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La Cina punta a dirottare satelliti? L’allarme dell’intelligence


La Cina starebbe preparando un arsenale di sofisticate armi cibernetiche con l’obiettivo di prendere il controllo dei satelliti avversari, incapacitandoli o dirottandoli a piacimento. A dirlo sarebbe la stesa Cia, secondo un report dell’Intelligence ripre

La Cina starebbe preparando un arsenale di sofisticate armi cibernetiche con l’obiettivo di prendere il controllo dei satelliti avversari, incapacitandoli o dirottandoli a piacimento. A dirlo sarebbe la stesa Cia, secondo un report dell’Intelligence ripreso dal Financial Times, parte del materiale trafugato e diffuso da Jack Teixeira, il ventunenne membro dell’Intelligence della Guardia nazionale aerea del Massachusetts arrestato dall’Fbi con l’accusa di aver pubblicato documenti riservati statunitensi. Secondo l’agenzia statunitense, Pechino starebbe spingendo sullo sviluppo di nuove capacità per negare, sfruttare o dirottare i satelliti nemici come parte di una strategica per il controllo delle informazioni, considerato dagli strateghi della Repubblica popolare un dominio-chiave nel combattimento in caso di guerra.

Lezioni ucraine

La guerra in Ucraina ha dimostrato quanto importanti siano i satelliti per la conduzione di operazioni militari nei moderni scenari operativi. La parte più visibile dei combattimenti, fatta di movimenti di fanteria, corazzati e artiglieria, benché ricordino i conflitti mondiali del Novecento, sarebbero impossibili senza la dimensione cibernetica e spaziale, in una vera e propria fusione tra i concetti di convenzionale e ibrido. Alla vigilia dell’invasione del 24 febbraio 2021, il massiccio attacco cyber russo ai danni della rete militare ucraina è stato essenziale per garantire i primi successi delle forze russe sul campo, così come il ripristino delle capacità informatiche grazie ai satelliti di SpaceX è stato cruciale per le difese di Kiev. Lezioni che stanno venendo studiate con molta attenzione anche da Taiwan, impegnata nella costruzione di una infrastruttura di comunicazioni satellitare capace di sopravvivere a un attacco da parte cinese nell’eventualità di una invasione.

Prendere il controllo dei satelliti

Ma secondo il documento della Cia, le capacità di Pechino sarebbero ben più avanzate e sofisticate da quelle dimostrate da Mosca sui campi di battaglia ucraini, dove la Russia ha attaccato i satelliti di Kiev con un approccio basato sulla pura forza bruta, lanciando segnali elettronici di jamming che hanno interferito con le frequenze dei satelliti obiettivo. La Cina, invece, non vuole semplicemente a disturbare o degradare il segnale. Punta a sfruttare la dimensione cyber per copiare esattamente il segnale che da terra raggiunge il satellite in orbita e “prenderne il controllo, rendendoli inefficace a supportare le comunicazioni, si sistemi d’arma o di Intelligence, di sorveglianza e di ricognizione”.

Il “sogno cinese” oltre l’atmosfera

Se l’Ucraina ha potuto contare per il recupero delle proprie capacità di comunicazione sulla rete di satelliti di Elon Musk, l’obiettivo della Cina è proprio quello di colpire questo tipo di infrastrutture orbitali. I satelliti comunicano tra loro, operando in insiemi interconnessi che rilanciano segnali e comandi ai sistemi d’arma o riportano a terra dati, immagini e informazioni. Riuscire a infiltrarsi nel canale di queste comunicazioni apre a ogni tipo di scenario, dalla messa fuori uso di intere costellazioni all’invio di ordini contraddittori o informazioni false. Come registrato dal comandante della Us Space force, il generale B. Chance Saltzman, al Congresso, l’obiettivo di Pechino è realizzare il suo “sogno spaziale”: diventare la prima potenza oltre l’atmosfera terrestre entro il 2045. “La Cina continua a investire in modo aggressivo in tecnologie destinate a disturbare, degradare e distruggere le nostre capacità spaziali”, ha dichiarato Saltzman, portando i dati di questo sforzo da parte cinese. L’Esercito di liberazione popolare schiera attualmente 347 satelliti, di cui 35 lanciati negli ultimi con l’obiettivo di monitorare, tracciare, colpire e attaccare le forze statunitensi in qualsiasi futuro conflitto.


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L’ultimo saluto alla poetessa Salma Khadra Jayyussi, icona intellettuale per la cultura mondiale


La grande intellettuale aveva appena compiuto 95 anni, oltre la metà dei quali spesi a far conoscere la letteratura e la cultura araba a livello internazionale. L'articolo L’ultimo saluto alla poetessa Salma Khadra Jayyussi, icona intellettuale per la cu

di Patrizia Zanelli*

Pagine Esteri, 21 aprile 2023. Giovedì, 20 luglio 2023, è venuta a mancare una figura straordinaria, una delle voci più citate e amate della Palestina. È infatti scomparsa ad Amman la celebre poetessa palestinese Salma Khadra Jayyusi, un nome presente nelle biblioteche universitarie e di innumerevoli case private di tutto il mondo. La grande intellettuale aveva appena compiuto 95 anni, oltre la metà dei quali spesi a far conoscere la letteratura e la cultura araba a livello internazionale tramite le sue pubblicazioni in inglese. La poetessa, che infatti era anche un’accademica e traduttrice, ci lascia oltre quarantacinque libri, soprattutto saggi e antologie. La sua era stata una vita davvero intensa e affascinante che non si può fare a meno di ricordare brevemente.

Nata il 16 aprile 1925 nella città giordana di Salt da padre palestinese – un avvocato e attivista nazionalista – e madre libanese, Salma Khadra trascorre quasi tutta l’infanzia in Palestina, tra Acri e Gerusalemme, dove completerà gli studi secondari presso l’istituto femminile tedesco Schmidt College. Studierà poi letteratura araba e inglese all’Università Americana di Beirut. Tornata a Gerusalemme, insegnerà in un istituto femminile, specializzato nella formazione delle docenti delle primarie. Nel 1946, sposa Burhan Jayyusi, un diplomatico giordano di origini palestinesi.

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Con la Nakba del 1948, Salma Khadra e il marito dovranno lasciare Gerusalemme e non potranno più tornare in Palestina. Negli anni ’50, mentre soggiornano a Bagdad, lei comincia a frequentare gli ambienti letterari dell’allora capitale della poesia araba. Conosce due figure pionieristiche della scuola poetica irachena, la poetessa, studiosa e docente universitaria Nazik Mala’ika (1923-2007) e il poeta Badr Shakir al-Sayyab (1926-1964), che la ispireranno molto. Nel 1960, Salma Khadra si trasferisce con il marito a Beirut e, nello stesso anno, pubblica la sua prima raccolta di poesie, “Il ritorno dalla fonte sognante”.

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Nel 1970, invece, ottiene il dottorato in Letteratura Araba presso l’Università di Londra. Pubblicherà la sua tesi Trends and Movements in Modern Arabic Poetry (Brill, 1977), un’importante monografia in due volumi. Insegnerà in varie università e lancerà progetti di ricerca e di traduzione, coinvolgendo il mondo accademico internazionale. Insignita di più riconoscimenti prestigiosi, tra cui il Premio Edward Said, nel 2005 – anno in cui è tra le cinque donne palestinesi candidate al Nobel per la Pace – e la “Medaglia di Gerusalemme”, nel 2019, è stata definita la “decana della letteratura araba” e “un’istituzione culturale”. Durante un’intervista rilasciata nel 2020 al quotidiano emiratino Gulf News, Salma Khadra Jayyusi ha dichiarato: “Chiunque cerchi di riunire il mondo ha una missione politica, che è molto benevola e umanista. Questo è l’obiettivo della mia vita… Le mie poesie parlano del fatto di essere umani”. Nel marzo 2023, la stessa poetessa e accademica palestinese ha ricevuto il Premio Mahmud Darwish per la Creatività.

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Patrizia Zanelli insegna Lingua e Letteratura Araba all’Università Ca’ Foscari di Venezia. È socia dell’EURAMAL (European Association for Modern Arabic Literature). Ha scritto L’arabo colloquiale egiziano (Cafoscarina, 2016); ed è coautrice con Paolo Branca e Barbara De Poli di Il sorriso della mezzaluna: satira, ironia e umorismo nella cultura araba(Carocci, 2011). Ha tradotto diverse opere letterarie, tra cui il romanzo Memorie di una gallina (Ipocan, 2021) dello scrittore palestinese Isḥāq Mūsà al-Ḥusaynī, e la raccolta poetica Tūnis al-ān wa hunā – Diario della Rivoluzione (Lushir, 2011) del poeta tunisino Mohammed Sgaier Awlad Ahmad. Ha curato con Sobhi Boustani, Rasheed El-Enany e Monica Ruocco il volume Fiction and History: the Rebirth of the Historical Novel in Arabic. Proceedings of the 13th EURAMAL Conference, 28 May-1 June 2018, Naples/Italy (Ipocan, 2022).

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VV. AA - Urla dal Granducato Vol.3


Ha urlato Ginsberg e ha urlato anche Munch, hanno urlato le nostre mamme se, subito dopo aver passato la cera, ci vedevano entrare in casa con le scarpe bagnate ed infangate; pare abbia urlato anche il signor Sbravati  quando nel suo garage, facendo lavoretti da neo pensionato, si schiacciò un dito sette anni fa.

