live in oslo / einstürzende neubauten. 1983
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[…]
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Dissidenza di sinistra durante la lotta di Liberazione
A Torino, nel 1943, molto attivo nelle fabbriche, con un’adesione quasi pari a quella del PCI (duemila militanti) operava il Partito Comunista Integrale. A partire dal nome stesso, questo gruppo si considerava il depositario del vero marxismo, distinguendosi dal PCI, che sarebbe invece venuto meno ai compiti che si era proposto al momento della sua fondazione. Il Partito Comunista Integrale lavorava per la costituzione di un vero partito “leninista”, formato da quadri educati al rigore ed alla disciplina della lotta. Gli esponenti di spicco del gruppo erano Pasquale Rainone, operaio Fiat, licenziato dalle Ferrovie per la sua attività politica, molto conosciuto nelle fabbriche e nella Barriera Torinese per la sua presenza attiva nelle lotte. Insieme a lui operava Temistocle Vaccarella, di professione cappellaio, originario di Avellino. Essi non condividevano appieno le analisi della situazione (Vaccarella era molto più critico verso il PCI, più intransigente), ma erano accomunati dal medesimo impegno politico nelle fabbriche. Il gruppo pubblicava il giornale Stella Rossa, e i suoi militanti furono i primi a formare, dopo l’8 settembre, le bande armate contro i nazifascisti, rivendicando un antifascismo rivoluzionario, al di fuori di ogni alleanza con le forze borghesi. Nelle fabbriche avevano anche organizzato i loro GAP, distinti da quelli del PCI. Fra i gruppi dissidenti erano i soli a tentare una distinzione di classe tra nazisti e proletari tedeschi, anche se questa differenziazione era sostenuta solo a livello teorico. La critica, dai toni anche molto duri, che rivolgevano al PCI, definito “centrista”, era di partecipare al tentativo borghese di cloroformizzare le masse, attraverso la democrazia, che non era altro che la maschera borghese del capitalismo, allo stesso modo del fascismo. La contraddizione di fondo della loro impostazione politica, che caratterizzava tutti i gruppi dissidenti con l’unica eccezione del PCint., era il giudizio sull’URSS. Il PC integrale si riteneva il rappresentante del socialismo sovietico in Italia: nessuna critica era mossa allo stalinismo e all’URSS, anzi, gli attacchi portati al PCI erano condotti in nome del “paese del socialismo”, del quale offrivano un’immagine creata da loro stessi. Di conseguenza, la critica al PCI investiva l’operato del partito dalla caduta del fascismo in poi. A Stella Rossa non furono risparmiati gli attacchi diffamatori del PCI. Il grosso seguito che il gruppo aveva nella situazione operaia torinese lo rendeva pericoloso agli occhi dei dirigenti del PCI. Al PC integrale erano rivolte le solite accuse di attendismo. Le invettive erano rivolte prevalentemente contro il “sinistro” Vaccarella, ma nei suoi confronti si andò oltre gli attacchi verbali.
[…] Un altro gruppo di dissidenti era quello riunito attorno al giornale Il Lavoratore di Legnano. Legnano era una città a forte tradizione operaia, c’erano nuclei attivi di operai comunisti, che dopo la caduta del fascismo si trovarono su posizioni più a sinistra del PCI. Il gruppo de Il Lavoratore criticava l’accordo politico del PCI con le forze borghesi, ma non metteva in discussione il suo ruolo e accettava la coalizione dei CLN. Essi ritenevano che la lotta del proletariato contro il nazifascismo, dovesse avere un carattere essenzialmente anticapitalistico e non propugnavano alcuna “democrazia progressiva” o “popolare”, ma la lotta prima contro il nazifascismo e poi contro il capitalismo. Rispetto agli altri gruppi, non esaltavano l’URSS. I personaggi più rilevanti dell’organizzazione erano i fratelli Venegoni; Carlo era stato fra i costitutori del Comitato d’Intesa ed in seguito si era schierato con Gramsci. <23 Nel 1942 aveva avuto, al momento della formazione del PCint., dei contatti con Maffi, il quale gli aveva proposto di entrare nel partito, ma egli aveva rifiutato. Il gruppo era vicino al PCI ma era da esso attaccato al pari degli altri dissidenti, in particolare per i contatti avuti con Prometeo e Stella Rossa. Esso fu riassorbito nel partito nel luglio 1944. Molto vicino al gruppo de Il Lavoratore, con il quale intratteneva anche rapporti di collaborazione, c’era un gruppo di esponenti della sinistra del PCd’I formato da vecchi militanti del partito, Repossi, Fortichiari, Mario Lanfranchi, Della Lucia. <24 Essi si incontravano già negli anni ’30 e avevano stilato documenti a volte firmati a nome di un “Gruppo comunista” o “Sinistra comunista”. Essi lavoravano parallelamente agli altri gruppi, con i quali concordavano su molti aspetti. Nel 1943, Fortichiari aveva chiesto di entrare nel PCI dove fu ammesso solo dopo il 25 luglio, insieme a Repossi era stato contattato da Damen e anche da Maffi per un confronto su alcune questioni politiche. Egli non credeva nella politica del PCI, ed era molto critico sull’URSS, ma riteneva possibile cambiare qualcosa solo agendo all’interno del partito.
[NOTE]23 Ibid., p. 205 e sgg.
24 Mario LANFRANCHI fu in un certo senso il finanziatore della Frazione, possedeva una azienda concessionaria di macchinari agricoli tedeschi esclusiva per la Francia. Nella stessa fabbrica lavorava Della Stella e suo figlio. Egli permise alla figlia di Damen di proseguire i propri studi. (Testimonianza di Piero Corradi).
25 B. FORTICHIARI, cit., pp. 170-176.
Angela Ottaviani, La sinistra comunista dai Fronti Popolari alla Resistenza, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Anno Accademico 1990-1991
A livello ufficiale, il Partito comunista tacciava con un termine dall’odore di anatema tutti coloro che si ponevano alla sua sinistra: ‘sinistrismo’, variabile di ‘estremismo’ e, ancora più antico, ‘trotzkismo’. Famoso resta l’infelice articolo di Pietro Secchia dal titolo “Sinistrismo maschera della Gestapo” <296, con il quale alcuni storici hanno ipotizzato si era giustificata dalle pagine de l’Unità la condanna a morte di alcuni leader partigiani di gruppi trotzkisti o antisovietici, ma non solo: il dubbio di una simile condanna pesa anche sulla figura di Lelio Basso, socialista rivoluzionario, tra i più agguerriti oppositori alla politica di unità ciellenista a tutti i costi <297. Scritto peraltro da un esponente di primo piano del PCI sospettato più avanti egli stesso di estremismo interno, esso sembra rivolto anche a un certo sinistrismo proprio di quadri e militanti del partito; in questo caso il termine utilizzato è ‘settarismo’, per indicare un senso di appartenenza tale al partito e alla classe operaia da incrinare la linea stessa del partito. Infatti “L’estremismo entrava più nel merito e proponeva contenuti diversi e tempi veloci facendo coincidere la grandiosità dell’obiettivo con l’immediata possibilità di realizzarlo. Non si trattava tanto di malattia infantile, quanto di intensità della richiesta. Nella realtà avveniva un complicato gioco di relazioni fra settarismo ed estremismo, che dava vita a forme varie di ‘sinistrismo’ “. <298 Significativo, da questo punto di vista, il gruppo milanese riunito attorno ai fratelli Venegoni e al giornale “Il Lavoratore”: “La sola formazione esterna al Pci presente con solidi legami di massa è quella che si esprime attraverso ‘Il Lavoratore’: è un gruppo locale, ed opera nel circondario di Legnano dove il suo ascendente è molto forte. Dal giornale emergono molto forti le riserve sullo stalinismo del Pci, e dai rapporti conservati nell’archivio del Pci si desume anche che un’aspra polemica lo contrapponeva al partito perché quest’ultimo sarebbe stato presente troppo debolmente negli scioperi di marzo [1943, nda]”. <299
Anche se, nel giudizio espresso da Luigi Longo a Roma, il gruppo è orientato in senso estremista, ma non antipartito. <300 E ancora più importante risulta il gruppo bassiano del Movimento di unità proletaria fondato il 10 gennaio 1943 e che per lungo tempo, dopo il rientro di Basso nel PSI (nel settembre ’43), rappresentò l’unica formazione antiattendista in campo socialista <301. La figura di Basso è piuttosto particolare: esponente di un socialismo operaista dichiaratamente rivoluzionario, favorevole all’unità di intenti con il PCI e al tempo stesso critico da sinistra sulle posizioni di compromesso che la dirigenza comunista assume dopo la svolta di Salerno.
[NOTE]296 Ricordiamo, per correttezza, nonostante la palese asimmetria organizzativa, che anche nel fronte estremista ci sono state prese di posizione radicalmente antagoniste, come quella comparsa il 1° marzo 1945 nell’articolo ‘Sulla guerra’ sul giornale bordighista Prometeo in cui si affermava che ‘alle tre maschere del nemico di classe (democrazia, fascismo, sovietismo), il proletariato risponde trasformando la guerra in rivoluzione’.
297 Cfr. G. Monina, Il Movimento di Unità Proletaria (1943-1945), Carocci Editore 2005
298 C. Pavone, Una guerra civile, op. cit., p. 367
299 L. Ganapini, op. cit., p. 67
300 Lettera del 6 dicembre 1943, in C. Pavone, Una guerra civile, op. cit., pp. 370-71
301 Se consideriamo che le Brigate Matteotti, legate appunto al PSI, furono fondate solo dopo la metà del 1944.
Elio Catania, Il conflitto sociale: “motore della Storia” o “tabù” storico-politico. Il caso di Milano nel secondo dopoguerra, Tesi di laurea magistrale, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Anno Accademico 2016-2017
«Le formazioni che si svilupparono alla sinistra del Pci e del Partito socialista, oltre a contrastare i due partiti sul piano politico, riuscirono a conquistarsi un seguito alquanto notevole, anche se solo per alcuni mesi. La “dissidenza” di sinistra, se così si può definire, non era tipica di alcune zone d’Italia ma si estendeva su tutto il territorio occupato e travalicava i confini militari per ripresentarsi nell’Italia liberata dalle truppe alleate» <26.
Queste parole aiutano a comprendere quale sia stata l’effettiva espansione e l’incidenza di questo fenomeno, i cui strascichi possono essere individuati a fasi alterne anche per un lungo periodo del dopoguerra.
La nascita di queste esperienze può essere collocata nel periodo compreso tra l’8 settembre e l’effettiva occupazione del territorio italiano dalle truppe tedesche, quando il governo monarchico di Badoglio rese esplicita, ancora una volta, la volontà di proseguire la guerra, questa volta schierato al fianco dell’esercito alleato.
Le agitazioni e gli scioperi che si susseguirono in questo momento di transizione costrinsero le autorità centrali a coinvolgere nell’azione di governo i partiti antifascisti appena usciti da una clandestinità durata vent’anni. L’azione di quest’ultimi, se in qualche modo fornì maggiore legittimità alle istituzioni, venne vista da sinistra come un tradimento rispetto alle aspettative rivoluzionarie delle classi lavoratrici e come un modo per inserire la guerra di liberazione entro gli argini di una non meglio identificata lotta democratica.
«Per il Pci e il Psi non si trattava infatti di mettere in discussione il potere di quella borghesia che aveva convissuto col fascismo nel ventennio appena trascorso, ma di allearsi con quei settori che ne accettavano la guerra democratica. Era in pratica la riproposizione delle guerre risorgimentali per riconquistare l’unità del territorio nazionale, con una differenza sostanziale: questa volta la classe operaia, ormai diventata “classe nazionale”, doveva porsi come forza d’avanguardia e d’esempio alle altre classi» <27.
In questo contesto ebbero dunque gioco facile i proclami oltranzisti che avevano caratterizzato la componente massimalista del PSI e quella bordighista del PCI in seguito al congresso di Livorno nel 1921. Branditi con entusiasmo dalle generazioni più anziane di militanti, queste dichiarazioni ebbero l’effetto di una calamita per quei tanti che non avevano soppresso i propri ideali durante i lunghi anni di dittatura fascista.
Al settarismo di questa componente, che legava alla militanza un forte richiamo simbolico alla tradizione <28, si affiancò un estremismo dettato dalla volontà di fare tutto e subito, di segno differente rispetto alle velleità dei
vecchi militanti. Era la spinta in avanti di quei giovani che intravedevano nella guerra partigiana un’occasione di riscatto, un afflato rivoluzionario che andava colto nella sua interezza prima di essere soffocato dalla reazione delle forze borghesi.
«Dell’aspettativa che la caduta del fascismo travolgesse con sé anche il capitalismo non esisteva soltanto una versione dotta, catastrofica e terzinternazionalista […]. Esisteva anche una versione vissuta attraverso l’immediata identificazione del fascista con il padrone e l’aspettativa di un mondo nuovo, del socialismo o del comunismo (la distinzione fra i due termini, nettissima sul piano pragmatico e di partito, sul piano dei principi ideali sfumava fino a dissolversi)» <29.
L’alternanza tra queste due anime, il cui contrasto non è così netto come potrebbe sembrare, si aggregò nei gruppi dissidenti, pur formando elaborazioni ideologiche differenti: secondo Pavone <30 ci fu infatti chi si attestò su posizioni di attendismo messianico in nome della purezza della lotta di classe, e chi si lasciò trasportare da una sorta di “settarismo militare”.
Nessuna di queste posizioni, d’altronde, era estranea all’humus militante del PCI, ma creò un precedente allarmante nel momento in cui diede origine alla nascita di organizzazioni dissidenti.
Questa “area grigia” della dissidenza faceva capo a una moltitudine di riferimenti ideologici, che passavano dal sindacalismo anarchico al cosiddetto “bordighismo” (i cui confini teorici rimangono molto sfocati) per approdare allo scissionismo trockista. Il “sinistrismo”, come verrà definito dai vertici del PCI, comprendeva vaste aree di delusi dalla politica centrista, e venne pesantemente attaccato dagli organi ufficiali del CLN e dei partiti che vi facevano parte.
La sua presenza e la sua intensità furono tanto maggiori in quelle aree in cui il radicamento dei partiti ufficiali era più difficoltoso, soprattutto nelle grandi metropoli industriali come Torino e Milano. Nel sud Italia prese forma soprattutto tramite la ricostituzione della Confederazione Generale del Lavoro e scontò una forte avversione anche da parte del governo badogliano, laddove la presenza degli alleati avrebbe dovuto garantire un “ritorno alla normalità” tramite una spietata repressione nei confronti dei moti popolari.
Nel Nord, infatti, la contiguità tra le lotte operaie e la guerriglia partigiana aiutò in qualche modo a saldare il mito della liberazione nazionale con quello del “balzo in avanti” delle classi lavoratrici, accentuando anche le aspettative nei confronti di quella che si andava prospettando come “insurrezione finale”; nel Sud, partendo da Roma, l’insofferenza per la monarchia e il nuovo fascismo “mascherato” rinsaldarono la consapevolezza di dover superare le ambiguità della politica di unità nazionale e pretendere da subito alcune priorità: risoluzione delle urgenze economiche dei braccianti agricoli, maggiori agevolazioni in campo politico e smantellamento del vecchio ordinamento fascista.
In certi casi, le parole d’ordine altisonanti e la condotta meno politica e più spontanea di alcuni gruppi dissidenti può sembrare anacronistica o improduttiva ai fini del nuovo orizzonte politico che andava delineandosi in Italia, ma non va dimenticato come questi atteggiamenti fossero sicuramente condivisi da buona parte di quel segmento di popolazione che aveva intravisto nel PCI e nel PSI una concreta prospettiva di rinascita rivoluzionaria a guerra conclusa.
«E’ la voce di piccole sette, di gruppi già “dormienti” e che ora, illudendosi che stia per scoccare l’ora suprema dei conti con la borghesia, esprimono tutto il loro estremismo infantile? E’ un’azione di provocatori più o meno inconsci? E’, se non proprio una maschera della Gestapo <31, almeno una maschera dell’opportunismo attendista? Anche se esistono questi connotati, compresa la provocazione, il fenomeno indica piuttosto che all’inizio della lotta di liberazione emerge uno stato d’animo, tornano alla luce convinzioni dottrinali, tradizioni, impulsi di radicalismo classista, che sono più generalizzabili. Li troveremo per esempio nel Sud nelle file del Partito comunista e del Partito socialista, difesi dai quadri oltre che dalla base, li avvertiamo in nuclei operativi del Nord, tra gli intellettuali, i giovani, li sentiamo trapelare nei dibattiti dei gruppi dirigenti. E non è qui che sia dato di vedere una forte differenza tra Milano e Roma» <32.
E’ più che verosimile che queste dissidenze non costituirono mai una reale alternativa ai partiti di sinistra, soprattutto a causa della loro forte repulsione verso le politiche centriste del CLN, così come è un dato che, allo stesso tempo, esse «non furono in grado di recidere fino in fondo il cordone ombelicale che le legava alle ideologie della sinistra istituzionale» ❤❤. E’ però vero che esercitarono un’effettiva influenza sulle masse più politicizzate della penisola, e il loro contributo di elaborazione teorica fu a sua volta riutilizzato dal PCI per assorbire il dissenso e mantenere una certa credibilità anche sul fronte delle aspettative rivoluzionarie.
I tentativi di questi gruppi di andare verso una piattaforma allargata e condivisa che si ponesse come un reale contraltare alla sinistra del CLN furono per lo più infruttuosi e scontarono, oltre alle divergenze ideologiche, anche una ferma opposizione sia da parte del governo centrale che dai militanti del “centro”.
