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In Cina e Asia – Qin Gang visita il Pakistan


In Cina e Asia – Qin Gang visita il Pakistan pakistan
I titoli di oggi:

Dopo il summit Sco in India, Qin Gang visita il Pakistan
La Cina invita alla calma dopo l’attacco compiuti da droni contro il Cremlino
Sgominata una rete web che dalla Cina promuoveva fake news
Rapporto cinese: "La CIA ha cercato di rovesciare 50 governi stranieri"
Usa e Filippine annunciano nuove linee guida militari

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La nuova diplomazia cinese, e i suoi margini


La nuova diplomazia cinese, e i suoi margini politica estera
“L’avvenire della civiltà dipende dal compito che i cinesi si assumeranno in questo secolo.” La profezia di Benito Mussolini potrebbe avverarsi con cento anni di ritardo. O almeno questo è quello che sembra pensare il gruppo dirigente di Pechino. Dopo tre anni di stallo, dedicati a perseguire la politica “Zero Covid”, la Cina si è riaffacciata al mondo con una ...

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Infetti


Guardate fuori dal finestrino, se vi trovate a passare per il Salento: vedrete i mostri d’Italia. Osservate la devastazione, sappiate che proseguirà e fate uno sforzo di memoria, in questo Paese che sembra non avere mai un passato: provate a ricordare il

Guardate fuori dal finestrino, se vi trovate a passare per il Salento: vedrete i mostri d’Italia. Osservate la devastazione, sappiate che proseguirà e fate uno sforzo di memoria, in questo Paese che sembra non avere mai un passato: provate a ricordare il nome di chi ne è responsabile. Ne indicherò alcuni, ma la filiera del cialtronismo è lunga. E non si limita a quel che è successo e sta succedendo qui, va ben oltre. Sono i mostri d’Italia.

In Puglia 21 milioni di magnifici ulivi sono contagiati dalla Xylella fastidiosa (un batterio che chiude i vasi linfatici e li essicca): 41mila sono già morti. Nella sola provincia di Lecce sono andate perse 3 olive su 4. Sono infetti 8mila chilometri quadrati: il 40% della Puglia, secondo i calcoli della Coldiretti. Altre fonti ne contano assai di più. Dal finestrino non saprei dire, anche perché si appannano gli occhi. La devastazione è produttiva, economica, culturale, paesaggistica, turistica. E non è finita, perché Xylella è ancora lì. Inutile aggiungere che i soldi stanziati per reimpiantare sono ancora intonsi: domande superiori alle disponibilità, che però restano nel cassetto.

Chi voglia farsi un’idea dello scempio può leggere il libro di Daniele Rielli (“Il fuoco invisibile”). Si stenta a credere che sia potuto veramente succedere. Per chi va di fretta qualche breve ricordo può essere utile. Quando il batterio cominciò a colpire (2012) c’era da adottare subito un rimedio, capace di limitare moltissimo il danno: esaminare le piante ed eradicare le infette e quelle a rischio. Doloroso, ma salvifico. Invece si negò l’esistenza del batterio. Roba da totali cretini. S’andò avanti con detti popolari del tipo che l’ulivo non muore mai e si riprende sempre, che poi sono detti da chi con gli ulivi non ha mai avuto a che fare. Si sostenne che era un complotto, si chiese e ottenne l’intervento della magistratura. Ancora prima del Covid s’erano fatte le prove generali del negazionismo antiscientifico. Ed ecco i nostri eroi.

Beppe Grillo: «La Xylella fastidiosa è una gigantesca bufala». Chiesero anche una commissione parlamentare d’inchiesta, sulla bufala, lanciarono messaggi social a raffica con sotto la scritta «Condividete». E gli sventurati condivisero.

Un quotidiano scandalosamente scandalistico (Fatto e rifatto) faceva scrivere espertoni secondo cui si doveva guardare semmai alle «frequenze vibrazionali distruttive prodotte dall’inquinamento». Che ancor si dovrebbe vibrare d’indispettita indignazione.

Quando la Corte di giustizia europea sentenziò l’ovvio, peraltro sulla scorta di studi seri e scientifici fatti da italiani – ovvero che si dovesse provvedere a eradicare in fretta, altrimenti sarebbe successo quel che è poi successo – non si fece attendere Matteo Salvini: «Maledetta Unione Sovietica Europea! Ordina di abbattere gli ulivi in Puglia anche se non ancora malati di Xylella. Il prossimo obbligo sarà sradicare i vigneti nel Chianti o in Veneto??». E giù sguardi di furba e divertita intesa: anche oggi gliel’ho cantata.

Insuperabile Michele Emiliano: «Da quattro anni la Xylella è ferma, caso vuole che io sono presidente da quattro anni». Dove il problema non è nel credersi meritevole di onorificenza antibatterica, ma nel credere che il batterio fosse fermo. Il presidente della Regione più devastata non aveva la minima cognizione, lo pensava inerte e s’ergeva a difensore degli ulivi.

Guardate fuori dal finestrino, pensate alle facce loro e a quelle di attori e cantanti accorsi a manducare una fetta di torta complottista e antisistemica. Pensate al loro conformismo che pretende d’essere anticonformista, alla loro lucida deficienza, al loro remunerato disinteresse, pensate alla destra che li cavalca per antieuropeismo e alla sinistra che li accudisce per popolarismo antipopolare. Guardateli e guardate gli ulivi. Guardateli bene. Perché se non riuscite a capire farete la stessa fine.

La Ragione

L'articolo Infetti proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Equilibrio e stabilità. Le parole chiave dell’Esercito secondo Serino


L’Esercito italiano è la Forza armata più antica del nostro Paese. Nato appena un mese dopo l’Unità d’Italia, ne ha seguito da protagonista tutte le vicende storiche, fino a oggi, dov’è chiamato ad affrontare le sfide di uno scenario sempre più complesso.

L’Esercito italiano è la Forza armata più antica del nostro Paese. Nato appena un mese dopo l’Unità d’Italia, ne ha seguito da protagonista tutte le vicende storiche, fino a oggi, dov’è chiamato ad affrontare le sfide di uno scenario sempre più complesso.

Generale, il 4 maggio l’Esercito italiano compie 162 anni (qui la gallery). Che lezioni ci arrivano dalla sua lunga storia?

Mi permetta di fare una doverosa precisazione. Il 4 maggio 1861 l’Esercito assume il nome di Esercito italiano, a caratterizzare il legame con il nuovo Regno d’Italia e, soprattutto, l’appartenenza agli italiani. Noi celebriamo questa data come momento fondante, pur conservando forte il legame con la tradizione militare preunitaria perché facciamo dell’appartenenza agli italiani, di tutti, senza distinzione, il nostro valore più forte.

Il rapporto tra cittadini ed Esercito non è mai mancato, neanche nei momenti più bui e tragici. Tra pochi mesi ricorderemo gli ottant’anni della difesa di Roma e delle Quattro giornate di Napoli. In quei giorni, soldati dell’Esercito (e delle altre Forze armate) e cittadini gettarono insieme semi valoriali importanti per la nascita dell’Italia di oggi. La prima lezione è proprio questa: preservare forte e saldo il legame tra gli italiani e il loro esercito. La seconda lezione, più professionale, è l’importanza di guardare al progresso tecnologico, perché se i principi dell’arte militare da millenni sono i medesimi, gli strumenti e le modalità operative sono in continuo divenire. Alla fine del XIX secolo l’Esercito fu protagonista di innovazione: mi vengono in mente gli esperimenti sull’uso della radio e delle aeronavi. Dobbiamo tornare a esserlo, protagonisti dell’innovazione, perché ne abbiamo la capacità e la necessità.

Con la guerra alle porte dell’Europa, è riemersa la centralità dello strumento militare terrestre nel sistema di Difesa nazionale. Dopo anni concentrati in missioni di pace e operazioni anti-terrorismo, come si deve preparare l’Esercito a questo “ritorno” a scenari più convenzionali?

Un capo di Stato maggiore dell’Esercito di qualche anno fa ci diceva: “Le operazioni convenzionali sono le più complesse e le più difficili. Se sai fare quelle, sai fare tutto”.

Per prepararsi al convenzionale ci vogliono sistemi d’arma allo stato dell’arte e tanto addestramento. Negli ultimi anni, per scelte di contingenza, sono mancati gli uni e l’altro. Per quanto riguarda l’ammodernamento dei mezzi e degli equipaggiamenti, bisogna avviare quanto prima i programmi che l’Esercito ha individuato nel 2022 e sinteticamente illustrato in “Esercito 4.0”.