Chi scrive ha co-condotto per svariato tempo un programma radio titolato Urlatori Alla Sbarra (!) e non può che sentirsi affine a quello stuolo  agguerrito di giovani punx figli del Granducato di Toscana, i cui fasti vengono in questi giorni rinverditi da i sempre attenti ragazzi di Area Pirata, che ancora una volta pescano nel torbido di quegli anni irripetibili. @Musica Agorà

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Citto Maselli* Essere partecipi di una idealità come quella comunista non vuol dire soltanto esprimersi a favore di questa idealità, vuol dire vivere un pu


In CIna e Asia – Segni di dialogo tra Cina e Usa


In CIna e Asia – Segni di dialogo tra Cina e Usa Europa
I titoli di oggi:

Segni di dialogo tra Cina e Usa
Biden sente von der Leyen e Macron
Cina, Ding possibile leader per il clima in vista della cop28
Wagner Group ha chiesto aiuto alla Cina
BMW accusata di discriminare i clienti cinesi
Isole del Pacifico, l'Australia invita all'unità nello scontro Cina-Usa
Antartide, gli analisti allertano sulla nuova stazione di ricerca cinese

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TUNISIA. Si dà fuoco in segno di protesta. Il Paese nella morsa di Saied e della povertà


L’ex calciatore Nizar Issaoui si è ucciso davanti a un distretto di polizia dopo essere stato accusato di “terrorismo” perché si era lamentato del prezzo delle banane. L’inflazione esaspera il Paese di Saied, che cerca di strumentalizzare la rabbia dirott

di Valeria Cagnazzo

Pagine Esteri, 21 aprile 2023Tornare al fuoco – E’ morto giovedì 13 aprile per le ustioni di terzo grado riportate su tutto il corpo Nizar Issaoui, 35 anni, ex calciatore tunisino. Si era dato fuoco tre giorni prima davanti al distretto di polizia di Haffouz, un villaggio della regione di Kairouan nella Tunisia centrale, filmando con il cellulare fino alla fine il suo atto di protesta contro lo “stato di polizia” nel Paese. Fino alla fine: il volto sconvolto, le ultime frasi di denuncia, poi le fiamme improvvise sulla felpa scura, le urla dei presenti, il silenzio.

Una vita per il calcio, dalle giovanili fino alle squadre più importanti del campionato, poi il ritiro dallo sport e un’attività come agente di commercio. Era stato accusato di “terrorismo” dalle autorità tunisine dopo essersi lamentato pubblicamente del prezzo delle banane fissato da un commerciante a quasi 10 dinar al chilo (quasi 3 euro), il doppio del prezzo massimo fissato dal governo. “Per un litigio con qualcuno che vende le sue banane a dieci dinar, vengo accusato di terrorismo in una stazione di polizia. Terrorismo per una lamentela sulle banane”, lo si sente dire in un video postato sui social. Sarebbe stata quest’accusa a spingerlo, in un clima di proteste ed estrema tensione sociale, a suicidarsi dandosi fuoco. Poco prima, su Facebook, aveva scritto di “essersi condannato a morte”: “Non ho più energie. Fate sapere alla polizia che la sentenza sarà eseguita oggi stesso”.

La notizia del suicidio dell’ex calciatore ha fomentato la rabbia della popolazione tunisina, già mobilitata da mesi in proteste e scioperi contro il governo di Saied. I suoi funerali si sono trasformati in uno scontro tra i manifestanti e la polizia, che ha disperso la folla lanciando gas lacrimogeni.

Ritorna il fuoco nelle piazze in Tunisia, il fuoco che rievocando antichi incendi politici e sociali spaventa, terrorizza il potere, e potrebbe spingere il Presidente Saied a inasprire ulteriormente il pugno di ferro sul Paese nel tentativo di mantenersi saldo sulla sua poltrona. Era il 17 dicembre del 2010, oltre dodici anni fa, quando Mohamed Bouazizi, un fruttivendolo di 26 anni, si immolava sulla piazza del villaggio di Sidi Bouzid come Nizar Issaoui ha fatto pochi giorni fa. Il fuoco appiccato sul suo corpo avrebbe poi definitivamente infiammato la rivoluzione tunisina e in breve, da quella piazzetta sconosciuta in Tunisia, tutti i moti della primavera araba. La primavera sarebbe poi esitata nel ripristino dei vecchi regimi, se possibile più violenti e autoritari, o in estenuanti guerre civili, terreno fertile per la nascita di movimenti terroristici sanguinari, salvo che per quella che, almeno fino a qualche tempo fa, era considerata l’unica eccezione, il solo successo della rivoluzione che aveva sollevato il mondo arabo: la democrazia in Tunisia.

La rabbia e la fame – Le premesse che scatenarono la rivoluzione tunisina ci sono di nuovo tutte: l’inflazione sui prezzi alimentari, il taglio agli stipendi, la disoccupazione, la povertà. A queste si aggiunge, di nuovo, la repressione dell’opposizione politica e delle libertà fondamentali come quella di espressione. L’accusa di terrorismo e il presunto pestaggio in una stazione di polizia di un ex calciatore che si era lamentato del prezzo degli alimenti rappresentano l’emblema dell’esasperazione di un’intera popolazione.

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Proteste in Tunisia, fonte Twitter


Nel 2021, il Presidente tunisino Kais Saied, al potere dal 2019, ha sciolto il Parlamento e si è attribuito pieni poteri costituzionali. L’anno dopo di quello che è stato considerato un colpo di stato ha introdotto una nuova Costituzione di stampo islamista che ha rafforzato ulteriormente i suoi poteri. Le elezioni del 2022 sono state una farsa. Nelle piazze, i manifestanti sempre più spesso chiedono le dimissioni del Presidente che in pochi anni ha definitivamente distrutto i frutti della primavera, ma la repressione continua a inasprirsi. Non solo con la violenza fisica sulle folle che protestano, ma anche attraverso una fitta rete di arresti per presunto “terrorismo” mirata a imbavagliare gli oppositori politici, i giornalisti, gli intellettuali.

Da febbraio a oggi, sono stati condannati al carcere almeno 20 “dissidenti”: tra di loro, aveva provocato particolare clamore l’arresto del direttore generale della principale emittente radio tunisina, Mosaique FM. Tra il 17 e il 18 aprile scorso, la polizia tunisina ha, inoltre, arrestato Rached Ghannouchi, il leader del principale partito di opposizione Ennahda, e poco dopo altri tre suoi funzionari. La repressione non mira ad arrestarsi.

“Basta stato di polizia!”, gridano i manifestanti nelle piazze, ma sono anche e soprattutto i motivi economici a scatenare malcontento e proteste. La Tunisia sta, infatti, attraversando la più severa crisi economica dal 2011. Il tasso di inflazione ha superato il 10% e il debito pubblico sta arrivando al 90% del PIL. Numeri che continuano a gonfiarsi quotidianamente e per i quali nei mesi scorsi le trattative del Paese di Saied con il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e l’Unione Europea sono state frenetiche. Mentre ammiccava all’Unione Europea come garante della protezione delle coste occidentali dagli sbarchi e contrattava su un prestito da 1,9 miliardi di dollari con il FMI per condizioni imposte a suo dire “inaccettabili”, Saied era riuscito a febbraio a strappare alla Banca Mondiale un finanziamento di 120 milioni di dollari per il sostegno alle piccole e medie imprese. Già a marzo, però, sempre la Banca Mondiale ha congelato una parte delle sue missioni in Tunisia: un prezzo da pagare per il razzismo senza precedenti promulgato dal Presidente tunisino, che secondo l’Istituto di Washington viola i suoi “valori di inclusione, rispetto, anti-razzismo in tutte le sue forme”.

La propaganda razziale tunisina e quella comunione di intenti con l’Italia – Schiacciato dalle proteste dei dissidenti politici e dalla rabbia sociale per la fame dilagante nel Paese, nelle scorse settimane Saied ha, infatti, optato per l’antica strategia di dirottare l’odio sui migranti, sugli stranieri. Anche nell’agenda politica tunisina, infatti, all’ordine del giorno c’è la difesa della razza. Al punto da far lanciare Saied in accuse razziali di inaudita gravità: nelle sue parole, orde di migranti irregolari provenienti dall’Africa subsahariana” sarebbero responsabili di “violenza, crimini e comportamenti inaccettabili” nel Paese. Non solo: l’intento criminale dei sud-africani sarebbe, secondo Saied, quello di sostituire la popolazione autoctona, facendo della Tunisia ““un altro stato africano che non appartiene più al mondo arabo e islamico”.

La conseguenza delle sue dichiarazioni è stata un’ondata di aggressioni, che molto rievocano i pogrom, da parte della popolazione tunisina contro gli immigrati sud-sahariani, improvvisamente responsabili di tutti i mali patiti dal Paese. Le reazioni delle organizzazioni internazionali come Amnesty International sono state tempestive, e anche la Banca Mondiale si è trovata, infine, costretta a congelare i suoi aiuti.

A difendere la Tunisia, però, continua a pensarci l’Italia, per il cui governo il Paese nord-africano rappresenta un fondamentale alleato per la sua politica contro gli sbarchi e in cui tra l’altro va recentemente di moda, come in Tunisia, il dibattito sulla presunta “sostituzione etnica”. L’Italia è tra l’altro il primo partner commerciale del Paese di Saied. E’ proprio per questa particolare vicinanza e i multipli interessi condivisi, che a farsi da garante di fronte al Fondo Monetario Internazionale per la Tunisia è stato proprio il governo Meloni. Il FMI aveva, infatti, chiesto a Saied un impegno nel taglio dei sussidi statali e nella privatizzazione delle compagnie pubbliche perché venisse erogato il suo prestito da 1.9 miliardi, un impegno che Saied non si è voluto assumere, troncando poco diplomaticamente il dialogo con l’Agenzia.

A fare da paciere, ci pensa la diplomazia italiana col suo pressing. L’ultima missione in questo senso risale al 13 aprile scorso, quando il ministro degli esteri Tajani ha ospitato alla Farnesina il suo omologo tunisino Nabil Ammar. Dopo l’incontro, Tajani ha ribadito quanto la Tunisia meriti il prestito internazionale e ha rassicurato sulle riforme progettate da Saied. “L’Italia è pronta a fare tutto ciò che è in suo potere per sostenere politicamente la Tunisia”, ha affermato, una dichiarazione su una comunione di intenti che alla luce della situazione politica in Tunisia dovrebbe allarmare. Per Tajani, però, i pogrom contro le minoranze sud-sahariane e gli arresti dei dissidenti sembrerebbero non esistere, dal momento che ci ha tenuto a parlare di “democrazia” nel Paese di Saied e ha chiosato, all’agenzia Nova, con una frase che suonerebbe ironica se non fosse tragica: “Non mi pare che ci siano state condanne a morte in Tunisia come è successo in Iran”. Un’ottima motivazione per garantire per la Tunisia di Saied agli occhi del mondo. Poco importa se i morti, come i suicidi incendiari, cominciano ad esserci, i quartieri dei migranti vengono presi d’assalto e le carceri si riempiono di prigionieri politici.

