Regno Unito: le grane di Liz
Liz Truss il 6 settembre sarà probabilmente il nuovo Primo Ministro del Regno Unito. Ecco le sfide principali in patria e all'estero della signora di Downing Street
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Consumati
Siamo elettori, ma anche consumatori. Siamo le stesse persone, ma che si tratti di votare o consumare sia il comportamento che la comunicazione sono assai differenti. Non relativamente alla tecnica, dato che la politica ha imparato da tempo ad usare il marketing e la pubblicità, è diversa proprio la sostanza.
Quando si tratta di consumare usiamo un metro e un approccio positivo. Scelgo di mangiare quel che mi piace, di vestire quel che considero adeguato, di viaggiare dove m’interessa o mi diverto. Nello scegliere tengo conto dei limiti e delle possibilità, mi regolo a seconda dei soldi che credo di potere spendere e se anche non compro la cosa che considero migliore, scelgo quella che ha il migliore rapporto fra qualità è prezzo.
Non compro quel che so essere una schifezza. Da compratore, insomma, ho un atteggiamento positivo e razionale. Non mi capiterà si volere mangiare spinacino solo perché uno che mi sta sul gozzo mangia bistecche, non indosserò un pinocchietto con fantasmino debordante la scarpa solo perché il mio peggior nemico circola in doppiopetto, non andrò a prendere una camera d’albergo in un sobborgo inquinato sol perché la detestata cognata se ne è andata a Parigi. Mi sentirei stupido, pagando per soffrire.
Da elettore mi comporto diversamente: scelgo quello che serve a fregare gli altri. Le rispettive propagande elettorali lo sanno, sicché s’industriano a suggerirmi: vota per noi, altrimenti vincono loro. Il che, per funzionare, comporta una descrizione demoniaca degli “altri”. Ricambiata.
Sono disposto a pagare il prezzo di eletti incapaci, pur di non subire i trionfi altrui. Perché succede questo? Il sistema elettorale c’entra, ma marginalmente: il clima che si respira negli Usa è simile, eppure sono un sistema presidenziale; in Francia il doppio turno limita i danni se si elegge uno, ma se si elegge l’Assemblea legislativa vincono opposti estremismi. Perché?
Il consumatore conosce il proprio bene, sa cosa gli serve e lo soddisfa. Il cittadino elettore delle democrazie occidentali non lo sa più. Il che discende da una condizione molto positiva: abbiamo cancellato le guerre dalle nostre biografie; chiamiamo “povertà” il non accesso al lusso; viviamo nel posto più sicuro, sano e ricco, ma non abbiamo più memoria di come ci siamo arrivati né ci arrovelliamo a rendere migliore il mondo.
L’enorme differenza, rispetto al passato, è che si considerava migliore il tempo a venire (per forza, con due guerre!), mentre ora lo si considera quello andato. Barando sulla memoria. E non a caso questo è il difetto dei vecchi, perché invecchiamo.
Ad avere diritto a votare, il prossimo 25 settembre, sono 4milioni 714mila giovani fra i 18 e i 26 anni. Proteggiamoli come i Panda, perché si è più numerosi nelle classi d’età più anziane: 20milioni e 900mila fra i 36 e i 62 anni; ma anche 5milioni 83mila fra i 72 e gli 80 anni; pochi meno dei giovani i 4 milioni dagli 81 in su.
Anche se si rendessero conto che continuare a facilitare e anticipare le pensioni o sfondare i bilanci contraendo ulteriori debiti è contro i loro interessi, quei giovani sarebbero in minoranza. Non a caso ci fu il tempo della retorica giovanilistica e viviamo quello della retorica dedicata a una senilità che si pretende giovane nel vivere e nel sesso, ma reclama rendite come fosse incerta sulle gambe.
E se i più giovani, a quel che emerge dai sondaggi e, del resto, è coerente con l’età, hanno pensieri positivi, i più anziani votano “contro” alla memoria, dissociando la loro condotta di elettori da quella di consumatori.
Vero che l’offerta sugli scaffali è più allettante di quella sulle schede, ma vero anche che questo dipende sì dalla povertà d’idee della politica, ma anche dalla povertà di aspettative che sulla politica si ripongono. Ma non è una gran vanto astenersi e digiunare, meglio impegnarsi e reclamare. Se non si sa essere consumatori di vita è facile che se ne sia consumati.
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Pannelli solari portatili: cosa sono e perché utilizzarli
Per tutti gli amanti del campeggio, dei viaggi con il proprio camper o per alimentare la propria casa o il proprio giardino, è impossibile non possedere tra i propri strumenti i pannelli solari portatili. Sono dei dispositivi che, quindi, si possono utilizzare sia outdoor sia indoor e possono soddisfare ogni tipo di esigenza. Andiamoli a [...]
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Presupposti errati ostacolano la risposta occidentale alla guerra della Russia in Ucraina
Gli Stati Uniti e altri governi occidentali stanno armando l’Ucraina per difendersi dall’aggressione russa, ma finora sono solo a metà strada. Questo approccio deludente potrebbe finire in un disastro. Le armi e l’assistenza attualmente fornite dall’Occidente non consentiranno all’Ucraina di recuperare il territorio perduto e sconfiggere in modo decisivo la Russia. Per raggiungere tale obiettivo, [...]
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Allende e la nuova Costituzione del Cile
Ci sono date che hanno una risonanza speciale per i Paesi. È quello che succede al popolo cileno con il 4 settembre, questa domenica in cui deve decidere se approvare o meno una nuova Costituzione, e che è anche il giorno, 52 anni fa, in cui gli elettori del Cile, in un altro cruciale giorno, [...]
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Clear lines against chat control: Liberals’ paper puts German Interior Minister Faeser on the spot
Original article here. This article was translated by Patrick Breyer’s team with the consent of the original authors.
Screening chat messages, scanning private photos: For the German ministries led by the liberal FDP, the plans for chat control by the EU Commission crosses “red lines” in many places. An internal document shows that the federal government is not united on the issue.
The FDP-led federal ministries are apparently putting internal pressure on the federal government, because the EU Commission’s plans for chat control go too far for them. This becomes clear from a list of “red lines” that the Ministry of Justice and the Ministry of Digital Affairs have sent to the SPD-led Ministry of the Interior, according to Tagesspiegel Background. (We publish the list in full text.)
Chat control refers to plans by the EU Commission to combat the spread of recordings of sexualised violence against children. The Commission presented a draft in May which demands far-reaching obligations for tech companies. Among other things, they are to automatically recognise known and previously unknown depictions of sexualised violence against children, even in private chats. The plans have been met with scathing criticism, including warnings from the EU data protection authorities of unnecessary mass surveillance.
The German government also criticised the planned measures. In a letter, it badgered the EU Commission with more than 60 questions, some of them very pointed, including the importance of encrypted communication or the error rates to be expected when recognising such images. Now a letter shows that the critical attitude within the German government is apparently not consistent. As Tagesspiegel Background reports, in the letter the ministries of justice and digital affairs address the ministry of the interior (BMI) led by SPD minister Nancy Faeser, the ministry in charge of the matter.
“Red lines”: No scanning for unknown recordings
The “red lines” drawn in the letter concern the core of the planned EU legislation. Among other things, the ministries demand: “No regulations that lead to chat control”. Messages sent via messenger or email must be explicitly excluded from automated searches. This would remove the central and name-given measure from the planned regulation.
Material that users upload to personal cloud storage and do not share with anyone, such as a backup of their own photos on their mobile phone, should also not be subject to the search orders.
Another point revolves around a particularly controversial part of the planned EU regulation. Tech companies should not only be forced to search for already known material in their users’ data. This is possible with less invasive procedures. The companies are also supposed to track down new, previously unknown material. In addition, they should automatically detect the initiation of sexual contact with minors, so-called grooming. This means far-reaching invasions of the privacy of millions of innocent users. According to the paper, both measures should be discarded.
End-to-end encryption is to remain
In the paper, the ministries also discuss the confidentiality of private communications. According to the paper, the EU regulation should explicitly rule out the possibility of companies undermining end-to-end encryption in order to automatically screen content. End-to-end encryption ensures that only recipient and sender can read a sent message. Removing encryption from messages would overall weaken the ability to communicate securely.
The paper also explicitly rejects so-called client-side scanning. In this process, providers scan the messages of their users directly on the device, even before they are sent end-to-end encrypted. This method is considered one of the few ways to check content despite end-to-end encryption. But scanning before sending also weakens anonymous communication. The EU data protection authorities had previously warned against this.
Non-negotiable “red lines” for the FDP ministries are apparently also crossed by the Commission’s plans on age verification. The EU Commission wants providers to check the age of their users. The ministries demand that the text of the regulation exclude the requirement to present an identity card or other means of identification. In Germany, the age of majority can be confirmed with the online ID function without revealing further data. However, such technologies are not available for all EU citizens. They could then be forced to disclose not needed further data.
The ministries also demand that content and behaviour that is not punishable under national law be excluded from the regulation. This is a central problem which complicates international action against depictions of sexualised violence. Depending on national law, certain recordings are not punishable – for example, because the age of sexual consent differs. This applies, for example, to nude images sent during consensual sexting between young people. Even today, more than half of the suspects in so-called child pornography are minors themselves.
No screening of audio messages
The FDP ministries attack another point that has hardly been taken into account so far. Most recently, the EU data protection authorities had stated in their assessment: voice messages and audio communication in real time, i.e. telephone calls, are to be explicitly excluded from the regulation. So far, the EU Commission’s draft does not explicitly exclude that providers also have to screen audio files such as voice messages and telephone calls.
The demands in the list are mostly kept very concise and mainly formulated in a negative way: It is about what must not happen in the regulation. We asked the Ministry of Justice whether the ministries will also propose their own alternatives and when exactly the paper was sent out. The answer was that they do not comment on details of ongoing internal government consultations. Instead, the ministry referred to a general statement by Justice Minister Marco Buschmann on chat control. He was “very sceptical about this new draft” and rejected a “general blanket surveillance of private correspondence”.
The Federal Ministry of the Interior, too, wrote on request only that in the context of the current negotiations “according to common practice” all ministries involved were asked to submit their position for further discussion.
