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Per Maria Vittoria Rava le parole chiave dell’emergenza Ucraina sono: velocità, efficienza logistica e fund raising


Hive group blocca Trenitalia e chiede 5 milioni di riscatto Hacker’s Dictionary. Mentre il gruppo Ferrovie dello Stato prende tempo, una serie di elementi conducono al nome dell’attaccante, è un gruppo russo-bulgaro noto per gli attacchi a Mediaworld e al

Hive group blocca Trenitalia e chiede 5 milioni di riscatto

Hacker’s Dictionary. Mentre il gruppo Ferrovie dello Stato prende tempo, una serie di elementi conducono al nome dell’attaccante, è un gruppo russo-bulgaro noto per gli attacchi a Mediaworld e altre realtà internazionali

di ARTURO DI CORINTO per Il Manifesto del 24 Marzo 2022

L’attacco ai server di Trenitalia arriva nella mattinata di ieri generando pesanti disservizi nel sistema di emissione dei biglietti e provocando un allarme generalizzato.

Cosa è successo? Una gang criminale russa avrebbe usato un «cryptolocker» per mettere ko la bigliettazione nelle stazioni al punto da indurre le ferrovie ad autorizzare i viaggiatori a salire a bordo e presentarsi al capotreno per acquistare il biglietto senza sovrapprezzo.

La tipologia dell’attacco e il modus operandi dei criminali hanno subito fatto temere un attacco da parte di hacker russi a causa del conflitto in corso in Ucraina.

Secondo Ferrovie sono stati rilevati elementi che potrebbero ricondurre a fenomeni legati a un’infezione da cryptolocker», software capaci di mettere sotto chiave dati e sistemi informatici in genere fino al pagamento di un riscatto, tipico degli attacchi «ransomware» in cui i russi eccellono.

Nella serata del 23 marzo, le Ferrovie dello Stato hanno perfino rilasciato un comunicato in cui si dice che: «Allo stato attuale non sussistono elementi che consentano di risalire all’origine e alla nazionalità dell’attacco informatico».
Immagine/fotoPartenze alla stazione di Milano nel 2020, foto LaPresse
Nello stesso giorno dell’attacco però, a dispetto delle dichiarazioni di Trenitalia, tutti gli elementi raccolti hanno finito per convergere sulla responsabilità di un gruppo russo-bulgaro noto come «the Hive», l’alveare, che proprio due settimane fa aveva colpito la maggiore raffineria rumena di petrolio chiedendo un riscatto da $2 milioni.

Hive group è la gang che aveva colpito anche MediaWorld in Italia. Il gruppo avrebbe infine contattato Ferrovie per trattare un riscatto da 5 milioni.

Perciò adesso è difficile sostenere che sia stato un attacco politicamente motivato, come si era lasciato a intendere nelle prime ore tramite dispacci d’agenzia, invece che l’ennesima incursione informatica da parte di criminali che pensano solo ai soldi.

Questo non esclude che i futuri attacchi potranno avere una matrice di carattere geopolitico.

Prendendo l’Italia una netta posizione a favore dell’Ucraina e perdendo lo status di «paciere» che ha avuto nel passato, è possibile che gruppi di paramilitari cibernetici, gli Advanced Persistent Threats, ovvero degli hacker di stato, ricevano il via libera dal governo russo per condurre attacchi mirati verso l’Italia, per fare danni e seminare paura, certo, ma anche per testarne le difese e vedere come aziende e istituzioni gestiscono il rischio informatico.

Il modus operandi di questi gruppi è da sempre quello di infiltrarsi nei computer delle vittime e diventare una minaccia persistente che rimane acquattata nei gangli informatici del bersaglio per sferrare il proprio colpo al momento opportuno. I gruppi «ransomware», infatti, rimangono nei sistemi delle vittime anche se pagano il riscatto.

Il punto è che sono note le sovrapposizioni tra gli hacker di stato e i gruppi criminali e le motivazioni politiche e finanziarie spesso viaggiano insieme.

Le gang del «ransomware» attive nel Darkweb sono almeno una cinquantina e, come abbiamo visto dalla indagini di Europol e Fbi, sono localizzate in molti paesi, Ucraina compresa, e parlano lingue diverse: il coreano, il mandarino, il farsi, l’inglese, lo spagnolo. Una di queste, Lapsus$, sudamericana, proprio l’altro ieri ha sottratto il codice sorgente di Bing e Cortana nientemeno che a Microsoft.

L’attribuzione degli attacchi informatici è una delle cose più difficili da fare, e d’altra parte gli hacker criminali agiscono sempre in maniera nascosta e in condizioni di clandestinità. Se sono politicamente motivati, hanno una ragione in più per non farsi riconoscere e creare delle false piste.






Se vuoi fare la pace… prepara la pace


Non sappiamo come andrà a finire ma, per parafrasare Brecht, alla fine della guerra i vincitori staranno male quanto i vinti, e quelli che erano poveri si ritroveranno ancora più poveri. Il dopoguerra si prepara adesso e le scelte che prenderemo come paes

Non sappiamo come andrà a finire ma, per parafrasare Brecht, alla fine della guerra i vincitori staranno male quanto i vinti, e quelli che erano poveri si ritroveranno ancora più poveri. Il dopoguerra si prepara adesso e le scelte che prenderemo come paesi occidentali peseranno nel futuro assetto dell’Europa.

Occorre partire logicamente dalla definizione, che mi sembra ancora assente nel dibattito, su quali siano gli obiettivi occidentali rispetto all’aggressione russa. L’opzione del sedersi nel lato comodo del nostro continente senza fare nulla e aspettare che l’Ucraina si arrenda non mi pare una scelta saggia, né dal punto di vista morale né politico-militare. Abbiamo già un illustre e tragico precedente nel pilatismo di Francia e Gran Bretagna durante la guerra civile spagnola, prova generale della Seconda guerra mondiale per chi se fosse dimenticato. Se poi qualche pacifista dall’animo candido pensa che, dopo la resa dell’Ucraina, gli occupanti russi si trasformeranno in comprensivi assistenti sociali norvegesi, basti vedere chi governa oggi in Cecenia.

