Le Case di Comunità ed i Medici di Medicina Generale: un rischio per la salute?
Le Case di Comunità (CdC), stando al PNRR che prevede circa 23 miliardi per interventi nel settore della Salute in Italia, dovrebbero essere uno snodo organizzativo importante per migliorare il servizio sanitario nazionale. Sono il terminale organizzato dei Servizi Sanitari Regionali (al plurale perchè ogni regione ha il suo) che formano il Servizio Sanitario Nazionale. Se non […]
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La forza della realtà
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ChatGPT al servizio del Pentagono? La provocazione dell’Air Force
La tecnologia di intelligenza artificiale alla base del sistema ChatGPT potrebbe facilitare la gestione della burocrazia al Pentagono, permettendo di aggregare le informazioni più rapidamente ed efficacemente. Questo è il messaggio lanciato dal più alto dirigente tecnologico dell’Us Air force, Lauren Barrett Knausenberger, deputy chief information officer dell’aeronautica a stelle e strisce, intervenuta sul tema durante un evento di Billington Cybersecurity, come registrato da Defense One.
ChatGPT facilita la burocrazia
A detta di Knausenberger, la tecnologia IA può essere di grande aiuto nel semplificare la burocrazia della Difesa americana, agevolando l’identificazione dei responsabili oppure automatizzando la raccolta delle informazioni. In altre parole, l’intelligenza artificiale permetterebbe di intervenire sui compiti attualmente effettuati dagli impiegati, facilitando loro il lavoro attualmente complicato da macchinose operazioni che potrebbero venire automatizzate. I loro incarichi, infatti, potrebbero essere semplificati dall’intermediazione di ChatGPT, che si occuperebbe dell’annosa ricerca delle informazioni necessarie, fornendole poi direttamente ai dipendenti.
Cos’è ChatGPT?
ChatGpt è una delle ultime novità nell’implementazione dell’intelligenza artificiale in rete, introdotta su diversi browser (finora era riservata a Microsoft Edge). ChatGpt è alimentato da un modello linguistico chiamato Gpt-3, programmato per comprendere il linguaggio umano e generare risposte basate su enormi quantità di dati. È stato sviluppato dalla startup americana Open AI. Il programma ha ricevuto sia lodi che critiche, tra cui il caso del fondatore di Tesla e SpaceX, Elon Musk, che lo ha definito “uno dei maggiori rischi per il futuro della civiltà è l’intelligenza artificiale. È sia positivo che negativo e ha grandi, grandi promesse, grandi capacità”.
Innovazione e semplificazione
Al di là della provocazione lanciata da Knausenberger, che presto lascerà il proprio incarico all’Aeronautica statunitense, di utilizzare il controverso sistema di conversazione automatica, la deputy Cio ha comunicato di voler portare a termine entro il suo mandato un processo di semplificazione e di automazione del modo in cui l’Air force gestisce le proprie informazioni e la sicurezza delle loro trasmissioni. Tra gli obiettivi, per esempio, c’è aumentare la protezione dei dispositivi in dotazione ai membri della Forza armata come telefoni, computer e tablet. Importante per Knausenberger sarà anche semplificare la gestione delle identità degli impiegati, come credenziali e dati di accesso, entro il 2025. Nel dettaglio, l’obiettivo perseguito sarebbe quello di riunire i vari servizi di identità in un unico strumento in grado di far funzionare tutte le applicazioni necessarie.
La roadmap della Difesa tra innovazione e procurement. L’audizione di Portolano
Preservare l’autonomia strategica tecnologica, attuare processi di procurement efficaci e flessibili per adattarsi al mutevole scenario contemporaneo e assicurarsi una base industriale competitiva a livello internazionale. Sono stati i principali obiettivi illustrati dal Segretario generale della Difesa (Sgd) e Direttore nazionale degli armamenti (Dna), generale Luciano Portolano, alle commissioni di Affari esteri e Difesa responsabili di Camera e Senato, nel corso delle sue audizioni sulle linee programmatiche del mandato. “La mia visione è improntata alla ricerca della massima sinergia con l’area tecnico-operativa, per comprenderne le esigenze capacitive in tutti i settori, e con il comparto industriale della Difesa, il mondo accademico e i centri di ricerca, per identificare soluzioni efficaci e innovative”, ha spiegato il generale.
