La nuova Guerra Fredda e la rinascita del Patto di Baghdad
Dando uno sguardo agli sviluppi durante le prime fasi della Guerra Fredda, una delle strutture più efficaci nell’intelligence e nella cooperazione militare era una volta chiamata Patto di Baghdad. Costituita nel 1955, e nota anche come Organizzazione del Trattato del Medio Oriente, si è concretizzata a causa della necessità di contrastare le macchinazioni dell’Unione Sovietica […]
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Dialogo e riforme: giustizia, lo scatto possibile – corriere.it
Auspicabile un sussulto bipartisan delle forze politiche (almeno di buona parte di esse) e di una grandissima fetta di magistratura, la quale non ha alcuna voglia di essere tirata dentro guerricciole di fazione
In un volume pubblicato undici mesi fa, per i trent’anni di Tangentopoli, «Giustizia, ultimo atto», Carlo Nordio, allora semplice magistrato in pensione, anticipava con chiarezza le linee di riforma che ha poi esposto a dicembre alla Camera e al Senato nella sua nuova veste di Guardasigilli. Sicché, di fronte a talune reazioni di dissenso, ha replicato che tutti conoscevano da un pezzo le sue convinzioni di garantista liberale. Aggiungendo che, se era stato posto al vertice del ministero di via Arenula, è perché si voleva che le traducesse in pratica. Su questa seconda proposizione qualche dubbio deve nutrirlo lui stesso, avendo sentito allora il bisogno di sottolineare in sede parlamentare la sua determinazione a dimettersi ove non gli fosse consentito di svolgere il proprio compito fino in fondo: frase abbastanza irrituale per un ministro appena nominato e con una solida maggioranza alle spalle.
La verità, come Nordio sa bene, è che, nell’agenda di grandi riforme immaginata da Giorgia Meloni, quella della giustizia è forse la più divisiva in potenza: persino dentro una coalizione vittoriosa, sì, ma ideologicamente assai eterogenea. Passati il giubilo e i (doverosi) applausi al Ros, l’arresto di Matteo Messina Denaro ha subito surriscaldato il clima. Da un lato prefigurando una nuova stagione di rivelazioni presunte e di veleni sicuri su eventuali «livelli superiori» (dunque politici) di connivenza col boss.
Dall’altro rinfocolando tensioni sottotraccia con un giustizialismo trasversale al Parlamento e al Paese che vede, ad esempio, come fumo negli occhi le critiche di Nordio alle intercettazioni. Sicché, intervenendo ieri in Senato, il ministro è stato costretto a spiegare l’ovvio, sotto la pressione di sortite mediatiche delle Procure: che gli ascolti come strumento di indagine contro mafiosi e terroristi non si discutono; da rivedere è invece l’idea che costituiscano una prova in sé (e non una pista investigativa) e che possano essere abusati a strascico su soggetti non indagati, fino alla loro enfatizzazione mediatica. Già sull’abuso d’ufficio, reato poco tipizzato e troppo ricorrente (venti condanne su cinquemila indagini in dodici mesi) che indurrebbe alla «paura della firma» sindaci e amministratori pubblici, si arriverà a fine mese a un compromesso tra la cancellazione tout court voluta in origine da Nordio e un tagliando pur accurato. Scricchiolii in una materia, la giustizia, che è sempre stata esiziale per la vita dei governi. Ancora nulla a confronto di ciò che potrebbe avvenire quando si mettesse mano al corpo vivo dell’impianto giudiziario.
Se una vera separazione delle carriere e la discrezionalità dell’azione penale sono obiettivi ambiziosi e legittimi ma da conseguire con i tempi e i modi di un mutamento costituzionale, ci sono materie controverse su cui una maggioranza coesa potrebbe fare da traino con legge ordinaria. Il traffico di influenze e il concorso esterno potrebbero ad esempio, nell’arco della legislatura, essere rivisti senza mettere mano alla Costituzione. Quanto all’uso delle intercettazioni, basterebbe un episodio recente, lo scontro surreale tra Luca Zaia e Andrea Crisanti (nato da una frase del governatore veneto contro il noto microbiologo «rubata» da una microspia e allegata agli atti di un’indagine che non riguarda nessuno dei due) per dimostrare l’invasività politica dello strumento e la debolezza delle riforme fin qui fatte per limitarlo.
Il problema va ben oltre le questioni di tecnica giuridica.
Lo stesso Nordio lo coglie con efficacia nel volume già citato: il ruolo di supplenza esercitato dalle toghe, ricorda da ex toga, è stato consentito dai partiti al tempo di Mani Pulite con «una ritirata precipitosa e un’abdicazione miserevole». Il nodo continua a paralizzare da trent’anni il Paese: per debolezza e scarsa credibilità, la politica tuttora tende, almeno in alcune sue articolazioni, a ripetere la propria legittimazione dalla magistratura. L’attuale maggioranza non dovrebbe avere problemi del genere, forte com’è dell’investitura popolare di Giorgia Meloni. Tuttavia, nel partito della premier non è così piccola la componente giustizialista di antica memoria, accanto alla quale ne va emergendo una, diciamo così, pragmatica: questa parte più accorta alla tattica si domanda se, visto il vantaggio per il governo derivante dalla totale inanità delle opposizioni politiche, divise e litigiose tra loro, sia davvero il caso di andare a stuzzicare l’unica forza del Paese in grado di produrre un’opposizione de facto, la magistratura. Ragionamenti del genere sono di certo arrivati fino all’orecchio della premier, che ha fortemente voluto Nordio al ministero della Giustizia.
La faccenda, come si vede, può diventare un inciampo notevole per la coalizione di centrodestra. Sarebbe superabile solo con un sussulto bipartisan delle forze politiche (almeno di buona parte di esse) e, verrebbe da auspicarsi, di una grandissima fetta di magistratura, la quale non ha alcuna voglia di essere tirata dentro guerricciole di fazione che ne diminuiscono autorità e prestigio agli occhi dei cittadini.
È noto che mai nessuna commissione in Italia ha risolto granché e che, anzi, la sua stessa istituzione porta spesso a rinviare sine die il problema di cui dovrebbe occuparsi. Tuttavia, se la grande questione giudiziaria fosse ricondotta almeno a un dialogo razionale e non di parte, non poche regole della nostra convivenza civile potrebbero essere riconsiderate dopo trent’anni di contrapposizioni. Tra queste, e di portata costituzionale, non si dovrebbe dimenticare l’immunità parlamentare, abolita a «furor di popolo» in conseguenza degli abusi che ne fece la mala politica della Prima Repubblica e, tuttavia, più che mai necessaria all’equilibrio tra i poteri dello Stato.
Nella prima e più bilanciata formulazione della riforma del 1993, ricorda Giuseppe Benedetto nel suo «L’eutanasia della democrazia», s’era deciso non di eliminarla ma di posticiparla alla fine delle indagini preliminari, così che il Parlamento avesse elementi più concreti (e non ideologici o di camarilla) per valutare l’eventuale fumus persecutionis del magistrato contro il politico. Le monetine contro Craxi e il terrore della piazza spazzarono via, col coraggio, anche molto buonsenso.
