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Modernizzazione, 2% ed export. La Difesa fa il punto in Parlamento
Istituzioni, Forze armate e industria hanno presentato al Parlamento le vulnerabilità e le esigenze del settore della Difesa. Il ministro Guido Crosetto, il capo di Stato maggiore dell’Esercito, generale Pietro Serino, e il presidente di Aiad, Giuseppe Cossiga, nel corso di tre diverse audizioni davanti alle commissioni delle Camere, hanno descritto ai legislatori italiani le necessità di cui lo Stato ha bisogno per dotarsi di uno strumento militare adeguato alle necessità dell’attuale scenario globale di insicurezza.
Modernizzare le Forze armate
Gli eventi bellici in Ucraina “hanno evidenziato l’esigenza di mantenere apparati militari efficaci e prontamente impiegabili” ha ricordato il generale Serino, registrando come le specificità operative, con l’ingresso di nuove tecnologie, obblighi l’Esercito a “rinnovare i propri equipaggiamenti e sistemi d’arma”, ripristinando capacità convenzionali e potenziando quelle dei nuovi ambiti operativi, dalla guerra elettronica, ai droni, fino alla difesa contraerea. Per il capo di Stato maggiore, questi processi “richiedono adeguate risorse, certezza, profondità e stabilità degli stanziamenti” e le nuove richieste, se non gestite correttamente, rischiano di pesare negativamente sulla produzione e sulle imprese. Per evitare questo sovraccarico, ha affermato ancora il generale, bisognerebbe giungere a un fondo d’investimento che abbia una profondità temporale di almeno tre anni.
La Difesa fuori dai vincoli di stabilità
Il tema dei fondi per la Difesa, e in particolare il raggiungimento del 2% del Pil da dedicare al settore, è stato affrontato anche dal ministro Crosetto, di ritorno dal vertice Nato di Bruxelles. Come ribadito dal titolare di palazzo Baracchini, l’impegno del 2% assunto nel 2014 è ormai considerato dall’Alleanza Atlantica un punto di partenza, con numerosi Paesi che già spingono per superarlo. Di fronte alle difficoltà economiche del Paese, tuttavia, il ministro è tornato a proporre come misura lo scorporo delle spese della Difesa dai vincoli di bilancio, “l’unico modo per non togliere risorse a interventi sociali”. “Il tema del 2% verrà posto al prossimo vertice di Vilnius – ha ricordato il ministro – e noi rischiamo di essere gli unici a non raggiungerlo o a non essere chiari nei tempi con cui lo raggiungeremo, quando gli altri Paesi già parlano del 3%”.
L’importanza dell’export
Supportare la Difesa, poi, vuol dire anche velocizzare le pratiche interne dello Stato sulle attività relative alle esportazioni del comparto industriale, un settore che da solo vale circa un punto percentuale del Pil nazionale, con un valore, incluso l’indotto, di circa quaranta miliardi di euro. Del fatturato, due terzi proviene dall’export, che rappresenta nel complesso il 13% del saldo commerciale italiano. Di fronte a questa consapevolezza, ha registrato il presidente di Aiad Cossiga, la legge che regola le esportazioni militari “dà poca chiarezza ed è scarsamente immediata” concludendo come ci sarebbe bisogno di “migliorare la rapidità di esecuzione dell’export”.
USA: Nikki Haley, la promessa del ‘trumpismo senza Trump’
L’ufficializzazione della candidatura di Nikki Haley per la nomination repubblicana del 2024 apre, di fatto, anche per il Grand Old Party, la stagione che lo porterà, fra un anno e mezzo circa, al voto presidenziale. Haley è la prima figura ‘di peso’ ad avere raccolto la sfida lanciata negli scorsi mesi da Donald Trump, che […]
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#LaFLEalMassimo – Episodio 83 – La lezione di Quaero
Mentre si avvicina l’anniversario dei tragici eventi che hanno riportato la guerra in Europa questa rubrica conferma il proprio sostegno alla popolazione ucraina e la condanna dell’invasione russa.
In questi giorni si discute della possibilità che la dimensione significativa dei sussidi previsti dall’Inflation Reduction Act promosso dal presidente Biden possa incentivare diverse imprese europee a delocalizzare verso gli Stati Uniti e sull’opportunità che l’Europa rincorra alcune componenti protezionistiche e politiche di supporto alle imprese locali implementate negli Stati Uniti. La storia recente ci insegna che cercare di tenere il passo con l’innovazione americana a colpi di aiuti di stato non è una buona idea. Come ricordato dal settimanale The Economist agli inizi degli anni duemila, mentre si consolidava il successo di Google tra i motori di ricerca la Francia, con il benestare dell’Unione Europea cercò di sostenere con un sostegno di oltre 100 milioni di euro un’impresa francese, Quero, che si proponeva come campione nazionale e antagonista americano.
Oggi sappiamo come è andata a finire, Google è diventato il motore di ricerca per antonomasia, è entrato nel lessico comune con un verbo sinonimo di ricercare e rientra tra le aziende con la maggiore capitalizzazione di borsa al mondo. Personalmente non conoscevo l’esistenza di Quero prima di averlo letto sul giornale britannico. Dopo gli allentamenti alla normativa sugli aiuti di stato introdotti durante la pandemia,
permane una forte tentazione per i politici delle nazioni europee di riversare ingenti contributi sulle aziende nazionali, nella speranza di tenere il passo con quanto avviene oltreoceano.
Si tratta di un errore di prospettiva con il rischio elevato di ripetere l’esperienza negativa del motore di ricerca francese. In Europa la normativa contro gli aiuti di stato ha funzionato in modo adeguato per evitare dannose politiche protezioniste e anche riguardo alla transizione ecologica sarebbe opportuno resistere alla tentazione di rincorrere gli Stati Uniti con l’unico probabile esito di distruggere denaro dei contribuenti. Invece di imitare in modo maldestro i più forti le nazioni europee dovrebbero concentrarsi sui punti deboli della propria unione: completare gli aspetti ancora carenti del mercato unico, specie per quanto riguarda le attività finanziarie, promuovere maggiori investimenti nella ricerca e sviluppo e incentivare formazione ed educazione. La via europea alla green economy può essere tanto efficace quanto differenziata rispetto a quella degli Stati Uniti.