The demands from the FDP ministries are clearly set out in the paper. The question is what the Federal Ministry of the Interior will do with them now. At least some of the demands can be derived directly from the coalition agreement of the federal government, which states: “We reject measures to scan private communications and an identification obligation.” In a next step, the ministry is to present a report on the commission’s plans to the digital committee of the Bundestag, as Tagesspiegel Background reports.
Red lines for Ministry of Justice (BMJ) and the Ministry of Digital Affairs (BMDV)
In order for the FDP- led ministries to be able to agree to the draft regulation of the COM the following requirements must at least be met (“red lines”):
- Clear requirements for the issuance of disclosure orders (sufficient limitation of the “significant risk” in the Regulation, more detailed requirements for the balancing decision according to Art. 7 (4) b) of the Draft Regulation).
- No provisions leading to chat control (to be excluded by deleting the applicability of Art. 7 of the Draft Regulation to interpersonal communication services (esp. email services, messenger) according to Art. 2 b) of the Draft Regulation).
- Exclusion of personal memories that are not shared. Cloud memories, which serve as a backup of one’s own photos on the mobile phone, for example, must explicitly not be covered by the regulations on the discovery order (to be excluded by excluding the applicability of Art. 7 Draft Regulation to personal memories).
- Deletion of the applicability of Art. 7 Draft Regulation to so-called unknown material and grooming.
- Explicitly exclude the use of client-side scanning and the removal of end-to-end encryption to fulfil obligations under the Draft Regulation (to be excluded in a separate article of the Draft Regulation).
- Audio communications (voice recordings and real-time audio communications) are to be explicitly excluded from the scope of the Draft Regulation, as in the Interim Regulation.
- Providers must be able to fulfil the obligations under the Draft Regulation (risk assessment, risk mitigation, deletion/blocking) without using the detection technologies described in Article 10(1) Draft Regulation. This is to be specified in the text of the Draft Regulation.
- Age verification for the implementation of the obligations from the Draft Regulation (such as risk reduction, Article 4 Draft Regulation, obligation for app stores in Article 6 (1)(c) Draft Regulation) only if the possibility of anonymous or pseudonymous use of the services concerned is preserved. To this end, the text of the Draft Regulation must exclude the presentation of an identity card or other means of identification for the purpose of age verification.
- No inclusion of content or conduct that is not punishable under national law (definitions in Article 2 of the Draft Regulation must take into account the scope for decision-making granted to member states in Directive 2011/93/EU on combating the sexual abuse and sexual exploitation of children and child pornography and replacing Council Framework Decision 2004/68/JHA (FD), in particular with regard to determining the age of sexual consent (Article 6 of the FD) and the impunity of certain acts (Article 5(8) of the FD)).
Confessioni di una maschera “Il crepuscolo degli Dei”
Pensare che qualcuno ancora non è riuscito a capire la differenza che c’è tra i social network e la realtà, è un qualcosa che mi annichilisce, sotto tutti i punti di vista. Non è ancora stato creato un antidepressivo in grado di aiutarmi a rialzarmi dalla catatonia che mi assale ogni volta che realizzo quanto sia radicata l’idea che i due contesti siano sullo stesso piano.
In queste giornate estive l’idea che si possa anche solo pensare di fare politica attraverso la rete, e in particolare, anzi, in maniera quasi esclusiva, grazie ai social network, mi fa capire una volta di più come mai la situazione sociale italiana sia inevitabilmente indirizzata verso un tracollo che, per certi versi, mi spingo a considerare, pur se a malincuore, meritato. Toccando il fondo, come forse mai in passato, riusciremo finalmente a capire che c’è un mondo oltre lo schermo dei nostri cellulari, e che questo mondo è infinitesimamente distante da quello dorato dei social network? Ho ancora forti dubbi in merito, ma una piccola speranza la conservo.
iyezine.com/confessioni-di-una…
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Perché è scoppiato l’incendio del gas
L’economista della Fondazione Einaudi spiega cosa c’è dietro l’impennata del metano. La fine della pandemia ha innescato una domanda che l’offerta ha soddisfatto solo a metà, poi è arrivata la guerra. La speculazione? C’entra, ma fino a un certo punto
Il prezzo, alla Borsa di Amsterdam, sarà anche sceso sotto i 240 euro al megawattora. Ma dopo settimane di crescita costante, scandita solo da qualche tonfo e in una Europa ancora sprovvista di price cap, con il quale tenere a freno il costo del metano. Ce ne è abbastanza per interrogarsi sul come e il perché il gas, ancora la principale fonte energetica del Vecchio Continente, sia improvvisamente diventato un bene di lusso. Certo, la guerra in Ucraina e lo scontro dell’Occidente con la Russia rimangono il combustibile. Ma è davvero tutto?
Formiche.net lo ha chiesto a Simona Benedettini, economista esperta di energia in forza alla Fondazione Einaudi. “Bisogna sempre ricordare che l’indice del gas naturale alla Borsa di Amsterdam (Ttf, ndr) nei fatti esprime oggi il prezzo che secondo il mercato il gas avrà tra una settimana, un mese e così via. Il prezzo dunque che vediamo oggi è il costo che ci si aspetta in futuro”, chiarisce l’economista. “Perché il gas è aumentato? La risposta è che è salito per diversi motivi. Tanto per cominciare ci sono diversi titoli legati al Ttf che sono in crescita da prima della guerra, sulla scia dell’alleggerimento della pandemia. L’offerta non è stata in grado di soddisfare la domanda che si è risvegliata con la fine dei lockdown e allora il prezzo è salito”.
Il fattore Ucraina
Poi però, è arrivata la guerra. “Il conflitto si è inserito in un contesto di crescita dei prezzi, per i motivi appena spiegati, fungendo da booster. Dunque, ulteriore riduzione dell’offerta da parte della Russia e conseguente impennata dei costi. Vorrei chiarire che la speculazione nella crescita dei prezzi c’entra fino a un certo punto. Il mercato scommette sul prezzo futuro, questo è abbastanza normale, il peso vero nella fiammata del gas è dato da elementi geopolitici e anche sociali, come la guerra e la fine della pandemia. Poi, certamente, c’è un elemento speculativo ma non è tutto”, spiega Benedettini.
Tetto sì, ma…
Chiarito il punto, resta una questione, quel price cap su cui l’Europa sembra un poco alla volta convergere. “Il tetto al prezzo del gas deve essere una misura temporanea e non strutturale, perché gli aumenti ai quali stiamo assistendo sono un fenomeno temporaneo e non dureranno per sempre, è un qualcosa di anomalo. Se si rende il tetto permanente, ci potrebbero essere in futuro problemi di approvvigionamento. E poi va strutturato, pensato, per esempio si mette solo sul gas che viaggia nel tubo o si mette anche sul Gnl? Sono domande da porsi, perché se tetto deve essere, deve esserlo pro-tempore e ben calibrato”.
L’intervista a Simona Benedettini di Gianluca Zapponini su Formiche
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Fr.#07 / c o m p l y
Noi tutti siamo la Cina
Chi sono i cinesi? Sono alieni? Zombie lobotomizzati? Servi a cui è stato fatto il lavaggio del cervello?
No amici miei, i cinesi sono persone normali, che lavorano, hanno una famiglia, nel tempo libero passeggiano, siedono al bar, parlano con gli amici, fanno shopping. Persone normali, con vite normali. Come noi.
Loro sono come noi. E noi, beh, siamo loro - ma nel passato. Mi spiego meglio. La Cina oggi è un incubo socialista tecnocratico; non perché i cinesi siano dei rammolliti senza capacità di pensiero o perché abbiano un modo di pensare diverso dal nostro. No, semplicemente il loro governo ha iniziato molto prima un processo che da noi ha invece avuto inizio solo negli ultimi anni.
Fonte: twitter.com/songpinganq
E allora, non stupiamoci davanti alle immagini di droni che pattugliano città, strade e case dall’alto. Non stupiamoci se le persone ritratte nei video e nelle immagini, che guardiamo come se fossero un film, obbediscono pazientemente agli ordini impartiti dall’autorità che li intima di rimanere chiusi in casa, nonostante il rischio concreto di morire di fame e sete.
Fonte: twitter.com/songpinganq
Non stupiamoci se i bambini sono trattati come animali con QR code al collo, obbidientemente in fila per un tampone che ancora oggi deve essere fatto da tutta la popolazione ogni due giorni per mantenere il privilegio di vivere in società.
Non stupiamoci di sapere che in Cina il contante è quasi sparito del tutto, che ogni cittadino è dotato di un’identità digitale collegata al covid pass e al conto corrente, che con un click possono essere bloccati dal governo a chi la pensa diversamente.
Privacy Chronicles è una newsletter indipendente che esiste grazie alle decine di persone che hanno scelto di abbonarsi.
Se ti piace quello che scrivo e vuoi valorizzare il mio lavoro, perché non ti abboni anche tu?
Privacy Chronicles - Privacy & Libertà
Divergente
Non temete, stiamo iniziando a recuperare il distacco con la Cina!
La Casa Bianca ci ricorda infatti che chiunque la pensi diversamente dalla maggioranza sarà considerato un estremista. Sappiamo tutti come alla Casa Bianca piaccia gestire gli “estremisti” dal 2001 a oggi.
Fonte: Disclose.tv
Non ci sarà più alcuna differenza tra noi e i cinesi quando gli stati occidentali avranno finalmente a disposizione tutte le leggi per il controllo e sorveglianza delle comunicazioni e di Internet, che sono in discussione in questo momento.
Non ci sarà più alcuna differenza quando ognuno di noi sarà dotato di identità digitale connessa a ogni servizio pubblico e finanziario; quando avranno il potere di accendere e spegnere i conti corrente a chiunque con un click; quando l’energia sarà razionata, la disoccupazione sarà alle stelle e bisognerà bloccare le proteste sul nascere.
E infine non ci sarà alcuna differenza quando inizieranno a perseguire chiunque cercherà di proteggere la propria privacy e vita privata, nonostante tutto. D’altronde, la maggior parte della gente crede fermamente di non avere nulla da nascondere, tu invece, che la pensi diversamente… cosa stai nascondendo?
