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Nel contesto delle misure previste per incrementare la sicurezza nelle scuole, è stato inserito nel Decreto Lavoro, in vigore da oggi, una prima estensione della copertura assicurativa per i rischi sia del personale scolastico che degli studenti.


#ilCafFLEespresso – L'(in)giustizia penale con Lorenzo Zilletti


Conducono Massimiliano Annetta e Nicola Galati Presentazione del volume “Ispezioni della terribilità. Leonardo Sciascia e la giustizia” a cura di Lorenzo Zilletti e Salvatore Scuto L'articolo #ilCafFLEespresso – L'(in)giustizia penale con Lorenzo Zillett

Conducono Massimiliano Annetta e Nicola Galati

Presentazione del volume “Ispezioni della terribilità. Leonardo Sciascia e la giustizia” a cura di Lorenzo Zilletti e Salvatore Scuto

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Brasile: Bolsonaro falsificò il certificato anti-Covid per andare negli USA


Brasile: l'ex presidente di estrema destra Jair Bolsonaro falsificò il certificato di vaccinazione anti-Covid per poter andare negli USA dopo la sconfitta con Lula L'articolo Brasile: Bolsonaro falsificò il certificato anti-Covid per andare negli USA pro

di Redazione

Pagine Esteri, 5 maggio 2023 – Il giudice della Corte suprema del Brasile, Alexandre de Moraes, ha disposto il sequestro del passaporto dell’ex presidente della Repubblica, Jair Bolsonaro, nell’ambito dell’inchiesta sulla falsificazione dei certificati di vaccinazione che ha portato ieri mattina all’arresto di sei ex collaboratori dell’esponente di estrema destra e alla perquisizione in casa dell’ex capo dello Stato e di altre 13 persone tra Brasilia e Rio de Janeiro. Nel corso dell’operazione a casa di Bolsonaro, la Polizia federale ha anche sequestrato il cellulare dell’ex capo dello Stato.

Intanto Jair Bolsonaro si è rifiutato di deporre davanti alla Polizia. L’ex presidente – ha affermato l’avvocato Fabio Wajngarten – testimonierà davanti alla Polizia federale solo quando la difesa avrà pieno accesso agli atti dell’indagine. Dal canto suo Bolsonaro nega ogni accusa. «Non mi è mai stato chiesto il certificato di vaccinazione. Non ci sono state manomissioni da parte mia. Non mi sono vaccinato, questo non l’ho mai negato. È stata una mia decisione personale. Anche mia figlia Laura di 12 anni non lo ha fatto. Mia moglie ha fatto il vaccino Janssen negli Stati Uniti», ha detto alla stampa nei pressi della sua abitazione al termine della perquisizione.
Secondo le indagini, però, i certificati di vaccinazione sarebbero stati falsificati a dicembre del 2022 perché potessero essere utilizzati per viaggiare negli Stati Uniti, dove all’epoca era ancora richiesto il documento. In particolare, nel sistema del ministero della Salute risulta che Bolsonaro abbia assunto due dosi di vaccino: la prima il 13 agosto e la seconda il 14 ottobre, presso un centro municipale della città di Duque di Caxias, stato di Rio de Janeiro.

I dati, secondo gli inquirenti, sono stati inseriti nel Sistema informativo del Programma nazionale di immunizzazione solo il 21 dicembre, dall’assessore alla sanità del municipio di Duque de Caxias, Joao Carlos de Sousa Brecha. Una settimana dopo, il 27 dicembre, l’informazione è stata cancellata dal sistema da una funzionaria sostenendo un “errore”, ma solo dopo che era servita per produrre i documenti utili per l’ingresso della famiglia dell’ex presidente negli Stati Uniti.
Bolsonaro e la famiglia sono volati a Miami, in Florida, il 30 dicembre del 2022, 24 ore prima della scadenza del mandato presidenziale.

Il ministero della Salute del Brasile ha offerto piena collaborazione a polizia e magistratura nell’inchiesta ed escluso che il sistema di certificazione Conecte Sus sia stato vittima di un attacco informatico, confermando che i dati falsi sono stati illecitamente inserite da un operatore esterno e poi cancellato, senza alcuna irregolarità tecnica.

Secondo la polizia federale, l’obiettivo dell’ex capo dello stato sarebbe stato «mantenere l’elemento identitario coerente rispetto ai propri orientamenti ideologici» di contrarietà alla vaccinazione e negazionismo verso la gravità della pandemia. – Pagine Esteri

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di Antonello Patta* - Il governo Meloni prosegue le politiche che scaricano i costi delle crisi in atto, della guerra e delle sanzioni sulle classi lavoratri


Intelligenza Artificiale: un’Introduzione Storica


L’Intelligenza Artificiale sta cambiando profondamente il nostro modo di vivere e lavorare. Non si tratta di un semplice salto tecnologico, ma di una rivoluzione paragonabile a quella industriale. Nulla sarà più come prima. L’intelligenza artificialeContinue reading

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Il gigante dei browser Mozilla decolla con Mastodon

@Che succede nel Fediverso?

Con Mozilla, un nuovo, grande player sta sbarcando sul Fediverso. Anche altre società e piattaforme stanno lavorando a tali progetti. Il suo ingresso potrebbe potenziare e dare Maggiore risalto a #mastodon e a tutti gli altri software del #fediverso

Il post completo



#NotiziePerLaScuola

"Promozione del libro e della lettura": approvate le graduatorie relative alle scuole Capofila per l'iniziativa "Che storia! La lettura come ponte tra scuola e famiglia", ammesse al finanziamento.

Info ▶️ miur.



AFRICA. Etiopia, la pace con il Tigray per fare la guerra all’Eritrea


L’Etiopia. il paese più filoccidentale della regione, diventa pedina nel risiko mondiale col fine di contrastare la “cinese” Eritrea L'articolo AFRICA. Etiopia, la pace con il Tigray per fare la guerra all’Eritrea proviene da Pagine Esteri. https://pagi

di Lorenzo Scategni*

Pagine Esteri, 5 maggio 2023 – “Se vuoi la guerra, prepara la pace!”. Sembrerebbe questa la paradossale regola secondo cui in Etiopia si procede ad un accordo di pace tra governo centrale e i leaders del Tigray, regione etiope al confine con l’Eritrea.

Sono ormai due anni che è in atto un ferocissimo confronto armato tra l’esercito governativo e la comunità di etnia tigrina, guerra che non ha avuto regole né pietà e che ben presto si è allargata anche ad altre regioni e altre comunità del paese, come ad esempio quella degli Oromo, e ha mietuto sino ad oggi 800 mila vittime e 2 milioni e mezzo di sfollati, di cui oltre 50 mila rifugiati in Sudan, intrappolati da poche settimane in un’altra sanguinosa guerra civile.

Negli ultimi mesi, molti segnali fanno concretamente sperare che le ostilità stiano cessando e che si voglia siglare una pace duratura, che permetta nuove elezioni nella regione del Tigray, il rilascio dei reciproci prigionieri di guerra e, probabilmente, il disarmo dell’esercito tigrino. Se il percorso di pace fa ben sperare, preoccupazione suscita il motivo per cui esso sembra essere stato intrapreso. Fonti ben informate dall’interno della comunità tigrina ci avvisano, infatti, che questa pace serve a entrambi i contendenti perché il governo Etiope avrebbe in programma una nuova guerra contro l’Eritrea, per la quale gli esperti combattenti tigrini possono tornare molto utili.

