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Apprendiamo dalla compagna Sabrina Lazzerini, candidata sindaca per la lista “Pescia a sinistra”, per il Comune in provincia di Pistoia, dell’intenzione d


Mare aperto. Ecco la più grande esercitazione della Marina


Dal mar Adriatico al Tirreno, passando per il mar Ionio e lo Stretto di Sicilia, navigando non solo per l’alto mare ma anche le zone costiere, i territori circostanti e gli spazi aerei. Queste le dimensioni che saranno teatro dell’edizione 2023 dell’eserc

Dal mar Adriatico al Tirreno, passando per il mar Ionio e lo Stretto di Sicilia, navigando non solo per l’alto mare ma anche le zone costiere, i territori circostanti e gli spazi aerei. Queste le dimensioni che saranno teatro dell’edizione 2023 dell’esercitazione Mare aperto, il principale ciclo addestrativo della Marina militare organizzato dal Comando in capo della Squadra navale. L’esercitazione impegnerà a bordo personale sia militare sia civile proveniente da 23 nazionali diverse fino al 6 maggio e permetterà di sviluppare lo scenario addestrativo in un contesto multidimensionale.

La missione

L’esercitazione permetterà di sviluppare un contesto multi-dominio grazie al coinvolgimento di assetti aerei, terrestri e sottomarini, interconnessi grazie ad un complesso sistema di reti supportato dai domini spaziali e cyber. Proprio il contesto cibernetico sarà al centro di un’attività addestrativa apposita denominata Chironex 23-1. “Metteremo alla prova il nostro Strumento Marittimo per verificarne prontezza, efficienza, proiettabilità, sostenibilità nel lungo periodo, bilanciamento, interoperabilità e capacità di generare effetti multi-dominio a livello strategico, operativo e tattico” ha detto l’ammiraglio Aurelio De Carolis, comandante in capo della Squadra navale. Le forze in campo prenderanno parte a simulazioni ad alto realismo contro minacce convenzionali e asimmetriche, raid su siti costieri d’interesse, esercitazioni di sicurezza marittima, controllo e bonifica dei fondali, prevenzione e contrasto di traffici illeciti.

Le forze in campo

L’esercitazione vedrà impegnati per le prossime settimane circa seimila militari provenienti da dodici Paesi Nato e undici Paesi partner, sotto la guida degli staff delle diverse Divisioni navali, della Brigata marina San Marco e dei comandi delle componenti specialistiche della Marina. Saranno operative anche 41 unità tra navi e sommergibili, oltre che aerei ed elicotteri dell’Aviazione navale, reparti anfibi del San Marco, incursori e subacquei del Comsubin, mezzi della Guardia costiera/Corpo delle Capitanerie di porto. Saranno inoltre coinvolti anche mezzi e personale di Esercito, Aeronautica, Carabinieri e Guardia di Finanza. In aggiunta, gli F-35B, la versione a decollo e atterraggio verticale, opererà da nave Cavour nell’ambito di cicli di volo giornalieri programmati dalla cellula di coordinamento delle operazioni aeree in mare.

Il personale civile

A fianco dello staff militare imbarcato e pienamente integrati con esso, ci saranno anche settanta universitari, tra studenti e docenti accompagnatori. Tra i quattordici atenei coinvolti troviamo le università di Bari, di Bologna, di Genova, la statale, la Cattolica, il Politecnico e la Iulm di Milano, la Federico II di Napoli, la Sant’Anna di Pisa, La Sapienza e la Luiss di Roma, l’università per Stranieri di Siena, e le università di Trieste e della Tuscia. Il coinvolgimento di universitari a bordo delle unità della Squadra navale non solo rappresenta una grande opportunità per gli studenti di arricchire il proprio percorso di studi, ma sottolinea anche l’importanza della formazione universitaria in quanto elemento strategico per la cultura nazionale della Difesa e della marittimità. Tra le file del personale civile a bordo della missione si trovano anche rappresentanti del Centro Studi Internazionali (CeSI), del Centro di Geopolitica e Strategia Marittima (Cesmar), di Confitarma, dell’Assarmatori e del corpo delle Infermiere volontarie della Croce rossa italiana.

Foto: Ministero della Difesa


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La battaglia, ad Harvard, in difesa del pensiero libero


Roma. Il mese scorso, il nome della Stanford Law School è stato trascinato nel fango da studenti che hanno schernito e insultato Kyle Duncan, giudice conservatore della Corte d’appello degli Stati Uniti. Il preside della scuola di diritto ha detto che il

Roma. Il mese scorso, il nome della Stanford Law School è stato trascinato nel fango da studenti che hanno schernito e insultato Kyle Duncan, giudice conservatore della Corte d’appello degli Stati Uniti. Il preside della scuola di diritto ha detto che il giudice “ha causato danni con il suo lavoro”. Ma, a merito di Stanford, il preside è stato messo in congedo e Duncan ha ricevuto una lettera di scuse dal rettore, Marc Tessier-Lavigne. Poi un’altra prestigiosa università, la Cornell, ha detto no ai trigger warning, gli avvisi censori che dilagano in molti atenei.

La riscossa del free speech in America partirà da Harvard, che è sempre fra le prime cinque migliori università d’America, ma scivolata al 170esimo posto su 203 università nella classifica del Free Speech Rankings? “Harvard è solo un’università, ma è la più antica e famosa della nazione e, nel bene e nel male, il mondo esterno prende atto di ciò che accade qui”. Con un articolo sul Boston Globe, il grande linguista di Harvard Steven Pinker, il teorico dell’èra dell’ottimismo, lancia una nuova organizzazione accademica per la libertà di parola: “Le università stanno reprimendo le divergenze di opinione, come le inquisizioni e le purghe dei secoli passati. Ci sono video virali di professori assaliti, esecrati, messi a tacere e talvolta aggrediti. E peggio ancora, per ogni studioso che viene punito, molti di più si autocensurano, sapendo che potrebbero essere i prossimi. Non va meglio per gli studenti, la maggior parte dei quali afferma che il clima del campus impedisce loro di dire cose in cui credono”.

Il nuovo gruppo per la libertà accademica è composto dall’ex rettore di Harvard e segretario al Tesoro Larry Summers, l’ex preside della Facoltà di medicina di Harvard Jeffrey Flier, la professoressa di Diritto Jeannie Suk Gersen, l’economista Gregory Mankiw, il professore di Etica sociale Mahzarin R. Banaji e il professore di Storia intellettuale islamica Khaled El Rouayheb, dunque da tutto lo spettro ideologico. Contro i banditori di libri, parole e idee, woke e populisti, il gruppo chiede di ritrovare la terra di mezzo del free speech. “L’unico modo in cui la nostra specie è riuscita a imparare e progredire è attraverso un processo di congetture e confutazioni: alcune persone azzardano idee, altre provano se sono valide e alla lunga prevalgono le idee migliori”, scrive Pinker. Secondo il linguista, c’è invece oggi un meccanismo perverso nelle università: “Un gruppo di attivisti disposto a non fermarsi davanti a nulla; un arsenale in espansione della guerra asimmetrica compresa la capacità di interrompere gli eventi, di radunare folle fisiche o elettroniche sui social e la volontà di infangare con accuse paralizzanti di razzismo, sessismo o transfobia; una burocrazia esplosiva e la riduzione della diversità politica dei docenti che minaccia di bloccare il regime accademico per le generazioni a venire”.

Il Wall Street Journal commenta infatti che “i conservatori sono così pochi nelle università che la battaglia per ripristinare un dibattito libero e aperto dovrà essere guidata da quelli che un tempo erano noti come liberali tradizionali”. Come nel caso di J. K. Rowling, della lettera su Harper’s contro la cancel culture e Salman Rushdie, saranno loro a decidere le sorti di questo conflitto ideologico.

Il Foglio

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CambiaMenti


Ogni volta ci si attende il cambiamento. Non si sa esattamente cosa sia, non di meno è stato promesso durante le campagne elettorali. Ma governare significa fare i conti con la realtà, mentre la propaganda resta una zavorra. Significa anche, però, attivar

Ogni volta ci si attende il cambiamento. Non si sa esattamente cosa sia, non di meno è stato promesso durante le campagne elettorali. Ma governare significa fare i conti con la realtà, mentre la propaganda resta una zavorra. Significa anche, però, attivare meccanismi che cambino la realtà, migliorandola. Vediamo le due facce della medaglia, con un riferimento al Documento di economia e finanza e ai contratti nel pubblico impiego.

La giostra delle nomine s’è fermata. Guardando le foto dei nominati non capita di chiedersi: chi è? Nella grandissima parte sono persone (di valore) che hanno già ricoperto ruoli analoghi, se non i medesimi, nominati da altri governi. Chi temeva sommovimenti si tranquillizzi, chi li auspicava si rassegni.

