Trenitalia assaltata dagli hacker di Hive Group: timori per i dati personali dei viaggiatori
Il gruppo russo-bulgaro attacca le Ferrovie dello Stato e fa temere l’inizio di una cyberguerra tra Russia e Italia. Ma i criminali vogliono solo soldi
di ARTURO DI CORINTO per ItalianTech/La Repubblica del 24 Marzo 2022
Un attacco informatico paralizza Trenitalia e subito si grida alla guerra cibernetica: per tutta la mattinata di ieri, un rincorrersi di informazioni rabberciate attribuisce il blocco improvviso della bigliettazione nelle stazioni ferroviarie a un gruppo di hacker russi.
Tecnica e modus operandi sembrano propri delle gang del ransomware che colpiscono server e computer con software capaci di metterli sotto chiave fino al pagamento di un riscatto.
Il timore è che sia questo il grande attacco previsto per il 6 marzo in una comunicazione riservata dell’Agenzia per la Cybersicurezza poi trapelata alla stampa, e che non si è verificato forse proprio per l’allarme poi pubblicato dai giornali, ma che avrebbe dovuto sortire l’effetto di alzare le difese anche dentro Trenitalia.
dicorinto.it/testate/repubblic…
Scatta l’allarme: l’Italia sarà colpita da un attacco informatico
La notizia divulgata nei canali riservati diventa pubblica: si teme un’incursione di hacker russi ai danni dei servizi essenziali del nostro PaeseArturo Di Corinto (la Repubblica)
Nuovo appuntamento con #LIBRARY
Con il professor Vincenzo Ricciuto, ordinario di diritto civile all’Università di Roma Tor Vergata abbiamo parlato a #LIBRARY del volume ormai prossimo all’uscita “Forniture di servizi digitali e «pagamento» con la prestazione dei dati personali”, di cui insieme a Carla Solinas, è curatore.
Nel video alcune anticipazioni:
youtube.com/embed/qD3ythltG0k?…
#ilcafFLEespresso – Andrea Pruiti e Rocco Todero
La legittimità costituzionale della legge che ha imposto l’obbligo vaccinale al personale sanitario con Andrea Pruiti e Rocco Todero
Hive group blocca Trenitalia e chiede 5 milioni di riscatto
Hacker’s Dictionary. Mentre il gruppo Ferrovie dello Stato prende tempo, una serie di elementi conducono al nome dell’attaccante, è un gruppo russo-bulgaro noto per gli attacchi a Mediaworld e altre realtà internazionali
di ARTURO DI CORINTO per Il Manifesto del 24 Marzo 2022
L’attacco ai server di Trenitalia arriva nella mattinata di ieri generando pesanti disservizi nel sistema di emissione dei biglietti e provocando un allarme generalizzato.
Cosa è successo? Una gang criminale russa avrebbe usato un «cryptolocker» per mettere ko la bigliettazione nelle stazioni al punto da indurre le ferrovie ad autorizzare i viaggiatori a salire a bordo e presentarsi al capotreno per acquistare il biglietto senza sovrapprezzo.
La tipologia dell’attacco e il modus operandi dei criminali hanno subito fatto temere un attacco da parte di hacker russi a causa del conflitto in corso in Ucraina.
Secondo Ferrovie sono stati rilevati elementi che potrebbero ricondurre a fenomeni legati a un’infezione da cryptolocker», software capaci di mettere sotto chiave dati e sistemi informatici in genere fino al pagamento di un riscatto, tipico degli attacchi «ransomware» in cui i russi eccellono.
Nella serata del 23 marzo, le Ferrovie dello Stato hanno perfino rilasciato un comunicato in cui si dice che: «Allo stato attuale non sussistono elementi che consentano di risalire all’origine e alla nazionalità dell’attacco informatico».
Partenze alla stazione di Milano nel 2020, foto LaPresse
Nello stesso giorno dell’attacco però, a dispetto delle dichiarazioni di Trenitalia, tutti gli elementi raccolti hanno finito per convergere sulla responsabilità di un gruppo russo-bulgaro noto come «the Hive», l’alveare, che proprio due settimane fa aveva colpito la maggiore raffineria rumena di petrolio chiedendo un riscatto da $2 milioni.