Slava Ukraini
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Cina: spesa dei consumatori fondamentale per la ripresa economica
Il 2022 è stato un anno cupo per l’economia cinese. Le severe misure anti-COVID e le repressioni normative sul settore immobiliare e sulle piattaforme digitali hanno rallentato in modo significativo la crescita economica. La crescita annua del PIL reale del 3 per cento è stata significativamente inferiore all’obiettivo ufficiale del 5,5 per cento. Il presidente […]
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Competizione Studentesca
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Sostenibilità: tutela ambientale, sociale, economica ed etica delle imprese ‘qui e ora’
La sostenibilità del sistema socio economico si basa su quattro tutele: ambientale, sociale, economica ed etica. Le imprese devono essere agenti di sostenibilità e perseguire l’impegno operativo nel gestire un modello di business che non solo permetta il sostentamento dell’impresa a breve-medio-lungo termine, ma che sia anche attento all’ambiente, al benessere sociale ed a una governance equa e partecipata. […]
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La battaglia UE contro le auto a combustione: retroscena e polemiche al Parlamento europeo
Una battaglia dura quella dell’auto elettrica che si è risolta con l’approvazione del Parlamento europeo della messa al bando della vendita di auto a combustione a partire dal 14 febbraio 2035. Un “San Valentino” che resterà negli annali della storia d’Europa. Hanno votato in 340 a favore dell’abolizione delle auto a carburante, i contrari sono […]
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Borsa: canapa, USA e Canada entrambe in lieve positivo
Le due principali piazze borsistiche a livello mondiale nel settore della Canapa, chiudono entrambe con un andamento positivo, bisogna però, anche annotare che si tratta di chiusure positive alquanto timide, mostrano ancora una persistente volatilità e difficoltà nel decifrare il medio e lungo termine, così come si è pressati attualmente nel breve termine, nel valutare […]
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InGiustizia
Istituire una commissione parlamentare d’inchiesta sulla malagiustizia è la cosa più inutile immaginabile. S’incassa un presunto successo immediato, salvo perdere poi tempo, accertare quello che sappiamo benissimo e non rimediare a un bel niente. Se il ministro Nordio non si sbriga a presentare i testi, che portino nel legislativo la realizzazione di quel che ha programmaticamente esposto, si ritroverà macinato da mille urgenze quotidiane, tutte richiedenti pezze e senza possibili soluzioni. La maggioranza di governo pesterà l’acqua nel mortaio, le opposizioni pesteranno i piedi guardandosi bene dall’esporre proposte fattibili, tutti si cimenteranno nel solito sport del moralismo senza etica e saremo sempre fermi non in mezzo al guado, ma in mezzo al guano.
Due parole sull’ultimo (di una lunghissima serie) processo che ha riguardato Silvio Berlusconi: è semplicemente insensato che il contribuente finanzi da anni procedimenti privi di ragionevolezza. Il meretricio non è reato, se volete sapere tutto di questa materia e dei suoi risvolti pratici non dovete prendere libri di diritto, ma un capolavoro di Dino Buzzati: “Un amore” (1963). Ad Antonio piace pensarsi il padrone, ma Adelaide (detta Laide) lo intorta che è una bellezza. Se questa cavolata giudiziaria fosse durata una dozzina d’anni solo per Berlusconi, andrei ad abbracciarlo quale vittima e coglierei l’occasione per manifestargli il disgusto per quanto ha detto sull’Ucraina. Ma riguarda tutti e non possiamo abbracciarci collettivamente. Quindi serve cambiare, non lamentare.
Come? Anche qui, usate la letteratura: “Diario di un giudice” (1955), scritto da Dante Troisi. Non c’è nulla di nuovo, salvo la degenerazione metastatica del male. Fino a quando esisterà un potere irresponsabile di quel che fa, ogni degenerazione sarà possibile e ogni corretto funzionamento impossibile. Oramai anche Beppe Grillo va dicendo che i procedimenti penali riguardanti suoi familiari sono attacchi politici (citofoni a Bonafede, si feliciti per quel che lui stesso ha combinato e si congratuli per l’inciviltà grazie alla quale i suoi familiari sarebbero rimasti sotto processo per il resto della loro vita).
Il giudice deve sempre essere indipendente, ma non irresponsabile. Le sentenze che scriverà devono restare frutto del suo libero convincimento. Se continua a sbagliarle e vengono puntualmente riformate si tratta di un incapace e lo si invita a cambiare mestiere. I procuratori non sono giudici, ma magistrati (quando il giornalismo sarà meno analfabeta ci guadagnerà molto il livello della nostra vita collettiva). Gestendo l’accusa hanno in mano la parte immediata e più spettacolare della giustizia. Un mestiere difficile e che va rispettato, ma se continui a portare sul banco degli imputati cittadini che saranno assolti anche tu vai a fare un’altra cosa, perché crei danno e costi inutili alla giustizia. Contano i risultati. Quindi via il falso dell’obbligatorietà dell’azione penale. Una società funziona se la giustizia funziona, non se i magistrati si travestono da moralizzatori. Tanto più che quel mondo s’è dimostrato infestato e la dipendenza dalle correnti, a scopi carrieristici, è pestilenziale.
Una opposizione che volesse far politica avrebbe la strada spianata, pungolando Nordio a passare dalle parole ai fatti. In questo modo verificherebbe se la maggioranza è pronta a seguirlo o lo hanno mandato avanti perché non aveva e non ha alcuna forza politica. Se le riforme si faranno, se si introdurrà la separazione delle carriere e la responsabilità sarà un gran bene per il Paese e chi se ne importa di chi se ne prenderà il merito. Se non ci si riuscirà l’opposizione avrà un’occasione per far politica e non star lì a fracassarci l’anima su chi debba essere il prossimo egolatra sconfitto.
La politica non è l’opera dei Pupi. Darsi del Marrano facendo cozzare le corazze e ripetendolo tre volte al giorno è scena che ha fatto scappare gli elettori. Di tutti. Entrino nel merito. O cessino il disturbo.
L'articolo InGiustizia proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Fulminati
Stupisce lo stupore. E se non stupisce comunque disturba la superficialità, la grossolanità e la demagogia un tanto al chilo. Lasciamo perdere la politica, che si è tristemente abituati a quanti sperano d’essere creduti quando dicono una cosa e il suo opposto, ma qui è una gara populista cui partecipa anche il mondo dell’informazione. Sono gradite le opinioni diverse, ma non le informazioni false, monche o ammiccanti.
L’Europa, dunque, ci toglie le nostre vetture nel 2035. Che non è l’Europa, ma un voto del Parlamento europeo, dove ci si divide per opinioni politiche e non per nazionalità, così come in quello italiano non ci si divide per regioni. Il voto del Parlamento europeo arriva dopo la proposta della Commissione europea, che è già passata al Consiglio europeo. Sede nella quale è stata condivisa dal governo italiano, nell’ottobre del 2022, dopo un consueto negoziato fra i diversi interessi ed esigenze (al Ministero delle attività produttive sedeva l’attuale ministro dell’economia, Giancarlo Giorgetti, che, se la memoria non m’inganna, milita nella Lega). La parte relativa alle autovetture è solo un tassello del più generale piano per la decarbonizzazione, con scadenza 2050 e diverse tappe intermedie. Piano che, alla sua adozione, non destò l’opposizione italiana e semmai in diversi lo ritennero in parte rinunciatario. Quindi non è una novità, è già stato approvato dal governo italiano e quella continua a chiamarsi “Unione europea”, non “Europa”, di cui noi continuiamo ad essere parte, sicché non ci impone un bel niente. In ogni caso le vetture a benzina ci saranno anche nel 2055, sempre che trovino un distributore di carburante, perché dal 2035 cesseranno le immatricolazioni, non la circolazione.
Fa specie trovare questo linguaggio approssimativo e stoltamente oppositivo su testate che talora s’impancano a dar lezioni ci coerenza europeista. Semmai sarebbe stato il caso di sottolineare le novità che il voto parlamentare ha introdotto, come gli stadi intermedi di accertamento e controllo che tutto fili liscio, come la necessità di piani finanziari che assecondino la transizione.
E veniamo agli interessi, di cui già parlammo quando la direttiva fu inviata al Parlamento e gli altri, evidentemente, non se ne accorsero. L’attuale mercato delle vetture non lo si conserva neanche volendo, tanto è vero che tutte le case produttrici già affiancano l’ibrido e l’elettrico. Se si allungano i tempi non si fa che ritardare la competitività dei nostri produttori, facendo un regalo a quelli allocati in altre aree del mondo. La favola che la direttiva sarebbe un regalo alla Cina presuppone l’ignoranza di quel mondo. Intanto perché il leader tecnologico si trova, semmai, negli Stati Uniti. Poi perché non stiamo parlando delle batterie che alimentano bici e monopattini (eravamo noi contro quei bonus, anche perché si davano soldi del contribuente a produzioni orientali), ma di accumulatori dove abbiamo noi un vantaggio tecnologico. Che si tratta di tradurre in produttivo, da qui le tappe intermedie.