E non sono ormai più un mistero nemmeno i tentativi (spesso riusciti) da parte del PCI di mettere a tacere una volta per tutte queste voci scomode tramite agguati e omicidi, per lungo tempo attribuiti alla rappresaglia fascista.
L’indebolimento che ne conseguì, unito all’assottigliamento delle divergenze teoriche tra le dissidenze e i partiti ufficiali della sinistra, convinse buona parte dei militanti che un “fronte unico” durante la guerra avrebbe favorito in larga parte una riorganizzazione della società in senso comunista a guerra terminata. L’assimilazione dei gruppi dissidenti divenne realtà anche prima dell’aprile 1945, ad esclusione di quei movimenti, decisamente minoritari, già precedentemente organizzati in partiti e le cui strutture potevano vantare una certa organicità. Il loro contributo subì una rimozione forzata all’interno dell’immaginario collettivo, per poi manifestarsi ciclicamente sotto nuove forme per un lungo periodo del dopoguerra, a dimostrazione del fatto che, se alcune voci erano state poste sotto silenzio, non valeva il medesimo discorso per i tanti militanti di base ancora illusi che l’alba nuova del socialismo non avrebbe tardato ad arrivare anche in Italia, magari accompagnata dalle divisioni dell’Armata Rossa sovietica.
[NOTE]26 PEREGALLI A., La sinistra dissidente in Italia nel periodo della Resistenza, cit., p.63
27 Ibidem, p.61
28 «Settarismo, superiorità, saluto con il pugno chiuso, stella rossa, politica integrale, sfiducia e critica a tutto e tutti […]». PAVONE C., Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza, cit., p.366
29 Ibidem, p.351
30 Ibidem, pp.366-370
31 Il sinistrismo e la maschera della Gestapo, in “La nostra lotta”, a.I, n.6, dicembre 1943, pp.16-19 è un articolo quasi sicuramente redatto da Pietro Secchia in cui vengono attaccati i più famosi gruppi dissidenti del nord Italia con l’accusa di essere agenti provocatori al soldo dei nazifascisti. Tornerò ad occuparmi più approfonditamente di questo articolo nel secondo capitolo.
32 SPRIANO P., Storia del Partito comunista italiano, cit., p.102
33 PEREGALLI A., L’altra Resistenza. Il Pci e le opposizioni di Sinistra, Graphos, 1991, cit., p.11
Tommaso Rebora, Oltre il PCI: “Stella Rossa” e i gruppi dissidenti nella Resistenza italiana, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Torino, Anno Accademico 2012-2013
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Gruppi comunisti dissidenti nella Resistenza italiana | Storia minuta
Quello del radicalismo classista è un aspetto del movimento resistenziale italiano ancora oggi affrontato con superficialità all'interno del dibattitostoriaminuta (Storia minuta)
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Parcheggio Sanzio, un’occasione sprecata per il verde cittadino
Nessuno ricorda più l’intervento dell’allora sindaco Raffaele Stancanelli alla conferenza finale del progetto europeo GRABS (acronimo di Green and Blue Space Adaptation for Urban Areas and Eco Towns) sulle strategie di adattamento delle città al cambiamento climatico.
A proposito di questo intervento, scrivemmo allora su Argo che Stancanelli, con sussiego accademico, “come fosse […]
Leggi il resto: argocatania.it/2025/07/12/parc…
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Aldo Moro lasciò la corrente dorotea della Dc
L’Autunno caldo era solo la miccia della bomba presente nella polveriera italiana. Il resto dell’ordigno, che avrebbe dato il via ad anni di terrore, scoppiò poco dopo. Il 12 dicembre del 1969 all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura, in Piazza Fontana a Milano, si verificò un attentato nel quale rimasero uccise 16 persone e ferite oltre ottantotto. Del fatto furono frettolosamente incolpati gli anarchici, quando in realtà si scoprì seppur con ritardo che la mano dietro il detonatore era quella dei neofascisti e delle forze reazionarie del paese. La strage di Piazza Fontana, come scrive Salvadori, “aprì un capitolo tragico della storia italiana, segnato dal gonfiarsi sia di gruppi terroristici di destra sia di quelle extraparlamentari di sinistra votatisi entrambi all’eversione delle istituzioni” <196. Due movimenti anti-stato <197 presentatisi con ambizioni diverse, uno mirante all’instaurazione di uno stato autoritario e l’altro alla rivoluzione del proletariato, ma che finirono entrambi a condividere l’attacco al cuore dello stato, che avrebbe dovuto mettere al bando un sistema politico e partitico che non aveva saputo più rispondere all’esigenze di un paese insofferente sotto il profilo sociale ed economico.
Il secondo governo Rumor chiuse la sua esperienza nel febbraio del ‘70 circa due mesi dopo la strage di Milano. Il democristiano fu però reincaricato di formare un terzo esecutivo che guidò il paese fino al luglio dello stesso anno: vi parteciparono democristiani, repubblicani, socialisti e socialdemocratici. Le quattro forze politiche sottoscrissero in quei mesi una sorta di preambolo <198, redatto dal nuovo segretario Dc Forlani, che prevedeva l’allargamento della formula del centrosinistra anche alle amministrazioni locali. Una linea che ribadiva come obiettivo delle alleanze del centro-sinistra l’esclusione dal dialogo politico del Pci. Una scelta quella di escludere i comunisti che non apparve più accettabile agli occhi di Aldo Moro. L’ex segretario democristiano lasciò la corrente dorotea parlando di “tempi nuovi” <199 che dovevano mirare ad affrontare i problemi che avevano condotto operai e studenti a non sentirsi più veramente partecipi nella società. E fu su questa scia che Moro varò la “strategia dell’attenzione” <200 verso i comunisti al fine di aprire “un impegnativo confronto con il Partito comunista in ordine ai problemi vitali della società” <201.
Dopo Piazza Fontana, primo atto della “strategia della tensione”, una serie di azioni eversive iniziarono a farsi largo nel paese complici anche le incapacità di intervento dei governi. Nel dicembre del 1970, Junio Valerio Borghese già comandante della X Mas nella Repubblica di Salò insieme ad alcuni neofascisti, guardie forestali e con la complicità dei servizi segreti tentò l’occupazione del Viminale per dare luogo ad un golpe che però non riuscì. L’eversione della destra si fece ulteriormente sentire nelle rivolte di Reggio Calabria e dell’Aquila tra l’estate del 1970 e gli inizi del 1971 e al contempo andava sempre più rafforzandosi l’arcipelago di organizzazioni <202 della sinistra extraparlamentare che, complice anche l’erronea valutazione della loro pericolosità da parte dei vertici comunisti e socialisti, finirono ben presto per divenire un vero e proprio partito armato <203 che iniziò a macchiarsi di rapimenti e omicidi.
Nell’estate del 1970 a Rumor successe, alla guida di Palazzo Chigi, Emilio Colombo che diete vita a una “versione sempre più stanca del centro sinistra”204 che riuscì, nonostante le fortissime ostilità delle gerarchie democristiane, ad approvare la legge sul divorzio che era stata proposta dal socialista Fortuna e dal liberale Baslini e sostenuta da Pri, Psi, Psiup e Pci. L’approvazione della sola legge sul divorzio non appariva comunque sufficiente per valutare positivamente le esperienze dei governi di centro-sinistra succedutisi a partire dal 1968. A non sostenere affatto gli esecutivi furono anche i partiti che al loro interno, dopo l’avvio della V legislatura, registrarono scontri e situazioni difficili. Primi tra tutti i socialisti i quali dopo la sconfitta del Psu e la mancata partecipazione al governo di Giovanni Leone tornarono a sciogliere il partito ricostituendo il Psi e Psdi. La faticosa tela <205
intessuta da Nenni e Saragat iniziò a lacerarsi dopo meno di un anno proprio perché i socialisti e i socialdemocratici avevano voglia di tornare di nuovo alle urne – le amministrative e le regionali del 1970 – con i vecchi simboli e assetti politici. “Non è però possibile cancellare con un tratto di penna un percorso politico e fingere che nulla sia successo” <206 scrive la Colarizi a proposito del ritorno alle vecchie bandiere del Psi e Psdi. I socialdemocratici decisero di virare verso “destra” convinti che fosse giunto il momento di frenare la corsa delle sinistre più radicali e di ricostruire un argine al comunismo con un percorso diametralmente opposto alla nuova “strategia dell’attenzione” <207 varata da Moro e sposata dal Psi. Ovviamente lo scontro tra socialdemocratici e socialisti si consumava all’interno del governo determinando così “l’instabilità permanente della coalizione” <208.
Nel Psi l’uscita di scena di Nenni lascerà spazio a due nuovi leder: Mancini e De Martino i quali ritenevano necessario un nuovo percorso per far ripartire il partito senza però uscire dalla dimensione del governo che assicurava posizioni di potere <209 anche se queste non si rivelarono fruttuose al livello di voti. Per quanto concerneva l’area nella quale rintracciare nuovi consensi le idee di Mancini e De Martino sembrarono distanziarsi seppur mai entrare in contraddizione. Il primo riteneva che si dovesse guardare alle spinte moderne che arrivavano per lo più dall’elettorato giovanile, mentre il secondo guardava ai settori “più marcatamente politicizzati della sinistra” <210. Mancini e De Martino erano infatti convinti di riuscire a ottenere vantaggi politici ed elettorali dagli umori trasgressivi delle piazze con l’obbiettivo di “abbattere la barriera del centro-sinistra delimitato e apre il dialogo con il Pci” <211. La “strategia dell’attenzione” non sembrava lasciar dubbi sul fatto che l’isolamento del Partito comunista fosse ormai destinato a concludersi.
Il ritrovato spirito di collaborazione tra socialisti e comunisti giunse in un momento davvero cruciale per le vicende del partito-chiesa comunista il quale si trovava a dover fronteggiare la sempre più ampia radicalizzazione violenta della sinistra extraparlamentare che lo gettò, per tutta la V legislatura, nell’occhio del ciclone <212. Le scomuniche <213 non apparvero sufficienti a bloccare e riassorbire i fronti deviazionisti interni alla sinistra e per questo il riavvicinamento del Psi e la sempre più vicina fine dell’isolamento, dettata anche dall’inizio del dialogo con la sinistra cattolica, apparvero di fondamentale importanza per i vertici di via delle Botteghe Oscure che erano forti anche della costante crescita elettorale che gli proponeva come interlocutori ideali <214 seppur impossibilitati dal sedersi tra i banchi dell’esecutivo.
Simona Colarizi a questo proposito scrive: “La conventio ad excludendum resta insormontabile per i comunisti legati a Mosca […]. È però possibile ricercare intese sul programma, come sembra suggerire Moro con la fumosa formula della strategia dell’attenzione; governare attraverso preventivi accordi con l’opposizione che garantiscono alle leggi e ai provvedimenti varati dal centrosinistra un consenso o quanto meno un gradimento di quel 27% della popolazione controllato dal Pci <”215. Un’idea quella di Moro che troverà sponda nel mondo comunista dopo il 1972 quando, al XIII Congresso del Pci, venne eletto segretario Enrico Berlinguer che si presentò al mondo politico affermando: “In un paese come l’Italia una prospettiva nuova può essere realizzata solo con la collaborazione tra le grandi correnti popolari: comunista, socialista, cattolica. Di questa collaborazione l’unità di sinistra è condizione necessaria ma non sufficiente. […] Noi siamo disposti ad assumerci le nostre responsabilità” <216.
La Dc riteneva ben accetti <217 i voti comunisti seppur non tutti i vertici del partito condividessero la linea della sinistra cattolica e questo perché era sempre più evidente e forte la preoccupazione per i fermenti che si registravano all’interno del paese e la tensione crescente anche nell’estrema destra interna ed esterna al partito cattolico. Nel 1971 la Democrazia Cristiana aveva portato a casa l’importante risultato dell’elezione al Quirinale di Giovanni Leone che, scrive Gervasoni, “non era mai stato un grande sostenitore del centro-sinistra” <218. Leone introdusse nel dibattito politico temi importanti come quello della “saldatura tra coscienza morale e istituzioni” <219 ma la sua ascesa al Colle non diede nuova linfa né una ritrovata stabilità al governo Colombo. Proprio per queste ragioni nel febbraio del 1972 Giulio Andreotti venne chiamato a formare un nuovo governo che però non ottenne la maggioranza al Senato e costrinse Leone a sciogliere le camere e indire elezioni anticipate “diventando il primo presidente a far terminare una legislatura prematuramente” <220.
La fine non naturale della V legislatura, unitamente alle proteste sempre più violente e incontrollate interne al Paese, mise in evidenza la crisi di un sistema politico incapace, nonostante i reiterati tentativi del centro-sinistra, di dare risposte ad una società in continuo mutamento. Il terrore degli anni di piombo e gli eventi internazionali, verificatesi in luoghi molto lontani dalla penisola durante gli anni ‘70, posero i partiti dinanzi alla necessità, non più procrastinabile, di dare una svolta politica in grado di rinvigorire la democrazia italiana e mettere al riparo il sistema dal terrorismo nero e rosso.
[NOTE]196 M. L. SALVADORI, Storia d’Italia, cit., p. 402.
197 Ibidem.
198 M. L. SALVADORI, Storia d’Italia, cit., p. 415.
199 Ibidem.
200 Ibidem.
201 Ibidem.
202 Ivi, p. 417.
203 Ibidem.
204 Ivi, p. 418.
205 S. COLARIZI, Storia politica, cit., p. 99.
206 Ibidem.
207 Ivi, p. 100.
208 Ibidem.
209 Ibidem.
210 Ibidem.
211 Ivi, p. 101.
212 S. COLARIZI, Storia politica, cit., p. 103.
213 Ibidem.
214 M. L. SALVADORI, Storia d’Italia, cit., p. 103.
215 Ibidem.
216 II testo della relazione in D. e O. PUGLIESE (a cura di), Da Gramsci a Berlinguer. La via italiana al socialismo attraverso i congressi del Partito Comunista Italiano, Edizioni del Calendario-Marsilio, Venezia, 1985, pp. 275-314.
217 S. COLARIZI, Storia politica, cit., p. 104.
218 M. GERVASONI, op. cit., p. 85
219 Ivi, p. 84.
220 Ibidem.
Marco Martino, Italia, Cile: destini politici e percorsi partitici alla base del Compromesso Storico tra PCI e DC, Tesi di Laurea, Università Luiss “Guido Carli”, Anno accademico 2019-2020
#1969 #1970 #1972 #AldoMoro #centroSinistra #crisi #DC #destra #divorzio #EmilioColombo #EnricoBerlinguer #eversione #extraparlamentare #Forlani #golpe #governi #Italia #Leone #MarcoMartino #moti #neofascisti #PCI #politica #Presidente #PSI #ReggioCalabria #Repubblica #Rumor #sinistra #terrorismo
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d e s – p a r o l e s – q u i – c o m p t e n t / gabriel hibert. 2025
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#art #arte #asemic #asemicWriting #GabrielHibert #scritturaAsemica
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from “canti illuminati” / alvin curran. 1982
youtu.be/yenzs2JSfXw?si=df-6np…
#AlvinCurran #experimentalMusic #musicA_ #musicaSperimentale
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lo zaino cannibale tagliato e poi buttato (pulizie estive?)
