La vita è un gioco di Monopoli
link.trom.tf/Smx6Tsft
" @Tio di TROM spiega il concetto della nostra società basata sul commercio utilizzando il gioco di monopoli come esempio."
Video realizzato da @Dima
Iscriviti al suo Peertube qui link.trom.tf/KQPVbxaL e Youtube qui link.trom.tf/DkNzDW6e
like this
reshared this
Matteo Brandi likes this.
Governare il futuro – Musk “compra” Twitter e Twitter diventa più rispettosa della libertà di parola
Elon Musk l’uomo più ricco del mondo ha comprato due miliardi e mezzo di euro in azioni di Twitter divenendone uno dei maggiori azionisti e garantendosi un posto nel consiglio di amministrazione della società.
E questo è accaduto dopo che lo stesso Musk aveva a più riprese contestato Twitter di non rispettare abbastanza la libertà di parola dei suoi utenti e lasciato filtrare l’intenzione proprio per questo di creare un nuovo social network. Poi all’improvviso l’inversione a U, e la decisione di provare a cambiare Twitter dall’interno.
Insomma l’impressione è che un gigante dei social network come Twitter possa rispettare più o meno la libertà di espressione dei suoi centinaia di milioni di utenti a seconda che tra i suoi soci di maggioranza e nel suo consiglio di amministrazione sieda Elon Musk o qualcun altro. Ma è davvero così e soprattutto è democraticamente sostenibile che sia così?
Me lo ha chiesto qualche giorno fa Roberto Sommella, direttore di Milano Finanza, e gli ho risposto più o meno così. Ma è una di quelle questioni sulle quali non esistono – credo – risposte giuste o risposte sbagliate. L’importante è aver voglia di confrontarsi.
Continua ad ascoltare il podcast su HuffPostItalia.
Privacy Daily – 12 aprile 2022
ONU: I sistemi di protezione dei dati devono trovare un equilibrio tra tutela della privacy e integrazione economica
Il Relatore alla Privacy delle Nazioni Unite Ana Brian Nougrères ha esortato il Consiglio per i diritti umani affinché ci creai un sempre maggiore equilibrio tra la tutela del diritto fondamentale alla privacy e la libera circolazione di beni, persone, servizi e capitali, garantendo nel contempo l’integrazione economica e sociale. In un rapporto all’HRC, il relatore speciale delle Nazioni Unite sul diritto alla privacy ha affermato che è fondamentale per gli attori statali e non statali porre fine alle pratiche discriminatorie nei campi dell’intelligenza artificiale, della robotica, dell’internet delle cose, del virtuale realtà, realtà aumentata, biotecnologie, tecnologia blockchain e videosorveglianza di massa che potrebbero rappresentare una minaccia per la privacy.
Data protection systems must find balance between protecting privacy and economic integration – UN expert
Data protection systems must find balance between protecting privacy and economic integration, said Anna Brian Nougrères, UN Special Rapporteur on the right to privacy. In a report to the Human Rights Council. Special Rapporteur said it was crucial to overcome potential technological challenges to privacy, particularly discriminatory practices carried out by both State and non-State actors in fields of artificial intelligence, robotics, the internet of things, virtual reality, augmented reality, biotechnology, blockchain technology and mass video-surveillance.
ohchr.org/en/press-releases/20…
L’IMY svedese: parere sul quadro transatlantico UE-USA per la protezione dei dati
L’autorità svedese per la protezione dei dati, Integritetsskyddsmyndigheten, ha espresso un parere sull’accordo UE e STATI Uniti per il Trans-Atlantic Data Privacy Framework, affermando che “l’accordo in linea di principio è solo un primo passo nel processo di prendere una decisione su un livello adeguato di protezione che può costituire la base per il trasferimento di dati personali negli Stati Uniti”. Inoltre, l’IMY sottolinea che “l’accordo di principio non comporta alcun cambiamento per coloro che ora vogliono trasferire i dati personali negli Stati Uniti”.
Swedish IMY issues opinion on the EU-US Trans-Atlantic Data Privacy Framework
Sweden’s data protection authority, Integritetsskyddsmyndigheten, issued a statement on the EU and U.S. agreement for the Trans-Atlantic Data Privacy Framework, saying “the agreement in principle is only a first step in the process of making a decision on an adequate level of protection that can form the basis for the transfer of personal data to the U.S.” Further, the IMY emphasizes “the agreement in principle does not entail any change for those who now want to transfer personal data to the United States.”
EDPB uttalar sig om Trans-Atlantic Data Privacy Framework (imy.se)
Reuters: alti funzionari dell’UE presi di mira da spyware
L’anno scorso alti funzionari della Commissione europea sono stati presi di mira attraverso un software spia progettato da una società di sorveglianza israeliana, secondo la documentazione esaminata da Reuters. Tra loro Didier Reynders, già Commissario europeo per la giustizia dal 2019, secondo uno dei documenti. Almeno altri quattro membri del personale della commissione sono stati monitorati. Due funzionari dell’UE hanno confermato che il personale della Commissione fosse stato soggetto a sorveglianza, ma non hanno fornito dettagli.
Reuters: Senior EU officials were targeted with spyware
Senior officials at the European Commission were targeted last year with spy software designed by an Israeli surveillance firm, according to two EU officials and documentation reviewed by Reuters. Among them was Didier Reynders, a senior Belgian statesman who has served as the European Justice Commissioner since 2019, according to one of the documents. At least four other commission staffers were also targeted, according to the document and another person familiar with the matter. The two EU officials confirmed that staffers at the commission had been targeted but did not provide details.
reuters.com/technology/exclusi…
ÜT - Il Pozzo e La Piramide - Autoproduzione 2022 #iyezine #noise #mathrock
Il rumore può assumere molte forme, come un disco può essere una moltitudine di cose diverse. Non si tratta in questo caso di punti di vista, ma della natura del disco stesso.
iyezine.com/ut-il-pozzo-e-la-p…
Il Pozzo e la Piramide
- Il rumore può assumere molte forme, come un disco può essere una moltitudine di cose diverse. Non si tratta in questo caso di punti di vista, ma dellaMassimo Argo (In Your Eyes ezine)
Freedom To Share likes this.
Freedom To Share reshared this.
Andrea Riccardi: ci sono tante guerre nel mondo e la guerra oggi si eternizza, per questo bisogna prevenirle
Questa guerra ci impressiona perché è vicina, perché sconvolge l’Europa dopo ottanta anni di pace, perché è di grande violenza e rischia di oltrepassare per la prima volta la linea rossa che mai si sarebbe pensato fosse oltrepassabile, quella del nucleare. Però quante guerre ci sono nel mondo?
È una domanda molto interessante. Io me la sono posta facendo una conversazione con alcuni amici africani che dicono che questa è una guerra tra noi europei, mentre ci sono altre guerre come quella in Etiopia o nel nord del Mozambico, poi c’è il jihadismo nel Sahara e la guerra in Siria che dura da undici anni. Dobbiamo però guardare alla guerra in Siria anche quando riflettiamo sull’Ucraina. Molti non europei dicono: questa guerra voi la fate grossa perché è una guerra vostra, e vi commuovete perché le vittime sono i bianchi. Non avete fatto così con i siriani quando accorrevano in Europa, e l’Europa si divise, e proprio i paesi di Visegrad erano i più duri. La cancelliera Merkel rispose nel modo che tutti ricordiamo: “noi possiamo”, e ha accolto un milione di rifugiati siriani. C’è la verità.
Ma la prossimità ha avuto un ruolo importante.
Ha ragione lei quando dice che è una guerra prossima, e aggiungerei che gli ucraini sono fra noi. Le donne ucraine lavorano nelle nostre case, sono badanti delle nostre mamme, sono nella nostra società. Però mi sono preso la briga di andare a guardare la distanza. Roma è più vicina a Damasco geograficamente di quanto lo sia a Kiev, anche se forse la vicinanza culturale è più forte. Ma lo è da un pugno di anni, perché prima dell’ottantanove l’Ucraina era lontanissima, il mondo comunista era lontanissimo. Io ricordo che insegnavo a Bari e l’Albania, che era a un centinaio di chilometri, pareva distante migliaia e migliaia di chilometri. Oggi l’Ucraina è vicina. Però c’è un altro motivo.
Quale?
Lei parlava di linea rossa che si supera. Io credo che questa è la guerra più drammatica dal 1945 perché è coinvolta una potenza nucleare, e quindi questa guerra può diventare una guerra europea e una guerra totale. Ci fu la crisi di Cuba nel 1962, ma fu una crisi e questa invece è una guerra. Questa è la differenza. Può incendiare il mondo. In questo senso mi permetto di dire che ci sono molte altre guerre, e non bisogna dimenticarle, però questa guerra deve attrarre la nostra attenzione perché se diventa guerra totale è una tragedia per gli ucraini prima di tutto, ma per gli europei e per il mondo. Non è pavidità cercare di contenere la guerra, è responsabilità.
Come si fa a non essere sensibili al grido di dolore degli ucraini che chiedono di poter essere messi in condizione di difendersi dalla morte? Le loro città sono distrutte e, come dice spesso il Papa, le vere vittime della guerra alla fine sono i popoli.