Le promesse relative alle agevolazioni pensionistiche (con relativa campagna contro la legge Fornero, che sarebbe stata cancellata prima di subito) restano tali. Ammesso si proceda, lo si farà con estrema lentezza. All’inizio del 2023 avevamo già 17.7 milioni di assegni pensionistici, il 17.4% pagati a chi ha meno di 64 anni. I regali abbondarono, mentre i soldi scarseggiano. Idem per il fisco: qualche ritocco, giusto per dire d’averlo fatto, ma anche qui mancano i soldi. La flat tax resta sullo sfondo, ma il suo destino è di finire a fondo. Sono condizioni oggettive, chi oggi governa può essere rimproverato di avere promesso cose diverse, ma non di non realizzare promesse impossibili. Tutto questo non significa non si possa fare nulla.

Alcuni contratti del pubblico impiego sono scaduti nel 2021 (dirigenti e Palazzo Chigi), l’intero comparto deve essere rinnovato per il 2022/2024. E siamo già nel mezzo. Se si dovesse adeguare tutto all’inflazione maturata (misurata dall’Ipca, indice dei prezzi al consumo armonizzato), già solo questo costerebbe 32 miliardi: 18 a carico del bilancio statale e 14 di regioni, comuni, province e sanità. Non solo non ci sono, ma si tratta dell’1.6% del prodotto interno lordo, una misura enorme. Il governo sostiene che recupererà parte dei soldi mediante una razionalizzazione della spesa, ma le promesse di spending review (per i vari governi) hanno l’affidabilità degli oroscopi: ci crede solo chi ci vuole fortemente credere. Di spesa improduttiva da tagliare ce n’è tanta, ma occorre conoscenza, determinazione e tempo. Chi ha avuto o ha l’una cosa manca delle altre.

Ragionando, però, non si vede perché un impiegato debba aspirare “solo” a riprendersi l’inflazione e non debba puntare a guadagnare assai di più. Qui s’incrociano le possibilità di cambiare, veramente e profondamente. Per farlo occorre non invocare generici cambiamenti, bensì cambiare le menti, il modo di ragionare.

Una parte imponente dei fondi del Pnrr (quasi il 30%) è destinata alla digitalizzazione. Se si ritiene siano chiacchiere e non opportunità, chiudiamo la discussione e arrendiamoci alla miseria morale e materiale. Ma se si punta alle realizzazioni, possibilissime, allora la digitalizzazione e la larga banda cambieranno i servizi offerti al cittadino dalla pubblica amministrazione, cambiando il lavoro e le capacità di chi è impiegato. Invece di rinnovare i contratti a pioggia, con il risultato di non premiare mai il merito ed equipararlo alla nullafacenza, si punti a tre cose: a. la dirigenza (a partire dal ministro) sia responsabile di individuare e documentare obiettivi ambiziosi e raggiungibili; b. si predispongano sistemi continui e trasparenti di misurazione (ne esistono diversi e affidabili); c. si commisuri lo stipendio al merito.

Anziché lamentare i bassi salari, che sono lo specchio della bassa produttività e della bassa crescita, il sindacato chieda di compartecipare alla misurazione della qualità. Sembra aziendalismo, ma innesca una rivoluzione. Vale per ogni settore e sarebbe oro nella scuola (dove più ne stabilizzi, più crescono i precari e meno si fa caso al servizio reso agli studenti).

Sempre che per cambiamento non s’intenda volere ogni volta cambiare chi fa promesse che poi non manterrà.

La Ragione

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Il Ministro Giuseppe Valditara per la #GiornataDelMare, in collaborazione con la Guardia Costiera, e con il Ministro Nello Musumeci, ha spiegato come l’ecologismo autentico consenta al mare di continuare a essere un trainante fattore di sviluppo.


Le riforme previdenziali come lotta di classe alla rovescia | La Fionda

"Siamo davanti a una sorta di subalternità ideologica dei sindacati rispetto agli interessi padronali, questa subalternità non si manifesta solo con l’assenza del conflitto ma attraverso richieste che alla fine non incrementano potere di acquisto e di contrattazione."

lafionda.org/2023/04/14/le-rif…



Molli e inefficienti


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Alternanza alla base NATO di Sigonella: studenti a scuola di guerra | Senza Tregua

"In un contesto in cui la Sicilia riconferma il record negativo di dispersione scolastica, con picchi del tasso di abbandono che raggiungono il 25% a Catania, la priorità del governo regionale sembra essere quella di educare i giovani alla guerra. In una regione in cui disoccupazione e lavoro nero affossano le condizioni di vita di migliaia di proletari e in cui il lavoro è per lo più precario, pare non esserci alternativa per le classi popolari: emigrare, arruolarsi, o andare ad alimentare la filiera bellica che per ragioni strategiche proprio in Sicilia è particolarmente sviluppata."

senzatregua.it/2023/04/14/alte…



Riforma Cartabia, obiettivi del Pnrr e sicurezza – Tra obbligatorietà dell’azione penale e deflazione processuale


Giovedì 20 aprile 2023 alle ore 11:00 presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani si terrà il convegno dal titolo “Riforma Cartabia, obiettivi del Pnrr e sicurezza – Tra obbligatorietà dell’azione penale e deflazione processuale” A partire dall’introduz

Giovedì 20 aprile 2023 alle ore 11:00 presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani si terrà il convegno dal titolo “Riforma Cartabia, obiettivi del Pnrr e sicurezza – Tra obbligatorietà dell’azione penale e deflazione processuale

A partire dall’introduzione della Riforma della Giustizia italiana, il convegno intende avviare un dibattito su uno degli interventi principali e maggiormente discussi della revisione: l’estensione del regime di procedibilità a querela di figure di reato centrali. A questo proposito, l’iniziativa nasce con l’obiettivo di stimolare una riflessione tra esperti e stakeholder politico-istituzionali che possa rappresentare una sintesi tra i tanti interessi in gioco. Da una parte il raggiungimento degli obiettivi del Pnrr per l’ottenimento dei fondi europei, dall’altra l’aumento della percezione di pericolo da parte dei cittadini.

Agenda dei lavori

Aumento della percezione di insicurezza dei cittadini: più reati ma meno processi?

Giorgio Altieri, Partner, Tonucci & Partners
Roberto Arditti, Direttore editoriale, Formiche
Andrea Cangini, Segretario Generale, Fondazione Luigi Einaudi
Manfredi Landi di Chiavenna, Avvocato, Studio Legale Avv. Daria Pesce

Giustizia e PNRR: la gestione dei fondi per il raggiungimento degli obiettivi UE

Guido Alleva, Fondatore, Studio legale Alleva e Associati
Gianluigi Gatta, Professore di diritto penale, Università degli Studi di Milano
Ciro Maschio, Presidente II Commissione Giustizia, Camera dei Deputati
Bartolomeo Romano, Professore Ordinario di Diritto penale, Università di Palermo; Consigliere Giuridico, Ministro della Giustizia; Responsabile giustizia, Fondazione Luigi Einaudi
Ida Teresi, Sostituto Procuratore – Sezione I DDA Procura della Repubblica, Tribunale di Napoli

Conclusioni

Francesco Paolo Sisto, Viceministro, Ministero della Giustizia

Modera

Maria Antonietta Spadorcia, Vicedirettore del TG2, Rai

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  Ogni giorno, per migliaia di studenti si consuma un dramma silenzioso, che trova voce soltanto quando si trasforma in tragedia, in un loro gesto estremo. Da


PODCAST. Pechino applaude a Macron, irritazione a Washington


Soddisfazione a Pechino per le dichiarazioni di Macron per una minore dipendenza dell'Ue dagli Usa e un maggior coinvolgimento con la Cina. Abbiamo intervistato l'analista e giornalista Michelangelo Cocco L'articolo PODCAST. Pechino applaude a Macron, ir

di Michele Giorgio

Pagine Esteri, 14 aprile 2023 – Accolte con stupore in Europa e con rabbia dall’Amministrazione Biden, le dichiarazioni fatte da Emmanuel Macron, in due interviste, a favore di una riduzione della dipendenza europea dagli Stati uniti e per un maggiore coinvolgimento politico oltre che economico con la Cina, sono state accolte con grande soddisfazione da Pechino. Ne abbiamo parlato con Michelangelo Cocco, giornalista e analista che da anni vive e lavora a Shanghai.
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Lula presenta alla Cina il piano di pace brasiliano per l’Ucraina


La proposta del leader brasiliano ruota attorno alla restituzione da parte russa dei territori ucraini conquistati dopo il 24 febbraio 2022. Mosca in cambio vedrebbe legittimata la sua sovranità sulla Crimea da parte dell’Ucraina. L'articolo Lula present

della redazione

Pagine Esteri, 14 aprile 2023 – Nell’incontro oggi a Pechino tra il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva e quello cinese Xi Jinping si discuterà anche di un possibile percorso per arrivare alla fine della guerra in Ucraina. Lula ha in tasca un piano di pace.

La proposta del leader brasiliano ruota attorno alla restituzione da parte russa dei territori ucraini conquistati dopo il 24 febbraio 2022. Mosca in cambio vedrebbe legittimata la sua sovranità sulla Crimea da parte dell’Ucraina. Lula è convinto che qualsiasi possibilità di fine del conflitto passi per il coinvolgimento della Cina perché l’unica in grado di esercitare pressioni sulla Russia.