Il governo di Asmara, servendosi di una paradossale e interessata alleanza con il presidente etiope Abiy Ahmed Ali, aveva partecipato alla guerra contro il Tigray, entrando col proprio esercito nella regione Etiope, col doppio fine di annientare i combattenti tigrini, che si distinsero durante la storica guerra tra Etiopia ed Eritrea, e cercare, per eliminarli, tutti coloro che per ragioni politiche sono fuggiti dal rigidissimo regime eritreo per rifugiarsi in Tigray. L’esercito di Asmara è ancora presente in terra tigrina, anche se si sta lentamente ritirando via via che le ostilità vanno scemando.

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Per capire cosa è cambiato durante questi due anni tanto da spingere a una rapida pace e alla preparazione di una nuova guerra, dobbiamo ricordare che il conflitto Ucraina-Russia ha sconvolto gli equilibri non solo in Europa, ma in tutto il mondo, coinvolgendo e sconvolgendo in particolare l’Africa centro-settentrionale, tanto fragile nei suoi assetti interni tanto ricca di risorse che fanno gola ai grandi competitors mondiali: Stati Uniti, Russia e Cina.

Il bisogno di oro e terre rare da parte dei grandi della terra aveva creato già situazioni di conflitti interni in Repubblica Centrafricana, dove le miniere principali sono in mano alla Cina, e in Ciad. Da poche settimane questa esigenza ha scatenato una guerra civile che è e sarà devastante in Sudan. Il materiale estratto, però, deve essere anche trasportato e per questo servono porti sicuri sul Mar Rosso. L’Eritrea, il cui regime è talmente vicino alla Cina da definire questo Stato la Corea del Nord africana, rappresenta lo sbocco sul mare più importante.

L’Etiopia, allora, da paese più filoccidentale della regione, diventa pedina nel risiko mondiale col fine di contrastare la “cinese” Eritrea in una guerra che si spera possa essere ancora scongiurata. Se così non fosse, il famoso motto di Vegezio “Se vuoi la pace prepara la guerra” invertirà i suoi complementi oggetti, scatenando non solo un nuovo paradosso logico, ma anche un vortice reale nel quale saranno risucchiati chissà quanti innocenti per chissà quanto tempo. Pagine Esteri

*Lorenzo Scategni è un volontario italiano a Khartoum e un analista per l’Africa orientale

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Brezza - Dialogue Mapping


Brezza è il nome del nuovo inizio per Fabio che in questi ultimi tre anni ha prodotto molto e ricomincia da qui. "Dialogue mapping" è un disco di ambient elettroacustico, nato prendendo le mosse dall'improvvisazione dal vivo alla quale si aggiungono poi elementi diversi, come quando si disegna e si aggiungono linee, oggetti, persone e anche assenze e ombre.

#ambient #liveimpro #brezza #eniac #dialoguemapping #electronic #ambient #drones #electro-acoustic #electronica #glitch


iyezine.com/brezza-dialogue-ma…



🎶 #PerChiCrea è un programma promosso dal MiC e gestito da SIAE per favorire la creatività e la promozione culturale nazionale ed internazionale dei giovani.


In Cina e Asia – Qin Gang visita il Pakistan


In Cina e Asia – Qin Gang visita il Pakistan pakistan
I titoli di oggi:

Dopo il summit Sco in India, Qin Gang visita il Pakistan
La Cina invita alla calma dopo l’attacco compiuti da droni contro il Cremlino
Sgominata una rete web che dalla Cina promuoveva fake news
Rapporto cinese: "La CIA ha cercato di rovesciare 50 governi stranieri"
Usa e Filippine annunciano nuove linee guida militari

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La nuova diplomazia cinese, e i suoi margini


La nuova diplomazia cinese, e i suoi margini politica estera
“L’avvenire della civiltà dipende dal compito che i cinesi si assumeranno in questo secolo.” La profezia di Benito Mussolini potrebbe avverarsi con cento anni di ritardo. O almeno questo è quello che sembra pensare il gruppo dirigente di Pechino. Dopo tre anni di stallo, dedicati a perseguire la politica “Zero Covid”, la Cina si è riaffacciata al mondo con una ...

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Infetti


Guardate fuori dal finestrino, se vi trovate a passare per il Salento: vedrete i mostri d’Italia. Osservate la devastazione, sappiate che proseguirà e fate uno sforzo di memoria, in questo Paese che sembra non avere mai un passato: provate a ricordare il

Guardate fuori dal finestrino, se vi trovate a passare per il Salento: vedrete i mostri d’Italia. Osservate la devastazione, sappiate che proseguirà e fate uno sforzo di memoria, in questo Paese che sembra non avere mai un passato: provate a ricordare il nome di chi ne è responsabile. Ne indicherò alcuni, ma la filiera del cialtronismo è lunga. E non si limita a quel che è successo e sta succedendo qui, va ben oltre. Sono i mostri d’Italia.

In Puglia 21 milioni di magnifici ulivi sono contagiati dalla Xylella fastidiosa (un batterio che chiude i vasi linfatici e li essicca): 41mila sono già morti. Nella sola provincia di Lecce sono andate perse 3 olive su 4. Sono infetti 8mila chilometri quadrati: il 40% della Puglia, secondo i calcoli della Coldiretti. Altre fonti ne contano assai di più. Dal finestrino non saprei dire, anche perché si appannano gli occhi. La devastazione è produttiva, economica, culturale, paesaggistica, turistica. E non è finita, perché Xylella è ancora lì. Inutile aggiungere che i soldi stanziati per reimpiantare sono ancora intonsi: domande superiori alle disponibilità, che però restano nel cassetto.

Chi voglia farsi un’idea dello scempio può leggere il libro di Daniele Rielli (“Il fuoco invisibile”). Si stenta a credere che sia potuto veramente succedere. Per chi va di fretta qualche breve ricordo può essere utile. Quando il batterio cominciò a colpire (2012) c’era da adottare subito un rimedio, capace di limitare moltissimo il danno: esaminare le piante ed eradicare le infette e quelle a rischio. Doloroso, ma salvifico. Invece si negò l’esistenza del batterio. Roba da totali cretini. S’andò avanti con detti popolari del tipo che l’ulivo non muore mai e si riprende sempre, che poi sono detti da chi con gli ulivi non ha mai avuto a che fare. Si sostenne che era un complotto, si chiese e ottenne l’intervento della magistratura. Ancora prima del Covid s’erano fatte le prove generali del negazionismo antiscientifico. Ed ecco i nostri eroi.

Beppe Grillo: «La Xylella fastidiosa è una gigantesca bufala». Chiesero anche una commissione parlamentare d’inchiesta, sulla bufala, lanciarono messaggi social a raffica con sotto la scritta «Condividete». E gli sventurati condivisero.

Un quotidiano scandalosamente scandalistico (Fatto e rifatto) faceva scrivere espertoni secondo cui si doveva guardare semmai alle «frequenze vibrazionali distruttive prodotte dall’inquinamento». Che ancor si dovrebbe vibrare d’indispettita indignazione.

Quando la Corte di giustizia europea sentenziò l’ovvio, peraltro sulla scorta di studi seri e scientifici fatti da italiani – ovvero che si dovesse provvedere a eradicare in fretta, altrimenti sarebbe successo quel che è poi successo – non si fece attendere Matteo Salvini: «Maledetta Unione Sovietica Europea! Ordina di abbattere gli ulivi in Puglia anche se non ancora malati di Xylella. Il prossimo obbligo sarà sradicare i vigneti nel Chianti o in Veneto??». E giù sguardi di furba e divertita intesa: anche oggi gliel’ho cantata.