Il primo obiettivo è la difesa dell’ordine internazionale costituito nel 1945, che ripudia la guerra e le conquiste territoriali. Non vi possono esserci esitazioni sul rifiuto delle pretese di Putin oppure tutto quello che abbiamo faticosamente costruito in settantasette anni se ne va nel fumo dei bombardamenti.

Questo implica, come minimo, l’isolamento della Russia attraverso una serie di sanzioni politiche, economiche e sociali che paralizzino la macchina militare russa e spingano i cittadini russi a ribellarsi contro il loro governo. La risposta occidentale è andata oltre, concretizzandosi anche nella fornitura di armi, per il momento solo difensive, badando bene ad evitare un qualunque genere di coinvolgimento militare della NATO che, ed è questo l’altro importante obiettivo, potrebbe portare ad una rapida escalation militare e, nella peggiore delle ipotesi, alla Terza guerra mondiale sul suolo europeo.

Posti gli obiettivi della nostra azione, occorre inoltre definire con chiarezza a quale assetto di sicurezza vogliamo puntare per il dopoguerra. Anche qui abbiamo due classici esempi storici: la pace punitiva di Versailles, alla fine della prima guerra mondiale, che irrorò di concime la mala pianta del nazismo piagnucolante; e la ricostruzione di un ordine internazionale più equilibrato dopo la catastrofe della seconda guerra mondiale.

I fini a cui possiamo puntare sono innumerevoli. Si potrebbe tentare di giungere ad una situazione di cessate il fuoco, in attesa di negoziati veri tra le parti; oppure rafforzare il sostegno militare all’Ucraina fino ad un ribaltamento della situazione se non ad una vittoria sulla Russia; oppure andare oltre, aiutando l’Ucraina a recupero i territori occupati; o addirittura perseguire il cambio di regime a Mosca, operazione che solo a pronunciarla fa scendere un cubetto di ghiaccio nella schiena. Tutte queste idee si possono però riassumere in un unico vero obiettivo: quale dopoguerra possiamo contribuire a costruire per assicurare una pace definitiva?

La sicurezza futura dell’Ucraina non potrà essere disgiunta dalle legittime richieste di sicurezza della Russia, qualunque governo succederà in futuro a Putin. E, a loro volta, le esigenze delle due nazioni non potranno essere slegate dalla più ampia cornice europea. Presupposto di un nuovo e stabile equilibrio è che la guerra non si concluda con l’umiliazione di uno dei due contendenti.

Una volta che le armi saranno tornate nelle rispettive caserme, avremo bisogno di instaurare un clima di fiducia reciproca che non si costruisce solo con un trattato di pace, che sarebbe destinato ad essere rapidamente cestinato come i famosi Accordi di Minsk sul Donbass, ma con gesti simbolici ed altri concreti di riconciliazione, se vogliamo di perdono reciproco.

Tutto l’assetto europeo occidentale dopo il 1945 si è costruito sul sincero riavvicinamento tra Francia e Germania, sull’accettazione da parte tedesca delle sue responsabilità e sulla realizzazione di progetti sovranazionali di messa in comune delle risorse e di progressiva abolizione delle frontiere alle merci, ai capitali e alle persone. Ricordate Mitterand e Kohl che si tenevano per mano nel 1984 a Verdun, teatro di un inconcepibile massacro di giovani tedeschi e francesi.

Non ci sarà nessuna garanzia di sicurezza per la Russia né per l’Ucraina senza una volontà chiara di mettere fine all’uso della violenza nei loro rapporti. Sarà necessario mettere al bando quelle forze ultranazionaliste che non saranno mai contente della coesistenza pacifica. Ciò comporterà inevitabilmente cambiamenti radicali soprattutto in Russia ma anche in Ucraina, attraverso la ricostruzione di uno stato realmente democratico ed inclusivo.

In tutto questo l’Unione Europea possiede le idee, le strutture e le risorse per accompagnare i due paesi verso un cammino di coesistenza pacifica che, del resto, non dovrebbe essere così difficile, viste le comuni radici culturali, storiche, religiose e linguistiche.

Già oggi è necessario il nostro contributo per la pace futura che non si limiti solo alla fornitura di armi, bensì individui i meccanismi della futura architettura di sicurezza in Europa orientale. Non è mai troppo presto. Nell’agosto 1941 Churchill e Roosevelt immaginarono il mondo futuro, prima di Pearl Harbour e dell’ingresso americano in guerra contro l’Asse. Due mesi prima, in giugno, Altiero Spinelli concepiva il Manifesto di Ventotene per un’Europa unita e federale, che chiudesse con il passato nazionalista.

Erano i momenti più bui della guerra, quando la vittoria contro il nazismo era tutt’altro che scontata. Questa è la forza delle idee, unico vero antidoto contro la violenza. Affinché prevalga una pace giusta e democratica, non quella dei vincitori inebriati sui vinti rancorosi.

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As the conflict in Yemen drags on, an interesting dynamic has marked the last year of war: the rise of popular protests in many Southern regions, the areas which are not directly hit by airstrikes and fighting.


noybeu: “🤯 Today Commission President U…”


🤯 Today Commission President Ursula von der Leyen and President Biden have announced a new EU-US data sharing system.

A first statement by Max Schrems:
noyb.eu/en/privacy-shield-20-f…


mastodon.social/@noybeu/108016…



noybeu: “RT @maxschrems…”


RT @maxschrems
First Statement on the "#PrivacyShield 2.0" announcement. Any actual text will need months to be issued, reviewed and analyzed, but it seems we enter another couple of years of legal uncertainty.