Io credo di sì, le vere vittime sono i popoli. Sono molto coinvolto nella vicenda ucraina. Sono stato al confine ucraino-slovacco e ho visto gli ucraini passare la frontiera e lasciare il proprio paese. In vita mia ho incontrato varie volte profughi e rifugiati, ma questa volta mi hanno fatto una impressione tutta diversa. Molto orgogliosi, quasi fieri. Un popolo di donne, perché sono le donne con i bambini, propri o affidati, con qualche anziano, che vanno via. Con un piumino, qualche bagaglio, magari un animale, escono a testa alta e vogliono rimanere in Polonia, vicino all’Ucraina, perché pensano di rientrare. Così l’Ucraina non è morta ma vive, vive in queste donne, in queste famiglie, nelle telefonate tra queste donne e i loro uomini che combattono, o resistono, o continuano a vivere in patria. La mia sensazione è che l’Ucraina è colpita, distrutta, ma tutt’altro che morta. La mia sensazione è che oggi essa sia più viva di ieri. Vorrei dire che l’aggressione russa all’Ucraina ha fatto il miracolo, cioè ha unificato gli ucraini che fino a ieri erano divisi. La politica degli ultimi anni era dividere gli ucraini, russofoni, russofili, oligarchi, gruppi e via dicendo. L’Ucraina si è tutta unita, difende se stessa, si sente nazione come non mai. Vinca o perda, l’Ucraina non si perde.
Soprattutto, dicono, noi difendiamo la libertà e la democrazia, difendiamo i valori che abbiamo in comune con voi. Questo è un altro messaggio importante che arriva all’Occidente.
Sì, è un messaggio molto importante che tocca ad esempio i cuori dei parlamenti europei a cui Zelensky ha parlato. Qui dobbiamo anche vedere la trasformazione di questo personaggio. Non dimentichiamoci che Zelensky è russofono, parla perfettamente ucraino ma è russofono, e peraltro ebreo. Questo ci dice la storia composita dell’Ucraina, e come quest’uomo che culturalmente apparterrebbe due volte a una minoranza, quest’uomo è divenuto il simbolo del carattere ucraino e dell’unità del Paese. Per questo dico che c’è stato un errore di calcolo da parte del presidente Putin, che forse sperava che l’Ucraina avrebbe accolto con i fiori i soldati russi. In realtà, invece, di fronte all’invasione russa l’Ucraina si è compattata. Ha avuto la capacità di resistere. Noi parliamo sempre di armi, e la guerra si fa con le armi, ma anche lo spirito di un Paese e dei suoi combattenti è importante, e lo spirito degli ucraini, combattenti o no, è molto forte, e questo secondo me è un messaggio importante alla Russia, all’Europa e all’Occidente.
In molti paesi si notano più divisioni che in Ucraina. Né con la NATO né con l’Ucraina, dice qualcuno in Italia. Perché sta succedendo? Io lo noto anche nelle chiese. Le parole del Papa sono nette. Però nelle chiese di diversi paesi ho l’impressione che non ci sia lo stesso coinvolgimento.
Il Papa ha fatto un discorso molto forte perché ha parlato della guerra come pazzia, ha condannato l’invasione in modo molto caldo quando ha toccato i frutti di questa invasione, quando è andato al Bambin Gesù a visitare i bambini feriti e ha avuto parole molto forti. Poi c’è stato il tema del due per cento, e il Papa ha parlato. Poi ha parlato dell’abolizione della guerra come sogno. Guardi, questo discorso ha fatto echeggiare in me un ricordo di Sturzo, che a un certo punto scrive: ma è possibile che non si arrivi ad abolire la guerra? Siamo arrivati ad abolire la schiavitù! E poi dice: ci sono biblioteche intere piene di trattati che dicono che l’economia finirebbe senza gli schiavi, ma ci siamo riusciti. Mi ha molto colpito perché Sturzo non era un sognatore, un utopista. Era un uomo preciso, che aveva perfino il gusto del diritto amministrativo, dell’amministrazione, eppure sognava la fine della guerra. Ora c’è questo vecchio Papa, che in fondo è rispettato nelle sue posizioni: abbiamo visto i governi che hanno concordato col Papa, anche se l’aumento al due per cento c’è stato.
Ma nella Chiesa cattolica si fa eco alle parole del Papa?
A me sembra che le chiese cattoliche europee siano in uno stato di introversione, cioè la Chiesa cattolica francese ha il problema della gestione degli scandali, la Chiesa cattolica tedesca non ha detto una parola sul riarmo della Germania, e questo mi ha molto colpito, perché, al di là del sì e del no, quello è un grande tema, che dagli anni Quaranta è stato elaborato. Il problema della Chiesa cattolica tedesca piuttosto è il cammino sinodale. Poi ci sono mormorii in Italia, in Spagna eccetera. Non c’è stato un dibattito. Ma se la Chiesa deve uscire nella storia, questa è la storia: la guerra è la storia di oggi. Poi in Polonia hanno una posizione molto critica verso il Papa perché, si dice, il Papa non condanna Putin. Cioè non dice che Putin è un aggressore. Ma il Papa ha condannato l’aggressione. I Papi in un certo senso non condannano mai e non si schierano mai. Questa è una posizione antica, si schierano per la pace. Non sono un tribunale dell’Aja che condanna gli aggressori. Anche perché la Chiesa è internazionale. Ci sono cattolici in Russia, ci sono cattolici in ogni paese. Qui vengo alla seconda parte della sua domanda, che è il mondo ortodosso.
Ci spieghi.
Innanzitutto vediamo mezzo secolo di ecumenismo in crisi, con una divisione fortissima dei cristiani. Ma c’è anche la divisione interortodossa. Ma dov’è il blocco russo-ortodosso di Huntington che dovrebbe fare guerra di civiltà all’Occidente quando gli ortodossi si uccidono tra loro? Ma poi che ortodossi: gli ortodossi della stessa Chiesa, che è la Chiesa del patriarcato di Mosca. Vediamo l’esarca del patriarcato di Mosca in Ucraina che critica duramente il patriarca Kirill e critica duramente il presidente Putin. Poi vediamo che in Ucraina c’è una Chiesa ortodossa riconosciuta da Costantinopoli che ha un’altra posizione. Mi tornava in mente la domanda che alcuni pionieri dell’ecumenismo si posero durante e dopo la prima guerra mondiale: la divisione dei cristiani non favorisce la guerra? Diceva un romanziere: povero Dio, chi deve ascoltare? I francesi pregano per la loro vittoria, i tedeschi perla loro. E Dio? In questo c’è stata sempre la posizione del papato lungo tutto il Novecento: pace, e non vittoria. C’è un bel discorso di Papa Francesco del 2012 che dice: sento parlare di vittoria e di sconfitta, vorrei sentire parlare di pace.
A proposito di pace, la Comunità di S. Egidio ha proposto che Kiev diventi una città aperta, come Roma nel ’43. Che significato avrebbe?
La proposta che abbiamo fatto è una proposta legata al fatto di salvare la città, di evitare i combattimenti dentro la città, ed è poi una proposta che tocca il carattere della città, perché Kiev non è solo la capitale dell’Ucraina, ma è la Gerusalemme dell’ortodossia slava. In un certo senso se i russi bombardano Kiev è come se gli italiani bombardassero Roma, perché Kiev viene definita la madre di tutte le città russe. La stessa proposta facemmo per Aleppo, e all’epoca fu presa in esame. Oggi non mi sembra abbia avuto grande attenzione. La Comunità di S. Egidio è nell’est d’Europa. È in Russia, ma è anche a Kiev ed è a Leopoli. Abbiamo organizzato un centro per l’assistenza ai profughi e ai rifugiati con molta forza, molta energia, ed anche a Kharkiv un piccolo gruppo ha continuato a lavorare per i più anziani. Purtroppo una delle nostre due sedi a Kiev è stata colpita. Ci ha fatto molta impressione, perché in questa sede, che era uno scantinato, erano nascosti una famiglia e un disabile che per fortuna sono rimasti illesi.
L’Europa si è risvegliata con il Covid. Adesso appare molto più unita. Quantomeno nelle sanzioni. Manca ancora qualcosa però a questa Europa. Che cosa impedisce all’Europa di essere una protagonista al livello delle altre superpotenze mondiali?
Lei ha toccato un nodo fondamentale. L’Europa ha gestito insieme il Covid e questo è stato un grande fatto. I Paesi europei si sono allineati sulle sanzioni, ma in un certo senso non hanno giocato un ruolo. Forse il cancelliere tedesco, il presidente francese hanno parlato con Putin ma non hanno giocato un ruolo particolare. Io confido molto nella mediazione turca, ma non posso non notare con un qualche stupore, non dico amarezza perché faccio gli auguri alla grande diplomazia turca, che alla Turchia appunto sia affidata la mediazione. La prima crisi ucraina fu risolta dagli europei con gli accordi di Minsk. Che oggi la situazione sia mediata dalla Turchia è significativo di una qualche impotenza dell’Europa. Si dice che l’Europa sta da una parte e quindi non può mediare. Ma il vero problema è questa Europa. Anche l’aumento delle spese militari al due per cento.
Costruire uno strumento europeo di difesa?