Insuperabile Michele Emiliano: «Da quattro anni la Xylella è ferma, caso vuole che io sono presidente da quattro anni». Dove il problema non è nel credersi meritevole di onorificenza antibatterica, ma nel credere che il batterio fosse fermo. Il presidente della Regione più devastata non aveva la minima cognizione, lo pensava inerte e s’ergeva a difensore degli ulivi.

Guardate fuori dal finestrino, pensate alle facce loro e a quelle di attori e cantanti accorsi a manducare una fetta di torta complottista e antisistemica. Pensate al loro conformismo che pretende d’essere anticonformista, alla loro lucida deficienza, al loro remunerato disinteresse, pensate alla destra che li cavalca per antieuropeismo e alla sinistra che li accudisce per popolarismo antipopolare. Guardateli e guardate gli ulivi. Guardateli bene. Perché se non riuscite a capire farete la stessa fine.

La Ragione

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Equilibrio e stabilità. Le parole chiave dell’Esercito secondo Serino


L’Esercito italiano è la Forza armata più antica del nostro Paese. Nato appena un mese dopo l’Unità d’Italia, ne ha seguito da protagonista tutte le vicende storiche, fino a oggi, dov’è chiamato ad affrontare le sfide di uno scenario sempre più complesso.

L’Esercito italiano è la Forza armata più antica del nostro Paese. Nato appena un mese dopo l’Unità d’Italia, ne ha seguito da protagonista tutte le vicende storiche, fino a oggi, dov’è chiamato ad affrontare le sfide di uno scenario sempre più complesso.

Generale, il 4 maggio l’Esercito italiano compie 162 anni (qui la gallery). Che lezioni ci arrivano dalla sua lunga storia?

Mi permetta di fare una doverosa precisazione. Il 4 maggio 1861 l’Esercito assume il nome di Esercito italiano, a caratterizzare il legame con il nuovo Regno d’Italia e, soprattutto, l’appartenenza agli italiani. Noi celebriamo questa data come momento fondante, pur conservando forte il legame con la tradizione militare preunitaria perché facciamo dell’appartenenza agli italiani, di tutti, senza distinzione, il nostro valore più forte.

Il rapporto tra cittadini ed Esercito non è mai mancato, neanche nei momenti più bui e tragici. Tra pochi mesi ricorderemo gli ottant’anni della difesa di Roma e delle Quattro giornate di Napoli. In quei giorni, soldati dell’Esercito (e delle altre Forze armate) e cittadini gettarono insieme semi valoriali importanti per la nascita dell’Italia di oggi. La prima lezione è proprio questa: preservare forte e saldo il legame tra gli italiani e il loro esercito. La seconda lezione, più professionale, è l’importanza di guardare al progresso tecnologico, perché se i principi dell’arte militare da millenni sono i medesimi, gli strumenti e le modalità operative sono in continuo divenire. Alla fine del XIX secolo l’Esercito fu protagonista di innovazione: mi vengono in mente gli esperimenti sull’uso della radio e delle aeronavi. Dobbiamo tornare a esserlo, protagonisti dell’innovazione, perché ne abbiamo la capacità e la necessità.

Con la guerra alle porte dell’Europa, è riemersa la centralità dello strumento militare terrestre nel sistema di Difesa nazionale. Dopo anni concentrati in missioni di pace e operazioni anti-terrorismo, come si deve preparare l’Esercito a questo “ritorno” a scenari più convenzionali?

Un capo di Stato maggiore dell’Esercito di qualche anno fa ci diceva: “Le operazioni convenzionali sono le più complesse e le più difficili. Se sai fare quelle, sai fare tutto”.

Per prepararsi al convenzionale ci vogliono sistemi d’arma allo stato dell’arte e tanto addestramento. Negli ultimi anni, per scelte di contingenza, sono mancati gli uni e l’altro. Per quanto riguarda l’ammodernamento dei mezzi e degli equipaggiamenti, bisogna avviare quanto prima i programmi che l’Esercito ha individuato nel 2022 e sinteticamente illustrato in “Esercito 4.0”.

Le parole-chiave sono equilibrio e stabilità. L’equilibrio è necessario perché se non è possibile fare tutto in parallelo, non possiamo neanche farlo in serie, una cosa alla volta. Alcune capacità essenziali devono ammodernarsi da subito. La stabilità serve nelle risorse e nella programmazione, che deve conservare anche coerenza capacitiva e industriale. Per quanto riguarda l’addestramento, ci vogliono poligoni e soldi. In questo settore siamo indietro e il Paese nella sua interezza deve prenderne coscienza. È un argomento che non appassiona, e infatti poco leggo sull’argomento, ma un equipaggio carri ben addestrato vale quanto e più del carro stesso.

Oggi l’Esercito è presente in tutti i principali scenari di riferimento italiani e alleati. Dai Paesi baltici al Medio Oriente e il Mediterraneo allargato, passando per il fianco orientale, i soldati italiani sono schierati in un arco geografico la cui ampiezza si avvicina a quello della Seconda guerra mondiale. Qual è l’importanza di questa presenza internazionale?

La presenza dell’Esercito in tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo allargato è segno che la politica di sicurezza e difesa dell’Italia non insegue le mode, ma l’interesse nazionale. Ovviamente il merito non è nostro ma dei governi che si sono susseguiti. Il Paese ha bisogno di stabilità verso est, guardando anche all’est vicino e all’Artico, e verso sud-est: Africa e vicino e Medio Oriente. Garantire una presenza qualificata in tutte queste regioni richiede un grande sforzo, sia da parte del personale sia delle strutture organizzative, ma siamo pienamente consapevoli che dobbiamo esserci. Un aiuto potrà darcelo la rapida attuazione delle deleghe contenute nella legge 119 del 2022, votata da tutti gli schieramenti politici, in merito a incrementi numerici di personale militare e riserve. Dal canto nostro, come peraltro stanno facendo altri eserciti Nato, vogliamo dedicare alcune unità convenzionali alla Security force assistance e alla Military assistance, il cui ruolo continua e continuerà a crescere.

L’attuale scenario di insicurezza e fragilità globale richiede anche che l’Esercito abbia a disposizione mezzi all’avanguardia che le permettano di agire nei moderni scenari operativi. Come dovranno essere i mezzi terrestri di domani?

I mezzi del futuro Esercito dovranno essere coerenti con un approccio che introduco in esclusiva per Airpress: così come il joint è stato soppiantato dal multidominio, così il Combined arms dovrà essere soppiantato dal Cooperative systems.

I nuovi mezzi della Forza armata dovranno essere ideati e progettati per cooperare tra loro e generare effetti in più domini e più dimensioni. Apripista in questa ottica potranno essere il Nees A-249 e l’altro progetto che vorremmo come Forza armata avviare quanto prima, coinvolgendo tutte le industrie nazionali del comparto difesa: il futuro Aics (Armored infantry combat system) dell’Esercito.

Il collante per il Cooperative system è un’architettura C5I (Comando, controllo comunicazioni, computer, cyber e informazioni) distribuita su tutte le piattaforme, realmente aperta a integrare nel tempo ogni futura innovazione tecnologica.