Le parole-chiave sono equilibrio e stabilità. L’equilibrio è necessario perché se non è possibile fare tutto in parallelo, non possiamo neanche farlo in serie, una cosa alla volta. Alcune capacità essenziali devono ammodernarsi da subito. La stabilità serve nelle risorse e nella programmazione, che deve conservare anche coerenza capacitiva e industriale. Per quanto riguarda l’addestramento, ci vogliono poligoni e soldi. In questo settore siamo indietro e il Paese nella sua interezza deve prenderne coscienza. È un argomento che non appassiona, e infatti poco leggo sull’argomento, ma un equipaggio carri ben addestrato vale quanto e più del carro stesso.

Oggi l’Esercito è presente in tutti i principali scenari di riferimento italiani e alleati. Dai Paesi baltici al Medio Oriente e il Mediterraneo allargato, passando per il fianco orientale, i soldati italiani sono schierati in un arco geografico la cui ampiezza si avvicina a quello della Seconda guerra mondiale. Qual è l’importanza di questa presenza internazionale?

La presenza dell’Esercito in tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo allargato è segno che la politica di sicurezza e difesa dell’Italia non insegue le mode, ma l’interesse nazionale. Ovviamente il merito non è nostro ma dei governi che si sono susseguiti. Il Paese ha bisogno di stabilità verso est, guardando anche all’est vicino e all’Artico, e verso sud-est: Africa e vicino e Medio Oriente. Garantire una presenza qualificata in tutte queste regioni richiede un grande sforzo, sia da parte del personale sia delle strutture organizzative, ma siamo pienamente consapevoli che dobbiamo esserci. Un aiuto potrà darcelo la rapida attuazione delle deleghe contenute nella legge 119 del 2022, votata da tutti gli schieramenti politici, in merito a incrementi numerici di personale militare e riserve. Dal canto nostro, come peraltro stanno facendo altri eserciti Nato, vogliamo dedicare alcune unità convenzionali alla Security force assistance e alla Military assistance, il cui ruolo continua e continuerà a crescere.

L’attuale scenario di insicurezza e fragilità globale richiede anche che l’Esercito abbia a disposizione mezzi all’avanguardia che le permettano di agire nei moderni scenari operativi. Come dovranno essere i mezzi terrestri di domani?

I mezzi del futuro Esercito dovranno essere coerenti con un approccio che introduco in esclusiva per Airpress: così come il joint è stato soppiantato dal multidominio, così il Combined arms dovrà essere soppiantato dal Cooperative systems.

I nuovi mezzi della Forza armata dovranno essere ideati e progettati per cooperare tra loro e generare effetti in più domini e più dimensioni. Apripista in questa ottica potranno essere il Nees A-249 e l’altro progetto che vorremmo come Forza armata avviare quanto prima, coinvolgendo tutte le industrie nazionali del comparto difesa: il futuro Aics (Armored infantry combat system) dell’Esercito.

Il collante per il Cooperative system è un’architettura C5I (Comando, controllo comunicazioni, computer, cyber e informazioni) distribuita su tutte le piattaforme, realmente aperta a integrare nel tempo ogni futura innovazione tecnologica.

In uno scenario multidominio come quello attuale, la dimensione terrestre non si limita alla superficie del suolo. Fondamentale sarà infatti lo sviluppo di sistemi all’avanguardia anche nel campo della difesa contraerea e dell’ala rotante. Quali caratteristiche dovranno avere queste componenti dell’Esercito del prossimo futuro?

Esercito 4.0 individua la manovra dalla terza dimensione e la difesa integrata come due elementi fondamentali dello strumento terrestre futuro. Entrambe garantiranno la piena efficacia se sapremo avvalerci delle potenzialità offerte dall’automazione e dall’intelligenza artificiale (IA), per rendere tempestivo l’intervento dei diversi sistemi di cui queste capacità saranno dotate.

Con riferimento alla difesa integrata (contraerea è limitativo) bisognerà disporre di sistemi cinetici e non, letali e non letali, in grado di difendere uomini, mezzi da combattimento e dispositivi da ogni ipotizzabile minaccia che provenga dall’alto. Individuare, identificare, tracciare e ingaggiare è un processo che deve diventare sempre più veloce e discriminante, e qui c’è spazio per IA e automazione. La cooperazione con l’Aeronautica nella gestione dello spazio aereo sarà altrettanto essenziale, irrinunciabile.

Nel settore degli elicotteri, osserviamo con interesse le nuove tecnologie che, garantendo diverse caratteristiche ai profili di volo (raggio d’azione, velocità, manovrabilità), dovranno essere tra loro complementari, anche in riferimento ai diversi scenari e missioni nei quali l’Esercito potrà essere chiamato a confrontarsi. Non posso non ribadire che, quali che siano le future macchine, tutte dovranno avere una comune architettura C5I, comune anche ai sistemi più propriamente terrestri. È qui che si gioca l’efficacia e la rilevanza dell’Esercito nel futuro.

Gli attuali campi di battaglia sono caratterizzati sempre più dalle nuove dimensioni operative, lo spazio e, soprattutto, il cyber. In che modo si sta preparando l’Esercito a queste sfide?

Già quattro anni fa, nell’ambito del Comando trasmissioni, è stato costituito il Reparto sicurezza cibernetica, con l’obiettivo da un lato di formare specialisti nel campo e dall’altro di esplorare rischi e opportunità di questo nuovo dominio operativo, che poi tanto nuovo non è. Nel 2010, rientrando dagli Stati Uniti, dove l’Us Army aveva da pochissimo costituito l’Army cyber command, trovai degli embrionali nuclei di controllo e monitoraggio delle reti informatiche associati ai Centri sistemi C4 Esercito di Roma e di Padova, dove sono cresciute competenze ora al servizio dell’intero Paese.

La nostra attenzione, oltre alla doverosa sicurezza dei nostri sistemi C5I, è rivolta anche al mondo Internet of things (Iot), l’Internet delle cose, che sta entrando anche nella vita dei comuni cittadini, per esempio attraverso il controllo da remoto degli elettrodomestici. Qui non esistono praticamente confini e le esigenze di sicurezza sono fortissime.

La realtà cyber è un mondo dove, al fianco della competizione tecnologica, sta diventando altrettanto spietata la competizione per la risorsa umana. Per l’Esercito si tratta non solo di un rischio, ma anche di una opportunità, se sapremo valorizzare la predisposizione innata dei militari a formare al proprio interno le competenze di cui ha bisogno.

Fondamentale per lo sviluppo di nuove tecnologie e piattaforme sarà il rapporto con il mondo dell’industria e della ricerca. In che modo va valorizzato questo legame?

Potrei dire: proseguendo il lavoro avviato tanti anni fa. In questo rapporto, il ruolo del mondo in uniforme deve essere quello del cliente, allo stesso tempo esigente e collaborativo. In questo rapporto simbiotico di crescita e di stimolo vedo anche la presenza importante del mondo accademico. Come ho affermato in apertura, l’Esercito deve tornare protagonista di innovazione, ma vanno anche superate talune ritrosie ideologiche, figlie delle tragedie europee del XX secolo, nell’affrontare tematiche legate ai sistemi militari.

Dal punto di vista pratico, una grande opportunità risiede nel rendere permanente l’attività di sviluppo dei sistemi militari, quello che in Forza Nec veniva definito approccio a spirale: mentre si produce la variante 1, si studia, si progetta e si valida operativamente la variante 2. Nulla di nuovo, ma talvolta le best practice si perdono. È lapalissiano che per questo c’è bisogno di un’industria nazionale di settore con cui collaborare. Per questo sostengo dall’inizio del mio mandato che nel comparto industriale italiano che si occupa di difesa c’è bisogno di “terrestre”.

Oggi si stanno gettando le basi per quello che sarà l’Esercito di domani. Con 162 anni di storia, qual è il messaggio che vuole lanciare alle future generazioni di soldati?

Ai giovani allievi delle nostre scuole e accademie dico di appassionarsi al futuro e di amare il passato. La storia ci regala, se sappiamo leggerla, le esperienze di cento, di mille vite. Null’altro ci può fare un dono più grande.

Invito i futuri soldati dell’Esercito, di ogni grado, ruolo e categoria, a coltivare e mantenere la coscienza del nostro ruolo. Nelle emergenze gli italiani ci guardano, spesso utilizzando “Esercito” come sinonimo di “Forze armate”, a testimonianza di una fiducia profonda.

Non possiamo e non dobbiamo deluderli.