Prima di costruirlo occorre costruire una politica estera comune. O l’Europa riesce a fare questo grande salto, e allora sarà un elemento fondamentale nella storia, una protagonista pesante, oppure il rischio è quello dell’irrilevanza, e i Paesi irrilevanti qualche volta sono anche pericolosi. Se l’Europa sarà irrilevante, e non riuscirà a unificarsi sulla politica estera e militare, questo nella storia del mondo significherà molto. Mi piace citare in proposito la frase di Padoa Schioppa: una forza gentile. Gentile, ma una forza.
Ma quale Europa? Quella dell’Unione?
Quella che ci sta. Ad oggi vedo i paesi dell’Europa occidentale. Quelli dell’Europa orientale stanno vivendo il loro Risorgimento, e giustamente. Questo sarebbe il futuro dell’Italia nel Mediterraneo, un Paese euro-mediterraneo.
Arriveranno molti migranti, da più confini. Noi siamo abituati a sentire la pressione dal Mediterraneo, ma non hanno mai smesso di arrivare dal confine est i siriani. Adesso si apre questo nuovo fronte, saranno milioni.
Secondo me questo sentimento di accoglienza che si vive in tutta Europa è un sentimento popolare, perché tutti vorrebbero fare qualcosa, e infatti tutti partecipano. Osservo il modo con cui ciascuno va a vedere le notizie e poi ti informa su quanto accade. Questo secondo me è un desiderio di Europa e di mondo da non perdere. Dove posso lo dico a tutti quelli che sono impegnati in politica e nei media. A tal proposito dobbiamo ringraziare gli inviati, perché senza gli inviati sul campo non avremmo seguito allo stesso modo questa guerra e l’avremmo dimenticata come abbiamo dimenticato la guerra in Siria.
Siamo pronti ad accoglierli?
C’è questa solidarietà e questo interesse che è voglia di Europa e di mondo, dopo il Covid. È un fatto molto importante, che i partiti, le forze sociali, gli intellettuali, le chiese devono cogliere, perché è una voglia di politica, in senso lato. Mi pare che l’“invasione” degli ucraini in Italia, come anche in Germania, sia piuttosto relativa. Crescerà, sicuramente fino a quando la guerra non si fermerà, ma sono numeri piuttosto relativi anche perché molti vorranno ritornare in Ucraina. Il problema è per la Polonia, e per la Polonia è un grande paradosso, perché è quella Polonia che disse no ai siriani, quella Polonia che contro quel pugno di afghani che erano ai confini con la Bielorussia, con quel gioco sporco che fece la Bielorussia, schierò l’esercito. La Polonia oggi accoglie. Sono stato a Varsavia, è un’accoglienza generosa, un’accoglienza fatta anche dalla gente comune. Certo, i numeri sono grandi, quindi tra poco la Polonia dovrà chiedere le quote e una distribuzione agli altri paesi europei.
Perché in questa guerra pare ci sia ancora più difficolta che in altre ad aprire dei veri corridoi umanitari?
L’espressione corridoio umanitario è un’espressione il cui senso si è molto allargato. Noi, come S. Egidio, con gli amici valdesi, lo abbiamo rilanciato per i profughi siriani in Libano, poi l’abbiamo praticato con l’Afghanistan, la Libia, il Corno d’Africa. Ormai l’idea del corridoio umanitario è l’idea di salvezza attraverso cui ci si può rifugiare, nel cuore della guerra, ad esempio in Europa. Perché? Perché il corridoio richiede uno spazio di tregua, spazio che non abbiamo avuto nella guerra in Ucraina. Una tregua anche limitata è necessaria.
È ancora possibile lasciare, secondo lei, una via d’uscita a Putin?
Io penso che le nostre preoccupazioni nei confronti della Russia, l’interesse dell’Ucraina, la costruzione di un nuovo futuro di pace, perché dopo questa guerra dobbiamo costruire un ordine in Europa, lo richiedano. Una via d’uscita bisogna lasciarla. Ho letto nei giornali che dovremmo lasciare una Sant’Elena a Putin. Non facciamo però di Putin Napoleone, come noi non siamo in un clima di Santa alleanza. Secondo me il vero problema è trovare una via realistica di uscita per i russi e salvare la libertà e la democrazia per gli ucraini.
È possibile questo?
Io credo sia possibile, e bisogna farlo con realismo e anche senza sacrificare troppo. Questa è la linea dei negoziati, e i negoziatori si devono muovere su questa linea difficile, di rendere possibile l’impossibile. Mi pare a proposito che il presidente Zelensky, che pure tiene un livello di coinvolgimento emotivo giustamente alto per incoraggiare il proprio popolo, non rifiuti una linea realistica come quella che si concretizza al tavolo di Istanbul. Allora la mia domanda è: i russi vogliono questa pace? Non lo dico come atto d’accusa, ma non lo so, e mi comincio a domandare se gli Stati Uniti non vogliano che la guerra duri un po’ di più. Mi sembra invece che la posizione di noi europei, e degli stessi ucraini, sia che la guerra deve finire presto e la ricostruzione cominciare presto.
Quale sarà il nuovo ordine mondiale dopo questa guerra così improvvisa, violenta, vicina?
Innanzitutto voglio dire che non sono russofobo. Amo la cultura russa, penso che il popolo russo sia un grande popolo, che nella storia ha sofferto moltissimo come quello ucraino, che è stato vittima dell’avidità dei suoi governanti, a partire da Stalin, che ha voluto un grande, impossibile impero nel cuore dell’Europa, un impero che ci sembrava d’acciaio, ma che in fondo non si reggeva. Andai negli anni Ottanta in una Leopoli sovietica dove si sentiva serpeggiare una coscienza di non appartenenza al mondo orientale, al mondo russo. Un ordine di pace secondo me significa guardare alla carta della Conferenza per la cooperazione e la sicurezza, in cui quasi cento Paesi, tra cui tutti quelli europei, offrono un grande spazio in cui costruire un’architettura di convivenza. Del resto, gli accordi di Helsinki, e quindi gli accordi della Conferenza, hanno avuto un ruolo importante nel pacificare l’Europa della guerra fredda e forse anche nel far cadere il muro. Quindi secondo me bisogna ripensare un rapporto tra Europa e Russia ma in questo quadro di convivenza.
Un ordine mondiale che preveda meno guerre.
Mi sembra che oggi, con l’allontanarsi dalla Seconda guerra mondiale, anche con lo scomparire di una generazione come quella delle vittime della Shoah, si parli troppo di guerra, la si rivaluti come strumento per la risoluzione dei conflitti e la difesa dei propri interessi. Ma la guerra oggi si eternizza. Ci sono tante guerre, ed è una mia paura per l’Ucraina, dove non ci sono né vinti né vincitori. Pensiamo alla guerra in Siria. Dura da undici anni, tre milioni di profughi, un paese sconvolto, si combatte ancora ma allo stesso tempo non si combatte. Quella guerra si eternizza. Lo stesso nello Yemen. Armi terribili e temibili, e nessuno vince, nessuno perde. Questa è la mia paura per l’Ucraina. Ma anche per l’Etiopia, ad esempio. Purtroppo con le armi potenti che ci sono, con le condizioni in cui siamo, le guerre non si concludono. Per questo bisogna prevenirle, per questo la guerra è un’avventura senza ritorno, come diceva Giovanni Paolo II. Quando una guerra comincia, sfugge di mano ai suoi attori. L’abbiamo visto recentemente in Ucraina: la guerra è sfuggita di mano, perché la guerra ha una sua logica sul campo e poi ne ha un’altra politico-mediatica.
Torniamo alla prima domanda, che ci eravamo promessi di approfondire. Con l’Ucraina si rischia di dimenticare le altre guerre? Le guerre dimenticate?
Io amo molto la Siria. È un Paese mosaico, che da giovane mi ha molto appassionato, e vederlo oggi distrutto fa male al cuore. Poi i siriani sono un popolo molto colto, l’inserzione dei siriani in Italia grazie ai corridoi umanitari, che sono un modo anche per evitare i trafficanti di essere umani, vengono ospitati a carico dei privati, delle organizzazioni, della Chiesa valdese, di Sant’Egidio, è meravigliosamente riuscita, ma questo è un popolo distrutto, abbattuto, per cui non esiste più il sogno della pace. Abbiamo cancellato la parola pace, e rimane la guerra. Un altro caso di paese dimenticato, sebbene non di guerra, è l’Afghanistan. A settembre eravamo lì a piangere all’aeroporto di Kabul, e oggi ci siamo completamente dimenticati. C’è gente in Pakistan, in Iran o nello stesso Afghanistan, che aspetta che li si accolga in Europa o in Occidente, come avevamo detto. Non parlo della Yemen, che è una scandalo, e penso ai tanti paesi africani che stanno scivolando nella guerra a causa del jihadismo. Che cos’è questo misterioso jihadismo? Se mi permettete la teoria un po’ ardita, credo che il jihadismo stia svolgendo la funzione del marxismo terzo-mondiale, stia cioè divenendo ideologia di lotta e ribellione per popolazioni che per motivi etnici o sociali, soprattutto giovani, anelano una ribellione. Ho visto nel Mozambico del nord quanti giovani, musulmani e non musulmani, sono stati coinvolti nel jihadismo, e questo è un fatto significativo perché il jihadismo è un’ideologia di lotta, che ti dà una Weltanschauung, che divide il mondo in oppressi e oppressori, ma poi diventa un banditismo. L’ho visto con i guerriglieri in Mozambico negli anni Novanta. È molto difficile così uscire dalla guerra, perché la guerra diventa un motivo di vita.