Immagine del discorso di ieri di Biden a Philadephia, in cui ha esortato gli americani a combattere gli estremismi per difendere la democrazia. Come dici? Ricorda il cancelliere supremo di V per Vendetta? Nahhh
Una breve intervista
In questi giorni sono stato intervistato da Matrice Digitale, con alcune domande molto interessanti. Abbiamo parlato di Cypherpunk, anarco-capitalismo, pistole, sorveglianza di massa e social scoring. Insomma difficile fare meglio di così.
Qui il link, per chi volesse leggerla.
Meme del giorno
Citazione del giorno
“My philosophy, in essence, is the concept of man as a heroic being, with his own happiness as the moral purpose of his life, with productive achievement as his noblest activity, and reason as his only absolute.”
― Ayn Rand
Giustizia
Impazzano i sondaggi sulle quotazioni dei diversi partiti. Un gioco ozioso, visto che un fetta enorme non andrà a votare e di quelli che affermano di volerlo fare 1 su 3 non ha ancora deciso dove mettere la croce. Dopo essersela fatta, suppongo. Interessante il sondaggio Euromedia Research, sui temi più sentiti: praticamente le cose più dibattute fino a qualche tempo addietro sono scomparse dall’agenda dei cittadini, mentre prezzi ed energia la dominano.
Che le politiche monetarie accomodanti avrebbero portato inflazione e che l’Italia si ritrova un mix energetico squilibrato, però, lo ripetiamo da tempo. Questo è il punto: la politica inutile segue i sondaggi, la politica seria vede in anticipo quel che peserà sulla vita collettiva. Con questo spirito volgiamo lo sguardo a un tema decisivo, ma di cui sembra importare poco: la giustizia.
Nel corso di questa legislatura si è passati dalle riforme incivili del governo Conte 1, a cominciare da quella relativa alla prescrizione (l’onorevole Bongiorno si ricordi che era al governo è quella robaccia l’ha fatta passare pur sapendo che era robaccia, sicché sia prudente nel trarre bilanci legislativi), alle riforme che portano il nome del ministro Cartabia.
Queste ultime hanno il merito d’avere mosso il macigno, ma sono poca cosa, tanto più che per il rinnovo del Consiglio superiore della magistratura i magistrati votano il 18 e 19 settembre e come stavano messi stanno. Le assunzioni vanno bene, l’ufficio del processo anche (ma esiste da dieci anni, vedere per credere), il fascicolo digitale penale resta sull’orizzonte, mentre in qualsiasi sistema produttivo è il passato da lustri. Comunque, qualche cosa si è fatto. Si deve proseguire. Potrà farlo la maggioranza che uscirà (se uscirà) dalle elezioni? No.
Non ci riuscirà, purtroppo, perché i magistrati sono iper correntizzati, ma ciascuna corrente, da destra a sinistra, è iper corporativa. Quindi gli amici della destra e gli amici della sinistra si dividono non sulla sostanza, ma su chi si prende i posti migliori. Mentre sarà sufficiente un avviso di garanzia inviato da chicchessia a chicchessia nel governo per riscatenare la buriana buzzurra del giustizialismo. Civiltà vorrebbe che si disinnescasse questa trappola. Tanto chiunque la piazzi poi ci finisce.
È naturale che ci sia una differenza culturale, su questo tema. Lo Stato ha il compito di punire i colpevoli, ma, al tempo stesso, ha il dovere di farlo offrendo tutte le garanzie agli accusati, altrimenti non c’è giusto processo e non c’è giusta condanna. Nel mondo civile il pendolo non sta mai tutto da una parte o dall’altra, ma nell’intorno di un equilibrio centrale, talora più sensibile alla repressione, talaltra alle garanzie.
Rozzamente si potrebbe dire: più di destra la prima e più di sinistra la seconda. Ma da noi non funziona manco il rozzo, perché la sinistra è stata giustizialista quando l’accusato era di destra, con i destri a far da innocentisti, salvo scambiarsi le parti. Come le correnti. Un tripudio di trinariciuta faziosità.
Per come la vedo io, la giustizia penale avrebbe bisogno di:
- separare le carriere fra accusa e giudicante;
- cancellare l’obbligatorietà dell’azione penale, sicché la procura sia responsabile di chi porta in giudizio;
- valutare i giudici sulla base della correttezza delle sentenze, giudicate dai loro colleghi nei gradi successivi;
- rendere prevalente questo criterio nell’assegnazione degli incarichi;
- tornare a leggere e far valere l’articolo 110 della Costituzione: <<… spettano al Ministro della giustizia l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia>> (basta con l’autogestione autoreferenziale togata).
Si può ben pensarla in modo diverso, ma almeno si prenda, tutti, un impegno: ci batteremo per le nostre convinzioni, ma non accetteremo di abbattere l’avversario con un atto giudiziario che non sia una condanna definitiva. Sarebbe già un ritorno alla civiltà, dopo decenni di barbarie.
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Isabella Morra, il canto di una esistenza infelice
Dobbiamo inerpicarci tra vicoli stretti e case di pietra addossate l’una all’altra per raggiungere il castello di Valsinni, antica Favale, al confine tra la Basilicata e la Calabria. Ci fa compagnia in questo luogo salvato dai rumori delle auto e delle TV accese, la voce del fiume Siri, del “torbido Siri”. Se poi ci addentriamo tra le antiche mura del castello e ci affacciamo da una delle strette finestre contempleremo un paesaggio di creste alte, pendici ripide, e la valle nella quale il fiume scorre. La rocca tutta sembra quasi inghiottita, sprofondata nel paesaggio e nel silenzio.
Non ci sarà allora difficile immaginare la giovane Isabella dietro quella finestra, e non ci sarà difficile raccontare una vicenda che tante volte abbiamo già ascoltato, che riconosciamo nella solitudine di una vita, nella disperata speranza di un’evasione impossibile, nel lamento tutto interiore che sfocia infine in rime, nel vagheggiamento di un amore, reale o tutto da inventarsi.
La storia di Isabella Morra è lineare nel suo percorso, oggi potremmo sovrapporla a centinaia di vicende simili. Basterebbero poche righe su un giornale e una lettura non più di tanto curiosa in quanto sappiamo in partenza come vanno queste storie di donne uccise da un familiare. Non eccitano più la fantasia, giusto qualche particolare morboso.
Isabella è giovane, certo bella anche se non c’è nessun ritratto a confermarlo, aristocratica, colta, ammalata di solitudine. Vorrebbe leggere, viaggiare, conoscere. Disprezza la elementare visione di vita dei suoi fratelli, la sottomessa pavidità della madre, la rozzezza del volgo che la circonda, le vette aspre che imprigionano il castello. Invoca invano il ritorno del padre in esilio. Ricorre allora alla sola fuga possibile, un carteggio letterario con un ardito poeta, Diego Sandoval de Castro. Solo letterario? O in quelle lettere ricevute e spedite con sotterfugio si nasconde cifrato tra versi un ricambiato amore? Chi può dirlo.
Quel carteggio non è arrivato a noi, resta solo la testimonianza della moglie del fuggiasco Diego che diceva “che dicto don Diego havea festeggiato la sorella del dicto barone et fratelli” e che pertanto se l’era meritata una morte giunta a colpi di archibugio della quale furono assolti i “dicti fratelli”. Isabella non pianse l’amato o amico che fosse non perché non fosse addolorata da quella notizia, ma semplicemente perché lo aveva preceduto nella stessa sorte per mano degli stessi fratelli, lei non in un infido bosco ma nelle rassicuranti mura della casa natale. Solo i colpi di archibugio non furono sparati bastando, visto la familiarità delle persone deputate a difendere l’onore, un più casalingo coltello.
Caddero dalle sue mani le lettere incriminate? Si bagnarono del suo sangue? Fece in tempo Isabella a scrutare ancora una volta il lontano mare con le sue onde di speranza? Ricordò il suo Diego e, ci auguriamo, poté riassaporare momenti di amore? O non le restò che lo sgomento per visi e coltelli che credeva fratelli?
Storie antiche ma anche contemporanee di catene vere o solo interiori che legano la vita, e con la vita la gioia il presente il futuro, e che fatalmente conducono alla morte.
Povera baronessa di Carini: ” Signuri patri chi venisti a fari? Signora figghia, vi vegnu ammazzari”, povera Francesca “ colomba dal disio chiamata”, povera spavalda Carmen, “Ah! Carmen! Mia Carmen adorata” e pertanto uccisa da don José. E povere Ornella Tina Silvia, e altre 100 solo in Italia nel 2021, la cui morte per mano di un familiare non è stata cantata da nessun poeta.
Isabella se la cantò da sola la sua infelice esistenza prendendo Petrarca come modello senza ridurlo tuttavia a uno sterile esercizio letterario, ma aggiungendovi una sensibilità tutta personale, una voce artistica distinguibile tra quelle delle altre poetesse del ‘500 per eleganza formale malgrado lei dichiarasse il suo stile “ruvido e frale”. I suoi versi non esprimono un dramma intimo, ma diventano paradigma umano e artistico di una dimensione ampia e condivisa del dolore. Non a caso molti critici le affiancano Leopardi.
Sono belli i pochi sonetti e le canzoni, soltanto 13 in tutto, che sono giunti a noi. Certo la poetessa ne scrisse molto di più, non le sarà mancato il tempo di intrecciare trame di parole su un ordito di interminabili vuote giornate e lunghi silenzi.
Non si lascia consolare nelle sue rime Isabella dal paesaggio che la circonda, dall’attesa del padre con cui condivideva cultura e affetto, dal desiderio di andare via, e pertanto grida la sua disperata speranza, il suo rifiuto di accettare la volgarità di persone e luoghi che la circondano, rivendicando una statura personale che con loro nulla ha a che fare. Isabella è consapevole di trovarsi in una posizione culturale, spirituale, intellettuale al di sopra dell’antica Favale, di quello che Favale comporta, del suo tempo. Da questa estraneità deriva l’approdo ad una visione religiosa che caratterizza gli ultimi componimenti e che pare recare se non felicità almeno pace.