#SchremsIII #GDPR #SafeHarbor

noyb.eu/en/privacy-shield-20-f…


mastodon.social/@noybeu/108016…



"Privacy Shield 2.0"? First Reaction by Max Schrems


"Scudo per la privacy 2.0"? Prima reazione di Max Schrems Oggi il presidente della Commissione Ursula von der Leyen e il presidente Biden hanno annunciato un nuovo sistema di condivisione dei dati UE-USA noyb


noyb.eu/en/privacy-shield-20-f…

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Dal Manifesto di Ventotene all’Europa Unita: una Memoria per il futuro – Le origini della costruzione europea. Viaggio nelle idee e nei personaggi




Se NON vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi

Progetto della Fondazione Luigi Einaudi per il bando della Regione Siciliana "PON Legalità 2014 – 2020: Progetto “NO MORE NEET"



Putin vuole circondare Kiev, il mondo intero deve circondare Putin


Quella di oggi di Joe Biden in Europa è senza dubbio una delle visite più importanti di un presidente americano dai tempi della Guerra fredda (👉 https://www.cnn.com/2022/03/23/politics/joe-biden-european-trip-nato-g7-european-council/index.html). Così imp

Quella di oggi di Joe Biden in Europa è senza dubbio una delle visite più importanti di un presidente americano dai tempi della Guerra fredda (👉 cnn.com/2022/03/23/politics/jo…). Così importante che mi è tornato in mente un libro di qualche anno fa di Joe Scarborough, “Saving Freedom”.

Joe Scarborough, è un famoso conduttore televisivo (conduce “Morning Joe” su MSNBC con la moglie Mika Brzezinski). È inoltre un avvocato, un commentatore politico e, per sei anni, è stato anche deputato (repubblicano) alla Camera dei rappresentanti per il primo distretto della Florida. In questo libro del 2020 racconta uno dei momenti cruciali del secolo scorso, quando toccò ad Harry Truman unire il mondo occidentale contro il comunismo sovietico.

Era il 1947. L’Unione Sovietica, dopo essere stata un alleato degli Stati Uniti nella seconda guerra mondiale, era diventata il suo nemico più temuto. Le mire di Stalin erano dirette sulla Turchia e sulla Grecia. La Grecia si trovava nel pieno di una guerra civile in cui si scontravano comunisti e anticomunisti, che sarebbe terminata nel 1949; la Turchia, invece, soffriva le pressioni sovietiche che puntavano ai territori dei distretti di Kars e Ardahan e alla revisione del regime degli Stretti regolato dalla Convenzione di Montreux del 1936.

L’impero britannico si trovava improvvisamente sull’orlo della bancarotta: la guerra contro Hitler gli aveva assestato un colpo mortale. L’impossibilità di provvedere alla sicurezza del tradizionale alleato greco e di contenere l’avanzata di Mosca verso i mari caldi, indussero perciò Londra a rivolgersi al governo americano. Il 21 febbraio 1947 l’Ambasciata britannica a Washington informò l’alleato americano che la Gran Bretagna non era più in grado di prestare aiuto finanziario o di qualsivoglia altra natura a Grecia e Turchia, lasciando presagire l’affermazione dell’influenza sovietica in quei due Paesi.

Solo l’America era in grado di difendere la libertà in Occidente e quello sforzo fu guidato da un presidente “non eletto” (Truman assunse la presidenza dopo la morte di Franklin Delano Roosevelt nel 1945).

Harry Truman intraprese una battaglia politica interna e riuscì a convincere amici e nemici a unirsi alla sua crociata per difendere la democrazia in tutto il mondo. Per realizzare il cambiamento più radicale nella politica estera americana da quando George Washington pronunciò il suo celebre discorso di addio (con il quale invitava gli americani a starsene fuori dalle beghe europee), dovette, infatti, prima chiamare a raccolta repubblicani e democratici.

In “Saving Freedom”, Joe Scarborough racconta come questo presidente “untested” riuscì a costruire quella solida coalizione che ha influenzato la politica estera americana per le generazioni a venire. Il 12 marzo 1947, Harry Truman enunciò al Congresso quella che sarà poi chiamata la “dottrina Truman”. Motivando il suo piano di aiuti per la Grecia e la Turchia, Truman dichiarò che gli Stati Uniti avrebbero aiutato “ogni popolo libero a resistere ai tentativi di asservimento, operati da minoranze interne o da potenze straniere”. La linea di politica estera indicata da Truman, volta a contrastare l’espansionismo sovietico, segnò un svolta radicale rispetto a 150 anni di isolazionismo, contribuì a un’ulteriore accelerazione della Guerra fredda e garantì la libertà dell’Europa occidentale, l’ascesa del secolo americano ed il crollo finale dell’Unione Sovietica.

Eppure, racconta Scarborough, “ai suoi tempi, Harry Truman non era una figura molto amata, neppure tra i democratici”. Molti degli stessi alleati di Truman “ritenevano che il nuovo presidente fosse male equipaggiato per fronteggiare l’espansionismo sovietico e condurre l’America attraverso le crisi del dopoguerra che avrebbe presto dovuto affrontare”. Lo storico e giornalista Herbert Agar lo definiva uno “strano piccolo uomo” ed erano in molti a condividere quel giudizio severo quando l’ex senatore del Missouri assunse la presidenza dopo la morte di Roosevelt. Il New York Times lo considerava un “provincialotto” e Time magazine reagì alla sua nomination descrivendolo come “il piccolo timido omino del Missouri”.

Eppure quell’uomo, che nella vita fu perseguitato dall’insuccesso negli affari e dai debiti e, in politica, fu subissato dalle critiche, fu il più importante presidente, per quel che riguarda la politica estera, degli ultimi 75 anni. Solo Roosevelt può, infatti, essere paragonato a Truman per essere riuscito a dare forma agli eventi mondiali del secolo scorso. I dodici presidenti che gli sono succeduti hanno ereditato un palcoscenico mondiale modellato, infatti, dalle politiche di Truman. I piani di espansione di Stalin in Europa occidentale furono contrastati dal containment, dal Piano Marshall, dalla formazione della Nato, dal ponte aereo per Berlino, e certamente, dalla dottrina Truman che ha posto fine a 150 anni di isolazionismo americano.

Allora gli americani di entrambi i partiti politici lavorarono insieme per sconfiggere la tirannia. Oggi, dicevamo, con la sua visita in Europa, il presidente americano assume, ancora una volta, la leadership di un occidente nuovamente unito (del resto, fin dalla sua nomination, Joe Biden aveva promesso di restaurare la leadership americana e riparare le alleanze incrinate). “Quel che Putin cerca di fare è circondare Kiev, quel che cerca di fare Biden è fare sì che il mondo intero circondi Putin”, ha detto Greg Meeks, il presidente democratico alla Camera dei rappresentanti.