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TERRITORI OCCUPATI. Francesca Albanese: “Occorre applicare il diritto internazionale, no ai doppi standard dei media”


INTERVISTA. La Relatrice dell'Onu per i Diritti Umani ribadisce che in mancanza di una effettiva pressione da parte della comunità internazionale, l'occupazione militare israeliana sarà sempre più pressante. L'articolo TERRITORI OCCUPATI. Francesca Alban

Foto di Shireen Yassin/ONU

Pagine Esteri, 21 aprile 2023 – Le violazioni dei diritti dei palestinesi da parte di Israele e il silenzio su di esse mantenuto di solito da gran parte dei media, sono al centro dell’intervista che Dalia Ismail ha realizzato con Francesca Albanese, giurista e Relatrice speciale del Consiglio per i diritti umani dell’Onu, dopo la morte a Tel Aviv di un giovane avvocato italiano, Andrea Parini, investito e ucciso, non si sa ancora se intenzionalmente, da un palestinese con cittadinanza israeliana.

Da un lato i media hanno dedicato ampio spazio al presunto attentato compiuto a Tel Aviv e dall’altro hanno ignorato quanto accadeva nella Spianata delle moschee di Gerusalemme dove la polizia ha brutalmente picchiato, ferito e arrestato centinaia di fedeli.

In questo momento di dolore e confusione, è importante che tutti agiscano con contegno e rispetto per le vittime. Si deve attendere una rigorosa indagine sulle circostanze che hanno portato alla morte di Alessandro Parini. Fino a quando non si sia chiarita la dinamica dei fatti, bisognerebbe evitare di etichettare l’episodio come “terrorismo”. In generale, e anche in questo contesto specifico, Israele applica una definizione molto ampia di terrorismo ai palestinesi, violando i principi fondamentali di certezza del diritto, mens rea, materialità del reato e proporzionalità della pena. Come dimostra il caso della morte di Parini, c’è sovente una presunzione di colpevolezza nei confronti dei palestinesi fino a prova contraria, perché nella logica del governo israeliano, i palestinesi sono associati ontologicamente alla resistenza e al terrorismo, indipendentemente dalla contestualizzazione di ogni evento. Questa visione propugnata da successivi governi israeliani ha influenzato fortemente il dibattito politico in Italia e i nostri media, che associano i palestinesi e ogni azione, anche quando non implichi l’uso della forza, al terrorismo. Tuttavia, lo stesso non accade quando sono gli israeliani a perpetrare o autorizzare atti che mirino a diffondere il terrore e la paura in una popolazione al fine di raggiungere uno scopo ideologico. Il doppio standard applicato in questo modo dimostra una mancanza di profondità analitica e una preoccupante ignoranza dei fatti, sia attuali che storici. È importante mettere in evidenza questa problematica e agire di conseguenza, senza distogliere lo sguardo dalle vere questioni di rilevanza internazionale e dal diritto come strumento indispensabile per la risoluzione dei conflitti.

A suo parere come si potrebbe definire ciò che è accaduto a Tel Aviv? “Attentato” è il termine appropriato dato che non si conosce nulla dell’indagine e anche se sia ancora in corso una indagine obiettiva sulla morte di Andrea Parini?

Ci sono versioni discordanti, risultati di indagini preliminari che si contraddicono. Attendo il risultato finale delle indagini augurandomi che siano trasparenti e rigorose. Altra cosa interessante è il fatto che il palestinese alla guida dell’auto, era un palestinese del ’48 ovvero di cittadinanza israeliana. Cioè un palestinese che, secondo la narrazione israeliana e che è promossa anche qui in Italia, non è per niente discriminato. Significativo, no? Qual è la condizione dei palestinesi del’48 vivendo proprio nel ventre dell’occupante? Sono per alcuni sensi più privilegiati degli altri ma rimangono a tutti gli effetti cittadini di serie B, da quando nel 2018 è passata la legge “Israele Stato-Nazione degli Ebrei”. Il mio mandato comprende la situazione nel territorio palestinese occupato dal 1967 e pertanto non include i Palestinesi cittadini di Israele. Quindi non mi compete una disamina approfondita sul livello di discriminazione cui questi ultimi sono soggetti. Tuttavia vi sono diversi rapporti (per esempio, Amnesty International e ESCWA) che documentano tale discriminazione nei confronti dei Palestinesi cittadini di Israele. Ma c’è anche un consenso sul fatto che la discriminazione nei confronti dei Palestinesi sotto occupazione militare dal 1967 sia ben più severa perché include la legge marziale e l’esistenza di corti militari per giudicare i Palestinesi della Cisgiordania e un blocco marittimo, terrestre e aereo imposto da Israele su Gaza che dal 2006 limita l’accesso dei palestinesi ivi residenti a beni di prima necessità, compresi cibo, acqua, medicine e attrezzature mediche. È chiaramente importante mantenere l’attenzione sulla situazione di tutti i palestinesi sotto il controllo israeliano (incluso quelli in Israele) perché nessuno dovrebbe essere discriminato in virtù della propria identità nazionale.

Come si spiega il disinteresse dei principali media italiani per il violento pestaggio dei fedeli compiuto dalla polizia israeliana alla moschea di Al Aqsa.

Ci sono diversi fattori che potrebbero contribuire all’assenza di copertura mediatica sui recenti eventi a Gerusalemme Est e alla moschea di Al Aqsa da parte dei media italiani principali. Potrebbe essere che le redazioni dei media italiani non considerino la questione israelo-palestinese una priorità o che esistano pressioni politiche e/o economiche che ne limitino la copertura. Potrebbe inoltre esserci una mancanza di conoscenza e di competenza tra i giornalisti italiani riguardo alla questione. Non escludo casi di autocensura da parte di giornali e giornalisti, a causa della strategia di bollare qualsiasi discussione critica sulle politiche ed azioni dello Stato israeliano come antisemita. Resta il fatto chela maggioranza dei media tradizionali in Italia parla della questione israelo-palestinese attraverso la narrazione di fatti specifici, quasi sempre quando sono coinvolte vittime israeliane, senza discutere il contesto storico e fattuale, e le violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale perpetrate dall’esercito israeliano o dai coloni a danno del popolo palestinese. In tal senso la narrazione è vicina a quella propugnata dai governi israeliani, ed ignora tanto i palestinesi che gli israeliani critici delle politiche del governo, quanto centinaia di risoluzioni e rapporti ONU e di organismi non governativi. È molto importante continuare ad incoraggiare i media a fornire una copertura equilibrata e accurata dei fatti e i lettori a rimanere critici e cercare informazioni da diverse fonti per avere una visione più completa dei fatti.

Per gran parte della stampa occidentale un morto israeliano sembra pesare sulla bilancia di più rispetto a un morto palestinese, anzi a tanti morti palestinesi. Come se lo spiega?

Effettivamente questo doppio standard da parte di molti media italiani ed europei è un problema grave e preoccupante che contribuisce alla percezione distorta della realtà e alla mancanza di equilibrio nella copertura mediatica. Questa dinamica è stata resa accettabile al pubblico attraverso la narrativa predominante che enfatizza la minaccia percepita da Israele e minimizza la sofferenza dei palestinesi. Pertanto, la narrazione dominante nei media spesso dipinge i palestinesi come terroristi o agitatori, mentre gli Israeliani vengono dipinti come vittime. Ciò contribuisce alla deumanizzazione dei Palestinesi e alla diminuzione dell’empatia nei loro confronti. Un fattore che credo contribuisca a questa dinamica sono i gruppi di pressione pro-israele in molti paesi occidentali, che influiscono sulla copertura mediatica e sulle politiche dei governi. Questi gruppi additano qualsiasi critica allo stato israeliano come antisemitismo, creando un clima di intimidazione e di censura delle voci che esprimono opinioni diverse. Inoltre, la logica del conflitto falsa la natura asimmetrica della relazione tra Israele, Paese industrializzato e potente, e i Palestinesi, popolo oppresso e dal potere limitato. Questa asimmetria si riflette anche nella copertura mediatica, dove le morti di israeliani sono enfatizzate rispetto alle centinaia di palestinesi uccisi durante il conflitto.

Nel diritto internazionale, la legittima difesa comprendente anche l’utilizzo della reazione armata. La difesa della propria integrità territoriale e indipendenza politica è contemplata da una norma consuetudinaria che trova conferma nell’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite. Se ne è parlato molto nell’ultimo anno riguardo al conflitto in Ucraina. Perché nel caso palestinese viene sistematicamente delegittimato l’utilizzo delle armi?

La legittimità dell’uso della forza per l’autodifesa è una questione fondamentale del diritto internazionale. Secondo il principio del jus ad bellum (termine latino che si riferisce alle circostanze in cui è lecito usare la forza militare da parte degli stati) l’uso della forza è legittimo solo in caso di una minaccia effettiva o imminente di attacco armato, e solo se l’uso della forza impiegata è necessario e proporzionato a tale attacco o minaccia imminente. Questo principio si applica anche all’occupazione militare, che, indipendentemente dalle circostanze della sua introduzione, costituisce essa stessa un uso della forza che deve rispettare i prerequisiti della legittima difesa.

La Striscia di Gaza è sotto assedio dal 2007 e le alture del Golan siriane sono sempre occupate da Israele nonostante la risoluzione 497 del Consiglio di sicurezza dell’ONU che dichiara nulla e senza effetti legali internazionali l’annessione israeliana di quella parte di territorio siriano. Quanto contano realmente le risoluzioni dell’Onu? E perché è impossibile farle rispettare?