Sono versi coraggiosi i suoi, hanno l’impeto della rivolta e la forza di un elevato linguaggio poetico. Certo per questo furono pubblicati per la prima volta a pochi anni dalla sua morte. La giusta collocazione di Isabella Morra nella storia della letteratura però è dovuta soprattutto alla critica che ne fece Benedetto Croce alla quale seguirono molti studi e scritti e tra tanti, i lavori teatrali di Dacia Maraini e Andrè Pierre de Mandiargue. Infine l’istituzione di un Parco letterario a lei intitolato che produce molte e interessanti attività.
Il rischio per Isabella Morra è che ci si innamori più della sua tragica storia che della sua autentica arte. Che la visita del “denigrato sito”, l’ascolto delle leggende che la vedono aggirarsi per il lugubre castello, la voce del “torbido Siri” che ne piange la feroce e giovanile fine, possano ucciderla ancora una volta nella banalità di un’arte raccontata come una favola e non come una pagina di autentica letteratura quale in realtà è.
“de’ gravi affanni deporrò la salma,
e queste chiome cingerò d’ alloro.”
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Lo stupro moltiplicato dai telefonini
Domenica 21 di questo mese e di questo anno orribile per violenza su donne, alle 6 del mattino scendeva in strada nella città di Piacenza una signora ucraina di 55 anni. Da pochi mesi era arrivata in Italia (in fuga da dove non vi è chi possa ignorare), ospite di una sua conoscente. Viene avvicinata da un signore di anni 27, guineano, da alcuni anni in Italia con provvedimento di protezione internazionale e residente a Reggio Emilia.
Accade, a questo punto, quello che un signore racconta alla Polizia nelle vesti di persona informata sui fatti. “Mi ero appena svegliato, ho sentito in strada voci anomale. Mi sono affacciato alla finestra e ho visto l’uomo che si avvicinava alla signora. Sulle prime ho pensato che stesse confabulando… poi mi sono accorto che stava mettendo le mani addosso. A quel punto ho telefonato subito al 112 e intanto ho ripreso la scena col telefonino. Credo di aver fatto la cosa giusta e il più velocemente possibile”.
Il più velocemente possibile il video di quanto accaduto ha preso il suo bel virus ed è impazzito in Rete. La Polizia riesce a metterlo in quarantena oscurandolo, ma il danno è fatto. Ce lo dice la vittima di che danno si tratta:” In quel video c’erano la mia voce, il mio volto… amici e familiari mi hanno riconosciuta”.
Noi siamo qui a farci una domanda semplice: di quante violenze è stata vittima questa signora ucraina? Di almeno tre ci viene da pensare. La prima è costituita dal fattaccio, la seconda dalla diffusione, la terza dalla strumentalizzazione.
Troppo poco dare notizia di uno stupro. Se ne sono consumati tanti e ciascuno – abbiamo già appreso – fa caso a sé. Pertanto, importanti sono i particolari; ghiotto, addirittura, è poter disporre di un filmato. E allora, sì, che può dirsi l’effetto che fa. L’effetto che fa è una persona sofferente con nome e cognome, che è vittima reale e che viene liquidata con “una donna”, una specie di attrice di cui c’è bisogno per comporre la scena. Di contro la vittima ci ha detto “la mia voce”, “il mio volto”. Questo avrebbero dovuto sapere coloro che il filmato hanno messo in Rete e coloro che lo hanno visto, artefici e spettatori di un film che non è stato una finzione ma un dramma vero e proprio. Quando si dice che la finzione diventa realtà e la realtà viene consumata come una finzione!
E questo a tutto vantaggio di quell’arnese che portiamo in tasca, utile certamente come lo è stato anche nel nostro caso ai fini dell’accertamento delle prove, ma tanto dannoso quando promette e conferisce uno spazio di libertà che sconfina nella violenza. Quando la vittima dice: “amici e familiari mi hanno riconosciuta” sta dicendo nient’altro che questo: c’è tra gli spettatori del video chi ha visto un film, ma badate bene che altri (amici e familiari) hanno potuto vedere quello che né io né loro avremmo voluto conoscere mai, ovvero il dramma di una violenza lacerante.
Poi, come nella migliore consuetudine, dopo aver visto il film c’è il commento o la prova documentale per sostenere un discorso. L’ha fatto la politica, l’ha fatto Giorgia Meloni senza distinguere che un film si può citare come documento, ma un filmato di un fatto di cronaca, semplicemente, non è un film e neanche una finzione, ma un dramma vivo e vero i cui protagonisti non lavorano a pagamento ma hanno pagato di persona. Non saper distinguere è atto miope e anche segno di una voracità che per metabolizzare costruzioni ideologiche o tattiche perde la capacità di vedere e si abbandona al vezzo di guardare e basta. Il film si guarda, la realtà si vede. La realtà può finire in un film, e in questo viene diluita per il gusto e l’utilità di tornare a guardarla con attenzione.
Ma c’è anche un’altra violenza alla quale sembra ci stiamo abituando ogni giorno sempre più. Sta sotto la moda di dirla (la battuta) o di farla (girare in rete come nel caso nostro) per vedere l’effetto che fa. Se ha riscontro positivo, è andata a buon segno. Se è negativo, si è stati fraintesi. La signora Meloni non si è scusata perché – a suo giudizio – non è stata la prima a immettere in circuito il filmato. Come se, primo in assoluto o primo dopo mille, faccia differenza. Forse ignora che c’è sempre uno stupido che le inventa e un cretino che le mette in circolazione. Peccato che non si tratta di una battuta sciocca ma della tristissima storia di una signora ucraina violentata prima da un giovane “senza freni inibitori” e poi da tanti altri senza freno a mano sul telefonino.
L'articolo Lo stupro moltiplicato dai telefonini proviene da ilcaffeonline.
Guerra civile in Etiopia: perché sono ripresi i combattimenti in Tigray e Amhara
La guerra in Etiopia, tra il governo federale e il Fronte di liberazione del popolo del Tigray (TPLF), è ripresa su vasta scala. La via del ritorno ai negoziati è nella migliore delle ipotesi incerta.
Le due parti concordano sul fatto che i primi colpi siano stati sparati la mattina presto del 24 agosto ai confini meridionali del Tigray, dove confina con il vicino stato di Amhara nella città di Kobo. Ciascuna parte incolpa l’altra per aver sparato quei colpi.
Ciò che è chiaro – dalle informazioni ottenute dai diplomatici occidentali – è che la Forza di difesa nazionale etiope e la sua milizia alleata Amhara, nota come Fano, avevano mobilitato un’enorme forza in quel luogo nelle settimane precedenti.
Nel frattempo, la coscrizione di massa da parte del TPLF aveva ingrossato i suoi ranghi e aveva dedicato gran parte delle sue risorse all’addestramento e al riarmo, sebbene avesse negato il reclutamento forzato.
Ha catturato un enorme arsenale dall’esercito federale nei combattimenti dell’anno scorso e si vocifera che avesse anche acquistato nuove armi dall’estero.
Le tensioni stavano crescendo. Eppure, solo poche settimane fa c’era ottimismo sul fatto che i colloqui di pace potessero presto essere avviati.
Il primo ministro Abiy Ahmed aveva autorizzato il suo vice, Demeke Mekonnen, a dirigere un comitato per la pace, che ha iniziato a lavorare a luglio.
Anche prima, secondo quanto riferito, il signor Abiy aveva inviato alti funzionari per incontrare segretamente il TPLF.
Nelle sessioni alle Seychelles e a Gibuti, sembra che sia stato raggiunto un accordo sul fatto che le forze etiopi avrebbero revocato il blocco del Tigray, che l’Eritrea avrebbe ritirato le truppe inviate a sostegno del governo e che le due parti avrebbero aperto colloqui completi nella capitale del Kenya Nairobi, ospitato dal presidente Uhuru Kenyatta.
Il primo punto all’ordine del giorno sarebbe un cessate il fuoco permanente.
Dietro le quinte, gli Stati Uniti hanno sostenuto con forza questi colloqui e stavano lavorando in collaborazione con il Kenya.Quasi cinque milioni di persone hanno bisogno di aiuto in Tigray
In visita alla capitale del Tigray Mekelle il 2 agosto, l’inviato speciale degli Stati Uniti Mike Hammer e gli inviati dell’Unione europea e delle Nazioni Unite hanno chiesto “un rapido ripristino dell’elettricità, delle telecomunicazioni, delle banche e di altri servizi di base” e “accesso umanitario illimitato”, suggerendo che il signor Abiy aveva acconsentito a fare queste cose.
Tuttavia, l’inviato dell’Unione africana, Olusegun Obasanjo, rimase in silenzio durante l’assedio. Informando gli inviati, il generale Obasanjo ha insistito sul fatto di essere l’unico mediatore e li ha sorpresi proponendo di invitare ai colloqui l’alleato dell’Etiopia, l’Eritrea.
Il TPLF accusa il governo di rinnegare i suoi impegni. Il governo non ammette che ci siano stati incontri. Anche gli inviati internazionali stanno zitti sul motivo esatto per cui i colloqui si sono interrotti.
Per tutto luglio e agosto, Addis Abeba ha mantenuto in gran parte il blocco dei servizi essenziali, consentendo solo un filo di cibo, medicine e fertilizzanti per i raccolti di questa stagione.
Il TPLF non è impressionato dagli elogi internazionali per una “tregua umanitaria” di cinque mesi, che ha consentito al Programma alimentare mondiale (WFP) di riprendere le operazioni in Tigray, anche se su scala limitata.
Insiste sul fatto che il continuo blocco di Addis Abeba equivale a usare la fame come arma di guerra e che le operazioni di aiuto sono state pietosamente insufficienti.
Il WFP afferma che stava raggiungendo “decine di migliaia” di persone. È stato un inizio, ma molto al di sotto dei 4,8 milioni di bisognosi.
In una lettera aperta ai leader internazionali alla vigilia dei combattimenti, il leader del TPLF Debretsion Gebremichael ha dichiarato: “Ci stiamo avvicinando rapidamente al punto in cui affrontiamo la morte in qualunque modo ci volgiamo. La nostra scelta è solo se moriremo di fame o se moriremo di fame. muoiono combattendo per i nostri diritti e la nostra dignità”.