Hive group è la gang che aveva colpito anche MediaWorld in Italia. Il gruppo avrebbe infine contattato Ferrovie per trattare un riscatto da 5 milioni.
Perciò adesso è difficile sostenere che sia stato un attacco politicamente motivato, come si era lasciato a intendere nelle prime ore tramite dispacci d’agenzia, invece che l’ennesima incursione informatica da parte di criminali che pensano solo ai soldi.
Questo non esclude che i futuri attacchi potranno avere una matrice di carattere geopolitico.
Prendendo l’Italia una netta posizione a favore dell’Ucraina e perdendo lo status di «paciere» che ha avuto nel passato, è possibile che gruppi di paramilitari cibernetici, gli Advanced Persistent Threats, ovvero degli hacker di stato, ricevano il via libera dal governo russo per condurre attacchi mirati verso l’Italia, per fare danni e seminare paura, certo, ma anche per testarne le difese e vedere come aziende e istituzioni gestiscono il rischio informatico.
Il modus operandi di questi gruppi è da sempre quello di infiltrarsi nei computer delle vittime e diventare una minaccia persistente che rimane acquattata nei gangli informatici del bersaglio per sferrare il proprio colpo al momento opportuno. I gruppi «ransomware», infatti, rimangono nei sistemi delle vittime anche se pagano il riscatto.
Il punto è che sono note le sovrapposizioni tra gli hacker di stato e i gruppi criminali e le motivazioni politiche e finanziarie spesso viaggiano insieme.
Le gang del «ransomware» attive nel Darkweb sono almeno una cinquantina e, come abbiamo visto dalla indagini di Europol e Fbi, sono localizzate in molti paesi, Ucraina compresa, e parlano lingue diverse: il coreano, il mandarino, il farsi, l’inglese, lo spagnolo. Una di queste, Lapsus$, sudamericana, proprio l’altro ieri ha sottratto il codice sorgente di Bing e Cortana nientemeno che a Microsoft.
L’attribuzione degli attacchi informatici è una delle cose più difficili da fare, e d’altra parte gli hacker criminali agiscono sempre in maniera nascosta e in condizioni di clandestinità. Se sono politicamente motivati, hanno una ragione in più per non farsi riconoscere e creare delle false piste.
noybeu: “🤯 Today Commission President U…”
🤯 Today Commission President Ursula von der Leyen and President Biden have announced a new EU-US data sharing system.
A first statement by Max Schrems:
noyb.eu/en/privacy-shield-20-f…
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noybeu: “RT @maxschrems…”
RT @maxschrems
First Statement on the "#PrivacyShield 2.0" announcement. Any actual text will need months to be issued, reviewed and analyzed, but it seems we enter another couple of years of legal uncertainty.
noyb.eu/en/privacy-shield-20-f…
"Privacy Shield 2.0"? First Reaction by Max Schrems
"Scudo per la privacy 2.0"? Prima reazione di Max Schrems Oggi il presidente della Commissione Ursula von der Leyen e il presidente Biden hanno annunciato un nuovo sistema di condivisione dei dati UE-USA
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noybeu: “RT @GDPRhub…”
RT @GDPRhub
Find daily new #GDPR decisions from across Europe for free on GDPRhub.eu/@noybeu.rss!
➡️ Read and edit this decision from Finland at gdprhub.eu/Tietosuojavaltuutet…
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DMA: European Pirates celebrate success with interoperability requirements in final trilogue results
The Pirates in the European Parliament welcome the final trilogue outcome of the Digital Markets Act (DMA) that was negotiated yesterday. Representatives of the EU Parliament, the Council and the Commission have agreed on including interoperability requirements for messaging services. According to Pirates, this will allow more choice for users, who will no longer be forced to use multiple platforms for private messenger communication.
Patrick Breyer MEP, Member of the German Pirate Party, comments:
“Our win on interoperability is a crucial blow against the dependency on data-hungry and consumer-hostile Whatsapp. For the first time users will be able to switch to privacy-friendly alternative messengers and still stay in touch with their contacts who stick to Whatsapp. Secure interoperability, true consumer choice and competition will hopefully become a normality for messengers and later also for social networks.”