L'articolo Andrea Riccardi: ci sono tante guerre nel mondo e la guerra oggi si eternizza, per questo bisogna prevenirle proviene da ilcaffeonline.
Così il governo ha 'imposto' a Pisa una nuova base militare su un'area protetta
Il potenziamento della base miliare di Camp Darby sta suscitando non poche polemiche visto che verrà realizzata su un'area protetta e senza un...Cristina D'Amicis (Today)
Andrea Riccardi: ci sono tante guerre nel mondo e la guerra oggi si eternizza, per questo bisogna prevenirle
Questa guerra ci impressiona perché è vicina, perché sconvolge l’Europa dopo ottanta anni di pace, perché è di grande violenza e rischia di oltrepassare per la prima volta la linea rossa che mai si sarebbe pensato fosse oltrepassabile, quella del nucleare. Però quante guerre ci sono nel mondo?
È una domanda molto interessante. Io me la sono posta facendo una conversazione con alcuni amici africani che dicono che questa è una guerra tra noi europei, mentre ci sono altre guerre come quella in Etiopia o nel nord del Mozambico, poi c’è il jihadismo nel Sahara e la guerra in Siria che dura da undici anni. Dobbiamo però guardare alla guerra in Siria anche quando riflettiamo sull’Ucraina. Molti non europei dicono: questa guerra voi la fate grossa perché è una guerra vostra, e vi commuovete perché le vittime sono i bianchi. Non avete fatto così con i siriani quando accorrevano in Europa, e l’Europa si divise, e proprio i paesi di Visegrad erano i più duri. La cancelliera Merkel rispose nel modo che tutti ricordiamo: “noi possiamo”, e ha accolto un milione di rifugiati siriani. C’è la verità.
Ma la prossimità ha avuto un ruolo importante.
Ha ragione lei quando dice che è una guerra prossima, e aggiungerei che gli ucraini sono fra noi. Le donne ucraine lavorano nelle nostre case, sono badanti delle nostre mamme, sono nella nostra società. Però mi sono preso la briga di andare a guardare la distanza. Roma è più vicina a Damasco geograficamente di quanto lo sia a Kiev, anche se forse la vicinanza culturale è più forte. Ma lo è da un pugno di anni, perché prima dell’ottantanove l’Ucraina era lontanissima, il mondo comunista era lontanissimo. Io ricordo che insegnavo a Bari e l’Albania, che era a un centinaio di chilometri, pareva distante migliaia e migliaia di chilometri. Oggi l’Ucraina è vicina. Però c’è un altro motivo.
Quale?
Lei parlava di linea rossa che si supera. Io credo che questa è la guerra più drammatica dal 1945 perché è coinvolta una potenza nucleare, e quindi questa guerra può diventare una guerra europea e una guerra totale. Ci fu la crisi di Cuba nel 1962, ma fu una crisi e questa invece è una guerra. Questa è la differenza. Può incendiare il mondo. In questo senso mi permetto di dire che ci sono molte altre guerre, e non bisogna dimenticarle, però questa guerra deve attrarre la nostra attenzione perché se diventa guerra totale è una tragedia per gli ucraini prima di tutto, ma per gli europei e per il mondo. Non è pavidità cercare di contenere la guerra, è responsabilità.
Come si fa a non essere sensibili al grido di dolore degli ucraini che chiedono di poter essere messi in condizione di difendersi dalla morte? Le loro città sono distrutte e, come dice spesso il Papa, le vere vittime della guerra alla fine sono i popoli.
Io credo di sì, le vere vittime sono i popoli. Sono molto coinvolto nella vicenda ucraina. Sono stato al confine ucraino-slovacco e ho visto gli ucraini passare la frontiera e lasciare il proprio paese. In vita mia ho incontrato varie volte profughi e rifugiati, ma questa volta mi hanno fatto una impressione tutta diversa. Molto orgogliosi, quasi fieri. Un popolo di donne, perché sono le donne con i bambini, propri o affidati, con qualche anziano, che vanno via. Con un piumino, qualche bagaglio, magari un animale, escono a testa alta e vogliono rimanere in Polonia, vicino all’Ucraina, perché pensano di rientrare. Così l’Ucraina non è morta ma vive, vive in queste donne, in queste famiglie, nelle telefonate tra queste donne e i loro uomini che combattono, o resistono, o continuano a vivere in patria. La mia sensazione è che l’Ucraina è colpita, distrutta, ma tutt’altro che morta. La mia sensazione è che oggi essa sia più viva di ieri. Vorrei dire che l’aggressione russa all’Ucraina ha fatto il miracolo, cioè ha unificato gli ucraini che fino a ieri erano divisi. La politica degli ultimi anni era dividere gli ucraini, russofoni, russofili, oligarchi, gruppi e via dicendo. L’Ucraina si è tutta unita, difende se stessa, si sente nazione come non mai. Vinca o perda, l’Ucraina non si perde.
Soprattutto, dicono, noi difendiamo la libertà e la democrazia, difendiamo i valori che abbiamo in comune con voi. Questo è un altro messaggio importante che arriva all’Occidente.
Sì, è un messaggio molto importante che tocca ad esempio i cuori dei parlamenti europei a cui Zelensky ha parlato. Qui dobbiamo anche vedere la trasformazione di questo personaggio. Non dimentichiamoci che Zelensky è russofono, parla perfettamente ucraino ma è russofono, e peraltro ebreo. Questo ci dice la storia composita dell’Ucraina, e come quest’uomo che culturalmente apparterrebbe due volte a una minoranza, quest’uomo è divenuto il simbolo del carattere ucraino e dell’unità del Paese. Per questo dico che c’è stato un errore di calcolo da parte del presidente Putin, che forse sperava che l’Ucraina avrebbe accolto con i fiori i soldati russi. In realtà, invece, di fronte all’invasione russa l’Ucraina si è compattata. Ha avuto la capacità di resistere. Noi parliamo sempre di armi, e la guerra si fa con le armi, ma anche lo spirito di un Paese e dei suoi combattenti è importante, e lo spirito degli ucraini, combattenti o no, è molto forte, e questo secondo me è un messaggio importante alla Russia, all’Europa e all’Occidente.
In molti paesi si notano più divisioni che in Ucraina. Né con la NATO né con l’Ucraina, dice qualcuno in Italia. Perché sta succedendo? Io lo noto anche nelle chiese. Le parole del Papa sono nette. Però nelle chiese di diversi paesi ho l’impressione che non ci sia lo stesso coinvolgimento.
Il Papa ha fatto un discorso molto forte perché ha parlato della guerra come pazzia, ha condannato l’invasione in modo molto caldo quando ha toccato i frutti di questa invasione, quando è andato al Bambin Gesù a visitare i bambini feriti e ha avuto parole molto forti. Poi c’è stato il tema del due per cento, e il Papa ha parlato. Poi ha parlato dell’abolizione della guerra come sogno. Guardi, questo discorso ha fatto echeggiare in me un ricordo di Sturzo, che a un certo punto scrive: ma è possibile che non si arrivi ad abolire la guerra? Siamo arrivati ad abolire la schiavitù! E poi dice: ci sono biblioteche intere piene di trattati che dicono che l’economia finirebbe senza gli schiavi, ma ci siamo riusciti. Mi ha molto colpito perché Sturzo non era un sognatore, un utopista. Era un uomo preciso, che aveva perfino il gusto del diritto amministrativo, dell’amministrazione, eppure sognava la fine della guerra. Ora c’è questo vecchio Papa, che in fondo è rispettato nelle sue posizioni: abbiamo visto i governi che hanno concordato col Papa, anche se l’aumento al due per cento c’è stato.
Ma nella Chiesa cattolica si fa eco alle parole del Papa?
A me sembra che le chiese cattoliche europee siano in uno stato di introversione, cioè la Chiesa cattolica francese ha il problema della gestione degli scandali, la Chiesa cattolica tedesca non ha detto una parola sul riarmo della Germania, e questo mi ha molto colpito, perché, al di là del sì e del no, quello è un grande tema, che dagli anni Quaranta è stato elaborato. Il problema della Chiesa cattolica tedesca piuttosto è il cammino sinodale. Poi ci sono mormorii in Italia, in Spagna eccetera. Non c’è stato un dibattito. Ma se la Chiesa deve uscire nella storia, questa è la storia: la guerra è la storia di oggi. Poi in Polonia hanno una posizione molto critica verso il Papa perché, si dice, il Papa non condanna Putin. Cioè non dice che Putin è un aggressore. Ma il Papa ha condannato l’aggressione. I Papi in un certo senso non condannano mai e non si schierano mai. Questa è una posizione antica, si schierano per la pace. Non sono un tribunale dell’Aja che condanna gli aggressori. Anche perché la Chiesa è internazionale. Ci sono cattolici in Russia, ci sono cattolici in ogni paese. Qui vengo alla seconda parte della sua domanda, che è il mondo ortodosso.
Ci spieghi.