(Intervista pubblicata sul numero 143 della rivista Airpress)


formiche.net/2023/05/intervist…



“Il wokeismo ha una tendenza autoritaria”. Parla la prof minacciata dai trans


Kathleen Stock racconta perché ha deciso di dare le dimissioni come docente dell’Università del Sussex dopo le minacce ricevute dai trans “Ho trovato molto deprimente essere minacciata e attaccata per aver espresso argomentazioni filosofiche a favore dei

Kathleen Stock racconta perché ha deciso di dare le dimissioni come docente dell’Università del Sussex dopo le minacce ricevute dai trans

“Ho trovato molto deprimente essere minacciata e attaccata per aver espresso argomentazioni filosofiche a favore dei diritti delle donne”. Kathleen Stock, che oggi terrà una lezione sui diritti presso la Scuola di Liberalismo della Fondazione Einaudi, descrive così la vicenda che l’ha portata a dare le dimissioni da docente di filosofia all’Università del Sussex.

Professoressa, lei è una attivista femminista sposata con una donna. Com’è possibile che la situazione sia degenerata così tanto da indurla a dimettersi?
“È una situazione strana, soprattutto perché la maggior parte delle persone che mi criticano si definirebbero femministe (hanno una concezione diversa del femminismo, e delle donne da quella che ho io, però). C’è una forte tendenza autoritaria e illiberale all’interno del cosiddetto progressismo o wokeismo, purtroppo”.

Perché in GB, quando si parla di LGBT, c’è sempre un clima così teso? Perché il “dissenso” non è ammesso?“In parte è perché nei luoghi di lavoro, comprese le università, attraverso il sistema della burocrazia è ormai diffuso un insieme di idee, radicale e ristretto, sull’identità trans e sulla femminilità. Gruppi di lobbisti e attivisti che affermano di rappresentare le persone LGBT, hanno fatto pressione e incentivato il governo, i partiti politici e le istituzioni nazionali a portare le loro idee all’interno della politica e delle leggi. Ciò ha avuto effetti negativi sugli spazi delle donne, nello sport e sulle risorse a loro dedicate, poiché ora i maschi, potendosi “auto-identificare” come donne, possono accedervi. Non è stato fatto democraticamente, né è stato sufficientemente discusso. Molti uomini gay, molte lesbiche e persino persone transessuali non sono d’accordo con queste idee radicali, ma il dissenso è descritto come “transfobico” o “bigotto”. Si presume che, se si mettono in discussione queste idee, si odiano le persone trans. In realtà, non è così”.

In Italia la principale forza di maggioranza, FdI, lotta contro “la teoria gender”. Le opposizioni dicono che tale teoria non esiste. Che cosa ne pensa?“Quando la destra parla di “gender theory” intende tutta una serie di idee, con alcune delle quali sono d’accordo e con altre no. Non sono un conservatore, e per esempio penso che le donne dovrebbero avere gli stessi diritti degli uomini sul posto di lavoro, credo nel matrimonio gay (sono una lesbica sposata con una donna). Non sono d’accordo sul fatto che gli uomini dovrebbero essere in grado di auto-identificarsi negli spazi o nelle risorse delle donne, o che ai bambini vengano somministrati farmaci che ne alterino la vita, sulla base di una confusione di identità che può essere temporanea. Mi sconforta che, in nome della sinistra “progressista”, idee così folli stiano guadagnando potere, perché è un regalo ai politici di destra come Meloni. Ciò permette a lei e al suo partito di usare questo tema come scusa per ridurre i diritti delle donne e degli omosessuali, per esempio. Me ne rammarico. Succede anche in Ungheria, in Turchia e in Russia, per esempio. Le idee radicali di una minoranza vengono utilizzate per rendere la vita difficile alla maggioranza, molto più moderata, delle persone LGBT”.

Quel che sta succedendo in Gran Bretagna mina la libertà d’espressione?“Sì, le università dovrebbero essere luoghi in cui le idee controverse possono essere analizzate e discusse, e il libero pensiero può esistere”.

Cosa pensa, invece, della vicenda della professoressa inglese a cui non è stato rinnovato il contratto e che ha persino subìto un procedimento disciplinare per aver salutato le sue alunne dicendo “Ciao ragazze”?“Penso che sia ridicolo. L’attenzione generale all’interno del femminismo woke di concentrarsi su forme appellative (compresi i pronomi, dicendo “signore e signori” ecc.) è una distrazione dai veri squilibri di potere e dalle disuguaglianze che sono molto più importanti, ma più difficili da risolvere. Instillare un clima negativo nel quale si ha paura di dire la cosa sbagliata, non aiuta nessuno”.

Il Giornale

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La guerra in Ucraina continua e l’unica soluzione messa in campo dal governo continua ad essere quella dell’invio di armi. Il telegiornale unico ignora le f


Palestina. Distrutto lo skatepark al porto di Gaza


Il centro, distrutto dal governo di Hamas, era diventato un punto di riferimento importante per i giovani della Striscia di Gaza L'articolo Palestina. Distrutto lo skatepark al porto di Gaza proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023/05/04/

Pagine Esteri, 4 maggio 2023. Lo scorso Primo Maggio è stato demolito lo skatepark del porto di Gaza City. Costruito nel 2017 grazie al progetto Gaza FREEstyle, era diventato un punto di incontro per giovani, adulti e bambini e un riferimento per iniziative culturali e sociali, come Pagine Esteri aveva documentato con video e interviste.

Il governo di Hamas ha ordinato, apparentemente senza una precisa motivazione, la demolizione della rampa di skate e le ruspe hanno distrutto il campo in poche ore.
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Di seguito, il comunicato del Gaza FREEstyle:

Quello che vedete nel video qui sotto è lo skate park del porto di Gaza, distrutto dai mezzi di demolizione del governo di Hamas.

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Video dello Skate Park di Gaza, girato nel 2021 per Pagine Esteri.
Inutile girarci intorno, Hamas si pone in maniera autoritaria negando ai giovani spazi di socialità.

L’area del porto era frequentata da decine di giovani di tutte le età, negli anni era diventata un punto di aggregazione per tantissim* freestyler e writers di tutta la striscia.

Le crew che negli anni hanno costruito il park, organizzavano lezioni per ragazze e bambin*, jam di skate ed eventi circensi.Il murales che vedete nel video ”FREE PALESTINE” è stato realizzato a giugno 2022 durante le attività di scambio con artisti locali.

La costruzione del park è iniziata nel 2017 con la prima rampa in legno; Negli anni successivi l’area è stata trasformata in uno skatepark in cemento.
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Le crew di skaters sono triplicate nonostante a Gaza, non esista la possibilità di comprarsi uno skate.

Praticare lo skate a Gaza è un modo per evadere dalle sofferenze della vita, sognare in un luogo che si trova sotto la brutalità di un assedio militare ferocissimo.

Ecco perché lo skatepark del porto era importante e simbolico per noi e per i gazawi.Il Gaza FREEstyle si avvicina alla sua decima Carovana di Solidarietà; in questi ultimi anni abbiamo lavorato per costruire una Casa internazionale delle Donne in collaborazione con le associazioni femminili locali.

La demolizione avvenuta stamattina è un brutto segnale, in pochi minuti è stato distrutto ciò che collettivamente avevamo costruito in tanti anni e con tanti soldi.

Come Gaza Freestyle e centro Vik denunciamo questa azione che non trova nessuna giustificazione.

Insieme alle crew di skaters, nei prossimi giorni, andremo a fondo di questa brutta storia. Chiederemo conto di quanto accaduto con i documenti alla mano.

A metà maggio, partirà una delegazione di 5 compagn che andrà per costruire il progetto della casa internazionale delle donne. In quell’occasione porteremo a Gaza più materiale possibile da skate e cercheremo di individuare una nuova area dove fare il park. APRIAMO LA RACCOLTA DI SKATE, TRUCK, ROTELLE, ROLLER, ABBIGLIAMENTO SPECIFICO che porteremo a Gaza tramite una nostra delegazione femminile che partirà a maggio.

Termine della raccolta 14 maggio.

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La Giunta Gualtieri, con il divieto di circolazione ZTL per le vetture diesel 4, benzina euro 3 e poi euro 5, colpisce le fasce povere della popolazione, già c


Negli ultimi due fine settimana la Lombardia sembra essere la meta preferita di neofascisti e neonazisti non solo italiani. L'ultima notizia uscita oggi parl


#NotiziePerLaScuola

Sabato 6 maggio alle 19, il Teatro Niccolini di Firenze ospita l’Orchestra Erasmus che torna ad esibirsi nell’ambito delle iniziative del Festival d’Europa – SOU4YOU 2023.