Marcel Kolaja MEP, Member of the Czech Pirate Party and Greens/EFA shadow rapporteur in the Committee on the Internal Market and Consumer Protection, comments:
“I’m glad that the obligation on interoperability was adopted. Thanks to our pressure messaging services of gatekeepers will need to enable interoperability with other messaging services free of charge. This will be of enormous benefit to users who will have a better choice to move to more privacy friendly services.”
The final text now has to be adopted for the very last time by the European Parliament which is expected to be done in July. Together with the Digital Services Act (DSA), the DMA is one of the core elements of the EU’s Digital Strategy.
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LA PIENA, UN’INTERVISTA. 2022
Ho conosciuto i La Piena per puro caso e, come purtroppo succede troppo spesso di questi tempi, a mezzo social network e non durante un concerto.
Chat control: Leaked Commission paper EU mass surveillance plans
A newly-revealed Opinion of a European Commission review board about their own colleagues’ upcoming proposal for a ‘Legislation to effectively tackle child sexual abuse’ shows strong concerns with the legislative proposal. Leaked by French media outlet Contexte, and dated 15 February 2022, the Opinion confirms the fears EDRi and 39 other civil society groups recently raised about the proposal which could destroy the integrity of private online communications across the EU, and set a dangerous precedent for the world.
“Reservations”. “Significant shortcomings”. “Efficiency and proportionality […] not sufficiently demonstrated.” “Options […] are not presented in a sufficiently open, complete and balanced manner.”
It might sound like we are talking about an inquiry into a dodgy business deal or some sort of murky political scandal. But in fact, what the above sentences refer to is a newly-revealed Opinion of a European Commission review board about their own colleagues’ upcoming proposal for a ‘Legislation to effectively tackle child sexual abuse’. The proposal is currently scheduled to be published on 27 April 2022, although further delays to May are likely. The proposal focuses on curbing the online spread of child sexual abuse material.
MEP and civil rights activist Patrick Breyer (Pirate Party) comments:
“The Regulatory Scrutiny Committee exposes the abysses of chat control, namely the fact that the blanket mass surveillance of intimate communications and images violates our fundamental rights according to the European Court of Justice. The fact that the project was finally given the green light can only be explained by massive pressure from the very top. Only a public outcry against chat control can stop Ursula von der Leyen now!”
In meetings, the staff of Commissioner for Home Affairs Ylva Johansson, who leads the file, reassured EDRi that the new law would not contain requirements for generalised scanning, and further that it would not touch encryption. But the results of the ‘Regulatory Scrutiny Board’ (RSB) who conducted the internal review tell a very different story:
“The report [on the Legislation to effectively tackle child sexual abuse] is not sufficiently clear on how the options that include the detection of new child sexual abuse material or grooming would respect the [EU] prohibition of general monitoring obligations.”“In view of the assertion […] about the limitations of available technologies that exist for the use in encrypted communications […] the report should be clearer about the practical feasibility of the policy options and provide reassurance about the effective application.”
“The report should clarify how the options that include an obligation to detect new child sexual abuse material or grooming would respect privacy requirements, in particular the prohibition of general monitoring obligations.”
It follows that the current draft of the legislation, prepared by Commissioner Johansson and her team in DG HOME, contains rules which would force online communications service providers to conduct the generalised monitoring of people’s private communications – even those that are encrypted. Furthermore, the opinion notes the illegality of general monitoring under EU law, meaning that if it goes forward, the proposed law could potentially be taken down by the Court of Justice.
Moreover, the opinion indicates that the draft law would also require this generalised monitoring to be done not just for material that has been assessed by authorities to ensure that it is unlawful, but also to search for “unknown” images as well as so-called evidence of “grooming” using notoriously unreliable AI-based tools. We’ve all seen pictures being automatically flagged on social media because an AI tool wrongly thought that the picture contained nudity, and have all suffered the frustration of an important email automatically going into your spam folder.
These consequences are bad enough – but now, imagine if the consequence is not just a lost e-mail, but rather a report to the police accusing you of disseminating illegal child sexual abuse material or grooming a child. The inevitable result of such technologies would be unthinkable for those that are wrongly accused.