La fame di massa sta decimando i Tigrani. Nessuno sa quanti siano morti, ma un’indagine condotta all’inizio di quest’anno da un gruppo accademico guidato dal Belgio ha stimato che fino a 500.000 tigrini erano morti di fame e cause correlate dall’inizio della guerra nel novembre 2020 a seguito di una massiccia ricaduta tra il Il governo regionale controllato dal TPLF e l’amministrazione federale di Abiy.
Con la sola eccezione di una troupe televisiva francese del canale ARTE, non c’è stato nessun corrispondente straniero in Tigray da quando il TPLF ha ripreso il controllo della maggior parte della regione nel giugno 2021.
I pochi operatori umanitari autorizzati ad entrare non sono stati in grado di raccogliere dati di base sulle morti infantili, con la portavoce del WFP che ha ammesso che “semplicemente non sappiamo”, se ci fosse una carestia o meno.
A breve termine, il disastro umanitario non può che aggravarsi. Quelle limitate operazioni di aiuto sono ora interrotte. I primi magri raccolti non verranno raccolti per più di un mese e i combattimenti causeranno ulteriore devastazione.
L’aviazione etiope ha bombardato Mekelle la scorsa settimana, colpendo un asilo e uccidendo sette persone, tra cui tre bambini, secondo il personale medico. Il governo ha negato l’account e ha insistito sul fatto che prendesse di mira solo i siti militari. Martedì notte è stato segnalato un secondo attacco aereo su Mekelle.I tigrini affermano che un attacco aereo ha causato vittime civili quando ha colpito un asilo
I tigrini hanno requisito 12 cisterne di carburante dalle Nazioni Unite, suscitando furiosa condanna da alti funzionari umanitari.
Il TPLF ha affermato di aver prestato carburante alle Nazioni Unite alcuni mesi fa e di averlo solo reclamato, ma le modalità e i tempi del loro atto suggeriscono che non era per fornire servizi di routine, come ha affermato il loro portavoce.
L’aviazione etiope ha affermato di aver abbattuto un aereo che portava armi nel Tigray dallo spazio aereo sudanese. Il TPLF ha negato.
Ci sono notizie di grandi movimenti di truppe in Eritrea – sia eritrei che etiopi – in posizioni vicino al confine con il Tigray. Il governo eritreo, tipicamente, è rimasto in silenzio. Mercoledì sono stati segnalati combattimenti nel Tigray occidentale verso il confine con il Sudan.
Attraverso la nebbia della guerra, la notizia che filtra è che la battaglia per Kobo è stata enorme. Fonti tigriane riportano una vittoria decisiva contro una massiccia forza di 20 divisioni, in cui fu catturato un enorme arsenale. Non ci sono conferme indipendenti di questo.
Il governo etiope nega di aver subito perdite. Ha inoltre incaricato i media di “gestire con attenzione le loro segnalazioni e l’accesso alle informazioni in tempi di crisi al fine di riflettere l’interesse nazionale del Paese”.
Diceva di aver evacuato Kobo e rapporti dalla città di Woldia, 50 km (30 miglia) a sud, indicano che l’esercito non si vede da nessuna parte.
Finora il TPLF non ha spostato le sue forze a sud, dicendo che non ha intenzione di ripetere l’avanzata dello scorso anno che è arrivata entro i 200 km dalla capitale. In effetti, il suo portavoce ha deciso di negare i rapporti secondo cui aveva catturato Woldia.
La posizione dichiarata del TPLF è che vuole colloqui di pace immediati. Sebbene abbia una coalizione formale con l’Esercito di Liberazione Oromo, che combatte una feroce guerra contro il governo federale nel sud e nell’ovest dell’Etiopia, il TPLF non ha una coalizione che possa governare il paese.
E il sentimento della maggior parte dei tigrini è che dovrebbero combattere solo per la loro regione d’origine.
Al momento, non esiste un processo credibile. A un anno dalla sua nomina, senza alcun progresso, alcuni diplomatici africani e occidentali affermano tranquillamente che la posizione del generale Obasanjo è insostenibile sebbene mantenga l’appoggio del governo etiope.
Ma l’iniziativa USA-Kenya ha vacillato a metà agosto quando William Ruto è stato dichiarato vincitore delle elezioni in Kenya, sconfiggendo il candidato sostenuto da Kenyatta, Raila Odinga.
Il piano era imperniato sul coinvolgimento personale del signor Kenyatta e, sebbene sia possibile che il signor Ruto possa nominare il signor Kenyatta a capo dei colloqui di pace, c’è molta incertezza nella politica keniota prima che ciò possa accadere.
Gli americani sembrano non avere avuto alcun “piano B”.
Il segretario di Stato Antony Blinken ha chiesto un ritorno ai colloqui “senza alcuna precondizione”. È improbabile che entrambe le parti ascolteranno le sue parole.
Il signor Abiy non vorrà sembrare debole negoziando sulla scia delle perdite sul campo di battaglia. Addis Abeba è tornato a un linguaggio che condanna il TPLF come “terroristi”.
Il TPLF chiede la revoca dell’assedio – che chiamano crimine di guerra – come precondizione per qualsiasi colloquio.
Insiste sul fatto che al governo federale non dovrebbe essere data carta bianca per rinnegare impegni già presi.
La sofferenza e la morte della scorsa settimana hanno finora solo dimostrato qualcosa che gli etiopi e la comunità internazionale avrebbero dovuto già sapere: non esiste una soluzione militare alla guerra nel Tigray.
Alex de Waal è il direttore esecutivo della World Peace Foundation presso la Fletcher School of Law and Diplomacy della Tufts University negli Stati Uniti.
FONTE: jpost.com/opinion/article-7160…
L’Africa deve fare la sua parte per rompere l’assedio abusivo del Tigray in Etiopia
La stretta del governo etiope sugli aiuti umanitari deve finire.
La prima nave noleggiata dalle Nazioni Unite che trasportava grano ucraino, che era rimasta in silos bloccati a seguito dell’invasione su vasta scala della Russia, ha attraccato a Gibuti il 30 agosto. Il passaggio gratuito di questa spedizione, destinata all’Etiopia, è seguito dalla pressione concertata di Governi africani sulla Russia e negoziati guidati dalle Nazioni Unite. Ma sono necessari più muscoli diplomatici, anche da parte dei paesi africani, per porre fine alla stretta soffocata da quasi due anni del governo etiope sull’assistenza umanitaria alla regione assediata del Tigray. Altrimenti, è improbabile che molti degli etiopi più a rischio di fame ne traggano beneficio.
L’Etiopia è uno dei sei paesi che le Nazioni Unite hanno individuato per avere persone a rischio di fame. Milioni di persone nel sud e nell’est del Paese sono alle prese con livelli allarmanti di fame e malnutrizione a causa di una delle peggiori siccità degli ultimi decenni. Le comunità nelle aree colpite dal conflitto nel nord del paese fanno affidamento sull’assistenza umanitaria. Ma è nella regione del Tigray, in particolare, che una grave crisi di fame persiste da oltre un anno e potrebbe essere invertita attraverso azioni del governo.L’Africa deve fare la sua parte per rompere l’assedio abusivo del Tigray in Etiopia
Dallo scoppio della guerra nel Tigray nel novembre 2020, le forze etiopi ei loro alleati hanno spesso violato le leggi di guerra. Hanno saccheggiato e preso di mira case e infrastrutture civili – crimini che le forze del Tigrino avrebbero poi replicato in altre regioni – interrompendo i servizi di base e ostacolando gravemente gli aiuti ai civili coinvolti nei combattimenti. Quindi le autorità hanno imposto un effettivo assedio all’intera regione, escludendo praticamente tutta l’assistenza umanitaria ai civili in violazione del diritto interno etiope, dei diritti umani internazionali e del diritto umanitario.
Per i primi otto mesi del conflitto, le forze etiopi ei loro alleati hanno saccheggiato aziende, ospedali, banche, bestiame e raccolti, lasciando la regione dipendente dall’assistenza. L’impatto di questa distruzione è stato devastante. Ha impedito alle persone di ottenere assistenza sanitaria, cibo e altri servizi di base e ostacolato il recupero di un sistema sanitario rotto dal conflitto. Per mesi, le forze federali e regionali hanno bloccato le strade, rendendo quasi impossibile per attori privati o agenzie umanitarie trasportare forniture mediche o cibo. Rifornimenti ridotti a livelli allarmanti.
La mia organizzazione, Human Rights Watch, ha parlato a febbraio con medici che avevano curato dozzine di sopravvissuti a un attacco mortale di droni senza accesso a fluidi per via endovenosa o guanti protettivi. Un giornalista che si è recato in Tigray tra la fine di maggio e l’inizio di giugno ci ha detto di aver visto “fame ovunque”. Ad agosto, le Nazioni Unite hanno avvertito che un bambino tigrino su tre di età inferiore ai 5 anni è gravemente malnutrito.
Da quando il governo etiope ha dichiarato una tregua umanitaria alla fine di marzo, i convogli umanitari precedentemente bloccati dall’ingresso nel Tigray stavano finalmente arrivando nella regione. Ma ciò che stava entrando non si avvicinava a soddisfare le crescenti esigenze di una popolazione vulnerabile. Con le consegne di carburante e i flussi di cassa ostacolati, e il governo che continua a tenere chiuse le banche e le telecomunicazioni, le organizzazioni umanitarie stanno lottando per salvare vite umane.
La ripresa dei combattimenti nel nord dell’Etiopia il 24 agosto mette ulteriormente a rischio gli sforzi delle agenzie umanitarie. Un portavoce delle Nazioni Unite ha osservato che i combattenti del Tigray sono entrati in un magazzino delle Nazioni Unite nella capitale del Tigray, Mekelle, e hanno sequestrato 12 petroliere destinate all’uso umanitario. Secondo quanto riferito, un attacco aereo a Mekelle il 26 agosto, probabilmente da parte del governo etiope, ha colpito un asilo e ucciso almeno sette persone, compresi bambini. Da allora la consegna di forniture umanitarie su strada rimane sospesa , così come i voli umanitari. L’assedio rimane molto attivo.