Info ▶️ indire.



LOUD AS GIANTS – EMPTY HOMES


I Loud As Giants sono una coppia di musicisti di cui basta il nome per capire che la materia trattata è di alta qualità : Justin K. Broadrick e Dirk Serries. @Musica Agorà

iyezine.com/loud-as-giants-emp…

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Presentazione del libro “La libertà fuori dalla Russia” di Renata Gravina


Lunedì 22 maggio alle ore 18:00 presso l’Aula Malagodi della Fondazione Luigi Einaudi si terrà la presentazione del libro “La libertà fuori dalla Russia” di Renata Gravina Saluti introduttivi PASQUALE TERRACCIANO Direttore Generale per la Diplomazia Pubbl

Lunedì 22 maggio alle ore 18:00 presso l’Aula Malagodi della Fondazione Luigi Einaudi si terrà la presentazione del libro “La libertà fuori dalla Russia” di Renata Gravina

Saluti introduttivi
PASQUALE TERRACCIANO
Direttore Generale per la Diplomazia Pubblica e Culturale, già Ambasciatore italiano a Mosca

Intervengono
ANTONELLO FOLCO BIAGINI
Professore Emerito di Storia dell’Europa Orientale, Rettore Unitelma

PAOLO SAVARESE
Professore Ordinario di Filosofia del Diritto, Università di Teramo

ROBERTO VALLE
Professore Ordinario di Storia dell’Europa Orientale, Università Sapienza

Sarà presente l’autrice

Ingresso libero

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VIDEO. Israele uccide a Nablus 3 palestinesi in un raid


Due degli uomini colpiti a morte sarebbero, secondo i servizi israeliani, i responsabili dell’uccisione delle tre colone di Gerico L'articolo VIDEO. Israele uccide a Nablus 3 palestinesi in un raid proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023

Pagine Esteri, 4 maggio 2023. Questa mattina l’esercito israeliano ha ucciso tre palestinesi e ferito almeno altri quattro durante un’incursione nella città di Nablus, nella Cisgiordania occupata.

In un comunicato i servizi di intelligence israeliana hanno confermato le uccisioni, dichiarando che 2 dei palestinesi morti sarebbero responsabili dell’attacco del 7 aprile al nord di Gerico. Durante quel raid furono uccise 3 colonie israeliane, una madre con le due figlie, raggiunte da colpi di arma da fuoco all’interno della propria automobile.

VIDEO
Tre palestinesi – Maed Masri, Hassan Katnani, Ibrahim Hura – sono stati uccisi dall'esercito israeliano nella città vecchia di Nablus. I soldati hanno anche sparato un razzo anticarro. Secondo Israele erano gli autori dell'uccisione di tre colone nella Valle del Giordano. pic.twitter.com/IXiT4eF5AN
— Pagine Esteri (@PagineEsteri) May 4, 2023

La Mezzaluna rossa palestinese ha fatto sapere che durante l’incursione israeliana sono state feriti almeno 4 palestinesi e circa 150, tra cui bambine e bambini di una scolaresca, risultano intossicati dai gas.

Il Ministero della Salute palestinese in un comunicato ha dichiarato che lo stato dei corpi, crivellati dai colpi ha reso difficile l’identificazione. Ma si tratta quasi certamente di Ma’es Masri, Hassan Katnani e Ibrahim Hura.

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The Court of Justice confirmed that there is no "threshold" for GDPR damages


La Corte di giustizia ha confermato che non esiste una "soglia" per i danni da GDPR Oggi la CGUE ha emesso la prima decisione sui danni emotivi ai sensi del GDPR. (c) Katarina Dzurekova


noyb.eu/en/court-justice-confi…



PODCAST. TURCHIA: le elezioni saranno un referendum su Erdogan


A vincere le elezioni presidenziali potrebbe essere il leader del Partito Repubblicano Popolare Kemal Kılıçdaroğlu, che ha promesso profonde riforme del sistema politico e un cambiamento della politica estera L'articolo PODCAST. TURCHIA: le elezioni sara

di Marco Santopadre

Pagine Esteri, 4 maggio 2023 – Il prossimo 14 maggio, a pochi mesi dal terremotoche ha devastatomolte regioni, in Turchia si svolgeranno delle elezioni cruciali in un paese spaccato tra i partiti che sostengono il presidente Recep Tayyip Erdoğan, al potere ormai da più di due decenni, e le opposizioni di destra, centro e sinistra che tentano la spallata.
A vincere la sfida delle presidenziali, affermano i sondaggi, potrebbe essere il leader del Partito Repubblicano Popolare, Kemal Kılıçdaroğlu, il quale ha promesso profonde riforme del sistema politico e cambiamenti consistenti nel posizionamento della Turchia a livello internazionale ma che, anche in caso di vittoria, potrebbe avere non pochi problemi a formare un governo stabile e duraturo.
Pagine Esteri ha intervistato il giornalista turco Murat Cinar per capire se effettivamente questa volta le possibilità di una sconfitta del “sultano” sono consistenti e sul perché sta venendo meno nel paese un consenso che ha permesso al leader del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP) di dominare la scena politica turca così a lungo. Pesano la crisi economica e la violazione dei diritti umani e politici dei dissidentie delle minoranze – Pagine Esteri
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Murat Cinar, giornalista e formatore, risiede in Italia (a Torino) dal 2002. Collabora a numerose testate italiane e turche ed è autore di alcune pubblicazioni, tra le quali “Ogni luogo è Taksim” (Rosenberg&Sellier) e “Undici storie di resistenza, undici anni della Turchia” (EBS Print).

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Un milione di munizioni all’anno. Ecco l’obiettivo dell’Ue


Arriva l’Asap, acronimo questa volta di Act in Support of Ammunition Production, un piano proposto dal commissario Ue per il mercato unico, Thierry Breton, alla Commissione europea, indirizzato a mobilitare 500 milioni del bilancio europeo per incrementar

Arriva l’Asap, acronimo questa volta di Act in Support of Ammunition Production, un piano proposto dal commissario Ue per il mercato unico, Thierry Breton, alla Commissione europea, indirizzato a mobilitare 500 milioni del bilancio europeo per incrementare la produzione di munizioni, dai missili ai colpi d’artiglieria. Accanto a questo fondo, indirizzato alle fabbriche del Vecchio continente impegnate nella produzione di munizioni per aumentarne il livello produttivo, l’Act consentirà anche ai Paesi Ue di reindirizzare i fondi di coesione e di recupero verso l’industria della difesa. Il provvedimento dovrebbe essere orientato in particolare a undici Paesi Ue con una forte industria della Difesa, tra i quali naturalmente è presente anche l’Italia.

La misura

Il denaro previsto non è un nuovo stanziamento, ma sarà trasferito dal Fondo europeo per la Difesa (Edf) e dall’Edirpa, il futuro strumento per il rafforzamento dell’industria europea della difesa mediante appalti comuni, su cui si dovrà discutere rispetto agli impatti che tale riposizionamento di fondi potrebbe avere sui progetti in corso e futuri. Tuttavia, il commissario Breton si è detto “fiducioso che entro dodici mesi saremo in grado di aumentare la nostra capacità produttiva a un milione di munizioni all’anno in Europa”. I fondi stanziati serviranno principalmente ad aumentare la capacità produttiva del Vecchio continente in fatto di munizioni, anche finanziando il riadattamento di vecchi lotti, oltre che per incentivare i Paesi a dare priorità alle spedizioni per l’Ucraina rispetto ad altri contratti con le aziende. Secondo Breton i fondi “sono chiaramente sufficienti per raggiungere questo obiettivo” registrando come a suo avviso le aziende europee “in particolare nell’est” abbiano già l’infrastruttura necessaria “per produrre grandi quantità di munizioni di grandi dimensioni”.