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Gli Stati Uniti e il Mar Cinese Meridionale: imperativi strategici ed economici
L’anno 2022 ha visto la pubblicazione di tre importanti documenti strategici degli Stati Uniti (USA): la Strategia indo-pacifica (IPS) , la Strategia di sicurezza nazionale (NSS) e la Strategia di difesa nazionale (NDS) . Questi documenti forniscono approfondimenti su come Washington vede il suo ambiente di sicurezza, l’identificazione dei suoi interessi nazionali e le principali […]
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Etiopia, Il Parlamento Consente al Primo Ministro Abiy di Rimanere in Carica Oltre il Mandato [Archivio]
La mossa arriva dopo che le elezioni previste per agosto sono state rinviate alla luce della pandemia di coronavirus.
NOTA: questo articolo è stato pubblicato da Aljazeera il 10 Giugno 2020 – 5 mesi prima che iniziasse la guerra genocida in Tigray il 3 novembre 2020.
Il parlamento etiope ha approvato il permesso al primo ministro Abiy Ahmed di rimanere in carica oltre il suo mandato dopo che le elezioni previste per agosto sono state rinviate a causa della pandemia di coronavirus.
Il voto di mercoledì – 114 a favore, quattro contrari e un astenuto – è arrivato due giorni dopo che un importante politico dell’opposizione si è dimesso da oratore in un’apparente protesta contro la decisione di ritardare le elezioni.
“La Camera della Federazione ha approvato la decisione di prorogare la durata di tutte le assemblee fino a quando le istituzioni sanitarie internazionali non avranno ritenuto cessata la minaccia del coronavirus”, ha riferito mercoledì l’agenzia di stampa etiope, riferendosi alla camera alta del parlamento.
I legislatori non hanno specificato quando si sarebbero svolte le nuove elezioni, tuttavia, il loro voto è stato un’approvazione delle raccomandazioni del Consiglio di inchiesta costituzionale, un organo consultivo che aveva tenuto riunioni pubbliche per decidere una via da seguire dopo il ritardo.
L’organismo ha raccomandato che le “elezioni da tenersi da 9 a 12 mesi dopo il coronavirus non siano considerate un problema di salute pubblica”.
Il consiglio elettorale dell’Etiopia ha annunciato a marzo [2020] che sarebbe stato impossibile organizzare il voto in tempo a causa della pandemia, in cui sono stati confermati 2.506 contagi nel Paese con 35 morti.
Le circostanze hanno fatto sì che le elezioni non potessero svolgersi prima della fine del mandato dei legislatori in ottobre.
La costituzione etiopica non affronta chiaramente il percorso da seguire nella situazione insolita.
“Mette in pericolo la pace e la stabilità”
Alcuni leader dell’opposizione hanno chiesto un governo provvisorio o di transizione per guidare il paese alle elezioni, un suggerimento che Abiy ha respinto come impraticabile durante una sessione di domande e risposte lunedì con i legislatori.
La mossa della camera alta ha suscitato anche un rimprovero da parte dei leader dell’opposizione che hanno accusato Abiy di utilizzare la pandemia per prolungare artificialmente il suo mandato, e gli analisti hanno avvertito di possibili proteste e boicottaggi.
Accasati
Stanno mettendo le mani sulla nostra casa; l’Europa vuole una patrimoniale mascherata; non si è mai visto che si pretenda di stabilire cosa devo fare dentro casa mia; viola il diritto di proprietà impedendo anche di venderla; quel che chiedono è impossibile e sarà una stangata pazzesca, eccetera. Pretendere che la si smetta di usare i nomi dei continenti e si prenda atto che si chiama Unione europea è forse troppo, ma almeno che le sciocchezze non siano dette a due a due finché non fa dispari. Vediamole, nel merito, per poi passare a cosa si può fare per arricchirsi grazie alla direttiva europea che manco ancora esiste.
Non è né potrebbe essere una patrimoniale, in compenso quella mascherata esiste di già e si chiama: Tasi, poi Tari. È calcolata in base alla grandezza di case e uffici, stimando da quella la quantità di spazzatura prodotta. La paghiamo alle municipalizzate, molte delle quali disfunzionali e con uno straordinario paradosso, che raggiunge il suo apice nella capitale: meno funziona il servizio e più sei tenuto a pagare.
I vincoli relativi all’interno delle nostre case e dei nostri uffici ci sono già. L’impianto elettrico deve essere a norma, la caldaia deve essere periodicamente revisionata, l’impianto del gas deve essere regolamentare e via andando.
Nessuna di queste cose ha fatto dubitare dell’esistenza del diritto di proprietà. Pericolo non rintracciabile neanche nel divieto di vendita, che si trova nelle chiacchiere di chi non ha mai letto quello di cui discetta, ma non nel testo base della direttiva in discussione. In compenso esiste già l’obbligo degli impianti a norma nel caso si voglia mettere a reddito l’immobile. Vabbè spararle grosse, ma qui si esagera. Circa l’impossibilità di ottemperare ai futuri ed eventuali obblighi, mi sfugge cosa ci sia di impossibile nel predisporre gli edifici in costruzione (in costruzione), entro il 2030, alle emissioni zero, mentre per gli altri l’orizzonte è quello del 2050.
Più difficoltoso il passaggio almeno alla classe D (meno inquinante) entro il 2033, ma questo è tema subordinato ai piani nazionali e semmai di razionale negoziato, non di schizzato allarme. Tenuto conto, per arrivare alla stangata, che la Francia anticipa anche quella data e con
l’Olanda pone già limiti a vendite ed affitti. Liberi di farlo, perché si tratta di leggi nazionali, ma non lo scelgono per masochismo, bensì per convenienza. Immobili più coibentati ed autosufficienti valgono di più e la loro gestione costa di meno. Sia che io sia il proprietario o l’abitante ne traggo un vantaggio. Se sono il proprietario residente il vantaggio è doppio. Quindi, razionalmente, la faccenda si sposta
sul piano finanziario: chi ci mette i soldi? L’orrido bonus 110% ha avuto effetti inflattivi e distorsivi ed ha generato spesa pubblica e debiti per tutti, mentre benefici per molto pochi. Una porcheria da non replicare.
Qui le cose utili sarebbero tre: a. una volta approvata e recepita la direttiva per le banche si apre un succoso e duraturo mercato, sicché sarebbe utile agevolare le norme a garanzia, in modo che i prestiti incontrino il favore dei clienti; b. il fisco può molto agevolare sgravando dal suo peso, giovandosi di un mercato crescente e tassabile e preparandosi a incassare di più, domani, dalla compravendita di immobili di
maggiore valore; c. prepararsi ed evitare che tutto s’impantani nella mefitica palude dei permessi e della burocrazia. Salto il pistolotto sul mondo pulito e il rispetto dell’ambiente (gli immobili assorbono il 40% del consumo energetico e generano il 36% dei gas inquinanti), perché di sviolinatori senza spartito è piena la piazza, tutti a orecchio e molti stonati. Certo, volere il mondo pulito tenendosi la casa sporca sarebbe un ribaltamento del costume nazionale, dove il tinello lindo affaccia sulla strada lercia. Chiedere come sia pensabile che l’Ue voglia affamare gli europei o come sia pretesa rivolta ai soli italiani, infine, potrebbe mettere in crisi tanti accasati in certezze prive di fondamento.
