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Le guerre invisibili

Ogni giorno, i titoli di giornale e i notiziari riportano la guerra tra Ucraina e Russia, e la tragedia in Palestina e Israele. Ma mentre l’attenzione globale si concentra su questi teatri di conflitto, centinaia di altre guerre vengono combattute nel silenzio, lontano dai riflettori. Non si tratta solo di guerre tra eserciti, ma di battaglie di natura psicologica, politica, sociale, lotte per i diritti civili. Guerre che quotidianamente mietono vittime, eppure restano invisibili, mai davvero raccontate. Mentre il mondo segue con il fiato sospeso ciò che accade in Ucraina e in Medio Oriente, in molte altre regioni si consumano guerre altrettanto feroci. In paesi come la Repubblica Centrafricana, il Sud Sudan, lo Yemen e l’Etiopia, conflitti etnici e politici stanno decimando intere comunità. La carenza di cibo, l’assenza di assistenza sanitaria e la violenza quotidiana segnano la vita di milioni di persone, immerse in una realtà che il resto del mondo sceglie di ignorare. Queste “piccole” guerre – definite così solo perché ignorate dai grandi media – generano esodi, genocidi e crisi umanitarie di proporzioni immani. Ma perché la loro voce è così flebile? Perché le sofferenze di queste popolazioni sembrano meno rilevanti rispetto a quelle sotto i riflettori dei mass media? Le risposte si intrecciano tra interessi geopolitici, copertura mediatica selettiva e la distanza fisica e culturale che ci separa da quelle terre. Il conflitto in Etiopia, in particolare nella regione del Tigray, rappresenta una delle crisi umanitarie più devastanti degli ultimi anni. Dal novembre 2020, la guerra tra il governo federale etiope e le forze del Fronte di Liberazione del Popolo del Tigray (TPLF) ha causato migliaia di morti e milioni di sfollati. Nonostante un accordo di pace siglato nel 2022, la situazione resta precaria. Milioni di persone vivono in condizioni di estrema povertà, con accesso limitato agli aiuti umanitari e ai servizi essenziali. Eppure, l’attenzione internazionale è stata esigua, spesso oscurata da eventi ritenuti più “rilevanti”. In Repubblica Centrafricana, da anni si combatte un conflitto armato tra milizie, ribelli e forze governative. Nonostante gli accordi di pace firmati nel 2019, il paese vive ancora nel caos. Le milizie controllano vaste porzioni del territorio, e la popolazione civile è costantemente soggetta ad abusi: sfollamenti forzati, violenze sessuali, saccheggi. Anche qui, il silenzio mediatico è assordante. Dopo il colpo di Stato del 2021, il Myanmar è precipitato nel caos. La giunta militare affronta una feroce resistenza da parte di gruppi etnici armati e movimenti pro-democrazia. Le regioni di confine, popolate da minoranze etniche, sono le più colpite. Le proteste nelle grandi città hanno attirato brevemente l’attenzione globale, ma le piccole guerre nelle aree rurali restano nell’ombra. Il Mali, insieme ad altri paesi del Sahel come Burkina Faso e Niger, è teatro di una guerra complessa tra forze governative, gruppi jihadisti e milizie locali. Attacchi terroristici, rapimenti e scontri hanno devastato l’area, provocando una crisi umanitaria senza precedenti. Questi conflitti si alimentano con la tratta di esseri umani, il traffico di armi e il controllo delle rotte migratorie. Nelle province orientali della Repubblica Democratica del Congo, da anni si consumano conflitti armati tra milizie, gruppi ribelli e l’esercito nazionale. Queste guerre, spesso legate allo sfruttamento di risorse come i minerali preziosi, sono segnate da stupri di massa, saccheggi, violenze indiscriminate. Eppure, la copertura internazionale resta frammentaria. Ma le guerre invisibili non si combattono solo lontano da noi. Anche nelle città e nelle nazioni più sviluppate, infuriano conflitti sottili e pervasivi: guerre psicologiche, lotte per i diritti civili, scontri politici. Pensiamo alla battaglia quotidiana delle minoranze per affermare la propria identità, alla solitudine di chi combatte contro la depressione e l’ansia, alle difficoltà di chi cerca di ottenere pari diritti in una società che ancora discrimina. Guerre che non fanno notizia, ma segnano profondamente vite umane. In molte parti del mondo, la lotta per i diritti umani è una guerra continua. Dal diritto all’istruzione a quello di esprimere liberamente la propria opinione, milioni di persone vivono sotto oppressione. Giornalisti incarcerati per aver denunciato la corruzione, attivisti ambientali minacciati, bambini privati del diritto allo studio: tutte queste sono manifestazioni di guerre invisibili, consumate nell’indifferenza globale. Dietro ogni guerra taciuta, si celano dinamiche complesse, interessi economici, poteri occulti. Eppure, comprendere queste battaglie silenziose è essenziale per cogliere la vera portata della condizione umana contemporanea. Solo guardando oltre i riflettori possiamo iniziare a dare voce a chi vive ogni giorno nella morsa del conflitto, senza che il mondo se ne accorga.