Le case produttrici non dicono che è sbagliata la direttiva, ma ne approfittano per chiedere sovvenzioni. Cosa ben diversa. Mentre se ne lamenta una parte dell’indotto, perché chi produce pezzi di motore sarà spiazzato, se non riconverte. Ma l’Italia ha un indotto automobilistico vasto, che perderemmo veramente se i produttori europei restassero indietro.
Tutto bene? No. Perché c’è un enorme lavoro da fare nella produzione di energia e nella rete delle colonnine per le ricariche. E perché non c’è ragione al mondo per escludere in sede politica altre soluzioni tecnologiche, come l’idrogeno e i combustibili bio. Il tutto a tacere della questione ambientale, che i medesimi organi d’informazioni trattano con toni accorati, ma in altre pagine. Non comunicanti.
Se la comunità politica talora non brilla per lucidità e coerenza è perché parte di una classe dirigente abitata anche da questo giornalismo. Se si vota e legge di meno, forse una ragione c’è.
L'articolo Fulminati proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
I due Hotel Francfort di David Leavitt
Dopo sei anni di silenzio, nel 2013 Leavitt torna con “I due Hotel Francfort”, un romanzo ambientato nel giugno del 1940, sui modi in cui le persone possono cambiare in circostanze eccezionali e non essere più le stesse.
È la fotografia di un’Europa alla viglia del disastro, che fa fatica a tenere in vita gli ultimi equilibri mentre dai confini di molte nazioni risuonano colpi di mortaio; una storia immersa nell’atmosfera tanto precaria quanto seducente del neutrale porto di Lisbona, città affollata di espatriati preoccupati di quello che stanno per perdere, in attesa di essere portati in salvo a New York dalla nave SS Manhattan. @L’angolo del lettore
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Firenze: le foibe furono una vendetta
A #Firenze hanno intitolato ai "#martiri delle #foibe" uno slargo con un muro sbrecciato lordo di #graffiti, usato come parcheggio e come ricettacolo per i cassonetti della spazzatura.
Un gesto più di scherno che di omaggio.
Ogni tanto qualcuno spezza o danneggia in altro modo la targa con il nome, che nel febbraio 2023 è stato sostituita per la terza volta almeno.
Giusto in tempo perché venisse corretta con la scritta "#Vendetta".
Una valutazione gelida e realistica. Imporre a Firenze i piagnistei della propaganda difficilmente avrebbe portato a risultati diversi: in città è diffusa da decenni, specie tra le persone serie, la propensione a non sentire alcuna appartenenza per lo stato che occupa la penisola italiana e a comportarsi di conseguenza nei confronti dei suoi propagandisti.
YO LA TENGO – THIS STUPID WORLD
iyezine.com/yo-la-tengo-this-s…
Questa prima parte di 2023, per fortuna, non ci sta riservando soltanto addii dolorosi a musicisti amati (Van Conner, Tom Verlaine e altri) ma anche eccellenti ritorni discografici, e uno di questi, senza dubbio, è rappresentato dal nuovo disco degli statunitensi Yo La Tengo, ormai veterani indie rockers sulle scene da quasi quattro decadi, che hanno dato alla luce il loro diciassettesimo album ufficiale, “This stupid world“. @Musica Agorà
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Ministero dell'Istruzione
Il Consiglio dei Ministri ha approvato oggi il decreto che ridisegna in parte la governance del #PNRR, presentato dal Ministro per gli Affari Europei Raffaele Fitto.Telegram
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ZEROGROOVE – EVERYDAY- KACZYNSKI EDITIONS 2023
Torniamo ad esplorare il fantastico mondo della Kaczynski Editions, un’etichetta davvero altera nel panorama underground italiano e lo facciamo con il disco di Zerogroove intitolato “Everyday”. Zerogroove è il progetto solista di uno dei due fondatori dell’etichetta, Giuseppe Fantini. @Musica Agorà
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Pubblicata #ThePETGuide, la guida dell' ONU sulle tecnologie di miglioramento della #privacy per operare statistiche ufficiali
Agli Uffici nazionali di statistica (NSO) sono affidati dati che hanno il potenziale per guidare l'innovazione e migliorare i servizi nazionali, la ricerca e i benefici sociali. Tuttavia, c'è stato un aumento delle minacce informatiche sostenute, reti complesse di intermediari motivati a procurarsi dati sensibili e progressi nei metodi per reidentificare e collegare i dati a individui e tra più fonti di dati. Le violazioni dei dati erodono la fiducia del pubblico e possono avere gravi conseguenze negative per individui, gruppi e comunità.
Le statistiche ufficiali sono una fonte attendibile di informazioni per i governi di tutto il mondo per prendere decisioni informate e basate sui dati. Pertanto, l'ampiezza delle informazioni viene raccolta da una serie di fonti di dati come indagini sulle famiglie e sulle imprese, censimenti della popolazione, economici o agricoli, una varietà di registri amministrativi o persino dati del settore privato. Tali fonti di dati sono gli input per la compilazione di statistiche e indicatori sull'economia, l'ambiente e la società. In molti modi, le statistiche ufficiali offrono un'istantanea dello sviluppo e del tasso di progresso di un paese. Naturalmente, quanto più dettagliato è il livello dei dati di input, tanto più sfumate possono essere le statistiche ufficiali. Tuttavia, la raccolta, il trattamento e la diffusione di dati spesso sensibili devono proteggere la privacy delle persone e delle imprese. Inoltre, considerando gli uffici nazionali di statistica (NSO) come parte degli ecosistemi di dati nazionali e internazionali, gli NSO potrebbero potenzialmente condividere molti più dati se in grado di proteggere la loro privacy. Questo inevitabile compromesso è il fulcro di questo documento, o più concisamente: come possiamo utilizzare la tecnologia per mitigare i rischi per la privacy e fornire garanzie dimostrabili sulla privacy durante l'intero ciclo di raccolta, elaborazione, analisi e distribuzione di informazioni potenzialmente sensibili.Questo documento esplora gli attuali approcci alla protezione dei dati (ad esempio, l'anonimizzazione dei dati, il calcolo delle parti di input, i controlli e gli accordi contrattuali) e le relative limitazioni. Al fine di facilitare la sperimentazione su progetti pilota e una collaborazione efficace su casi d'uso del "mondo reale", il Task Team delle tecniche di tutela della privacy delle Nazioni Unite ha fondato il laboratorio PET delle Nazioni Unite.
Vengono introdotte due grandi categorie di PET (ad es. privacy di input, privacy di output), tra cui calcolo multipartitico sicuro, crittografia omomorfica, privacy differenziale, dati sintetici, apprendimento distribuito, zero-knowledge proof e ambienti di esecuzione attendibili.
Vengono presentati studi di casi dettagliati che comprendono una vasta gamma di casi d'uso in tutti i settori, sfruttano combinazioni di PET e coinvolgono la collaborazione tra le parti (come più NSO che lavorano insieme, NSO che lavorano con altre agenzie governative e NSO che lavorano con organizzazioni del settore privato). Quindici casi di studio descrivono implementazioni che si trovano nella fase concettuale o pilota e tre che sono state implementate in ambienti di produzione.