Tra le mani ad oggi ho solo spaccamenti, e quindi non ho davvero molto da dire senza sembrare ancora più fuori di testa del solito… Ma, senza finire per divagare già al primo periodo di questo post, ecco una cosa che ho fatto l’altro giorno che boh, è divertente… ma chissà quanto utile. (Sospetto poco, a causa di problemi di skill che subito diventano evidenti, ma la mia vita è per legge questo.) 🙏
Mio padre doveva buttare un trolley della spesa vecchio l’altro giorno, perché consumato e spacc… ordinaria amministrazione, nella corrente economia, in cui i prodotti puntualmente si rovinano se semplicemente vengono usati, vabbè. Ne ha approfittato per prendere e levare di mezzo anche un altro trolley mezzo scassato, che invece usavo io a scuola, alle elementari (tempi duri, a portare a giro tutti i cazzo di libri, e poi i quaderni pure, noo madonna ragazzi che ne parliamo a fare)… e quello principalmente aveva il manico allungabile rotto, incastrato, che non scendeva più completamente; rumenta a tutti gli effetti. 💩
Per giorni, pur avendo notato lo spostamento dell’oggetto, non ci ho pensato molto… Però, giusto un giorno prima che fossero effettivamente gettati (e se qui non devo ringraziare gli spiriti che mi hanno infuso il giusto pensiero nel giusto momento, davvero non so quando dovrei), mi è salita in mente un’idea: e se cannibalizzassi le ruote, che potrebbero fare sempre comode in magici progetti futuri??? (Tipo, esempio stupido, bombe autocomandate???) E sarebbe stata un’idea perfetta, se all’atto pratico non si fosse rivelata impossibile (almeno, impossibile nella misura di volerlo fare così, per sfizio, per perdere un po’ di tempo prima di cena). Purtroppo, lo zainetto era così cucinato dal tempo che le viti esagonali che tenevano a posto le ruote non volevano saperne di svitarsi con un cacciavite (e io non possiedo le chiavi orizzontali magiche), quelle dell’altro carrello erano molto grandi e fissate non so come, e visto ciò avevo esaurito le opzioni. 😿
Eppure… qualcosa comunque me la dovevo rubare e conservare, da quella carcassa così insensibilmente condannata alla discarica… quindi ho optato per le zip!!! (Zorp!!!) Ho preso inizialmente le forbici, perché sono scema… poi ho visto che non sarei andata da nessuna parte in quel modo, quindi ho preso il taglierino. In qualche minuto quindi, e con non poca fatica, le ben due cerniere le ho staccate… evidentemente non con grandissimo successo, ma sono comunque utilizzabili, ci si può cucire filo filo sul bordo (…o, almeno, alla peggio la più grande dovrebbe essere utilizzabile, e che cazzo…)! Non ricordavo neanche se fosse di buona o cattiva qualità questo zaino, però, a giudicare dal come il tessuto è stato fisicamente molto tosto a tagliarsi, direi non male. 🔪
Comunque, assurdo… Lo zaino Invicta blu con dettagli neri e verdi, e fa questa fine…? Mai capirò come mai in questa casa viene sempre la voglia di buttare via la robba… Mio padre dice sempre che bisogna buttare un sacco di cose, perché non ci sarebbe spazio in camera mia, ma è da ormai quasi un quarto di secolo che sento sempre dire questa cosa… eppure, tutti i suoi libri dall’aspetto semi-costoso sono ancora lì al loro posto sulle mie mensole. Ok, in parte sto scherzando, perché oggettivamente non c’è spazio… basta guardare come sono costretta a conservare i miei manga per avere un’idea… però non capisco perché mai ripetere questa cosa svariate volte all’anno, e in alcuni periodi pure svariate volte al mese… 🥴
…Questo zaino che è stato coattamente eliminato dalla mia stanza e piazzato vicino alla mondezza, però, in effetti forse era da buttare, gli darò vinta questa. Era così pieno di polvere, ma veramente così impregnato di marciume arioso, che mentre facevo queste procedure di cannibalizzazione (avendole fatte tutte a pezzetti, una alla volta, 3 in totale) mi sono dovuta lavare le mani ogni volta, per quanto diventavano di quel classico secco scomodo della polvere… nonostante ad occhio tutto sommato non sembri (perché, appunto, sarà proprio il tessuto impregnato, e non solo coperto), se non per il fatto che ha una specie di alone come se fosse renderizzato con della nebbia attorno. Però uffa, il bilancio ottenuto alla fine fa schifo, ho potuto riciclare poca roba! 🤥
#buttare #pulizie #spazzatura #trolley #zaino
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dialogo d’amore per cento voci / rossella or. 1983
youtube.com/embed/VVQ-cdOXp2g?…
da Radio Pomona, di Claudio Orlandi:
Dialogo d`amore per cento voci, di Rossella Or (audiobox 1983)
Voci recitanti: Leonardo Castellani, Mario Prosperi, Betti Valgiusti, J. Wright, e Rossella Or
Consulenza musicale di Alvin Curran
Organizzazione di Elena De Agostini
Assistenza alla regia di Sergio Pistolini
Realizzazione tecnica di Valerio Rivelli
Foto in copertina – Rossella Or, di Claudio Abate.
#AlvinCurran #Audiobox #BettiValgiusti #ClaudioOrlandi #ClaudioAbate #DialogoDAmorePerCentoVoci #ElenaDeAgostini #JWright #LeonardoCastellani #MarioProsperi #radio #RadioPomona #RossellaOr #SergioPistolini
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ritrovo e volentieri segnalo…
…questo intervento (che devo alla gentile richiesta e ospitalità di Gianluca D’Andrea e Gabriel Del Sarto) su ‘L’EstroVerso’, che prende le mosse da Strettoie (Arcipelago Itaca, 2017):
lestroverso.it/dallinizio-marc…
di cui ho fatto anche pdf, rintracciabile & scaricabile qui:
slowforward.net/wp-content/upl…
#ArcipelagoItaca #GabrielDelSarto #GianlucaDAndrea #interventoSuLEstroVerso #LEstroverso #MarcoGiovenale #Strettoie #testiDiMgInRete #testiDiMgOnline
Dall’inizio (Marco Giovenale) - L'EstroVerso
Marco Giovenale, ph Angelo ZanecchiaGianluca D'Andrea e Gabriel Del Sarto (L\'EstroVerso)
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Danno la Cintura Nera in 3 anni e mezzo a un Influencer: facciamo chiarezza (aggiornamenti)
Parto dicendovi che questi personaggi vivono grazie al fatto che ne parliamo. Citerò quindi questo imprenditore/ Influencer / SimilGuru solo una volta Col nome per cui è conosciuto – Derek Moneyberg e poi solo nome di battesimo Dale Buczkowski, oppure col nomignolo Tizio
Meno pubblicità gli faccio meglio è. Certe persone cercano visibilità vediamo di non dargliene.
Cosa è successo
Passo indietro: qualche gg fa Jake Shield, Frank Mir, Lyoto Machida e Glover Texeira appaiono in una foto in cui Dale ( il “tizio”) dice di essersi allenato migliaia di ore e aver preso la cintura nera in solo 3 anni e mezzo. Considerate che tipicamente servono almeno 10 anni e anche se dei geni sono esistiti nella storia che hanno preso la nera in pochi anni (Caio Terra e Bj Penn) questi ultimi hanno spazzato via tutta la concorreza ai mondiali dimostrando la validità del loro grado.
La shit storm
Come prevedibile arriva la shit storm. In sua difesa arriva Mikey Musumeci, che tanto è genio nel jiu-jitsu quanto è evidente manchi di abilità sociali.
cita l IQ eccezionale del tizio, tirando dentro Gordon Ryan, e mettendolo a rapporto con la maggior parte delle cinture nere.
“@Tizio ha ottenuto la cintura nera in 3 anni e mezzo e la gente è “sconvolta” da questo. Innanzitutto, come sappiamo, le persone hanno livelli di QI diversi. Derek è un genio! Super super intelligente e ha la capacità di comprendere e imparare cose che richiederebbero anni a persone normali.
In secondo luogo, Derek ha ogni giorno a disposizione alcune delle migliori persone al mondo, TUTTI CAMPIONI MONDIALI, tra cui Gordon e me che andiamo da lui e gli insegniamo ogni giorno. Quindi immaginate qualcuno con un QI estremamente alto, oltre alle risorse per allenarsi privatamente con i migliori al mondo OGNI GIORNO per 3 anni e mezzo. Questo cambia la vostra opinione e il vostro punto di vista sulla velocità della sua promozione??? Derek conosce il Jiu Jitsu meglio della maggioranza delle cinture nere nel nostro sport, ve lo garantisco.”
OK basta che vengano postati dei video in cui fa rolling…
c’è pochissimo in giro
- youtu.be/Z_YrH4UYBbw?t=538
- youtu.be/aPxp1Yjdgks?t=326
- Gordon e Royce mentre il tizio tenta una goffa omoplata setup: youtu.be/YKpXIPvpMuw?t=863
- Mikey che loda il tizio e supporta la grande intelligenza e la legittimità della cintura nera – youtu.be/GtdhIHT8wkI?t=115
ma tutto quello che si vede è ATROCE.
Cosa dice la comunità
Jeff Glover è stato critico, comunque un tweet di ringraziamento lo piazza lo stesso
La risposta del Tizio
Come ogni venditore di auto usate che si rispetti dice mezze verità, aggiunte ad ammissioni parziali ma poi continua a vendere la propria narrazione. (smontabile in pochi secondi coi video sopra).
La mia teoria.
Lungi da me difendere certi personaggi che si vendono per qualche soldo ma secondo me sono da una parte ancora più colpevoli mentre dall’altra sono anch’esse vittime.
Sono ancora più colpevoli perchè prima ancora del patatrack della nera davano credibilità al tizio.
Tizio che probabilmente ha scoperto quando rimbambito sia il fan delle MMA negli usa e sta cercando di vendergli i propri servizi, che da quello che ho letto sono sovraprezzati e di bassa qualità,
Tutti sono complici di questo.
Sono però anche vittime perchè secondo me anche loro sono entrati con la promessa di diventare ricchi in fretta e verranno fregati. Non mi stupirei che una parte dei soldi che hanno preso li hanno investiti nei corsi del tizio o che siano entrati in affari insieme. Affari che finiranno a schifio, tipo le ciabatte di Gordon Ryan ovviamente
Qualche domanda:
- A quanto si venderebbe l’insegnante medio ?
- Tra quanto tempo le suddette cinture nere piangeranno in pubblico perchè sono state fregate?
Update
per andare sul suo podcast Il tizio ha offerto 2500$ a Craig Jones
Caio Terra che ha preso la cintura nera in 3 anni e qualcosa la prende con filosofia:
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Anche quest’anno, in occasione del suo X convegno, l’Associazione italiana per la promozione della scienza aperta premierà le migliori tesi di dottorato e di specializzazione o di laurea magistrale dedicate alla scienza aperta e presentate negli anni 2023, 2024 e 2025.
Le indicazioni sulle modalità di partecipazione al concorso, il cui bando scade il 15 settembre 2025, sono consultabili a […]
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Altri due elementi contribuiscono a mettere in crisi l’egemonia democristiana e la sua capacità di governo negli anni settanta
Consapevole della necessità di rompere l’impasse – considerato anche il peggioramento della situazione economica -, è Aldo Moro a prendere l’iniziativa e, a poco più di un mese da un Congresso democristiano (il XII, svoltosi tra il 6 e il 10 luglio 1973) che prevede difficile, con un’iniziativa personale giunge a un accordo – il “patto di Palazzo Giustiniani” – con l’allora presidente del Senato ed esponente di spicco del suo partito, Amintore Fanfani, che prevede per quest’ultimo la segreteria della Dc, per Rumor la designazione a presidente del Consiglio, per Moro stesso un ruolo di garante dell’operazione <97.
Altri due elementi contribuiscono a mettere in crisi l’egemonia democristiana e la sua capacità di governo negli anni settanta: la sconfitta, determinata dalla decisione di Fanfani di schierare il proprio partito compattamente sul fronte del Sì, al referendum sul divorzio del 1974 e l’esito dirompente delle elezioni amministrative del 1975 e delle politiche del 1976 <98. In entrambe le consultazioni il dato più significativo è costituito dall’avanzata del Pci, che in prima battuta giunge al governo di un buon numero di amministrazioni regionali (Emilia, Toscana, Umbria, Piemonte, Liguria) e delle principali città italiane (Torino, Milano, Venezia, Genova, Firenze, Roma, Napoli, oltre alla storicamente rossa Bologna) e sfiora, nel secondo appuntamento elettorale, il temuto sorpasso sulla Democrazia cristiana – la quale, comunque, mostra un recupero rispetto alle consultazioni amministrative, attestandosi al 38,7% a fronte del 34,4% di consensi attribuiti ai comunisti. Si delinea un inedito scenario bipolare, che necessita di una risposta politica.
Tra il 1976 e il 1979 si consuma l’esperienza dei governi di solidarietà nazionale <99, in cui allo sforzo di avvicinamento del Pci all’area di governo (l’esecutivo Andreotti III è quello “delle astensioni”, un monocolore democristiano che ottiene la fiducia alla Camera con il solo voto di parlamentari Dc; l’Andreotti IV vede l’ingresso del Pci e degli altri partiti nella maggioranza) corrisponde un’opera di dilazione posta in essere dalla Democrazia cristiana, che logora le attese di quanti avevano sperato che un cambiamento potesse derivare dalla nuova situazione politica <100. In mezzo il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro, punto apicale e simbolico insieme della parabola critica della democrazia italiana <101.
All’approdo della solidarietà nazionale si è giunti attraverso una lunga stagione di elaborazione politica da parte dei due principali partiti, e in particolar modo del Pci che, nel 1973, inaugura la strategia del compromesso storico. Note sono le vicende (il golpe cileno principalmente e il timore della radicalizzazione conservatrice dei ceti medi italiani) che ispirano il neosegretario Berlinguer a bocciare l’ipotesi di un governo delle sinistre in Italia. Ne nasce la proposta di convergenza tra le due principali forze popolari, quella cattolica e quella comunista, che ha il fine di permettere al partito che tende a rappresentare un terzo dell’elettorato di uscire dalla condizione di perenne opposizione radicata nello scenario internazionale della guerra fredda.
“It [il compromesso storico] provided the party with a seemingly realistic way to achieve power, avoiding a definite rupture with the Soviet Union and communist ideology that, it was feared, would produce a crisi of identity among the militants […]. But the higher realism of the “historical compromise was also its main limitation. It was in fact based on the awareness (and the acceptance) of that very bipolar framework which structurally prevented the communist party from fully entering the government. The strategy of the “historical compromise” therefore became a function of (and subordinated to) Moro’s strategy of “national solidariety”, giving a new shape to the historical subordination of the Pci to the Dc’s hegemony and political centrality” <102.
La circostanza della sostanziale, riconfermata dipendenza della politica comunista da quella democristiana contribuisce in certa misura a spiegare le secche in cui si dibatte – al netto dell’approvazione di alcune riforme, peraltro contestate – l’esperienza del Pci a latere del governo. Collegato a essa è l’altro aspetto, non meno centrale, dell’utilizzo da parte della Dc dell’avvicinamento comunista per stemperare le tensioni prodotte nel paese dall’incedere della crisi economica, dalla ristrutturazione industriale, dall’inesausta conflittualità politico-sociale, che produce il progressivo scollamento del partito della classe operaia dal suo referente sociale.
Nella Democrazia cristiana l’uomo deputato a instaurare il dialogo con i comunisti è Aldo Moro. Nella sua elaborazione, nelle sue formule, nella sua idea di evoluzione del sistema politico italiano si può intravedere un significativo discostamento dalla proposta del Pci. La risposta alla linea del compromesso storico – che prende le mosse dalla strategia dell’attenzione, fino a configurare l’apertura di una “terza fase” – non si discosta mai dalla concezione della diversità e alternatività dei due partiti <103, ma anzi la ribadisce fino a prefigurare, in termini forse più ideali che concretamente futuribili, l’avvento di un regime democratico di alternanza <104.
Le tappe della costruzione dell’orizzonte politico delle convergenze parallele con i comunisti sono quelle della consunzione della segreteria di Fanfani all’indomani del referendum sul divorzio, dell’elezione come suo successore di Benigno Zaccagnini (fidato moroteo) e, infine, dell’individuazione in Giulio Andreotti del traghettatore dei governi in condominio con il Pci <105. È proprio Moro a investirlo del compito durante una visita ufficiosa nel luglio 1976, adducendo la motivazione che «tutto ciò [l’uscita dall’impasse politica attraverso la non belligeranza comunista] era possibile solo se il governo fosse stato presieduto da un uomo non della sinistra democristiana che fosse conosciuto e visto positivamente sia dagli alleati che dalle autorità religiose» <106.
[NOTE]97 Cfr. P. Craveri, La Repubblica dal 1958 al 1992, cit., pp. 520-22.
98 Si veda su questo punto Mario Caciaglia, Terremoti elettorali e transizioni fra i partiti, in L’Italia repubblicana nella crisi degli anni Settanta, cit., vol. 3, F. Malgeri e L. Paggi (a cura di), Partiti e organizzazioni di massa, pp. 143-67, in particolare pp. 151-61. L’autore rileva un aumento della volatilità elettorale nel corso degli anni settanta, in controtendenza con i flussi tutto sommato prevedibili e contenuti registrabili nei decenni precedenti.
99 Malgrado l’unico governo di solidarietà nazionale strictu sensu sia l’Andreotti IV, si ingloba qui nella formula latamente intesa anche l’esecutivo Andreotti III per marcare la novità costituita dall’astensione comunista: cfr. P. Ginsborg, Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi, cit., p. 507.
100 Cfr. su questo punto Alessandro Pizzorno, Le trasformazioni de sistema politico italiano, 1976-92, in F. Barbagallo et al. (progetto e direzione), Storia dell’Italia repubblicana, cit., vol. 3, L’Italia nella crisi mondiale. L’ultimo ventennio, 2. Istituzioni, politiche, culture, pp. 301-44, in particolare pp. 303-04.
101 Fra la sterminata letteratura sull’episodio cfr. A. Giovagnoli, Il caso Moro. Una tragedia repubblicana, il Mulino, Bologna 2005 e Marco Clementi, La pazzia di Aldo Moro, Rizzoli, Milano 2006.
102 R. Gualtieri, The Italian political system and détente, cit., p. 441.
103 Cfr. F. De Felice, Nazione e crisi: le linee di frattura, in F. Barbagallo et al. (progetto e direzione), Storia dell’Italia repubblicana, cit., vol. 3, L’Italia nella crisi mondiale. L’ultimo ventennio, 1. Economia e società, pp. 5-127, in particolare p. 47.
104 Si veda la conversazione di Moro con Scalfari, sistemata in intervista e pubblicata postuma da quest’ultimo: E. Scalfari, “Quel che Moro mi disse il 18 febbraio”. L’ultima intervista del leader Dc, «La Repubblica», 14 ottobre 1978.
105 Cfr., sull’evoluzione della politica democristiana in questi anni e sul ruolo svolto da Moro, A. Giovagnoli, Aldo Moro e la democrazia italiana, in L’Italia repubblicana nella crisi degli anni Settanta, cit., vol. 4, G. De Rosa e G. Monina, Sistema politico e istituzioni, pp.53-77, in particolare pp. 53-57 e F. Malgeri, La democrazia cristiana, in L’Italia repubblicana nella crisi degli anni Settanta, cit., vol. 3, F. Malgeri e L. Paggi (a cura di), Partiti e organizzazioni di massa, pp. 37-58, in particolare pp. 51-58.