Il “piano” di Lula al momento non sembra avere grandi possibilità considerando in particolare le posizioni di Kiev che vuole il ritiro completo della Russia. Ma presentandolo il presidente brasiliano vuole affermare il posizionamento del suo paese come attore non allineato e impegnato nel multilateralismo dopo gli anni oscuri della presidenza di Jair Bolsonaro tra il 2018 e il 2022.

Oltre a Pechino, Lula farà tappa anche a Shanghai, per l’insediamento di Dilma Rousseff, ex presidente brasiliana e sua compagna di partito, alla guida della Nuova banca per lo sviluppo che fa capo al gruppo dei Brics del quale fanno parte insieme con il Brasile, il Sudafrica, l’India, la Cina e la Russia. Pagine Esteri

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🐳 Oggi il Ministero celebra a Genova, in collaborazione con la Guardia Costiera, la #GiornatadelMare. Alla manifestazione prenderanno parte oltre 700 studenti provenienti da tutta Italia.


In Cina e Asia – Cina, allerta caduta rottami e blocco alla circolazione navale sullo stretto di Taiwan


In Cina e Asia – Cina, allerta caduta rottami e blocco alla circolazione navale sullo stretto di Taiwan missili
I titoli di oggi:

Cina, allerta caduta rottami e blocco alla circolazione navale sullo stretto di Taiwan
La Cina non farà parte di un progetto Onu sulle malattie infettive
Germania, in stallo l'accordo con la Cina per il porto di Amburgo
Ministra degli Esteri tedesca: cruciale per l'Europa come Pechino influenzerà Mosca
Corea del Nord: conferma collaudo di missile a combustibile solito

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Carlo Calenda, Matteo Renzi e il Rolex dei poli superflui



Si noti lo slogan alle spalle dei due ben vestiti. Di serio, nel loro caso, pare ci sia più che altro il bisogno di una revisione complessiva del regime alimentare.

Nello stato che occupa la penisola italiana le gazzette di metà aprile 2023 intrattengono i sudditi col volare di stracci tra i ben nutriti nella foto qui sopra.
Al di là dei link indispensabili alla comprensione dei contenuti pubblicati in questa sede, non è nostra abitudine trarre materiale da gazzette. In questo caso però riportiamo l'epitaffio del loro "progetto politico" pubblicato proprio da una di esse, perché abbastanza coincidente con quanto avrebbe potuto dire sull'argomento qualsiasi persona seria. Nel testo originale ricorre il nome dello stato che occupa la penisola italiana; come nostra abitudine ce ne scusiamo in anticipo con i lettori, specie con quanti avessero appena finito di pranzare.

Marco Travaglio - Il Polo superfluo

La morte annunciata del Terzo Pelo o Terzo Coso è ancor più trascurabile della sua nascita. Trattandosi di un polo superfluo, il divorzio fra il De Gaulle dei Parioli e il De Rege di Rignano è molto meno allarmante di quello fra Boldi e De Sica. Molto più affascinanti sono gli spingitori dei due Nessuno: giornaloni, tg e talk che li han pompati fino a convincerli di essere qualcuno: campioni del Riformismo, alfieri del Moderatismo, idoli del Grande Centro. Sono loro che li hanno rovinati, chiamandoli “Terzo Polo” sulla fiducia e illudendoli di avere “praterie” sterminate: bastava che si accoppiassero per crescere e moltiplicarsi.
Vincono i 5Stelle? Praterie. Cade il Conte-1? Praterie. Nascono Azione e Italia Viva? Praterie. Cade il Conte-2? Praterie. Arriva Draghi? Praterie. Cade Draghi? Praterie. Calenda va con Letta? Praterie. Calenda va con Renzi? Praterie. Vince Meloni? Praterie. Schlein leader Pd? Praterie. B. ricoverato? Praterie. Dove siano esattamente queste praterie, sfugge ai più. L’unica certezza è che, se esistono, sono disabitate. O popolate di gente che ha sulle palle sia Ollio sia Ollio: persone normali. Resta da capire chi frequentino i giornalisti per convincersi che i due caratteristi abbiano un radioso futuro.
È vero che Carletto sparava: “Puntiamo al 13%, Meloni non governerà mai e tornerà Draghi”, salvo poi incolpare gli elettori perché votano tutti fuorché lui. È vero che il fu Matteo vaticinava: “Facciamo il botto, nel 2024 saremo primo partito, il M5S è morto”. Ma, anziché ridergli in faccia e relegarli nelle brevi, i media li prendevano sul serio. Corriere a tutta prima: “Ciclone Calenda sul centrosinistra” (non scoreggina: ciclone), “Strategia di Renzi per una svolta ‘alla Pirlo’” (con la o). Folli: “Il magnete Calenda” (non pongo: magnete). Il profeta Riotta: “Il centro di Calenda e Renzi sembra ben vivo… potrebbe animare a sorpresa la scena politica”. Foglio: “Il Centrocampo Calenda” (3 pagine su 4). Polito el Drito: “L’accordo Letta-Calenda riequilibra in parte una gara sbilanciata a favore del centrodestra”. Francesco Merlo e la sua lingua: “Calenda aspira all’eredità dei papi laici o forse luterani, Ugo La Malfa, Visentini, Spadolini, la buona amministrazione, il rigore dei conti e il cattivo carattere che è stato una grande risorsa italiana, una specie di lievito di progresso” (o di birra).
Paginone sulla Stampa: “Cantiere Draghi bis”. Paginone su Rep: “Calenda, l’uomo mercato corteggiato da tutti”, con foto dei suoi tatuaggi (“La A di Azione presa dagli Avengers, lo squalo e SPQR”), dettagli biografici (“A 16 anni fece una figlia”) e rivelazioni dell’eroico ragazzo padre: “Le cambiavo i pannolini e la allattavo”. Precoce com’è, aveva già le tette. Ora si allatta da solo.


"Meglio finirla qui, almeno non ci ruberemo i #Rolex", pare abbia concluso Carlo Calenda, uno che nelle consultazioni amministative per la città di Roma di un paio di anni fa mandò in giro per chiacchierate tra amici (difficile poterle definire comizi elettorali) un ventenne con al polso uno di quei cosi di metallo che segnano le ore ma che costano come un appartamento (qui su Archive). Una passione piuttosto diffusa tra i ricchi, questa di quei cosi di metallo.
Quello che il poco attento Calenda e il boy scout di Rignano non hanno capito (o hanno fatto finta di non capire, o hanno sperato non fosse necessario capire) è che l'elettorato che ha al polso uno di quei cosi di metallo che segnano le ore ma che costano come un appartamento è ridotto e già conteso. Ed è in via di ulteriore restringimento data l'incessante erosione dei redditi.
I due ben vestiti si sono comportati come due torsoli degli anni Ottanta. Voci che arrivano da una stolta età dell'abbondanza in cui c'erano le banche in doppiopetto grigio con un'orchidea all'occhiello di ogni lavoratore. Adesso non ci sono più nemmeno le banche, e il poco personale rimasto sta facendo l'impossibile per non essere licenziato a un anno dalla pensione.
Più facile che invece che un'orchidea, all'occhiello abbia un orcodìo.
E che non pensi certo a questi due, al loro "partito" e ai pezzi di metallo che gli piace mostrare in giro.




I leaks del Pentagono confermano: forze Nato in Ucraina


I leaks del Pentagono trafugati e diffusi alcuni giorni fa confermano la presenza sul campo, in Ucraina, di forze speciali di alcuni paesi della Nato. Superata un'altra linea rossa nello scontro tra Russia e Alleanza Atlantica L'articolo I leaks del Pent

di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 14 aprile 2023 – Smentite, mezze ammissioni, infine la conferma: si tratterebbe della più massiccia fuga di notizie riservate degli ultimi anni.
Qualcuno – ieri l’FBI ha arrestato un giovane militare impiegato in una base statunitense in Massachusetts (altra storia è capire se per conto di qualcun altro e a quale scopo) – è effettivamente riuscito a trafugare un centinaio di documenti riservati del Pentagono che includono informazioni e analisi dell’intelligence e dello Stato Maggiore sul conflitto in corso in Ucraina.

Poi, questi leaks sono stati pubblicati su Discord, una piattaforma di comunicazione online dal quale sono stati diffusi su vari siti e social network, a volte con dei tagli ed a volte con delle modifiche. Negli ultimi giorni, dopo esser stati ampiamente controllati per depurarli di eventuali manipolazioni, alcuni sono stati pubblicati da grandi organi di informazione. Si tratta in generale di documenti classificati al massimo livello di riservatezza, alcuni dei quali da non condividere neanche con le intelligence dei paesi alleati.

I file resi pubblici riguardano diverse questioni, da un giudizio pessimistico sulla possibilità per l’esercito ucraino di riconquistare porzioni consistenti dei territori occupati da Mosca ad un’analisi dei dissidi all’interno dell’apparato statale e delle forze armate russe. Inoltre i leaks evidenziano che Washington spia costantemente lo stesso presidente ucraino Volodymyr Zelensky oltre che molti dei paesi considerati alleati.