Europa al 2%

Tra i segnali mandati dal commissario c’è anche quello di rafforzare la sicurezza collettiva di tutta l’Europa, “abbiamo quattromila chilometri di frontiere con la Russia” ha detto Breton. Ed è per questo che il commissario ha indicato come obiettivo il raggiungimento di spesa previsto dalla Nato, in vista anche del vertice di Vilnius che potrebbe alzare ulteriormente l’asticella. “Incoraggiamo gli Stati membri ad arrivare al 2% del Pil per la difesa” ha ribadito Breton “dobbiamo adattarci a questa nuova configurazione geopolitica e dobbiamo approvare quanto prima questo pacchetto legislativo per permettere all’industria della difesa europea, che ha mantenuto la capacità produttiva, di fabbricare almeno un milione di munizioni all’interno dell’Ue”

Sostenere gli investimenti 

Nel complesso, insieme agli Stati membri, l’Ue ambisce a mettere a disposizione un miliardo di euro “per aumentare le capacità europee”, come registrato dal presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, in aggiunta al sostegno fornito con l’European peace facility per la fornitura di munizioni all’Ucraina. In aggiunta, infatti, il commissario Breton ha anche parlato di finanziamenti per co-finanziare l’industria della Difesa tra Paesi europei tramite il Recovery and resilience facility. In questo modo, ha sostenuto Breton, “si spera di riattivare l’accesso ai finanziamenti privati, sia attraverso la Banca europea per gli investimenti, sia attraverso le banche private”.


formiche.net/2023/05/un-milion…




Per colpa di gente che non sa leggere delle regole, mi sono venuti i demoni in capa mentre svolgevo un esame che doveva essere facilissimo.


I miei stupidi intenti - Bernardo Zannoni


"La storia di un animale, di una faina che scopre il mondo, le sue verità e le sue menzogne. Come fosse un personaggio strappato a Camus, e al tempo stesso a un film della Pixar. Un esordio sorprendente.

«Esistono vari modi di strillare un libro magnifico. Ma solo un modo è giusto per I miei stupidi intenti: leggetelo, leggete questo romanzo in stato di grazia».

Marco Missiroli

Questa è la lunga vita di una faina, raccontata di suo pugno. Fra gli alberi dei boschi, le colline erbose, le tane sotterranee e la campagna soggiogata dall’uomo, si svela la storia di un animale diverso da tutti. Archy nasce una notte d’inverno, assieme ai suoi fratelli: alla madre hanno ucciso il compagno, e si ritrova a doverli crescere da sola.
Gli animali in questo libro parlano, usano i piatti per il cibo, stoviglie, tavoli, letti, accendono fuochi, ma il loro mondo rimane una lotta per la sopravvivenza, dura e spietata, come d’altronde è la natura. Sono mossi dalle necessità e dall’istinto, il più forte domina e chi perde deve arrangiarsi. È proprio intuendo la debolezza del figlio che la madre baratta Archy per una gallina e mezzo. Il suo nuovo padrone si chiama Solomon, ed è una vecchia volpe piena di segreti, che vive in cima a una collina. Questi cambiamenti sconvolgeranno la vita di Archy: gli amori rubati, la crudeltà quotidiana del vivere, il tempo presente e quello passato si manifesteranno ai suoi occhi con incredibile forza. Fra terrore e meraviglia, con il passare implacabile delle stagioni e il pungolo di nuovi desideri, si schiuderanno fra le sue zampe misteri e segreti. Archy sarà sempre meno animale, un miracolo silenzioso fra le foreste, un’anomalia. A contraltare, tra le pagine di questo libro, il miracolo di una narrazione trascinante, che accompagna il lettore in una dimensione non più umana, proprio quando lo pone di fronte alle domande essenziali del nostro essere uomini e donne.
I miei stupidi intenti è un romanzo ambizioso e limpido, ed è stato scritto da un ragazzo di soli venticinque anni. Come un segno di speranza, di futuro, per chi vive di libri."

sellerio.it/it/catalogo/Miei-S…

Roberto Resoli reshared this.



Tagliamo sanità e compriamo munizioni? L'UE è in mano a guerrafondai che dopo aver imposto politiche antipopolari ora ci portano in guerra. Le dichiarazioni


📲 Generazioni Connesse fa tappa a Procida per un nuovo appuntamento del Safer Internet Centre, il progetto dedicato ai rischi e alle potenzialità della rete, in partenariato con le principali realtà italiane che si occupano di sicurezza in Rete: Auto…

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Non solo una questione di #privacy: "Ministro Piantedosi, il riconoscimento facciale nei luoghi pubblici è una pessima idea!" L'appello di Diletta Huyskes di #PrivacyNetwork_ su Wired


Il riconoscimento facciale mina i diritti di movimento, di espressione e di partecipazione. È una questione che va oltre la privacy e la sicurezza e dobbiamo affrontarla consci dei rischi e degli impatti sulle nostre vite.

@Etica Digitale (Feddit)

Il riconoscimento biometrico, specie quando implementato da autorità pubbliche, apre a una serie di rischi e minacce che vanno ben oltre, e che riguardano profondamente il cuore della libertà e della democrazia. L’esistenza stessa di questi strumenti nei luoghi pubblici, come le stazioni per esempio, dove transitano migliaia di persone diverse ogni giorno a prescindere da cosa fanno e dove il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, vuole installare telecamere con riconoscimento facciale per questioni di sicurezza, sottopone chiunque a una sorveglianza continua.

wired.it/article/riconosciment…

Il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi MASSIMO DI VITA/ARCHIVIO MASSIMO DI VITA/MONDADORI PORTFOLIO VIA GETTY IMAGES

Questa voce è stata modificata (2 anni fa)
in reply to The Privacy Post

@The Privacy Post diffondere la paura così da portare le persone a chiedere "sicurezza" in cambio di libertà: è la strategia della destra

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Hanno fatto la festa al lavoro | Coniare Rivolta

"Il Consiglio dei ministri del 1° maggio 2023 sarà ricordato come uno dei momenti più alti dell’odio verso i lavoratori e i poveri manifestato da questo Governo, ma anche come esito prevedibile di una politica economica che la cosiddetta opposizione (politica e sindacale) contesta in maniera ingenua e approssimativa, quando va bene, o esplicitamente da destra (!) quando va male."

coniarerivolta.org/2023/05/02/…



Prova senza `titolo` con #hashtag @menzione, _underscore e €strani &simboli

@Test: palestra e allenamenti :-)

Testar non nuoce

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È disponibile da oggi la seconda puntata de “Il #MinistroRisponde”!

In questo secondo...

È disponibile da oggi la seconda puntata de “Il #MinistroRisponde”!

In questo secondo appuntamento viene posto l’accento sull’importanza dell’educazione stradale nelle scuole: dai corsi mirati per gli studenti delle secondarie superiori alle misure…

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Fr. #29 / Di statali cinesi, scetticismi e cypherpunk


Nel frammento di oggi: Statali cinesi pagati in digital yuan / Scetticismo verso il dollaro digitale ai piani alti / Cypherpunk e altre storie (DOMÌNI Podcast) / Un'intervista sul Digital Services Act

Gli statali cinesi saranno pagati in digital yuan


È notizia della scorsa settimana1 che la città di Changshu, della provincia di Jiangsu, inizierà a pagare i dipendenti pubblici con lo yuan digitale a partire da questo mese. Il progetto è iniziato lo scorso anno e ci sono già stati dei test da luglio a settembre 2022 che hanno incluso circa 4.900 persone e un importo pari a 2.54 milioni di digital yuan.

6907527“Le città di Changshu e Suzhou implementano il pagamento completo dello stipendio in renminbi digitale per i dipendenti pubblici”

In realtà, pare che un altro test fosse già iniziato nella città di Suzhou, che ha da poco concluso il primo quadrimestre del pilot. In 4 mesi sono state accumulate dalla città 8 milioni di transazioni, per un valore cumulativo di 170 miliardi di yuan. La città riporta circa 26 milioni di wallet personali e quasi 2 milioni di wallet “pubblici”.

Iscriviti adesso

La provincia di Jiangsu vuole creare un ecosistema integrato che possa portare a un’espansione incrementale già da gennaio 2024, includendo anche aree chiave come il commercio al dettaglio, gli stipendi privati e il turismo. Al momento sembra che ben 26 province siano impegnate in test di vario tipo, ma quella di Jiangsu promette di essere la provincia più all’avanguardia sul fronte del digital yuan entro il 2025.

Tempo fa scrivevo che il modo migliore per abituare le persone a usare le CBDC fosse obbligarle a pagarci tributi, imposte, tasse e bolli di vario tipo. Ma in effetti, la Cina fa ancora scuola: quale modo migliore se non sfruttare i dipendenti pubblici?

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Scetticismo verso il dollaro digitale


Michelle Bowman, membro della Federal Reserve Board of Governors, ha di recente offerto la sua opinione in merito all’evoluzione del dollaro in un discorso presso la Georgetown University2.

La sua è un’opinione che non ci si aspetterebbe da parte di chi dovrebbe essere tra i primi e più convinti propositori delle nuove CBDC. Eppure secondo Michelle è difficile pensare che il dollaro digitale possa sostituire sistemi come FedNow, una infrastruttura per i pagamenti elettronici in tempo reale sviluppata dalla Federal Reserve.