In uno scenario multidominio come quello attuale, la dimensione terrestre non si limita alla superficie del suolo. Fondamentale sarà infatti lo sviluppo di sistemi all’avanguardia anche nel campo della difesa contraerea e dell’ala rotante. Quali caratteristiche dovranno avere queste componenti dell’Esercito del prossimo futuro?

Esercito 4.0 individua la manovra dalla terza dimensione e la difesa integrata come due elementi fondamentali dello strumento terrestre futuro. Entrambe garantiranno la piena efficacia se sapremo avvalerci delle potenzialità offerte dall’automazione e dall’intelligenza artificiale (IA), per rendere tempestivo l’intervento dei diversi sistemi di cui queste capacità saranno dotate.

Con riferimento alla difesa integrata (contraerea è limitativo) bisognerà disporre di sistemi cinetici e non, letali e non letali, in grado di difendere uomini, mezzi da combattimento e dispositivi da ogni ipotizzabile minaccia che provenga dall’alto. Individuare, identificare, tracciare e ingaggiare è un processo che deve diventare sempre più veloce e discriminante, e qui c’è spazio per IA e automazione. La cooperazione con l’Aeronautica nella gestione dello spazio aereo sarà altrettanto essenziale, irrinunciabile.

Nel settore degli elicotteri, osserviamo con interesse le nuove tecnologie che, garantendo diverse caratteristiche ai profili di volo (raggio d’azione, velocità, manovrabilità), dovranno essere tra loro complementari, anche in riferimento ai diversi scenari e missioni nei quali l’Esercito potrà essere chiamato a confrontarsi. Non posso non ribadire che, quali che siano le future macchine, tutte dovranno avere una comune architettura C5I, comune anche ai sistemi più propriamente terrestri. È qui che si gioca l’efficacia e la rilevanza dell’Esercito nel futuro.

Gli attuali campi di battaglia sono caratterizzati sempre più dalle nuove dimensioni operative, lo spazio e, soprattutto, il cyber. In che modo si sta preparando l’Esercito a queste sfide?

Già quattro anni fa, nell’ambito del Comando trasmissioni, è stato costituito il Reparto sicurezza cibernetica, con l’obiettivo da un lato di formare specialisti nel campo e dall’altro di esplorare rischi e opportunità di questo nuovo dominio operativo, che poi tanto nuovo non è. Nel 2010, rientrando dagli Stati Uniti, dove l’Us Army aveva da pochissimo costituito l’Army cyber command, trovai degli embrionali nuclei di controllo e monitoraggio delle reti informatiche associati ai Centri sistemi C4 Esercito di Roma e di Padova, dove sono cresciute competenze ora al servizio dell’intero Paese.

La nostra attenzione, oltre alla doverosa sicurezza dei nostri sistemi C5I, è rivolta anche al mondo Internet of things (Iot), l’Internet delle cose, che sta entrando anche nella vita dei comuni cittadini, per esempio attraverso il controllo da remoto degli elettrodomestici. Qui non esistono praticamente confini e le esigenze di sicurezza sono fortissime.

La realtà cyber è un mondo dove, al fianco della competizione tecnologica, sta diventando altrettanto spietata la competizione per la risorsa umana. Per l’Esercito si tratta non solo di un rischio, ma anche di una opportunità, se sapremo valorizzare la predisposizione innata dei militari a formare al proprio interno le competenze di cui ha bisogno.

Fondamentale per lo sviluppo di nuove tecnologie e piattaforme sarà il rapporto con il mondo dell’industria e della ricerca. In che modo va valorizzato questo legame?

Potrei dire: proseguendo il lavoro avviato tanti anni fa. In questo rapporto, il ruolo del mondo in uniforme deve essere quello del cliente, allo stesso tempo esigente e collaborativo. In questo rapporto simbiotico di crescita e di stimolo vedo anche la presenza importante del mondo accademico. Come ho affermato in apertura, l’Esercito deve tornare protagonista di innovazione, ma vanno anche superate talune ritrosie ideologiche, figlie delle tragedie europee del XX secolo, nell’affrontare tematiche legate ai sistemi militari.

Dal punto di vista pratico, una grande opportunità risiede nel rendere permanente l’attività di sviluppo dei sistemi militari, quello che in Forza Nec veniva definito approccio a spirale: mentre si produce la variante 1, si studia, si progetta e si valida operativamente la variante 2. Nulla di nuovo, ma talvolta le best practice si perdono. È lapalissiano che per questo c’è bisogno di un’industria nazionale di settore con cui collaborare. Per questo sostengo dall’inizio del mio mandato che nel comparto industriale italiano che si occupa di difesa c’è bisogno di “terrestre”.

Oggi si stanno gettando le basi per quello che sarà l’Esercito di domani. Con 162 anni di storia, qual è il messaggio che vuole lanciare alle future generazioni di soldati?

Ai giovani allievi delle nostre scuole e accademie dico di appassionarsi al futuro e di amare il passato. La storia ci regala, se sappiamo leggerla, le esperienze di cento, di mille vite. Null’altro ci può fare un dono più grande.

Invito i futuri soldati dell’Esercito, di ogni grado, ruolo e categoria, a coltivare e mantenere la coscienza del nostro ruolo. Nelle emergenze gli italiani ci guardano, spesso utilizzando “Esercito” come sinonimo di “Forze armate”, a testimonianza di una fiducia profonda.

Non possiamo e non dobbiamo deluderli.

(Intervista pubblicata sul numero 143 della rivista Airpress)


formiche.net/2023/05/intervist…



“Il wokeismo ha una tendenza autoritaria”. Parla la prof minacciata dai trans


Kathleen Stock racconta perché ha deciso di dare le dimissioni come docente dell’Università del Sussex dopo le minacce ricevute dai trans “Ho trovato molto deprimente essere minacciata e attaccata per aver espresso argomentazioni filosofiche a favore dei

Kathleen Stock racconta perché ha deciso di dare le dimissioni come docente dell’Università del Sussex dopo le minacce ricevute dai trans

“Ho trovato molto deprimente essere minacciata e attaccata per aver espresso argomentazioni filosofiche a favore dei diritti delle donne”. Kathleen Stock, che oggi terrà una lezione sui diritti presso la Scuola di Liberalismo della Fondazione Einaudi, descrive così la vicenda che l’ha portata a dare le dimissioni da docente di filosofia all’Università del Sussex.

Professoressa, lei è una attivista femminista sposata con una donna. Com’è possibile che la situazione sia degenerata così tanto da indurla a dimettersi?
“È una situazione strana, soprattutto perché la maggior parte delle persone che mi criticano si definirebbero femministe (hanno una concezione diversa del femminismo, e delle donne da quella che ho io, però). C’è una forte tendenza autoritaria e illiberale all’interno del cosiddetto progressismo o wokeismo, purtroppo”.

Perché in GB, quando si parla di LGBT, c’è sempre un clima così teso? Perché il “dissenso” non è ammesso?“In parte è perché nei luoghi di lavoro, comprese le università, attraverso il sistema della burocrazia è ormai diffuso un insieme di idee, radicale e ristretto, sull’identità trans e sulla femminilità. Gruppi di lobbisti e attivisti che affermano di rappresentare le persone LGBT, hanno fatto pressione e incentivato il governo, i partiti politici e le istituzioni nazionali a portare le loro idee all’interno della politica e delle leggi. Ciò ha avuto effetti negativi sugli spazi delle donne, nello sport e sulle risorse a loro dedicate, poiché ora i maschi, potendosi “auto-identificare” come donne, possono accedervi. Non è stato fatto democraticamente, né è stato sufficientemente discusso. Molti uomini gay, molte lesbiche e persino persone transessuali non sono d’accordo con queste idee radicali, ma il dissenso è descritto come “transfobico” o “bigotto”. Si presume che, se si mettono in discussione queste idee, si odiano le persone trans. In realtà, non è così”.