Dai file emerge anche che l’intelligence statunitense prevede un lungo stallo nel conflitto che quindi potrebbe continuare ancora a lungo, visto che nessuno dei due schieramenti ha la forza militare per imporsi sull’altro.

La conferma: forze speciali dei paesi Nato in UcrainaTra i documenti più interessanti, però, ci sono quelli che confermano la presenza, in Ucraina, di forze speciali di vari paesi aderenti all’Alleanza Atlantica. In tutto, sul terreno, sarebbero schierati 50 membri delle forze speciali britanniche, 17 lettoni, 14 statunitensi, 15 francesi ed un solo olandese.

Non si tratterebbe quindi di grandi numeri, ai quali vanno però aggiunti alcune migliaia di membri delle diverse forze armate dei paesi occidentali e di altri paesi che combattono agli ordini di Kiev con le insegne della Legione Internazionale. A questi vanno poi sicuramente aggiunti tecnici e istruttori inviati di volta in volta dai paesi che donano o vendono armi di ultima generazione all’Ucraina; la maggior parte del lavoro di addestramento all’uso dei dispositivi può essere realizzato anche nei paesi di origine, ma spesso l’ultima fase non può non prevedere la presenza sul campo degli istruttori stranieri. Infine, ci sarebbero gli uomini inviati ufficialmente a rinforzare la sicurezza delle rappresentanze diplomatiche operanti a Kiev e che in realtà si dedicherebbero ad altro.

Già un anno fa dei funzionari ucraini avevano raccontato al Times che degli esperti britannici erano a Kiev per addestrare i locali all’uso di sistemi anti-carro; più tardi Le Figaro informò che una cinquantina di militari francesi erano sul campo per sostenere Kiev nell’analisi delle informazioni fornite dalla rete satellitare e nell’individuazione degli obiettivi nemici da colpire. Dal canto suo il New York Times ha informato sul fatto che un gruppo di membri delle forze speciali di Washington – probabilmente della Cia – operava a Kiev per gestire il consistente flusso di armi in arrivo da Europa e Stati Uniti e per proteggere il presidente ucraino, citando la presenza sul campo di militari canadesi, lituani, polacchi e cechi.

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Un militare ucraino si addestra all’uso dei razzi Usa “Javelin”

Superata un’altra linea rossa
Al di là dell’esiguità dei numeri – sempre che i numeri riportati siano veritieri – ora i leaks trafugati e diffusi confermano che i paesi della Nato non si limitano a fornire massicci aiuti finanziari, armi ed equipaggiamenti di vario tipo all’Ucraina, ma schierano sul campo un certo numero di propri militari in uno scontro bellico che potrebbe presto opporre direttamente il blocco euro-atlantico con la Russia.

Le forze speciali alle quali si rifornisce il documento potrebbero essere presenti in Ucraina per partecipare ai preparativi dell’annunciata controffensiva di primavera alla quale starebbero lavorando le forze armate ucraine. Uno dei documenti trafugati afferma ad esempio che Kiev progetta di attaccare con i droni alcune basi militari all’interno del territorio della Federazione Russa, in particolare nella confinante regione di Rostov sul Don. Un altro leak, reso noto dal Guardian, il Pentagono afferma che Kiev sta tentando di creare 12 nuove brigate dotate di 253 carri armati e circa 1500 veicoli blindati più leggeri. Secondo gli osservatori militari statunitensi però, al 23 marzo cinque di queste brigate non avevano ancora iniziato l’addestramento necessario e sei non possedevano l’equipaggiamento necessario a partecipare all’offensiva.

Secondo la BBC, che già nei mesi scorsi ha pubblicato delle informazioni filtrate dai comandi militari, le forze speciali occidentali presenti in Ucraina starebbero compiendo delle missioni di intelligence per facilitare il lavoro delle truppe ucraine. Il documento del Pentagono risalente al 23 marzo mette in rilievo che le forze speciali britanniche schierate sul campo sono le più numerose.

Recentemente il ministro della Difesa di Kiev, Oleksii Reznikov, ha risolutamente negato la presenza sul campo della Nato ed ha definito i leaks trafugati il frutto di un tentativo di manipolazione da parte della Russia, ma da Washington ormai non possono che confermare l’autenticità dei documenti diffusi nei giorni scorsi da una talpa.
Se anche queste forze speciali non stanno combattendo in prima linea, indubbiamente supportano o dirigono le truppe ucraine. Un’altra linea rossa nello scontro tra Russia e Alleanza Atlantica è stato superato, dopo la decisione del governo di schierare armi nucleari tattiche sul territorio della Bielorussia. – Pagine Esteri

6549979* Marco Santopadre, giornalista e scrittore, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria.

L'articolo I leaks del Pentagono confermano: forze Nato in Ucraina proviene da Pagine Esteri.



Tigray, la pace non basta: due milioni di bambini senza scuola


L'allarme è stato lanciato da Save the Children L'articolo Tigray, la pace non basta: due milioni di bambini senza scuola proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023/04/14/africa/la-pace-non-basta-nel-tigray-due-milioni-di-bambini-non-vanno-

della redazione

Pagine Esteri, 14 aprile 2023 – Nel nord dell’Etiopia, circa 2,3 milioni di bambini non vanno a scuola. Nonostante l’accordo di pace dello scorso novembre abbia posto fine a due anni di conflitto non è ancora iniziata la ricostruzione degli edifici danneggiati. È l’allarme lanciato da Save the Children.

Secondo i dati dell’ultimo rapporto dell’Etiopia Education Cluster, che comprende il Ministero dell’Istruzione, Save the Children e UNICEF, ci sarebbero ingenti danni alle scuole nelle aree colpite dal conflitto nel Tigray, ad Amhara e Afar nel nord dell’Etiopia. La situazione poi, sarebbe particolarmente grave nel Tigray, dove l’85% delle scuole ha subito danni, gravi o parziali, e tutte le scuole pubbliche restano ancora chiuse.

Secondo l’Etiopia Education Cluster, inoltre, a seguito della pandemia da COVID-19, seguita da due anni di conflitto, 2,3 milioni di bambini nella regione non hanno frequentato la scuola per circa tre anni e 22.500 insegnanti non sono stati pagati per più di due anni. I bambini che non vanno a scuola per periodi prolungati sono più esposti al rischio di sfruttamento, violenza sessuale, matrimoni precoci e lavoro minorile e perdono il diritto all’istruzione.

L’appello delle Nazioni Unite per l’Etiopia è finanziato solo per il 18,4%, il che significa che sono necessari altri 3,26 miliardi di dollari. Pagine Esteri

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Materia oscura, abbiamo una nuova mappa | Galileo

«La nuova mappa della materia oscura è diversa da quelle prodotte finora, i cui risultati avevano messo un po’ in crisi il modello cosmologico della relatività generale di Einstein, facendo pensare che servisse una “nuova fisica”. I dati dell’Act, invece, mostrano una struttura della materia nell’Universo “grumosa” al punto giusto, compatibile con le previsioni fatte sulla base della teoria di Einstein. E se da un lato si tratta di risultati confortanti, dall’altro – hanno commentato gli esperti – sarà interessante capire il perché esiste una discrepanza tra diversi metodi di misurazione.»

galileonet.it/materia-oscura-m…



Sulla pagina Facebook della Commissione Europea è stato pubblicato un annuncio che invita a segnalare mantenendo l'anonimato notizie relative a singoli o impre


Terzopolisti immaginari


Il carattere non c’entra niente. Assume un peso quando la politica se ne è già andata via. In quello che, temerariamente, ha accettato di farsi chiamare “Terzo polo”, la gara a chi comanda è appassionante solo per chi vi partecipa. Per tutti gli altri è s

Il carattere non c’entra niente. Assume un peso quando la politica se ne è già andata via. In quello che, temerariamente, ha accettato di farsi chiamare “Terzo polo”, la gara a chi comanda è appassionante solo per chi vi partecipa. Per tutti gli altri è solo una ragione ulteriore per non andare a votare o acconciarsi a votare altro. Il modo in cui si sono infilati in questo vicolo cieco mi fa pensare che siano stati ciechi alla storia e sordi alla politica. Di voti ne hanno presi tanti, ma non basta. Se ne può prendere il quintuplo, contare nulla e sparire in fretta. Se la storia li avesse guidati e la politica assistiti avrebbero dovuto dire: no, non siamo un Terzo polo. Per le seguenti ragioni.

C’è un ricordo, che conserviamo fra le cose care. Un comizio per la chiusura della campagna referendaria, nel 1974, a favore del divorzio. La Malfa, Malagodi, Nenni e Saragat si tengono per mano. Perché non furono mai un partito unico? Perché quando s’univano, liberali e repubblicani o socialisti e socialdemocratici, prendevano meno voti che separatamente? Perché quella era la logica del sistema proporzionale. Dove, aprano le orecchie gli odierni identitaristi, non è che contassero le “identità”, ma la rappresentanza degli interessi e le idealità: per un liberale i lamalfiani erano praticamente socialisti, per un repubblicano i malagodiani dei contabili conservatori. Unendosi perdevano una quota di riottosi. Eppure si deve a loro un miracolo: l’Italia è un Paese conservatore, che vota destra e statalista, ma che deve la sua ricchezza alle riforme della sinistra democratica e il suo sistema produttivo al rigorismo della destra liberale. Poi ci si tiene per mano, in nome di una battaglia comune.