Website on the chat control plans
La Russia mette al bando la proprietà intellettuale
La Russia ha deciso di assediare non solo l’Ucraina, ma anche le garanzie dei diritti mondiali di proprietà intellettuale. Tale decisione non è altro che una delle tante soluzioni che la Russia sta adottando per offrire alle proprie imprese nuovi strumenti per evitare il collasso economico e contrastare le carenze di fornitura alle aziende presenti sul territorio.
Il Governo russo, alla luce delle sanzioni straniere ricevute e all’abbandono delle proprie attività sul territorio da parte di diverse società a causa dell’invasione dell’Ucraina, si è determinata, insieme al Ministero dello Sviluppo economico russo, ad emanare una nuova legge che permette l’utilizzo di qualsiasi diritto di proprietà intellettuale senza il consenso del titolare, legalizzando a tutti gli effetti la pirateria informatica.
In questo modo, il primo ministro russo Mikhail Mishustin, con decreto n. 299 del 6 marzo 2022, ha eliminato le sanzioni per chi viola i diritti di proprietà intellettuale e conferito al proprio Governo il potere di emanare licenze obbligatorie, senza riconoscere alcun indennizzo ai titolari dei diritti di proprietà intellettuale appartenenti a “Stati e territori stranieri che hanno commesso atti ostili contro la Federazione russa”.
Dunque, da un lato, la nuova legge non permette più ai titolari dei diritti di proprietà intellettuale, associati agli Stati stranieri che hanno contrastato la Russia apertamente attuando sanzioni, restrizioni o qualsiasi tipo di atto “ostile”, la possibilità di richiedere un risarcimento del danno per violazione dei propri diritti di privativa; dall’altro, i “pirati” del web sono esenti da qualsiasi tipo di responsabilità, sia civile sia penale, per le violazioni dei diritti di proprietà intellettuale poste in essere nei confronti dei suddetti soggetti associabili ad alcuni Paesi che fanno parte di una c.d. black list.
In tale black list rientrano, momentaneamente, il Regno Unito, gli USA, l’UE, l’Australia e il Giappone. La normativa prevede, inoltre, che l’associazione dei titolari dei diritti di proprietà intellettuale ai suddetti Paesi avverrà sulla base di alcuni requisiti:
- la cittadinanza;
- una connessione di tipo economico (es. essere titolare di una società o avere ingenti profitti);
- una connessione di tipo autoriale (es. essere titolare di contenuti protetti).
La portata esatta e l’applicazione di questa nuova legge non sono del tutto chiare, ma ci si aspetta che copra tutti i tipi di diritti di proprietà intellettuale. Non si sa, inoltre, se tali diritti di proprietà straniera saranno completamente annullati o vi sarà qualche forma limitata di protezione che continuerà in diversi scenari.
In Russia, la pirateria era già abbastanza diffusa: TorrentFreak, attraverso un’indagine da parte di ESET, ha rilevato che oltre il 90% degli utenti intervistati ammetteva di usare diversi software o contenuti illegali, a causa dei prezzi eccessivamente elevati delle versioni legali.
Il Governo russo ha spesso manifestato una scarsa attenzione nei confronti della proprietà intellettuale, ma questa mossa di ritorsione da parte della Russia potrebbe causare effetti irreversibili che superano le attuali sanzioni. Infatti, qualora le sanzioni dovessero essere rimosse, la mancanza di rispetto per i diritti di proprietà intellettuale potrebbe portare alla riduzione o alla cessazione degli investimenti stranieri in Russia. Tali conseguenze avrebbero effetti a catena sull’economia, sulla ricerca e sullo sviluppo del Paese in numerosi settori. Anche se queste nuove disposizioni legislative venissero abrogate, potrebbe volerci molto tempo per attivare un processo di riabilitazione reputazionale della Russia e convincere gli investitori stranieri che i propri diritti di proprietà intellettuale saranno rispettati in futuro.