Innanzi tutto vediamo mezzo secolo di ecumenismo in crisi, con una divisione fortissima dei cristiani. Ma c’è anche la divisione interortodossa. Ma dov’è il blocco russo-ortodosso di Huntington che dovrebbe fare guerra di civiltà all’Occidente quando gli ortodossi si uccidono tra loro? Ma poi che ortodossi: gli ortodossi della stessa Chiesa, che è la Chiesa del patriarcato di Mosca. Vediamo l’esarca del patriarcato di Mosca in Ucraina che critica duramente il patriarca Kirill e critica duramente il presidente Putin. Poi vediamo che in Ucraina c’è una Chiesa ortodossa riconosciuta da Costantinopoli che ha un’altra posizione. Mi tornava in mente la domanda che alcuni pionieri dell’ecumenismo si posero durante e dopo la prima guerra mondiale: la divisione dei cristiani non favorisce la guerra? Diceva un romanziere: povero Dio, chi deve ascoltare? I francesi pregano per la loro vittoria, i tedeschi perla loro. E Dio? In questo c’è stata sempre la posizione del papato lungo tutto il Novecento: pace, e non vittoria. C’è un bel discorso di Papa Francesco del 2012 che dice: sento parlare di vittoria e di sconfitta, vorrei sentire parlare di pace.
A proposito di pace, la Comunità di S. Egidio ha proposto che Kiev diventi una città aperta, come Roma nel ’43. Che significato avrebbe?
La proposta che abbiamo fatto è una proposta legata al fatto di salvare la città, di evitare i combattimenti dentro la città, ed è poi una proposta che tocca il carattere della città, perché Kiev non è solo la capitale dell’Ucraina, ma è la Gerusalemme dell’ortodossia slava. In un certo senso se i russi bombardano Kiev è come se gli italiani bombardassero Roma, perché Kiev viene definita la madre di tutte le città russe. La stessa proposta facemmo per Aleppo, e all’epoca fu presa in esame. Oggi non mi sembra abbia avuto grande attenzione. La Comunità di S. Egidio è nell’est d’Europa. È in Russia, ma è anche a Kiev ed è a Leopoli. Abbiamo organizzato un centro per l’assistenza ai profughi e ai rifugiati con molta forza, molta energia, ed anche a Kharkiv un piccolo gruppo ha continuato a lavorare per i più anziani. Purtroppo una delle nostre due sedi a Kiev è stata colpita. Ci ha fatto molta impressione, perché in questa sede, che era uno scantinato, erano nascosti una famiglia e un disabile che per fortuna sono rimasti illesi.
L’Europa si è risvegliata con il Covid. Adesso appare molto più unita. Quantomeno nelle sanzioni. Manca ancora qualcosa però a questa Europa. Che cosa impedisce all’Europa di essere una protagonista al livello delle altre superpotenze mondiali?
Lei ha toccato un nodo fondamentale. L’Europa ha gestito insieme il Covid e questo è stato un grande fatto. I Paesi europei si sono allineati sulle sanzioni, ma in un certo senso non hanno giocato un ruolo. Forse il cancelliere tedesco, il presidente francese hanno parlato con Putin ma non hanno giocato un ruolo particolare. Io confido molto nella mediazione turca, ma non posso non notare con un qualche stupore, non dico amarezza perché faccio gli auguri alla grande diplomazia turca, che alla Turchia appunto sia affidata la mediazione. La prima crisi ucraina fu risolta dagli europei con gli accordi di Minsk. Che oggi la situazione sia mediata dalla Turchia è significativo di una qualche impotenza dell’Europa. Si dice che l’Europa sta da una parte e quindi non può mediare. Ma il vero problema è questa Europa. Anche l’aumento delle spese militari al due per cento.
Costruire uno strumento europeo di difesa?
Prima di costruirlo occorre costruire una politica estera comune. O l’Europa riesce a fare questo grande salto, e allora sarà un elemento fondamentale nella storia, una protagonista pesante, oppure il rischio è quello dell’irrilevanza, e i Paesi irrilevanti qualche volta sono anche pericolosi. Se l’Europa sarà irrilevante, e non riuscirà a unificarsi sulla politica estera e militare, questo nella storia del mondo significherà molto. Mi piace citare in proposito la frase di Padoa Schioppa: una forza gentile. Gentile, ma una forza.
Ma quale Europa? Quella dell’Unione?
Quella che ci sta. Ad oggi vedo i paesi dell’Europa occidentale. Quelli dell’Europa orientale stanno vivendo il loro Risorgimento, e giustamente. Questo sarebbe il futuro dell’Italia nel Mediterraneo, un Paese euro-mediterraneo.
Arriveranno molti migranti, da più confini. Noi siamo abituati a sentire la pressione dal Mediterraneo, ma non hanno mai smesso di arrivare dal confine est i siriani. Adesso si apre questo nuovo fronte, saranno milioni.
Secondo me questo sentimento di accoglienza che si vive in tutta Europa è un sentimento popolare, perché tutti vorrebbero fare qualcosa, e infatti tutti partecipano. Osservo il modo con cui ciascuno va a vedere le notizie e poi ti informa su quanto accade. Questo secondo me è un desiderio di Europa e di mondo da non perdere. Dove posso lo dico a tutti quelli che sono impegnati in politica e nei media. A tal proposito dobbiamo ringraziare gli inviati, perché senza gli inviati sul campo non avremmo seguito allo stesso modo questa guerra e l’avremmo dimenticata come abbiamo dimenticato la guerra in Siria.
Siamo pronti ad accoglierli?
C’è questa solidarietà e questo interesse che è voglia di Europa e di mondo, dopo il Covid. È un fatto molto importante, che i partiti, le forze sociali, gli intellettuali, le chiese devono cogliere, perché è una voglia di politica, in senso lato. Mi pare che l’“invasione” degli ucraini in Italia, come anche in Germania, sia piuttosto relativa. Crescerà, sicuramente fino a quando la guerra non si fermerà, ma sono numeri piuttosto relativi anche perché molti vorranno ritornare in Ucraina. Il problema è per la Polonia, e per la Polonia è un grande paradosso, perché è quella Polonia che disse no ai siriani, quella Polonia che contro quel pugno di afghani che erano ai confini con la Bielorussia, con quel gioco sporco che fece la Bielorussia, schierò l’esercito. La Polonia oggi accoglie. Sono stato a Varsavia, è un’accoglienza generosa, un’accoglienza fatta anche dalla gente comune. Certo, i numeri sono grandi, quindi tra poco la Polonia dovrà chiedere le quote e una distribuzione agli altri paesi europei.
Perché in questa guerra pare ci sia ancora più difficolta che in altre ad aprire dei veri corridoi umanitari?
L’espressione corridoio umanitario è un’espressione il cui senso si è molto allargato. Noi, come S. Egidio, con gli amici valdesi, lo abbiamo rilanciato per i profughi siriani in Libano, poi l’abbiamo praticato con l’Afghanistan, la Libia, il Corno d’Africa. Ormai l’idea del corridoio umanitario è l’idea di salvezza attraverso cui ci si può rifugiare, nel cuore della guerra, ad esempio in Europa. Perché? Perché il corridoio richiede uno spazio di tregua, spazio che non abbiamo avuto nella guerra in Ucraina. Una tregua anche limitata è necessaria.
È ancora possibile lasciare, secondo lei, una via d’uscita a Putin?
Io penso che le nostre preoccupazioni nei confronti della Russia, l’interesse dell’Ucraina, la costruzione di un nuovo futuro di pace, perché dopo questa guerra dobbiamo costruire un ordine in Europa, lo richiedano. Una via d’uscita bisogna lasciarla. Ho letto nei giornali che dovremmo lasciare una Sant’Elena a Putin. Non facciamo però di Putin Napoleone, come noi non siamo in un clima di Santa alleanza. Secondo me il vero problema è trovare una via realistica di uscita per i russi e salvare la libertà e la democrazia per gli ucraini.
È possibile questo?
Io credo sia possibile, e bisogna farlo con realismo e anche senza sacrificare troppo. Questa è la linea dei negoziati, e i negoziatori si devono muovere su questa linea difficile, di rendere possibile l’impossibile. Mi pare a proposito che il presidente Zelensky, che pure tiene un livello di coinvolgimento emotivo giustamente alto per incoraggiare il proprio popolo, non rifiuti una linea realistica come quella che si concretizza al tavolo di Istanbul. Allora la mia domanda è: i russi vogliono questa pace? Non lo dico come atto d’accusa, ma non lo so, e mi comincio a domandare se gli Stati Uniti non vogliano che la guerra duri un po’ di più. Mi sembra invece che la posizione di noi europei, e degli stessi ucraini, sia che la guerra deve finire presto e la ricostruzione cominciare presto.
Quale sarà il nuovo ordine mondiale dopo questa guerra così improvvisa, violenta, vicina?