La forza del diritto internazionale risiede nella capacità degli Stati di farlo applicare. In mancanza di una effettiva pressione da parte della comunità internazionale, Israele può continuare un’occupazione militare sempre più pressante in patente violazione del diritto internazionale, incluso i principi fondanti dell’ONU. Questo rappresenta una minaccia all’efficacia del diritto internazionale e all’autorità delle Nazioni Unite come organismo garante degli equilibri internazionali. L’eccezionalismo riservato ad Israele contribuisce a creare danni irreparabili al diritto internazionale e alla possibilità di risolvere conflitti nel rispetto delle leggi internazionali.

Il movimento BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni) promuove il boicottaggio di Israele in risposta alle sue politiche nei confronti dei palestinesi. Israele respinge il boicottaggio e combatte il BDS. Lei pensa che quella del movimento BDS sia una campagna legittima?

Il BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni) è una campagna di pressione non violenta che mira a porre fine all’occupazione israeliana del territorio palestinese, al riconoscimento dei diritti dei palestinesi e alla fine della discriminazione contro di loro. Molti gruppi e individui a livello internazionale si sono uniti alla campagna del BDS, e questo ha suscitato una forte reazione da parte di Israele e alcuni suoi alleati, che hanno persino cercato di criminalizzare il BDS e le sue attività di solidarietà nei confronti dei palestinesi. Detto questo, il successo effettivo del boicottaggio é difficile da valutare in modo rigoroso visto che dipende da molti fattori. In ogni caso, il fatto che la campagna BDS sia stata in grado di suscitare una reazione così forte suggerisce che stia avendo un impatto significativo sulla discussione internazionale sui diritti dei palestinesi e sull’occupazione israeliana.

Amnesty, Human Rights Watch e anche l’Ong israeliana B’Tselem accusano Israele di praticare l’Apartheid contro i palestinesi. Israele replica descrivendo questa accusa una forma di antisemitismo. Qual è il suo giudizio?

Dalla documentazione di vari episodi di attacchi ad hominem sferrati ai critici delle pratiche del governo israeliano verso i palestinesi si evince che uno degli strumenti chiave per castigare il dibattito su Israele/Palestina in Occidente sia stata la definizione di antisemitismo dell’International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA/ Alleanza Internazionale della Memoria dell’Olocausto). Tale definizione, oltre a non essere chiara, accorpa all’antisemitismo qualsiasi tipo di critica alle pratiche del governo israeliano. Purtroppo, tante istituzioni, incluso atenei e scuole pubbliche di ogni ordinamento (molti in buona fede altri sotto pressione politica) hanno adottato l’IHRA, strumento pericolosissimo per la libertà d’espressione e inadeguato a proteggere gli ebrei dall’antisemitismo che ancora esiste ed è reale. L’Italia ha un ordinamento giuridico solido e una costituzione che sono gli strumenti principi per la protezione da discriminazione e antisemitismo. Non serve una definizione, per altro criticatissima da centinaia di intellettuali e studiosi, prevalentemente storici della Shoah, del Genocidio ed esperti di religione e cultura ebraica, a proteggere dall’antisemitismo soprattutto quando questa é estremamente problematica e pericolosa come l’IHRA. Gli spazi del dibattito pubblico devono rimanere luoghi di esercizio del pensiero libero, e dovrebbero dunque rimanere indenni alle logiche e agli interessi della politica. Pagine Esteri

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Mentre Lula e Xi Jinping indicano percorsi di trattativa il segretario generale della NATO Stoltenberg risponde gettando benzina sul fuoco per alimentare la gue


Un ufficiale Italiano volerà alla base della Us Space Command


Cresce il legame tra Italia e Usa nello spazio. Lo testimonia il Memorandum of agreement (Moa) per l’assegnazione di un ufficiale di collegamento italiano presso l’United States Space Command (Usspacecom). A siglare l’accordo per il nostro Paese è stato i

Cresce il legame tra Italia e Usa nello spazio. Lo testimonia il Memorandum of agreement (Moa) per l’assegnazione di un ufficiale di collegamento italiano presso l’United States Space Command (Usspacecom). A siglare l’accordo per il nostro Paese è stato il Capo ufficio generale spazio dello Stato maggiore della Difesa, il generale Davide Cipelletti, mentre in rappresentanza degli Stati Uniti vi era il comandante dello Usspacecom, il generale James Dickinson. Tale iniziativa rappresenta non solo un importante catalizzatore della cooperazione con gli Usa, ma anche un’opportunità per sviluppare nuove sinergie con altri Paesi presenti presso il comando spaziale statunitense.

Si rafforza la cooperazione in orbita

Nel dettaglio, l’ufficiale di collegamento condividerà con l’Usspacecom le competenze e le conoscenze acquisite grazie alle Forze armate italiane e si occuperà di facilitare le comunicazioni tra le unità spaziali di Roma e Washington. Non solo, sosterrà inoltre le opportunità di partnership che potranno aprirsi tra i due Paesi nel settore spaziale così come della Difesa. Gli ufficiali di collegamento con l’estero sono interlocutori diretti del quartier generale, in questo caso la Peterson air force base, e l’ufficiale italiano servirà come rappresentante nazionale per tutti gli aspetti della cooperazione tra l’Italia e lo Usspacecom per quanto riguarda l’uso militare dello spazio.

Gli altri memorandum

“Nello scenario geopolitico attuale, lo spazio è un dominio strategico che richiede collaborazione tra Alleati. L’importante accordo sottoscritto tra lo Stato maggiore della Difesa e l’Us Space Command consentirà di sviluppare sinergie e facilitare scambio di esperienze”. Così ha commentato il nuovo memorandum oltreoceano il ministro della Difesa, Guido Crosetto. Quella che lega Italia e Usa nel settore spaziale è in realtà una relazione di collaborazione di lunga data, che ha portato a risultati molto significativi, tra gli ultimi quelli della missione Artemis. Sono infatti diversi i memorandum stretti tra Roma e Washington. Da quello per l’accesso al servizio cifrato del Gps, allo scambio di dati e informazioni di Space situational awareness (Ssa), fondamentale per effettuare manovre orbitali in sicurezza evitando il rischio di collisioni con altri satelliti operativi e la conseguente produzione di detriti (debris) spaziali.

Simposio spaziale

A fare da sfondo del memorandum è stata la 38esima edizione dello Space Symposium, che si sta svolgendo a Colorado Springs e a cui partecipa una delegazione italiana dello Stato maggiore della Difesa, guidata proprio dal generale Cipelletti. L’Ufficio generale spazio accentra infatti in sé le funzioni connesse all’elaborazione della dottrina, all’avvio di nuovi programmi, così come allo sviluppo di partnership nazionali e internazionali e all’evoluzione delle capacità spaziali. Il Simposio si propone di riunire i principali stakeholder del comparto, quali i leader del settore spaziale commerciale, governativo e militare provenienti da tutto il mondo per promuovere un forum di discussione per affrontare e pianificare le future conquiste e sfide in campo spaziale.


formiche.net/2023/04/ufficiale…



Filippine. Il Partito Comunista denuncia: “i nostri leader torturati e uccisi”


di Redazione Pagine Esteri, 20 aprile 2023 – Il Partito comunista delle Filippine (Cpp), che dal 1969 conduce una guerriglia a bassa intensità contro il governo, ha confermato oggi la morte dei suoi leader, Benito Tiamzon e Wilma Austria-Tiamzon, accusand

di Redazione

Pagine Esteri, 20 aprile 2023 – Il Partito comunista delle Filippine (Cpp), che dal 1969 conduce una guerriglia a bassa intensità contro il governo, ha confermato oggi la morte dei suoi leader, Benito Tiamzon e Wilma Austria-Tiamzon, accusando le forze armate di averli torturati e uccisi lo scorso 21 agosto.

Il Partito ha riferito tramite una nota di aver dovuto condurre mesi di indagini per poter confermare la morte del presidente del suo comitato centrale, Benito “Ka Laan” Tiamzon (71 anni), e di Wilma (70 anni), nota anche come “Ka Bagong-tao”, che del partito era segretaria generale.

Prima dell’annuncio ufficiale del Cpp, diffuso ieri, si supponeva che i due leader fossero morti nell’esplosione di una imbarcazione al largo della costa di Samar durante un blitz condotto dalle forze armate filippine.

Ora, dopo l’indagine, il partito nega questa ricostruzione e sostiene che i due leader e altri otto membri della formazione siano stati attaccati dalle forze armate mentre viaggiavano verso Catbalong. Catturati dai militari, sarebbero stati torturati e uccisi, e i loro cadaveri caricati su una imbarcazione a motore che è stata fatta esplodere.

«Secondo le informazioni raccolte dal Comitato centrale, i Tiamzon hanno subito pesanti percosse per mano dei loro sequestratori. Rapporti interni citano testimoni che hanno visto come i volti e i corpi delle vittime fossero dilaniati, apparentemente colpiti con oggetti contundenti», afferma la nota del Cpp.

«I corpi già senza vita dei Tiamzon e del loro gruppo sono stati scaricati su un motoscafo pieno di esplosivo e trascinati da Catbalogan a metà strada verso l’isola di Taranganan prima che venisse fatta esplodere» ha riferito Marco Valbuena, capo ufficio stampa del Cpp.

Assieme ai leader del partito, sono stati uccisi anche il segretario subregionale dell’Est, Visayas Joel Arceo, e membri del quartier generale centrale della guerriglia. I Tiamzon erano già stati arrestati dalle autorità filippine nel 2014, ma erano poi stati rilasciati dopo due anni per consentire loro di partecipare a colloqui di pace col governo filippino all’epoca della presidenza di Rodrigo Duterte.