Inoltre, come è noto la Russia ha aderito a molteplici convenzioni internazionali per il rispetto della proprietà intellettuale quali, ad esempio: l’Accordo di Madrid e il Protocollo di Madrid sulla Registrazione Internazionale dei Marchi, l’Accordo istitutivo dell’Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale, la Convenzione di Parigi per la Protezione della Proprietà Industriale, il Trattato sul diritto dei marchi (“TLT”), il Trattato di Singapore sul diritto dei marchi, la Classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi (“Classificazione di Nizza”), l’Accordo TRIPS.
Pertanto, oltre alle conseguenze che deriveranno dalle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale, ci si interroga su quelle relative al mancato rispetto dei suddetti accordi internazionali.
Daniele Lo Iudice
L'articolo La Russia mette al bando la proprietà intellettuale proviene da E-Lex.
Tra due ore Massimo #Garofalo intervisterà @:fedora: filippo db :gnu: per presentare il social network @Mastodon Italia :mastodon:
radioelettrica.it/event/massim…
Massimo Garofalo intervista Filippo Della Bianca per presentare il social network Mastodon
Nella trasmissione Trend Topics, Massimo Garofalo raggiungerà telefonicamente Filippo Della Bianca, deus ex maadmin (Radio Elettrica)
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THE QUEEN IS DEAD VOLUME 41 – NEPAL DEATH \ LHASA SOCIETY \ AROVANE
The Queen Is Dead Volume 41 - Nepal Death Lhasa Society Arovane
The Queen Is Dead Volume 41 - Nepal Death Lhasa Society Arovane:a partire dal nome gli svedesi Nepal Death per assonanza ricordano la migliore grindcoreIn Your Eyes ezine
«Ora puoi utilizzare qualsiasi app mobile #Mastodon con #Pixelfed!
Abbiamo appena inviato una serie di correzioni per la compatibilità di mastoapi, se noti bug o problemi faccelo sapere!»
mastodon.social/@pixelfed/1080…
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Lapsus$ ha rubato Cortana e Bing a Microsoft
I criminali di lingua spagnola hanno divulgato su Telegram un archivio compresso di software che pare essere originale. Non ci sono tracce dei codici che fanno girare Windows e Office
di ARTURO DI CORINTO per ItalianTech/ La Repubblica del 22 Marzo 2022
Il gruppo criminale Lapsus$ annuncia di avere derubato Microsoft di alcuni gioielli di famiglia come i codici informatici di Bing, Bing Maps e Cortana, rispettivamente il motore di ricerca e l’assistente virtuale. Questo per ricordarci, semmai ce ne fossimo dimenticati, che mentre siamo tutti col fiato sospeso per le sorti della guerra in Ucraina i cybercriminali non dormono mai.
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Sono benvenuti eventuali commenti o link ad altri materiali... @maupao @Notizie da Poliverso @Carlo Gubitosa :nonviolenza: @filippodb @Ca_Gi @Informa Pirata @admin @Yaku
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Il deepfake e le risposte normative delineate dal legislatore europeo
Nei giorni scorsi, abbiamo assistito alla diffusione in rete di un video falso in cui compare il Presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj che, rivolgendosi ai propri connazionali, li invita a deporre le armi incoraggiandoli alla resa. Ciò, è stato reso possibile grazie ad un uso malevolo dell’intelligenza artificiale e, più in particolare, della tecnica del deepfake.
La vicenda descritta non rappresenta certamente il principale problema di quanto sta accadendo, a livello mondiale, a causa del triste conflitto in corso, tuttavia suscita alcune riflessioni rispetto al fenomeno dei deepfakes e sui rischi ad esso connessi, nonché sulle risposte normative che il legislatore europeo ha, in tempi recenti, cercato di dare al problema.
Cos’è il deepfake
Anzitutto, il deepfake è una tecnica che sfrutta l’intelligenza artificiale per creare ex novo dei contenuti digitali falsi oppure per manipolare contenuti già esistenti al fine di mistificare la realtà in essi rappresentata.La parola è un neologismo nato dalla fusione dei termini fake, ovvero “falso”, e deep learning, una particolare tecnologia basata sull’apprendimento profondo delle macchine.