Gli attacchi aerei e il saccheggio delle limitate scorte di carburante danneggeranno solo i tigrini che stanno già subendo gli effetti del conflitto e dell’assedio. La maggior parte delle persone nel Tigray non può acquistare il cibo disponibile perché il costo dei prodotti di base continua a salire. Un residente della città di Shire ha affermato che il costo del teff, un cereale che è uno dei principali alimenti di base del paese, è triplicato negli ultimi cinque mesi.
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha cercato di affrontare le ampie restrizioni sugli aiuti e sui beni essenziali nei conflitti in Yemen e Sud Sudan, approvando una risoluzione nel 2018 che condannava il rifiuto illegale degli aiuti umanitari salvavita e dei servizi essenziali come strategia di guerra. Nella speranza di impedirlo altrove, la risoluzione invita espressamente il segretario generale delle Nazioni Unite a informare rapidamente il Consiglio di sicurezza quando sorge il rischio di carestia indotta dal conflitto.
Eppure, di fronte a flagranti violazioni della sua stessa risoluzione sull’Etiopia, il Consiglio di Sicurezza non ha mai sanzionato i maggiori responsabili di azioni illegali durante il conflitto. Inoltre, il Consiglio di sicurezza non ha nemmeno inserito l’assedio in corso nel Tigray nella sua agenda formale.
La diplomazia africana concertata intorno alla crisi del grano in Ucraina e al blocco russo è in netto contrasto con l’inerzia dell’Africa nei confronti dell’Etiopia nel Consiglio di sicurezza. I tre membri eletti che rappresentano l’Unione africana nel Consiglio di sicurezza – Gabon, Ghana e Kenya, noti collettivamente come A3 – hanno ripetutamente bloccato qualsiasi discussione pubblica sull’Etiopia, consentendo a questo palese disprezzo per le norme internazionali di persistere.
Nel frattempo, l’Etiopia ei suoi partner nella regione e oltre hanno consentito che l’accesso ai beni di prima necessità diventasse una merce di scambio politica. Il ministro degli Esteri dell’Etiopia ha recentemente affermato che i servizi di base non saranno ripristinati fino a quando le due parti non inizieranno i colloqui di pace, mentre le autorità del Tigray vogliono che i servizi vengano ripristinati prima che i colloqui possano iniziare. Con la ripresa dei combattimenti, è ancora più essenziale per il mondo chiarire che i negoziati e l’accesso agli aiuti devono essere disaccoppiati.
Allora, cosa si deve fare?
Il Consiglio di sicurezza dell’ONU, a cominciare dall’A3, e l’Unione africana devono agire ora. Dovrebbero chiedere pubblicamente all’Etiopia di revocare completamente la sua stretta sugli aiuti umanitari disperatamente necessari e la chiusura dei servizi di base. Dovrebbero insistere affinché le parti in guerra, comprese le forze del Tigray, rispettino il diritto internazionale e facilitino l’assistenza a chi ne ha bisogno senza alcuna precondizione o ritardo. Il Consiglio di sicurezza dovrebbe tenere un dibattito pubblico per affrontare la fame indotta dai conflitti e inserire l’Etiopia nella sua agenda regolare.
È fondamentale che tali pratiche governative non siano normalizzate. I responsabili del blocco di cibo, carburante e medicinali, nonché dell’utilizzo dei servizi di base come merce di scambio, dovrebbero essere ritenuti responsabili. Coloro che usano la fame di civili come metodo di guerra impedendo i soccorsi o privando i civili di ciò di cui hanno bisogno per la loro sopravvivenza possono essere perseguiti per crimini di guerra. Affinché ciò avvenga, sarà fondamentale anche il proseguimento del lavoro della Commissione internazionale delle Nazioni Unite sui diritti umani in Etiopia, che sarà rinnovata dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite a settembre.
L’impegno dell’Africa e delle Nazioni Unite sul blocco russo del Mar Nero ha dimostrato quale pressione pubblica, combinata con la diplomazia, può fornire sugli aiuti umanitari. Le navi in partenza dai porti ucraini carichi di grano sono il miglior tipo di dividendo di tale approccio. Ma abbiamo anche visto il contrario: una crisi in gran parte dimenticata in Etiopia, dove la fame armata di un’intera regione non ha generato neanche lontanamente la stessa attenzione. A meno che la comunità internazionale non si raduni per garantire che tutti nel Tigray abbiano pieno accesso all’assistenza umanitaria, le spedizioni di grano che finalmente arrivano in Etiopia potrebbero non arrivare a una delle popolazioni più bisognose. Se questo è il risultato finale, l’accordo sul grano sarà una vittoria vana.
Kenneth Roth è il direttore esecutivo di Human Rights Watch. Twitter: @KenRoth
FONTE: foreignpolicy.com/2022/08/31/e…
Twitter introduce le cerchie, per consentire agli utenti di twittare solo a ristrette cerchie di contatti.
Ah, #Friendica già lo fa... 😁
blog.twitter.com/en_us/topics/…
Introducing Twitter Circle, a new way to Tweet to a smaller crowd
With Twitter Circle, people now have the flexibility to choose who can see and engage with their content on a Tweet-by-Tweet basis.blog.twitter.com
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Il capitale, la politica, la crisi
«Il capitale ha già “scelto” l’unica soluzione possibile per venirne fuori.
La guerra, per accaparrarsi materie prime e mercati senza i quali non ci stanno profitti.
E senza profitti il capitale muore.
La guerra, per liberarsi delle eccedenze di merci invendibili e di merce umana che non riesce più a mantenere.»
La piazza virtuale - Come costruire in rete spazi di incontro e discussione realmente pubblici? L'articolo di @violastefanello su @iltascabile
LA PIAZZA VIRTUALE - COME COSTRUIRE IN RETE SPAZI DI INCONTRO E DISCUSSIONE REALMENTE PUBBLICI?
A fine aprile, parlando dei motivi che lo stavano spingendo a comprare Twitter, Elon Musk in un TED Talk diceva che la piattaforma “è diventata di fatto la piazza cittadina”. Nel marzo del 2019, Mark Zuckerberg aveva usato la stessa immagine quando affermava che “negli ultimi 15 anni, Facebook e Instagram hanno aiutato le persone a connettersi con amici, comunità e interessi nell’equivalente digitale di una piazza cittadina”.
Continua: iltascabile.com/societa/piazza…
La piazza virtuale - Il Tascabile
Come costruire in rete spazi di incontro e discussione realmente pubblici?Il Tascabile
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Fr. #06 / v o y e u r
Voyeurismo fiscale, il nuovo kink statale
Ieri la BBC ha pubblicato una notizia in cui si parlava del nuovo kink dei burocrati francesi: spiare le persone che si fanno il bagno in piscina, grazie ai satelliti e all’intelligenza artificiale.
Un nuovo software sviluppato da un’azienda chiamata Capgemini ha permesso all’agenzia fiscale francese di scovare ben 20.000 piscine “nascoste” allo Stato, grazie all’analisi delle immagini satellitari.
Alla scoperta pare sia seguita una volontaria donazione alle casse dello Stato da parte dei proprietari pentiti di tale oltraggio, per circa 10 milioni di euro. Non tantissimo, se guardiamo alle cifre a cui sono abituati i burocrati statali, ma in tempi di crisi non si butta via nulla, no?
Il software è talmente bello che potrà essere usato per scoprire molte altre cose spiando i cittadini francesi. Ad esempio, se hanno gazebi, verande o estensioni non dichiarate. Insomma lo spionaggio satellitare promette un grande salto evoluzionistico per le tasse sul patrimonio.
L’attività non è certo ignota alla nostra agenzia fiscale, che da tempo adopera le immagini satellitari per scovare evasori fiscali, anche se - per ora - senza intelligenza artificiale ad agevolare il compito.
Sono certo che questo nuovo voyeurismo di stato sarà ben accolto da tutti i contribuenti che non hanno nulla da nascondere e che, in effetti, potrebbero aver sviluppato un certo esibizionismo nei confronti di uno stato che vuole guardarli sempre di più e sempre meglio. Una relazione perfetta, insomma.
Nel 1890 i due giuristi Warren e Brandeis ipotizzarono per la prima volta il “right to privacy” per trovare una protezione giuridica alle sempre più frequenti ingerenze dei giornalisti che avevano ormai a disposizione fotocamere “portatili” e potevano infilarsi nelle case e nei giardini di chiunque, a distanza.
Cosa direbbero oggi se sapessero che accettiamo passivamente di essere spiati dal nostro stesso governo nelle nostre case? Per cosa poi, per racimolare qualche spicciolo e continuare a pagare i burocrati incaricati di spiarci, in un circolo vizioso che non finisce mai?
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Sono finiti i chip per le tessere sanitarie
Dalla crisi della filiera produttiva ogni tanto qualche buona notizia! Pare che l’estrema scarsità di chip abbia costretto il governo italiano ad autorizzare la diffusione delle nuove tessere sanitarie senza microchip.
Questa è un’ottima notizia, poiché significa che le nuove tessere sanitarie non potranno essere usate come strumento per l’identificazione digitale della persona, ma potranno semplicemente essere usate per ciò per cui erano nate: come codice fiscale e tessera sanitaria.
Inutile dire che ogni inefficienza dell’apparato statale equivale a una maggiore libertà delle persone e minore sorveglianza e controllo delle nostre vite. Dobbiamo quindi accogliere con piacere notizie di questo tipo, che speriamo possano moltiplicarsi nei tempi a venire.
Meme del giorno
Citazione del giorno
“If the power of government rests on the widespread acceptance of false indeed absurd and foolish ideas, then the only genuine protection is the systematic attack of these ideas and the propagation and proliferation of true ones.”
― Hans-Hermann Hoppe
È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione.
🔸 Dal #PNRR oltre 3,1 miliardi per asili nido e scuole dell’infanzia
🔸 #PNRRIstruzione, al via il “Piano Scuola 4.0”: 2,1 miliardi per 100.
"Non ho paura e non pago il pizzo."
L’imprenditore Libero Grassi, attraverso una lettera inviata al Giornale di #Sicilia alzava la testa contro la mafia, ribellandosi apertamente alla violenza di Cosa nostra.