L' economia dell'attenzione

Viviamo in un’epoca in cui l’oro non luccica, il petrolio non si estrae e i diamanti non brillano: oggi la risorsa più preziosa è la nostra attenzione. Eh già, il bene più scarso del ventunesimo secolo non è una materia prima, ma la capacità di rimanere concentrati su qualcosa senza essere interrotti da notifiche, banner lampeggianti o l’ennesimo video di gattini su TikTok. Il concetto nasce da un’osservazione semplice: l’informazione è infinita, ma l’attenzione umana è limitata. Le piattaforme digitali, i media e le aziende competono tra loro per catturare e trattenere quei preziosi secondi in cui guardiamo uno schermo, leggiamo un titolo o ascoltiamo un contenuto. È come se la nostra mente fosse un’arena di gladiatori: da una parte Netflix, dall’altra Instagram, poi YouTube, Spotify e il notiziario online. Tutti combattono per strapparci anche solo cinque minuti del nostro tempo. Non è un mistero che i giganti del web non vendano soltanto prodotti o servizi: vendono il nostro tempo di attenzione a chi paga per raggiungerci, cioè gli inserzionisti. Più tempo passiamo incollati a una piattaforma, più pubblicità vediamo, più dati regaliamo. Il meccanismo è semplice e spietato. Non a caso i feed dei social non finiscono mai (hai mai provato a raggiungere “la fine di Facebook”? Buona fortuna). È progettato così: scorrere è più facile che fermarsi. Le piattaforme hanno studiato bene la psicologia. Ogni like, notifica o messaggio privato funziona come una piccola scarica di dopamina. Un mini premio che ci spinge a tornare ancora e poi ancora. In pratica, siamo diventati giocatori compulsivi di una slot machine digitale, solo che invece di monetine, buttiamo dentro minuti (e spesso ore) della nostra giornata. Non per forza. L’ironia è che in questo “mercato” noi siamo allo stesso tempo merce e consumatori.
Da un lato veniamo corteggiati, monitorati e spinti a guardare “ancora un episodio”. Dall’altro, possiamo diventare consapevoli di questi meccanismi e imparare a usare gli strumenti digitali a nostro favore. Un esempio? Decidere di spegnere le notifiche, stabilire dei tempi senza schermo o persino pagare servizi premium per liberarci dalla pubblicità. Non è una rivoluzione, ma è un modo per dire: ok, i miei occhi e il mio tempo hanno un valore, e lo gestisco io. La domanda, in fondo, è semplice: a chi vogliamo dare la nostra attenzione? Perché ogni minuto passato su un contenuto è un minuto tolto ad altro: leggere un libro, parlare con un amico, cucinare, o – perché no – non fare assolutamente niente. Che, in un mondo così saturo di stimoli, è quasi un atto di ribellione.