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La scoperta di terre rare in Svezia apre un capitolo importante per l’industria europea
Se n’è parlato nei giorni scorsi e forse con un po’ di disattenzione, tra la fine di una latitanza durata trent’anni e con altri trent’anni di cronaca davanti. Tra la morte di una diva che ha fatto storia di costume nel nostro Paese e altri riempitivi di poco conto. Ma che siano stati identificati depositi […]
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Intervento del Vice Presidente Davide Giacalone alla Costituente LDE – Milano,14 Gennaio
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In che modo l’Europa può aiutare l’Ucraina a sconfiggere la Russia e ottenere la pace nel 2023
L’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte di Mosca ha spinto il Paese in cima all’agenda strategica dell’Europa. Allo stesso tempo, l’adesione dell’Ucraina sia all’Unione Europea che alla NATO rimane un obiettivo lontano. È quindi fondamentale che la comunità europea esplori altre opportunità per rafforzare il sostegno all’Ucraina nel 2023. Questi sforzi dovrebbero comportare una […]
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Etiopia, i tigrini hanno bisogno di un percorso verso casa dopo la guerra di Abiy
L’Etiopia può riprendersi moralmente ed economicamente solo accogliendo i profughi.
Dopo due anni di guerra genocida , una fragile pace si sta assestando nella regione settentrionale etiope del Tigray. Le forze locali, guidate dal Tigray People’s Liberation Front (TPLF), hanno consegnato carri armati e razzi all’esercito federale come gesto di buona volontà. Nel frattempo, i combattenti rivali Amhara si stanno ritirando dalla regione. Ma è una ripresa faticosa, che ora richiede che il governo centrale agisca per garantire la sicurezza dei rifugiati di ritorno.
Nel novembre 2022, il Comitato internazionale della Croce Rossa ha consegnato 40 tonnellate di forniture mediche alla capitale del Tigray, Mekelle, ma sono necessarie circa 11.000 tonnellate , secondo il Programma alimentare mondiale. Mekelle è stata ricollegata alla rete elettrica nazionale, ma gran parte del Tigray rimane al buio. Le banche hanno ripreso i servizi in alcune aree, ma alcuni residenti dicono che le banche non hanno soldi da dare. Ethiopian Airlines ha ripreso i voli per Mekelle, ma quasi due settimane dopo la rotta è stata vietata.
E mentre i servizi di Ethio Telecom tornano online, i tigrini all’estero stanno solo ora scoprendo di aver perso i propri cari mesi o addirittura anni fa. Alcune persone non lo sapranno mai. Tuttavia, dopo gli appelli alla pace di oltre due dozzine di organizzazioni della società civile nel paese, i colloqui segreti statunitensi alle Seychelles, un cessate il fuoco umanitario la scorsa estate e i colloqui di pace in Sudafrica e in Kenya, gli aiuti alla regione stanno ancora arrivando e la portata della devastazione sta diventando chiara solo ora.
Si stima che tra i 300.000 e i 600.000 civili siano stati uccisi durante la guerra, rispetto ai 6.952 civili uccisi in Ucraina dal febbraio 2022 al 10 gennaio. È il conflitto armato più sanguinoso da quando la guerra civile siriana era al suo apice, e mentre molti di quelle morti sono attribuibili alla fame o alla mancanza di accesso medico, fino a 60.000 civili sono morti solo a causa di massacri e bombardamenti, secondo una ricerca non ancora pubblicata del professore di geografia fisica dell’Università di Gand Jan Nyssen, che ha trasmesso a Foreign Policy via e-mail.
Questo è quasi il doppio di tutte le vittime di battaglie, violenze contro i civili, esplosioni e rivolte dell’anno scorso in Siria, Afghanistan, Yemen, Somalia e Nigeria messe insieme, secondo i dati dal progetto sulla posizione dei conflitti armati e sui dati sugli eventi. Il conflitto ha anche creato quasi 900.000 rifugiati a settembre 2022, ovvero il 14% dei 7 milioni di persone del Tigray, molti dei quali sono fuggiti nel Sudan orientale attraverso città di confine come Hamdayet o Abdurafi. Inoltre, nel 2022 c’erano 2,75 milioni di sfollati interni, il che significa che un totale del 52% della popolazione del Tigray è fuggito dalla propria casa.
Le vite perdute non possono essere ripristinate. Ma se il primo ministro etiope Abiy Ahmed vuole rendere intero il Tigray, coloro che sono fuggiti devono essere accolti a casa. Questo non solo aiuterà a preservare la cultura del Tigray, ma aiuterà anche Abiy a ripristinare la sua reputazione un tempo forte di pacificatore che stava trasformando la nuova Etiopia. Tutte le parti coinvolte sono state accusate di atrocità, eppure nessuno ha più sangue sulle proprie mani dello stesso Abiy, che ha vinto il premio Nobel per la pace nel 2019 per i suoi “sforzi per raggiungere la pace e la cooperazione internazionale”.
La guerra stessa è iniziata con l’ ordine incostituzionale di Abiy nel giugno 2020 di rinviare le elezioni regionali, citando la pandemia, seguito dalla mobilitazione delle truppe e dalle minacce aperte di rimuovere la leadership del Tigray dopo aver comunque tenuto le elezioni. Il TPLF, la milizia regionale che ha governato l’Etiopia dal 1991 al 2018, ha poi attaccato il quartier generale del Comando settentrionale della Forza di difesa nazionale etiope (ENDF) a Mekelle all’inizio di novembre 2020, e Abiy ha annunciato “operazioni delle forze dell’ordine” che includevano l’ingresso di truppe federali da sud e forze alleate eritree che entrano da nord. Il risultato furono due anni di guerra d’assedio che includevano il taglio della regione da energia, internet, banche, cibo e forniture mediche. La carestia era usata come arma di guerra, donne di tutte le età sono diventate vittime di stupri genocidi e i massacri a sfondo etnico erano comuni.
In un minaccioso segno della sua volontà di affrontare le questioni dei rifugiati, Abiy ha dichiarato in un briefing ai membri del parlamento alla fine di novembre 2020, settimane dopo l’inizio della guerra, che “non ci sono donne o bambini tra i rifugiati in Sudan”. Questo nonostante l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati riferisse che più di 7.000 rifugiati – donne, bambini e uomini – erano fuggiti dal Tigray verso il Sudan solo nei primi due giorni di guerra.
Approfondimento:
- Stesso tipo di dichiarazione di negazione dei fatti da parte del Premier Abiy il giorno delle elezioni nazionali, giugno 2021 “Non c’è fame in Tigray”
Anche se ha cambiato idea, non è sufficiente che Abiy deponga semplicemente i fucili e lasci la porta aperta, dal momento che molti tigrini non hanno più una casa in cui tornare. Non solo le case sono state letteralmente ridotte in polvere, ma gran parte del Tigray è ora inospitale con poco cibo o accesso medico. Secondo il Programma Alimentare Mondiale, attualmente 13 milioni di persone in tutta l’Etiopia settentrionale hanno bisogno di aiuti alimentari. Gli ospedali hanno dovuto espellere le persone e, da metà dicembre 2020 a inizio marzo 2021, quasi il 70% delle strutture mediche è stato saccheggiato. Inoltre, molte proprietà nel Tigray occidentale da allora sono state rilevate da profughi di Metekel nell’Etiopia nordoccidentale o di al-Fashaga, in Sudan, a seguito di massacri e dispute sui confini in quelle aree.