Questo documento fornisce una panoramica delle attività di definizione degli standard e identifica diversi nuovi standard rilevanti per il trattamento dei set di dati, compresi gli standard in fase di sviluppo e alcuni che sono un prodotto del principio di precauzione applicato alla definizione degli standard per l'intelligenza artificiale (IA).
Data l'espansione dell'attività che si occupa di PET e il contesto in cui possono essere applicati, gli standard sono presentati in due parti. La prima identifica gli standard essenziali con sezioni sulla crittografia e sulle tecniche di sicurezza. Il secondo considera gli standard indirettamente correlati che potrebbero influenzare l'ambiente - tecnico e organizzativo - in cui i PET possono essere implementati, con argomenti secondari su cloud computing, big data, governance, intelligenza artificiale e qualità dei dati. Per coloro che sono interessati al "quadro più ampio", è disponibile una sezione aggiuntiva sugli standard correlati.
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La povertà educativa in Italia è un problema, ma si potrebbe risolvere | L'Indipendente
"In un Paese con disparità territoriali profonde, un forte multiculturalismo di seconda generazione (sono circa 1,3 milioni i bambini stranieri o italiani per acquisizione) si auspica un intervento puntuale e ottimizzato, su strutture, personale e approcci. Non si tratta solo di risanare il giovane patrimonio umano in contesti periferici e creare un nuovo ecosistema di servizi per l’infanzia, adeguato alle nuove generazioni; occorre, come individuato dall’Osservatorio, considerare i giovani come risorse e non solo fasce da tutelare, attuare un cambiamento partecipativo e di ascolto, indirizzando i fondi alle reali necessità che chiede il nostro futuro."
La coscienza morta
Si applica anche a noi, adesso.
"From the accumulated evidence one can only conclude that conscience as such had apparently got lost in Germany, and this to a point where people hardly remembered it and had ceased to realize that the surprising "new set of German values" was not shared by the outside world. This, to be sure, is not the entire truth. For there were individuals in Germany who from the very beginning of the regime and without ever wavering were opposed to Hitler; no one knows how many there were of them — perhaps a hundred thousand, perhaps many more, perhaps many fewer — or their voices were never heard. They could be found everywhere, in all strata of society, among the simple people as well as among the educated, in all parties, perhaps even in the ranks of the N.S.D.A.P."
---
"E tutto sta a dimostrare che la coscienza in quanto tale era morta, in Germania, al punto che la gente non si ricordava più di averla e non si rendeva conto che il “nuovo sistema di valori” tedesco non era condiviso dal mondo esterno. Naturalmente, questo non vale per tutti
i tedeschi: ché ci furono anche individui che fin dall'inizio si opposero senza esitazione a Hitler e al suo regime. Nessuno sa quanti fossero (forse centomila, forse molti di piu, forse molti di meno) poiché non riuscirono mai a far sentire la loro voce. Potevano trovarsi dappertutto, in tutti gli strati della popolazione, tra la gente semplice come tra la gente colta, in tutti i partiti e forse anche nelle file del partito nazista."
Fr.#20 / Di artiste e prostitute digitali
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Artiste di strada, ma digitali
In questi giorni sono venuto a conoscenza di un fenomeno peculiare che ha preso piede in Cina. Non saprei esattamente come definirlo, quindi faccio prima a farvelo vedere:
Cosa sta succedendo? Quelle sono delle ragazze che stanno cantando, scherzando e chattando coi loro fan online. In streaming, sul marciapiede.
Perché? Beh, pare che sia merito di un nuovo algoritmo.
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La piattaforma cinese di streaming che usano queste ragazze infatti è dotata di un sistema di localizzazione che permette agli utenti di cercare streamer nelle loro vicinanze. Questo significa che chi fa streaming in zone più ricche avrà evidentemente una probabilità più alta di ricevere donazioni cospicue rispetto a chi invece si limita a streamare da casa sua, magari in un quartiere povero.
Ecco allora spiegato il motivo per cui decine di ragazze decidono di lavorare in strada piuttosto che nella comodità delle loro stanze.
La peculiarità è che molte di loro, come spiegato da Naomi Wu, non sono in condizioni di povertà. Anzi, spesso hanno un lavoro normale che fanno durante il giorno. D’altronde, l’attrezzatura che alcune si portano dietro è anche abbastanza costosa.
Insomma, non bisogna fare confusione: queste ragazze sono più vicine a delle artiste di strada che a delle mendicanti. La differenza, rispetto agli artisti di strada tradizionali, è che le loro performance vengono viste e apprezzate da remoto, da persone a 500 metri da loro o dall’altra parte della Cina.
Questo caso peculiare può insegnarci una cosa: gli incentivi funzionano. Funzionano così bene che una professione nata grazie al digitale si sta trasformando in uno strano ibrido phygital che incentiva decine di ragazze a mettersi in strada con luci e strumenti per lo streaming.
Forse bisognerebbe iniziare a riflettere sul potere diretto e indiretto che questi algoritmi hanno sulla nostra vita, e soprattutto ponderare sulle attuali e future capacità dei nostri governi di influenzare il comportamento di milioni di persone semplicemente attraverso sistemi di economia comportamentale e ingegneria sociale — come quelli già sperimentati anche in Italia.
Prostitute digitali, conseguenze reali
Sempre rimanendo nel tema delle nuove professioni digitali, vale la pena riportare una notizia di questi giorni che arriva dagli Stati Uniti: pare che a una ragazza, modella su OnlyFans, sia stata negata la Visa per l’accesso agli Stati Uniti.
La Visa è in pratica un’autorizzazione che deve avere chiunque voglia viaggiare verso gli Stati Uniti e che viene allegata al passaporto. In alcuni casi, quando sussistono situazioni particolari, la Visa può essere negata. Ad esempio nel caso in cui la persona abbia ricevuto condanne o sia accusata di altre attività illecite, come il contrabbando.
Oppure, come successo per la ragazza in questione, se la persona ha realizzato attività di prostituzione durante i 10 anni precedenti alla richiesta di Visa o se il suo viaggio sia in qualche modo finalizzato a compiere atti di prostituzione.
Non voglio entrare nella diatriba infinita sul considerare o meno l’attività su OnlyFans al pari della prostituzione, ma a quanto pare le autorità degli Stati Uniti la considerano tale. Ciò che conta qui è la capacità delle autorità governative di sorvegliare e analizzare i motivi del viaggio di una persona straniera, le sue attività professionali (magari anche secondarie) e il suo passato — fino a dieci anni prima!
Non mi stupisce che gli Stati Uniti facciano tali discriminazioni: è noto che i collettivisti-statalisti confondono sempre (volontariamente) il piano della moralità con quello della legalità. E questo impatta la libertà delle persone.
Scansiona il QR code con il tuo wallet LN oppure clicca qui!
Questo caso dovrebbe esserci d’esempio per comprendere i rischi derivanti proprio da queste capacità di sorveglianza dei nostri governi. I nostri dati saranno usati contro di noi. Sempre. E questo è anche il motivo per cui bisogna rigettare con forza qualsiasi proposta di identità digitale. Se ci riescono ora, figuriamoci cosa potranno fare con un sistema di identità digitale connesso a tutto ciò che siamo e facciamo.
Insomma, se proprio vuoi fare la modella su OnlyFans sappi che potresti essere considerata una prostituta a tutti gli effetti. Nulla in contrario, ma forse sarebbe il caso di imparare il valore dello pseudoanonimato e provare a considerare piattaforme e sistemi di pagamento alternativi che lasciano poche tracce, come Bitcoin. È chiaro che intermediari fiat come OnlyFans o come le piattaforme di pagamento non hanno assolutamente a cuore la riservatezza dei loro clienti.