Se si resta in un sistema proporzionale le forze intermedie sono diverse fra loro, se si fa finta di passare a un sistema maggioritario non esistono terzaforzismi. In Germania c’è il sistema proporzionale e ci sono liberali e verdi. In Inghilterra c’è il maggioritario e non ci sono. Nel proporzionale ci si rappresenta da sé, nel maggioritario si lavora a modificare e colonizzare i due schieramenti.

Una politica intermedia, oggi e qui, può funzionare se apre un confronto-scontro a destra sul Pnrr e le riforme che mancano e un confronto-scontro a sinistra per l’uscita dal falso maggioritario. In questo modo provando a liberare la destra dal pauperismo protezionista e la sinistra dal masochismo dell’alleanza con il proprio becchino. Se, invece, si manovra a pescar fuoriusciti e organizzare sorprese parlamentari si rinuncia a fare politica e si usa la dote elettorale non per rappresentare un elettorato ancora più vasto, ma per giocarselo ballando la taranta del trasformismo altolocato.

Il carattere delle persone è quel che resta quando tutto il resto è perso. Il che è di nessun interesse politico e attiene all’egolatria imitativa di chi è in terapia intensiva. Miniature pretensiose.

La Ragione

L'articolo Terzopolisti immaginari proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



CHI FINANZIA IL FACTCHECKER CHE BLACKLISTA I CONSERVATORI?

@Giornalismo e disordine informativo

Due gruppi senza scopo di lucro statunitensi legati al Global Disinformation Index , un'entità britannica che inserisce nella lista nera i media conservatori, si rifiutano di rivelare dettagli chiave sulle loro operazioni, citando un'oscura legge federale di esenzione sulle "molestie", secondo un'indagine del Washington Examiner.

> La mancanza di trasparenza sui moduli fiscali depositati dai gruppi GDI potrebbe portare i legislatori e i gruppi di controllo a spingere le loro indagini sulla presunta rete di tracciamento della "disinformazione", che è stata messa sotto accusa da quando un rapporto del Washington Examiner del 9 febbraio ha dettagliato i suoi sforzi per fornire agli inserzionisti blacklist di siti Web conservatori. Diversi membri repubblicani del Congresso, tra cui il presidente del Comitato per la supervisione e la responsabilità della Camera James Comer (R-KY), hanno chiesto chiarimenti al Dipartimento di Stato per aver indirizzato i fondi della sovvenzione al GDI tra il 2020 e il 2021.

L'articolo di Gabe Kaminsky continua sul Washigton Examiner

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La Russia come l’Isis


« Non guardate questo video». Perfino gli account ucraini, di solito molto efficaci nel mobilitare un’ondata di indignazione, non postano il link al filmato dell’orrore. Bombe sugli ospedali, sui condomini, esecuzioni sommarie, torture, bambini rapiti: og

«Non guardate questo video». Perfino gli account ucraini, di solito molto efficaci nel mobilitare un’ondata di indignazione, non postano il link al filmato dell’orrore. Bombe sugli ospedali, sui condomini, esecuzioni sommarie, torture, bambini rapiti: ogni giorno si sfonda una barriera dell’indicibile, impossibile, insopportabile. Quello che fa raggelare nel video della decapitazione con un coltello di un soldato ucraino per mano di militari russi non è nemmeno il suo grido di dolore, né la sbrigativa efficienza dei boia, né l’evidente normalità del massacro compiuto di cui il comando è al corrente. A rendere il video davvero una nuova frontiera dell’orrore è il fatto che non si tratta di un “leak”: non è una denuncia degli ucraini per screditare gli invasori, è uscito sui canali della propaganda russa, ed è stato ripostato e commentato (positivamente) proprio da chi ne esce devastato senza possibilità di redenzione, i russi stessi.

In tutte le guerre, si aprono abissi di odio e ferocia. Quello che cambia è l’esibizione di quella che dovrebbe venire secretato, l’orgoglio della mostruosità, la normalità del disumano. “Gole profonde” da Mosca spiegano che la decapitazione è stata compiuta dal gruppo Wagner, e che il video è stato pubblicato intenzionalmente, per incoraggiare gli ucraini a torturare a loro volta i prigionieri russi, fermando così l’emorragia di militari di Mosca che si arrendono al nemico (3 mila soltanto a marzo, secondo Kyiv). È evidente che l’esecuzione sia stata compiuta, filmata e diffusa per terrorizzare.

Il paragone con l’Isis, nello sfoggio pubblico di violenza, è inevitabile ed è venuto in mente a molti. Per allontanarsi da questo parallelo, sarebbe bastata una condanna, una promessa di indagare e punire. Non sono arrivati. Il parlamento russo era troppo impegnato ad approvare, all’unanimità, la legge che trasforma i maschi russi in reclute da mandare in trincea con un click. I tribunali russi erano intenti a condannare a 25 anni per “alto tradimento” politici di opposizione come Vladimir Kara-Murza. La polizia russa era troppo impegnata ad arrestare chi scrive “no alla guerra” sui muri. L’esercito era indaffarato a reclutare galeotti da spedire al fronte. La magistratura era troppo impegnata a leggere tonnellate di delazioni contro i “nemici del popolo”.

In un Paese dove le maestre denunciano i bambini (e i bambini le maestre) per un disegno pacifista, dove il leader dell’opposizione in cella perde 8 chili in 15 giorni perché torturato con la fame, la Tv inneggia alla bomba atomica, gli intellettuali decantano Stalin e i giudici tolgono i
figli ai dissidenti, il limite dell’orrore è stato sfondato da tempo. Il paragone con l’Isis regge nella furia con la quale la Russia resuscita il suo passato più oscuro, cancellando con le sue mani ogni residuo rispetto o empatia che poteva suscitare.

Il 12 aprile è l’anniversario del volo di Yuri Gagarin, ma la Russia preferisce essere celebre non per le conquiste dello spazio, ma per i mercenari di Wagner che decapitano prigionieri. Il Paese che presiede il Consiglio di Sicurezza dell’Onu si sta trasformando nel Mordor, come lo chiamano gli ucraini, la terra dell’oscurità inventata da Tolkien, abitata da orchi governati con la tortura e la morte. Nel suo ultimo libro “L’antimondo russo” il filosofo Mikhail Epshtein scrive che quello russo è l’unico impero a comportarsi come colonizzatore spietato anche verso il proprio popolo, e a non cercare di migliorarne la vita, perché una dittatura di orchi non è capace di governare uomini liberi e felici. In una cultura politica, ereditata da Stalin e da Ivan il Terribile, che confonde la paura con il rispetto, ed esige la prima come segno del
secondo, il video dell’orrore è una promessa anche ai sudditi di Putin, ormai privati di vie di fuga.

La Stampa

L'articolo La Russia come l’Isis proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



EU Parliament study slams online child abuse material proposal


The European Parliament’s impact assessment of the proposal for the child sexual abuse material (CSAM) online, obtained by EURACTIV, raises hefty concerns about the privacy and technical implications of the draft law. The European Commission’s proposal to fight the dissemination...


euractiv.com/section/law-enfor…



UN'ASSOCIAZIONE INSEGNA IL FACTCHECKING A MIGLIAIA DI INDONESIANI

@Giornalismo e disordine informativo

> Bu Iroh è determinata a vedere suo nipote e a convincere suo marito a smettere di credere a ogni WhatsApp che trasmette informazioni fattuali. Vestita con un trench rosso e un berretto con una gigantesca lente d'ingrandimento in mano, porta il marito in giro per la città ascoltando le false idee della gente sul vaccino e sfatandole.

Mafindo ha un team centrale di nove persone, con migliaia di volontari in tutta l'Indonesia che aiutano a condurre corsi di formazione, verificare i fatti e coinvolgere più membri del pubblico nel lavoro dell'organizzazione.


CONTINUA SU NIEMANLAB




📚 Il Ministero dell’Istruzione e del Merito celebra il 25 aprile con un’esposizione di saggi, biografie e romanzi legati alla storia della Liberazione, custoditi presso la Biblioteca “Luigi De Gregori”. I testi saranno esposti dal 13 al 28 aprile.


GERUSALEMME. Patriarca cattolico: il governo israeliano ha peggiorato la vita dei cristiani


In una intervista alla Ap, Pierbattista Pizzaballa accusa l'esecutivo di Netanyahu di incoraggiare le azioni degli estremisti israeliani contro i palestinesi cristiani. L'articolo GERUSALEMME. Patriarca cattolico: il governo israeliano ha peggiorato la v

della redazione

Pagine Esteri, 13 aprile 2023 – In una intervista all’agenzia stampa statunitense Associated Press (Ap) il Patriarca latino, capo della Chiesa cattolica in Terra Santa, Pierbattista Pizzaballa, ha denunciato che l’ascesa al potere del governo di destra del primo ministro Benyamin Netanyahu ha peggiorato la vita dei cristiani nella culla della loro religione. La comunità cristiana, ha detto Pizzaballa, è oggetto di attacchi crescenti da parte di estremisti ebrei israeliani incoraggiati, a suo dire, da esponenti dell’esecutivo guidato da Netanyahu.