Innanzitutto voglio dire che non sono russofobo. Amo la cultura russa, penso che il popolo russo sia un grande popolo, che nella storia ha sofferto moltissimo come quello ucraino, che è stato vittima dell’avidità dei suoi governanti, a partire da Stalin, che ha voluto un grande, impossibile impero nel cuore dell’Europa, un impero che ci sembrava d’acciaio, ma che in fondo non si reggeva. Andai negli anni Ottanta in una Leopoli sovietica dove si sentiva serpeggiare una coscienza di non appartenenza al mondo orientale, al mondo russo. Un ordine di pace secondo me significa guardare alla carta della Conferenza per la cooperazione e la sicurezza, in cui quasi cento Paesi, tra cui tutti quelli europei, offrono un grande spazio in cui costruire un’architettura di convivenza. Del resto, gli accordi di Helsinki, e quindi gli accordi della Conferenza, hanno avuto un ruolo importante nel pacificare l’Europa della guerra fredda e forse anche nel far cadere il muro. Quindi secondo me bisogna ripensare un rapporto tra Europa e Russia ma in questo quadro di convivenza.
Un ordine mondiale che preveda meno guerre.
Mi sembra che oggi, con l’allontanarsi dalla Seconda guerra mondiale, anche con lo scomparire di una generazione come quella delle vittime della Shoah, si parli troppo di guerra, la si rivaluti come strumento per la risoluzione dei conflitti e la difesa dei propri interessi. Ma la guerra oggi si eternizza. Ci sono tante guerre, ed è una mia paura per l’Ucraina, dove non ci sono né vinti né vincitori. Pensiamo alla guerra in Siria. Dura da undici anni, tre milioni di profughi, un paese sconvolto, si combatte ancora ma allo stesso tempo non si combatte. Quella guerra si eternizza. Lo stesso nello Yemen. Armi terribili e temibili, e nessuno vince, nessuno perde. Questa è la mia paura per l’Ucraina. Ma anche per l’Etiopia, ad esempio. Purtroppo con le armi potenti che ci sono, con le condizioni in cui siamo, le guerre non si concludono. Per questo bisogna prevenirle, per questo la guerra è un’avventura senza ritorno, come diceva Giovanni Paolo II. Quando una guerra comincia, sfugge di mano ai suoi attori. L’abbiamo visto recentemente in Ucraina: la guerra è sfuggita di mano, perché la guerra ha una sua logica sul campo e poi ne ha un’altra politico-mediatica.
Torniamo alla prima domanda, che ci eravamo promessi di approfondire. Con l’Ucraina si rischia di dimenticare le altre guerre? Le guerre dimenticate?
Io amo molto la Siria. È un Paese mosaico, che da giovane mi ha molto appassionato, e vederlo oggi distrutto fa male al cuore. Poi i siriani sono un popolo molto colto, l’inserzione dei siriani in Italia grazie ai corridoi umanitari, che sono un modo anche per evitare i trafficanti di essere umani, vengono ospitati a carico dei privati, delle organizzazioni, della Chiesa valdese, di Sant’Egidio, è meravigliosamente riuscita, ma questo è un popolo distrutto, abbattuto, per cui non esiste più il sogno della pace. Abbiamo cancellato la parola pace, e rimane la guerra. Un altro caso di paese dimenticato, sebbene non di guerra, è l’Afghanistan. A settembre eravamo lì a piangere all’aeroporto di Kabul, e oggi ci siamo completamente dimenticati. C’è gente in Pakistan, in Iran o nello stesso Afghanistan, che aspetta che li si accolga in Europa o in Occidente, come avevamo detto. Non parlo della Yemen, che è una scandalo, e penso ai tanti paesi africani che stanno scivolando nella guerra a causa del jihadismo. Che cos’è questo misterioso jihadismo? Se mi permettete la teoria un po’ ardita, credo che il jihadismo stia svolgendo la funzione del marxismo terzo-mondiale, stia cioè divenendo ideologia di lotta e ribellione per popolazioni che per motivi etnici o sociali, soprattutto giovani, anelano una ribellione. Ho visto nel Mozambico del nord quanti giovani, musulmani e non musulmani, sono stati coinvolti nel jihadismo, e questo è un fatto significativo perché il jihadismo è un’ideologia di lotta, che ti dà una Weltanschauung, che divide il mondo in oppressi e oppressori, ma poi diventa un banditismo. L’ho visto con i guerriglieri in Mozambico negli anni Novanta. È molto difficile così uscire dalla guerra, perché la guerra diventa un motivo di vita.
L'articolo Andrea Riccardi: ci sono tante guerre nel mondo e la guerra oggi si eternizza, per questo bisogna prevenirle proviene da ilcaffeonline.
#Garantismi – Dati biometrici: in vendita obbligata
Dati biometrici: in vendita senza possibilità di scampo? Ne abbiamo parlato con Matteo Flora a #Garantismi, la rubrica settimanale su diritti digitali, privacy e tecnologia.
Guarda il video:
youtube.com/embed/BvzWya2BpWc?…
PNRR: 21 Borghi avanguardia della rigenerazione culturale
Dopo qualche mese di rimbalzo mediatico della sigla PNRR, acronimo misterioso per gli scettici, lettere salvifiche per i promotori della rinascita, il 18 marzo scorso è stata ufficializzata la selezione dei 21 borghi eletti come destinatari meritevoli di una parte dei finanziamenti del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza. Il PNRR è lo strumento ideato dall’Italia per aderire al programma europeo Next Generation EU, finalizzato ad incentivare la ripresa economica post pandemia Covid-19.
Quest’ultimo è stato declinato nei singoli Stati europei attraverso calls for proposal, ossia bandi che hanno attivato progettualità focalizzate sulla sostenibilità economica ed ambientale, sulla digitalizzazione e su forme innovative di imprenditorialità. Dalla somma dei fondi europei e dei complementari nazionali stanziati per il PNRR si è giunti ad una titolazione di finanziamento senza precedenti: 191,5 miliardi di euro, di cui almeno 1.020 milioni di euro per i borghi.
L’investimento del Piano è suddiviso in due linee d’intervento: la linea A, ossia quella dei Progetti pilota per la rigenerazione culturale, sociale ed economica dei Borghi a rischio abbandono e abbandonati, giunta adesso alla fase di selezione delle 21 realtà territoriali, è corredata da una dotazione finanziaria di 420 milioni di euro; la linea B è invece dedicata a progetti locali di rigenerazione e potrà contare su 580 milioni di euro.
Sono questi alcuni dei filoni tematici comuni alle proposte dei 21 borghi:
Spazio. Ricettività diffusa, residenzialità culturale, co-working, south-smart working, nomadismo digitale: tutte proposte di cambio destinazione d’uso dei luoghi in chiave white box.
Formazione. Promozione di scuole di alta formazione specifica, valorizzazione del patrimonio culturale immateriale, attenzione al culto della memoria e delle tradizioni.
Sviluppo. Incubazione di start up, imprenditoria creativa e canonica, turismo esperienziale, digitalizzazione.
Sostenibilità. Recupero coltivazioni in disuso, impianti green.
Tutti gli interventi progettati dai borghi traggono beneficio dalla contaminazione tra i vari settori produttivi e hanno eletto come punto di forza imprescindibile il fare rete, in termini di condivisione di idee, di competenze e di scelte di partenariato.
Stay tuned per la seconda linea di azione del bando!
Per l’elenco completo dei 21 borghi selezionati consultare cultura.gov.it/comunicato/2249…
L'articolo PNRR: 21 Borghi avanguardia della rigenerazione culturale proviene da ilcaffeonline.
noybeu: “👉Your Chance to join the @noyb…”
👉Your Chance to join the @noybeu Team as a #Trainee! 😊
We are looking for young lawyers that want to gain experience in #GDPR litigation and enforcement.
⏩Find out more & apply now for May 2022 onward at noyb.eu/en/traineeship
mastodon.social/@noybeu/108113…
LordMax likes this.
Gnod - Hexen Valley
Difficile stare al passo con la discografia degli Gnod, all'inizio di aprile in prima linea con un nuovo capitolo, “Hexen Valley”.
like this
reshared this
Privacy Daily – 11 aprile 2022
L’uso del riconoscimento facciale in guerra
Clearview AI viene utilizzato per verificare l’identità dei soldati russi, compresi quelli deceduti, e dei viaggiatori in Ucraina, secondo quanto riporta il New York Times. Clearview ha creato più di 200 account per gli utenti di cinque agenzie governative ucraine, con oltre 5.000 ricerche condotte. I critici, come il vicedirettore di Fight for the Future Evan Greer, hanno sollevato preoccupazioni sull’espansione dell’uso della tecnologia di riconoscimento facciale, ritenendo che dovrebbe essere vietata in tutto il mondo perché i governi l’hanno usata per perseguitare le minoranze e reprimere il dissenso
Services that put a name to a face, including Clearview AI, are being used to identify Russian soldiers, living or dead, and to verify that travelers in Ukraine are who they claim, New York Times reported. Clearview has created more than 200 accounts for users at five Ukrainian government agencies, which have conducted more than 5,000 searches. Evan Greer, a deputy director for the digital rights group Fight for the Future, is opposed to any use of facial recognition technology, and said she believed that it should be banned worldwide because governments had used it to persecute minority groups and suppress dissent.
nytimes.com/2022/04/07/technol…
La Germania ritarda l’attuazione delle norme dell’UE sulla protezione dei dati
Il commissario federale tedesco per la protezione dei dati e la libertà di informazione Ulrich Kelber ha consegnato il rapporto annuale al Bundestag, in cui afferma che il paese ha ritardato l’attuazione della direttiva dell’UE sulla protezione dei dati, riferisce Euractiv. Kelber ha affermato che la Germania è rimasta indietro rispetto ad altre nazioni in particolare nell’ambito degli affari interni e della giustizia. La pandemia, che ha colpito la protezione dei dati e la libertà di informazione in diverse aree è stata uno degli elementi dominanti del rapporto annuale del commissario Kelber.