In Italia la principale forza di maggioranza, FdI, lotta contro “la teoria gender”. Le opposizioni dicono che tale teoria non esiste. Che cosa ne pensa?“Quando la destra parla di “gender theory” intende tutta una serie di idee, con alcune delle quali sono d’accordo e con altre no. Non sono un conservatore, e per esempio penso che le donne dovrebbero avere gli stessi diritti degli uomini sul posto di lavoro, credo nel matrimonio gay (sono una lesbica sposata con una donna). Non sono d’accordo sul fatto che gli uomini dovrebbero essere in grado di auto-identificarsi negli spazi o nelle risorse delle donne, o che ai bambini vengano somministrati farmaci che ne alterino la vita, sulla base di una confusione di identità che può essere temporanea. Mi sconforta che, in nome della sinistra “progressista”, idee così folli stiano guadagnando potere, perché è un regalo ai politici di destra come Meloni. Ciò permette a lei e al suo partito di usare questo tema come scusa per ridurre i diritti delle donne e degli omosessuali, per esempio. Me ne rammarico. Succede anche in Ungheria, in Turchia e in Russia, per esempio. Le idee radicali di una minoranza vengono utilizzate per rendere la vita difficile alla maggioranza, molto più moderata, delle persone LGBT”.

Quel che sta succedendo in Gran Bretagna mina la libertà d’espressione?“Sì, le università dovrebbero essere luoghi in cui le idee controverse possono essere analizzate e discusse, e il libero pensiero può esistere”.

Cosa pensa, invece, della vicenda della professoressa inglese a cui non è stato rinnovato il contratto e che ha persino subìto un procedimento disciplinare per aver salutato le sue alunne dicendo “Ciao ragazze”?“Penso che sia ridicolo. L’attenzione generale all’interno del femminismo woke di concentrarsi su forme appellative (compresi i pronomi, dicendo “signore e signori” ecc.) è una distrazione dai veri squilibri di potere e dalle disuguaglianze che sono molto più importanti, ma più difficili da risolvere. Instillare un clima negativo nel quale si ha paura di dire la cosa sbagliata, non aiuta nessuno”.

Il Giornale

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La guerra in Ucraina continua e l’unica soluzione messa in campo dal governo continua ad essere quella dell’invio di armi. Il telegiornale unico ignora le f


Palestina. Distrutto lo skatepark al porto di Gaza


Il centro, distrutto dal governo di Hamas, era diventato un punto di riferimento importante per i giovani della Striscia di Gaza L'articolo Palestina. Distrutto lo skatepark al porto di Gaza proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023/05/04/

Pagine Esteri, 4 maggio 2023. Lo scorso Primo Maggio è stato demolito lo skatepark del porto di Gaza City. Costruito nel 2017 grazie al progetto Gaza FREEstyle, era diventato un punto di incontro per giovani, adulti e bambini e un riferimento per iniziative culturali e sociali, come Pagine Esteri aveva documentato con video e interviste.

Il governo di Hamas ha ordinato, apparentemente senza una precisa motivazione, la demolizione della rampa di skate e le ruspe hanno distrutto il campo in poche ore.
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Di seguito, il comunicato del Gaza FREEstyle:

Quello che vedete nel video qui sotto è lo skate park del porto di Gaza, distrutto dai mezzi di demolizione del governo di Hamas.

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Video dello Skate Park di Gaza, girato nel 2021 per Pagine Esteri.
Inutile girarci intorno, Hamas si pone in maniera autoritaria negando ai giovani spazi di socialità.

L’area del porto era frequentata da decine di giovani di tutte le età, negli anni era diventata un punto di aggregazione per tantissim* freestyler e writers di tutta la striscia.

Le crew che negli anni hanno costruito il park, organizzavano lezioni per ragazze e bambin*, jam di skate ed eventi circensi.Il murales che vedete nel video ”FREE PALESTINE” è stato realizzato a giugno 2022 durante le attività di scambio con artisti locali.

La costruzione del park è iniziata nel 2017 con la prima rampa in legno; Negli anni successivi l’area è stata trasformata in uno skatepark in cemento.
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Le crew di skaters sono triplicate nonostante a Gaza, non esista la possibilità di comprarsi uno skate.

Praticare lo skate a Gaza è un modo per evadere dalle sofferenze della vita, sognare in un luogo che si trova sotto la brutalità di un assedio militare ferocissimo.

Ecco perché lo skatepark del porto era importante e simbolico per noi e per i gazawi.Il Gaza FREEstyle si avvicina alla sua decima Carovana di Solidarietà; in questi ultimi anni abbiamo lavorato per costruire una Casa internazionale delle Donne in collaborazione con le associazioni femminili locali.

La demolizione avvenuta stamattina è un brutto segnale, in pochi minuti è stato distrutto ciò che collettivamente avevamo costruito in tanti anni e con tanti soldi.

Come Gaza Freestyle e centro Vik denunciamo questa azione che non trova nessuna giustificazione.

Insieme alle crew di skaters, nei prossimi giorni, andremo a fondo di questa brutta storia. Chiederemo conto di quanto accaduto con i documenti alla mano.

A metà maggio, partirà una delegazione di 5 compagn che andrà per costruire il progetto della casa internazionale delle donne. In quell’occasione porteremo a Gaza più materiale possibile da skate e cercheremo di individuare una nuova area dove fare il park. APRIAMO LA RACCOLTA DI SKATE, TRUCK, ROTELLE, ROLLER, ABBIGLIAMENTO SPECIFICO che porteremo a Gaza tramite una nostra delegazione femminile che partirà a maggio.

Termine della raccolta 14 maggio.

L'articolo Palestina. Distrutto lo skatepark al porto di Gaza proviene da Pagine Esteri.



La Giunta Gualtieri, con il divieto di circolazione ZTL per le vetture diesel 4, benzina euro 3 e poi euro 5, colpisce le fasce povere della popolazione, già c


Negli ultimi due fine settimana la Lombardia sembra essere la meta preferita di neofascisti e neonazisti non solo italiani. L'ultima notizia uscita oggi parl


#NotiziePerLaScuola

Sabato 6 maggio alle 19, il Teatro Niccolini di Firenze ospita l’Orchestra Erasmus che torna ad esibirsi nell’ambito delle iniziative del Festival d’Europa – SOU4YOU 2023.

Info ▶️ indire.



LOUD AS GIANTS – EMPTY HOMES


I Loud As Giants sono una coppia di musicisti di cui basta il nome per capire che la materia trattata è di alta qualità : Justin K. Broadrick e Dirk Serries. @Musica Agorà

iyezine.com/loud-as-giants-emp…

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The Court of Justice confirmed that there is no "threshold" for GDPR damages


La Corte di giustizia ha confermato che non esiste una "soglia" per i danni da GDPR Oggi la CGUE ha emesso la prima decisione sui danni emotivi ai sensi del GDPR. (c) Katarina Dzurekova


noyb.eu/en/court-justice-confi…




Per colpa di gente che non sa leggere delle regole, mi sono venuti i demoni in capa mentre svolgevo un esame che doveva essere facilissimo.