Se Abiy vuole garantire la sicurezza dei rimpatriati, ciò sarà ostacolato dall’assoluta mancanza di fiducia che ora i tigrini hanno giustamente nei confronti delle forze dell’ENDF, alcune delle quali hanno commesso atrocità nella regione. Né Abiy vorrà autorizzare il TPLF a garantire risorse alimentari o simili. Invece, dovrebbe fare affidamento sul Programma alimentare mondiale, che sta già collaborando con il Programma operativo congiunto di emergenza dell’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale per fornire una distribuzione alimentare di emergenza nel Tigray, nell’Amhara e nell’Oromia. Ma tali gruppi operano su invito del governo federale.
L’urgenza qui non è solo umanitaria ma economica. L’Etiopia è una delle nazioni più povere del mondo, con un reddito nazionale lordo pro capite di 960 dollari , circa due terzi di quello di Haiti. Eppure la sua profonda povertà nasconde un vasto potenziale. Rimane una delle più grandi economie dell’Africa, nonché la sua seconda nazione più popolosa dopo la Nigeria. Nel 2019, il tasso di crescita del PIL della nazione è stato di quasi il 9% , il quinto più alto al mondo. Grazie alla guerra, tuttavia, si prevedeva che questo raggiungesse il 4,8% nel 2022. Il rating creditizio dell’Etiopia è stato declassato allo stato di spazzatura, rendendo praticamente impossibile prendere in prestito finanziamenti per i progetti di infrastrutture pubbliche che hanno contribuito a guidare la sua precedente crescita.
Abiy può pagare i debiti della nazione attraverso la privatizzazione in corso, come la vendita di imprese dello zucchero o licenze di esercizio delle telecomunicazioni, oltre a qualsiasi prestito che può ottenere dalla Banca mondiale e dalla Banca africana di sviluppo, ma anche se l’Etiopia può adempiere ai suoi obblighi di debito, la sua economia non è su un terreno stabile. Nel 2022, il paese ha visto l’inflazione raggiungere il massimo da 10 anni , ha subito la siccità più grave degli ultimi 40 anni e la pandemia di COVID-19 in corso e l’invasione russa dell’Ucraina continuano ad avere effetti economici duraturi. Tutto questo, unito alla guerra nel Tigray, ha distrutto le catene di approvvigionamento interne e fatto salire alle stelle il costo del cibo. L’inflazione alimentare è stata in media del 17% nell’ultimo decennio. Nel maggio 2022, ha raggiunto il massimo storico del 44% .. Numeri del genere potrebbero scatenare un’altra guerra.
In altre parole, Abiy ha commesso lo stesso errore di altri dittatori come il presidente cinese Xi Jinping o il leader nordcoreano Kim Jong Un, sperperando un profondo potenziale economico per modesti guadagni di controllo politico. Ad Abiy potrebbe piacere pensare che l’Etiopia possa sempre rivolgersi alla Cina come alternativa, ma il commercio con gli Stati Uniti rimane fondamentale per l’economia etiope e ulteriori sanzioni statunitensi sarebbero rovinose. In effetti, alcuni esperti affermano che ha concluso l’accordo di pace per nessun altro motivo se non quello di evitare ulteriori sanzioni e migliorare l’ammissibilità del prestito estero della nazione. Ciò ha senso, soprattutto perché il governo federale stima che ci vorranno 20 miliardi di dollari per ricostruire il Tigray e altre regioni dilaniate dalla guerra, che rappresentano un enorme 18% dell’intero PIL del paese .
Questo è il motivo per cui dare il benvenuto agli sfollati tigrini è più di una semplice causa morale. Ricostruire l’economia, a livello regionale e nazionale, ha bisogno di capitale umano. Fortunatamente, l’infrastruttura che contribuirà a creare spazio per il ritorno delle persone stabilirà anche il tipo di stabilità che è ottimo per le economie locali. Ciò include la costruzione di ospedali e scuole, nonché la creazione di percorsi occupazionali per i rimpatriati e reti di supporto per aiutare le persone a stabilirsi e contribuire alla crescita della nazione. Ciò includerebbe misure come aiuti per il trasporto, sovvenzioni per l’alloggio, formazione professionale – compresi gli sforzi per costruire una forza lavoro composta da etnie miste per incoraggiare la cooperazione etnica – e la terapia.
Si tratta però di soluzioni di medio periodo, incentrate sulle ultime tre delle cosiddette quattro R del ritorno dei profughi (rimpatrio, reintegrazione, riabilitazione e ricostruzione). Il primo passo, il rimpatrio, richiederà assistenza di emergenza, come pacchetti di aiuti, sovvenzioni in denaro e la consegna di attrezzi agricoli. Anche prima, i rifugiati torneranno volontariamente solo dopo che il governo federale avrà stabilito determinate condizioni di sicurezza, che includono non solo la cessazione dei combattimenti, ma anche il ripristino delle forze di polizia, l’emanazione della legislazione per difendere i diritti di proprietà e affrontare gli abusi dei diritti, la ricostruzione di strade e sgombero di macerie e la riparazione di sistemi idrici e fognari. Senza queste misure, molti rifugiati non possono letteralmente tornare.
Questi sforzi dovrebbero includere la partecipazione e la guida dei leader della comunità in collaborazione con organizzazioni umanitarie stabilite invece che con gruppi ad hoc. Vale a dire, partnership con il Programma di sviluppo delle Nazioni Unite, la Banca mondiale, l’UNICEF e il Programma alimentare mondiale.
Per rimettere insieme l’Etiopia ci vorranno decenni e il tempo stringe. Come dimostrano numerosi studi , i rifugiati hanno meno probabilità di tornare a casa con il passare del tempo, in particolare i più giovani che sono i più vitali per il futuro di un’economia. Sfortunatamente, niente di tutto questo sembra essere ciò che Abiy ha in mente. Le truppe eritree e le forze della regione etiope di Amhara rimangono nell’area. Potrebbero essersi ritirati dalla Shire, ma le forze di Amhara controllano ancora l’ovest, tutto Tselemti, Dima e alcuni woreda intorno ad Alamata nel sud. L’accesso a cibo e cure mediche rimane scarso. In alcune zone, i residenti sono ancora in pericolo. Ciò potrebbe essere previsto, poiché Abiy usa una pace formale per evitare sanzioni consentendo alle forze eritree di fare il lavoro sporco senza lasciare le sue impronte digitali su tutta la scena del crimine.
Approfondimento:
- Etiopia: crimini contro l’umanità nella zona del Tigray occidentale
- Etiopia, arresti di massa e giustizia per le vittime del Tigray
- L’Esercito Eritreo Se Ne Andrà Mai dal Tigray e dall’Etiopia? Chi può garantire che si sia ritirato?
Se è seriamente intenzionato a porre fine alla guerra, Abiy deve effettivamente lavorare per costruire la pace che ha accettato sulla carta. E anche se tutto ciò che vuole è il potere, dovrebbe pensare seriamente alle conseguenze di mantenerlo in un ambiente fragile come quello che ha creato.
FONTE: foreignpolicy.com/2023/01/18/t…
Non sono d'accordo con quanto scrive Concita De Gregorio su La Stampa...