Aggiunge poi, c’è il rischio che una CBDC programmabile possa essere in contrasto con la flessibilità e libertà delle monete fisiche o dei depositi bancari, e c’è anche il rischio che questo possa portare alla politicizzazione dei sistemi di pagamento e nel modo in cui la moneta viene usata.

Attenzione però, per quanto ciò sia vero, a Michelle non interessa la vostra di libertà, ma quella della Federal Reserve. Infatti aggiunge: una CBDC con questo tipo di controllo potrebbe minacciare l’indipendenza della Federal Reserve.

Una moneta politicizzata non è altro che un sistema di social scoring sotto mentite spoglie. Negli Stati Uniti qualcuno, anche nella stessa banca centrale, si fa queste domande (anche se per i motivi sbagliati). Da noi, tutto tace. Eppure, l’euro digitale è quasi pronto.

Cypherpunk e altre storie, un viaggio nella storia della sorveglianza di massa


Nell’episodio di oggi del DOMÌNI Podcast parlo di sorveglianza di massa, del movimento cypherpunk e di molto altro, partendo dal 1930. Sì, perché è una storia lunga un secolo ormai.

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Ascolta il Podcast su Spotify

Perché il Digital Services Act è una legge molto, molto pericolosa


Sempre in tema di interviste, oggi ne è uscita una su Atlantico Quotidiano in cui parlo del Digital Services Act, la nuova legge europea per la “lotta alla disinformazione” e molto altro.

In realtà di lotta alla disinformazione c’è ben poco, come ho già avuto occasione di ripetere più volte. È più una questione di controllo dell’informazione.

Leggi l'intervista

Meme del giorno


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Citazione del giorno

La rivoluzione in Inghilterra è stata fatta unicamente in vista della libertà, mentre quella di Francia è stata fatta principalmente in vista dell'eguaglianza.

Alexis de Tocqueville

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js.people.com.cn/n2/2023/0424/…

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cointelegraph.com/news/us-whol…


privacychronicles.substack.com…



Il referendum sulle armi in Ucraina è a rischio ammissibilità, perché in una democrazia matura non ci sono scorciatoie

@Politica interna, europea e internazionale

Alcune considerazioni in punta di diritto sui referendum la cui raccolta delle firme è iniziata il 23 aprile scorso, con due quesiti sull’invio di armamenti

È iniziata il 23 aprile scorso la raccolta delle firme per il cosiddetto referendum pacifista, con due quesiti sull’invio di armamenti.

Il primo, promosso dal comitato “Generazioni future”, si propone di abrogare la disposizione (d.l. n. 185/2022, convertito in l. n. 8/2023) che proroga «fino al 31 dicembre 2023, previo atto di indirizzo delle Camere, l’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina». Il secondo quesito, presentato dal comitato Ripudia la Guerra, intende revocare all’esecutivo il potere di derogare al divieto di esportazione, transito e via dicendo di armi a paesi coinvolti nei conflitti. Il passaggio è nella norma della legge sull’invio di armamenti che consente tale deroga qualora essa sia disposta con «deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da adottare previo parere delle Camere» (n. 185/90).

L'articolo su @Valigia Blu a firma di @Vitalba è il miglior filo d'Arianna nel labirinto della complessità normativa

Qui il testo completo



#NotiziePerLaScuola

È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.



News da Marte #15 - Coelum Astronomia

"Bentornati su Marte! Oggi abbiamo parecchia carne al fuoco con aggiornamenti da terra, dall’aria e dallo spazio. Iniziamo con questi ultimi. Non solo MRO In questa rubrica vediamo spesso immagini e resoconti del Mars Reconnaissance Orbiter della NASA, ma ci sono numerosi altri satelliti artificiali attorno a Marte."

coelum.com/news/news-da-marte-…

#15


L'elettrico è il futuro (checchè ne dicano i no-tutto)


Scherzi a parte, la mobilità elettrica è il futuro. Se anche Lamborghini (non Elettra) sta pensando ad una top-car elettrica non ci possono essere dubbi.
L'imprenditore del settore mobilità avveduto ha già capito questo e si è già dato da fare. Da buoni italiani però ci prendiamo sempre all'ultimo e allora corriamo da mamma a piangere inventandoci scuse bambinesche.
lamborghini.com/it-en/modelli/…

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🔊 #Risentiamoli ⏩ JINGO DE LUNCH "PERPETUUM MOBILE"


@Musica Agorà

Quella dei Jingo De Lunch sarà una parabola ascendente rapidissima, che li consacrerà quasi immediatamente tra le realtà più interessanti, per poi vederli sparire in modo quasi improvviso.
iyezine.com/riascoltiamoli-jin…

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Viaggiare in elettrico




Per chi dice che non si possono fare viaggi lunghi con le auto elettriche. Questa è una Skoda Enyaq parcheggiata in un campeggio vicino a Valeggio sul Mincio ed arriva dall'Olanda


Le cinque poesie di Pasolini pubblicate su Paese Sera il 5 gennaio 1974


Il significato del rimpianto

Poesia popolare

Appunto per una poesia lappone

La recessione

Appunto per una poesia in terrone


Pier Paolo Pasolini, La nuova gioventù. Poesie friulane 1941-1974, Torino, Einaudi, 1975

archive.org/details/glistruzzi…




La lettera di Pasolini a Calvino, intitolata “Quello che rimpiango”


Caro Calvino,

Maurizio Ferrara dice che io rimpiango un’«età dell’oro», tu dici che rimpiango l’«Italietta»: tutti dicono che rimpiango qualcosa, facendo di questo rimpianto un valore negativo e quindi un facile bersaglio.

Ciò che io rimpiango (se si può parlare di rimpianto) l’ho detto chiaramente, sia pure in versi («Paese sera», 5-1-1974). Che degli altri abbiano fatto finta di non capire è naturale. Ma mi meraviglio che non abbia voluto capire tu (che non hai ragioni per farlo). Io rimpiangere l’«Italietta»? Ma allora tu non hai letto un solo verso delle Ceneri di Gramsci o di Calderón, non hai letto una sola riga dei miei romanzi, non hai visto una sola inquadratura dei miei films, non sai niente di me! Perché tutto ciò che io ho fatto e sono, esclude per sua natura che io possa rimpiangere l’Italietta. A meno che tu non mi consideri radicalmente cambiato: cosa che fa parte della psicologia miracolistica degli italiani, ma che appunto per questo non mi par degna di te.

L’«Italietta» è piccolo-borghese, fascista, democristiana; è provinciale e ai margini della storia; la sua cultura è un umanesimo scolastico formale e volgare. Vuoi che rimpianga tutto questo? Per quel che mi riguarda personalmente, questa Italietta è stata un paese di gendarmi che mi ha arrestato, processato, perseguitato, tormentato, linciato per quasi due decenni. Questo un giovane può non saperlo. Ma tu no. Può darsi che io abbia avuto quel minimo di dignità che mi ha permesso di nascondere l’angoscia di chi per anni e anni si attendeva ogni giorno l’arrivo di una citazione del tribunale e aveva terrore di guardare nelle edicole per non leggere nei giornali atroci notizie scandalose sulla sua persona. Ma se tutto questo posso dimenticarlo io, non devi però dimenticarlo tu…

D’altra parte questa «Italietta», per quel che mi riguarda, non è finita. Il linciaggio continua. Magari adesso a organizzarlo sarà l’«Espresso», vedi la noterella introduttiva («Espresso», 23-6-1974) ad alcuni interventi sulla mia tesi («Corriere della Sera», 10-6-1974): noterella in cui si ghigna per un titolo non dato da me, si estrapola lepidamente dal mio testo, naturalmente travisandolo orrendamente, e infine si getta su me il sospetto che io sia una specie di nuovo Plebe: operazione di cui finora avrei creduto capaci solo i teppisti del «Borghese».