La recente proposta di Regolamento europeo sull’Intelligenza Artificiale, pubblicata lo scorso 21 aprile dalla Commissione Europea, all’art. 52, comma 3, definisce il deepfake come “sistema di intelligenza artificiale che genera o manipola immagini o contenuti audio o video che assomigliano notevolmente a persone, oggetti, luoghi o altre entità o eventi esistenti e che potrebbero apparire falsamente autentici o veritieri per una persona”.
Nella vicenda che ha visto coinvolto il Presidente ucraino, la tecnica descritta non è stata utilizzata in maniera del tutto efficace, per cui il tentativo di disorientare i destinatari non si è affatto compiuto. Tuttavia, talvolta, i contenuti sono creati e/o manipolati con un’accuratezza tale da rendere difficile anche ad altri sistemi IA di rilevarne la falsità.
Per tale motivo, un controllo ed una regolamentazione del fenomeno si ritengono essere più che mai necessari, visti i possibili rischi sottesi ad un improprio uso di tale tecnologia.
In uno studio sui falsi digitali pubblicato nel luglio 2021 dall’European Parliament Research Service, “EPRS”, consultabile qui, è stato rilevato come, nel giro dei prossimi cinque anni, gli strumenti per creare deepfakes diverranno ancora più alla portata e semplici da utilizzare.
L’attuale ascesa delle deepfake-as-a-service companies renderà la tecnicacomunemente usata ed integrata nelle varie tipologie di software prodotte, facendo acquisire agli utenti una sempre maggiore familiarità con tale applicazione IA; familiarità che, naturalmente, comporterà anche una più elevata possibilità di abuso nel prossimo futuro.
Il quadro normativo di riferimento
Dal momento che, come detto, il deepfake costituisce una tecnologia basata sull’intelligenza artificiale, rilevano innanzitutto le regole per l’uso delle applicazioni IA che nella recente proposta di Regolamento il legislatore europeo ha cercato di delineare.
In secondo luogo, posto che la creazione di un falso contenuto digitale comporta, tipicamente, anche il trattamento di dati personali, trovano applicazione le disposizioni del Regolamento UE 679/2016, “GDPR”.
La proposta di Regolamento europeo sull’Intelligenza Artificiale sopra richiamata, come noto, ha l’obiettivo di consentire un uso affidabile e sicuro dell’IA, nel rispetto dei valori e dei diritti fondamentali degli individui.
A tal fine, stabilisce regole armonizzate per lo sviluppo, l’immissione sul mercato e l’utilizzo dei sistemi IA.
In estrema sintesi, il quadro normativo proposto adotta un approccio basato sul rischio, distinguendo tra “rischio minimo”, “rischio limitato”, “rischio elevato” e “rischio inaccettabile” per i diritti e le libertà fondamentali. Esso è volto a vietare l’uso di sistemi che presentino un rischio inaccettabile, mentre per i sistemi che rientrano nella categoria ad alto rischio prevede l’obbligo di effettuare dettagliate analisi e valutazioni d’impatto, nonché di garantire una fase di controllo e di supervisione “umani”.
Con particolare riguardo alla tecnica del deepfake, la proposta di Regolamento consente tale tecnologia, ma articola alcuni requisiti minimi e prevede un obbligo di trasparenza in capo a chi ne fa uso.
Nello specifico, l’art. 52, comma 3, della proposta impone ai creatori di deepfakes di etichettare il contenuto generato in modo che sia chiaro a chiunque che si tratti di un contenuto digitale artificialmente creato e/o manipolato.
Tuttavia, successivamente, lo stesso art. 52 prevede che tale obbligo non si applica “quando l’uso è autorizzato dalla legge per accertare, prevenire, indagare e perseguire reati o se è necessario per l’esercizio del diritto alla libertà di espressione e del diritto alla libertà delle arti e delle scienze garantito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE, e fatte salve le tutele adeguate per i diritti e le libertà dei terzi.”
Un obbligo di etichettatura dei deepfakes potrebbe essere un primo passo verso la mitigazione dei potenziali impatti negativi del fenomeno. Nondimeno, come rilevato dall’EPRS nello studio citato, la natura e la portata della disposizione sono ad ora poco chiare e si rinviene, complessivamente, una certa timidezza regolatoria da parte del legislatore, il quale non prevede neppure una sanzione per l’ipotesi di mancato rispetto dell’obbligo previsto dall’art. 52.