Di Biden, si sa, se ne sono dette di tutti i colori. Ma la risposta dell’amministrazione americana all’invasione dell’Ucraina è stata più rapida, coraggiosa ed efficace di quanto si aspettassero perfino i più devoti sostenitori della causa transatlantica. La Nato è unita dietro alla guida americana e sta rafforzando le difese comuni; le sanzioni imposte all’economia russa sono senza precedenti e in aumento (e l’America le sta guidando con il divieto alle importazioni di energia russa). Perfino nella litigiosissima Washington c’è un forte sostegno all’approccio diplomatico di Biden (anche se solo i più coraggiosi tra i repubblicani osano ammetterlo). Inoltre, la minaccia rivolta all’Europa dalla Russia ha reso evidente la necessità del contrappeso americano: la caparbia diplomazia di Emmanuel Macron non è una risposta ad un dittatore russo che minaccia di usare le armi nucleari.

Ora, ovviamente, viene il difficile. Lo sforzo americano potrebbe incontrare parecchi intoppi. Man mano che la guerra va avanti, aumentano i costi economici per l’Europa e la coalizione anti-Putin potrebbe sfaldarsi. Inoltre, con l’avvicinarsi delle elezioni di medio termine, Biden potrebbe soccombere alle pressioni interne. Senza contare che le sanzioni potrebbero rivelarsi insufficienti. E, come ha scritto l’Economist, tutto ciò potrebbe richiedere più coraggio politico e creatività di quelle finora messe in mostra. “Speriamo che Biden sia all’altezza del compito”, ha chiosato il magazine inglese. Incrociamo le dita. Ma, come ho visto stampato su una maglietta, “never underestimate an old man who loves trains”.

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Vincenzo Camporini: la Russia è isolata ma non si fermerà


Dopo due settimane di guerra siamo riusciti a capire dove vuole arrivare davvero Putin?Credo che ci siano valutazioni diverse. La mia è che siamo solo all’inizio, perché ho la sensazione che la volontà di Putin sia quella di passare alla storia come colui

Dopo due settimane di guerra siamo riusciti a capire dove vuole arrivare davvero Putin?
Credo che ci siano valutazioni diverse. La mia è che siamo solo all’inizio, perché ho la sensazione che la volontà di Putin sia quella di passare alla storia come colui che ha ricreato l’impero zarista, l’impero russo, ridando piena dignità a un popolo che per decenni, per secoli, è stato al centro della vita politica e militare del continente e del globo. Il che significa che, se è vero quello che penso, siamo solo all’inizio e l’Ucraina è soltanto il primo pezzo di un mosaico che dall’Ucraina passerà alla Moldavia, la Transnistria, e poi potrebbe ambire a risolvere ancora un paio di problemi.

Quali?
Putin lamenta la presenza di un confine diretto tra Nato e Russia. Il confine diretto già c’è, si chiama Estonia, Lettonia e si chiama soprattutto Königsberg o Kaliningrad, città natale di Kant, che è un’enclave di territorio russo che confina con la Lituania e con la Polonia. Se quello che io temo è vero ci aspettano tempi veramente molto duri, anche se i miei timori sono attenuati della constatazione di una fragilità della Russia non soltanto nella sua struttura economica ma anche dalla performance delle forze armate sul terreno.

Non sono pronti a livello militare?
L’esercito russo, erede dall’armata rossa che ha sconfitto il nazismo, non è un modello di efficienza. Lo abbiamo visto in tante circostanze più o meno recenti anche se chiaramente le esperienze del passato hanno indotto a una serie di correttivi per migliorarne appunto l’efficacia della prestazione. Abbiamo visto che in effetti in Siria c’è stata una prestazione efficiente delle capacità operative dell’esercito russo sul terreno, anche se con metodologie che all’Occidente non piacciono come l’uso delle bombe a grappolo, armamenti che non discriminano tra civili e militari e che quindi sono state messe al bando da molti paesi occidentali.

La battaglia finale sarà su Kiev?
Io non ho informazioni di intelligence. E’ chiaro che la battaglia di Kiev sarà determinante per l’esito di questa di questa campagna. Kiev è un agglomerato urbano con grandi radici storiche, con un centro storico costruito secondo i criteri dei tempi, quindi non è molto idoneo all’operazione di mezzi blindati e corazzati. Nella zona storica si può creare un’area di resistenza che è particolarmente difficile attaccare con forze che non siano quelle della fanteria. Un reticolo di vie strette in cui ogni angolo diventa ideale per un agguato. Il problema potrebbe essere risolto dai russi con l’utilizzo di maggiore forza.

Sino a che punto può arrivare l’azione della Nato? Sembra di capire che la linea rossa che non potrà essere oltrepassata è l’uso degli aerei.
Direi che siamo vicini a questa linea rossa, nel senso che il l’invio di aeroplani può davvero costituire un salto di qualità, quindi la salita di un gradino nella famosa scala della deterrenza. Capisco la prudenza usata dagli Stati Uniti e capisco anche la la volontà di alcuni paesi che sono più sensibili alla minaccia della Russia, come la Polonia, che vorrebbe in qualche modo forzare la mano. Ma credo che siamo arrivati veramente al massimo che l’Occidente può fare per aiutare il popolo ucraino.

C’è chi dice che l’invio di armi occidentali finisce soltanto col prolungare l’agonia dell’Ucraina.
Si tratta di un argomento assolutamente pretestuoso. Secondo questa linea di pensiero nel 1939/40 avremmo dovuto lasciare l’Europa in balia del nazismo. Oggi ci troveremmo con una situazione un po’ diversa, certamente meno democratica e meno rispettosa dei diritti umani.

Cosa pensa di una adesione immediata dell’Ucraina all’Europa?
L’adesione immediata è assolutamente non proponibile dal punto di vista burocratico e del diritto. Sarebbe un fatto puramente simbolico privo di contenuti e quindi non non insisterei su questa strada.