I negoziati sono in seguito naufragati, e nel 2020 i Tiamzon sono stati condannati per la cattura di alcuni ufficiali dell’esercito nel 1988, condanna cui è seguita una vasta caccia all’uomo culminata nella loro cattura e uccisione. – Pagine Esteri

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La falsa contrapposizione tra Europa e Usa


Bene ha fatto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a sottolineare, nel suo discorso tenuto durante la visita in Polonia, che “l’aggressione russa riguarda tutti i paesi che si richiamano alla libertà delle persone e dei popoli”. Ed è decisivo,

Bene ha fatto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a sottolineare, nel suo discorso tenuto durante la visita in Polonia, che “l’aggressione russa riguarda tutti i paesi che si richiamano alla libertà delle persone e dei popoli”. Ed è decisivo, va aggiunto, per la sopravvivenza stessa dell’Unione europea. Da come si concluderà la barbara aggressione scatenata dalla Russia di Putin nei confronti dell’Ucraina dipenderà se il mondo di domani sarà più o meno favorevole al perdurare del progetto di un’Europa unita. Nel mondo che ci aspetta, l’Unione rappresenterà ancora l’avanguardia di una tendenza verso la progressiva affermazione della supremazia della legge sulla forza, oppure sarà invece l’anacronistico residuo di un trend declinante, un esperimento destinato a estinguersi perché “unfit to survive”?

E’ tutta qui la questione. Ed è un punto che travalica e trascende qualunque considerazione sulla necessaria “autonomia strategica dell’Unione”, perché ci smuove da quella sorta di “comfort zone” nella quale troppe considerazioni sull’atteggiamento europeo nei confronti della guerra sembrano illudersi di potersi rintanare. Se il mondo che verrà sarà o meno ospitale nei confronti del progetto europeo dipenderà anche dalle decisioni che oggi sapremo assumere e dalla fermezza che sapremo mantenere riguardo ai nostri princìpi. Viviamo già in una realtà che è costituita di scatole cinesi (o di matrioske, se si preferisce un’altra immagine) in cui la sicurezza e le prospettive delle singole democrazie nazionali dipendono in maniera strutturale dalla saldezza delle istituzioni europee e dalla tenuta del Patto atlantico. Ma di cinese o di russo, queste scatole e queste bamboline non hanno proprio nulla, perché la loro natura è totalmente occidentale.

La sfida che i dispotismi hanno lanciato alle democrazie liberali non riguarda la continuità dell’interdipendenza planetaria, ma le modalità e i princìpi in base ai quali essa verrà governata. Stiamo già sperimentando le difficoltà che incontra l’Unione europea – la più audace novità istituzionale dopo quella dello stato costituzionale teorizzata da Montesquieu a metà del XVIII secolo – nell’ambito di un sistema internazionale che resta ancora definito dall’egemonia dell’ordine liberale. Qualcuno può forse illudersi che tali difficoltà diventerebbero meno gravose da affrontare all’interno di un ordine ispirato ai princìpi del dispotismo? Credo sarebbe difficile poterlo argomentare.

Contrapporre l’europeismo all’atlantismo non significa solo ignorare e falsificare la storia, che ha visto il primo potersi trasformare in realtà al riparo della protezione offerta dal secondo. Implica anche ipotecare la sopravvivenza del “nostro mondo”, e gettare le premesse di un fallimento dal quale potremmo non risollevarci. Il nostro mondo non è minacciato dalla sostituzione etnica o da altre bufale strampalate che rivelano l’incapacità di liberarsi dai residui tossici di una subcultura fascistoide. E neppure lo è da nessuna nuova edizione del vecchio rottame del complotto “demoplutogiudaicomassonico”, che oggi si pretenderebbe incarnata da George Soros. Il nostro mondo – e i valori e i princìpi che lo rendono possibile – è sottoposto all’attacco dei dispotismi dei loro disvalori, che vorrebbero rigettarci in un girone dantesco fatto di violenza e sopraffazione dal quale siamo riusciti a liberarci a costo di immani sacrifici ridefinendo l’essenza dell’occidente nella triade costituita da democrazia rappresentativa, economia di mercato e società aperta.

Questa è la minaccia esistenziale che stiamo fronteggiando. Questa è la posta in gioco in questa guerra in Ucraina: una posta in gioco non diversa da quella che le democrazie dovettero affrontare nella lotta contro i totalitarismi che, nel 1939, sfociò nella Seconda guerra mondiale e che vide, per nostra fortuna, soccombere la Germania nazista e l’Italia fascista sua alleata. Una lotta che sembrò definitivamente vinta nel 1991, con il crollo del totalitarismo sovietico e che invece oggi si ripropone in una nuova e più difficile fase. In questa terza fase, l’Europa unita è chiamata, nella sua inedita e articolata soggettività politica, a dimostrare di volere e poter fare la differenza, per consolidare il suo – ovvero il nostro – futuro.

IL FOGLIO

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Anche quest’anno, a partire dal 22 aprile si terranno a Milano e in Lombardia, numerose manifestazioni nostalgiche ed esplicitamente in sostegno del fascismo


Sarà natale


Lasciamo perdere il colore politico e facciamo finta che se ne parli non solo seriamente, ma anche concretamente. È un gran bene che si voglia incentivare la partecipazione femminile al lavoro, oggi molto bassa, assai sotto la media europea e contribuente

Lasciamo perdere il colore politico e facciamo finta che se ne parli non solo seriamente, ma anche concretamente. È un gran bene che si voglia incentivare la partecipazione femminile al lavoro, oggi molto bassa, assai sotto la media europea e contribuente a metterci in fondo alla coda in quanto a partecipazione complessiva. Ed è un gran bene volere incentivare la natalità. Ma “incentivare” non significa nulla. Come?

La prima cosa è osservare l’accoppiata e capirne la natura: in un colpo solo lavoriamo meno, abbiamo meno donne occupate e facciamo meno figli. Non solo, quindi, non è il lavoro a distrarre o allontanare dalla filiazione, ma si fanno più figli in Paesi europei dove si lavora di più e più donne sono al lavoro. Quindi buttiamo dalla finestra qualche luogo comune che acceca troppi militanti del partito preso. E guardiamo altre esperienze: la Germania aveva un mercato del lavoro simile al nostro, con scarsezza di donne impegnate e scarsezza complessiva di lavoratori, ed hanno affrontato il problema varando forme contrattuali estremamente elastiche (anche con i “mini-lavori”) e aumentando l’immissione di immigrati. Risultato: dopo anni si ritrovano con più lavoratrici e meno scarsezza (che permane) di manodopera, nonché ad alzare il salario minimo. È chiaro, dalle parti del governo? Non è: o le donne o gli immigrati, ma le donne e gli immigrati. I dati tedeschi sono a disposizione di chi voglia occuparsene senza andare avanti a mosca cieca.

Poi c’è il versante non contrattuale, ma relativo ai servizi. I figli non si deve solo farli nascere (che è facile), ma anche crescerli (che è più lungo e complicato). Asili, scuole, tempo pieno, mense, sport, trasporti. Tutti capitoli del Pnrr. Però gli asili sono già pericolanti, con i comuni in grave difficoltà progettuale e amministrativa. Per incentivare la natalità si devono risolvere quei problemi, non far decollare le cicogne o irrigare i cavoli. Al momento ricordo che: a. per il ministro Fitto è tutto in ordine e in tempo (voglia il cielo); b. per il ministro Zangrillo le proposte di modifica del Pnrr arrivano a fine mese, ma con calma; c. per la Lega si dovrebbero prendere meno soldi; d. intanto il governo ne chiede di più sul lato Repower Eu. Più continua questo frullato, meno si pensa il futuro sia tranquillo e meno ci si dispone a ripopolarlo.

Sul lato opposto dell’arco vitale ci sono gli anziani, che crescono di numero e richiedono servizi e disponibilità sanitarie. Il che, anche in questo caso, rientra nei piani Pnrr, ma chiede anche più immigrati. Chi se ne chieda il perché faccia un salto nelle apposite residenze o guardi la composizione del mondo degli infermieri. Senza quei servizi qualcuno resta di guardia all’anziano, che sarà fonte di reddito grazie alla pensione (che i nipoti non avranno), ma farà preferire una rendita alla produzione. E porta male.

Pare il ministro dell’economia s’appresti a proporre fiscalità per la natalità. Interessante. Leggeremo con attenzione. Osserviamo che: 1. i bonus non risolvono neanche uno dei problemi indicati e partono dal presupposto indimostrato che non si facciano figli per mancanza di soldi.
2. se (come si legge) si dovesse sgravare dalle tasse chi fa figli, supponendo si stia parlando dell’Irpef, questa sarebbe una misura a favore dei “ricchi” (secondo il fisco), perché i poveri, grande maggioranza contabile, già non pagano Irpef. Sarebbe una strana misura.

Il tutto tenendo presente che, salvo colpi di scena, la genitorialità è una libera scelta insindacabile, che si può esercitare grazie al progresso e che ha senso solo con la ricchezza (i poveri veri figliano pure troppo). Escludendo che per far fare figli ci si voglia impoverire, ne discende che l’incentivazione consiste nel liberare dalle costrizioni successive al natale, lasciandone intatta la magia. Non servono predicozzi, ma spinta alla crescita e ragionevole positività guardando il futuro. Il resto è colore. Ma molto sbiadito e noiosamente ripetitivo nella sua inutilità.

La Ragione

L'articolo Sarà natale proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



L’importanza del soldato e investimenti Ue. Il punto sulla Difesa all’evento con Serino


A oltre un anno dall’inizio dell’invasione russa di Kiev, è giunto il momento di fare una riflessione accurata delle capacità necessarie alla Difesa per affrontare le sfide del prossimo futuro, e in particolare quelle della componente terrestre, che ha vi

A oltre un anno dall’inizio dell’invasione russa di Kiev, è giunto il momento di fare una riflessione accurata delle capacità necessarie alla Difesa per affrontare le sfide del prossimo futuro, e in particolare quelle della componente terrestre, che ha visto un ritorno della centralità strategica sui cambi di battaglia ucraini. È quanto sottolineato dal capo di Stato maggiore dell’Esercito, generale Pietro Serino, nel corso dell’evento “Difesa terrestre. Un piano europeo tra investimenti e competitività”, organizzato da Formiche e Airpress a Spazio Europa, promosso da FDA Beretta e con la partnership della Rappresentanza in Italia della Commissione europea. Un momento di riflessione sulla dimensione terrestre che ha visto il generale Serino confrontarsi con Carlo Ferlito, direttore generale di Fabbrica d’Armi Pietro Beretta; Andrea Margelletti, presidente Centro studi internazionali (Cesi); con le conclusioni di Matteo Perego di Cremnago, sottosegretario alla Difesa, e la moderazione di Flavia Giacobbe, direttore delle riviste Formiche e Airpress.