Meme del giorno
Citazione del giorno
"Every form of happiness is private. Our greatest moments are personal, self-motivated, not to be touched. The things which are sacred or precious to us are the things we withdraw from promiscuous sharing.”
Ayn Rand
Articolo consigliato
La moralità dell'anonimato
Anonymity is dead, long live the anonimous! L’anonimato è morto, la privacy è morta. E anche noi, nel lungo periodo, siamo tutti morti. Se siete d’accordo, oggi inizierei così per parlare di un tema che stranamente non avevo ancora trattato su queste pagine: la moralità dell’anonimato…
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6 days ago · 5 likes · 2 comments · Matte Galt
Twitter Files: dalla censura politica al ban di Trump
Nelle scorse settimane Elon Musk ha distribuito ad alcuni giornalisti migliaia di documenti e comunicazioni riservate di Twitter. L’analisi di questi documenti ha dato vita a un piccolo cataclisma.
Le prime notizie che arrivano dai “Twitter Files” raccontano di inquietanti scoperte sui meccanismi di “moderazione” della piattaforma, tra top manager e team di moderazione palesemente politicizzati e sistematiche ingerenze da parte delle agenzie di intelligence. La storia raccontata finora dai giornalisti che hanno messo mano ai Twitter Files, attraverso dei lunghi thread pubblicati proprio su Twitter, parte dal 2020 e arriva fino ai giorni nostri.
Il materiale pare sia molto, e c’è sicuramente ancora tanto da raccontare, ma oggi voglio dare la possibilità ai lettori di farsi un’idea, ripercorrendo insieme le parti più rilevanti di tutta la vicenda.
Iniziamo.
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Gli strumenti di Twitter
Come racconta Matt Taibbi nel primo thread sui Twitter Files, nel corso del tempo Twitter fu costretta a sviluppare e costruire degli strumenti di censura che durante i primi anni di vita della piattaforma erano invece assenti.
Presto molte persone si resero conto della potenza di questi strumenti, e pian piano furono messi a disposizione di autorità governative ed esponenti di partiti politici che di volta in volta chiedevano alla piattaforma di rimuovere contenuti sgraditi. Nel 2020 le richieste di questo tipo erano praticamente una prassi consolidata.
Questi strumenti di “moderazione” erano a disposizione, in teoria, di ogni parte politica. Il problema è che sembra che non ci fossero dei canali ufficiali a cui fare riferimento, ma che fosse invece un’attività che veniva fatta attraverso contatti personali con dipendenti interni di Twitter.
Perché dico che è un problema? Dovete sapere che prima dell’arrivo di Elon Musk e dei licenziamenti collettivi, più del 98% dei dipendenti di Twitter erano dichiaratamente Democratici (cioè progressisti di sinistra) — come mostrano dai dati riportati da Matt Taibbi nel suo primo thread.
Per un mero dato statistico, i Democratici avevano quindi molte più possibilità di ottenere la rimozione di contenuti rispetto ai Repubblicani.
Prima di continuare…
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La censura arbitraria dei progressisti
La giornalista Bari Weiss, nel secondo thread dedicato ai Twitter Files conferma poi ciò che molti “complottisti” dicevano da tempo, nonostante le dichiarazioni pubbliche contrarie da parte di Vijaya Gadde: sì, lo shadow ban esiste.
Il team di moderazione di Twitter aveva infatti l’abitudine di creare delle vere e proprie blacklist di utenti a cui limitare la visibilità e la reach dei contenuti.
Il gruppo interno che gestiva questo tipo di censura era chiamato “Strategic Response Team - Global Escalation Team”. Nel gruppo, dice Bari Weiss, c’erano Vijaya Gadde (Legal, Policy, and Trust) e Yoel Roth (Trust & Safety), oltre ai CEO — prima Jack Dorsey e poi Parag Agrawal.
Gli account più colpiti da queste blacklist e shadowban erano quelli di persone della destra conservatrice e in generale account con opinioni contrarie a quelle progressiste in merito a questioni riguardanti LGBT o sulle elezioni presidenziali del 2020.
Un esempio paradigmatico fu quello di Chaya Raichik, “Libs of TikTok” (che seguo con molto piacere, anche su substack), che solo all’inizio del 2022 fu bannata per ben sei volte. Nel suo caso il pregiudizio politico era evidente: non solo l’account veniva sospeso arbitrariamente, ma Twitter non fece nulla per bannare le persone che doxxarono l’indirizzo di residenza di Chaya e che regolarmente la minacciavano di morte. Se non sbaglio, qualcuno di quei post è ancora online.
Le motivazioni che sostenevano la maggior parte delle censure di post e sospensione degli account erano puramente politiche, in base alle idee dei team di moderazione e dei manager come Yoel Roth.
Proprio lui scrisse nel 2021: “The hypothesis underlying much of what we’ve implemented is that if exposure to, e.g., misinformation directly causes harm, we should use remediations that reduce exposure, and limiting the spread/virality of content is a good way to do that”.
Cosa si intende Roth per “misinformation”? Ovviamente, tutto ciò che è contrario alla narrativa Dem e alle sue personalissime idee.
Al contrario di quanto pubblicamente affermato da Twitter nel corso degli anni, molte delle scelte di rimozione di contenuti non erano fatte sulla base di elementi oggettivi, ma in base a interpretazioni personali degli executives e dei team di moderazione, per poi essere giustificate di volta in volta con le policy più adeguate.
Un chiaro esempio dell’arbitrarietà e dei pregiudizi dei team di moderazione viene da uno scambio tra Yoel Roth e un collega il 7 gennaio 2021, in cui discutono su come “moderare” il movimento “#stopthesteal”, che durante l’elezione del 2020 sosteneva ci fossero gravi irregolarità nel processo elettorale, soprattutto per quanto riguarda i voti via posta.
Il movimento, ritenuto fonte di disinformazione, venne presto censurato da Twitter. L’obiettivo in quel caso era duplice: da una parte censurare i post degli esponenti del movimento, e dall’altra lasciare libertà al “counterspeech”, cioè ai post dei progressisti di sinistra che usavano lo stesso hashtag per sostenere tesi contrarie.
Un altro esempio di arbitrarietà e faziosità politica arriva da queste comunicazioni del 7 di gennaio 2021 (24 ore prima del ban di Trump), in cui il team di moderazione si trova a discutere perfino su come punire gli utenti che ripostavano foto dei tweet di Trump senza alcun intento politico, ma per criticare le scelte di moderazione di Twitter, come in questo caso:
Il ban di Trump
La terza, quarta e quinta parte dei Twitter Files affrontano invece gli eventi che portarono l’8 gennaio 2021 al ban di Trump — il caso di deplatforming più famoso e più grave al mondo. La storia prosegue con i contributi di Matt Taibbi e Michael Shellenberger, che offrono uno spaccato sui mesi e giorni precedenti al ban di Trump.
Già dai primi mesi del 2020 Twitter era un insieme scomposto di sistemi di sorveglianza e di censura automatizzati e persone con il potere di censurare arbitrariamente chiunque (beh, non proprio chiunque) sulla base di pregiudizi puramente ideologici e politici.