L’aumento degli incidenti anticristiani arriva quando i gruppi di destra, galvanizzati dai loro alleati al governo, sembrano aver colto l’attimo per espandere gli sforzi per stabilire enclavi ebraiche nei quartieri arabi di Gerusalemme est.

“La frequenza di questi attacchi è diventata qualcosa di nuovo”, ha spiegato Pizzaballa, “queste persone (gli estremisti, ndr) si sentono protette… l’atmosfera culturale e politica ora giustifica o tollera azioni contro i cristiani”.

Le difficoltà per le minoranze cristiane non sono una novità nella brulicante Città Vecchia che Israele si è annessa unilateralmente, contro il diritto internazionale, nel 1967. Ma ora la situazione sembra peggiorata perché l’attuale governo di destra di Netanyahu include leader dei coloni in ruoli chiave, come il ministro delle finanze Bezalel Smotrich e il ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir accusato di istigazione al razzismo anti-arabo.

Israele si proclama garante della libertà di culto a Gerusalemme. Ma i palestinesi cristiani ritengono che le autorità israeliane non proteggano i loro siti da attacchi mirati. Le tensioni sono aumentate dopo che la polizia israeliana, nei giorni scorsi, ha caricato con violenza i fedeli musulmani nel complesso della moschea di Al-Aqsa. A ciò si aggiunge il no di Israele all’arrivo a Gerusalemne per la Pasqua di 700 cristiani di Gaza e le proteste degli ortodossi per le restrizioni della polizia israeliana alle presenze nel S.Sepolcro per la cerimonia del “Fuoco sacro”.

Le aggressioni fisiche e le molestie al clero spesso non vengono denunciate ma sono stati documentati almeno sette gravi casi di vandalismo contro le proprietà delle chiese da gennaio a metà marzo, un forte aumento rispetto ai sei casi anticristiani registrati in tutto il 2022. I leader della chiesa incolpano gli estremisti israeliani per la maggior parte degli incidenti.

“Questa escalation porterà più violenza”, ha avvertito Pizzaballa. “Creerà una situazione che sarà molto difficile da correggere”.

A marzo, una coppia di israeliani ha fatto irruzione nella basilica accanto al Giardino del Getsemani, dove si dice sia stata sepolta la Vergine Maria. Entrambi si sono avventati su un prete con un’asta di metallo prima di essere arrestati. A febbraio, un religioso ebreo americano ha strappato dal piedistallo una rappresentazione di Cristo alta 3 metri e l’ha fracassata sul pavimento, colpendone la faccia con un martello, nella Chiesa della Flagellazione sulla Via Dolorosa, lungo la quale si crede Gesù abbia trascinato la sua croce. “Niente idoli nella città santa di Gerusalemme!” ha urlato l’aggressore. A gennaio, ebrei religiosi hanno abbattuto e vandalizzato 30 tombe contrassegnate da croci di pietra in uno storico cimitero cristiano della città.

I cristiani affermano che la polizia israeliana non ha preso sul serio la maggior parte degli attacchi. Pagine Esteri

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Riapre i cancelli l’ambasciata iraniana a Riyadh


Prosegue la riconciliazione tra Iran e Arabia saudita che sta ridefinendo l'ordine regionale L'articolo Riapre i cancelli l’ambasciata iraniana a Riyadh proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023/04/13/medioriente/riapre-i-cancelli-lambasci

della redazione

Pagine Esteri, 13 aprile 2023L’ambasciata iraniana in Arabia saudita ha riaperto i cancelli ieri per la prima volta in sette anni nel quadro di un accordo volto a ristabilire i legami diplomatici tra Teheran e Riyadh e che dovrebbe allentare una lunga rivalità che ha alimentato crisi e conflitti in tutto il Medio oriente. L’agenzia Reuters ha scritto che ieri sono stati riaperti i pesanti cancelli dell’ambasciata iraniana a Riyadh e che alcune persone hanno ispezionato l’edificio. I due paesi avevano interrotto i rapporti nel 2016, dopo l’assalto all’ambasciata saudita a Teheran seguito all’esecuzione di un importante religioso sciita da parte di Riyadh. Ma i rapporti avevano iniziato a peggiorare un anno prima, dopo che l’Arabia saudita e gli Emirati erano intervenuti militarmente in Yemen, dove i ribelli sciiti Houthi, alleati dell’Iran, avevano preso il potere estromettendo da Sanaa il governo sostenuto dai sauditi. Negli anni successivi, Riyadh e Teheran sono giunte a pochi passi dallo scontro militare. Circa due anni fa l’inizio di colloqui tra i due paesi mediati dall’Iraq. Infine è giunto l’intervento della Cina che a marzo ha portato alla firma a Pechino di uno storico accordo di riconciliazione tra sauditi e iraniani.

La riconciliazione tra le due potenze regionali ha contribuito alla ridefinizione parziale dell’ordine mediorientale con la fine dell’isolamento arabo della Siriache ha appena ripreso le relazioni diplomatiche con la Tunisia e sarà riammessa nella Lega araba – e il riavvicinamento tra Turchia ed Egitto. E ha frenato il progetto avviato da Israele e Usa attraverso gli Accordi di Abramo per la creazione di un fronte israelo-arabo contro l’Iran. Pagine Esteri

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#Scuola, il Ministro Giuseppe Valditara ha firmato due decreti di riparto di risorse #PNRR destinati alla formazione di studenti, docenti e personale scolastico per un importo complessivo di 1 miliardo e 200 milioni.


Mosca sostituisce l’Europa con l’Africa e aumenta le esportazioni di benzina


Mosca aumenta le proprie esportazioni di benzina, trovando nuovi clienti in Africa per sostituire quelli europei venuti meno a causa delle sanzioni imposte dall'UE L'articolo Mosca sostituisce l’Europa con l’Africa e aumenta le esportazioni di benzina pr

di Redazione

Pagine Esteri, 13 aprile 2023 – Nel primo trimestre di quest’anno la Russia ha incrementato le esportazioni di benzina di quasi il 50% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, spedendo i carichi direttamente in Africa e individuando nuove rotte commerciali dopo che l’Unione Europea ha sanzionato il petrolio russo.

Mosca ha incrementato le spedizioni di carburante soprattutto verso la Nigeria, la Tunisia e la Libia, dopo che il 5 febbraio l’Unione Europea ha vietato i prodotti russi.
La Russia è stata costretta a trovare acquirenti alternativi dopo che gli hub commerciali di Anversa-Rotterdam-Amsterdam e il porto lettone di Ventspils hanno evitato i suoi prodotti.

Un tetto di prezzo di 100 dollari al barile per la benzina e il gasolio russi, imposto dal Gruppo delle Sette Nazioni, dall’UE e dall’Australia, ha costretto Mosca a trovare nuovi mercati. In precedenza esportava circa 2,5 milioni di tonnellate (60.000 barili al giorno) di benzina all’anno in Europa.

Gli sforzi della Russia per incrementare le vendite di benzina in Africa sono stati favoriti dalla riduzione delle esportazioni dai Paesi Bassi, dove il 1° aprile sono entrate in vigore nuove normative che richiedono che le miscele di carburante per i mercati di esportazione rispettino gli standard sul contenuto di zolfo, benzene e manganese.

«Sembra che l’Europa stia perdendo quote di mercato a favore della Russia in termini di esportazioni di benzina verso la Nigeria», hanno dichiarato in una nota gli analisti della società di consulenza FGE.

Il limite di prezzo della benzina è più del doppio di quello imposto alla nafta, rendendo più redditizio per i venditori russi miscelare la nafta alla benzina, ha osservato FGE, e vendere a 100 dollari al barile piuttosto che a 45 dollari.

La Russia ha esportato 1,9 milioni di benzina tra gennaio e marzo di quest’anno, in aumento rispetto agli 1,3 milioni di tonnellate del primo trimestre del 2022, secondo i dati di Refinitiv.

Un altro tracker di navi, Kpler, stima le esportazioni di gennaio-marzo a 2,2 milioni di tonnellate, in aumento rispetto a circa 1,5 milioni di tonnellate nello stesso periodo dell’anno scorso.

Secondo i dati diffusi da Kpler, l’Africa ha importato volumi record di benzina russa nel primo trimestre, pari a 812.000 tonnellate, equivalenti a circa un terzo delle esportazioni totali russe di carburante.