Comporterebbe l’apertura di un fonte diretto tra Unione Europea e Russia?
La cosa non è da escludere, anche perché uno degli articoli del Trattato di Lisbona parla di una necessaria solidarietà tra gli stati membri dell’unione in caso di minacce. Si fa esplicito riferimento a minacce terroristiche e di altro tipo, non si fa riferimento a minacce di tipo militare classico perché la maggior parte dei paesi dell’Unione Europea considera che lo difesa comune si attua attraverso la NATO. Però è chiaro che ci sia un dovere di solidarietà che potrebbe in qualche modo essere interpretato come una chiamata alle armi.

Le guerre si possono vincere senza stravincerle?
Dipende dipende dalla volontà degli attori. Ieri sera abbiamo ascoltato Zalensky dire che lui è disponibile a trattare sullo stato giuridico di Crimea, del Donbass, sulla questione della rinuncia all’adesione all’Alleanza Atlantica, che peraltro non era in agenda, come giustamente detto il cancelliere tedesco. Ma sembra che la cosa non abbia colpito più di tanto Putin. Quindi la volontà da un lato c’è ma dall’altro lato sento Putin dire che lui è disponibilissimo a trattare purché la controparte accetti tutte le sue condizioni. Non mi sembra una posizione negoziale particolarmente desiderosa di giungere a un accordo.

Quindi dobbiamo aspettare che ci sia un successo militare netto prima che ci si possa sedere davvero e volontariamente intorno a un tavolo con la disponibilità a sottoscrivere un accordo anche politico?
Temo di si, il fattore militare oggi è dominante. C’è un episodio però che voglio ricordare sulle responsabilità di questo conflitto.

Ci dica.
Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, avvenuta nel 1991, sul territorio dell’Ucraina erano presenti 1300 ordigni nucleari della vecchia Unione Sovietica. L’Ucraina rinunciò a questo deterrente nucleare di cui disponeva e accettò con un trattato di mandare queste testate in Russia perché venissero smantellate. Il trattato è quello di Budapest del 94 ed è stato sottoscritto da tre potenze: Stati Uniti, Gran Bretagna, Russia eUcraina ovviamente. La Russia si impegnò con quel trattato a rispettare l’integrità territoriale del l’Ucraina e a non utilizzare mai la forza o la minaccia dell’uso della forza per influire sulla politica interna del l’Ucraina. Era il 1994 e Putin non era ancora al potere. Forse per questo Putin si sente svincolato da quest’obbligo che il suo paese prese solennemente e che oggi è considerato carta straccia. Non esiste invece nessun documento, nessun impegno formale assunto da parte della Nato di non espandersi a Est. Quando sento parlare di responsabilità della Nato davvero rabbrividisco. La gente dimostra di non avere memoria e di non ricordare le cose fondamentali del diritto internazionale.

Ammesso che Putin riesca a occupare l’Ucraina, potrà ancora essere riconosciuto come un interlocutore a livello internazionale?
Assolutamente no. Anche nell’eventualità che le ostilità cessino per una cessazione della resistenza ucraina, è chiaro che la Russia a questo punto è fuori dal consesso degli stati con cui si dialoga. Quindi ben vengano tutte le iniziative per renderci assolutamente indipendenti da quello che può essere una qualsiasi relazione commerciale con la Russia, a partire da quella sugli idrocarburi. A questo punto la Russia sarebbe fuori dal consesso, quantomeno dei paesi occidentali. Potrebbe rivolgersi a chi la sta sostenendo e la sta in qualche modo giustificando. Ricordiamo che alle Nazioni Unite, su 193 Paesi membri, sono stati 141 i voti a favore, 5 i contrari (Russia, Bielorussia, Eritrea, Corea del Nord e Siria) e 35 gli astenuti, tra cui Cina e India. Sono numeri che dimostrano l’isolamento in cui la Russia si è messa, isolamento che non è destinato a esaurirsi con la cessazione dei combattimenti se non si torna a una situazione di rispetto della sovranità ucraina e dell’integrità territoriale di questo paese.

E questo passa anche attraverso il superamento di Putin, probabilmente.
Non c’è dubbio. Adesso abbiamo una situazione in cui c’è uno zar al potere, che riesce chiaramente a trascinare il suo paese. Io non sopravvaluterei la questione delle dimostrazioni di piazza nelle città russe. Stiamo parlando di piccole minoranze di persone che hanno una sensibilità dovuta magari agli studi svolti o ai viaggi effettuati, ma la stragrande maggioranza dei russi certamente sta esultando nel vedere tornare il proprio paese protagonista sulla scena internazionale, dopo aver vissuto un periodo di impotenza seguito alla caduta dell’Unione Sovietica. Quindi non facciamoci illusioni su una ribellione dal basso. Possiamo immaginare che succeda qualcosa invece a livello della cerchia degli amici più stretti, dei collaboratori più stretti di Putin, che vedendosi pesantemente danneggiati dalle varie forme di embargo potrebbero in qualche modo farci un pensierino.

In che tempi è immaginabile una tale reazione, in base alla sua esperienza?
La resistenza ucraina può durare almeno altre due settimane, ammesso che i russi riescano a rimediare alle deficienze logistiche di cui abbiamo parlato. Ma pur ammettendo che nelle prossime due settimane il problema sul campo venisse “risolto” si porrebbe il problema del controllo del territorio. L’Ucraina è enorme, è grandissima, ha oltre quaranta milioni di abitanti, con un sentimento nazionalistico fortissimo. Una Russia vincitrice sul terreno, che volesse controllare l’Ucraina si metterebbe in casa un nuovo Afghanistan.

Cosa ha cambiato questa guerra nel cuore dell’Europa all’inizio del 2022?
Ci ha insegnato che o ci riusciamo a diventare un’entità politica unica, un’entità politica coesa, che non si perde nelle diatribe di campanile tra Berlino, Parigi, Bratislava, Roma. A questo punto questa è una necessità oltre che un’opportunità storica. Dobbiamo necessariamente fare dei passi avanti in questa direzione. Solo così i paesi europei si riapproprieranno del loro destino, che oggi è deciso a Washington, a Mosca o a Pechino ma non è deciso né a Berlino, né a Parigi e tantomeno a Roma.