Parola d’ordine: equilibrio

“La parola che voglio valorizzare è equilibrio” ha detto ancora il capo di Stato maggiore dell’Esercito. Un equilibrio che deve caratterizzare “lo strumento militare nazionale nella sua interezza, e quello terrestre nello specifico, che deve essere equilibrato e deve considerare tutte le condizioni di impiego, nessuna meno dell’altra”. Secondo il generale, in passato si è data priorità ad alcune caratteristiche a scapito di altre, ma i moderni scenari aperti dalla guerra in Ucraina impongono un ripensamento del trend. Oggi “il focus deve essere su tutto lo spettro di missioni affidate all’Esercito, i cui nuovi compiti non si sono sostituiti ai precedente, si sono aggiunti”. Il generale ha infatti ricordato i numerosi impegni della Forza armata, sia sul territorio nazionale, sia all’estero, dal Nord Africa al Medio Oriente e ai Balcani, dove tra l’altro l’Italia esprime anche ruoli di comando come in Iraq e in Kosovo. Certamente la guerra in Ucraina ha dimostrato la necessità della componente pesante, ha confermato Serino, tuttavia questo deve essere solo uno degli assi di potenziamento della Forza armata, senza abbandonare quanto raggiunto finora e che continua ad essere necessario. Dal punto di vista europeo, “l’Ue deve capire se vuole e crede in una capacità militare comune, e questo richiederà una seconda rinuncia di sovranità, dopo quella monetaria: quella tecnologica”. Se continuerà la competizione tra nazioni, con ciascuna impegnata “a portare avanti il suo piccolo elemento, scopriremo domani che lavorare tutti insieme sarà più difficile”.

Il sistema-soldato

“Quando si parla di sistemi terrestri si pensa al carro armato e all’artiglieria pesante, non si pensa al soldato”, ha detto Carlo Ferlito, ricordando come invece ci sia bisogno di considerare l’uomo come “sistema, inserito in un insieme di sistemi complessi che operano nello scenario multidominio”. In questo campo il nostro Paese è all’avanguardia, grazie “al lavoro svolto con il progetto Soldato futuro, trasformato poi in Forza Nec, che ha creato la visione del soldato come sistema”. In Italia oggi è attivo una configurazione del militare portata avanti dal consorzio per Soldato sicuro, “che si occupa di mettere assieme le capacità dell’industria per fornire tutto l’equipaggiamento del soldato”. All’intero di questo consorzio (gestito al 38% da Beretta e al 68% da Leonardo) è coordinata l’intera filiera italiana che si occupa delle forniture per l’equipaggiamento del soldato, non solo le armi, ma anche “la suite per l’abbigliamento, visori notturni e diurni, munizioni”. Questa eccellenza italiana, tra l’latro, potrebbe essere portata anche a livello europeo, dove l’importante sarà anche poter contare “su una filiera europea sicura”. Per fare ciò, indispensabile per l’industria è poter contare “su programmi di lunga durata, necessari per costruire investimenti e fare innovazione”.

Le lezioni ucraine

Per Andrea Margelletti, “questo conflitto ha posto degli interrogativi, e dobbiamo domandarci se stiamo andando nella giusta direzione alla luce di un mondo completamente diverso”. L’Ucraina ha cambiato lo scenario di sicurezza globale, per il quale sarà necessario affrontare le necessità e potenziare le capacità di agire della Difesa. “Dobbiamo immaginare reparti nuovi per un mondo nuovo, assicurandoci che quello che sappiamo fare sia anche quello che dobbiamo fare”. Fondamentale sarà anche il ruolo dell’Europa, e “di una governance europea”, necessaria “se vogliamo avere un Difesa europea”, e soprattutto di una sincronizzazione delle industrie del Vecchio continente.

Investimenti europei

Il contesto terrestre rappresenta un elemento importante della Difesa, soprattutto nel suo necessario approccio alle operazioni multi-dominio, ha ricordato Matteo Perego di Cremnago nelle sue conclusioni, sottolineando come “non può esistere la Difesa associata ad un singolo elemento/dimensione, soprattutto oggi che le minacce ibride e convenzionali sono multi dominio”. Per questo è necessario “assicurare gli investimenti per dotare le forze armate delle capacità per operare nel futuro contesto interconnesso”. Tutto questo “ebbe ispirare l’elaborazione e l’attuazione di un piano europeo di investimenti”, seguendo in particolare gli indirizzi e le decisioni raccolte dalla Bussola strategica del 2022, dandole piena attuazione. “L’Ue deve prepararsi al meglio alle sfide emergenti – ha continuato Perego – provvedendo a proteggersi dalle minacce ibride, rafforzando la dimensione di sicurezza e difesa, accrescendo la mobilita militare nel Vecchio continente e dando seguito agli investimenti racchiusi nella Bussola”. Questo potrebbe rappresentare anche per l’Italia una grande possibilità, grazie alle sue “risorse intellettive e creative con le sue aziende per la Difesa comprese le Pmi”, affinché sia un processo “vincente e stimolante per il bene non solo della Difesa e sicurezza nazionale ma anche per l’economia del Paese”.


formiche.net/2023/04/difesa-te…



L'unione Europea interviene di nuovo sulla piaga del lavoro precario nella pubblica amministrazione in Italia. La Commissione ha intimato ancora una volta al no



Le norme Covid usate per la repressione: studentessa condannata per una protesta | L'Indipendente

"La manifestazione si era svolta nell’ambito di una giornata nazionale di proteste a seguito della morte di Lorenzo Parelli, lo studente deceduto nel corso delle attività di alternanza scuola-lavoro, alla quale avevano aderito centinaia di migliaia di studenti. [...] La decisione di punire una sola persona nell’ambito di una manifestazione altamente partecipata spoliticizza il significato della protesta, riducendone la portata alla semplice responsabilità personale di un individuo o due."

lindipendente.online/2023/04/2…



Proseguono gli incontri con L'Ora di Costituzione! Il tema della terza lezione è sui Rapporti etico-sociali (dall’art.29 all’art. 47).

Seguite qui la diretta streaming dalle ore 10.30 ▶️ youtube.



Segnaliamo il video dell'iniziativa 25 APRILE: VERSO LA LIBERAZIONE. dalla XII Disposizione al fascismo del 21° secolo, con interventi di Gianfranco Pagliaru


La povertà è la quarta causa di morte della popolazione negli Stati Uniti | Diogene

"L’analisi ha rilevato che solo le malattie cardiache, il cancro e il fumo erano associati a un numero maggiore di decessi rispetto alla povertà. Obesità, diabete, overdose di droga, suicidi, armi da fuoco e omicidi, tra le altre comuni cause di morte, erano meno letali della povertà."

diogeneonline.info/la-poverta-…

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Da domenica 23 a martedì 25 aprile, presso il Circuito delle Terme di Caracalla, è in programma la settantaseiesima edizione del Gran Premio della Liberazione, organizzata dall’Unione Ciclistica Internazionale (UCI) e dalla Federazione Ciclistica Ita…


⏰ Domani, 20 aprile, nuovo appuntamento con L'Ora di Costituzione, l'iniziativa dedicata a raccontare i principali articoli della Carta agli studenti delle scuole medie e superiori.


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Marongiu & i Sporcaccioni - Welcome to Bisiacaria


Marongiu & i Sporcaccioni sono i ragazzi del bar che fanno musica nel tempo libero, e che hanno i nostri problemi, ma li sfogano raccontando la vita di provincia attraverso una musica davvero piacevole e che ti rende leggero, nel senso che parla di cose che chi ha vissuto e vive in provincia vede ogni giorno. @Musica Agorà

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#NotiziePerLaScuola

Concorso Nazionale "La legalità come strumento di realizzazione personale", rivolto agli studenti delle scuole di ogni ordine e grado di istruzione.



Fr.#27 / La buona e doverosa sorveglianza


Nel frammento di oggi: tutti i dati degli abbonamenti ai trasporti pubblici al Fisco / A New York arrivano i robot-spia / Roma promette l'espropriazione digitale / Meme e citazione del giorno.

Parere positivo per la sorveglianza dei dati sugli abbonamenti al trasporto pubblico


Con un recente comunicato il Garante Privacy ci informa di aver dato parere positivo all’invio telematico dei dati sugli abbonamenti ai mezzi pubblici all’Agenzia delle Entrate. La comunicazione dei dati degli abbonamenti di tutti i cittadini italiani sarebbe propedeutica alla compilazione della dichiarazione dei redditi precompilata.

Le comunicazioni saranno facoltative per soggetti pubblici e privati peri periodi d’imposta 2023 e 2024 e poi obbligatorie a partire dal periodo d’imposta 2025 e riguardano i trasporti locali, interregionali e regionali.

Certo, è strano però che il Garante non abbia sollevato alcuna contestazione a questa comunicazione massiva di dati, considerando che non più di tre anni fa criticava duramente lo schema dell’Agenzia delle Entrate per la fatturazione elettronica, adducendo proprio l’enorme potere informativo e di profilazione derivante dall’accentramento di dati:

prevedono la profilazione di tutti i contribuenti, anche minori d’età, e […] si ritiene invece necessario, attesi i rischi elevati per i diritti e le libertà degli interessati approfondire separatamente l’istruttoria al fine di acquisire ulteriori elementi di valutazione, al fine di individuare idonee garanzie…1


In ogni caso, sono certo che col parere positivo del Garante non ci sarà alcun rischio e potremo dormire sonni tranquilli, consapevoli che è tutto per il bene comune.

Anche Privacy Chronicles ha ricevuto parere positivo dal Garante Privacy. No, non è vero. Ma è un bene o un male?

Per fortuna ci protegge anche da ChatGPT, perché quello sì che è pericoloso.

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A New York arrivano i robot spioni


La polizia di New York si è recentemente dotata di alcuni giocattoli tecnologici che entreranno presto a far parte dell’armamentario dei buoni agenti impegnati a preservare la sicurezza della città2.