Blogghiamo

Un blog è uno spazio digitale, personale o professionale, dove si condividono idee, esperienze, opinioni e conoscenze. È una sorta di diario online, capace di abbracciare qualsiasi argomento: cucina, tecnologia, viaggi, sport, esoterismo, moda e molto altro. Oggi i blog si sono evoluti, diventando autentici strumenti di comunicazione e marketing. Che nascano come semplici hobby o come fonti di reddito, rappresentano un tassello fondamentale nell’ecosistema digitale. I blog rispondono a molteplici finalità: condividere passioni, informare, educare e intrattenere. Un blog efficace è quello che riesce a proporre guide pratiche, approfondimenti, tutorial, e al contempo sa divertire e promuovere con intelligenza un’attività, un brand o un progetto personale. Questo è particolarmente vero per freelance e aziende che desiderano aumentare la propria visibilità. I blogger, infatti, sono i narratori contemporanei del web. Professionisti o amatori, tutti accomunati da una caratteristica imprescindibile: la passione per ciò che scrivono. Alcuni lo fanno per puro piacere personale, altri hanno trasformato il blogging in una carriera, guadagnando grazie a collaborazioni, inserzioni pubblicitarie o vendita diretta di prodotti e servizi. In un mondo sempre più interconnesso, i blog restano una delle forme di comunicazione più autentiche, flessibili e longeve. Nati come semplici diari online, oggi sono strumenti raffinati, capaci di informare, educare, intrattenere e perfino influenzare scelte di consumo e opinioni pubbliche. Ma cosa significa davvero gestire un blog? E chi sono le persone dietro a questi spazi digitali così dinamici? I blogger sono autori, curatori, editori e promotori del proprio universo digitale. Ogni blog nasce da una scintilla: un’idea, una competenza o un’esperienza che merita di essere condivisa. Scrivere un blog richiede molto più che saper scrivere bene. Serve dedizione, curiosità, e una profonda comprensione del pubblico di riferimento. Non importa se si è alle prime armi o si lavora in modo professionale: dietro ogni post si nasconde un’attività articolata fatta di ricerca, selezione linguistica e dialogo con la propria community. Il blogging, infatti, va ben oltre la scrittura. Ogni articolo rappresenta solo la superficie. Dietro le quinte, il blogger lavora sul design del sito, sceglie le immagini, ottimizza i contenuti per i motori di ricerca (SEO), analizza i dati di traffico, risponde ai commenti e gestisce i social media. I blogger professionisti devono sapersi muovere tra creatività e strategia, offrendo contenuti originali senza perdere di vista gli algoritmi, le tendenze e le dinamiche di mercato. Il loro spazio digitale diventa così una vera e propria officina creativa e imprenditoriale. Aprire un blog oggi è più facile che mai. Piattaforme intuitive come WordPress, Blogger o Medium permettono a chiunque di iniziare. Tuttavia, non è la semplicità tecnica a determinare il successo, ma la capacità del blogger di creare valore e contenuti. In un panorama competitivo, c’è sempre spazio per una nuova voce, a patto che abbia un punto di vista autentico e riconoscibile. Ma perché i blog continuano a contare in un’epoca dominata dai social network? La risposta è nella profondità. I social media puntano sulla rapidità e sull’immediatezza, mentre i blog offrono spazio alla riflessione e all’approfondimento consentendo ai lettori di esplorare un argomento in modo completo, di trovare risposte specifiche e contenuti duraturi, spesso non reperibili altrove. In conclusione, i blog sono una forma d’arte digitale in continua trasformazione. Sono spazi di libertà creativa, condivisione di conoscenza e connessione autentica. Che tu sia un lettore curioso o un aspirante autore, l’universo del blogging ha qualcosa da offrirti. E se senti di avere una storia da raccontare, forse è arrivato il momento di aprire il tuo blog. Perché le parole, oggi più che mai, hanno il potere di lasciare un segno. Anche nell’infinito oceano del web.
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Ciao @Massimiliano Pesenti e benvenuto!

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Infine ti do il link di un promemoria utile per i nuovi utenti Friendica (ma anche per quelli meno nuovi)


I dieci comandamenti di Friendica. Cosa fare con l’account che abbiamo aperto su Poliverso?

Ecco una sorta di decalogo su Friendica. Ci sono molti link che possono appesantire la lettura, ma speriamo che vi piaccia e soprattutto ci auguriamo che lo troviate utile!

informapirata.it/2025/02/02/i-…

#Fediverse #Fediverso #Friendica

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@Massimiliano Pesenti , vorrei anche condividere con te degli appunti su una questione che riguarda i post Friendica con il titolo

Formattazione post con titolo leggibili da Mastodon

Come forse saprai già, con Friendica possiamo scegliere di scrivere post con il titolo (come su WordPress) e post senza titolo (come su Mastodon). Uno dei problemi più fastidiosi per chi desidera scrivere post con il titolo è il fatto che gli utenti Mastodon leggeranno il tuo post come se fosse costituito dal solo titolo e, due a capi più in basso, dal link al post originale: questo non è di certo il modo miglior per rendere leggibili e interessanti i tuoi post!

Gli utenti Mastodon infatti hanno molti limiti di visualizzazione, ma sono pur sempre la comunità più grande del Fediverso e perciò è importante che vedano correttamente i vostri post: poter contare sulla loro visibilità è un'opportunità per aggiungere ulteriori possibilità di interazioni con altre persone.

Fortunatamente, con le ultime release di Friendica abbiamo la possibilità di modificare un'impostazione per rendere perfettamente leggibili anche i post con il titolo. Ecco come fare:

A) dal proprio account bisogna andare alla pagina delle impostazioni e, da lì, alla voce "Social Network" al link poliverso.org/settings/connect…
B) Selezionando la prima sezione "Impostazione media sociali" e scorrendo in basso si può trovare la voce "Article Mode", con un menu a cascataC) Delle tre voci disponibili bisogna scegliere "Embed the title in the body"

Ecco che adesso i nostri post saranno completamente leggibili da Mastodon!

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