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ORDINANZA SINDACALE VOLTA ALLA PREVENZIONE DEL FAVISMOIl Sindaco Michel Barbet ha emesso un’ordinanza volta alla tutela dei  soggetti affetti da favismo.


LA PIENA, UN’INTERVISTA. 2022


Ho conosciuto i La Piena per puro caso e, come purtroppo succede troppo spesso di questi tempi, a mezzo social network e non durante un concerto.

iyezine.com/la-piena-unintervi…



La Russia mette al bando la proprietà intellettuale


La Russia ha deciso di assediare non solo l’Ucraina, ma anche le garanzie dei diritti mondiali di proprietà intellettuale. Tale decisione non è altro che una delle tante soluzioni che... L'articolo [url=https://www.e-lex.it/it/la-russia-mette-al-bando-la

La Russia ha deciso di assediare non solo l’Ucraina, ma anche le garanzie dei diritti mondiali di proprietà intellettuale. Tale decisione non è altro che una delle tante soluzioni che la Russia sta adottando per offrire alle proprie imprese nuovi strumenti per evitare il collasso economico e contrastare le carenze di fornitura alle aziende presenti sul territorio.

Il Governo russo, alla luce delle sanzioni straniere ricevute e all’abbandono delle proprie attività sul territorio da parte di diverse società a causa dell’invasione dell’Ucraina, si è determinata, insieme al Ministero dello Sviluppo economico russo, ad emanare una nuova legge che permette l’utilizzo di qualsiasi diritto di proprietà intellettuale senza il consenso del titolare, legalizzando a tutti gli effetti la pirateria informatica.

In questo modo, il primo ministro russo Mikhail Mishustin, con decreto n. 299 del 6 marzo 2022, ha eliminato le sanzioni per chi viola i diritti di proprietà intellettuale e conferito al proprio Governo il potere di emanare licenze obbligatorie, senza riconoscere alcun indennizzo ai titolari dei diritti di proprietà intellettuale appartenenti a “Stati e territori stranieri che hanno commesso atti ostili contro la Federazione russa”.

Dunque, da un lato, la nuova legge non permette più ai titolari dei diritti di proprietà intellettuale, associati agli Stati stranieri che hanno contrastato la Russia apertamente attuando sanzioni, restrizioni o qualsiasi tipo di atto “ostile”, la possibilità di richiedere un risarcimento del danno per violazione dei propri diritti di privativa; dall’altro, i “pirati” del web sono esenti da qualsiasi tipo di responsabilità, sia civile sia penale, per le violazioni dei diritti di proprietà intellettuale poste in essere nei confronti dei suddetti soggetti associabili ad alcuni Paesi che fanno parte di una c.d. black list.

In tale black list rientrano, momentaneamente, il Regno Unito, gli USA, l’UE, l’Australia e il Giappone. La normativa prevede, inoltre, che l’associazione dei titolari dei diritti di proprietà intellettuale ai suddetti Paesi avverrà sulla base di alcuni requisiti:

  • la cittadinanza;
  • una connessione di tipo economico (es. essere titolare di una società o avere ingenti profitti);
  • una connessione di tipo autoriale (es. essere titolare di contenuti protetti).

La portata esatta e l’applicazione di questa nuova legge non sono del tutto chiare, ma ci si aspetta che copra tutti i tipi di diritti di proprietà intellettuale. Non si sa, inoltre, se tali diritti di proprietà straniera saranno completamente annullati o vi sarà qualche forma limitata di protezione che continuerà in diversi scenari.

In Russia, la pirateria era già abbastanza diffusa: TorrentFreak, attraverso un’indagine da parte di ESET, ha rilevato che oltre il 90% degli utenti intervistati ammetteva di usare diversi software o contenuti illegali, a causa dei prezzi eccessivamente elevati delle versioni legali.

Il Governo russo ha spesso manifestato una scarsa attenzione nei confronti della proprietà intellettuale, ma questa mossa di ritorsione da parte della Russia potrebbe causare effetti irreversibili che superano le attuali sanzioni. Infatti, qualora le sanzioni dovessero essere rimosse, la mancanza di rispetto per i diritti di proprietà intellettuale potrebbe portare alla riduzione o alla cessazione degli investimenti stranieri in Russia. Tali conseguenze avrebbero effetti a catena sull’economia, sulla ricerca e sullo sviluppo del Paese in numerosi settori. Anche se queste nuove disposizioni legislative venissero abrogate, potrebbe volerci molto tempo per attivare un processo di riabilitazione reputazionale della Russia e convincere gli investitori stranieri che i propri diritti di proprietà intellettuale saranno rispettati in futuro.

Inoltre, come è noto la Russia ha aderito a molteplici convenzioni internazionali per il rispetto della proprietà intellettuale quali, ad esempio: l’Accordo di Madrid e il Protocollo di Madrid sulla Registrazione Internazionale dei Marchi, l’Accordo istitutivo dell’Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale, la Convenzione di Parigi per la Protezione della Proprietà Industriale, il Trattato sul diritto dei marchi (“TLT”), il Trattato di Singapore sul diritto dei marchi, la Classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi (“Classificazione di Nizza”), l’Accordo TRIPS.

Pertanto, oltre alle conseguenze che deriveranno dalle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale, ci si interroga su quelle relative al mancato rispetto dei suddetti accordi internazionali.

Daniele Lo Iudice

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Quindi...ieri mattina al Distributore Benzina a 1,764...questa mattina 1,834
Scommettiamo che entro sabato ci giochiamo lo sconto del Governo?😡






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Abbiamo appena inviato una serie di correzioni per la compatibilità di mastoapi, se noti bug o problemi faccelo sapere!»
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Il gruppo criminale Lapsus$ annuncia di avere derubato Microsoft di alcuni gioielli di famiglia come i codici informatici di Bing, Bing Maps e Cortana, rispettivamente il motore di ricerca e l’assistente virtuale. Questo per ricordarci, semmai ce ne fossi

Lapsus$ ha rubato Cortana e Bing a Microsoft

I criminali di lingua spagnola hanno divulgato su Telegram un archivio compresso di software che pare essere originale. Non ci sono tracce dei codici che fanno girare Windows e Office

di ARTURO DI CORINTO per ItalianTech/ La Repubblica del 22 Marzo 2022

Il gruppo criminale Lapsus$ annuncia di avere derubato Microsoft di alcuni gioielli di famiglia come i codici informatici di Bing, Bing Maps e Cortana, rispettivamente il motore di ricerca e l’assistente virtuale. Questo per ricordarci, semmai ce ne fossimo dimenticati, che mentre siamo tutti col fiato sospeso per le sorti della guerra in Ucraina i cybercriminali non dormono mai.


dicorinto.it/testate/repubblic…



Sono su un autobus e l'autista sta ascoltando la zanzara, aiuto!!!