I miei stupidi intenti - Bernardo Zannoni


"La storia di un animale, di una faina che scopre il mondo, le sue verità e le sue menzogne. Come fosse un personaggio strappato a Camus, e al tempo stesso a un film della Pixar. Un esordio sorprendente.

«Esistono vari modi di strillare un libro magnifico. Ma solo un modo è giusto per I miei stupidi intenti: leggetelo, leggete questo romanzo in stato di grazia».

Marco Missiroli

Questa è la lunga vita di una faina, raccontata di suo pugno. Fra gli alberi dei boschi, le colline erbose, le tane sotterranee e la campagna soggiogata dall’uomo, si svela la storia di un animale diverso da tutti. Archy nasce una notte d’inverno, assieme ai suoi fratelli: alla madre hanno ucciso il compagno, e si ritrova a doverli crescere da sola.
Gli animali in questo libro parlano, usano i piatti per il cibo, stoviglie, tavoli, letti, accendono fuochi, ma il loro mondo rimane una lotta per la sopravvivenza, dura e spietata, come d’altronde è la natura. Sono mossi dalle necessità e dall’istinto, il più forte domina e chi perde deve arrangiarsi. È proprio intuendo la debolezza del figlio che la madre baratta Archy per una gallina e mezzo. Il suo nuovo padrone si chiama Solomon, ed è una vecchia volpe piena di segreti, che vive in cima a una collina. Questi cambiamenti sconvolgeranno la vita di Archy: gli amori rubati, la crudeltà quotidiana del vivere, il tempo presente e quello passato si manifesteranno ai suoi occhi con incredibile forza. Fra terrore e meraviglia, con il passare implacabile delle stagioni e il pungolo di nuovi desideri, si schiuderanno fra le sue zampe misteri e segreti. Archy sarà sempre meno animale, un miracolo silenzioso fra le foreste, un’anomalia. A contraltare, tra le pagine di questo libro, il miracolo di una narrazione trascinante, che accompagna il lettore in una dimensione non più umana, proprio quando lo pone di fronte alle domande essenziali del nostro essere uomini e donne.
I miei stupidi intenti è un romanzo ambizioso e limpido, ed è stato scritto da un ragazzo di soli venticinque anni. Come un segno di speranza, di futuro, per chi vive di libri."

sellerio.it/it/catalogo/Miei-S…

Roberto Resoli reshared this.



📲 Generazioni Connesse fa tappa a Procida per un nuovo appuntamento del Safer Internet Centre, il progetto dedicato ai rischi e alle potenzialità della rete, in partenariato con le principali realtà italiane che si occupano di sicurezza in Rete: Auto…

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Non solo una questione di #privacy: "Ministro Piantedosi, il riconoscimento facciale nei luoghi pubblici è una pessima idea!" L'appello di Diletta Huyskes di #PrivacyNetwork_ su Wired


Il riconoscimento facciale mina i diritti di movimento, di espressione e di partecipazione. È una questione che va oltre la privacy e la sicurezza e dobbiamo affrontarla consci dei rischi e degli impatti sulle nostre vite.

@Etica Digitale (Feddit)

Il riconoscimento biometrico, specie quando implementato da autorità pubbliche, apre a una serie di rischi e minacce che vanno ben oltre, e che riguardano profondamente il cuore della libertà e della democrazia. L’esistenza stessa di questi strumenti nei luoghi pubblici, come le stazioni per esempio, dove transitano migliaia di persone diverse ogni giorno a prescindere da cosa fanno e dove il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, vuole installare telecamere con riconoscimento facciale per questioni di sicurezza, sottopone chiunque a una sorveglianza continua.

wired.it/article/riconosciment…

Il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi MASSIMO DI VITA/ARCHIVIO MASSIMO DI VITA/MONDADORI PORTFOLIO VIA GETTY IMAGES

Questa voce è stata modificata (2 anni fa)
in reply to The Privacy Post

@The Privacy Post diffondere la paura così da portare le persone a chiedere "sicurezza" in cambio di libertà: è la strategia della destra

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Hanno fatto la festa al lavoro | Coniare Rivolta

"Il Consiglio dei ministri del 1° maggio 2023 sarà ricordato come uno dei momenti più alti dell’odio verso i lavoratori e i poveri manifestato da questo Governo, ma anche come esito prevedibile di una politica economica che la cosiddetta opposizione (politica e sindacale) contesta in maniera ingenua e approssimativa, quando va bene, o esplicitamente da destra (!) quando va male."

coniarerivolta.org/2023/05/02/…



Prova senza `titolo` con #hashtag @menzione, _underscore e €strani &simboli

@Test: palestra e allenamenti :-)

Testar non nuoce

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Fr. #29 / Di statali cinesi, scetticismi e cypherpunk


Nel frammento di oggi: Statali cinesi pagati in digital yuan / Scetticismo verso il dollaro digitale ai piani alti / Cypherpunk e altre storie (DOMÌNI Podcast) / Un'intervista sul Digital Services Act

Gli statali cinesi saranno pagati in digital yuan


È notizia della scorsa settimana1 che la città di Changshu, della provincia di Jiangsu, inizierà a pagare i dipendenti pubblici con lo yuan digitale a partire da questo mese. Il progetto è iniziato lo scorso anno e ci sono già stati dei test da luglio a settembre 2022 che hanno incluso circa 4.900 persone e un importo pari a 2.54 milioni di digital yuan.

6907527“Le città di Changshu e Suzhou implementano il pagamento completo dello stipendio in renminbi digitale per i dipendenti pubblici”

In realtà, pare che un altro test fosse già iniziato nella città di Suzhou, che ha da poco concluso il primo quadrimestre del pilot. In 4 mesi sono state accumulate dalla città 8 milioni di transazioni, per un valore cumulativo di 170 miliardi di yuan. La città riporta circa 26 milioni di wallet personali e quasi 2 milioni di wallet “pubblici”.

Iscriviti adesso

La provincia di Jiangsu vuole creare un ecosistema integrato che possa portare a un’espansione incrementale già da gennaio 2024, includendo anche aree chiave come il commercio al dettaglio, gli stipendi privati e il turismo. Al momento sembra che ben 26 province siano impegnate in test di vario tipo, ma quella di Jiangsu promette di essere la provincia più all’avanguardia sul fronte del digital yuan entro il 2025.

Tempo fa scrivevo che il modo migliore per abituare le persone a usare le CBDC fosse obbligarle a pagarci tributi, imposte, tasse e bolli di vario tipo. Ma in effetti, la Cina fa ancora scuola: quale modo migliore se non sfruttare i dipendenti pubblici?

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Scetticismo verso il dollaro digitale


Michelle Bowman, membro della Federal Reserve Board of Governors, ha di recente offerto la sua opinione in merito all’evoluzione del dollaro in un discorso presso la Georgetown University2.

La sua è un’opinione che non ci si aspetterebbe da parte di chi dovrebbe essere tra i primi e più convinti propositori delle nuove CBDC. Eppure secondo Michelle è difficile pensare che il dollaro digitale possa sostituire sistemi come FedNow, una infrastruttura per i pagamenti elettronici in tempo reale sviluppata dalla Federal Reserve.

Aggiunge poi, c’è il rischio che una CBDC programmabile possa essere in contrasto con la flessibilità e libertà delle monete fisiche o dei depositi bancari, e c’è anche il rischio che questo possa portare alla politicizzazione dei sistemi di pagamento e nel modo in cui la moneta viene usata.