Inoltre, la possibilità di deroga, prevista dalla norma, laddove l’uso del deepfake sia “necessario per l’esercizio del diritto alla libertà di espressione e del diritto alla libertà delle arti e delle scienze”, include un raggio di ipotesi così ampio da svuotare di significato l’obbligo di trasparenza sancito.
Pertanto, la risposta normativa tratteggiata, in tale sede, dal legislatore europeo non è attualmente ritenuta sufficiente a contrastare il problema.
Con riguardo, poi, all’aspetto relativo al trattamento dei dati personali, è da rilevare che, nel contesto dei deepfakes, i dati personali vengono trattati non soltanto nella fase di creazione dei contenuti, ma anche per addestrare il software che, a tal fine, viene utilizzato. Per tale motivo, è bene innanzitutto precisare che il GDPR, in relazione al suo ambito di applicazione, rileva in entrambe le fattispecie.
Con particolare riferimento al requisito di liceità del trattamento, di un certo interesse è la ricerca della base giuridica.
Secondo l’EPRS, nel caso specifico della generazione dei deepfakes, due sono le basi giuridiche cui i creatori potrebbero appellarsi: l’interesse legittimo ed il consenso esplicito dell’interessato. Nel caso in cui il creatore sostenga di vantare un interesse legittimo, quest’ultimo, come noto, per costituire fondamento di liceità, deve prevalere sugli interessi o sui diritti e libertà dell’interessato.
Quando la base giuridica dell’interesse legittimo non è applicabile, l’uso di dati personali per la creazione e diffusione di deepfakes deve essere sottoposto al consenso informato delle persone raffigurate nei contenuti. È importante notare, qui, che il consenso deve essere ottenuto sia dai soggetti del contenuto originale, che dai soggetti che appaiono nel contenuto “fabbricato”.
Il GDPR offre dei rimedi alle vittime dei falsi digitali, attraverso la previsione di alcuni diritti in capo agli interessati, quali il diritto alla correzione dei dati inesatti o il diritto alla cancellazione dei propri dati.
Nel contesto dei deepfakes, il percorso legale può essere piuttosto impegnativo, da intraprendere, per le vittime. In molti casi, è impossibile per la vittima identificare l’autore, che opera quasi sempre in modo anonimo ed illecito.
L’Autorità italiana Garante per la protezione dei dati personali ha pubblicato, sul proprio sito istituzionale, un vademecum sul tema consultabile qui.
Conclusioni
La tecnica del deepfake, se utilizzata illecitamente, pone seri rischi in termini di diritti e libertà dei soggetti coinvolti. Notevoli ripercussioni, poi, possono essere prodotte laddove i deepfakes abbiano ad oggetto contenuti di un certo impatto sociale e politico, come da ultimo accaduto nel contesto del conflitto russo-ucraino.
Non vi sono soluzioni rapide di contrasto al fenomeno, né la risposta normativa di recente approntata dal legislatore europeo, che sopra si è brevemente descritta, sembra adeguata a mitigare i possibili danni derivanti dalla divulgazione illecita di falsi digitali.
Attualmente, dunque, il primo e più efficace strumento di difesa è rappresentato da una maggiore consapevolezza nella navigazione in rete, dalla responsabilità e dall’attenzione degli utenti. Nella speranza che, frattanto, venga apprestato un quadro regolatorio più appropriato da parte delle istituzioni europee, che giocano un ruolo primario in tale contesto.
Gabriella Amato
L'articolo Il deepfake e le risposte normative delineate dal legislatore europeo proviene da E-Lex.
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Il discorso di Arnold
L’ipocrisia è oggi il mio nemico.
L’ipocrisia di un governo che parla di pace inviando armamenti ad un paese in guerra sanzionando nel contempo l’altro belligerante, una chiara posizione interventista, stessa posizione adottata da UE sostenuta dalla NATO.
iyezine.com/il-vero-nemico-e-c…
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L'ipocrisia di un governo che parla di pace inviando armamenti ad un paese in guerra sanzionando nel contempo l'altro belligerante...Mauro Bogliolo (In Your Eyes ezine)
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