(testo ed immagine dalla pagina FB de La Stampa)
Non mi preoccuperò, nello scrivere queste righe, delle reazioni che scatenerà sui social domattina. Ce la posso fare, devo solo pensare alla vita di prima. Era sano lavorare senza la preoccupazione preventiva del sabba infernale che comunque, anche se ti sforzi di ignorarlo, non ignora te. […]
Amici: usciamo dai social. Non esistono senza di noi. Si sono impadroniti delle nostre vite per il semplice motivo che gliele abbiamo consegnate. Vivono del nostro sangue che gli forniamo ogni giorno […]. Ma se non gli dessimo materia, ai mangiamorte, ci pensate? Non esisterebbero. […]
Le persone migliori che conosco non sono sui social. Senza offesa per chi ci campa e lo capisco: i mestieri di una volta non ci sono più, questo è il mondo come va, bisogna arrangiarsi e starci. Però ripeto: statisti, inventori, poeti, navigatori, gente che pensa e scrive e lavora a costruire mondi. Gente che accudisce persone. Gente che lavora tutto il giorno e che poi si dedica a chi ha intorno, fisicamente: che parla e guarda in faccia chi c'è. Non sono sui social. Non hanno il tempo per farlo, né l'interesse. Hanno da fare.
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MASTICA ‘ZINE “ERO UNA FANZINE” (AGENZIA X)
Ancora una volta Agenzia X si conferma come una delle realtà più intimamente connesse con il tessuto sociale. “Mastica ‘zine, Ero una fanzine” ne è l’ennesima riprova. Il volume, dato alle stampe nell’estate dello scorso anno, ribadisce ulteriormente come la necessità di confrontarsi e analizzare quelle zone “meno nobili” della società italiana, debba essere vista come azione prioritaria. Non fosse altro che per provare a capire il mondo che ci circonda, anziché viverlo passivamente, o ancor peggio giudicarlo da lontano, per sentito dire. Anziché unirsi al coro dei (finti) indignati, le ragazze di Mastica ‘zine scelgono di andare a fondo nell’analisi di un problema più che mai vivo, anche se poco considerato dai media mainstream.
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Tutti i dossier sul tavolo della riunione di Ramstein. Scrive Jean
Domani, 20 gennaio, si terrà a Ramstein una riunione dei 40 Stati che forniscono armi all’Ucraina. L’Italia dovrebbe comunicare la composizione della sua sesta tranche di aiuti militari, recentemente autorizzata dal Parlamento. Gli altri principali Stati hanno già fatto. È opportuno che non vi siano ulteriori ritardi. Il “piatto forte” della riunione riguarderà la fornitura di carri armati. Sono necessari agli ucraini per riconquistare i territori perduti. Una decisione positiva significherebbe che il “Gruppo di sostegno all’Ucraina” ha accettato gli obiettivi di Kiev. Finora aveva dominato la cautela, per il timore di provocare un’escalation del conflitto, come nel caso del rifiuto della no fly zone e nella restrizione della gittata dei missili forniti all’Ucraina.
L’invio di nuove armi a Kiev ha sollevato critiche in Italia da una parte dell’opposizione. Gli slogan utilizzati sono stati: “Trattative non armi” e “l’Ucraina ha già armi a sufficienza”. Dato che il nostro Paese ha deciso di sostenere Kiev, sarebbe un tradimento difficilmente giustificabile, anche per ragioni di principio e di prestigio nazionale. Le pretese degli oppositori all’invio di armi – espresse dai due slogan prima ricordati – sono poi del tutto scollate dalla realtà.
Per quanto riguarda l’inizio di trattative e la cessazione anche temporanea dei combattimenti, l’Italia non ha il “peso” politico necessario. La possibilità di usare nei riguardi di Kiev la leva degli aiuti militari è del tutto irrilevante. Fornisce all’Ucraina solo poco più dell’1% del totale delle armi e munizioni che riceve dall’Occidente. Una dissociazione dal “gruppo di sostegno all’Ucraina”, avrebbe un impatto politico. Non tanto sugli esiti del conflitto, quanto uno fortemente negativo sulla posizione e il prestigio internazionale dell’Italia. I vantaggi che un “niet” avrebbe sul consenso dell’opinione pubblica a favore dei partiti che lo sostengono sarebbero marginali, rispetto ai danni che ne deriverebbero. Non otterremmo nulla da Mosca, se non qualche sperticato elogio di essere “costruttori di pace”, beninteso della “pace del Cremlino”.
A parte ogni altra considerazione, i nostri alleati non apprezzerebbero tale “strategia di Caino” e ce la farebbero pagare cara. “Strategia di Caino” perché le critiche all’invio di armi sono spesso ipocritamente accompagnate da dichiarazioni – spesso da urla – di amicizia per gli ucraini aggrediti. Un tempo il diniego di fornire a Kiev i mezzi per difendersi veniva giustificato sostenendo che l’aggressione di Mosca fosse colpa della Nato. Visto che la motivazione ha perso ogni credibilità, oggi vengono giustificate soprattutto in due altri modi.
Primo, con il fatto che gli ucraini avrebbero ricevuto già armi a sufficienza e che un loro ulteriore rafforzamento rischierebbe di provocare un’escalation forse anche nucleare del conflitto. Secondo, che gli ucraini non potranno mai vincere la Russia, con le sue enormi capacità di mobilitazione. Esse verranno attivate malgrado il crescente dissenso dell’opinione pubblica e le palesi divisioni dell’élite del Cremlino fra realisti/moderati e radicali fautori di una guerra ad oltranza, non adeguatamente utilizzate dall’Occidente per cercare un accordo e sostituire i combattimenti con negoziati.
Tali motivazioni mi sembrano inconsistenti. Cercano malamente di mascherare i propri veri obiettivi, che riguardano la ricerca del consenso interno perseguita in modo cinico, senza considerare l’interesse generale.
Il significato dell’affermazione che l’Ucraina abbia già armi a sufficienza andrebbe dimostrato. Sufficienza per fare che cosa? Per rioccupare i territori perduti o per non cederne altri? Sufficienza rispetto alle attuali o alle future forze che saranno schierate dai russi? Come si fa a dire che Kiev abbia già armi a sufficienza quando le sue città continuano a subire rilevanti danni? Bisognerebbe fare almeno un’eccezione per i sistemi contraerei e antimissili. Saranno gli ucraini in condizioni di resistere ad una nuova mobilitazione russa e al potenziamento del Gruppo Wagner con carcerati (secondo il portavoce del Pentagono avrebbe in Ucraina i 50.000 uomini, di cui 10.000 a contratto e 40.000 carcerati)?
Non è vero che non vi siano stati vari tentativi di negoziati di pace. Dall’inizio del conflitto ve ne sono stati molti. Finora i loro risultati sono stati limitati. Hanno riguardato lo scambio di prigionieri e le esportazioni di grano. Certamente hanno anche la limitazione del conflitto, per evitarne in particolare l’escalation nucleare. Una seria trattativa di pace potrebbe iniziare solo quando entrambi i contendenti riterranno di poter ottenere al tavolo negoziale risultati migliori di quelli che sperano di raggiungere sul campo di battaglia. Oggi non è così. Occorrerà attendere i risultati delle offensive che sia russi che ucraini stanno preparando. In caso di successo ucraino e di crisi al Cremlino, sarà possibile una trattativa; qualora il successo fosse dei russi, verosimilmente gli ucraini continueranno la loro resistenza con la strategia della guerriglia, a cui si erano preparati dopo il 2014 quando erano persuasi di non poter resistere a un’aggressione russa; qualora infine entrambe le offensive fallissero e la guerra si trasformasse in una di logoramento, si potrebbero creare le condizioni per il congelamento del conflitto, secondo il modello attuato in Corea.