Come se questo non bastasse, man mano che le elezioni si avvicinavano gli executives di alto livello come Yoel Roth iniziavano ad intrattenere sistematicamente relazioni con FBI e varie altre agenzie federali come l’Homeland Security e la National Intelligence. Era in questi incontri che spesso si decideva come e quali tweet censurare. Principalmente, ça va sans dire, di Trump e altri account Repubblicani — che in quel periodo erano molto attivi per denunciare problemi col processo elettorale.
A conferma della frequenza e normalità degli incontri ci sono alcuni scambi tra il team marketing di Twitter e il Policy Director Nick Pickles. Il team chiedeva se fosse possibile descrivere il processo di moderazione di Twitter come un misto di “machine learning, human review e partnership con esperti”, a cui Nick rispose: “non so se definirei FBI e DHS come esperti”.
La pressione politica fuori e dentro Twitter in quel periodo si poteva tagliare con il coltello.
In questo periodo Trump era già stato sospeso diverse volte. Secondo le policy di Twitter, ci sono una serie di “strike” prima che l’account possa essere bannato definitivamente. A Trump ne rimaneva uno; un’ultima violazione, di una qualsiasi policy interna, avrebbe causato il suo ban definitivo.
Trump però non era una persona qualunque. I suoi tweet avevano un valore “pubblico” non indifferente. La questione era nota anche internamente a Twitter, che infatti ha una “public interest policy” che prevede delle eccezioni in caso di violazioni per tweet e account che abbiano un certo valore nell’interesse pubblico.
Proprio per questo, il 7 gennaio 2021 l’onnipresente Yoel Roth scrive a un collega che nel caso di Trump l’idea era quella di "bypassare le tutele del “public interest e fare in modo che potesse essere bannato alla prima violazione di una qualsiasi policy interna". La decisione ai piani alti era già presa da tempo. Trump doveva essere bannato, bisognava solo trovare una qualsiasi giustificazione.
La pressione interna in quei giorni era altissima. Vi ricordo che molti dipendenti in Twitter erano progressisti democratici, che dopo gli eventi del 6 gennaio ce l’avevano a morte con Trump e con chiunque la pensasse diversamente da loro (ma questo è ricorrente). Nelle chat interne circolavano affermazioni come queste:
“Non capisco la decisione di non bannare Trump data la sua istigazione alla violenza”
“Dobbiamo fare la cosa giusta e bannare il suo account”
“Ha chiaramente tentato di sovvertire il nostro ordine democratico… se non è questo un buon motivo per bannarlo, non so cosa possa esserlo”
Come riporta di nuovo Bari Weiss nella quinta parte dei Twitter Files, l’8 gennaio 2021 — a poche ore dal ban di Trump — il Washington Post pubblicò perfino una lettera aperta firmata da 300 dipendenti di Twitter che chiedevano a Jack Dorsey di bannare per sempre Trump — a prescindere da qualsiasi valutazione di merito.
Quel giorno Trump postò due volte:
Poche ore dopo il primo tweet Vijaya Gadde scrisse in una chat interna: “potremmo interpretare ‘American Patriots […] will not disrespected or treated unfairly in any way, shape or form’ come una istigazione alla violenza”.
L’istigazione alla violenza sarebbe stato l’ultimo strike necessario per bannare Trump definitivamente. L’interpretazione però era controversa e neanche Vijaya era sicura di questa strada. Sempre nella stessa chat qualcuno disse che “American Patriot” poteva essere inteso come un chiaro riferimento ai manifestanti violenti di Capitol Hill (6 gennaio 2021) e questo avrebbe causato la violazione della “Glorification of Violence policy”.
Insomma, non c’era più alcun criterio di valuazione, se non la fantasia dei moderatori nell’interpretare il contesto del tweet di Trump. La tensione era talmente alta che nelle ore successive al tweet Trump venne definito come il leader di un’organizzazione terroristica — comparabile perfino a Hitler.
Alla fine anche la “leadership” di Twitter dovette cedere alle pressioni, sia interne che esterne, e Trump venne bannato definitivamente a causa della supposta violazione della policy contro l’istigazione alla violenza.
Social Network… o strumento di sorveglianza dell’intelligence?
Il sesto e ultimo (per ora) thread sui Twitter Files, scritto poche ore prima dell’uscita di questa newsletter, mostra come le agenzie di intelligence, in particolare FBI e DHS, avessero da tempo rapporti continuativi, amichevoli e molto stretti con diversi referenti di Twitter. Uno su tutti Yoel Roth, che tra gennaio 2020 e novembre 2022 pare che abbia scambiato più di 150 email con l’FBI.
Ma l’FBI non si limitava a interagire con Twitter. L’agenzia aveva istituito una vera e propria task force di sorveglianza e analisi di post e account sulla piattaforma. L’ingerenza arrivava a tal punto da chiedere “informalmente” a Twitter i dati di localizzazione degli account flaggati — senza alcun mandato né indagine che giustificasse questa richiesta.
Contrasto al terrorismo? Indagini su crimini federali? Niente di tutto questo: pura sorveglianza e censura politica in materia elettorale. Venivano colpiti perfino di account satirici. Ma è questo il mandato dell’FBI? E davvero siamo disposti ad accettare un abuso di potere di questo tipo?
Un commento
La storia dei Twitter Files non è ancora finita, e certamente ci sono ancora molte domande che meritano risposta. Che dire di tutta la censura sul covid? Solo da poco Twitter ha annunciato di aver disattivato i filtri automatizzati su quei contenuti. E che dire di tutti gli account che sono stati ingiustamente silenziati e shadow-bannati da gennaio 2021 a oggi? Che ruolo ha avuto l’intelligence americana nella gestione occidentale della pandemia e nel flusso delle informazioni?
Politici e intellettuali, per lo più di sinistra, da anni tentano di persuaderci del bisogno di combattere la disinformazione. Ci dicono che è pericolosa, che bisogna proteggere le persone. Ma da cosa?
In un mondo dove tutto ormai è relativo e non esiste più alcun criterio oggettivo — in cui un giudice della Corte Suprema è incapace perfino di dare una definizione di donna; in cui per mesi si è detto tutto e il contrario di tutto su COVID e vaccini… cosa significa disinformazione?
La verità è che la lotta alla "disinformazione" non esiste. Esiste però una chiara volontà di censurare opinioni e idee che non siano aderenti all’ideologia dominante. Perché l’informazione è potere. Chi controlla l’informazione controlla le idee, che come sappiamo sono più potenti dei proiettili.
Controllare l’informazione serve per plasmare una narrativa capace di rendere le persone sempre più dipendenti dal sistema; convincerle a subire qualsiasi angheria e limitazione di libertà — per il loro bene. Non c’è nulla di nuovo, è così che i governi creano una massa di zombie pronti ad accettare qualsiasi cosa pur di sentirsi al sicuro.
È il modello cinese, quel modello che fin dal 1997 punisce chiunque diffonda informazioni potenzialmente sovversive dell’ordine stabilito. Il modello che i progressisti di tutto il mondo, da Washington a Bruxelles, vogliono applicare ai social network. Il Digital Services Act — non mi stancherò mai di ripeterlo — è questa cosa qua.
Allora oggi dobbiamo chiederci: perché mai qualcuno dovrebbe avere il potere di decidere fino a che punto può spingersi il pensiero prima di diventare illegale? E che impatto ha la censura (e l’annessa sorveglianza di massa) sul nostro mondo? Quanto di ciò che stiamo vivendo in questi anni è frutto dell’evoluzione naturale degli eventi e quanto invece è conseguenza del controllo e della manipolazione delle informazioni da parte di un nucleo ristretto di persone?