106 Giulio Andreotti, Governare con la crisi, Rizzoli, Milano 1991, p. 228.
Salvatore Corasaniti, Quando parla Onda Rossa. I Comitati autonomi operai e l’emittente romana alla fine degli anni settanta (1977-1980), Tesi di dottorato, Sapienza – Università di Roma, Anno accademico 2017-2018
#1973 #1974 #AldoMoro #AmintoreFanfani #BenignoZaccagnini #DC #divorzio #legge #PCI #referendum #SalvatoreCorasaniti
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Orbital: romanzo di formazione spaziale
edu.inaf.it/rubriche/libri/orb…
Un romanzo ambientato sulla Stazione Spaziale Internazionale che parla degli esseri umani e del pianeta su cui vivono: la Terra.
#ambiente #EnneEnneEditore #esplorazioneDelloSpazio #SamathaHarvey #StazioneSpazialeInternazionale #Terra
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algorithmically generated asemics
asemicfront2.blogspot.com/2025…
#art #arte #asemic #AsemicFront #asemicWriting #asemics #ChristianBök #SarahRidgely #scritturaAsemica
Intermedia Collaboration by Sarah Ridgely and Christian Bok: Algorithmically Generated Asemics in "Fifty Days at Iliam" (Canada, USA, UK)
Algorithmically generated asemics by Sarah Ridgley (Arkansas, USA) in her collaboration with Christian Bok entitled "Fifty Days at Iliam....asemicfront2.blogspot.com
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oggi, 11 luglio, a roma, alla fondazione baruchello: studio di forme / forme di studio (workshop)
Fondazione Baruchello presenta:
Studio di Forme / Forme di Studio
Workshop // Nell’ambito della mostra
Felice Cimatti. Studi
Un progetto di Caterina Bolasco
A cura di Marcella Dalila Muraca
Venerdì 11.07.2025 // ore 18:00 – 20:00
Via del Vascello 35, Roma
Ingresso gratuito su prenotazione
La Fondazione Baruchello, nell’ambito della mostra Felice Cimatti. Studi, a cura di Carla Subrizi, ha organizzato un Programma pubblico articolato in due appuntamenti. Dopo l’inaugurazione della mostra, una tavola rotonda con la partecipazione di Felice Cimatti, Andrea Cortellessa, Mattia Cucurullo, Alessandra Mammì, Adriana Polveroni, Irene Quarantini e Carla Subrizi è stata l’occasione per approfondire una riflessione sul tema dello “studio”.
A conclusione della mostra, il laboratorio Studio di Forme/ Forme di Studio, ideato dalla Fondazione Baruchello in collaborazione con Caterina Bolasco e a cura di Marcella Dalila Muraca, intende approfondire un aspetto del lavoro di Felice Cimatti, il movimento, che emerge tanto dalle mappe e scatole-oggetto presenti nelle installazioni, che dai disegni: il movimento come spostamento, migrazione ma anche come fluire e scorrere del pensiero, delle forme, dei corpi.
Il workshop si articolerà in due momenti: una prima fase dedicata all’osservazione e alla sperimentazione pittorica, in cui verrà esplorata la casualità delle forme, e una seconda fase in cui, attraverso la ripetizione del segno e il disegno, si instaurerà un dialogo con le tracce lasciate dalla pittura iniziale. Ai e alle partecipanti sarà inoltre fornito un piccolo sketchbook, un diario visivo, su cui annotare alcuni dettagli partendo dall’osservazione diretta.
I materiali emersi dal laboratorio saranno lasciati alla Fondazione Baruchello ed entreranno a far parte del suo archivio-progetti.
Il laboratorio è rivolto a studenti under 35 (max 20 partecipanti), l’ingresso è gratuito con prenotazione obbligatoria.
Per informazioni e iscrizioni è possibile scrivere a: info@fondazionebaruchello.com o contattare telefonicamente il numero 06 5819482.
#AdrianaPolveroni #AlessandraMammì #AndreaCortellessa #CarlaSubrizi #CaterinaBolasco #disegni #FeliceCimatti #FeliceCimattiStudi #FondazioneBaruchello #installazioni #IreneQuarantini #mappe #MarcellaDalilaMuraca #MattiaCucurullo #mostra #oggetti #scatole #scatoleOggetto #sketchbook #sperimentazionePittorica #workshop
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giuseppe garrera: “pier paolo pasolini. porcili”
Ugo Tognazzi nel film Porcile, di Pier Paolo Pasolini (Pagina da «Novella2000», 13 febbraio 1969)
[…] Pasolini frequenta gentaccia e la gentaccia, insegna l’intera civiltà borghese, si riconosce da due elementi, subito: da come è vestita male e dalla poca igiene: il puzzo e la sporcizia, così come il cattivo gusto, sono dati fisici e morali: rom, zingari, clochard, accattoni e capelloni, pezzenti, operai, sottoproletari, immigrati ecc. ecc. lo confermano: la propaganda morale e la tolleranza passano per una campagna igienica e cosmetica, anzi la misurazione del grado di civiltà sarà olfattiva e legata a uso di bagnoschiuma, shampoo, detergenti, detersivi, deodoranti e pulizia di pavimenti in cui specchiarsi (la civiltà dei consumi si presenterà sempre più in grembiule bianco sanitario, come apparato salutare e per una ulteriore sensibilità cosmetica). La sporcizia è cosa fisica e morale. Puzze, sporcizia sempre più bandite. La gente va ripulita. È la categoria del Sud, di tutti i Sud, bandita dal perimetro della civiltà: per il nuovo e il lustro. La dittatura borghese e neocapitalistica è anche imposizione di nettezza, gradevolezza, manipolazione dei corpi (in Salò, Pasolini inscenerà lo spettacolo permanente di una tortura e di un sadismo: cibo, moda, modelli corporei, magrezze, salute, pettinatura, standard di vita, beni, vacanze, mezzi di trasporto, tutto ecc.. ecc.. conformismo, omologazione: milioni di esseri costretti e torturati). E sentirsi, di fronte ai modelli imposti, perennemente inadeguati e brutti. […]
Giuseppe Garrera, Pier Paolo Pasolini. Porcili
in ‘Fabule Magazine’:
fabulemagazine.it/pier-paolo-p…
#felicità #neocapitalismo #PCI #PierPaoloPasolini #Porcile #Porcili #PPP #rivoluzione #Salinari #salvezza #sporcizia
Pier Paolo Pasolini. Porcili. - Fabule Magazine
Il critico letterario Salinari – militante, partigiano, responsabile della Sezione culturale del Partito comunista italiano – nella sua recensione a Ragazzi di vita uscita su «Il Contemporaneo» del 9 luglio 1955, scrive: «Pasolini ama la «zella»»: la…Giuseppe Garrera (Fabule Magazine)
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pod al popolo, #074: marco giovenale intervista michele zaffarano sul rinomato scrittore vincitore del celebre premio
L’emozionante intervista è ora su Pod al popolo. Podcast irregolareed ennesimo fail again fail better dell’occidente postremo. Buon ascolto.
#audio #celebrePremio #celebreScrittore #intervista #MarcoGiovenale #MicheleZaffarano #MZ #PAP #pap073 #pap074 #pap074 #podAlPopolo #podcast
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fermaggio dell’omicidio videoludico grazie all’antimiseria europea??? (Petizione ECI “Stop Killing Games”)
Succedono cose sempre più pazze in questa economia… anzi, solo cose pazze, oserei dire… ma, indubbiamente, ogni tanto, tra queste folli follie, qualche schiribizzo dal grande valore aggiunto pur spunta fuori. Tipo, il cosiddetto movimento politico, ed omonima iniziativa dei cittadini europei, conosciuto come BASTA Uccidendo Giochi!!! (Per i britannici, anche se loro non hanno più niente a che fare con l’Unione Europea e dunque mi chiedo che bisogno ci sia da parte mia di precisare per loro, “Stop Killin’ Games“.)
È un disegno di legge per la protezione dei consumatori in ambito videoludico, ma per tutte le informazioni si legga stopkillinggames.com/ 👾
Qualche giorno fa, la petizione sulla piattaforma ECI ha superato il famigerato obiettivo di un milione (1000000, che numerone) di firme, quindi, a fine luglio, la commissione europea, come da protocollo dovrà dare uno sguardo alla questione, e ci sono decenti probabilità che le richieste del popolo in questione all’iniziativa diventino fottuta legge! O, almeno, così succederà se il numero delle firme valide sarà sufficiente… individui imprecisati dicono che per stare sicuri bisognerebbe arrivare almeno a 1,4 milioni di firme; io invece dico, per avere un margine bello tosto, puntiamo a 2 milioni come minimo. 😳
Come scrivo questo siamo a 1.3 milioni, con l’influsso di adesioni che rallenta sempre di più ogni giorno… e in questo senso, questa è secondo me la buona occasione per ricordare di questo affare anche da parte mia, e quindi dire di firmare a chi ancora non l’ha fatto. Infatti, a parte il problema solito che, per la legge dei grandi numeri, usciranno fuori puntualmente varie firme invalide quando i potery forty andranno a fare i controlli… con questa iniziativa sono successe a mio avviso diverse cose strane, e ho il sospetto che le firme non valide saranno molte più del solito. Ecco infatti un elenco delle stranezze che, per quanto ne so io, è esaustivo:
- Si parla dall’anno scorso di questa cosa, ma stranamente solo nelle nicchie, e con poca gente che firmò subito subito. A quanto ho capito, questo è perché uno streamer di nome Pirate Software ha attivato una grande macchina del fango nei confronti dell’iniziativa, giusto per suoi interessi economici, e molta gente gli ha dato retta… e ok, ma allora non capisco come mai a un mese dalla chiusura dell’evento la macchina fangosa abbia così gravemente fallito. 🙄
- Per qualche motivo, la petizione si può firmare anche soltanto compilando un
<form>
in cui si scrivono i propri dati anagrafici e il numero di un proprio documento di identità… neanche a dirlo, per colpa di ciò si potrebbero senza problemi inviare firme invalide, anche da fuori dell’UE. Quindi… mi raccomando, firmate con SPID o CIE, così la vostra firma informaticamente non può essere considerata carta straccia (spero). 😽 - Il giorno in cui il milione di firme è stato raggiunto, lo si è raggiunto con così tante, tutte di botto, da aver mandato la piattaforma ECI in down intermittente per parecchie ore… cosa che da un lato fa temere che alcune firme siano “corrotte” o qualche merdata del genere (non mi risulta fosse mai successo un simile incidente, quindi il software potrebbe non essere a prova di spacc)… e dall’altro mi fa sospettare che ci sia stato un attacco bot al form di cui sopra, che è protetto solo da un CAPTCHA vecchio stile… quindi il rischio è di tante firme invalide. ☠️
E allora… su, firmate, i link sono sopra!!! Il gaming ha bisogno della tosta democrazia per non cadere ancora più in basso… 🥵
(Piccola parentesi… Pirate Software è proprio allucinante. Ha invitato a non firmare perché, secondo lui, ci sarebbe il rischio che l’industria dei giochi live service muoia — e già qui, ci vedrei solo aspetti positivi, se solo questa paura fosse davvero legittima — e le povere aziende e zzz… che è una modalità di pensiero non solo contorta, ma specialmente curiosa per qualcuno che ha come nickname “software pirata”, ossia una roba che notoriamente non fa piacere alle aziende. Ma, ormai, al giorno d’oggi le prediche vengono sempre dai pulpiti più marci mai osservati… però, almeno, il karma ha colpito forte: è notizia delle ultime ore che il suo canale sta emorraggiando iscritti, e di ciò inevitabilmente noi ne godiamo.)
#ECI #EU #Europa #europe #europea #european #EuropeanCitizenInitiative #EuropeanUnion #initiative #iniziativa #petition #petizione #StopKillingGames #ue #UnioneEuropea #videogames #videogiochi
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Questo Capitano Ivan raggiunse i partigiani nel maggio 1944
Pitigliano (GR). Foto: Gian-Maria Lojacono
Pietro Casciani fu a capo del “Reparto Lupi”, una banda che aveva una notevole autonomia all’interno della “Montauto”, composto dal fratello Silvestro, vice-comandante (era stato sergente nel V reggimento di fanteria contraerea, insignito della croce di guerra al Valor Militare come partigiano), Michele Braca, Remo Del Convito, Ermanno Desideri <65, Giovanni Franceschi, Elio Lupi, classe 1926, insignito di Croce al merito di guerra, Nello Lupi, classe 1923, Serafino Lupi (morto a Montauto il 28 marzo del 1944 per eventi bellici, come riporta il registro dei morti del Comune di Manciano, in realtà per un incidente), Aldo Magrini, che si unì alla banda dopo la fine di quella di Montebuono e che aveva appena 15 anni quando prese parte alla Resistenza <66, Umberto Calò, di religione ebraica, il cui padre, Quintilio Calò, fu trucidato ad Auschwitz <67, Santi Mancini, Angelo Palombi, Francesco Pasqualini, Elio Pepi, Bruno Zacchei, Antonio Zaganella, Giovanni Forti, della classe 1908 e Alberto Allegrini. <68 Quest’ultimo, della classe 1924, era armato di un mitragliatore Sten e testimoniò di essersi nascosto per 5 mesi in una tomba etrusca nelle campagne limitrofe Pitigliano insieme al cugino Ilio Gallozzi e dal suo rifugio si spostava per portare la posta e le informazioni al resto della banda a Montauto. <69 Quando bombardarono il paese, Alberto Allegrini accorse immediatamente con gli altri partigiani e a Pitigliano scoprì che la sorella era morta sotto le macerie.
Da gennaio-febbraio del 1944 si unì ai partigiani alla macchia Prospetto Capponi, nato a Sorano il 7 dicembre 1910. Egli fu alle dirette dipendenze di Pietro Casciani al quale salvò la vita durante un tentativo di minare il ponte sul torrente Meleta, proprio sotto Pitigliano, circostanza in cui il comandante partigiano si ferì accidentalmente. <70 Vi erano poi 26 patrioti che sostenevano la banda: Antonio Antichi, Assuero Bardani, Mario Bernardini, Renato Bindi, Giovanni Busi, O. Caporali, Eugenio Ceccolungo, Alberto Denci, Elio Desideri <71, Giovanni Drovandini, Dino Franceschi, Pietro Gervasi, Rodolfo Mambrini, Umberto Mambrini, Giovanni Marrani, Vincenzo Massieri, Vitaliano Mazzoni, Amedeo Micci, Spartaco Nasini, Emilio Pepi, Elvezio Savelli, Giuseppe Savelli, Ivo Savelli, Sesto Sestegiani, Ubaldo Sovani e Quinto Stefanelli.
È doveroso ricordare un altro militare pitiglianese, il partigiano Pietro Crosetta, figlio di Domenico e Antonia Bernardini, nato a Pitigliano il 3 gennaio 1911, che combatté nella “Divisione Garibaldi” a Bernane, in Montenegro, sicuramente sorpreso in quella terra dall’armistizio dell’8 settembre 1943. Fu uno delle decine di migliaia di soldati italiani che entrarono a far parte della Resistenza nei Balcani, contribuendo a riscattare gli orrori dell’occupazione nazifascista di quella martoriata regione.
V – Gli uomini del Reparto Lupi nella Relazione della Banda Arancio Montauto
La Relazione partigiana di Santi Gaspare Arancio fu presentata nel marzo del 1946 alla Commissione regionale del Lazio. È un resoconto nominativo e molto dettagliato: a ogni partigiano corrisponde un numero e la sua storia militare, l’ingresso nella banda e le azioni a cui aveva preso parte. Sono più di 324 partigiani, antifascisti e collaboratori che Arancio ricorda, ma, come annota a fine relazione, il diario della banda era stato smarrito il 20 maggio 1944, a seguito del rastrellamento nazifascista di Montauto e dintorni, circostanza che causò lo sbandamento della formazione e la diffusione della notizia, in realtà del tutto immotivata e gratuita, della morte del capobanda. Quindi i
componenti della B.A.M. potrebbero essere stati diversi in più e non riportati nel 1946. Dal punto di vista politico, Arancio scelse sin dall’inizio la non appartenenza a nessuno schieramento, ma solo la lotta militare contro il nazifascismo. In questo senso il discorso resta valido anche per le bande più piccole, che ruotarono attorno alla Montauto, furono ad essa dipendenti oppure del tutto autonome.
Si è visto che i fratelli Casciani, dopo aver abbandonato Pitigliano ai primi di dicembre del 1943, si erano rifugiati a Montauto e qui erano stati presi in forze da Arancio, per quanto il Reparto Lupi mantenesse una notevole autonomia e una ben precisa zona d’impiego, sostanzialmente i dintorni di Pitigliano, come vedremo nella cronologia degli eventi. Tutto ciò, a eccezione delle azioni che videro protagonista Pietro Casciani nel sabotaggio e distruzione di alcuni ponti stradali con l’esplosivo in differenti località della Val di Fiora.