Scienze filosofiche - Unisalento


Ultima sessione - iscrizione Scienze filosofiche - Università del Salento
fabiosulpizioblog.wordpress.co…


Sono benvenuti eventuali commenti o link ad altri materiali... @maupao @Notizie da Poliverso @Carlo Gubitosa :nonviolenza: @filippodb @Ca_Gi @Informa Pirata @admin @Yaku


Esiste una #fediquette?
La risposta breve è sì, ma abbiamo creato un post per spiegarlo meglio.
E ricordiamoci sempre che la parola #fediverso contiene le radici delle due parole più importanti per la socialità universale: alleanza e diversità.

informapirata.it/2022/03/22/fe…

#Netiquette #mastodon #pixelfed #friendica #peertube #mobilizon #misskey


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Il deepfake e le risposte normative delineate dal legislatore europeo


Nei giorni scorsi, abbiamo assistito alla diffusione in rete di un video falso in cui compare il Presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj che, rivolgendosi ai propri connazionali, li invita a deporre... L'articolo [url=https://www.e-lex.it/it/il-deepfake-

Nei giorni scorsi, abbiamo assistito alla diffusione in rete di un video falso in cui compare il Presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj che, rivolgendosi ai propri connazionali, li invita a deporre le armi incoraggiandoli alla resa. Ciò, è stato reso possibile grazie ad un uso malevolo dell’intelligenza artificiale e, più in particolare, della tecnica del deepfake.

La vicenda descritta non rappresenta certamente il principale problema di quanto sta accadendo, a livello mondiale, a causa del triste conflitto in corso, tuttavia suscita alcune riflessioni rispetto al fenomeno dei deepfakes e sui rischi ad esso connessi, nonché sulle risposte normative che il legislatore europeo ha, in tempi recenti, cercato di dare al problema.

Cos’è il deepfake

Anzitutto, il deepfake è una tecnica che sfrutta l’intelligenza artificiale per creare ex novo dei contenuti digitali falsi oppure per manipolare contenuti già esistenti al fine di mistificare la realtà in essi rappresentata.La parola è un neologismo nato dalla fusione dei termini fake, ovvero “falso”, e deep learning, una particolare tecnologia basata sull’apprendimento profondo delle macchine.

La recente proposta di Regolamento europeo sull’Intelligenza Artificiale, pubblicata lo scorso 21 aprile dalla Commissione Europea, all’art. 52, comma 3, definisce il deepfake come “sistema di intelligenza artificiale che genera o manipola immagini o contenuti audio o video che assomigliano notevolmente a persone, oggetti, luoghi o altre entità o eventi esistenti e che potrebbero apparire falsamente autentici o veritieri per una persona”.

Nella vicenda che ha visto coinvolto il Presidente ucraino, la tecnica descritta non è stata utilizzata in maniera del tutto efficace, per cui il tentativo di disorientare i destinatari non si è affatto compiuto. Tuttavia, talvolta, i contenuti sono creati e/o manipolati con un’accuratezza tale da rendere difficile anche ad altri sistemi IA di rilevarne la falsità.

Per tale motivo, un controllo ed una regolamentazione del fenomeno si ritengono essere più che mai necessari, visti i possibili rischi sottesi ad un improprio uso di tale tecnologia.

In uno studio sui falsi digitali pubblicato nel luglio 2021 dall’European Parliament Research Service, “EPRS”, consultabile qui, è stato rilevato come, nel giro dei prossimi cinque anni, gli strumenti per creare deepfakes diverranno ancora più alla portata e semplici da utilizzare.

L’attuale ascesa delle deepfake-as-a-service companies renderà la tecnicacomunemente usata ed integrata nelle varie tipologie di software prodotte, facendo acquisire agli utenti una sempre maggiore familiarità con tale applicazione IA; familiarità che, naturalmente, comporterà anche una più elevata possibilità di abuso nel prossimo futuro.

Il quadro normativo di riferimento

Dal momento che, come detto, il deepfake costituisce una tecnologia basata sull’intelligenza artificiale, rilevano innanzitutto le regole per l’uso delle applicazioni IA che nella recente proposta di Regolamento il legislatore europeo ha cercato di delineare.

In secondo luogo, posto che la creazione di un falso contenuto digitale comporta, tipicamente, anche il trattamento di dati personali, trovano applicazione le disposizioni del Regolamento UE 679/2016, “GDPR”.

La proposta di Regolamento europeo sull’Intelligenza Artificiale sopra richiamata, come noto, ha l’obiettivo di consentire un uso affidabile e sicuro dell’IA, nel rispetto dei valori e dei diritti fondamentali degli individui.

A tal fine, stabilisce regole armonizzate per lo sviluppo, l’immissione sul mercato e l’utilizzo dei sistemi IA.

In estrema sintesi, il quadro normativo proposto adotta un approccio basato sul rischio, distinguendo tra “rischio minimo”, “rischio limitato”, “rischio elevato” e “rischio inaccettabile” per i diritti e le libertà fondamentali. Esso è volto a vietare l’uso di sistemi che presentino un rischio inaccettabile, mentre per i sistemi che rientrano nella categoria ad alto rischio prevede l’obbligo di effettuare dettagliate analisi e valutazioni d’impatto, nonché di garantire una fase di controllo e di supervisione “umani”.

Con particolare riguardo alla tecnica del deepfake, la proposta di Regolamento consente tale tecnologia, ma articola alcuni requisiti minimi e prevede un obbligo di trasparenza in capo a chi ne fa uso.