In the annual report presented to the Bundestag Germany’s data protection commissioner Ulrich Kelber criticised the country for delaying its implementation of the EU data protection directive, particularly in the field of justice and home affairs. EURACTIV Germany reports. The pandemic, which affected data protection and freedom of information in many areas, was a prominent feature in the annual report data protection commissioner Kelber-
euractiv.com/section/data-prot…
I 25 anni di privacy – L’anniversario dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali – il video
“25 anni di privacy in Italia” – L’anniversario del Garante per la protezione dei dati personali – il video e la pagina tematica.
25 years of privacv in Italy – The anniversary of Italian Data Protection Authority,, watch the video and the dedicated page on:
gpdp.it/25-anni-di-privacy-in-…
Corte di Cassazione: l’invio di una comunicazione per acquisire il consenso dell’utente equivale essa stessa a una comunicazione commerciale.
Con l’ordinanza n. 9920 del 28 marzo 2022, la Corte di Cassazione ha fornito preziosi chiarimenti in relazione alle campagne volte all’acquisizione del consenso al trattamento dei dati personali per finalità di marketing.
Nella pronuncia in esame, la Corte di Cassazione ha riconosciuto – accogliendo il ricorso dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali – l’illiceità dei trattamenti di dati personali consistenti nell’invio di comunicazioni volte a richiedere il consenso al trattamento per finalità di marketing nei confronti di interessati che in precedenza non avevano fornito o avevano ritirato tale consenso.
L’ordinanza prende le mosse da un ricorso proposto dal Garante per la protezione dei dati personali avverso la sentenza n. 10789/2019 del Tribunale di Roma, con cui il giudice di merito aveva accolto l’impugnazione, presentata da una società, avverso il provvedimento dell’Autorità n. 437 del 27 ottobre 2016. La società, nel caso di specie, aveva proceduto all’invio di comunicazioni finalizzate al recupero del consenso per finalità di marketing sia a clienti di nuova acquisizione sia a quelli già presenti nella customer base.
Il giudice di merito, in particolare, aveva ritenuto che l’art. 130, comma 1, del D. Lgs. 196/2003 (Codice Privacy), nonostante vietasse le attività promozionali o pubblicitarie in assenza di consenso, non risultasse di ostacolo all’invio di messaggi diretti proprio ad acquisire suddetto consenso, da manifestarsi poi in modo consapevole da parte del cliente e finalizzato al successivo inoltro da parte dell’azienda di offerte commerciali.
Preliminarmente, si evidenzia che nel ricorso presentato dal Garante veniva rappresentata la violazione dell’art. 2 Cost., art. 8 Cedu, art. 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, e degli artt. 6, comma 1, del Regolamento (UE) 2016/679, e 130 del Codice Privacy.
Ad avviso dell’Autorità, infatti, la società, con l’invio di sms finalizzati all’acquisizione del consenso per l’effettuazione di attività di marketing a un bacino di utenti i cui dati personali erano stati trattati in difetto del consenso originario, aveva posto in essere un’attività contra legem, costituente essa stessa un trattamento illecito di dati personali per finalità di marketing nei riguardi di chi quel consenso non lo aveva manifestato.
La Corte di Cassazione ha condiviso l’orientamento del Garante Privacy fornendo le seguenti osservazioni:
- l’art. 130, comma 1, del Codice Privacy, che disciplina le cd. “comunicazioni indesiderate”, non richiede il consenso esclusivamente per l’invio di materiale o per la vendita diretta, ma anche e più semplicemente per l’invio di generiche “comunicazioni commerciali”;
- la richiesta di consenso per l’effettuazione di successive attività promozionali costituisce essa stessa una “comunicazione commerciale”, dal momento che è teleologicamente preordinata, connessa e finalizzata all’invio di comunicazioni commerciali;
- tale considerazione era già stata sostenuta dalla Corte di Cassazione in relazione alla comunicazione telefonica finalizzata a ottenere il consenso per fini di marketing da chi l’abbia precedentemente negato, poiché la finalità alla quale è imprescindibilmente collegato il consenso richiesto per il trattamento concorre a qualificare il trattamento stesso (si veda ordinanza Cass. Civ. sez. I – 26/04/2021, n. 11019);
- il trattamento dei dati personali delle persone contattate, in assenza di consenso legittimamente manifestato, è illecito a prescindere dal fatto che l’interessato sia iscritto nel registro pubblico delle opposizioni (si veda ordinanza Cass. Civ. sez. I – 26/04/2021 n. 11019).
- l’art. 130, comma 2, del Codice Privacy, estende l’applicazione del comma 1 anche alle comunicazioni elettroniche, effettuate per finalità di marketing, mediante posta elettronica, telefax, messaggi del tipo Mms (Multimedia Messaging Service) o Sms (Short Message Service) o di altro tipo;
- con riguardo all’invio di comunicazioni mediante sistemi automatizzati, si deve ricordare la ratio protettiva individuabile nella Direttiva cd. e-privacy 2002/58-CE, all’epoca vigente, espressamente tesa ad evitare l’utilizzo surrettizio di mezzi rivolti all’attività di marketing nonostante la mancanza di consensi esplicitamente, e anteriormente, non rilasciati dai soggetti interessati.
Indubbiamente il provvedimento della Suprema Corte interviene su una tematica centrale e dibattuta nello specifico ambito del trattamento dei dati personali per finalità di marketing.
Con l’ordinanza, in definitiva, la Cassazione afferma che tali comunicazioni configurano di per sé un trattamento illecito di dati personali, poiché la ratio sottesa alla normativa in materia di protezione dei dati personali induce ad equiparare la mancanza del consenso al dissenso, con esplicita esclusione dell’applicabilità del regime dell’opt-out della volontà dell’interessato. Di conseguenza, nel caso in cui il consenso per finalità di marketing non sia stato prestato precedentemente all’inizio del trattamento, ad esempio all’atto di stipula di un contratto o della richiesta di un servizio, non sarebbe possibile esperire successivi ed estemporanei tentativi di acquisizione in carenza di un valido presupposto di liceità del trattamento. Ciò, in particolare, ha degli effetti diretti sulle attività intraprese dai titolari del trattamento al fine di “sanare” l’assenza del consenso, poiché dovranno essere progettate tenendo conto dei principi sanciti dal Garante Privacy e ormai confermati dalla Cassazione.
Alessandro Perotti
L'articolo Corte di Cassazione: l’invio di una comunicazione per acquisire il consenso dell’utente equivale essa stessa a una comunicazione commerciale. proviene da E-Lex.
LordMax likes this.
reshared this
INDIGNAZIONE A COMANDO
Ci si indigna per l’ennesimo massacro di guerra, un orrore perpetrato nella città ucraina di Bucha e, se effettivamente avvenuto, non sarà l’unico né tantomeno l’ultimo. Da sempre i civili inermi sono le vere vittime di ogni conflitto e la storia abbonda di questi crimini, per questo il vero crimine è la guerra in sé e chiunque non la condanni si rende complice di ogni vita persa in combattimento, di ogni civile caduto, di ogni massacro e di ogni pulizia etnica.
iyezine.com/indignazione-a-com…
INDIGNAZIONE A COMANDO
Ci si indigna per l'ennesimo massacro di guerra, un orrore perpetrato nella città ucraina di Bucha e, se effettivamente avvenuto, non sarà l'unico né tantomeno l'ultimo.Mauro Bogliolo (In Your Eyes ezine)
FreeSewing è un progetto software open source con l'obiettivo di diventare la Wikipedia dei modelli di cucito.
«Forniamo una libreria di base per la progettazione di modelli parametrici, una libreria in continua crescita di progetti implementati nel codice, nonché una serie di strumenti adiacenti per la creazione di interfacce moderne sulla nostra piattaforma.
Non siamo interessati alla moda, alle tendenze o alla pubblicazione del nuovo modello caldo della stagione. Invece, vogliamo responsabilizzare i maker distillando la conoscenza della comunità del cucito in progetti parametrici + documentazione e rendere tali informazioni liberamente disponibili.»
FreeSewing è creato da collaboratori che sono tutti volontari e supportati finanziariamente attraverso Patron .
(segnalato da @Elena ``of Valhalla'' )
like this
reshared this
“Siamo sotto attacco degli hacker”. Il Mite spegne tutti i computer
L’allarme al ministero della Transizione ecologica
di ARTURO DI CORINTO per La Repubblica del 9 Aprile 2022
Alla fine il ministero per la Transizione ecologica (Mite) ha dovuto ammetterlo: è stato un attacco informatico a motivare la scelta di spegnere tutti i server e oscurare il sito web del dicastero, ormai al terzo giorno di inattività.
Il problema era stato annunciato dallo stesso ministro Roberto Cingolani, durante una trasmissione radiofonica in cui aveva detto che erano state rilevate minacce al perimetro esterno del Mite. La formula usata per giustificare l’oscuramento della propria vetrina pubblica e il blocco dei suoi servizi aveva suggerito subito due spiegazioni: la scelta era il risultato di una eccessiva cautela del ministero o la consapevolezza mal dissimulata di avere un malware in pancia.
