete scegliere di non fa…Il Comizietto
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inciampamento dell’octo di ieri quasi prevenuto per magia divina (stavo per inciampare sul marciapiede ma mi sono raddrizzata)
Oggi è sabato sera, e quindi, come è ormai tradizione, ho fin troppo da programmare, ma non ho nulla da dire… Tuttavia, considerato che stasera il famoso terremoto l’ho sentito pure io, e dunque i tempi sembrano pericolosamente maturi perché la mia esistenza possa purtroppo terminare a breve, nella malaugurata ipotesi in cui la situazione dovesse peggiorare come ha già fatto in passato in queste terre… Racconterò come stavo non per morire, ma comunque per farmi non proprio bene, ieri mattina, cosa per fortuna non avvenuta… è bene che io mi prenda un minimo di tempo per raccontare le storielle divertenti prima di dimenticarmele ma, soprattutto, prima che muoio. 😳
Ieri mattina ero circa in ritardo per prendere l’autobus, e quindi, pur non dovendo correre, ho ovviamente dovuto tenere un passo veloce e sostenuto per non rischiare di raggiungere la fermata troppo tardi… che non è inusuale per me, quindi è strano che sia successo proprio quello che è successo. Praticamente, ad un certo punto del marciapiede su cui stavo, proprio in mezzo davanti a me, c’era un vecchio, che si muoveva fin troppo lentamente… quindi, per non dover uccidere il ritmo, ho dovuto in un attimo spostarmi verso il bordo esterno del marciapiede. Peccato che, forse perché ero ancora mezza fatta di sonno, o forse perché lo spazio di manovra era poco, perché proprio in quel punto c’era anche un palo, sono inciampata nel classico modo alla Taiga Aisaka o alla Usagi Tsukino. 😭
Non mi ricordo (perché sul momento ovviamente non ho processato la cosa, e a ripensarci pochi istanti o minuti dopo non ci ho capito niente) nemmeno come sia possibile che, inciampando nel bordo sinistro del marciapiede (relativamente alla mia direzione, il marciapiede era sulla destra della strada), io sia finita verso destra, quindi di nuovo dentro il marciapiede… ma ci stavo per finire di faccia, che non è proprio un ottimo modo di iniziare la giornata, direi; e, se non di faccia, certamente con le mani, quindi con buona probabilità di spaccare pure il telefono, che avevo in mano. Il bello però è che, in qualche modo, in realtà, non sono caduta… sono riuscita a ribilanciarmi in alto, e continuare a camminare senza nemmeno fermarmi… anche se mi pare di aver fatto molto rumore nella cosa, quindi ancora mi chiedo se il vecchio ha notato che stavo per scapezzarmi qualche metro avanti a lui… 😦
La cosa in realtà non dovrebbe essere tanto strana… suppongo che, nella realtà, fuori dai manga, per gente fisicamente giovane (pure se magari tremendamente vecchia dentro come me), riuscire a non cascare per terra di faccia camminando per strada sia la normalità, e non una roba stupefacente… eppure, a pensarci, quello che mi è successo mi sembra semplicemente rara fortuna; una gentile concessione da parte degli spiriti che, seppur hanno questo terribile vizio di farmi di continuo scherzi di pessimo gusto, non vogliono veramente farmi del male… Perché, a parte che se ero abbastanza addormentata da inciampare, non capisco come io abbia fatto allora a salvarmi dal cadere… ma avevo lo zaino mezzo pesante addosso, ovviamente (con dentro il PC che fa gran parte della massa e dell’area, e oggetti misti). 🙀
Questo è in effetti un bel problema di fisica, che non ho idea di come trasformare in dati formali, e quindi certamente non posso risolvere, ma lascerò l’esercizio ai lettori, come si suol dire per chi non ha voglia di ragionare quando scrive (io, e gli autori dei libri di matematica)… Sono stata capace di raddrizzarmi durante la caduta nonostante lo zaino, o magari, di contro, proprio grazie allo zaino? E, inoltre, sono inciampata anche per colpa dello zaino, o questo non ha fatto praticamente differenza nel momento di terrore? Non è ovviamente la prima volta che rischio di capitombolare malamente su semplici marciapiedi e con indosso scarpe normali, comode, ma ora non ricordo tutte le variabili delle altre volte. L’importante è che, alla fine, il bus che ho preso è stato quello per l’università, come da piani, e non ho dovuto piuttosto aspettare quello per l’ospedale… 🥴…Ma inoltre, posando questa roba e parlando invece di quelle leggi naturali non scritte… è per caso possibile che questo evento sia da imputare ad un potenziale karma negativo che ho accumulato youthmaxxando e agilitymoggando praticamente ogni giorno vecchi per strada, semplicemente superandoli in continuazione camminando? Per favore, astenersi moralisti da questa domanda in particolare, che il dubbio è serio… Cioè, io mica lo faccio apposta ad essere più veloce di loro, è che ho la mia vita e i miei tempi e sono sempre di fretta e quindi volente o nolente devo fare un po’ di gaming con le gambe… sotto sotto dispiace anche a me di sottoporre i poveri anziani a queste umiliazioni, ma non ho deciso io di avere 21 anni. 💔
#camminare #fretta #inciampare #marciapiede
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minioctt
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