Nello specifico, l’art. 52, comma 3, della proposta impone ai creatori di deepfakes di etichettare il contenuto generato in modo che sia chiaro a chiunque che si tratti di un contenuto digitale artificialmente creato e/o manipolato.

Tuttavia, successivamente, lo stesso art. 52 prevede che tale obbligo non si applica “quando l’uso è autorizzato dalla legge per accertare, prevenire, indagare e perseguire reati o se è necessario per l’esercizio del diritto alla libertà di espressione e del diritto alla libertà delle arti e delle scienze garantito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE, e fatte salve le tutele adeguate per i diritti e le libertà dei terzi.”

Un obbligo di etichettatura dei deepfakes potrebbe essere un primo passo verso la mitigazione dei potenziali impatti negativi del fenomeno. Nondimeno, come rilevato dall’EPRS nello studio citato, la natura e la portata della disposizione sono ad ora poco chiare e si rinviene, complessivamente, una certa timidezza regolatoria da parte del legislatore, il quale non prevede neppure una sanzione per l’ipotesi di mancato rispetto dell’obbligo previsto dall’art. 52.

Inoltre, la possibilità di deroga, prevista dalla norma, laddove l’uso del deepfake sia “necessario per l’esercizio del diritto alla libertà di espressione e del diritto alla libertà delle arti e delle scienze”, include un raggio di ipotesi così ampio da svuotare di significato l’obbligo di trasparenza sancito.

Pertanto, la risposta normativa tratteggiata, in tale sede, dal legislatore europeo non è attualmente ritenuta sufficiente a contrastare il problema.

Con riguardo, poi, all’aspetto relativo al trattamento dei dati personali, è da rilevare che, nel contesto dei deepfakes, i dati personali vengono trattati non soltanto nella fase di creazione dei contenuti, ma anche per addestrare il software che, a tal fine, viene utilizzato. Per tale motivo, è bene innanzitutto precisare che il GDPR, in relazione al suo ambito di applicazione, rileva in entrambe le fattispecie.

Con particolare riferimento al requisito di liceità del trattamento, di un certo interesse è la ricerca della base giuridica.

Secondo l’EPRS, nel caso specifico della generazione dei deepfakes, due sono le basi giuridiche cui i creatori potrebbero appellarsi: l’interesse legittimo ed il consenso esplicito dell’interessato. Nel caso in cui il creatore sostenga di vantare un interesse legittimo, quest’ultimo, come noto, per costituire fondamento di liceità, deve prevalere sugli interessi o sui diritti e libertà dell’interessato.

Quando la base giuridica dell’interesse legittimo non è applicabile, l’uso di dati personali per la creazione e diffusione di deepfakes deve essere sottoposto al consenso informato delle persone raffigurate nei contenuti. È importante notare, qui, che il consenso deve essere ottenuto sia dai soggetti del contenuto originale, che dai soggetti che appaiono nel contenuto “fabbricato”.

Il GDPR offre dei rimedi alle vittime dei falsi digitali, attraverso la previsione di alcuni diritti in capo agli interessati, quali il diritto alla correzione dei dati inesatti o il diritto alla cancellazione dei propri dati.

Nel contesto dei deepfakes, il percorso legale può essere piuttosto impegnativo, da intraprendere, per le vittime. In molti casi, è impossibile per la vittima identificare l’autore, che opera quasi sempre in modo anonimo ed illecito.

L’Autorità italiana Garante per la protezione dei dati personali ha pubblicato, sul proprio sito istituzionale, un vademecum sul tema consultabile qui.

Conclusioni

La tecnica del deepfake, se utilizzata illecitamente, pone seri rischi in termini di diritti e libertà dei soggetti coinvolti. Notevoli ripercussioni, poi, possono essere prodotte laddove i deepfakes abbiano ad oggetto contenuti di un certo impatto sociale e politico, come da ultimo accaduto nel contesto del conflitto russo-ucraino.

Non vi sono soluzioni rapide di contrasto al fenomeno, né la risposta normativa di recente approntata dal legislatore europeo, che sopra si è brevemente descritta, sembra adeguata a mitigare i possibili danni derivanti dalla divulgazione illecita di falsi digitali.

Attualmente, dunque, il primo e più efficace strumento di difesa è rappresentato da una maggiore consapevolezza nella navigazione in rete, dalla responsabilità e dall’attenzione degli utenti. Nella speranza che, frattanto, venga apprestato un quadro regolatorio più appropriato da parte delle istituzioni europee, che giocano un ruolo primario in tale contesto.

Gabriella Amato

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[share author='Informa Pirata #WeAreAllAssange #PiratesForAssange' profile='https://twitter.com/informapirata' avatar='https://pbs.twimg.com/profile_images/1362822279810449412/luhv2IGn_400x400.jpg' link='https://twitter.com/informapirata/status/1505922582171820033' posted='2022-03-21 15:01:36']Elogio del #Fediverso
"In troppi sono già stati danneggiati dalla pessima moderazione delle piattaforme #BigTech. Dobbiamo provare a migliorare le piattaforme, ma anche a renderle meno importanti , dando alle persone l'autodeterminazione tecnologica."
Di @doctorow per @EFF

twitter.com/doctorow/status/15…






Si comunica che è stato pubblicato sull’Albo pretorio l’avviso esplorativo per manifestazione di interesse finalizzata al servizio di redazione e sottoscrizione di quattro contratti di appalto con i rispettivi aggiudicatari.



"SCONTO ACCISE CARBURANTI"
Quindi sembra che lo sconto accise carburanti ci sarà...
Addirittura per 1 Mese Intero...Bisogna aggiungere Altro?


📣È online ukrainehelp.emergenzehack.info progetto di #CivicHacking a cura di @UkrainehelpIT per raccogliere e diffondere info utili&solidali a supporto di #Ucraina e #rifugiati ucraini.
➡️Fai segnalazione qui ukrainehelp.emergenzehack.info…
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L’ipocrisia è oggi il mio nemico.


L’ipocrisia di un governo che parla di pace inviando armamenti ad un paese in guerra sanzionando nel contempo l’altro belligerante, una chiara posizione interventista, stessa posizione adottata da UE sostenuta dalla NATO.

iyezine.com/il-vero-nemico-e-c…