Io so bene, caro Calvino, come si svolge la vita di un intellettuale. Lo so perché, in parte, è anche la mia vita. Letture, solitudini al laboratorio, cerchie in genere di pochi amici e molti conoscenti, tutti intellettuali e borghesi. Una vita di lavoro e sostanzialmente perbene. Ma io, come il dottor Hyde, ho un’altra vita. Nel vivere questa vita, devo rompere le barriere naturali (e innocenti) di classe. Sfondare le pareti dell’Italietta, e sospingermi quindi in un altro mondo: il mondo contadino, il mondo sottoproletario e il mondo operaio. L’ordine in cui elenco questi mondi riguarda l’importanza della mia esperienza personale, non la loro importanza oggettiva. Fino a pochi anni fa questo era il mondo preborghese, il mondo della classe dominata. Era solo per mere ragioni nazionali, o, meglio, statali, che esso faceva parte del territorio dell’Italietta. Al di fuori di questa pura e semplice formalità, tale mondo non coincideva affatto con l’Italia. L’universo contadino (cui appartengono le culture sottoproletarie urbane, e, appunto fino a pochi anni fa, quelle delle minoranze operaie – ché erano vere e proprie minoranze, come in Russia nel ’17) è un universo transnazionale: che addirittura non riconosce le nazioni. Esso è l’avanzo di una civiltà precedente (o di un cumulo di civiltà precedenti tutte molto analoghe fra loro), e la classe dominante (nazionalista) modellava tale avanzo secondo i propri interessi e i propri fini politici (per un lucano – penso a De Martino – la nazione a lui estranea, è stato prima il Regno Borbonico, poi l’Italia piemontese, poi l’Italia fascista, poi l’Italia attuale: senza soluzione di continuità).

È questo illimitato mondo contadino prenazionale e preindustriale, sopravvissuto fino a solo pochi anni fa, che io rimpiango (non per nulla dimoro il più a lungo possibile, nei paesi del Terzo Mondo, dove esso sopravvive ancora, benché il Terzo Mondo stia anch’esso entrando nell’orbita del cosiddetto Sviluppo).

Gli uomini di questo universo non vivevano un’età dell’oro, come non erano coinvolti, se non formalmente con l’Italietta. Essi vivevano quella che Chilanti ha chiamato l’età del pane. Erano cioè consumatori di beni estremamente necessari. Ed era questo, forse che rendeva estremamente necessaria la loro povera e precaria vita. Mentre è chiaro che i beni superflui rendono superflua la vita (tanto per essere estremamente elementari, e concludere con questo argomento).

Che io rimpianga o non rimpianga questo universo contadino, resta comunque affar mio. Ciò non mi impedisce affatto di esercitare sul mondo attuale così com’è la mia critica: anzi, tanto più lucidamente quanto più ne sono staccato, e quanto più accetto solo stoicamente di viverci.

Ho detto, e lo ripeto, che l’acculturazione del Centro consumistico, ha distrutto le varie culture del Terzo Mondo (parlo ancora su scala mondiale, e mi riferisco dunque appunto anche alle culture del Terzo Mondo, cui le culture contadine italiane sono profondamente analoghe): il modello culturale offerto agli italiani (e a tutti gli uomini del globo, del resto) è unico. La conformazione a tale modello si ha prima di tutto nel vissuto, nell’esistenziale: e quindi nel corpo e nel comportamento. È qui che si vivono i valori, non ancora espressi, della nuova cultura della civiltà dei consumi, cioè del nuovo e del più repressivo totalitarismo che si sia mai visto. Dal punto di vista del linguaggio verbale, si ha la riduzione di tutta la lingua a lingua comunicativa, con un enorme impoverimento dell’espressività. I dialetti (gli idiomi materni!) sono allontanati nel tempo e nello spazio: i figli sono costretti a non parlarli più perché vivono a Torino, a Milano o in Germania. Là dove si parlano ancora, essi hanno totalmente perso ogni loro potenzialità inventiva. Nessun ragazzo delle borgate romane sarebbe più in grado, per esempio, di capire il gergo dei miei romanzi di dieci-quindici anni fa: e, ironia della sorte!, sarebbe costretto a consultare l’annesso glossario come un buon borghese del Nord!

Naturalmente questa mia «visione» della nuova realtà culturale italiana è radicale: riguarda il fenomeno come fenomeno globale, non le sue eccezioni, le sue resistenze, le sue sopravvivenze.

Quando parlo di omologazione di tutti i giovani, per cui, dal suo corpo, dal suo comportamento e dalla sua ideologia inconscia e reale (l’edonismo consumistico) un giovane fascista non può essere distinto da tutti gli altri giovani, enuncio un fenomeno generale. So benissimo che ci sono dei giovani che si distinguono. Ma si tratta di giovani appartenenti alla nostra stessa élite, e condannati a essere ancora più infelici di noi: e quindi probabilmente anche migliori. Questo lo dico per una allusione («Paese sera», 21-6-1974) di Tullio De Mauro, che, dopo essersi dimenticato di invitarmi a un convegno linguistico di Bressanone, mi rimprovera di non esservi stato presente: là, egli dice, avrei visto alcune decine di giovani che avrebbero contraddetto le mie tesi. Cioè come a dire che se alcune decine di giovani usano il termine «euristica» ciò significa che l’uso di tale termine è praticato da cinquanta milioni di italiani.

Tu dirai: gli uomini sono sempre stati conformisti (tutti uguali uno all’altro) e ci sono sempre state delle élites. Io ti rispondo: sì, gli uomini sono sempre stati conformisti e il più possibile uguali l’uno all’altro, ma secondo la loro classe sociale. E, all’interno di tale distinzione di classe, secondo le loro particolari e concrete condizioni culturali (regionali). Oggi invece (e qui cade la «mutazione» antropologica) gli uomini sono conformisti e tutti uguali uno all’altro secondo un codice interclassista (studente uguale operaio, operaio del Nord uguale operaio del Sud): almeno potenzialmente, nell’ansiosa volontà di uniformarsi.

Infine, caro Calvino, vorrei farti notare una cosa. Non da moralista, ma da analista. Nella tua affrettata risposta alle mie tesi, sul «Messaggero», (18 giugno 1974) ti è scappata una frase doppiamente infelice. Si tratta della frase: «I giovani fascisti di oggi non li conosco e spero di non aver occasione di conoscerli.» Ma: 1) certamente non avrai mai tale occasione, anche perché se nello scompartimento di un treno, nella coda a un negozio, per strada, in un salotto, tu dovessi incontrare dei giovani fascisti, non li riconosceresti; 2) augurarsi di non incontrare mai dei giovani fascisti è una bestemmia, perché, al contrario, noi dovremmo far di tutto per individuarli e per incontrarli. Essi non sono i fatali e predestinati rappresentanti del Male: non sono nati per essere fascisti. Nessuno – quando sono diventati adolescenti e sono stati in grado di scegliere, secondo chissà quali ragioni e necessità – ha posto loro razzisticamente il marchio di fascisti. È una atroce forma di disperazione e nevrosi che spinge un giovane a una simile scelta; e forse sarebbe bastata una sola piccola diversa esperienza nella sua vita, un solo semplice incontro, perché il suo destino fosse diverso.

8 luglio 1974




L'euro digitale è quasi pronto


I lavori di design sono quasi completi e da questo autunno si inizia a fare sul serio. Ora che il suo funzionamento è più chiaro, una cosa è certa: non c'è alcun motivo per usare l'euro digitale.

È ufficiale: i lavori per l’euro digitale sono quasi terminati, e da ottobre si inizia a fare sul serio. Così ci dice Fabio Panetta, membro del Board della Banca Centrale Europea, in un comunicato stampa rilasciato il 24 aprile.

“Stiamo entrando nelle fasi finali del processo investigativo. Il Consiglio della BCE ha da poco approvato il terzo set di opzioni di design per l’euro digitale”


Panetta prosegue recitando quasi come un mantra i motivi “ufficiali” che hanno portato la Banca Centrale a voler iniziare un processo di sviluppo per un euro digitale: la rapida digitalizzazione dell’economia ci richiede di evolvere i contanti nella sfera digitale e di fornire uno strumento europeo unico per i pagamenti digitali, universalmente accettato in tutta l’euro-zona.

Vero, ma non proprio. Nessuno infatti sente la mancanza di un euro digitale. Gli strumenti di pagamento attuali, offerti da banche e intermediari, sono più che sufficienti per sopperire alle necessità dell’era dell’informazione. E poi, molte persone sono ancora affezionate ai contanti per diversi motivi.

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Un complesso di inferiorità


Il motivo che haspinto la BCE verso l’euro digitale non è certo la voglia di svecchiarsi. E infatti la Presidente Lagarde sconfessa la facile retorica di Panetta, spiegando in un recente video la verità dietro a tutta questa fretta di evoluzione digitale: “I dont want euro to be dependent on unfriendly country currency or dependent on a friendly currency that is activated by a private company like Facebook or Google.1

La Banca Centrale Europea ha davvero una gran paura di perdere il suo monopolio monetario a favore di soggetti come Meta, Google o AWS. La paura, più che fondata, nasce nel 2018, quando Facebook (ora Meta) per la prima volta annuncia al mondo di voler creare il suo "stablecoin”: Libra. Il progetto fu presto messo da parte a causa delle immense pressioni politiche, ma nel frattempo altre istituzioni come Tether e numerosi altri stablecoin hanno risposto alla domanda di mercato per questa nuova forma di moneta.