Leggi la seconda parte dei Twitter Files
Twitter Files: depistaggi politici e psy-ops
In queste settimane numerosi giornalisti sono alle prese con documenti e comunicazioni riservate di Twitter diffusi da Elon Musk. Li chiamano “Twitter Files”. I primi cinque Twitter Files hanno rivelato i meccanismi interni alla moderazione di Twitter, tra manager politicizzati con deliri di onnipotenza e interferenze da parte dell’intelligence. Oggi sc…
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2 months ago · 2 likes · Matte Galt
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Questo diario è il resoconto del lungo viaggio in moto attraverso l’America Latina intrapreso dal “Che” – ancora studente della facoltà di medicina – con il suo amico e compagno di studi Alberto Granado, tra il ‘51 e il ‘52.
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Lavorare per conusmare di più | Comune-info
"Non è una teoria complottista quella che vede i consumatori ultimi ingranaggi di un meccanismo che punta a massimizzare produzione e profitti (per pochi) impoverendo la maggior parte di noi. L’esplosione di servizi finanziari, anche particolarmente rischiosi, per rateizzare in ogni modo i pagamenti ne rappresentano il suggello."
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Attacchi informatici ed altre sciagure: 5 minacce di un futuro tremendo
#web #internet
Di attacchi informatici ed altre sciagure: 5 minacce di un futuro tremendo
Gli attacchi informatici sono sempre più frequenti e sofisticati. Per fronteggiarli serve un mix di competenze umane e tecnologie.Gianluca Riccio (FuturoProssimo)
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Chiude l'istanza mastodon.lol a causa dei #SJW di #HogwartsLegacy
Questo è lo sfogo dell'amministratore
Mastodon.lol chiuderà il 9 maggio 2023, 3 mesi da oggi.
Informazioni su come migrare su un server diverso: docs.joinmastodon.org/user/mov…Non lo farò più. Non ne vale la pena. Attacchi personali che mi chiamano tra tutte le persone un nazista, un TERF, un antisemita...
Congratulazioni per aver distrutto qualcosa a cui tenevo così profondamente. Spero tu sia felice.
Un ultimo messaggio prima che qualcuno cerchi di assassinare ulteriormente il mio personaggio: Fanculo i nazisti. Fanculo i TERF. JK Rowling può morire in un incendio per quello che mi interessa.
L'autore non voleva dare spazio ai Social Justice Warrior che hanno deciso di spoilerare l'ultimo videogioco basato sulla saga di Harry Potter e di distruggere l'ambiente di un'istanza mastodon gestita per amore e piacere. E loro l'hanno accusato di essere un nazista.
Perché? ma naturalmente... "per un bene superiore"!
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Che succede nel Fediverso? reshared this.
"Abbiamo provato a gestire un'istanza Mastodon ed è stato terribile!" E no, non stiamo parlando di poliversity.it :-)
Allevare un mastodonte in giardino è pericoloso!
FT Alphaville è un servizio quotidiano di notizie e commenti per i professionisti dei mercati finanziari creato dal Financial Times nell'ottobre 2006. A novembre scorso i responsabili del sito hanno pensato di aprire un'istanza Mastodon, ma hanno dovuto confrontarsi con la tipica flessibilità e il leggendario coraggio che contraddistingue gli Inglesi quando il rischio di un'iniziativa non ricade su una société anonyme o una limited company o più semplicemente qualche outsourcer indiano o maltese...
Ecco tutta la storia
Qualche mese fa, FT Alphaville ha pensato che sarebbe stato divertente ospitare un server Mastodon. Ragazzi, abbiamo sbagliato!
È quindi con sollievo e rammarico che annunciamo la chiusura di Alphaville.club, la casa completamente non ufficiale di questo blog sul Fediverso. Le nostre ragioni sono elencate di seguito per intero ma, per riassumere, Mastodon si è rivelato più fastidioso di quanto valesse.
Se ti sei registrato tramite Alphaville.club, il passaggio a un server esistente dovrebbe essere semplice . Intendiamo dare a tutti tre mesi per liberare (come suggerisce il Mastodon Server Covenant ) anche se se il traffico scende a zero ci riserviamo il diritto di staccare la spina prima.
Nel frattempo, a beneficio dei miliardari bisognosi e/o del team Distressed Debt & Special Situations di Morgan Stanley, ecco alcune cose che abbiamo imparato sul perché assumersi la responsabilità di un sito di social media è una cattiva idea:
I rischi di conformità, sicurezza e reputazione sono sostanziali e crescono in modo imprevedibile. Sebbene in gran parte ipotetici, questi rischi sono stati giudicati abbastanza seri da esercitare una gestione ai massimi livelli . Quelle persone hanno cose migliori da fare che ripulire il nostro casino.
Il lato legale è tutto questo ancora una volta mille volte. Prendiamo, ad esempio, lo UK Investigatory Powers Act 2016. Le persone diligenti hanno passato anni a capire come le sue parole imprecise si applicano alle organizzazioni dei media. Queste stesse conclusioni valgono per una sorta di silos di contenuti generati dagli utenti, ma non realmente decentralizzato? Non so. L'unico posto per scoprirlo con certezza sarebbe in tribunale, e preferiremmo proprio di no.
I proprietari dei server Mastodon sono responsabili delle diffamazioni dei loro utenti? È improbabile ma, quando la diffamazione coinvolge i giudici, non impossibile. Ancora una volta, il valore della scoperta è controbilanciato dal costo della scoperta.
Gli amministratori di Mastodon hanno accesso ai messaggi diretti di tutti per impostazione predefinita. FTAV non ha alcun interesse a scivolare senza invito nei DM di nessuno e il modo migliore per dimostrarlo è rimuovere tutte le opportunità.
Tutto quanto sopra è scritto dal punto di vista del Regno Unito, ma gli avvocati sono letteralmente ovunque . Probabilmente ce n'è uno dietro di te in questo momento.
E il GDPR ? Rimozione del Digital Millennium Copyright Act? Normative sul commercio elettronico ? CAN-SPAM? FTAV tratta i dati degli utenti con una combinazione di disinteresse e disinteresse, ma ciò non è sufficiente a garantire il rispetto di tutte le leggi e normative globali pertinenti.
Per ovvi motivi, non possiamo usare il trucco di BigTech di concentrare gli sforzi di lobbying mettendo tutti i nostri server in Lussemburgo o in Irlanda.
La proprietà responsabile di una rete di social media richiede backup giornalieri, memorizzazione nella cache dei livelli, monitoraggio dei tempi di inattività, bilanciamento del carico e un mucchio di cose tecnologiche che probabilmente non darebbero problemi a una persona che non possiede una rete di social media.
Nessuna delle cose appena citate è divertente.
I servizi cloud funzionano secondo il principio del California Hotel: è facile iniziare, ma non appena entri, sei bloccato. Dopo appena un mese la nostra presenza Fediverse appena visibile occupava 160 gigabyte e ogni aggiornamento obbligatorio del server ha avuto un effetto esponenziale sul costo, misurato in contanti o carbonio. Nuclearizzare tutto sembra davvero l'unica via d'uscita.
L'utilizzo di build software e servizi cloud di terze parti significa fidarsi dei loro termini e condizioni, il che richiede di leggerli effettivamente.
Una rata di interessi sul nostro debito sindacato scadrà già alla fine di gennaio e non possiamo licenziare il personale o riconquistare inserzionisti, non avendo nessuno dei due.