Dunque il “Reparto Lupi” appartenne alla Banda Arancio Montauto più o meno dalla fondazione al 20 maggio, ma Casciani e i suoi uomini sono anche elencati nel VII° Raggruppamento Monte Amiata settore B, del Tenente Antonio Lucchini, nato alla fine di maggio del 1944, o più precisamente, come chiarì nel 1970 il capitano dei partigiani di Sorano Mario Salera, “[…] le bande erano autonome. Solo dopo la liberazione di Grosseto, per sistemare i riconoscimenti ufficiali, con il S. Ten. Lucchini, a Siena, elaborammo, con il colonnello dei Bersaglieri Croce, la formazione del Raggruppamento Monte Amiata necessaria, perché formazioni militari e non politiche ed il riconoscimento delle qualifiche di Partigiani combattenti, avveniva da parte della Speciale Commissione della Presidenza del Consiglio”. <72 Arancio volle precisare che lo stesso Antonio Lucchini riconobbe, in almeno due occasioni – nella seconda quindicina di maggio e il 2 agosto del 1944 – “il principio dell’unità di tutti i reparti sotto il comando della B.A.M. a tutto il 20.5.1944”. <73 L’unità della B.A.M., in realtà, era venuta meno a seguito dei dissidi che avevano causato l’allontanamento del tenente Lucchini, trasferitosi in zona Pelagone-Monte Bellino, fra Manciano e Ischia di Castro, e del tenente Canzanelli “Gino”, spostatosi in prossimità di Murci, nel comune di Scansano. Il trasferimento del “Tenente Gino”, uno dei più amati e valorosi partigiani di Maremma, tra febbraio e i primi di marzo del 1944, rappresentò un ampliamento del raggio d’azione della Resistenza, ma il grosso delle bande a sud di Grosseto rimase lungo la fascia collinare che da Montauto raggiungeva le pendici dell’Amiata sotto Santa Fiora.
Quando i partigiani del tenente Luigi Canzanelli si spostarono dalla zona di Manciano e andarono a formare una nuova banda nella zona di Scansano-Magliano in Toscana-Samprugnano ma soprattutto a Murci, alcuni russi fedeli al Tenente Gino lo seguirono, andando poi a formare una banda proprio nelle macchie intorno a Samprugnano (attuale Semproniano), comandata dal Capitano Ivan, alias Ivan Soloviov. Questo Capitano Ivan raggiunse i partigiani nel maggio 1944, affermando di essere un capitano dell’Armata Rossa e che si chiamava Dimitri Cosev. Solo dopo la Liberazione della zona, dichiarò di chiamarsi Ivan Soloviov e di essere originario di Rostov. Nel successivo luglio 1944, utilizzando l’auto pubblica di Selvena, si dette molto da fare per riunire le centinaia di militari sovietici dispersi ancora sbandati per la provincia e nascosti per evitare di essere fatti prigionieri dagli alleati, per indirizzarli all’Ambasciata dell’URSS di Roma, in maniera di farli rimpatriare. <74
Relativamente al “Reparto Lupi”, esso ebbe contatti con il “Reparto Lamone” di Domenico Federici, con il gruppo del tenente Lucchini (che a fine maggio comandava anche il reparto del Tenente Gino, ucciso dai fascisti il 7 di quel mese) e con quello di Sorano del capitano Mario Salera. Non furono ritenuti opportuni collegamenti, fra gennaio e marzo del 1944, con la banda di Montebuono e altre del territorio amiatino, come si legge in alcune relazioni partigiane, probabilmente per una maggiore libertà di movimento e indipendenza del reparto.
Altra caratteristica della banda partigiana di Casciani, certamente non secondaria, fu che tutti i suoi componenti erano pitiglianesi, a eccezione dei russi “Ciurka” e “Constantin”, aspetto che rendeva più uniti e concordi quegli uomini originari dello stesso paese.
[NOTE]66 Aldo Magrini, di Gilberto e Assunta Tarchini, era nato a Pitigliano il 13 gennaio del 1928. Quando entrò in clandestinità, il 10 gennaio del 1944, non aveva ancora compiuto 16 anni. Sarà partigiano nella banda di Montebuono e nel “Reparto Lupi” di Casciani e ricordato, malgrado la sua giovane età, come un combattente molto coraggioso. Dopo la guerra, e dopo aver prestato il servizio militare, chiese all’Associazione Nazionale Partigiani di Grosseto informazioni per sapere se ci fossero state agevolazioni in favore dei combattenti che desiderassero espatriare, dal momento che aveva difficoltà a trovare lavoro. Sappiamo che in seguito emigrò in Francia e si arruolò volontario nella Legione straniera. (Comune di Pitigliano, Registro Atti di nascita, parte I 1928, n. 10 Magrini Aldo; AISGREC, Fondo ANPI, busta II.3 “Pratiche riconoscimento partigiani”, n. 90).
67 Quintilio Calò era nato a Firenze il primo marzo 1889. Sposato con Benvenuta Rosa Orvieto, era figlio di Emanuele Calò e Elena Orvieto. Fu arrestato a Firenze il 31 ottobre 1943 e incarcerato. Il 9 novembre del 1943 partì con il convoglio n. 3 da Firenze e raggiunse Auschwitz il 14. Non sopravvisse alla Shoah. Testimonianza di Massimo Calò, classe 1958, figlio di Umberto e nipote di Quintilio. Si veda anche il seguente sito: digital-library.cdec.it/cdec-w….
68 L’elenco dei partigiani e dei collaboratori di Casciani ci è stato gentilmente fornito da Valerio Lupi, figlio del partigiano Elio.
69 Testimonianza di Alberto Allegrini, classe 1924.
70 Testimonianza di Mario Casciani, classe 1932; testimonianza di Ferrero Pizzinelli, classe 1921.
71 Elio Desideri, nato a Pitigliano il 1/9/1921 e morto il 7/5/2018. Fratello di Ermanno, dopo aver fatto le scuole primarie e ginnasio proseguì gli studi universitari diventando avvocato e poi magistrato. Fu anche Sindaco e Pretore di Pitigliano e infine giudice al Tribunale di Grosseto fino alla pensione. Sposato con Rina Tinci (laureata in farmacia), ha avuto un unico figlio, Enrico. Testimonianza di Vanna Desideri, classe 1953.
72 Giulietto Betti, Franco Dominici, Banda Armata Maremmana, cit., pag. 349.
73 Franco Dominici, Giulietto Betti, Banda Arancio Montauto 1943-1944, cit., pp.32-33.
74 Franco Dominici, Giulietto Betti, Fascismo, Resistenza e altre storie in Maremma, cit., pag. 115.
Giulietto Betti – Franco Dominici, Il partigiano Pietro Casciani. Storia del “Reparto Lupi” di Pitigliano, Le Strade Bianche di Stampa Alternativa – Pitigliano (GR), 2022, pp. 43-48
#1943 #1944 #ArancioMontauto #banda #capitano #fascisti #FrancoDominici #GiuliettoBetti #Ivan #maggio #Maremmana #partigiani #PietroCasciani #PitiglianoSI_ #RepartoLupi #Resistenza #russi
Arancio Sante - Dizionario Storico Biografico della Tuscia
Arancio, Sante – Partigiano (Manciano?, sec. XIX – sec. XX) Era un perito minerario originario della zona di Manciano che fu l’animatore della Banda Arancio-Montauto così chiamata perché da lui creata e perché ebbe la sua sede in località Montaut…editore editore (Dizionario Storico Biografico della Tuscia)
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oggi, 10 luglio, a roma: mostra fotografica di davide gualtieri in camera verde
(…) Gli scatti di Gualtieri sono atti di amore, atti di conversione – o alcove – dove risiede (probabilmente) una certa libido; appaiono come parti di un discorso attivo, sono atti come immagini in movimento, se ricordiamo la sua provenienza dal teatro: figura e parola insieme.
Una messa “in situazione”. Un raccordo e un racconto.
La produzione di Gualtieri è fortemente legata alla parola performante, al video, alla scena, allo “stato in praesentia”. Questa fotografia ha una vitalità eccezionale perché discorsiva.
Non più fotografare ma documentare come atto per liberar(si) di una certa densità interiore, elaborazione in qualche modo analitica, di uno stato o di un fatto. Ogni fotografia è una relazione, una messa in dialogo con l’altro da me. Legato ad un bisogno profondissimo del conoscervi. E raccontarvi: per guardarvi. (…)
Sara Davidovics
#CameraVerde #DavideGualtieri #fotografia #inaugurazione #laCameraVerde #mostra #mostraFotografica #photoExhibit #SaraDavidovics
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Dissalatori in Sicilia, cronaca di un’emergenza costruita
Puntualmente, con l’estate e il caldo torrido, con la colonnina di mercurio che sale sempre di più e non scende mai sotto i 30 gradi, torna lo spettro della siccità.
I presidenti di Regione che si sono alternati in questi decenni hanno fatto promesse e proclami, nel solito clima (politico, questa volta) di incompetenza e malaffare. Oggi tocca a Shifani che, insieme alla sua squadra, ha […]
Leggi il resto: argocatania.it/2025/07/10/diss…
#dissalatori #RegioneSiciliana #RenatoSchifani #reteIdrica #siccità
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Aggiornamento Ben Askren: è vigile. “Sono morto quattro volte, ma ce l’ho fatta”
Ben Askren ha condiviso un aggiornamento toccante sulle sue condizioni di salute dopo mesi di silenzio, raccontando la drammatica esperienza vissuta tra maggio e luglio. In un video pubblicato sui suoi canali social (al momento della pubblicazione FB è ancora fermo al post di marzo e IG è non raggiungibile – instagram.com/benaskren/ ) , l’ex lottatore UFC ha spiegato di aver subito un doppio trapianto di polmoni e il coma durato un mese.
“Non vi aggiorno da un po’ e penso che ve lo meritiate,” ha detto Askren nel video. “Ho appena letto il diario di mia moglie perché non ricordo nulla dal 28 maggio al 2 luglio. Nessun ricordo. Nessuna idea di cosa sia successo. È come un film, una cosa assurda.”
Askren ha poi rivelato un dettaglio scioccante: “Sono morto quattro volte, il mio cuore si è fermato per circa 20 secondi. Non è l’ideale, lo sapete bene. Ma ho ricevuto un doppio trapianto di polmoni e sono riuscito a superarlo. Sto recuperando forza, sto imparando di nuovo a usare tutto. Ieri mi sono pesato: 147 libbre (66,6 kg). Non ero così leggero da quando avevo 15 anni. Ho perso 50 libbre (oltre 22 kg) in 45 giorni. È stata una battaglia. Ovviamente non ricordo quasi nulla.”
Dal video si vede che è messo ancora molto male
Ricordo che L’assicurazione non ha coperto l’operazione e che i soldi e che ha avuto i due milioni necessari grazie alle donazioni. Jake Paul (che con Askren ci ha combattuto sul ring) non più tardi di una settimana fa ha detto che era disgustoso che Dana White non avessa dato una mano e ha promesso di farlo lui…
Durante l’aggiornamento, Askren si è commosso parlando del supporto ricevuto: “La cosa che mi ha colpito di più è stato tutto l’amore che ho sentito. È stato come se avessi potuto assistere al mio stesso funerale. Ricordo ancora, 30 anni fa, quando Dave Schultz morì: tutti raccontavano quanto lo avevano amato. Ma lui non ha mai potuto ascoltarlo. Io sì.”
“L’affetto della comunità della lotta è stato incredibile. È stato meraviglioso. Ora sono più motivato che mai a restituire qualcosa, a fare la mia parte. Vi voglio bene, vi ringrazio. È stato difficile, non solo per me, ma per tutta la mia famiglia e la mia comunità. Spero che apprezziate questo aggiornamento. Magari, un giorno, io e Amy potremo raccontare tutto nei dettagli.”
Ben Askren, ex campione Bellator e ONE Championship, ha chiuso la sua carriera da professionista con un record di 19 vittorie, 2 sconfitte e un No Contest. Il suo ultimo incontro in MMA risale all’ottobre del 2019.
Ho alcuni print screen del video, ma sono davvero strazianti, ho preferito quindi prendere il video della sua biografia degli anni del Wrestling:
youtube.com/watch?v=rpoX7Zfnbx…
- YouTube
Profitez des vidéos et de la musique que vous aimez, mettez en ligne des contenus originaux, et partagez-les avec vos amis, vos proches et le monde entier.www.youtube.com
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[r] _ noi da qui non potremo più uscire / carmelo bene
youtu.be/5ubcqyzlKbI?si=OcVQfW…
#buchi #CarmeloBene #cb #intervista #Kierkegaard #nonPotremoPiùUscire
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[r] _ carmelo bene: frammento audio su io e soggetto (dell’inconscio) nel libro “‘l mal de’ fiori”
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slowforward.net/wp-content/upl…
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per chi desidera ascoltare l’intero intervento di CB, raccolto da Doriano Fasoli nel maggio 2000:
youtube.com/embed/k3yfoVZXsik?…
Un’intervista di Fasoli a CB è leggibile all’indirizzo riflessioni.it/conversazioni_f… oppure in formato pdf qui: slowforward.net/wp-content/upl…
& slowforward.net/wp-content/upl…
Quindi fare i conti col linguaggio senza un io. Un iismo. Quello lo lasciamo agli asini.
Ma non se ne può più d’uno stucchevole degli affetti, dell’anima bella, della “postal cartolin”, degli innamorati. Tutto ciò appartiene a un codice dell’imbecillità, della mediocrità…
Nel dopo-Joyce, …per esempio, l’identità: tutta per aria. Salta tutto. È già saltata.
slowforward.net/2022/09/09/mal…
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#LMalDeFiori #Bompiani #CarmeloBene #cb #DorianoFasoli #io #Lacan #messaggiAiPoeti #poema #poesia #porno #soggetto #soggettoDellInconscio #utiliSussidi #vediamoSeRiescoASpiegarmi
Conversazione con Carmelo Bene di Doriano Fasoli - 2
Come si può definire, dunque, questo 'l mal de' fiori? È una ricetta farmaceutica di controindicazioni: struttura, dialettica, sociale, prossimo-lontano, il non esserci, eccetera...www.riflessioni.it
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[r] _ messaggi ai poeti / utili sussidi / vediamo se riesco a spiegarmi (con un cb ennesimo eccetera)
ma poi l’avete capita questa differenza tra talento e genio, questa faccenda dei SIGNIFICANTI, o CB deve resuscitare e farvi un disegno?
youtube.com/embed/MZuw3_DW0TU?…
“messaggi ai poeti”, “utili sussidi” e “vediamo se riesco a spiegarmi” erano e sono tre tag sotto cui ho cercato anzi cercai (a vuoto) di versare la cognizione della centralità di talune quistioni di base nella meninge dell’italo medioscrivente.
ah, e poi ancora:
copernico vs. tolomeo / carmelo bene
slowforward.net/2020/07/30/cop…
carmelo bene: frammento audio su io e soggetto (dell’inconscio) nel libro “‘l mal de’ fiori”
slowforward.net/2024/01/21/car…
il tealtro. carmelo bene (1968) e la critica dalle 22 alle 24. (a mio avviso non parla solo del teatro)
slowforward.net/2020/09/18/il-…
#LMalDeFiori #111 #écriture #cambioDiParadigma #CarmeloBene #cb #Copernico #CopernicoVsTolomeo #critica #difFerenza #différance #differanza #Difference #differx #genio #ilTealtro #IoESoggetto #messaggiAiPoeti #paradigmShift #scrittura #scrittureDiRicerca #scrittureSperimentali #significanti #soggetto #soggettoDellInconscio #talento #tealtro #teatro #Tolomeo #utiliSussidi #vediamoSeRiescoASpiegarmi
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non dormire od alzarsi, codesto è il perenne dilemma
Tra ieri sera e stamattina, rispettivamente al posto di prendere per bene sonno e di riuscire ad alzarmi dal letto, non ho potuto fare a meno di crogiolarmi dolorosamente in un tremendo interrogativo, naturalmente e casualmente diviso in queste due parti atomiche… Come cazzo è mai possibile che alla notte faccio fatica a decidermi di andare a dormire, e invece alla mattina proprio non riesco ad alzarmi? E questo è a tutti gli effetti uno di quei dubbi di valenza universale a cui è impossibile trovare una vera risposta, completa e soddisfacente… ma, almeno nel possibile, io esigo spiegazioni. (E fallisco nel trovarle.) 💔
In questo stato della notte, avrei voluto chiedere a ChatGPT “come dormire per sempre“, ma essendo già a letto da un pezzo non avrei sopportato l’aggressione ai miei sensori ottici da parte delle radiazioni ad alta frequenza degli schermi LCD, quindi a malincuore (ossia, con la conseguenza di finire ancora più incazzata, e quindi accumulare ancora più stress, quindi finendo per avere ancora più difficoltà ad addormentarmi) ho rinunciato. Però, adesso, ho potuto almeno rigirargli questa poco più generalizzata domanda, che tocca i due punti del ciclo di distruzione della mia anima tra la notte e il mezzogiorno… e, ovviamente, i muri di testo che ha sputato fuori sono solo sloppa insoddisfacente; non so davvero perché continuo ad aspettarmi qualcosa di più dal parlare con questi modelli di cagaggio. 😾
A parte il memaggio, il fatto è molto strano. In teoria, le condizioni sono tali che dovrebbe sempre andare tutto in perfetto ordine: non procrastinare il posare tutto e mettersi a letto la sera, non avere la testa straripante dei pensieri più misti nel momento in cui devo prendere sonno, e la mattina svegliarmi ad un orario umano e più o meno solito, senza rimanere fino ad una intera ora o quasi a lettomarcire per mancanza di forze nonostante l’aver dormito abbastanza e decentemente. Cioè, non c’è proprio motivo logico per cui io la sera non sento di voler andare a dormire, e la mattina non sento di dovermi alzare… quando la mattina posso fare tranquillamente tutte le cose della sera (e anzi, anche meglio, perché fa meno caldo), e viceversa la sera non ho cose da fare in meno della mattina (colazione a parte… e pensare che la mattina ci sta anche il coffi, ma niente, preferisco il letto a quell’ora). Eppure, la realtà è esattamente questo schifo qua. 💥
“Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate“, c’era scritto davanti alle porte dell’Inferno… e tale e quale dovrebbe essere scritto ai piedi del lettino (…o forse sul lato, altrimenti non si vede quando ci si immerge in esso), che così almeno la sera mi ricordo di che morte devo morire. Non si può dormire in pace, e non ci si può svegliare se non con nostalgia, e ogni giorno il ciclo si ripete, con le promesse e le ispirazioni della mattina che non durano fino a sera senza decomporsi permanentemente, e i propositi e i desideri della notte che la mattina non valgono più niente. Mi chiedo se mai riuscirò a rompere questa maledizione, molto perniciosa e ancora incompresa, nonostante attanaglia buona parte del genere umano… ma penso seriamente che l’unica soluzione per me sarebbe avere una routine di sonno e sveglia attiva 24/7, a tempo indeterminato (infinito), ovviamente dettata da fattori esterni (per esempio, orari di lavoro), altrimenti non posso fattualmente rispettarla (ops). (Oppure, appunto, datemi un modo per semplicemente dormire per sempre e la finisco qui, ve ne sarei eternamente grata.) ⚱️Sul serio, comunque, io proprio non capisco. La sera voglio fare le cose, e la mattina alle 11 suonate voglio semplicemente rimanere ancora nel letto, a fare niente se non cliccare OFF sulla sveglia quando suona. Ma come cazzo si fa!!! Ho 3 neuroni di numero e questi non riescono a mettersi d’accordo su qualcosa di così scemo!!! BASTA!!! 😭
#bedrotting #dormire #girlrotting #rotting #rottingcore #sleep #sonno
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Spotify e i suggerimenti sbajati
Continuo a pensare che i suggerimenti di #spotify non ci azzecchino nulla…
E, se per caso, questi fossero suggerimenti “sponsorizzati” …. Bhe gli investitori hanno fatto una pessima scelta. Mai e poi mai mi convinceranno ad ascoltare ‘sta roba, quindi hanno pagato per niente.