A parer mio, se si vuole far terminare o congelare il conflitto, il modo più logico di farlo è proprio quello di fornire agli ucraini le armi necessarie per infliggere ai russi perdite inaccettabili. A consolidare l’intransigenza di Kiev nel rifiuto di cedere alla Russia qualsiasi parte del suo territorio nazionale – quindi, in pratica, di rifiutare ogni negoziato – è intervenuto il nuovo terremoto nel comando militare russo, sintomo del contrasto fra una fazione più realistica e moderata e una più radicale, nonché fra i militari e le forze che fanno capo direttamente a Putin, come il Gruppo Wagner e le milizie cecene.
Il Capo di Stato Maggiore Generale, Victory Gerasimov, esponente della prima, ha sostituito all’improvviso il gen. Sergei Surovikin, legatissimo al capo del gruppo Wagner e fautore di una guerra ad oltranza. Certamente Surovikin non aveva ottenuto risultati brillanti. Kherson era stata evacuata; l’offensiva missilistica contro le città e il sistema elettrico ucraino non aveva piegato Kiev; i riservisti mobilitati avevano subito consistenti perdite, a cui non erano corrisposti adeguati successi; il caos dei rifornimenti logistici continuava. Ma la sua improvvisa sostituzione e relativo ridimensionamento non dipendono dai risultati ottenuti in Ucraina. Comunque, un nuovo fallimento potrebbe indurre il Cremlino a trattare.
Eventuali trattative non potranno essere limitate all’Ucraina. Dovranno estendersi all’architettura europea di sicurezza e, forse, anche a quella dell’Asia-Pacifico. Come abbiamo già suggerito, i tavoli negoziali dovranno essere due. Uno fra la Russia e l’Ucraina. Il secondo fra la Nato e la Russia o l’Eurasia. In esso dovranno essere considerate quelle che, alquanto impropriamente, Macron ha definito “garanzie di sicurezza alla Russia”.
Il presidente della Fondazione Einaudi ospite di Prato Riparte – reportpistoia.com
L’appuntamento è per lunedì prossimo all’ex chiesino di San Giovanni. L’avvocato Giuseppe Benedetto presenterà il suo libro “Non diamoci del tu. La separazione delle carriere”
I vertici della Fondazione Luigi Einaudi a Prato, ospiti del laboratorio politico Prato Riparte. Nuovo evento organizzato nell’ex chiesino San Giovanni per lunedì 23 gennaio alle ore 19, ed è un nuovo evento che alza il tiro del laboratorio che porta in città il presidente della Fondazione Einaudi, l’avvocato Giuseppe Benedetto che presenterà il suo libro “Non diamoci del tu – La separazione delle carriere” con prefazione dell’attuale Ministro della Giustizia Carlo Nordio. E con lui ci saranno Andrea Cangini, Benedetta Frucci e Marco Mariani, rispettivamente Segretario generale, membro del Comitato scientifico e Direttore affari Europei della stessa Fondazione Einaudi.
E’ opportuno ricordare che la Fondazione Luigi Einaudi è il centro di ricerca che promuove la conoscenza e la diffusione del pensiero politico liberale. E’ stata costituita nel 1962 da Giovanni Malagodi. Come vision si impegna perché ogni cittadino sia in condizione di vivere, di crescere, di rapportarsi con gli altri e di prosperare in pace, attraverso il riconoscimento delle diversità, la difesa delle libertà individuali e della dignità umana, la promozione del confronto libero e costruttivo sui fatti e le idee. Come mission ha quella di promuove il liberalismo per elaborare risposte originali alla complessità dei problemi contemporanei legati alla globalizzazione e alla rapida evoluzione tecnologica, al fine di favorire le Libertà individuali e la prosperità economica.
Proprio la settimana scorsa l’avvocato Giuseppe Benedetto, insieme ad Alessandro De Nicola, Oscar Giannino e Sandro Gozi, è stato tra gli organizzatori dell’iniziativa Costituente Libdem, tenutasi a Milano nell’auditorium San Fedele, con l’incontro dal titolo “Le sfide della liberaldemocrazia in Europa. Come rafforzare Renew Europe e Partito democratico europeo”. Un evento al quale hanno partecipato i leader dei principali partiti italiani che rientrano nel campo liberale riformista, a cominciare da Carlo Calenda e Matteo Renzi, rispettivamente segretari di Azione e Italia Viva ma che ha visto anche le presenze di Benedetto Della Vedova (Più Europa), Giulia Pastorella, Maria Stella Gelmini, Marco Cappato e molti altri esponenti del mondo della politica, delle istituzioni, dell’università e della cultura. Un evento che, riportato su un piano nazionale, altro non è stato che una riproposizione in grande di quello che Prato Riparte sta portando avanti da quasi due anni in città.
L'articolo Il presidente della Fondazione Einaudi ospite di Prato Riparte – reportpistoia.com proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Campagna "Noi non paghiamo": al Centro Popolare Autogestito Firenze Sud cena e concerto
Il 14 gennaio 2023 il Centro Popolare Autogestito Firenze Sud ha ospitato una cena di sottoscrizione e un concerto dei cuneesi #LouTapage e dei #MalasuerteFiSud, band che attorno al CPAFiSud gravita da quasi venticinque anni. Entrambe le iniziative, gremite, sono servite a sostenere la campagna #Noinonpaghiamo.
La #Lega ha deplorato anche di recente l'esistenza del Centro Popolare Autogestito Firenze Sud -che da trentaquattro anni ospita iniziative in cui i "valori" occidentali sono volta per volta confutati, svalutati, disprezzati, disconfermati o semplicemente derisi- e ha deplorato anche l'iniziativa specifica.
Due ottimi motivi per dare a entrambe le cose rilievo in ogni sede. Si è quindi pensato di pubblicare qualche video su Youtube, di scriverne sul Cinguettatore, su Instagram e su Blogger.
Tra i brani suonati dai Lou Tapage una cover di Fabrizio de André esplicitamente dedicata a Alfredo #Cospito, al momento in cui scriviamo vicino ai novanta giorni di sciopero della fame in segno di protesta contro il duro regime carcerario cui è sottoposto al sostanziale fine di chiudergli la bocca.
Ripetiamo.
Cospito è nato a #Pescara e non a #Shiraz e non è nemmeno una bella ragazza.
Soprattutto, certe cose vanno benissimo se fatte a #Tehran, a l'#Avana, a #Minsk o a #Caracas: gli appassionati di #raveparty si mettano fiduciosi sulla strada per #Kiev, troveranno l'approvazione dell'intero gazzettificio peninsulare e delle madri non sposate che si atteggiano a difensori dei valori cattolici cui il gazzettame ha tirato la volata per anni. Attenzione a non sbagliare latitudini perché nell'"Occidente" della democrazia da esportazione l'esistenza delle pecore nere non è prevista e basta una scritta su un muro per vedersela con la gendarmeria politica nel tripudio delle tolleranze zero e dei giri di vite che sono la passione degli stessi gazzettieri di cui sopra.