I complessi di inferiorità rispetto agli stablecoin, che sono comunque ancora una nicchia per nerd, diventano in verità palesi anche nella retorica di Panetta: People should be able to pay and be paid in digital euro anywhere in the euro area, no matter which intermediary they are using to access the digital euro or which country they are in.

È chiaro infatti che strumenti come Tether — o anche Bitcoin — offrano già soluzioni universali e native digitali per scambiare valore ovunque nel mondo in modo standardizzato, mentre non è possibile dire lo stesso per le monete FIAT come l’euro.

Gli strumenti di pagamento elettronici a cui siamo abituati sono infatti servizi privati senza alcun valore legale (inteso come legal tender) e tutt’altro che standardizzati. I commercianti non sono obbligati ad accettare pagamenti con PayPal o con determinati circuiti di carte di credito, né è detto che la diffusione e accettazione di questi strumenti sia omogenea in tutto il mondo. L’unica garanzia, ad oggi, rimane il buon vecchio contante.

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Come funzionerà, nella pratica


L’euro digitale sarà l’equivalente digitale dell’euro fisico. Ciò significa che tra ottobre 2023 e il prossimo anno ci sarà una proposta di legge da parte della Commissione Europea per rendere l’euro digitale legal tender, cioè moneta a corso legale, all’interno dell’Unione Europea. I commercianti saranno così obbligati ad accettare euro digitale come se fossero contanti.

I vari rapporti tecnici usciti finora (tre in totale) spiegano in modo dettagliato le scelte che sono state fatte dalla Banca Centrale e il futuro funzionamento dell’euro digitale. Prima di tutto: l’euro digitale sarà una liability della BCE, esattamente come i contanti. Gli intermediari finanziari, come le banche commerciali, saranno invece incaricati della distribuzione, della gestione dei pagamenti e del processo di onboarding degli utenti.

Passando dagli intermediari le persone potranno quindi convertire i loro euro tradizionali con euro digitale e viceversa. È possibile che il processo sarà facilitato da applicazioni accessibile tramite homebanking fornite direttamente dalla Banca Centrale per standardizzare i processi in tutta UE. Sembra però che le persone potranno detenere solo un quantitativo limitato di euro digitale. Non è chiaro se questo sia un limite temporaneo o se invece una funzione permanente, né è chiaro ancora a quanto ammonti questo limite.

L’ultimo report2 sconfessa invece la possibilità di programmare l’euro digitale. Ci sarà la possibilità di creare dei pagamenti condizionati, ma non sarà invece possibile definire specifiche modalità d’uso per le “monete” digitali, ad esempio limitando le possibilità di spesa solo per specifici beni o servizi, o magari al di fuori del territorio europeo.

Questa sembra una buona notizia, considerando che la programmabilità della moneta creerebbe diversi rischi di abuso, ma non sono ancora del tutto convinto. Altri report precedenti suggerivano diversamente, ad esempio per limitarne l’uso e diffusione al di fuori dei confini geografici europei o per incentivare comportamenti ecosostenibili nella popolazione. Staremo a vedere.

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Privacy e anonimato con l’euro digitale


Il primo3 dei tre report sul design dell’euro digitale affronta nello specifico il tema della privacy dei pagamenti, che come saprete è uno degli elementi più critici di tutto lo schema dell’euro digitale.

La prima brutta notizia è che la Banca Centrale Europea sembra aver categoricamente eliminato la possibilità di pagamenti anonimi, nonostante negli scorsi mesi avessero sommessamente accennato a una possibile soglia di esclusione della sorveglianza.

Full anonymity is not considered a viable option from a public policy perspective. It would raise concerns about the digital euro potentially being used for illicit purposes (e.g. money laundering and the financing of terrorism). In addition, it would make it virtually impossible to limit the use of the digital euro as a form of investment – a limitation that is essential from a financial stability perspective.”


Non si può essere anonimi perché l’euro digitasle potrebbe essere usato per scopi illeciti, come riciclaggio di denaro e finanziamento al terrorismo. Okay, prendiamola per buona. E poi, proseguono, sarebbe virtualmente impossibile limitare l’uso dell’euro digitale come forma d’investimento - una limitazione essenziale per avere stabilità finanziaria. In soldoni: niente anonimato perché dobbiamo controllare come lo usate e quanto ne usate.

Un passaggio importante ci spiega poi che dall’euro digitale potremo aspettarci lo stesso livello di privacy degli attuali sistemi di pagamento elettronici, che in effetti non è granché.

“A digital euro would provide a level of privacy equal to that of current private sector digital solutions. Users would need to identify themselves when they start using the digital euro, and intermediaries would perform customer checks during onboarding. Personal and transaction data would only be accessible to intermediaries for the purpose of ensuring compliance with anti-money laundering and combating the financing of terrorism (AML / CFT) requirements and relevant provisions under EU law.


L’attuale scenario scelto dalla BCE prevede l’identificazione del cliente attraverso procedure KYC e la piena trasparenza delle transazioni verso l’intermediario, come accade già oggi per i pagamenti elettronici. Le transazioni saranno inoltre monitorate per anti riciclaggio e anti terrorismo, a prescindere dagli importi.

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Pare poi che i dati saranno principalmente detenuti dagli intermediari e non anche dalla Banca Centrale, salvo che la condivisione di questi dati non sia prevista per legge o che sia necessaria a svolgere attività legate all’euro digitale (qualsiasi cosa voglia dire). Che in effetti rischia di tradursi in: sì, saranno disponibili anche alla BCE.

“One euro is one euro, whatever form it takes”, dice Panetta. Eppure, comprare il pane con l’euro digitale invece che con una moneta da due euro farà scattare una serie di misure di sorveglianza e monitoraggio che fanno accapponare la pelle. Siamo proprio sicuri che tutti gli euro nascano uguali?

E sì, è vero: anche gli attuali intermediari di pagamento sono pessimi dal punto di vista della privacy. E sì, ne ho già parlato male. Euro digitale e mezzi di pagamento elettronici come Paypal o Satispay non sono però sullo stesso piano.

Da una parte abbiamo infatti un monopolista che afferma candidamente che nel bilanciamento tra interesse pubblico e privacy prevarrà sempre il primo; dall’altro abbiamo invece attori di mercato in competizione tra loro che hanno incentivi economici a offrire soluzioni privacy-friendly ai loro clienti.

Inoltre, è evidente che la BCE e i governi hanno interessi politici oltre che economici, e si faranno presto ingolosire da questa nuova miniera d’oro di dati. Se non ora, magari fra qualche anno. La Presidente Lagarde, in una video intervista4 ha affermato che il controllo delle transazioni sarà uno degli obiettivi dell’euro digitale.

Non c’è alcun motivo di preferire l’euro digitale


E poi rimane aperta la questione cryptovalute e stablecoin, che certo non spariranno. Grazie al movimento cypherpunk nel mondo crypto c’è già grande attenzione a privacy e anonimato, che non potrà che crescere ancora nel prossimo futuro.

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La competizione, prima ancora che sulla comodità e diffusione dello strumento, sarà proprio sulla privacy. Perché mai preferire l’euro digitale se il nostro panettiere accetta contanti, Bitcoin, Monero o perfino Tether? Non c’è alcun motivo razionale per farlo.

I governi e le Banche Centrali lo sanno bene, ed è per questo che oltre che nello sviluppo dell’euro digitale si stanno affrettando per ingabbiare crypto e stablecoin nelle maglie delle leggi KYC e anti riciclaggio. È sempre per questo che persone come Panetta chiedono al legislatore di vietare la diffusione di “crypto-asset energivori”5.

Nonostante la competizione sleale e la violenza politica, non vinceranno, ma sarà una lunga maratona.

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In questa intervista Lagarde pensava genuinamente di parlare con Zelensky, ed ha affermato il reale motivo dietro alla spinta verso l’euro digitale: non farsi fregare il monopolio.

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In questo report viene descritto lo schema di funzionamento dell’euro digitale

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Questo è il report in cui si affronta il tema della privacy

4

In questa intervista Lagarde pensava genuinamente di parlare con Zelensky, e si è lasciata andare, affermando che l’euro digitale avrà delle forme di controllo delle transazioni: “they will be controlled, you’re right, you’re completely right.

5

“Crypto assets deemed to have an excessive ecological footprint should also be banned,” he said, in a likely reference to platforms like Bitcoin that use an energy-intensive mechanism known as "proof-of-work" to validate transactions and secure their network.


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