#spotify
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Cinema e Serie TV di oggi sono spazzatura?
Cinema e Serie TV di oggi sono spazzatura?
namirblog.altervista.org/cinem…
Cinema e Serie TV di oggi sono spazzatura? - Namir Blog
Le mie considerazioni sul cinema odierno e su quello che ci offre il piccolo e grande schermoPeppe Namir (Namir Blog)
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cy͢bèr̶/ase̴mìc/gl̷įtch̷/̷/̴VĹC̶ / miron tee. 2016
youtube.com/embed/kJY1UwId-9E?…
src: mirontee.tumblr.com/post/15460…
#art #arte #audioglitch #audiovideo #automaticReading #glitch #glitchedreading #glitchedvideo #MironTee #mirontee #reading #videoglitch
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L’importanza dell’accordo di marzo si sarebbe mostrata appieno durante il dibattito interalleato
La restituzione al governo italiano delle prime province liberate nel febbraio del 1944 acutizzava la consapevolezza nell’amministrazione centrale di dover intervenire sui rami periferici interessati dal radicale cambiamento comportato dalla nuova situazione istituzionale. Informato della riluttanza mostrata dalle amministrazioni locali site nelle province restituite all’autorità italiana nell’assumere l’effettiva direzione di uffici e servizi ora di loro competenza, lasciandone di conseguenza il controllo ancora agli organi alleati, Badoglio incoraggiava queste, qualora non lo avessero ancora fatto, a recarsi presso gli uffici alleati e reclamare «l’urgente ed effettivo trapasso dei poteri stessi». I funzionari italiani dovevano energicamente salvaguardare gli interessi nazionali e categoricamente evitare di abbandonarsi nei confronti delle autorità alleate ad atteggiamenti servili, tenendo presente che una tale attitudine sarebbe valsa soltanto a compromettere il prestigio delle istituzioni e a dare luogo ad apprezzamenti poco lusinghieri da parte degli Alleati stessi <484. Alla data del passaggio di consegne, gli organi di governo dell’AMG si trasformavano, sia de jure che de facto, in organi dell’ACC [Commissione di Controllo Alleata sull’Italia]. Da questo derivava che tutti gli uffici e i funzionari italiani, ancorché istituiti e nominati dalle autorità alleate, dipendevano esclusivamente dalle autorità italiane e che, poiché l’ACC esercitava le sue funzioni presso il governo italiano, «gli interventi degli Alleati si svolgono di regola pel tramite delle autorità centrali». Ancora nell’estate del ’44, dopo il cambio al governo, si ribadiva l’esortazione a prendere contatto con le locali autorità alleate e pretendere il pieno passaggio dei poteri, un passo da compiere «con cortese fermezza, senza malintesi timori» <485.
Con Bonomi al comando, dunque, il quadro non mutava. In preparazione di una eventuale revisione della situazione italiana, avvertita sempre più vicina e inevitabile con il passare dei mesi, il governo doveva farsi trovare pronto a fungere da interlocutore propositivo nelle possibili trattative con gli Alleati e preparare una lista delle maggiori problematiche emerse durante l’anno di convivenza da presentare affinché potessero servire da base per le discussioni con l’ACC, sulla base di quanto già tentato a suo tempo da Badoglio nel marzo precedente. A tal proposito, Bonomi chiedeva a ciascuno dei suoi ministri la redazione di un rapporto che fornisse una conoscenza esatta dei vari aspetti e dello stato attuale delle tematiche da affrontare, accompagnate da una serie di controproposte da presentare, ricordando che i rapporti tra l’Italia e gli Alleati si fondavano sì sulle condizioni d’armistizio – «le quali tuttavia hanno avuto in molti casi una interpretazione estensiva, oppure sono state modificate o aggravate da accordi particolari intervenuti successivamente» – ma che, indipendentemente da qualsiasi accordo, «le autorità alleate esercitano di fatto in vari casi ingerenze che ostacolano gravemente il normale funzionamento degli organi e delle autorità italiane». La relazione richiesta ai dicasteri doveva essere compilata sulla base di un questionario composto di sei domande: quali erano le ingerenze alleate nel ministero? Tra queste quali le più gravi? Vi erano impegni aggiuntivi stipulati successivamente all’armistizio? Quali erano le pretese alleate che nascevano al di fuori da impegni armistiziali precisi? La raccolta di informazioni, spiegava Bonomi in conclusione, era concepita in funzione di una revisione dell’attuale situazione armistiziale e «di un possibile allentamento degli odierni pesantissimi controlli e delle non meno ingombranti ingerenze alleate in tutti gli aspetti della vita della nazione» <486.
Da quanto delineato nelle pagine precedenti emerge un quadro ben preciso dei motivi di frizione che si generavano tra occupati e occupanti nella gestione dell’ambiguo status governativo che regnava in Italia sin dal settembre del ’43. Un consistente aiuto è fornito allo studioso dalla catena di documenti prodotta in ossequio a quanto stabilito in marzo, quando Badoglio si era accordato con MacFarlane affinché si tenesse una riunione congiunta dell’ACC con il governo italiano. Dietro stimolo della Presidenza del Consiglio, ogni ministero aveva presentato un elenco di rimostranze riguardanti il proprio ambito legislativo e il 13 aprile 1944 Badoglio poteva inviare una lista dettagliata degli argomenti da trattare nel futuro incontro misto. Contenuta in una ventina di pagine, la lista spaziava dai rapporti con le autorità alleate alle comunicazioni, dalla protezione del patrimonio artistico e boschivo sino alla pubblica amministrazione e alla pesca. Si lamentava l’insorgere di casi di incomprensione e la malcelata sfiducia da parte delle autorità alleate «il cui controllo, estendendosi spesso sino ai più minuti particolari, oltre a risultare troppo macchinoso, finisce con l’assumere la veste di una vera e propria ingerenza in tutta quanta l’attività amministrativa». Si notava, in altri termini, la tendenza degli organi periferici alleati a prolungare l’esercizio dei poteri già demandati all’AMG nei territori occupati anche dopo la restituzione di tali territori all’amministrazione italiana e di estendere tali poteri anche alle province che erano sempre rimaste soggette alla piena sovranità del governo italiano <487.
Tra le tematiche considerate di maggiore urgenza figurava la richiesta di consultazione delle autorità italiane prima della nomina di funzionari di alto grado. La questione dell’approvazione delle nomine effettuate dagli italiani e sospese in attesa di conferma da parte degli Alleati era infatti una delle più scottanti dell’intera vicenda amministrativa dell’occupazione, intrecciandosi al profondo disaccordo che vi era tra le diverse interpretazioni delle prerogative del controllo alleato. Nel marzo 1944, uno scambio epistolare tra Badoglio e MacFarlane assicurava agli Alleati l’istituzione della pratica di non nominare ufficiali governativi senza previa approvazione della Commissione. L’accordo era però di natura consuetudinaria e non legislativa, non rientrando negli obblighi previsti dai termini armistiziali ed era figlio della volontà di Algeri di mantenere il potere di veto nell’eventualità di qualche nomina sgradita. Il 10 marzo, facendo riferimento alla contestata nomina di Piacentini al Ministero dell’Aeronautica, MacFarlane pregava il governo italiano di consultare l’ACC «before making any senior appointments in their own departments either at the seat of the Italian Government or in those provinces under Italian jurisdiction» <488. Badoglio, ispirandosi alla piena collaborazione con le autorità alleate che a sua detta aveva caratterizzato il suo intero mandato, prometteva l’emanazione di ordini precisi «to the effect that no government appointment be made without previous agreement with the Commission» <489.
L’importanza dell’accordo di marzo si sarebbe mostrata appieno durante il dibattito interalleato sul percorso da seguire durante la crisi governativa del luglio 1944, quando, arrivati a Roma, gli Alleati si erano visti imporre un cambio al governo che, almeno sul versante britannico, era considerato fortemente contrario allo spirito dell’occupazione. In occasione della sedicesima seduta dell’ACI, nella quale si era discusso delle nomine governative e dell’intervento alleato in merito, gli americani, supportati dai francesi, avevano sostenuto che la trattazione di tali questioni si collocasse al di fuori delle competenze del Consiglio, mentre gli inglesi, proprio richiamando l’intesa raggiunta tra MacFarlane e Badoglio e invocando le clausole del regime armistiziale, insistevano sulla legittimità del proprio intervento <490. Nelle settimane seguenti, anche in campo italiano si tentava di ritoccare la questione delle nomine, quando Visconti Venosta portava la vicenda all’attenzione del nuovo capo del governo. Il sottosegretario agli esteri riportava che, in un colloquio avuto con un ufficiale alleato, un tale Professor Forti aveva sostenuto che lo scambio di lettere e l’impegno che sottintendevano si riferissero esclusivamente alle province restituite in data 11 febbraio e che un nuovo accordo sarebbe stato necessario nel caso gli Alleati avessero voluto mantenere simili diritti nei territori trasferiti in fasi successive. Il colonnello Thackrah, da parte sua, aveva ribadito che quello del marzo precedente andava considerato come un gentlemen’s agreement di carattere generale che non necessitava di conferme in occasione delle successive restituzioni <491. Visconti sposava la linea di Forti, ma Fenoaltea, segretario alla Presidenza del Consiglio, nella risposta del 4 settembre, per quanto convinto che un riesame della questione fosse ormai opportuno, non era del tutto convinto della fondatezza della tesi esposta dal Forti in merito all’impostazione giuridica della questione. Secondo Fenoaltea, lo scambio di lettere non nasceva in connessione con la vicenda delle province restituite, ma aveva piuttosto una validità generica che investiva il problema delle nomine nella sua interezza. Se dal punto di vista giuridico la questione sembrava dunque chiusa in favore degli Alleati, su un versante più prettamente politico questa poteva servire ad incentivare una rielaborazione dei rapporti esistenti in Italia. Diversi accadimenti avevano mutato profondamente lo scenario politico e militare italiano dal lontano 10 marzo, una lontananza «tale da giustificare una radicale revisione dell’estensione e della portata del controllo alleato». La necessità di un controllo politico sulle nomine dei funzionari, giustificabile in marzo, «oggi evidentemente più non sussiste». In fondo, continuava Fenoaltea, «il controllo non ha ragione d’essere là dove, all’infuori di ogni loro diretto interesse, gli Alleati credano di dover tutelare ragioni ed interessi prettamente italiani di fronte al governo democratico italiano», aggiungendo che «se è giustificabile la vigilanza non è giustificabile la tutela» <492. Il controllo delle nomine, insomma, era interpretato dal governo italiano come manifestazione caratteristica di una pratica soffocante del controllo che non aveva più motivo di essere.
[NOTE]484 Cfr. la circolare n. 713 di Badoglio ai ministri dell’11 marzo 1944, Assunzione di poteri da parte delle autorità italiane delle provincie restituite dal governo alleato, in ACS, PCM, AG, b. 1.1.26 – 10991. Lo stimolo giungeva al Premier da un appunto del Capo di Gabinetto, preparato il 4 marzo e approvato dal Consiglio dei Ministri il 9 marzo, nel quale si faceva presente che, nonostante il trasferimento fosse già avvenuto, in molti casi erano ancora gli Alleati a gestire l’amministrazione delle regioni meridionali, così come notato da un rapporto dello stesso Ufficio di Collegamento tra l’ACC e il governo italiano. Si riteneva pertanto necessario un invito ai funzionari operativi a livello locale a reclamare l’assunzione delle funzioni che spettavano loro. Con la stessa circolare, Badoglio invitava contestualmente a comunicare gli argomenti da trattare in una riunione mista della ACC e del governo (cfr. una circolare analoga di Bonomi del 22 settembre 1944 in nota 486).
485 Si veda la circolare di Bonomi per i ministeri del 17 agosto 1944, Assunzione dei poteri da parte delle autorità italiane nelle provincie restituite dall’autorità alleata, in ACS, PCM, AG, b. 1.1.26 – 10991. Si ricordava inoltre che da quel momento cessavano di essere in vigore i provvedimenti di contenuto normativo emanati dagli Alleati, direttamente o per delega, ma che questi andavano considerati validi per il periodo della loro applicazione (come viene stabilito dal Decreto Legislativo Luogotenenziale n. 161 del 20 luglio 1944, Provvedimenti sul regime giuridico dei territori restituiti all’Amministrazione italiana).
486 Cit. la circolare Bonomi a tutti i ministeri del 22 settembre 1944, in MAE, Archivio di Gabinetto, 1944-1958 (d’ora in avanti ADG), b. 85bis.
487 Cfr. Badoglio a MacFarlane, Riassunto delle questioni sollevate dai vari dicasteri e da discutersi nella riunione da indire con la Commissione Alleata di Controllo, foglio n. 1941, del 13 aprile 1944, in ACS, PCM, Brindisi-Salerno, cat. 2.
488 Cit. MacFarlane a Badoglio del 10 marzo 1944, ACC, b. 1055.
489 Cit. il telegramma di Badoglio a MacFarlane del 13 marzo 1944 con il quale si concludeva lo scambio epistolare che regolerà la questione delle nomine italiane da sottoporre alla previa approvazione dell’ACC, FO 371/43916.
490 I contenuti della seduta erano riportati il 15 luglio 1944 da Charles a Londra in FO 371/43829.
491 Cfr. il rapporto di Visconti Venosta a Fenoaltea sulla conversazione avuta con il col. Thackrah il 25 luglio 1944, MAE, SG, vol. VI.
492 Cit. Fenoaltea a Visconti Venosta, 4 settembre, 1944, MAE, SG, vol. VI.
Marco Maria Aterrano, “The Garden Path”. Il dibattito interalleato e l’evoluzione della politica anglo-americana per l’Italia dalla strategia militare al controllo istituzionale, 1939-1945, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Anno Accademico 2012-2013
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Promuovere un libro con le recensioni e aumentare la visibilità su Google e Amazon
Indice dei contenuti
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- Recensioni, la linfa vitale del successo editoriale
- Il potere delle recensioni nell’era digitale. Oltre il passaparola tradizionale
- Recensioni e algoritmi di ricerca: essere trovati su Google e Amazon
- Su Amazon: l’algoritmo A9 e le recensioni come fattore di ranking
- Su Google: SEO e contenuti organici
- Visibilità trasversale: l’effetto moltiplicatore
- La credibilità dell’autore e il fattore fiducia
- Recensioni come indicatori di affidabilità
- Reputazione nel tempo e ciclo di feedback
- La fiducia come leva per opportunità future
- Cosa fare per promuovere un libro? Le recensioni come strategia chiave
- Perché le recensioni sono una leva di marketing essenziale
- Strategie integrate: recensioni come moltiplicatore
- Recensioni = investimento promozionale a lungo termine
- Le recensioni per rendere famoso il proprio libro. Non solo vendite
- Visibilità e autorevolezza: come nasce la reputazione di un libro
- Quando la recensione apre la porta ai media
- Notorietà come costruzione progressiva
- Le recensioni come feedback costruttivo. Migliorare scrittura e marketing
- Recensioni come strumento di apprendimento
- Anche le recensioni negative sono risorse
- Un valore anche per il marketing editoriale
- Quante copie deve vendere un libro per essere un buon risultato?