Attenzione però, per quanto ciò sia vero, a Michelle non interessa la vostra di libertà, ma quella della Federal Reserve. Infatti aggiunge: una CBDC con questo tipo di controllo potrebbe minacciare l’indipendenza della Federal Reserve.

Una moneta politicizzata non è altro che un sistema di social scoring sotto mentite spoglie. Negli Stati Uniti qualcuno, anche nella stessa banca centrale, si fa queste domande (anche se per i motivi sbagliati). Da noi, tutto tace. Eppure, l’euro digitale è quasi pronto.

Cypherpunk e altre storie, un viaggio nella storia della sorveglianza di massa


Nell’episodio di oggi del DOMÌNI Podcast parlo di sorveglianza di massa, del movimento cypherpunk e di molto altro, partendo dal 1930. Sì, perché è una storia lunga un secolo ormai.

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Ascolta il Podcast su Spotify

Perché il Digital Services Act è una legge molto, molto pericolosa


Sempre in tema di interviste, oggi ne è uscita una su Atlantico Quotidiano in cui parlo del Digital Services Act, la nuova legge europea per la “lotta alla disinformazione” e molto altro.

In realtà di lotta alla disinformazione c’è ben poco, come ho già avuto occasione di ripetere più volte. È più una questione di controllo dell’informazione.

Leggi l'intervista

Meme del giorno


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Citazione del giorno

La rivoluzione in Inghilterra è stata fatta unicamente in vista della libertà, mentre quella di Francia è stata fatta principalmente in vista dell'eguaglianza.

Alexis de Tocqueville

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1

js.people.com.cn/n2/2023/0424/…

2

cointelegraph.com/news/us-whol…


privacychronicles.substack.com…



Il referendum sulle armi in Ucraina è a rischio ammissibilità, perché in una democrazia matura non ci sono scorciatoie

@Politica interna, europea e internazionale

Alcune considerazioni in punta di diritto sui referendum la cui raccolta delle firme è iniziata il 23 aprile scorso, con due quesiti sull’invio di armamenti

È iniziata il 23 aprile scorso la raccolta delle firme per il cosiddetto referendum pacifista, con due quesiti sull’invio di armamenti.

Il primo, promosso dal comitato “Generazioni future”, si propone di abrogare la disposizione (d.l. n. 185/2022, convertito in l. n. 8/2023) che proroga «fino al 31 dicembre 2023, previo atto di indirizzo delle Camere, l’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina». Il secondo quesito, presentato dal comitato Ripudia la Guerra, intende revocare all’esecutivo il potere di derogare al divieto di esportazione, transito e via dicendo di armi a paesi coinvolti nei conflitti. Il passaggio è nella norma della legge sull’invio di armamenti che consente tale deroga qualora essa sia disposta con «deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da adottare previo parere delle Camere» (n. 185/90).

L'articolo su @Valigia Blu a firma di @Vitalba è il miglior filo d'Arianna nel labirinto della complessità normativa

Qui il testo completo



News da Marte #15 - Coelum Astronomia

"Bentornati su Marte! Oggi abbiamo parecchia carne al fuoco con aggiornamenti da terra, dall’aria e dallo spazio. Iniziamo con questi ultimi. Non solo MRO In questa rubrica vediamo spesso immagini e resoconti del Mars Reconnaissance Orbiter della NASA, ma ci sono numerosi altri satelliti artificiali attorno a Marte."

coelum.com/news/news-da-marte-…

#15


L'elettrico è il futuro (checchè ne dicano i no-tutto)


Scherzi a parte, la mobilità elettrica è il futuro. Se anche Lamborghini (non Elettra) sta pensando ad una top-car elettrica non ci possono essere dubbi.
L'imprenditore del settore mobilità avveduto ha già capito questo e si è già dato da fare. Da buoni italiani però ci prendiamo sempre all'ultimo e allora corriamo da mamma a piangere inventandoci scuse bambinesche.
lamborghini.com/it-en/modelli/…

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🔊 #Risentiamoli ⏩ JINGO DE LUNCH "PERPETUUM MOBILE"


@Musica Agorà

Quella dei Jingo De Lunch sarà una parabola ascendente rapidissima, che li consacrerà quasi immediatamente tra le realtà più interessanti, per poi vederli sparire in modo quasi improvviso.
iyezine.com/riascoltiamoli-jin…

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Viaggiare in elettrico




Per chi dice che non si possono fare viaggi lunghi con le auto elettriche. Questa è una Skoda Enyaq parcheggiata in un campeggio vicino a Valeggio sul Mincio ed arriva dall'Olanda


Le cinque poesie di Pasolini pubblicate su Paese Sera il 5 gennaio 1974


Il significato del rimpianto

Poesia popolare

Appunto per una poesia lappone

La recessione

Appunto per una poesia in terrone


Pier Paolo Pasolini, La nuova gioventù. Poesie friulane 1941-1974, Torino, Einaudi, 1975

archive.org/details/glistruzzi…




La lettera di Pasolini a Calvino, intitolata “Quello che rimpiango”


Caro Calvino,

Maurizio Ferrara dice che io rimpiango un’«età dell’oro», tu dici che rimpiango l’«Italietta»: tutti dicono che rimpiango qualcosa, facendo di questo rimpianto un valore negativo e quindi un facile bersaglio.

Ciò che io rimpiango (se si può parlare di rimpianto) l’ho detto chiaramente, sia pure in versi («Paese sera», 5-1-1974). Che degli altri abbiano fatto finta di non capire è naturale. Ma mi meraviglio che non abbia voluto capire tu (che non hai ragioni per farlo). Io rimpiangere l’«Italietta»? Ma allora tu non hai letto un solo verso delle Ceneri di Gramsci o di Calderón, non hai letto una sola riga dei miei romanzi, non hai visto una sola inquadratura dei miei films, non sai niente di me! Perché tutto ciò che io ho fatto e sono, esclude per sua natura che io possa rimpiangere l’Italietta. A meno che tu non mi consideri radicalmente cambiato: cosa che fa parte della psicologia miracolistica degli italiani, ma che appunto per questo non mi par degna di te.

L’«Italietta» è piccolo-borghese, fascista, democristiana; è provinciale e ai margini della storia; la sua cultura è un umanesimo scolastico formale e volgare. Vuoi che rimpianga tutto questo? Per quel che mi riguarda personalmente, questa Italietta è stata un paese di gendarmi che mi ha arrestato, processato, perseguitato, tormentato, linciato per quasi due decenni. Questo un giovane può non saperlo. Ma tu no. Può darsi che io abbia avuto quel minimo di dignità che mi ha permesso di nascondere l’angoscia di chi per anni e anni si attendeva ogni giorno l’arrivo di una citazione del tribunale e aveva terrore di guardare nelle edicole per non leggere nei giornali atroci notizie scandalose sulla sua persona. Ma se tutto questo posso dimenticarlo io, non devi però dimenticarlo tu…

D’altra parte questa «Italietta», per quel che mi riguarda, non è finita. Il linciaggio continua. Magari adesso a organizzarlo sarà l’«Espresso», vedi la noterella introduttiva («Espresso», 23-6-1974) ad alcuni interventi sulla mia tesi («Corriere della Sera», 10-6-1974): noterella in cui si ghigna per un titolo non dato da me, si estrapola lepidamente dal mio testo, naturalmente travisandolo orrendamente, e infine si getta su me il sospetto che io sia una specie di nuovo Plebe: operazione di cui finora avrei creduto capaci solo i teppisti del «Borghese».