La Nigeria è emersa come il primo acquirente africano di benzina russa, importando 488.000 tonnellate nel primo trimestre, rispetto alle 38.000 tonnellate dello stesso periodo dell’anno scorso. – Pagine Esteri

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China Files School 2023 – Capire il secolo asiatico


China Files School 2023 – Capire il secolo asiatico school maggio 2023
Dopo il successo delle passate formazioni (qui l'ultimo ciclo del 2022) arriva una nuova edizione della nostra China Files School. Si svolgerà tra l'8 e il 25 maggio e sarà focalizzata su tutti i luoghi e dossier più “caldi” legati a Cina e Asia. Le iscrizioni aprono ora, con 20 posti disponibili. Ecco come partecipare

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Un acceleratore per il caccia del futuro. Ecco l’iniziativa della Difesa


Palazzo Baracchini accelera sul caccia di sesta generazione Global combat air programme (Gcap). Il ministero della Difesa ha infatti lanciato la Gcap acceleration initiative destinata a aziende e centri di ricerca per accrescere il network di eccellenze i

Palazzo Baracchini accelera sul caccia di sesta generazione Global combat air programme (Gcap). Il ministero della Difesa ha infatti lanciato la Gcap acceleration initiative destinata a aziende e centri di ricerca per accrescere il network di eccellenze italiane a supporto dell’impegno nazionale volto a realizzare il velivolo del futuro con Regno Unito e Giappone. Quaranta esplorazioni tecnologiche che raccoglieranno le migliori proposte volte per la piattaforma che i tre Paesi stanno sviluppando insieme, destinato a sostituire i circa novanta caccia F-2 giapponesi e gli oltre duecento Eurofighter di Gran Bretagna e Italia.

Le aree di ricerca

Sistemi di propulsione, sistemi ottici e laser, sensori infrarossi, materiali e metamateriali per bassa osservabilità e a elevate performance termiche, sistemi di navigazione, generazione di modelli e sviluppo di digital twins di sistemi aeronautici, intelligenza artificiale applicata alla gestione di sistemi autonomi e sistemi di missione, cyber security e dispositivi elettronici integrati. Queste solo alcune delle principali aree di indagine che saranno sviluppate dalla Gcap acceleration initiative. Le migliori proposte saranno poi selezionate per la fase di co-progettazione insieme al ministero della Difesa e alle industrie già coinvolte nel programma Gcap.

Supporto industriale

L’iniziativa, infatti, è promossa in collaborazione con la Federazione aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza (Aiad), le quattro aziende del consorzio italiano che lavorano sul Gcap, Leonardo, Avio Aero, Elettronica, MBDA Italia, e il Cefriel del Politecnico di Milano. Università, centri di ricerca, imprese e startup saranno coinvolte per condividere idee, competenze e tecnologie di frontiera per lavorare insieme a soluzioni innovative che possano essere applicate nel processo di maturazione tecnologica del Gcap. In particolare l’iniziativa potrà avvalersi di una orma informatica realizzata in collaborazione con Cefriel tramite la quale fare scouting tecnologico.

Il Gcap

Il progetto del Global combat air programme prevede lo sviluppo di un sistema di combattimento aereo integrato, nel quale la piattaforma principale, l’aereo più propriamente inteso, provvisto di pilota umano, è al centro di una rete di velivoli a pilotaggio remoto con ruoli e compiti diversi, dalla ricognizione, al sostegno al combattimento, controllati dal nodo centrale e inseriti in un ecosistema capace di moltiplicare l’efficacia del sistema stesso. L’intero pacchetto capacitivo è poi inserito all’intero nella dimensione all-domain, in grado cioè di comunicare efficacemente e in tempo reale con gli altri dispositivi militari di terra, mare, aria, spazio e cyber. Questa integrazione consentirà al Tempest di essere fin dalla sua concezione progettato per coordinarsi con tutti gli altri assetti militari schierabili, consentendo ai decisori di possedere un’immagine completa e costantemente aggiornata dell’area di operazioni, con un effetto moltiplicatore delle capacità di analisi dello scenario e sulle opzioni decisionali in risposta al mutare degli eventi.

Il programma congiunto

L’avvio del programma risale a dicembre del 2022, quando i governi di Roma, Londra e Tokyo hanno concordato di sviluppare insieme una piattaforma di combattimento aerea di nuova generazione entro il 2035. Nella nota comune, i capi del governo dei tre Paesi sottolinearono in particolare il rispettivo impegno a sostenere l’ordine internazionale libero e aperto basato sulle regole, a difesa della democrazia, per cui è necessario istituire “forti partenariati di difesa e di sicurezza, sostenuti e rafforzati da una capacità di deterrenza credibile”. Grazie al progetto, Roma, Londra e Tokyo puntano ad accelerare le proprie capacità militari avanzate e il vantaggio tecnologico.


formiche.net/2023/04/caccia-se…



Il mercato si mangia i servizi pubblici | Jacobin Italia

"Accade in Toscana: l’operazione Multiutility, promossa dai sindaci Pd con l’appoggio della destra, trasforma in Spa beni comuni e pezzi di welfare. Ma esiste un’opposizione dal basso che sta mettendo in discussione il progetto."

jacobinitalia.it/il-mercato-si…



In Cina e in Asia – Xi: le forze armate si preparino per i combattimenti veri


In Cina e in Asia – Xi: le forze armate si preparino per i combattimenti veri taiwan
I titoli di oggi:

Xi: le forze armate si preparino per i combattimenti veri
Arrestato per corruzione il giudice della corte suprema cinese
Pechino rafforza il suo ruolo come mediatore nei conflitti internazionali
La Cina riscrive la storia sulla pandemia

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COMMENTO. Israele, Edo Konrad: “Bezelel Smotrich non è una anomalia”


Secondo Konrad, il ministro Smotrich – un uomo che si definisce da sé "omofobo e fascista" e ha una storia ben documentata di commenti violenti sui palestinesi, la comunità LGBTQ e altri gruppi – dovrebbe essere condannato anche all'estero. Ma, sottolinea

di Edo Konrad (+972)

traduzione dall’inglese di Luciano Galliano per Zeitun.info

Pagine Esteri, 13 aprile 2023 – Due settimane dopo aver invocato un’azione genocida contro i palestinesi, uno dei più potenti ministri del governo israeliano sbarcherà negli Stati Uniti dove è destinato a imbattersi in grandi proteste e affrontare quello che probabilmente sarà un rifiuto senza precedenti da parte dei funzionari statunitensi. Bezalel Smotrich, Ministro delle Finanze israeliano e sorvegliante de facto dei territori occupati, ha espresso pubblicamente la convinzione che la città di Huwara in Cisgiordania dovrebbe essere “spazzata via” dopo che due coloni vi sono stati uccisi mentre percorrevano in auto la strada principale. Smotrich ha fatto questi commenti pochi giorni dopo che più di 400 coloni, appoggiati dai soldati israeliani, hanno condotto un pogrom su Huwara e il vicino villaggio di Za’atara dando fuoco a case, attività commerciali e veicoli palestinesi e ucciso il 37enne Sameh Aqtesh.

La dichiarazione di Smotrich è stata ampiamente condannata dai leader dell’opposizione israeliana, dai giornalisti e persino dal Dipartimento di Stato americano, che ha descritto le sue affermazioni come “irresponsabili” e “ripugnanti”. Percependo la furia crescente, e dopo essere stato rimproverato pubblicamente dal Primo Ministro Benjamin Netanyahu, Smotrich ha provato spudoratamente due volte a ritrattare il suo commento, sostenendo che quando ha insistito esplicitamente che Huwara fosse spazzata via, in qualche modo non stava davvero chiedendo che fosse cancellata.

Con l’annuncio del suo arrivo il 12 marzo per una conferenza sugli Israel Bonds [sottoscrizione statunitense di titoli emessi dallo Stato di Israele, ndt.] a Washington D.C., le organizzazioni dell’establishment ebraico americano così come importanti gruppi sionisti liberali sono entrati in azione chiedendo che il Ministro delle Finanze israeliano fosse trattato come persona non grata. Oltre 120 leader ebrei americani hanno firmato una petizione chiedendo alle comunità ebraiche di boicottare la visita di Smotrich. Il gruppo di pressione J Street [gruppo liberale senza scopo di lucro per la leadership americana nel porre fine diplomaticamente ai conflitti arabo-israeliani, ndt.]. ha chiesto all’amministrazione Biden di “assicurarsi che nessun funzionario del governo degli Stati Uniti legittimerà incontrandolo l’estremismo [di Smotrich]” e che bisognerebbe interpretare quelle affermazioni come “motivi per il riesame di un visto per l’ingresso negli Stati Uniti.” Gruppi come T’ruah [organizzazione senza scopo di lucro di rabbini che si richiamano all’imperativo ebraico di rispettare e proteggere i diritti umani in Nord America, Israele e Territori palestinesi, ndt.] e Americans for Peace Now [organizzazione statunitense non-profit per la risoluzione politica globale del conflitto israelo-palestinese, ndt.] hanno chiesto apertamente la revoca del visto di Smotrich.