- Cambiare prospettiva sul concetto di “successo”
- Le recensioni come moltiplicatori di valore
- Un capitale reputazionale da costruire
- Strategie per ottenere recensioni
- Non esiste una scorciatoia, ma esistono buone pratiche
- L’importanza della continuità
- Etica e trasparenza prima di tutto
- Il nostro ruolo nell’ecosistema
- Un Investimento nel Futuro del Tuo Libro
- Proponiti
Recensioni, la linfa vitale del successo editoriale
Nell’era digitale, dove l’offerta editoriale è più vasta che mai, le recensioni libri non sono più semplici opinioni personali: sono diventate un elemento fondamentale per la visibilità di un libro online e, di conseguenza, per il suo successo. Per molti autori emergenti, ottenere una recensione può fare la differenza tra restare invisibili o iniziare a costruire un pubblico fedele.
La promozione di un libro oggi passa anche – e soprattutto – dalla capacità di generare attenzione e fiducia nel lettore attraverso i giudizi di altri lettori, blogger, o addetti ai lavori. Che si tratti di una piattaforma come Amazon, di un blog letterario, o di un profilo social, le recensioni influenzano direttamente l’immagine dell’autore, la sua credibilità, e la percezione del suo lavoro.
In questo articolo capiremo perché l’importanza delle recensioni per gli autori è spesso sottovalutata, come esse incidano sulle vendite, sulla scoperta del libro, e persino sulla crescita personale dello scrittore. Vedremo inoltre strategie per ottenere recensioni, analizzando il loro impatto su Google, Amazon e nella costruzione di una reputazione che duri nel tempo. Perché le recensioni, oggi, sono la linfa vitale del successo editoriale.
Il potere delle recensioni nell’era digitale. Oltre il passaparola tradizionale
Un tempo, il successo di un libro si costruiva lentamente, grazie al passaparola tra lettori, librerie indipendenti e critici letterari. Oggi quel passaparola non è scomparso: si è trasferito online, moltiplicando la sua portata e accelerandone l’efficacia. Le recensioni digitali, pubblicate su blog letterari, store online, social network e piattaforme come Goodreads, sono diventate il principale motore di fiducia e scoperta nel mercato editoriale contemporaneo.
Dal punto di vista tecnico, queste recensioni costituiscono contenuti generati dagli utenti (UGC), un elemento altamente valorizzato dai motori di ricerca. Google tende a premiare i contenuti che stimolano interazioni autentiche, e una pagina prodotto arricchita da recensioni attive ha molte più probabilità di posizionarsi in alto nei risultati di ricerca rispetto a una pagina statica e silenziosa. Allo stesso modo, piattaforme come Amazon analizzano la quantità, la frequenza e la pertinenza delle recensioni per stabilire il grado di rilevanza di un libro rispetto ad altri della stessa categoria.
Il passaparola tradizionale, seppure ancora efficace in ambienti locali o nicchie molto coese, non è più sufficiente da solo per garantire un impatto significativo. L’interazione digitale, invece, offre una diffusione esponenziale, raggiungendo lettori lontani, creando conversazioni pubbliche attorno all’opera e generando “rumore” algoritmico che favorisce il libro anche a livello promozionale. Una singola recensione condivisa al momento giusto può innescare una catena di visibilità difficile da replicare con strumenti classici.
Per gli autori indipendenti, questa trasformazione rappresenta sia una sfida che un’opportunità: da un lato, richiede competenze di promozione e networking digitale; dall’altro, consente di ottenere visibilità e autorevolezza senza dipendere esclusivamente da editori o media tradizionali. La chiave è riconoscere il potere strutturale della recensione moderna, che non è solo una valutazione soggettiva, ma un elemento strategico nell’ecosistema editoriale digitale.
Recensioni e algoritmi di ricerca: essere trovati su Google e Amazon
Nel mercato editoriale attuale, la qualità del contenuto non basta: un libro, per avere successo, deve essere trovabile. La capacità di emergere nei risultati di ricerca su Amazon e Google dipende in larga parte da meccanismi algoritmici che premiano l’interazione degli utenti, tra cui le recensioni svolgono un ruolo centrale.
Su Amazon: l’algoritmo A9 e le recensioni come fattore di ranking
Amazon utilizza un sofisticato algoritmo di ricerca (conosciuto come A9) che tiene conto di numerosi parametri per mostrare i risultati ai lettori. Le recensioni clienti rappresentano uno dei segnali più forti. L’algoritmo valuta:
- Numero totale di recensioni: più recensioni significano maggiore rilevanza.
- Valutazione media: i libri con rating tra 4 e 5 stelle tendono a performare meglio.
- Frequenza e freschezza delle recensioni: nuove recensioni costanti suggeriscono al sistema che il libro è attivo e interessante.
- Parole chiave contenute nelle recensioni: se i lettori usano termini rilevanti (es. “romanzo psicologico”, “thriller coinvolgente”), queste parole migliorano il posizionamento nelle ricerche tematiche.
In sintesi, ogni recensione è un contenuto che dialoga con l’algoritmo Amazon, aiutando il libro a posizionarsi nelle pagine di ricerca e nelle sezioni “consigliati” o “chi ha comprato questo ha acquistato anche…”.
Su Google: SEO e contenuti organici
Anche al di fuori degli store, le recensioni contribuiscono a migliorare la SEO (Search Engine Optimization) del libro. Quando un titolo riceve attenzione su blog, forum o siti specializzati, Google interpreta questi segnali come indice di interesse e rilevanza. Un buon posizionamento nei motori di ricerca significa aumento del traffico organico verso il libro, maggiore probabilità di scoperta e, potenzialmente, più vendite.
Inoltre, le recensioni scritte su siti autorevoli (come blog letterari di qualità) possono finire tra i rich snippet di Google, ovvero quelle anteprime di contenuto che compaiono direttamente nella pagina dei risultati di ricerca, aumentando la visibilità del libro rispetto ad altri.
Visibilità trasversale: l’effetto moltiplicatore
Le recensioni influenzano piattaforme diverse in contemporanea: un lettore colpito da una recensione su Instagram può cercare il titolo su Amazon, mentre un articolo su un blog può spingere altri utenti a scrivere ulteriori recensioni, creando un ciclo virtuoso. La presenza di un libro in più contesti digitali, alimentata dalle recensioni, rafforza la sua percezione di valore, sia per gli algoritmi sia per i lettori.
La credibilità dell’autore e il fattore fiducia
In un contesto editoriale sempre più competitivo, la fiducia del lettore è uno degli asset più preziosi per un autore. Le recensioni contribuiscono in modo diretto alla costruzione di questa fiducia, fungendo da prova sociale — quel meccanismo psicologico per cui le persone tendono a fidarsi di ciò che altri hanno già validato.
Recensioni come indicatori di affidabilità
Un libro con numerose recensioni positive comunica immediatamente al potenziale lettore che è stato apprezzato da altri. Questo non vale solo per le opere di narrativa, ma anche per saggistica, manuali e testi di nicchia. L’effetto è duplice:
- Innalzamento della percezione di qualità: anche in assenza di una casa editrice nota alle spalle, un autore autopubblicato può apparire credibile.
- Riduzione del rischio percepito: l’acquisto di un libro è una forma d’investimento (tempo e denaro); sapere che altri lettori hanno avuto un’esperienza soddisfacente abbassa le barriere all’acquisto.
In pratica, le recensioni suppliscono all’assenza di garanzie tradizionali, come la notorietà dell’autore o il marchio editoriale.
Reputazione nel tempo e ciclo di feedback
Le recensioni non influenzano solo il singolo libro, ma contribuiscono a costruire la reputazione autoriale nel tempo. Un autore che riceve recensioni costantemente positive sviluppa un’identità riconoscibile e una base lettori fidelizzata, elemento fondamentale per la longevità nel panorama editoriale.
Inoltre, la presenza di recensioni critiche ma ben argomentate può paradossalmente rafforzare la credibilità: il lettore percepisce un confronto autentico, non una promozione artefatta. La varietà delle opinioni dimostra che il libro ha generato coinvolgimento reale.
La fiducia come leva per opportunità future
Una buona reputazione online basata sulle recensioni apre le porte a nuove opportunità editoriali e promozionali: inviti a festival, interesse da parte di editori tradizionali, richieste di interviste o collaborazioni. Per molti autori indipendenti, la reputazione costruita attraverso le recensioni è ciò che li ha portati a un salto di qualità nella propria carriera.
Cosa fare per promuovere un libro? Le recensioni come strategia chiave
Per un autore, specialmente se emergente o autopubblicato, promuovere un libro non è solo una questione di marketing, ma di sopravvivenza editoriale. In un panorama saturo di nuove uscite, la sfida non è solo pubblicare, ma essere notati. In questo contesto, le recensioni rappresentano una delle strategie promozionali più efficaci e accessibili.
Perché le recensioni sono una leva di marketing essenziale
A differenza di altre forme promozionali che possono essere onerose o complesse da gestire, le recensioni agiscono su più fronti contemporaneamente:
- Incrementano la visibilità sui motori di ricerca e sulle piattaforme di vendita.
- Rafforzano la credibilità del libro e dell’autore (come visto nella sezione precedente).
- Stimolano la discussione online, innescando condivisioni spontanee sui social e nei forum.
Inoltre, il loro impatto non è effimero: una recensione ben indicizzata o pubblicata su un sito autorevole può continuare a portare lettori anche mesi o anni dopo l’uscita del libro.
Strategie integrate: recensioni come moltiplicatore
Le recensioni non devono essere viste come elemento isolato, ma integrate in un ecosistema promozionale più ampio. Tra le principali strategie che un autore può attivare:
- Networking letterario: entrare in contatto con altri scrittori, blogger, librerie indipendenti.
- Presenza online strutturata: sito autore, newsletter, canali social curati.
- Eventi e presentazioni: anche in spazi non convenzionali (caffè letterari, biblioteche, podcast).
In tutti questi ambiti, le recensioni rappresentano un moltiplicatore: rendono più efficace ogni altra azione. Un autore che si presenta con un libro ben recensito parte da una posizione di forza.
Recensioni = investimento promozionale a lungo termine
Molti autori dedicano tempo e risorse a campagne pubblicitarie a pagamento che si esauriscono in pochi giorni. Le recensioni, al contrario, continuano a lavorare per il libro nel tempo. È per questo che incoraggiare lettori reali a lasciare un commento pubblico rappresenta una delle azioni più strategiche che un autore possa compiere.
Le recensioni per rendere famoso il proprio libro. Non solo vendite
Quando si parla di rendere “famoso” un libro, l’equazione automatica con “vendite elevate” è limitante. La notorietà editoriale non si misura soltanto in copie vendute, ma anche nella capacità dell’opera di generare conversazione, di entrare nel dibattito culturale o di diventare un riferimento riconoscibile nel proprio ambito. In questo processo, le recensioni svolgono un ruolo cruciale.
Visibilità e autorevolezza: come nasce la reputazione di un libro
Una recensione ben scritta e pubblicata su un canale credibile contribuisce a:
- Accrescere l’autorevolezza del libro attraverso un giudizio esterno e motivato.
- Attivare la curiosità dei lettori e dei potenziali recensori successivi.
- Favorire la diffusione del titolo anche oltre la nicchia iniziale.
Il libro recensito in più spazi viene percepito come degno di attenzione, e ciò genera un effetto reputazionale che va oltre i numeri di vendita.
Quando la recensione apre la porta ai media
Nel caso degli autori emergenti, è spesso proprio un primo nucleo di recensioni indipendenti a innescare l’interesse da parte di media locali, redazioni culturali o festival letterari. In altre parole, la recensione agisce come una forma di legittimazione pubblica, in grado di spostare il libro da una dimensione privata a una narrazione condivisa.
Notorietà come costruzione progressiva
Essere “famosi” non significa essere virali per qualche giorno. Significa costruire una reputazione duratura, fatta di lettori che consigliano il libro, citazioni che ricorrono nel tempo, inviti a eventi, contatti con altri autori. Tutto ciò nasce spesso non dalla quantità di copie vendute al lancio, ma dalla qualità e quantità di recensioni che accompagnano il libro nel tempo.
Le recensioni come feedback costruttivo. Migliorare scrittura e marketing
Le recensioni non sono solo strumenti promozionali: sono anche specchi critici attraverso cui l’autore può osservare la propria opera con uno sguardo esterno. In particolare per gli autori emergenti e autopubblicati, esse rappresentano una delle forme più accessibili e utili di feedback qualitativo.
Recensioni come strumento di apprendimento
Una recensione dettagliata può offrire informazioni preziose su:
- Aspetti narrativi da migliorare (struttura, ritmo, coerenza dei personaggi);
- Elementi apprezzati dai lettori, da valorizzare nelle opere future;
- Equivoci interpretativi da chiarire nella comunicazione o nella sinossi;
- Segnali deboli nel testo che non emergono durante la rilettura dell’autore o l’editing.
Ricevere questo tipo di feedback permette allo scrittore di affinare il proprio stile e di comprendere meglio come viene realmente percepita l’opera, al di là delle intenzioni iniziali.
Anche le recensioni negative sono risorse
Non tutte le recensioni positive aiutano a crescere. Le recensioni negative costruttive, quando sono argomentate e prive di intenti distruttivi, sono spesso le più illuminanti. Offrono una visione concreta su ciò che può essere percepito come debole o poco coinvolgente, e spingono l’autore a interrogarsi non solo sulla scrittura, ma anche sul posizionamento del libro: è rivolto al giusto target? È stato promosso con il tono adeguato?
Un valore anche per il marketing editoriale
Infine, le recensioni costituiscono una miniera di spunti per la promozione: citazioni di frasi efficaci, identificazione di parole chiave che i lettori associano al libro, individuazione dei temi più commentati. Utilizzare questi elementi per aggiornare la sinossi, la scheda del libro o le campagne social significa trasformare la voce dei lettori in alleati strategici del marketing.
Quante copie deve vendere un libro per essere un buon risultato?
Una delle domande più frequenti tra gli autori emergenti è: “quante copie devo vendere per poter parlare di successo?” La risposta, in realtà, dipende da molteplici fattori: canale di pubblicazione, genere, target di riferimento, strategie promozionali adottate. Ma in un mercato saturo e frammentato come quello attuale, le metriche quantitative non bastano più a definire il valore reale di un’opera.
Cambiare prospettiva sul concetto di “successo”
Per un autore indipendente, vendere 300 copie in un anno può rappresentare un ottimo risultato, soprattutto se accompagnato da recensioni di qualità, un coinvolgimento attivo dei lettori, e una presenza crescente nel dibattito online. La percezione pubblica del libro – e quindi il suo “successo” – viene infatti sempre più costruita intorno alle reazioni e alle testimonianze dei lettori, non solo dai numeri di vendita.
Le recensioni come moltiplicatori di valore
Una recensione ben scritta può:
- Aumentare la durata della visibilità di un libro nel tempo;
- Dare prova della sua capacità di lasciare un impatto emotivo o intellettuale;
- Offrire elementi di valutazione per altri potenziali lettori o addetti ai lavori (editori, agenti, librai);
- Stimolare discussioni, condivisioni, segnalazioni sui social o in community letterarie.
In questo senso, anche un libro con vendite modeste può essere percepito come un’opera riuscita, apprezzata, con una sua rilevanza culturale – e può gettare basi solide per i lavori futuri dell’autore.
Un capitale reputazionale da costruire
Ogni recensione positiva contribuisce a costruire un capitale reputazionale che va oltre il singolo libro: è l’autore stesso, con il suo stile e la sua voce, a diventare progressivamente riconoscibile. Questo capitale, fatto di fiducia, attenzione e credibilità, è ciò che permette all’autore di accrescere il proprio pubblico e di ottenere, con il tempo, risultati sempre più significativi – anche in termini di vendite.
Strategie per ottenere recensioni
Avere recensioni non è solo questione di fortuna o attesa passiva. È un processo che richiede strategie mirate, relazioni consolidate e una comunicazione efficace con il proprio pubblico e con la rete dei recensori. In particolare per gli autori indipendenti o autopubblicati, ottenere recensioni è una parte fondamentale del lavoro promozionale, tanto quanto scrivere una sinossi efficace o curare la copertina del libro.
Non esiste una scorciatoia, ma esistono buone pratiche
Le recensioni “gratuite”, ovvero quelle ottenute spontaneamente dai lettori o da blogger letterari senza compenso economico, hanno un valore superiore in termini di credibilità. Tuttavia, per stimolarne l’arrivo, è necessario:
- Creare una lista di recensori affidabili: blog letterari, profili Instagram o TikTok dedicati ai libri, canali YouTube e podcast che trattano letteratura, preferibilmente in linea con il tuo genere;
- Contattare i recensori con un messaggio personalizzato, presentando in modo chiaro e sintetico il proprio libro e offrendo una copia omaggio (digitale o cartacea);
- Non avere aspettative immediate: i blogger ricevono molte richieste e devono poter scegliere liberamente se leggere o meno;
- Ringraziare sempre, pubblicamente o privatamente, chi dedica tempo alla lettura e alla recensione;
- Includere inviti alla recensione all’interno del libro (es. in fondo, una breve nota che spiega quanto sia utile lasciare un’opinione).
L’importanza della continuità
Il vero salto di qualità si ottiene quando l’autore diventa parte attiva e riconoscibile in un ecosistema: partecipa a eventi, commenta contenuti di altri scrittori, sostiene altri libri, dialoga con lettori e lettori-recensori. Questo crea una relazione circolare e costruttiva che, nel tempo, porta a un flusso più costante e naturale di recensioni.