Come abbiamo detto a novembre, Alphaville.club era una cosa non ufficiale che sarebbe vissuta o sarebbe morta in base ai propri meriti. Abbiamo scoperto che la risposta è stata "sarebbe morta" - ma per quanto gli esperimenti falliti non siano piacevoli, il nostro non è costato a nessuno $ 44 miliardi. Questo è già qualcosa,
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Accipuffa, dobbiamo lavorare per gestire un server e un'applicazione con utenti. Eccheccazzo: noi mica ci si vuole sbattere, ti pare? Non siamo abituati a lavorare: noi scriviamo su un social e qualcun altro fa il resto. Già scrivere 140 caratteri fa sudare...
🤦🏻♂️ Vabbè, meglio perderli che trovarli.
@fediverso @informapirata
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UNESCO - Ecco le Linee guida per la regolamentazione delle piattaforme digitali: un approccio multilaterale per salvaguardare la libertà di espressione e l'accesso alle informazioni".
@Giornalismo e disordine informativo
L'UNESCO invierà la seconda bozza a tutti i partecipanti alla Internet for Trust Global Conference. La Conferenza globale dell'UNESCO si terrà dal 21 al 23 febbraio presso la sede dell'UNESCO a Parigi. Il documento di orientamento si concentrerà su strutture e processi per aiutare a proteggere gli utenti da contenuti che danneggiano la democrazia e i diritti umani, rispettando allo stesso tempo la libertà di espressione.
Il progetto di linee guida evidenzia i presupposti cruciali per un'autorità di regolamentazione indipendente e invita a rafforzare l'indipendenza e la trasparenza dei sistemi di regolamentazione . Qualsiasi sistema normativo dovrebbe essere:
- finanziato in modo sufficiente e trasparente
- "indipendente e libero da pressioni economiche o politiche"
- basato su “un processo di nomina dei membri indipendente e basato sul merito , supervisionato da un organo di controllo” e un processo di licenziamento debitamente giustificato e approfondito
- trasparente su ogni possibile conflitto di interessi tra i suoi membri.
- responsabile nei confronti di un organismo indipendente
- consapevole del diritto internazionale dei diritti umani.
Le linee guida saranno presentate e discusse alla Global Conference Internet for Trust il 21-23 febbraio 2023. Una versione finale è prevista nei mesi successivi alla conferenza.
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1a relazione del #SEAE sulla manipolazione delle informazioni estere e sulle minacce di interferenza
@Giornalismo e disordine informativo
Il rapporto è stato presentato dall'alto rappresentante dell'UE Josep Borrell a una conferenza dell'UE di alto profilo sulla manipolazione e l'interferenza delle informazioni straniere (FIMI), che si svolge a Bruxelles.
Il rapporto mira a creare una comprensione comune e formulare una risposta collettiva e sistematica alla FIMI.
L'analisi si basa su 100 casi FIMI (incidenti) continuamente rilevati e analizzati tra il 1 ottobre e il 5 dicembre 2022. L'ecosistema della propaganda russa è stato coinvolto in 88 casi, mentre i canali ufficiali cinesi sono stati segnalati attivi in 17 casi, operando congiuntamente in cinque incidenti, principalmente legati a contenuti anti-occidentali.
Tra i risultati chiave del rapporto, Josep Borrell ha citato prove evidenti che la Russia ha mobilitato tutti i suoi strumenti per le campagne di disinformazione (le sue agenzie di stampa controllate dallo stato, le reti diplomatiche e attraverso i suoi delegati) per distorcere sistematicamente la realtà e distogliere l'attenzione pubblica dalla sua invasione militare dell'Ucraina. In particolare, i canali diplomatici della Russia fungono regolarmente da facilitatori delle operazioni della FIMI.
Il rapporto conferma inoltre che esiste una nuova ondata di tecniche di disinformazione utilizzate dalla Russia, con tecnologie economiche per fabbricare immagini e video falsi.
“Non esitano a creare falsi siti Web per impersonare media attendibili. Il contenuto viene amplificato alla velocità della luce e pubblicato su social network, servizi di messaggistica e canali di propaganda"
, ha affermato Borrell.
"La Russia ha costruito reti e un'infrastruttura per fuorviare, mentire e destabilizzare... Per erodere la fiducia nelle istituzioni", ha concluso Borrell. “…L'informazione è l'olio del motore della democrazia. Dobbiamo prenderci cura della qualità dell'informazione perché è la linfa, il sangue, il petrolio, ciò che fa funzionare la democrazia”.
Questo è il motivo per cui questo rapporto potrebbe essere utile per i media, i governi e le istituzioni dell'UE, ha affermato Borrell.
I principali risultati di questo rapporto, sulla base dei campioni utilizzati, sono:
- L'invasione su vasta scala dell'Ucraina da parte della Russia domina l'attività FIMI osservata. L'Ucraina ei suoi rappresentanti sono stati l'obiettivo diretto di 33 incidenti. In 60 incidenti su 100, sostenere l'invasione è stata la motivazione principale dietro l'attacco.
- I canali diplomatici sono parte integrante degli incidenti FIMI. I canali diplomatici della Russia fungono regolarmente da facilitatori delle operazioni della FIMI. Sono distribuiti su un'ampia gamma di argomenti. La Cina utilizza anche canali diplomatici, prendendo di mira principalmente gli Stati Uniti.
- Le tecniche di impersonificazione diventano più sofisticate. Le imitazioni di organizzazioni e individui internazionali e fidati sono utilizzate da attori russi in particolare per prendere di mira l'Ucraina. I media cartacei e televisivi sono spesso imitati, con le riviste che vedono copiato il loro intero stile.
- La collusione tra attori FIMI esiste ma è limitata. Gli attori russi ufficiali sono stati coinvolti in 88 incidenti FIMI analizzati. In 17 sono stati coinvolti attori cinesi. In almeno 5 casi, entrambi gli attori si sono impegnati congiuntamente.
- FIMI è multilingue. Gli incidenti non si verificano in una sola lingua; il contenuto è tradotto e amplificato in più lingue. Gli incidenti hanno riguardato almeno 30 lingue, 16 delle quali sono lingue dell'UE. La Russia utilizzava una maggiore varietà di lingue rispetto agli attori cinesi, ma il 44% dei contenuti russi era rivolto a popolazioni di lingua russa, mentre il 36% era rivolto a popolazioni di lingua inglese.
- FIMI ha principalmente lo scopo di distrarre e distorcere. La Russia (42%) e la Cina (56%) intendono principalmente attirare l'attenzione su un attore o una narrazione diversa o spostare la colpa ("distrarre"). La Russia tenta di cambiare l'inquadratura e la narrazione ("distorcere") relativamente più spesso (35%) rispetto alla Cina (18%).
- FIMI rimane principalmente basato su immagini e video. La produzione e la distribuzione online di immagini e video in modo semplice ed economico rende questi formati ancora i più comunemente utilizzati.
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Giornalismo e disordine informativo reshared this.
In Sicilia l’alternanza scuola-lavoro si farà anche alla base NATO di Sigonella | L'Indipendente
"Oltre 350 studenti potranno ora svolgere percorsi di alternanza scuola-lavoro (i cosiddetti percorsi di PCTO) all’interno della base militare NATO di Sigonella, dedicandosi in particolare alle attività di riparazione e manutenzione dei veicoli di guerra. L’iniziativa è stata immediatamente contestata dagli attivisti NoWar siciliani, dai sindacati di base del personale scolastico (tra i quali Cobas e Usb), dall’Arci Sicilia e dal Movimento No MUOS, che chiedono lo stop una volta per tutte alla militarizzazione della scuola."
Roberto Resoli
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