Io so bene, caro Calvino, come si svolge la vita di un intellettuale. Lo so perché, in parte, è anche la mia vita. Letture, solitudini al laboratorio, cerchie in genere di pochi amici e molti conoscenti, tutti intellettuali e borghesi. Una vita di lavoro e sostanzialmente perbene. Ma io, come il dottor Hyde, ho un’altra vita. Nel vivere questa vita, devo rompere le barriere naturali (e innocenti) di classe. Sfondare le pareti dell’Italietta, e sospingermi quindi in un altro mondo: il mondo contadino, il mondo sottoproletario e il mondo operaio. L’ordine in cui elenco questi mondi riguarda l’importanza della mia esperienza personale, non la loro importanza oggettiva. Fino a pochi anni fa questo era il mondo preborghese, il mondo della classe dominata. Era solo per mere ragioni nazionali, o, meglio, statali, che esso faceva parte del territorio dell’Italietta. Al di fuori di questa pura e semplice formalità, tale mondo non coincideva affatto con l’Italia. L’universo contadino (cui appartengono le culture sottoproletarie urbane, e, appunto fino a pochi anni fa, quelle delle minoranze operaie – ché erano vere e proprie minoranze, come in Russia nel ’17) è un universo transnazionale: che addirittura non riconosce le nazioni. Esso è l’avanzo di una civiltà precedente (o di un cumulo di civiltà precedenti tutte molto analoghe fra loro), e la classe dominante (nazionalista) modellava tale avanzo secondo i propri interessi e i propri fini politici (per un lucano – penso a De Martino – la nazione a lui estranea, è stato prima il Regno Borbonico, poi l’Italia piemontese, poi l’Italia fascista, poi l’Italia attuale: senza soluzione di continuità).

È questo illimitato mondo contadino prenazionale e preindustriale, sopravvissuto fino a solo pochi anni fa, che io rimpiango (non per nulla dimoro il più a lungo possibile, nei paesi del Terzo Mondo, dove esso sopravvive ancora, benché il Terzo Mondo stia anch’esso entrando nell’orbita del cosiddetto Sviluppo).

Gli uomini di questo universo non vivevano un’età dell’oro, come non erano coinvolti, se non formalmente con l’Italietta. Essi vivevano quella che Chilanti ha chiamato l’età del pane. Erano cioè consumatori di beni estremamente necessari. Ed era questo, forse che rendeva estremamente necessaria la loro povera e precaria vita. Mentre è chiaro che i beni superflui rendono superflua la vita (tanto per essere estremamente elementari, e concludere con questo argomento).

Che io rimpianga o non rimpianga questo universo contadino, resta comunque affar mio. Ciò non mi impedisce affatto di esercitare sul mondo attuale così com’è la mia critica: anzi, tanto più lucidamente quanto più ne sono staccato, e quanto più accetto solo stoicamente di viverci.

Ho detto, e lo ripeto, che l’acculturazione del Centro consumistico, ha distrutto le varie culture del Terzo Mondo (parlo ancora su scala mondiale, e mi riferisco dunque appunto anche alle culture del Terzo Mondo, cui le culture contadine italiane sono profondamente analoghe): il modello culturale offerto agli italiani (e a tutti gli uomini del globo, del resto) è unico. La conformazione a tale modello si ha prima di tutto nel vissuto, nell’esistenziale: e quindi nel corpo e nel comportamento. È qui che si vivono i valori, non ancora espressi, della nuova cultura della civiltà dei consumi, cioè del nuovo e del più repressivo totalitarismo che si sia mai visto. Dal punto di vista del linguaggio verbale, si ha la riduzione di tutta la lingua a lingua comunicativa, con un enorme impoverimento dell’espressività. I dialetti (gli idiomi materni!) sono allontanati nel tempo e nello spazio: i figli sono costretti a non parlarli più perché vivono a Torino, a Milano o in Germania. Là dove si parlano ancora, essi hanno totalmente perso ogni loro potenzialità inventiva. Nessun ragazzo delle borgate romane sarebbe più in grado, per esempio, di capire il gergo dei miei romanzi di dieci-quindici anni fa: e, ironia della sorte!, sarebbe costretto a consultare l’annesso glossario come un buon borghese del Nord!

Naturalmente questa mia «visione» della nuova realtà culturale italiana è radicale: riguarda il fenomeno come fenomeno globale, non le sue eccezioni, le sue resistenze, le sue sopravvivenze.

Quando parlo di omologazione di tutti i giovani, per cui, dal suo corpo, dal suo comportamento e dalla sua ideologia inconscia e reale (l’edonismo consumistico) un giovane fascista non può essere distinto da tutti gli altri giovani, enuncio un fenomeno generale. So benissimo che ci sono dei giovani che si distinguono. Ma si tratta di giovani appartenenti alla nostra stessa élite, e condannati a essere ancora più infelici di noi: e quindi probabilmente anche migliori. Questo lo dico per una allusione («Paese sera», 21-6-1974) di Tullio De Mauro, che, dopo essersi dimenticato di invitarmi a un convegno linguistico di Bressanone, mi rimprovera di non esservi stato presente: là, egli dice, avrei visto alcune decine di giovani che avrebbero contraddetto le mie tesi. Cioè come a dire che se alcune decine di giovani usano il termine «euristica» ciò significa che l’uso di tale termine è praticato da cinquanta milioni di italiani.

Tu dirai: gli uomini sono sempre stati conformisti (tutti uguali uno all’altro) e ci sono sempre state delle élites. Io ti rispondo: sì, gli uomini sono sempre stati conformisti e il più possibile uguali l’uno all’altro, ma secondo la loro classe sociale. E, all’interno di tale distinzione di classe, secondo le loro particolari e concrete condizioni culturali (regionali). Oggi invece (e qui cade la «mutazione» antropologica) gli uomini sono conformisti e tutti uguali uno all’altro secondo un codice interclassista (studente uguale operaio, operaio del Nord uguale operaio del Sud): almeno potenzialmente, nell’ansiosa volontà di uniformarsi.

Infine, caro Calvino, vorrei farti notare una cosa. Non da moralista, ma da analista. Nella tua affrettata risposta alle mie tesi, sul «Messaggero», (18 giugno 1974) ti è scappata una frase doppiamente infelice. Si tratta della frase: «I giovani fascisti di oggi non li conosco e spero di non aver occasione di conoscerli.» Ma: 1) certamente non avrai mai tale occasione, anche perché se nello scompartimento di un treno, nella coda a un negozio, per strada, in un salotto, tu dovessi incontrare dei giovani fascisti, non li riconosceresti; 2) augurarsi di non incontrare mai dei giovani fascisti è una bestemmia, perché, al contrario, noi dovremmo far di tutto per individuarli e per incontrarli. Essi non sono i fatali e predestinati rappresentanti del Male: non sono nati per essere fascisti. Nessuno – quando sono diventati adolescenti e sono stati in grado di scegliere, secondo chissà quali ragioni e necessità – ha posto loro razzisticamente il marchio di fascisti. È una atroce forma di disperazione e nevrosi che spinge un giovane a una simile scelta; e forse sarebbe bastata una sola piccola diversa esperienza nella sua vita, un solo semplice incontro, perché il suo destino fosse diverso.

8 luglio 1974