Nel frattempo organizzazioni tradizionali come l’Anti-Defamation League [organizzazione statunitense contro l’antisemitismo, ndt.] hanno affermato che “è imperdonabile che [Smotrich] inciti alla violenza di massa contro i palestinesi come forma di punizione collettiva”. William Daroff, l’amministratore delegato della Conferenza dei presidenti delle principali organizzazioni ebraiche americane, ha fatto eco alle parole del Dipartimento di Stato definendo i commenti di Smotrich “irresponsabili, ripugnanti e disgustosi”. Nonostante l’indignazione, Smotrich dovrebbe ancora parlare alla conferenza.

Va da sé che a Smotrich – un uomo che si definisce da sé “omofobo fascista” e ha una storia ben documentata di commenti chiaramente odiosi sui palestinesi, la comunità LGBTQ e altri gruppi – dovrebbe essere categoricamente condannato e vedersi negato l’ingresso negli Stati Uniti.

Questo è vero non solo per il puro sadismo genocida dei suoi commenti su Huwara, o per il fatto che Smotrich è diventato ufficialmente quello che lo studioso di diritto Eliav Leiblich ha soprannominato il “signore supremo della Cisgiordania”. Lo è anche perché, in un momento in cui l’incitamento all’omicidio contro i palestinesi continua a dare frutti mortali, la posizione degli ebrei americani sta dimostrando che ci sono passi reali che si possono fare contro un governo che sembra si dedichi oscenamente a bruciare tutto ciò che lo circonda per riconfigurare il paese a sua immagine e somiglianza.

Eppure ci si dovrebbe fermare e meravigliarsi dell’occasione singolarmente rara in cui le principali organizzazioni americane, da sinistra a destra, si uniscono per condannare e mettere in discussione la legittimità di un importante politico israeliano. Non c’è bisogno di sforzarsi per trovare altri funzionari israeliani che hanno analogamente invocato o giustificato retroattivamente massicce violenze contro i palestinesi. E questo è in parte dovuto al fatto che, a differenza di Smotrich, icona dell’estrema destra fondamentalista ebraica, molti di quei politici provengono in realtà dal centro israeliano e dalla sinistra sionista.

Ad esempio Benny Gantz, ex capo di Stato Maggiore dell’Esercito israeliano e poi Ministro della Difesa, ha lanciato la sua campagna elettorale del 2019 come sfida centrista a Netanyahu vantandosi di quanti palestinesi avesse ucciso e di come avesse riportato Gaza “all’età della pietra”. Oppure prendiamo Matan Vilnai del partito laburista, ex viceministro della Difesa, che all’inizio del 2008 avvertì che i palestinesi a Gaza avrebbero dovuto affrontare un “olocausto” meno di un anno prima che Israele lanciasse l’Operazione Piombo Fuso che uccise quasi 1.400 palestinesi in tre settimane.

C’è anche Mordechai Gur, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito israeliano diventato Ministro della Difesa, anche lui laburista, che nel 1978 disse al quotidiano israeliano Al HaMishmar di aver fatto bombardare dalle sue forze quattro villaggi nel sud del Libano “senza autorizzazione” e senza fare distinzioni tra civili e combattenti; Gur ha inoltre affermato di “non aver mai avuto dubbi” sul fatto che i civili palestinesi in quelle aree dovessero essere puniti, dicendo al giornale “sapevo esattamente cosa stavo facendo”. Oppure prendiamo David Ben-Gurion, il primo Primo Ministro israeliano e artefice della Nakba, che quando nel 1948 gli fu chiesto cosa fare dei palestinesi di Lydd e Ramle dopo che le città erano state conquistate dalle milizie sioniste, fece il famigerato cenno con la mano per ordinare loro espulsione (decenni dopo Smotrich si sarebbe rammaricato pubblicamente che Ben-Gurion non avesse “finito il lavoro”).

Come non debellare la piaga

Non si tratta di grandi rivelazioni. La sinistra sionista (e quella parte che è diventata gran parte del centro) ha sempre chiamato in causa le proprie credenziali militariste contro la destra sionista. Il punto, quindi, non è costringere le organizzazioni a prendere posizioni retroattive su azioni passate, ma piuttosto capire che l’indignazione selettiva su Smotrich, sebbene giustificata, rischia di oscurare il fatto che è il prodotto di un sistema più ampio di espropriazione e sottomissione. Come Meir Kahane, che è stato trattato come inaccettabile e isolato nella società israeliana e in gran parte della comunità ebraica americana per il suo sfacciato fascismo, Smotrich viene presentato come un paria ma con l’effetto di legittimare l’apparato di apartheid che ha ereditato dai suoi predecessori .

Raffigurando uno o due politici estremisti come inaccettabili, le comunità ebraiche possono eludere la necessità di fare i conti con il modo in cui Smotrich e Kahane realizzano gli impulsi più profondi del progetto sionista. La stessa elusione si sta operando in luoghi come il Regno Unito, dove il Consiglio dei Deputati degli ebrei britannici, uno dei principali organi della classe dirigente della comunità ha apertamente respinto Smotrich ma continua a incontrare altri estremisti di estrema destra come l’ambasciatrice Tzipi Hotovely o il Ministro degli Affari della Diaspora Amichai Chikly.

In questo modo Smotrich diventa il cattivo contro cui gli ebrei americani possono mobilitarsi: messianico, razzista, impenitente. Personaggi come Ben-Gurion e Gur, nel frattempo, rimangono eroi piuttosto che uomini che hanno soppresso un numero incalcolabile di vite. E mentre i gruppi ebraici americani possono fare i picchetti contro Smotrich alla conferenza degli Israel Bonds di questo mese, nessuno ha chiesto agli Stati Uniti di revocare il visto a Benny Gantz che ha visitato la Casa Bianca l’anno scorso, pochi mesi dopo aver messo fuori legge sei importanti gruppi palestinesi per i diritti umani come “organizzazioni terroriste”. Per le istituzioni pubbliche ebraiche iniziare a mettere in discussione chi rappresenta il “buon Israele” rischia di sgretolare l’intero edificio psicologico del sostegno allo Stato.

Anche Washington, da parte sua, ha interesse a trasformare Smotrich in un evento anomalo. Nell’ambito della sua politica di pacificazione nei confronti del nuovo governo israeliano, l’amministrazione Biden sta cercando di esercitare una certa pressione su Netanyahu almeno per tenere in riga la sua coalizione. Ma in un momento in cui Israele è pervaso dall’instabilità – per la combinazione di un tentativo di colpo di stato giudiziario, incursioni dell’esercito israeliano nelle città palestinesi, violenza sfrenata dei coloni e attacchi palestinesi a soldati e civili – il meglio che la Casa Bianca può sperare è di convincere Israele ad allontanarsi dall’orlo dell’abisso in cui sembra desideroso di buttarsi a capofitto.

Per i funzionari statunitensi si tratta di uno specchietto per le allodole: operare accordi con leader israeliani come Netanyahu o il ministro della Difesa Yoav Galant ed evitare quelli “ripugnanti” come Smotrich o il Ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben Gvir, tutto nell’interesse di “stabilizzare” la situazione – un compito che questo governo sta rendendo sempre più irrealizzabile ogni giorno che passa.

In un momento di grave crisi dello Stato israeliano sia gli ebrei americani che l’amministrazione Biden sperano che la loro strategia di controllo dei danni contro lo smotrichismo possa ricondurre Israele verso una versione più accettabile dell’apartheid israeliano. Una in cui l’esercito è legittimato a fare irruzione e uccidere i palestinesi nei campi profughi in cui Israele li ha segregati, ma in cui i massimi ministri non invitino attivamente i vigilantes dei coloni a “prendere in mano la situazione”. Una che mantenga la facciata di una magistratura indipendente, ma distolga lo sguardo quando i tribunali approvano quasi tutte le leggi discriminatorie e le politiche coloniali. Una in cui c’è sempre un individuo anomalo da incolpare, ma non il regime coloniale stesso.

Eppure il miope tentativo di categorizzare gli estremisti israeliani – di trattarli come intrinsecamente più ripugnanti dei falchi e dei nazionalisti “mainstream” – non è semplicemente destinato a fallire. In effetti, consentirà solo più violenza. La società israeliana ha rifiutato di ammettere che il kahanismo attinge dai fiumi del sionismo (e non il contrario) solo per scoprire che è tornato a dominare la vita pubblica. Le organizzazioni ebraiche americane stanno ora commettendo lo stesso errore.

Sperano che in qualche modo, con richiami minimi e forti condanne, sconfiggeranno il flagello Smotrich – senza affrontare l’ideologia e le strutture statali che sostengono la sua richiesta di genocidio e danno a lui e ai suoi successori il potere di realizzarlo. Si sbagliano tragicamente. Pagine Esteri

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L’Onu riaccende i riflettori sul Tibet


L’Onu riaccende i riflettori sul Tibet
Secondo un rapporto dell'Onu, circa un milione di bambini tibetani sarebbe stato strappato alle famiglie, ufficialmente per motivi di studio. Il programma prevede l'inserimento dei piccoli in collegi statali dove sono costretti a completare corsi di "istruzione obbligatoria" in mandarino anziché in doppia lingua. Pechino si smarca. Per il ministero degli Esteri cinese, lo studio contiene "bugie” e “voci per diffamare e screditare la Cina".

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