Denunciare il racket, un coraggio che Grassi pagherà con la propria vita qualche mese dopo, il 29 agosto del 1991 a #Palermo.
Il suo coraggio contribuì a dotare l’Italia di uno strumento a favore degli imprenditori coraggiosi, il varo del decreto che porta alla legge anti-racket 172.
Per un pugno di dollari
Articolo riservato agli abbonati
Oggi parliamo di un tema che potrebbe sembrare avulso da quello di cui parlo di solito, ma che in verità è strettamente legato con il concetto di privacy e libertà: la moneta. Tutti la usiamo fin da piccoli, talmente tanto e spesso che ne dimentichiamo il suo significato. Eppure la moneta è la tecnologia che più di ogni altra plasma la nostra società.
Non conoscere almeno le basi di questa tecnologia è molto rischioso: da anni viene usata contro di noi e siamo oggi sull’orlo di un enorme sconvolgimento globale alla cui base c’è proprio il concetto di moneta.
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Dalle conchiglie alla carta
I primi esempi di conchiglie e oggetti usati come moneta risalgono a più di 75.000 anni fa, in Sud Africa.
Fonte: nakamotoinstitute.org/shelling-out/
Da quel che sappiamo, praticamente tutte le culture umane, fin dalla preistoria, ebbero l’abitudine e l’interesse di collezionare oggetti artistici composti da conchiglie, denti e ossa di vario tipo, che poi venivano usati come gioielli, collane o cimeli da trasferire alle future generazioni.
Frammenti #05 - 25 agosto 2022
Colao io non compro niente, lasciami in pace
Due giorni fa ho letto un tweet che riportava un’affermazione di Vittorio Colao: "La digitalizzazione in maniera trasparente ti dice so chi sei, so a cosa hai diritto e anticipo il tuo bisogno."
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Nello specifico, si riferisce al suo progetto di identità digitale. Vorrebbe creare una sorta di “Schengen del digitale”; un sistema nazionale digitale attraverso il quale le pubbliche amministrazioni acquisiscono in modo automatizzato e pervasivo i dati di cui hanno bisogno per conoscere i “bisogni” dei cittadini (welfare) e anticiparli. In pratica, secondo lui sarebbe un mezzo per rendere più efficiente il welfare di stato, automatizzando l’erogazione di bonus, incentivi, detrazioni, assegni e quant’altro senza che il cittadino debba richiederli.
E se il mio bisogno fosse invece quello di essere lasciato in pace?
Personalmente non sento il bisogno di essere oggetto di analisi da parte di uno Stato onnipotente e onnisciente, che sa chi sono, cosa faccio, quanto guadagno, quali sono le mie relazioni private e familiari, dove tengo i miei soldi e cosa ci faccio, quali sono le mie idee politiche e così via.
Non sento neanche il bisogno di uno stato che si arroga il diritto di decidere unilaterlamente di cosa “ho diritto” e quali siano i miei “bisogni”. Trovo molto pericoloso pensare che lo Stato sia titolare di un potere del genere, quello di anticipare i bisogni delle persone.
Cosa ne è della libertà di autodeterminazione e della libertà di pensiero, che si concretizzano anche nella capacità di dissenso riguardo determinate scelte politiche? Se io sono contrario al welfare di stato non voglio essere inerme nei confronti di un sistema che invece mi eroga bonus, incentivi e quant’altro contro la mia stessa volontà. Attenzione a fare “il bene” degli altri con la forza…
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Cryptoanarchia e comunità virtuali
Ogni tanto qualcuno mi chiede: Matte ma secondo te come si può uscire da questo sistema di stati-nazione sempre più estesi e onnipotenti?
Ebbene io credo che il sistema sia già stato superato, ma che serviranno ancora diversi anni per rendersene conto davvero.
I più lungimiranti ne parlavano già quasi 30 anni fa. Ad esempio, il libro “The Sovereign Individual” parla espressamente del superamento del concetto di stato nazione, verso un mondo di individui sovrani collegati tra loro. Ne ha parlato recentemente Federico Rivi nella sua newsletter, che consiglio di seguire.
Un altro contributo sul tema fu quello di Timothy May, Cypherpunk e autore del Crypto Anarchist Manifesto, che nel 1994 scriveva un breve saggio chiamato “Criptoanarchia e comunità virtuali”, in cui parlava di Internet come di un luogo dove regnava l’anarchia; non intesa come assenza di regole, ma nel senso di assenza di governo, che poi è il vero significato politico di anarchia.
Secondo lui la crittografia sarebbe diventato lo strumento con cui sostenere i “muri” delle comunità virtuali fondate su sistemi anonimi o pseudoanonimi.
Il futuro che immaginava May nel 1994 era un mondo di individui divisi in due categorie: coloro che avrebbero saputo cogliere le opportunità delle nuove tecnologie, e coloro che invece sarebbero rimasti schiavi del sistema1. Gli strumenti di crittografia, Internet, e oggi anche Bitcoin danno alle persone il potere di separarsi dallo Stato e di decidere autonomamente cosa fare della propria vita. I tempi oggi sono maturi, ma quanti sapranno cogliere l’occasione?
Consiglio la lettura del saggio, che trovate qui (in inglese).
Meme del giorno
Citazione del giorno
“Libertarianism holds that the only proper role of violence is to defend person and property against violence, that any use of violence that goes beyond such just defense is itself aggressive, unjust, and criminal”
― Murray N. Rothbard
“Something that is inevitable is the increased role of individuals, leading to a new kind of elitism. Those who are comfortable with the tools described here can avoid the restrictions and taxes that others cannot. If local laws can be bypassed technologically, the implications are pretty clear.
The implications for personal liberty are of course profound. No longer can nation-states tell their citizen-units what they can have access to, not if these citizens can access the cyberspace world through anonymous systems.”
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"Le politiche ultraliberiste degli ultimi anni e a vantaggio di pochi, hanno gettato le basi per il presente di oggi. 30 anni passati a smontare tutte le solide basi strutturali dello Stato sociale che, pur con decine di contraddizioni, poneva l’interesse nazionale e la tutela dei cittadini al primo posto, facendo sue le istanze strategiche a tutela della popolazione. La sanità, così come l’apparato energetico e non solo, sono servizi di prima tutela, devono essere pubblici."
Analisi del Max Planck Institute sui suoi elettori: il PD è il partito della destra neo-liberale
«Il Fatto quotidiano di ieri pubblica un'analisi del Max Planck Institute sul voto Dem che conferma cose che sappiamo già da un pezzo: gli elettori di questo partito sono in larga maggioranza benestanti, abitano nelle grandi città e nutrono opinioni "di centro" (leggi neoliberal-liberiste) in economia e "di sinistra" (leggi politically correct) in tema di diritti individuali e civili ( di quelli sociali non gliene importa un baffo).»
Torno con le mie mirabolanti domande di #mastoaiuto sul tema #informatica e #WebDesign. L'argomento di oggi è il tema scuro nei siti e nell'interfaccia del computer/cellulare. O come lo chiamano in modo tutto figo #DarkMode.
Io mi sento più rilassato quando lavoro con il tema scuro su progetti grafici o scrittura. Mi aiuta a concentrarmi meglio su quello che sto facendo. Ma quando si tratta di #accessibilità mi viene un dubbio enorme: se faccio un sito con tema scuro, accontento tutti i lettori?
Io ho sempre fatto attenzione a non usare mai lo sfondo totalmente nero #000 con testi totalmente bianchi #fff perché anche solo pensarlo mi si bruciano le retine. Ho sempre fatto una mediazione di grigi o comunque colori complementari che abbiano lo stesso un elevato contrasto, ma più morbido. Ho già chiesto ad alcune persone con difficoltà di lettura come si trovassero con i miei siti e hanno risposto che riescono a leggere senza affaticarsi. Ma l'esperienza di persone che si conta sulle dita di una mano non fa statistica.
Ora, questo approccio che a me piace è sempre stato venduto anche come ecologico perché inciderebbe meno sull'energia impiegata dal monitor, con gran gioia della bolletta, della batteria e dell'ambiente stesso. Ma è davvero così?
Leggo articoli online che si contraddicono, perciò mi piacerebbe sentire il parere da gente vera come voi. In realtà un tema chiaro incide poco o nulla sulle performance e quindi è meglio stare più leggeri per non mettere in difficolta i lettori online, oppure c'è un vero e tangibile risparmio energetico e quindi è buono l'impegno nel fare temi scuri ma il più possibile accessibili?
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Partiamo dalla cosa più semplice:
A quanto so, non ci sono problemi di accessibilità riguardo i temi scuri.
Le persone che proprio non li sopportano possono usare le opzioni del browser per forzare il tema chiaro (almeno, quelli che lo hanno ossia i desktop - assicurati che sul tuo sito funzioni la modalità lettura di quelli mobile).
Io so che bisogna assicurarsi che il contrasto sia chiaro e accessibile: in questo senso: bianco su nero o nero su bianco sono uguali.
Qui trovi linee guida di accessibilità web in generale: developer.mozilla.org/en-US/do…
Quanto a risparmio energetico, gli sfondi scuri possono essere peggio:
Testo chiaro su sfondo scuro è più difficile da leggere, perché, nonostante il contrasto (quello effettivo) sia uguale, c'è meno luce che finisce nei tuoi occhi (indipendentemente dal tipo di superficie contenente il testo, che sia un display o un pezzo di carta), e si fa più fatica a distinguere le lettere. Chiamiamo la quantità di luce che finisce negli occhi "contrasto percepito".
Non solo questo:
Considerando che maggiore è il contrasto sia effettivo che percepito e meglio si legge, e il contrasto è maggiore quando la differenza tra zone chiare e scure è più accentuata...