Etica e trasparenza prima di tutto
È importante ricordare che acquistare recensioni false o gonfiate danneggia la reputazione e può persino portare a penalizzazioni sulle piattaforme di vendita. Invece, incentivare recensioni autentiche, anche accettando quelle critiche, rafforza la percezione di professionalità dell’autore e genera fiducia duratura nel pubblico.
Il nostro ruolo nell’ecosistema
Nel panorama attuale, costellato da una miriade di pubblicazioni ogni giorno, i blog letterari indipendenti svolgono un ruolo sempre più rilevante: diventano punti di riferimento per lettori curiosi e autori alla ricerca di visibilità autentica. Non si tratta solo di “scrivere recensioni”, ma di costruire spazi di approfondimento, confronto e scoperta.
Il nostro blog si impegna a essere proprio questo: un ponte tra autori emergenti e lettori attenti, un luogo dove le opere possono essere raccontate e analizzate con cura, al di fuori dei circuiti editoriali più omologati.
Perché puntiamo su autori emergenti e autopubblicati
Crediamo che la letteratura viva anche e soprattutto ai margini dell’industria editoriale mainstream. Spesso, le opere più originali, coraggiose o sperimentali provengono da autori che decidono di autopubblicarsi o che pubblicano con realtà indipendenti. Questi autori hanno bisogno di una visibilità costruita su contenuti di qualità, non su logiche pubblicitarie impersonali.
Attraverso le nostre recensioni approfondite, interviste, video e contenuti social, diamo spazio a voci nuove, contribuendo non solo a promuovere i libri, ma a raccontare chi c’è dietro: il percorso, le idee, le passioni, le fatiche.
Collaborare, non solo recensire
In questo ecosistema, non siamo meri osservatori. Collaboriamo attivamente con gli autori: offriamo visibilità attraverso i nostri canali, suggeriamo strategie per ottenere recensioni e favoriamo l’incontro tra chi scrive e chi legge. Tutto ciò avviene con indipendenza e onestà, valori fondamentali per costruire una fiducia reale.
Un Investimento nel Futuro del Tuo Libro
Le recensioni letterarie non sono semplici opinioni estemporanee, ma strumenti strategici per la crescita di un autore e la diffusione di un’opera. In un contesto dove la concorrenza è altissima e l’attenzione dei lettori sempre più frammentata, puntare su recensioni autentiche, pertinenti e ben distribuite è un investimento sul medio e lungo termine.
Non si tratta solo di ottenere visibilità nell’immediato, ma di costruire un’identità autoriale, una reputazione coerente e una comunità di lettori. Le recensioni contribuiscono a tutto questo: aumentano la fiducia nel libro, lo rendono reperibile nei motori di ricerca, offrono contenuti utili per la promozione e possono persino diventare un’occasione di crescita personale per l’autore.
Per chi scrive, dunque, valorizzare le recensioni significa valorizzare il proprio lavoro, e per chi, come noi, recensisce con attenzione e passione, significa partecipare attivamente alla costruzione di una cultura editoriale più libera, accessibile e dinamica.
Proponiti
In un panorama editoriale in continua trasformazione, il nostro blog si propone come uno spazio indipendente e attento alla qualità, dove le voci emergenti possono trovare ascolto. Recensiamo con cura opere che riteniamo meritevoli, offrendo un’analisi approfondita e una reale opportunità di visibilità, lontana da dinamiche impersonali o automatizzate.
Se sei un autore o una casa editrice e desideri segnalarci un libro per una possibile recensione, contattaci attraverso l’apposito modulo o via email. Saremo lieti di valutare la tua proposta e, se in linea con la nostra linea editoriale, inserirla nella nostra selezione.
#Recensioni #recensire #recensire1000
Promuovere un libro con le recensioni e aumentare la visibilità su Google e Amazon
Promuovere un libro con le recensioni e aumentare la visibilità su Google e Amazon - Il Mago di OzFrancesco Scatigno (Magozine.it)
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Dizionario della Fiaba Italiana: un testo unico nel suo genere
Title:
Dizionario della fiaba italiana. Simboli, personaggi, storie delle fiabe regionali
Author:
Gian Paolo Caprettini
Genre:
saggio
Publisher:
Meltemi
Release Date:
2025
Pages:
782
Source:
meltemieditore.it/catalogo/diz…
A cura di Gian Paolo Caprettini e con la collaborazione di Alessandro Perissinotto, Cristina Carlevaris, Paola Osso.
Gian Paolo Caprettini
Semiologo e filologo, ex docente di Semiologia del Cinema all’Università di Torino. Tra le sue opere: Semiologia del racconto, Totem e tivù, Scrivere come sognare… inoltre ha curato già la versione originale del dizionario fiabesco.
Trama
Un’opera monumentale e affascinante che combina rigore accademico e narrazione, offrendo uno strumento prezioso per comprendere le radici simboliche delle fiabe italiane. Ideale per chi studia narrazione, simbologia culturale, ma anche per chi ama lasciarsi stupire dai significati nascosti delle storie più popolari. Un saggio introduttivo che teorizza l’approccio “bricoleur” e la funzione multivalente degli oggetti nella fiaba.disegno di Cristina Desideri
Cosa distingue questa edizione dalla precedente
La nuova edizione è rinnovata e ampliata rispetto alla prima versione – vincitrice nel 1999 del Premio di Antropologia Culturale Costantino Nigra – ampliando l’analisi a oltre 700 fiabe e circa 120 simboli, figure e oggetti fiabeschi.
Sono presenti: L’analisi psico‑antropologica per ogni voce (contesto, funzione narrativa, valore simbolico).
Un’edizione aggiornata e arricchita di un classico fondamentale per il racconto simbolico italiano: più pagine, analisi più ampie, e strumenti inediti come l’Indice dei colori tradizionali, una novità significativa questa: l’“Indice dei colori”, che esplora le cromie fiabesche e il loro valore emotivo e simbolico.
A chi si rivolge
Questo volume è pensato per: studiosi di semiotica, antropologia culturale, racconto e folclore, sceneggiatori, educatori, psicologi, amanti delle narrazioni e del folklore italiano.
L’opera è stata presentata sulla rivista “La Lettura” del Corriere della Sera.
Punti di forza dell’analisi psico‑antropologica
- Contestualizzazione simbolica: approfondisce il significato intrinseco degli elementi fiabeschi e il legame con credenze, riti e dinamiche sociali.
- Funzione narrativa: spiega come ogni figura o oggetto agisce all’interno della struttura del racconto (incantesimi, quest, iniziazione…).
- Valenza archetipica: riconnette le fiabe italiane ai miti universali e ai bisogni della psiche collettiva, suggerendo letture archetipiche e psicologiche.
- Approccio interdisciplinare: coniuga rigore scientifico e piacere della narrazione, ideale per chi lavora con storie (didattica, psicoterapia, scrittura, media).
Perché è un testo importante
È un’opera di riferimento per il folklore italiano, unica nel suo genere per profondità e ampiezza. Arricchisce la comprensione della fiaba come veicolo di trasmissione culturale, valoriale e simbolica.
Un atlante psico‑antropologico per orientarsi nel paesaggio fiabesco nazionale, che mette in luce le radici simboliche e la forza narrativa delle fiabe italiane. Un’opera rilevante per chiunque voglia andare oltre la superficie narrativa, per coglierne il tessuto profondo cucito con simbolismo e mito.
Che cos’è l’“Indice dei colori”?
Nella nuova edizione riveduta e ampliata (anno 2000), Caprettini inserisce un indice specifico per i colori: questo indice permette di risalire a tutte le occorrenze cromatiche (oggetti, simbologie, emozioni) presenti nelle oltre 700 fiabe del corpus L’indice è pensato come strumento per esplorare la ricchezza simbolica dei colori: analizza come il rosso, il nero, il blu, il bianco ecc. si manifestano negli oggetti (abiti, ornamenti, elementi naturali) e nelle emozioni o significati psicologici ed emotivi.
Indici dei colori nelle fiabe
Gli indici dei colori analizzano la presenza e la funzione dei colori nelle fiabe italiane, suddividendo i riferimenti cromatici in diverse categorie:
- Categorie cromatiche principali
Colori legati ad oggetti e figure naturali: Argento, Oro, Rosso, Verde, Viola, ecc.
Designazioni figurate: espressioni legate a emozioni e sensazioni visive.
Designazioni indirette: termini vaghi come “chiaro” o “scuro”, o ricavati da materiali (es. metalli, cristalli).
Fattori compositi: es. “a due colori”, monocromie e policromie.
Luce/non luce: qualità fisiche della luce (fosforescenza, scintillio).
Nomi propri con riferimento cromatico. - Tre principi guida
Materiale e naturale: il colore come attributo esteriore e variabile degli oggetti.
Funzionale: legame tra colore e ruolo narrativo secondo Propp (es. azzurro/blu = oggetto magico).
Linguistico-metaforico: uso del colore per rappresentare emozioni o enfatizzare concetti (es. gialla di paura). - Principio di trasformazione
Il colore nelle fiabe segnala spesso un passaggio, un cambiamento di stato o condizione, sia narrativo che simbolico.
Nota sull’uso degli asterischi
L’asterisco (*) indica voci che fungono da etichette generiche o che rinviano ad altri termini (es. *ABITO può includere VESTITO; *VISO può contenere “gialla di paura”).
A cosa serve?
Ricerca tematica: utile agli studiosi per analizzare l’uso simbolico del colore nelle fiabe (es. “il mantello rosso” in termini di passaggio, passione o pericolo).
Approfondimenti simbolici: consente di vedere come colori evocano stati d’animo, qualità morali o legami culturali/emotivi.
Strumenti comparativi: si collegano ai fattori fisico-linguistici come la luce, nomi propri, designazioni figurate.
L’Indice dei colori di Caprettini è un potente strumento semiotico: ordina e rilegge migliaia di riferimenti cromatici all’interno del corpus fiabesco italiano, valorizzandone l’aspetto estetico, narrativo ed emotivo.
“Le fiabe ci aiutano a visualizzare e quindi ad afferrare meglio quanto avviene dentro di noi” Bruno Bettelheim
#favole #fiaba #meltemi #saggio
Dizionario della fiaba italiana - Meltemi Editore
Il Dizionario della fiaba italiana è un’opera monumentale: attraverso l’analisi di oltre 700 fiabe, offre un catalogo ragionato dei circa 120 oggetti e personaggi fiabeschi che ne costituiscono le unità figurative di base.Meltemi Editore
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Tutte le novità dal concorso “Giovani astronomi al TNG”
edu.inaf.it/news/premi-e-conco…
Concluso l’invio delle proposte per la seconda edizione del concorso. Pubblichiamo una lettera aperta della Commissione che entro il 19 settembre selezionerà il gruppo di studenti vincitori attesi in autunno al telescopio delle Canarie.
#astronomia #concorsi #scuola #TNG
Tutte le novità dal concorso “Giovani astronomi al TNG”
Concluso l'invio delle proposte per la seconda edizione del concorso. Pubblichiamo una lettera aperta della Commissione che entro il 19 settembre selezionerà ilMaura Sandri (EduINAF)
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Salif Pengrenwendé Savadogo, cultura burkinabè in Italia.
Salif Pengrenwendé Savadogo, meglio conosciuto con il soprannome di Sagol P, è un attore culturale, manager di artisti e promoter che si è affermato come un vero e proprio ambasciatore della cultura burkinabè in Europa. Nato a Ouagadougou, attualmente risiede a Brescia, in Italia. La sua passione per l’universo artistico è stata alimentata dall’influenza dello zio musicista, il quale lo ha introdotto agli strumenti musicali.Source: facebook.com/salifpengrenwende…
Negli anni 2000, con l’affermarsi della cultura hip-hop, Salif inizia a farsi notare. Con amici del suo quartiere, fonda il gruppo “Instinct Fatal”, che gli consente di esibirsi in numerosi sound systems e di calcare diversi palcoscenici a livello locale. mentre la sua notorietà nel mondo dell’hip-hop cresce, Salif continua comunque i suoi studi in meccanica, rimanendo legato a una disciplina che lo appassiona.
L’interesse per l’immagine lo porta a esplorare il settore audiovisivo. Si forma al montaggio e come cameraman con professionisti del settore e con il nonno, Saga Savadogo, un celebre regista e giornalista della Radio nazionale del Burkina. Questo bagaglio di conoscenze gli permette di immortalare eventi e cerimonie di vario tipo, costruendo un know-how che risulterà fondamentale per il suo percorso.
Nel 2008, Salif si trasferisce a Brescia per proseguire i suoi studi in meccanica, lasciando temporaneamente il microfono per dedicarsi alle “quinte”. Durante questo periodo, si impegna come attore culturale nelle comunità africane locali, comprese quelle ivoriane, maliane e senegalesi, per comprendere meglio il settore. Salif nota però presto che il talento da solo non basta: molti artisti mancano di supporto e professionalità. Sotto la guida di un amico e mentore, si dedica alla comunicazione e al management artistico, lavorando per mettere in luce gli artisti burkinabè.Salif Pengrenwendé Savadogo premiato come miglior promotore culturale della diaspora in Italia nel 2018. Source facebook.com/AfricaCultureProd…
Nonostante la distanza dal Burkina Faso, Salif mantiene un forte legame con la sua cultura e si integra in ambienti culturali africani in Europa, promuovendo eventi per le comunità burkinabè e africane. A Brescia, collabora con artisti di varie nazionalità e generi musicali, creando sinergie con figure di spicco come Gadji Celi, Youssou N’Dour e Floby. La sua passione per la moda lo porta a invitare stilisti e designer ai suoi eventi, integrando l’alta moda africana nelle sue produzioni.
Per strutturare la sua azione e rispondere efficacemente alle esigenze della diaspora e degli artisti, Salif fonda l’associazione Africa Culture Productions, di cui è presidente. Questa organizzazione promuove la cultura sia in Europa che in Burkina Faso, mirando ad ampliare la visibilità internazionale del patrimonio artistico burkinabè. Con un forte impegno verso la comunità, Africa Culture Productions organizza eventi significativi come il Festival per la promozione delle arti e della cultura (FEPAC), che ha già avuto successo nelle prime edizioni del 2023 e 2024. Quest’ultimo si propone non solo come festival, ma come piattaforma per scambi culturali, offrendo vetrine agli artisti e riunendo la diaspora attorno a giochi tradizionali e panel sulle opportunità economiche in Burkina Faso.
Il poliedrico Salif ritiene che la diaspora giochi un ruolo cruciale nella diffusione della cultura africana all’estero, sia consumando che presentando opere al pubblico europeo. Egli riconosce le difficoltà passate e presenti da affrontare, come la scarsa conoscenza della cultura burkinabè e la mancanza di finanziamenti, ma è felice di poter contare sul sostegno ricevuto dal Ministero della Comunicazione, della Cultura, degli Arti e del Turismo del Burkina Faso.
Fonti: lefaso.net, facebook.com
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11 luglio, roma, fondazione baruchello: studio di forme / forme di studio (workshop)
Fondazione Baruchello presenta:
Studio di Forme / Forme di Studio
Workshop // Nell’ambito della mostra
Felice Cimatti. Studi
Un progetto di Caterina Bolasco
A cura di Marcella Dalila Muraca
Venerdì 11.07.2025 // ore 18:00 – 20:00
Via del Vascello 35, Roma
Ingresso gratuito su prenotazione
La Fondazione Baruchello, nell’ambito della mostra Felice Cimatti. Studi, a cura di Carla Subrizi, ha organizzato un Programma pubblico articolato in due appuntamenti. Dopo l’inaugurazione della mostra, una tavola rotonda con la partecipazione di Felice Cimatti, Andrea Cortellessa, Mattia Cucurullo, Alessandra Mammì, Adriana Polveroni, Irene Quarantini e Carla Subrizi è stata l’occasione per approfondire una riflessione sul tema dello “studio”.
A conclusione della mostra, il laboratorio Studio di Forme/ Forme di Studio, ideato dalla Fondazione Baruchello in collaborazione con Caterina Bolasco e a cura di Marcella Dalila Muraca, intende approfondire un aspetto del lavoro di Felice Cimatti, il movimento, che emerge tanto dalle mappe e scatole-oggetto presenti nelle installazioni, che dai disegni: il movimento come spostamento, migrazione ma anche come fluire e scorrere del pensiero, delle forme, dei corpi.
Il workshop si articolerà in due momenti: una prima fase dedicata all’osservazione e alla sperimentazione pittorica, in cui verrà esplorata la casualità delle forme, e una seconda fase in cui, attraverso la ripetizione del segno e il disegno, si instaurerà un dialogo con le tracce lasciate dalla pittura iniziale. Ai e alle partecipanti sarà inoltre fornito un piccolo sketchbook, un diario visivo, su cui annotare alcuni dettagli partendo dall’osservazione diretta.
I materiali emersi dal laboratorio saranno lasciati alla Fondazione Baruchello ed entreranno a far parte del suo archivio-progetti.
Il laboratorio è rivolto a studenti under 35 (max 20 partecipanti), l’ingresso è gratuito con prenotazione obbligatoria.
Per informazioni e iscrizioni è possibile scrivere a: info@fondazionebaruchello.com o contattare telefonicamente il numero 06 5819482.
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Gli stessi strumenti nati dal progresso scientifico e tecnologico e simbolo dell’ingegno umano sono oggi sempre più asserviti alla guerra. Armi autonome, droni, sistemi guidati dall’intelligenza artificiale, missili a lungo raggio e arsenali nucleari sono diventati mezzi della guerra moderna, causando distruzione di massa. Questo minaccia, a breve termine, la vita di milioni di persone e, […]
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coso
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