Saranno due robot diversi, che fanno cose diverse. Ci sarà “Digidog”, chiamato anche Spot, che aiuterà gli agenti a gestire situazioni pericolose evitando di mettere a repentaglio la loro vita. Spot è un robot-cane di cui si parla da molti anni, sviluppato da Boston Dynamics — azienda molto famosa nel campo della robotica.

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Spot è probabilmente tra i robot più avanzati al mondo e può fare un sacco di cose, come andare in ricognizione con telecamere e sensori vari. Pare che secondo il Sindaco sia cruciale per mantenere la città sicura:

The robotic mobile K-9 device is part of a number of technological rollouts the city said is "crucial" in keeping the city safe.


Viene da chiedersi quali siano state le valutazioni sulle quali hanno deciso che adottare un robot-cane fosse assolutamente fondamentale per la sicurezza della città. Data l’utilità cruciale di Spot, dobbiamo aspettarci che i pastori tedeschi delle unità cinofile saranno presto sostituiti da questo gran bel pezzo di (costosa) tecnologia?

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Il secondo pezzo è invece più goffo ma decisamente più spione di Spot. Si chiama K5 Autonomous Security Robot (ASR) ed è letteralmente una cabina mobile di sorveglianza che grazie all’intelligenza artificiale potrà anche riconoscere potenziali minacce alla sicurezza pubblica. Dicono che verrà usato in campus, centri commerciali e altri luoghi strategici che hanno bisogno di più sorveglianza. C’è sempre bisogno di più sorveglianza, no?

Sicuramente servirà un po’ di tempo per abituarsi a queste presenze, ma non ho dubbi che i buoni cittadini di New York ne saranno in grado. D’altronde, i loro cugini cinesi sono già ben abituati da tempo a vedere girare in città robot automatizzati per la sorveglianza di massa. Però hey, è per la nostra sicurezza.

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Anche Roma si dà all’espropriazione digitale


Dopo Venezia, Milano e Bologna, anche a Roma arriva il virus dell’espropriazione digitale. Secondo la Presidente del I Municipio di Roma il turismo deve essere limitato; Roma non può essere un dormitorio per turisti. Strano, considerando che fino a qualche tempo fa tutti ci raccontavano di come il turismo fosse l’oro dell’Italia.

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In ogni caso, la soluzione espropriativa è molto semplice e sempre la stessa: codici identificativi, piattaforme digitali, limiti agli affitti e all’apertura di B&B, monitoraggio continuativo. Secondo la Bonaccorsi infatti è necessario e assolutamente urgente obbligare i “portali online e i motori di ricerca a pubblicare solo annunci delle strutture dotate di codice identificativo rilasciato dal comune”.

C’è da dire che rispetto al Sindaco di Venezia almeno non ha ancora minacciato gli abitanti di ritrovarsi il picchetto di agenti della guardia di finanza h24 davanti al portone di casa.

Ma non lamentatevi: lo fanno per il vostro bene.

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Meme del giorno


231928

Citazione del giorno

“The world, viewed philosophically, remains a series of slave camps, where citizens – tax livestock – labor under the chains of illusion in the service of their masters.”
Stefan Molyneux

Articolo consigliato


Immagine/fotoPrivacy Chronicles

Il cielo sotto Skynet

Skynet esiste già, ed è in Cina. È questo il nome con cui amichevolmente ci si riferisce al sistema interconnesso di sorveglianza presente su tutto il territorio cinese. Un nome, una garanzia, direi. Mi piace sempre parlare di Cina, perché credo che purtroppo sia una…
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2 months ago · 8 likes · 2 comments · Matte Galt

Leggi gli altri Frammenti!

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gpdp.it/web/guest/home/docweb/…

2

nbcnewyork.com/news/local/say-…




UK data reform bill revived after lengthy legislative delay  


The UK’s data reform bill, set to revamp the country’s post-Brexit data protection regime, was debated in Parliament on Monday (17 April) after being shelved for several months.


euractiv.com/section/data-priv…



Deerhoof - Miracle-Level


I fatti dicono che: Miracle-Level è il diciannovesimo album in studio dei Deerhoof ed è il loro primo cantato interamente in giapponese. C’è di che meravigliarsi, ma non di che impaurirsi. Tolti i testi, di cui la maggior parte di noi non capirà un acca,¹ la musica è quella dei Deerhoof che abbiamo imparato ad amare, appena appena più pop e diretta di quella fuoriuscita dalle prove precedenti, ma sempre piacevolmente unica e bislacca. E il giapponese sembra aderire come un guanto alle strutture sghembe, alle melodie appiccicose e a quelle malinconiche, agli scatti rumoristici più o meno imprevisti, alla voce di Satomi Matsuzaki ovviamente, ma pure, incredibilmente, a quella di Greg Saunier. @Musica Agorà

iyezine.com/deerhoof-miracle-l…

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Parole belle, giuste e definitive di Luciana Littizzetto su Enea, il bambino


#CTCF

Puoi ascoltarle su Raiplay dal minuto 1:59:36:
raiplay.it/video/2023/04/Che-t…

Oppure leggerle qui:
"Caro Enea, bel cicciottino di 2 kg e mezzo, cucciolo di specie umana, super-millenial, classe 2023. Piccolo avannotto che dai le tue prime bracciate nel mare tempestoso della vita.
Perché la tua mamma dopo averti tenuto nella sua pancia per nove mesi ha pensato che saresti stato meglio lontano da lei. Credo che questa decisione le sia costata molto cara, sai Enea. Così ti lasciato in una culla per la vita a Milano.
Le culle per la vita non ci sono solo a Milano sai. Ci sono in tante città d’Italia. Ci sono a Napoli, Varese, Parma, Padova, Firenze e Roma. Più di una in ogni regione. E funzionano così: Appena la mamma appoggia il bambino in quella piccola cuccia calda scatta un sensore collegato con l’ospedale più vicino che allerta i medici che intervengono subito.
Per questo non credere mai a quelli che dicono che la tua mamma ti ha abbandonato. Non ti ha abbandonato, ti ha affidato. Son due verbi molto diversi sai…quando crescerai lo capirai.
Abbandonare significa mettere in pericolo, fregarsene di cosa succederà dopo, vuol dire che non te ne importa niente.
Affidare invece è diverso. È avere così tanta fiducia nell’altro da chiedergli di custodire la cosa che più ti sta a cuore.
Semplicemente le mani di mamma hanno incontrato altre mani. È stata una catena d’amore Enea caro.
Non succede solo a te sai. Pensa che in Italia capita a 400 bambini all’anno. E la maggior parte trova una nuova famiglia già dall’ospedale.
Sai, per noi adulti la vita è un casino e a volte siamo costretti a fare cose che non vorremmo. Sembra strano dirlo a te che di settimane su questa terra ne hai così poche ma ti assicuro che più invecchi più le cose si complicano.
Non so come mai la tua mamma l’abbia fatto e se vogliamo davvero rispettarla non dobbiamo neanche chiedercelo. Al contrario. Dobbiamo custodire il suo segreto con rispetto, silenzio e soprattutto compassione.
Sappi comunque che mamma, con il suo gesto pieno di amore e di dolore, ha messo in moto una catena di protezione che nei decenni in Italia abbiamo reso sempre più forte…
E che parte dagli ospedali, fino ad arrivare ai tribunali dei minori, agli assistenti sociali, ai genitori affidatari, a quelli adottivi.…
E questa catena sta dentro una cosa che si chiama Stato e serve apposta per tutelare i diritti di tutti, neonati, bambini, mamme e papà perduti e fragili. Famiglie tradizionali e famiglie non tradizionali.
Perché non è vero che la società non esiste. Esiste eccome. E dobbiamo fidarci di lei.
Porti un nome importante, Enea, il nome di un signore fuggito da una città in fiamme per cercare una nuova vita e una nuova casa… la stessa cosa è capitata a te… quell’altro Enea ce l’ha fatta, sono sicura che ce la farai anche tu.
Ti auguro di diventare tutto ciò che si sogna da bambini: astronauta, calciatore, Harry Potter, pilota di Ferrari, dentista di Leoni in Africa, rockstar come i Maneskin…sosia di Chiattillo o mimo ai semafori.
Sono certa che avrai al tuo fianco una mamma e un papà al 100% che ti ameranno moltissimo. Ti ameranno un botto. Non dubitarne mai neanche un secondo.
Purtroppo la vita a volte somiglia alla scuola guida: le partenze in salita sono difficili, certo, ma se impari a farle, poi non ti spaventa più nulla.
Benvenuto pulcino di Pasqua. Ti riempiamo di baci. Luciana."

#CTCF


GLI INSEGNANTI DANESI USANO LE APP PER CONTROLLARE L'UMORE DEI PROPRI STUDENTI

@Etica Digitale (Feddit)

Le aziende affermano che il software può aiutare a migliorare il benessere, ma alcuni esperti temono che potrebbe avere l'effetto opposto. Di Arian Khameneh su Technology Review

Ci sono poche prove che una quantificazione di questo tipo possa essere utilizzata per risolvere problemi sociali e promuovere l'abitudine all'autosorveglianza fin dalla tenera età potrebbe alterare radicalmente il rapporto dei bambini con se stessi e tra di loro in un modo che li fa sentire peggio. piuttosto che migliore. "Difficilmente possiamo andare in un ristorante o a teatro senza che ci venga chiesto come ci sentiamo dopo e spuntando caselle qua e là", afferma Karen Vallgårda, professore associato all'Università di Copenaghen che studia storia della famiglia e dell'infanzia. "C'è una quantificazione delle emozioni e delle esperienze che sta crescendo, ed è importante che ci chiediamo se questo sia l'approccio ideale quando si tratta del benessere dei bambini".