A parità di illuminazione ambientale, e parlando di schermi che producono la propria luce che finisce negli occhi di chi legge, in ogni caso per leggere meglio (fino a un certo punto, ad esempio sei in una stanza buia, luminosità al massimo è insopportabile) si dovrebbe sempre alzare l'illuminazione dello schermo per avere buon contrasto percepito, ma:
- Su schermi OLED, dove i pixel neri sono spenti, il contrasto effettivo tra zone nere e bianche è sempre più alto di un LCD; alzare la luminosità aumenta tanto il consumo energetico su sfondo chiaro, ma su sfondo scuro il consumo è trascurabile
- Su schermi LCD, dove i pixel neri in realtà sono semplicemente "chiusi", e fanno passare meno della retroilluminazione (meno, ma non niente, e puoi vedere chiaramente che una schermata 100% nera su un LCD in realtà si vede grigina luminescente!); alzare la luminosità comporta sempre lo stesso consumo energetico, MA, il contrasto effettivo su un LCD è sempre più basso di un OLED perché i pixel neri fanno trapelare luce, e considerando che in ogni caso per vedere meglio bisogna avere sia buon contrasto percepito che effettivo... su un LCD finirai con l'alzare la luminosità su sfondo scuro per migliorare entrambi i contrasti, quindi addirittura a consumare più energia di quanta ne consumeresti per leggere un testo nero su bianco con lo stesso livello di comfort!
Spero di averti fatto capire - sto qua degli sfondi chiari o scuri su schermi diversi meriterebbe un articolo di blog...
E ora che ti ho detto tutto questo, però:
A meno che il sito non debba avere i colori che ha per una scelta artistica (ma in quel caso, di nuovo, assicurati almeno che l'HTML del tuo sito sia buono e quindi analizzabile dalle modalità di lettura dei browser, chi non sopporta il tuo tema potrà leggere con quella), se la tua scelta è puramente pratica.. allora non decidere tu, usa CSS per far decidere al browser (e al sistema operativo) di chi visita la tua pagina: usa le media query per dichiarare un tema chiaro, e un tema scuro. Fine.
Vedi developer.mozilla.org/en-US/do…
Un esempio:
/* Tema chiaro, predefinito */
body {
background-color: #FFFFFF;
color: #000000;
}
/* Tema scuro, secondario - Usato solo dai browser supportati (tutti quelli aggiornati, da anni) e che hanno preferenza di tema scuro */
@media (prefers-color-scheme: dark) {
body {
background-color: #000000;
color: #FFFFFF;
}
}
Si può volendo anche invertire il tutto, mettendo come predefiniti (specificati senza media query) i colori scuri, e specificando con @media (prefers-color-scheme: light) i colori chiari per chi preferisce quelli.
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"Se vuoi fare qualcosa di terribile con la tecnologia, non puoi semplicemente lanciarlo su persone con denaro e capitale sociale. Si lamenteranno e la tua idea andrà in fumo. Le implementazioni tecnologiche di merda di successo iniziano con le persone di cui puoi abusare impunemente (prigionieri, bambini, migranti, ecc.) Per poi risalire il gradiente dei privilegi. La chiamo la curva di adozione della tecnologia di merda."
Un protocollo social più decentralizzato di ActivityPub
ActivityPub è un buon protocollo, ma secondo me non perfetto. Resta troppo incentrato sull'avere un server dedicato principale grosso. Ciò si vede nelle sue implementazioni server, con software come Mastodon, Pleroma, e chi più ne ha più ne metta: software relativamente pesanti e difficili da ospitare, cosa che va a peggiorare l'accentramento perché meno gente avrà possibilità di ospitarli e quindi andrà su istanze già presenti.
Non so se esiste già, nel caso fatemelo conoscere, altrimenti probabilmente potrei idearlo io, un protocollo più semplice e molto più decentralizzato, basato su server più stupidi e client più intelligenti.
Rimuovere completamente i server causerebbe una peggiore esperienza utente: ogni client dovrebbe rimanere acceso nel momento in cui gli amici si collegano per scaricare nuovi messaggi, inoltre alcuni provider bloccano le connessioni in entrata. Sarebbe ideale, ma è irrealistico.
Per questo, si sceglie di tenere il minimo indispensabile come server: uno HTTP che serve file statici. Un tale server può essere ospitato ovunque, persino sul router di casa, ma in ogni caso i provider che ne danno di gratuiti online sono tantissimi.
Qui viene il bello: ogni utente ha un server e un dominio o indirizzo IP statico, si identifica con un URL (che può essere la root, oppure una cartella, nel caso si voglia avere altra roba Web sullo stesso dominio).
Il client del social (la app) chiede come login i dati di accesso FTP, SSH, Git, o chissà quali altri sistemi di caricamento di file via Internet, e tutti i contenuti di ogni utente (i messaggi, i file, i like messi, ...) vengono caricati sul server HTTP.
Quando un client vuole aggiornare il feed degli utenti seguiti, scarica un file d'indice (come un feed RSS) da ciascun server, e scarica eventuali nuovi elementi lì segnati.
L'unico potenziale problema qui può sorgere in caso si seguano centinaia e centinaia di utenti, perché la app dovrà scaricare ciascun file ad ogni aggiornamento. Ovviamente, usando un formato di dati efficiente e compresso il problema si riduce, così come si riduce spezzettando l'indice in segmenti, oppure si potrebbero integrare nel protocollo delle liste di aggregazione opzionali (che richiederebbero un server fatto apposta), a cui ciascun utente può passare il proprio elenco di utenti seguiti, e la sua app chiederà le differenze di tutti al server di aggregazione anziché alle centinaia di serve degli utenti.
Per i messaggi privati, si può semplicemente implementare un sistema di cifratura, così che le app possano semplicemente caricare i contenuti privati assieme a quelli pubblici sul server HTTP, e anche se terzi potrebbero scaricarli andando a frugare tra i file dei server altrui, non potranno leggerli.
Che ne pensate?
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@Luca Nucifora eh e come? stai praticamente quasi creando un protocollo da capo così :'/. ActivityPub è troppo incentrato sui server attivi, il massimo che si può fare è ideare qualche integrazione AP in un protocollo come ho pensato il mio. Fosse anche prevedere un sottoprotocollo per i bridge. Anzi, togliamo il forse, è qualcosa da fare.
Comunque, ho anche continuato a cercare, ma nessun protocollo già esistente funziona in modo abbastanza vicino a cosa vorrei io.
Io magari inizio a scrivere qualcosa (documenti, non codice) a riguardo, almeno per descrivere l'idea a linee meno grosse di cosa il mio post di Friendica dice. Magari trovo gente a cui l'idea interessa particolarmente..
È la fine dei social network? Una riflessione di Johannes Ernst su #Facebook, #TikTok e il design delle piattaforme
Scott Rosenberg , in un pezzo dal titolo “Tramonto del social network” , scrive ad Axios:
Segna la scorsa settimana come la fine dell'era dei social network, iniziata con l'ascesa di Friendster nel 2003, ha plasmato due decenni di crescita di Internet e ora si chiude con il lancio di Facebook di un'ampia riprogettazione simile a TikTok.
Una dichiarazione travolgente. Ma penso che abbia ragione:
Facebook è fondamentalmente una macchina pubblicitaria. Come altri prodotti Meta. Non ci sono davvero "tecnologie che avvicinano il mondo", come dice la home page di Meta . Almeno non principalmente.
Questa macchina pubblicitaria ha avuto un successo sorprendente, portando a un fatturato trimestrale recente di oltre $ 50 per utente in Nord America ( fonte ). E Meta di certo ha spinto così tanto, altrimenti non sarebbe stata nelle cronache per aver oltrepassato il consenso dei suoi utenti anno dopo anno, scandalo dopo scandalo.
Ma ora una macchina pubblicitaria migliore è in città: TikTok. Questa nuova macchina pubblicitaria non è alimentata da amici e familiari, ma da un algoritmo di dipendenza. Questo algoritmo di dipendenza calcola i tuoi punti di minor resistenza e ti riversa una pubblicità dopo l'altra in gola. E non appena ne hai ingoiato un altro, scorri un po' di più e, così facendo, chiedi più pubblicità, a causa della dipendenza. Questa macchina pubblicitaria basata sulla dipendenza è probabilmente vicina al massimo teorico di quante pubblicità si possono versare in gola a qualcuno. Un'opera d'arte straordinaria, come ingegnere devo ammirarla. (Naturalmente quell'ammirazione si trasforma rapidamente in qualche altra emozione del tipo disgustoso, se hai qualche tipo di morale.)
Quindi Facebook si adatta e passa a un'altra macchina pubblicitaria basata sulla dipendenza. Il che non sorprende nessuno, penso.
E poiché non si è mai trattato di "riavvicinare il mondo", abbandonano quella missione come se non gli importasse mai. (Questo perché non l'hanno fatto. Almeno MarkZ non l'ha fatto, ed è l'unico, irresponsabile signore supremo dell'impero Meta. Una struttura azionaria a due classi te lo dà.)
Con il gigante che rivolge la sua attenzione altrove, dove finisce il social networking? Perché i bisogni e i desideri di “avvicinare il mondo” e di mettersi al passo con amici e familiari sono ancora lì.
Penso che lasci il social networking, o ciò che lo sostituirà, in un posto molto migliore. Che ne dici di questa volta che costruiamo prodotti il cui obiettivo principale è in realtà la missione dichiarata? Condividi con gli amici, la famiglia e il mondo, per unirlo (non dividerlo)! Invece di qualcosa di non correlato, come fare un sacco di entrate pubblicitarie! Che concetto!
Immagina cosa potrebbero essere i social network!! I giorni migliori del social networking sono ancora avanti. Ora che i pretendenti se ne vanno, possiamo effettivamente iniziare a risolvere il problema. I social network sono morti. Viva ciò che emergerà dalle ceneri. Potrebbe non essere chiamato social networking, ma lo sarà, solo meglio.
Qui il post originale in inglese: reb00ted.org/tech/20220727-end…
Questo lavoro è concesso in licenza in base a una licenza internazionale Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0 • Altri usi? Chiedere! Utilizza i cookie solo per analisi self-hosted.
Di Johannes Ernst. Imprenditore. Pirata. Pastore di gatti. Detentore di opinioni spesso insolite, in genere prima che giunga il loro momento, ma forse non in questo caso.
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Transit
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Personalmente se aggiungere questa funzione signfica sacrificare ulteriormente la velocità con cui si accede ai nodi e vari sottonodi preferisco non averla...
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Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂
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