Fitness normativa: TLC vs OTT. Ora che la multa del #GarantePrivacy irlandese a #Meta ha cambiato lo scenario della pubblicità online, 4 Tlc europee ambiscono a rivoluzionare il settore
FITNESS NORMATIVA: TLC VS OTT. ORA CHE LA MULTA DEL #GARANTEPRIVACY IRLANDESE A #META HA CAMBIATO LO SCENARIO DELLA PUBBLICITÀ ONLINE, 4 TLC EUROPEE AMBISCONO A RIVOLUZIONARE IL SETTORE!
Quattro delle più grandi società di telecomunicazioni europee hanno formalmente informato la Commissione europea di una joint venture per costruire una piattaforma tecnologica per la pubblicità digitale, secondo una comunicazione depositata, pubblicata lunedì (9 gennaio).
Secondo il documento pubblicato un gruppo di pesi massimi delle telecomunicazioni, tra cui Deutsche Telecom, Orange, Telefonica e Vodafone, vuole "offrire una soluzione di identificazione digitale a norma privacy per supportare le attività di marketing e pubblicità digitale di marchi ed editori".
L'articolo di Luca Bertuzzi continua su Euractiv
Big European telecom operators seek EU antitrust clearance for online advertising bid
Four of Europe’s largest telecom companies formally informed the European Commission of a joint venture to bLuca Bertuzzi (EURACTIV)
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Irish Data Protection Authority gives € 3.97 billion present to Meta. Authority allegedly unable to assess financial benefit from Meta's GDPR violations.
L'Autorità irlandese per la protezione dei dati personali consegna a Meta 3,97 miliardi di euro. L'Autorità non sarebbe in grado di valutare i benefici finanziari derivanti dalle violazioni del GDPR da parte di Meta. Il DPC ha chiuso un occhio sui ricavi generati da Meta dalla violazione del GDPR dal 2018. Ignorando la richiesta dell'EDPB di includere le entrate illecite di Meta, ha ridotto la multa di 3,97 milioni di euro.
Prova di invio con menzione @ alla comunità feddit test e successiva menzione con @ al forum libri di poliverso
@Test: palestra e allenamenti :-)
Testo testo
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CONFESSIONI DI UNA MASCHERA GENNAIO MMXXIII
CONFESSIONI DI UNA MASCHERA GENNAIO MMXXIII
Si è chiuso un anno. Nel peggiore dei modi? Probabilmente, ma non per i motivi che si potrebbe essere portati a pensare. Non sono e non possono essere gli imbarazzanti elementi che rappresentano le tre forze di governo a condizionare il nostro umore. Ci sono cose ben più gravi a cui pensare, ad esempio, restando in tema, consideriamo molto peggio l’assenza di un’alternativa a trio di cui sopra. Che sono, è bene ricordarlo, non la causa del male ma i suoi sintomi, la manifestazione conseguente. Il nostro ragionamento deve quindi, per forza di cose, andare oltre, alzarsi da un punto di vista concettuale.
iyezine.com/confessioni-di-una…
CONFESSIONI DI UNA MASCHERA GENNAIO MMXXIII - 2023
È l'uomo, come sempre, la più grande delusione dell'anno. Lo diciamo da talmente tanto tempo che forse stiamo diventando stucchevoli nel nostro ripeterci.Marco Valenti (In Your Eyes ezine)
ah, ok... 😁 😄 🤣
Per quanto mi riguarda, io l'avrei pubblicato comunque in "musica", ma capisco le tue perplessità, perché in effetti il pezzo ha un perimetro più ampio
Scoprite tutti i passaggi con il video tutorial ▶️ youtube.com/watch?v=13XDnllsh8…
Ministero dell'Istruzione
Cosa succede dopo l’invio della domanda delle #IscrizioniOnline? Scoprite tutti i passaggi con il video tutorial ▶️ https://www.youtube.com/watch?v=13XDnllsh8wTelegram
Nei topi, la rigenerazione delle punte delle dita mancanti dei piedi può avvenire grazie all'aiuto delle cellule alla base dell'unghia
La rigenerazione delle punte delle dita mancanti dei piedi può avvenire grazie all'aiuto delle cellule alla base dell'unghia.
Le cellule mesenchimali associate alle unghie contribuiscono e sono essenziali per la rigenerazione della punta delle dita dorsali.
Lo studio di Neemat Mahmud, Christine Eisner, Sruthi Purushothaman, Mekayla A. Storer, David R. Kaplan e Freda D. Miller è stato pubblicato su Science Direct.
Dalle analisi effettuate sul mesenchima induttivo dell'unghia, la base dell'unghia sembrerebbe essere essenziale per la rigenerazione della punta del dito dei mammiferi.
La firma trascrizionale per queste cellule che include Lmx1b è stata individuata e mostra che il mesenchima dell'unghia che esprime Lmx1b è essenziale per la formazione del blastema.
La rigenerazione delle punte delle dita mancanti dei piedi può avvenire grazie all'aiuto delle cellule alla base dell'unghia.
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È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.
Ministero dell'Istruzione
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Firmata in Vaticano da cristiani, ebrei e islamici la dichiarazione "Rome Call for AI Ethics" in occasione di #RomeCall, evento curato dalla Fondazione #RenAIssance diretta da @PaoloBenanti
Firmata in Vaticano da cristiani, ebrei e islamici la dichiarazione "Rome Call for AI Ethics"
Il Papa. «Un’etica per gli algoritmi: non possono decidere la vita delle persone»
Firmata in Vaticano da cristiani, ebrei e islamici la dichiarazione "Rome Call for AI Ethics" per un approccio consapevole e critico all'Intelligenza artificiale, presenti i vertici di Microsoft e Ibm
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Mastodon Vs Twitter: la soluzione alla crisi delle #BigTech è la decentralizzazione? Edoardo Lisi intervista Filippo Della Bianca su Il Bollettino
[h2]MASTODON VS TWITTER: LA SOLUZIONE ALLA CRISI DELLE BIGTECH È LA DECENTRALIZZAZIONE?[/2]
Mastodon è ormai l’anti-Twitter, il nuovo spazio social dove confluiscono gli “esuli” dell’uccellino blu. La nuova politica di Elon Musk incentrata sul profitto e la libertà incondizionata di espressione non va giù a utenti e dipendenti, che abbandonano la nave che naufraga. L’ultima decisione del miliardario sudafricano di imporre il lavoro in presenza per aumentare la produttività ha provocato licenziamenti di massa. La soluzione alla crisi delle Big Tech è la decentralizzazione?
L'intervista di @Edoardo Lisi :unverified: a @:fedora: filippodb :BLM: :gnu: è disponibile sul sito de "Il Bollettino"
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Ciò che Resta di una Stella Distrutta da un Buco Nero | Universo Astronomia
"Utilizzando il telescopio Hubble gli astronomi hanno catturato in dettaglio gli istanti finali della vita di una stella divorata da un vorace buco nero supermassiccio. Quando la stella incauta si è avvicinata troppo all’oscuro oggetto, è stata catturata dalla sua possente stretta gravitazionale ed è stata fatta a pezzi, mentre il gas che la costituiva precipitava gradualmente nelle sue fauci, rilasciando nello spazio intense radiazioni."
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“Professione futuro”, la trasmissione realizzata grazie alla collaborazione Ministero-RAI per far conoscere meglio a studenti e famiglie la formazione tecnica e professionale.