NB: Gli scolari danesi sono nel bel mezzo di una crisi di salute mentale che uno dei più grandi partiti politici del paese ha definito una sfida "uguale all'inflazione, alla crisi ambientale e alla sicurezza nazionale". Nessuno sa perché, ma in pochi decenni il numero di bambini e giovani danesi affetti da depressione è più che sestuplicato. Un quarto degli alunni della nona elementare riferisce di aver tentato l'autolesionismo. (il problema non è circoscritto alla Danimarca: gli episodi depressivi tra gli adolescenti statunitensi sono aumentati di circa il 60% tra il 2007 e il 2017, e anche i tassi di suicidio tra gli adolescenti sono aumentati di circa il 60% nello stesso periodo). preoccupazioni" sullo stato mentale dei bambini che vedono nel loro lavoro e ha avvertito che se non si interviene immediatamente, "non vedono alcuna speranza per invertire la tendenza negativa".

Immagine di NICOLE RIFKIN

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Hanno approvato in Italia una legge per un contrasto forte alla pirateria. Il fatto è che comporta rischi importanti per gli internauti.


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Le riforme previdenziali come lotta di classe alla rovescia | La Fionda

"Siamo davanti a una sorta di subalternità ideologica dei sindacati rispetto agli interessi padronali, questa subalternità non si manifesta solo con l’assenza del conflitto ma attraverso richieste che alla fine non incrementano potere di acquisto e di contrattazione."

lafionda.org/2023/04/14/le-rif…



Alternanza alla base NATO di Sigonella: studenti a scuola di guerra | Senza Tregua

"In un contesto in cui la Sicilia riconferma il record negativo di dispersione scolastica, con picchi del tasso di abbandono che raggiungono il 25% a Catania, la priorità del governo regionale sembra essere quella di educare i giovani alla guerra. In una regione in cui disoccupazione e lavoro nero affossano le condizioni di vita di migliaia di proletari e in cui il lavoro è per lo più precario, pare non esserci alternativa per le classi popolari: emigrare, arruolarsi, o andare ad alimentare la filiera bellica che per ragioni strategiche proprio in Sicilia è particolarmente sviluppata."

senzatregua.it/2023/04/14/alte…



Carlo Calenda, Matteo Renzi e il Rolex dei poli superflui



Si noti lo slogan alle spalle dei due ben vestiti. Di serio, nel loro caso, pare ci sia più che altro il bisogno di una revisione complessiva del regime alimentare.

Nello stato che occupa la penisola italiana le gazzette di metà aprile 2023 intrattengono i sudditi col volare di stracci tra i ben nutriti nella foto qui sopra.
Al di là dei link indispensabili alla comprensione dei contenuti pubblicati in questa sede, non è nostra abitudine trarre materiale da gazzette. In questo caso però riportiamo l'epitaffio del loro "progetto politico" pubblicato proprio da una di esse, perché abbastanza coincidente con quanto avrebbe potuto dire sull'argomento qualsiasi persona seria. Nel testo originale ricorre il nome dello stato che occupa la penisola italiana; come nostra abitudine ce ne scusiamo in anticipo con i lettori, specie con quanti avessero appena finito di pranzare.

Marco Travaglio - Il Polo superfluo

La morte annunciata del Terzo Pelo o Terzo Coso è ancor più trascurabile della sua nascita. Trattandosi di un polo superfluo, il divorzio fra il De Gaulle dei Parioli e il De Rege di Rignano è molto meno allarmante di quello fra Boldi e De Sica. Molto più affascinanti sono gli spingitori dei due Nessuno: giornaloni, tg e talk che li han pompati fino a convincerli di essere qualcuno: campioni del Riformismo, alfieri del Moderatismo, idoli del Grande Centro. Sono loro che li hanno rovinati, chiamandoli “Terzo Polo” sulla fiducia e illudendoli di avere “praterie” sterminate: bastava che si accoppiassero per crescere e moltiplicarsi.
Vincono i 5Stelle? Praterie. Cade il Conte-1? Praterie. Nascono Azione e Italia Viva? Praterie. Cade il Conte-2? Praterie. Arriva Draghi? Praterie. Cade Draghi? Praterie. Calenda va con Letta? Praterie. Calenda va con Renzi? Praterie. Vince Meloni? Praterie. Schlein leader Pd? Praterie. B. ricoverato? Praterie. Dove siano esattamente queste praterie, sfugge ai più. L’unica certezza è che, se esistono, sono disabitate. O popolate di gente che ha sulle palle sia Ollio sia Ollio: persone normali. Resta da capire chi frequentino i giornalisti per convincersi che i due caratteristi abbiano un radioso futuro.
È vero che Carletto sparava: “Puntiamo al 13%, Meloni non governerà mai e tornerà Draghi”, salvo poi incolpare gli elettori perché votano tutti fuorché lui. È vero che il fu Matteo vaticinava: “Facciamo il botto, nel 2024 saremo primo partito, il M5S è morto”. Ma, anziché ridergli in faccia e relegarli nelle brevi, i media li prendevano sul serio. Corriere a tutta prima: “Ciclone Calenda sul centrosinistra” (non scoreggina: ciclone), “Strategia di Renzi per una svolta ‘alla Pirlo’” (con la o). Folli: “Il magnete Calenda” (non pongo: magnete). Il profeta Riotta: “Il centro di Calenda e Renzi sembra ben vivo… potrebbe animare a sorpresa la scena politica”. Foglio: “Il Centrocampo Calenda” (3 pagine su 4). Polito el Drito: “L’accordo Letta-Calenda riequilibra in parte una gara sbilanciata a favore del centrodestra”. Francesco Merlo e la sua lingua: “Calenda aspira all’eredità dei papi laici o forse luterani, Ugo La Malfa, Visentini, Spadolini, la buona amministrazione, il rigore dei conti e il cattivo carattere che è stato una grande risorsa italiana, una specie di lievito di progresso” (o di birra).
Paginone sulla Stampa: “Cantiere Draghi bis”. Paginone su Rep: “Calenda, l’uomo mercato corteggiato da tutti”, con foto dei suoi tatuaggi (“La A di Azione presa dagli Avengers, lo squalo e SPQR”), dettagli biografici (“A 16 anni fece una figlia”) e rivelazioni dell’eroico ragazzo padre: “Le cambiavo i pannolini e la allattavo”. Precoce com’è, aveva già le tette. Ora si allatta da solo.


"Meglio finirla qui, almeno non ci ruberemo i #Rolex", pare abbia concluso Carlo Calenda, uno che nelle consultazioni amministative per la città di Roma di un paio di anni fa mandò in giro per chiacchierate tra amici (difficile poterle definire comizi elettorali) un ventenne con al polso uno di quei cosi di metallo che segnano le ore ma che costano come un appartamento (qui su Archive). Una passione piuttosto diffusa tra i ricchi, questa di quei cosi di metallo.
Quello che il poco attento Calenda e il boy scout di Rignano non hanno capito (o hanno fatto finta di non capire, o hanno sperato non fosse necessario capire) è che l'elettorato che ha al polso uno di quei cosi di metallo che segnano le ore ma che costano come un appartamento è ridotto e già conteso. Ed è in via di ulteriore restringimento data l'incessante erosione dei redditi.
I due ben vestiti si sono comportati come due torsoli degli anni Ottanta. Voci che arrivano da una stolta età dell'abbondanza in cui c'erano le banche in doppiopetto grigio con un'orchidea all'occhiello di ogni lavoratore. Adesso non ci sono più nemmeno le banche, e il poco personale rimasto sta facendo l'impossibile per non essere licenziato a un anno dalla pensione.
Più facile che invece che un'orchidea, all'occhiello abbia un orcodìo.
E che non pensi certo a questi due, al loro "partito" e ai pezzi di metallo che gli piace mostrare in giro.



Materia oscura, abbiamo una nuova mappa | Galileo

«La nuova mappa della materia oscura è diversa da quelle prodotte finora, i cui risultati avevano messo un po’ in crisi il modello cosmologico della relatività generale di Einstein, facendo pensare che servisse una “nuova fisica”. I dati dell’Act, invece, mostrano una struttura della materia nell’Universo “grumosa” al punto giusto, compatibile con le previsioni fatte sulla base della teoria di Einstein. E se da un lato si tratta di risultati confortanti, dall’altro – hanno commentato gli esperti – sarà interessante capire il perché esiste una discrepanza tra diversi metodi di misurazione.»

galileonet.it/materia-oscura-m…



CHI FINANZIA IL FACTCHECKER CHE BLACKLISTA I CONSERVATORI?

@Giornalismo e disordine informativo

Due gruppi senza scopo di lucro statunitensi legati al Global Disinformation Index , un'entità britannica che inserisce nella lista nera i media conservatori, si rifiutano di rivelare dettagli chiave sulle loro operazioni, citando un'oscura legge federale di esenzione sulle "molestie", secondo un'indagine del Washington Examiner.

> La mancanza di trasparenza sui moduli fiscali depositati dai gruppi GDI potrebbe portare i legislatori e i gruppi di controllo a spingere le loro indagini sulla presunta rete di tracciamento della "disinformazione", che è stata messa sotto accusa da quando un rapporto del Washington Examiner del 9 febbraio ha dettagliato i suoi sforzi per fornire agli inserzionisti blacklist di siti Web conservatori. Diversi membri repubblicani del Congresso, tra cui il presidente del Comitato per la supervisione e la responsabilità della Camera James Comer (R-KY), hanno chiesto chiarimenti al Dipartimento di Stato per aver indirizzato i fondi della sovvenzione al GDI tra il 2020 e il 2021.

L'articolo di Gabe Kaminsky continua sul Washigton Examiner

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UN'ASSOCIAZIONE INSEGNA IL FACTCHECKING A MIGLIAIA DI INDONESIANI

@Giornalismo e disordine informativo

> Bu Iroh è determinata a vedere suo nipote e a convincere suo marito a smettere di credere a ogni WhatsApp che trasmette informazioni fattuali. Vestita con un trench rosso e un berretto con una gigantesca lente d'ingrandimento in mano, porta il marito in giro per la città ascoltando le false idee della gente sul vaccino e sfatandole.

Mafindo ha un team centrale di nove persone, con migliaia di volontari in tutta l'Indonesia che aiutano a condurre corsi di formazione, verificare i fatti e coinvolgere più membri del pubblico nel lavoro dell'organizzazione.


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