Quello che sappiamo intanto è che il 23 marzo scorso il Cert-Agid, un tempo la squadra di pronto intervento per tutta l’informatica della Pubblica amministrazione, ha comunicato l’esistenza di una campagna di malspam, cioè email malevole i cui mittenti usano come esca il logo del Mite, e finti indirizzi del suo ufficio relazioni con il pubblico, per prendere all’amo chiunque ci caschi e riversargli nel computer il malware Ursnif.
Siccome quasi tutti gli attacchi informatici iniziano settimane o mesi prima attraverso queste campagne di malspam, c’è stato chi ha ipotizzato che il pericolo rilevato dal Mite potesse essere legato proprio a questo trojan informatico.
Ursnif è un pericoloso malware di tipo as a service, cioè un vendita o affitto a chiunque lo paghi, che infetta velocemente le macchine bersaglio ed è molto gettonato dai cosiddetti Iab, gli Initial access broker, gli intermediari che rivendono le credenziali rubate a chi vuole eseguire un attacco informatico.
Altra ipotesi è che la decisione di spegnere tutto sia derivata dall’intercettazione sul perimetro ministeriale di Cobalt Strike, uno strumento per testare le difese informatiche diventato uno dei tool preferiti dai cyber criminali per sfruttare le vulnerabilità dei sistemi bersaglio con apposite tecniche d’attacco. Rilevare la sua presenza, il suo “agent”, sulla macchina della vittima (si chiama Beacon), significa che l’attaccante è già penetrato nella infrastruttura e che la Cyber Kill Chain, i passaggi necessari a colpire la vittima, è stata già avviata, visto che permette l’esecuzione di comandi, esfiltrazione e upload di file, acquisizione di privilegi amministrativi sui pc. Costa solo 3.500 dollari ed è alla portata di qualsiasi criminale, ma è stato usato anche dagli hacker russi di Conti Group, schierati col Cremlino. Il Mite ha affermato tuttavia che per ora non ci sono evidenze di un’eventuale furto di dati.
Se spegnere i computer è apparsa a molti esperti come una risposta improvvisata, in questo caso potrebbe essere stata la scelta più giusta da fare, consapevoli, come ha dichiarato il direttore dell’Agenzia nazionale per la cybersicurezza, Roberto Baldoni, della necessità di sanare, e presto, le vulnerabilità dei sistemi digitali della nostra pubblica amministrazione.
like this
informapirata ⁂ reshared this.
Julian Assange e Wikileaks: libertà di informazione sotto processo
Il processo più importante contro il giornalismo sta raggiungendo un punto critico poiché i tribunali del Regno Unito emetteranno l'ordine di estradare il fondatore di #WikiLeaks, Julian #Assange, per affrontare una condanna a 175 anni per le famose pubblicazioni di WikiLeaks che denunciano crimini di guerra, torture, abusi e illegalità a Guantanamo e nelle guerre in Afghanistan e in Iraq.
Tutti i principali gruppi per la libertà di stampa hanno lanciato l'allarme che il caso contro di lui costituisce un precedente che sarà utilizzato contro altri giornalisti in tutto il mondo e ha avviato una corsa globale al ribasso sulla libertà di stampa.
Assange ha perso la libertà nel 2010 e da allora non ha più camminato per le strade da uomo libero. Quanto ai giornalisti di WikiLeaks, sono sotto inchiesta continua dal 2010 e rischiano di finire accusati delle stesse pubblicazioni. Questa non è solo una mostruosa ingiustizia, ma anche un attacco senza precedenti al diritto del pubblico di conoscere gli angoli più bui dei nostri governi, dove si pianificano guerre, torture, uccisioni extragiudiziali.
Stella Assange è la moglie di Julian Assange e la madre dei loro due figli piccoli: si sono appena sposati nella prigione di Belmarsh.
Joseph Farrell è un giornalista britannico che lavora con WikiLeaks dal 2010.
Stefania Maurizi è una giornalista investigativa che ha lavorato su tutti i documenti segreti di WikiLeaks dal 2009.
Interventi di: Stella Assange (avvocato per i diritti umani (via video)), Joseph #Farrell (ambasciatore di WikiLeaks ), Stefania #Maurizi (Il Fatto Quotidiano)
Julian Assange and Wikileaks: freedom of information on trial
The most consequential trial against journalism is reaching a critical point as UK courts are set to issue the order to extradite the WikiLeaks founder, Juli...YouTube
like this
reshared this
#nvidia rilascia il codice di un driver! Per ora è solo per i sistemi #tegra, comunque potrebbe essere un buon primo passo
phoronix.com/scan.php?page=new…
New NVIDIA Open-Source Linux Kernel Graphics Driver Appears
Appearing with NVIDIA's latest Linux4Tegra code drop is a new open-source kernel graphics driver not previously publishedwww.phoronix.com
Da quache tempo sto violando la #privacy di qualcuno, contro il mio stesso volere. E non posso farci niente!
In pratica ho un vecchio indirizzo email nomecognome gmail. Mi capita da anni di essere contattato in modo random da persone che cercano miei omonimi. Il problema è che c'è qualcuno in particolare che sicuramente ricorda male il proprio indirizzo, e usa il mio per registrarsi a siti e acquistare servizi.
Siccome questi servizi sono a loro volta poco attenti alla privacy, nelle mail di conferma mettono un po' tutto (tranne purtroppo il riepilogo dei contatti, altrimenti mi sarei premurato di avvisare l'interessato). So che l'omonimo sta cercando un'auto usata e di quale ha chiesto ulteriori informazioni, conosco il suo indirizzo di residenza, so che ha sottoscritto un nuovo piano telefonico.
Ovviamente ogni volta ho cercato il modo di contattare il servizio da cui ricevo la mail, ma la maggior parte delle volte l'accesso al servizio clienti è blindato, o raggiungibile solo previa registrazione. Registrazione che non mi interessa e non intendo fare, e che comunque dovrei fare con un altro indirizzo email per non "rubare" l'account di chi ha usato il mio per errore.
A qualcun altro è successo? Consigli su come procedere?
La workstation del 1996 con cui è stato sviluppato Final Fantasy 7
lunduke.substack.com/p/the-com…
The computers used to do 3D animation for Final Fantasy VII... in 1996.
It's time for a little dive into mid-1990s computer history!Bryan Lunduke (The Lunduke Journal of Technology)
il mio #discoDellaNotte è Unsolved dei Karate.
Karate - Unsolved (2000) Full Album
* This record is for purposes of dissemination and non commercial use. 1. "Small Fires" 00:002. "The Lived-But-Yet-Named" 6:083. "Sever" 10:434. "The Roots a...YouTube
like this
The Queen Is Dead Volume 43 - Flamenco Pop Volume 14 \ A Naino naino !
The Queen Is Dead Volume 43 - Flamenco Pop Volume 14 A Naino naino !
The Queen Is Dead Volume 43 - Flamenco Pop Volume 14 A Naino naino ! : Raccolta della stupefacente Adarce Records che raccoglie il meglio della scena che miscelava insieme flamenco e pop tra il 1968 e il 1977.In Your Eyes ezine
Ibibio Sound Machine - Electricity
Quella degli Ibibio è una popolazione nigeriana antichissima, la cui presenza è già attestata attorno al 7000 a.C.
È a questo retaggio che appartiene la famiglia, per parte materna, della cantante Eno Williams; radici genetiche e culturali di vetusta stirpe, che hanno senza dubbio trasmesso in lei, che da bambina proprio in quelle terre ha vissuto, le coordinate essenziali che avrebbero determinato il suo ruolo e il suo posto nel mondo.
iyezine.com/ibibio-sound-machi…
Ibibio Sound Machine - Electricity
Funk, Discofunk, Elettro grandissimo disco !!! - Ibibio Sound Machine, Electricity (Merge Records)In Your Eyes ezine
informapirata ⁂ likes this.
informapirata ⁂ reshared this.
invidious.fdn.fr/watch?v=qROxZ…
Symphony X -Underworld full album HD-
Musica remasterizada por mi con Cakewalk by BandLab. Poner graves al gusto / Increase the bass as you like.Invidious
Nasce un EuroPoliverso!
ResPublicae.eu è stato lanciato! I loro amministratori vogliono facilitare l'adesione al #discorso politico dell'UE sul #fediverso .
Per ora si limiteranno a creare su # Mastodon un mirror dei 1500 account #Twitter di funzionari ed eurodeputati dell'UE elencati da Wikidata e european-union.europa.eu/conta…
Argomenti di esempio:
respublicae.eu/tags/IPCC
respublicae.eu/tags/EPlenary
Un ringraziamento speciale a @Masto.host per l'eccellente servizio ea @robertoszek@respublicae.eu per essere stato di grande aiuto con #Stork / #pleromabot .
pleromabot.robertoszek.xyz
(notizia segnalataci da @:fedora: filippo db :gnu: )
like this
reshared this
Gatta Cikova
in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂ • • •Elena ``of Valhalla''
Unknown parent • • •rag. Gustavino Bevilacqua reshared this.