Qui tutte le puntate ▶️ raiscuola.
Ministero dell'Istruzione
#NotiziePerLaScuola “Professione futuro”, la trasmissione realizzata grazie alla collaborazione Ministero-RAI per far conoscere meglio a studenti e famiglie la formazione tecnica e professionale. Qui tutte le puntate ▶️ https://www.raiscuola.Telegram
Creazione e Distruzione nei Pilastri dell'Aquila | Universo Astronomia
"Nascono miriadi di nuove stelle all’interno dei celeberrimi Pilastri della Creazione, immortalati in questa strepitosa ripresa del telescopio James Webb."
Rilasciata la nuova versione di Friendica 2023.01
Friendica 2023.01 è disponibile
In questa versione sono incluse alcune altre correzioni di bug per la distribuzione dei messaggi del forum e miglioramenti al processo di aggiornamento delle informazioni sui nodi.
Per i dettagli, consultare il file CHANGELOG nel repository.
LINK AL POST UFFICIALE
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Alcune app alternative di Twitter risultano ancora non funzionare e Musk tace. Ci auguriamo che questo non comporti malfunzionamenti nell'integrazione tra #Friendica e #Twitter
Alcune app alternative di Twitter risultano ancora non funzionare e Musk ancora non ha fatto sapere nulla
Sono passati alcuni giorni da quando praticamente tutti i principali client Twitter di terze parti hanno smesso di funzionare e gli sviluppatori affermano di non aver ancora sentito nulla dalla società su ciò che sta accadendo. I problemi sembravano iniziare giovedì sera, con alcuni utenti che segnalavano di ricevere errori relativi all'autenticazione...
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Twitter apps are still broken and Musk is still silent! News about Twitter integration in Friendica?
It’s been a few days since pretty much every major third-party Twitter client broke, and developers say they still haven’t heard anything from the company about what’s going on. The issues seemed to begin on Thursday evening, with some users reporting that they were getting errors related to authentication.
Is anyone experiencing issues with Twitter integration in Friendica?
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@Anders Rytter Hansen
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Firenze. La Lega accoglie Matteo Piantedosi
Il 13 gennaio 2023 Federico #Bussolin e altri ben vestiti della #Lega hanno accolto negli uffici governativi di #Firenze il ministro degli affari interni dello stato che occupa la penisola italiana, tale Matteo #Piantedosi.
Ogni governo "occidentalista" che si avvicenda a decidere il destino dello stato che occupa la penisola italiana -e purtroppo, con esso, anche di molte persone che sarebbero perfettamente in grado di decidere del proprio senza l'intervento di ben vestiti di alcun genere- invia a Firenze qualcuna tra le sue massime autorità a illustrare come e qualmente la costruzione di un "Centro di Permanenza Temporanea", di un "Centro di Identificazione e di Espulsione" o comunque di un campo di concentramento per indesiderabili sia indispensabile alle magnifiche sorti e progressive della città e all'ordinato svolgervisi della vita associata.
Il fatto che sia il governo dello stato che occupa la penisola italiana ad auspicare la realizzazione di una cosa del genere è motivo sufficiente per desiderare l'esatto contrario.
che problema abbiamo in Italia con i prezzi dei computer?
Guardo spesso gli annunci dell'usato, e trovo prezzi sensati solo da annunci esteri (perlopiù Germania o UK). Gli Italiani riempiono le piattaforme di annunci pensando di riuscire a vendere il loro amato laptop stracotto con intel core i5 da 2 gen (fuori produzione dal 2011) a 4 gen (fuori produzione dal 2014), dai 200€ in su. Con batteria morta, tastiera e porte I/O usurate, spesso qualche piccola noia al display.
Quando le catene a ogni volantino propongono almeno un laptop nuovo a 250€ (nel caso di Chromebook) o 350€ ("entry level" ma comunque incomparabilmente più veloci di una macchina di 10 anni fa e coperte da garanzia).
Le catene, poi, per l'Italia propongono macchine meno performanti a prezzi più alti rispetto a quello che si compra all'estero per lo stesso ammontare. Qui lo standard sembrano ancora essere i pc con 8 gb di ram, e quelli con 16 li passano come "gaming" o "workstation".
Eppure non mi sembra che qui la tecnologia sia poco gradita. Forse vogliamo "il meglio" solo in ambito smartphone, e siamo un mercato di serie b per i pc?
Se il nemico è la Cina, la propaganda si vede meglio | Contropiano
«In conclusione, è chiaro che questo non è “giornalismo”, ma semplice propaganda bellica. E come sempre la propaganda è rivolta al proprio “interno”, a persuadere la propria popolazione (italiana ed europea) che “fuori c’è la jungla” ed è meglio non mettere in discussione la “nostra” classe dirigente (imprenditori, politici, giornalisti, ecc). Perché potrebbe andarci molto peggio…»
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#Italia #carburanti
Carburanti: ecco come si forma il prezzo alla pompa
Quasi il 60% del prezzo al litro pagato dagli automobilisti va in tasse: vediamo nel dettaglio le voci che lo compongono.Redazione online (alvolante.it)
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Il futuro distopico delle automobili
Nel 1960 un computer, oltre che costare più di $120.000, occupava facilmente la metà di una stanza. Oggi un computer è invece talmente leggero, piccolo e poco costoso che chiunque ne porta sempre in tasca almeno uno: lo smartphone. Ci stiamo però affacciando a un mondo nuovo — un mondo in cui non siamo noi a portare in giro i nostri computer, ma sono i nostri computer a portare in giro noi.
Mi riferisco ovviamente alle automobili di nuova generazione, che sono davvero dei computer con le ruote. Ogni automobile ha ormai centinaia di unità di controllo elettroniche che attraverso un software monitorano o controllano i sistemi interni e meccanici del veicolo.
Se apprezzi Privacy Chronicles unisciti a centinaia di lettori che hanno già scelto di abbonarsi e aiutami a sostenere il piano editoriale!
Un esempio molto evidente sono i cosiddetti ADAS (Advanced driver-assistance system), che semplificano alcune attività e possono anche aumentare il comfort e la sicurezza di viaggio. Si passa dalla semplice rilevazione degli ostacoli per aiutare il parcheggio fino ai software per l’adaptive cruise control o i più tradizionali ABS e ESC.
Tutto molto bello, se non fosse che la trasformazione delle automobili in computer con le ruote può creare i presupposti per diversi e gravi problemi che riguardano proprio la nostra privacy e libertà.
Over the Air Software
Quello che non molti sanno, o a cui non pensano, è che oltre ad essere computer, le nuove automobili sono anche computer connessi.
Moltissimi modelli oggi hanno installate delle sim-card che attraverso connessioni 4G e 5G permettono al veicolo di connettersi a reti-wifi di ogni tipo. Basta essere saliti su un’auto degli ultimi 2 anni e aver smanettato un po’ con la dashboard per aver notato che è infatti possibile connettere l’auto a Internet tramite wi-fi, proprio come uno smartphone o un laptop.
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GetPrivacy.it 🔐 reshared this.
La mamma umana di Lillo
in reply to Antonino Campaniolo 👣 • • •Non mi è mai piaciuto essere iscritta ad un social, ma in questo finalmente si 😄
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Antonino Campaniolo 👣 likes this.
Joe Vinegar reshared this.