Tecnologia, chiave della competizione
Nel suo discorso il generale ha evidenziato in particolare anche la necessità e la volontà di implementare la cooperazione con il settore della ricerca per lo sviluppo di tecnologie militari innovative, considerata la chiave per “rimanere competitivi nei confronti di potenziali avversari”. Dipendere da tecnologie altrui, infatti, significherebbe “subordinare la capacità di difesa nazionale alla volontà di coloro che detengono il know-how tecnologico”. Questo si traduce anche nella ricerca di equipaggiamenti militari all’avanguardia, in grado di operare efficacemente negli attuali contesti operativi.
Preservare l’autonomia strategica
In questo contesto, Portolano ha parlato della necessità di “preservare l’autonomia strategica nella ricerca scientifica, e tecnologica” e concentrare gli sforzi della Difesa nel rafforzamento della “sinergia con il mondo accademico, i centri di ricerca e con il comparto industriale”. Le Pmi e le startup vanno infatti valorizzate e coinvolte nel Piano nazionale di ricerca militare, così come nei progetti della cornice Nato e Ue, dal momento che secondo il generale il settore tecnologico militare ha il ruolo di amplificatore di influenza sulla scena internazionale. Perciò sarà funzionale far convergere i progetti di ricerca con le dinamiche proprie dello sviluppo dello strumento militare, concentrando le risorse nei settori-chiave, quali il cyber, il dominio spaziale e l’Intelligenza artificiale. In questo quadro è bene però fare anche una disamina dei gap capacitivi, grazie allo studio delle tecnologie emergenti e disruptive, e sarà “indispensabile far convergere, in modo più deciso, i progetti di ricerca con le dinamiche di sviluppo capacitivo dello strumento militare e con quelle di politica industriale della difesa”, ha spiegato Portolano.
Le nuove sfide poste dalla guerra in Ucraina
Sul piano internazionale, a detta del Dna, “per definire, in modo compiuto, le azioni e le priorità su cui indirizzare il nostro operato, è necessario comprendere gli effetti strategico-operativi che le dinamiche internazionali determinano sul sistema Difesa”. In questo senso l’invasione russa dell’Ucraina ha mostrato con chiarezza sia la difficoltà di schierare contingenti e forze in aree di crisi sia la scarsità degli armamenti a disposizione. Carenze collegate a problemi di investimenti, e mitigabili secondo il Dna con il raggiungimento del 2% del Pil da destinare al budget militare, in linea con quanto prescritto dalla Nato. Per fronteggiare le nuove sfide sorte con lo scoppio della guerra russo-ucraina per Portolano è dunque importante poter contare sul “possesso del know-how tecnologico” e sulle capacità, rispondendo così alla necessità di una “catena di approvvigionamento certa ed efficace”. Gli sforzi dovranno pertanto, secondo il generale, mettere in sinergia tre orizzonti temporali: nel breve termine “ripianare i sistemi d’arma e le scorte di munizioni” cedute a Kiev, nel medio termine “colmare i gap capacitivi già esistenti prima della crisi”, mentre nel lungo termine “sviluppare capacità operative, ossia sistemi, tecnologie, infrastrutture e risorse umane all’altezza delle sfide e degli scenari futuri”.
Verso un procurement ancora più efficace
Tra gli obiettivi principali del proprio mandato, il Sgd intende “attuare “processi di procurement efficaci, aderenti alle esigenze dell’area tecnico-operativa e flessibili per adattarsi a uno scenario continuamente mutevole”. La missione (non affatto semplice) è quindi di fornire le migliori capacità nel minor tempo possibile. Per realizzare tutto ciò si rende necessario secondo Portolano sia “adottare processi agili e flessibili” sia puntare sulla “sinergia con lo Stato maggiore della Difesa e con le Forze armate, oltre che con il comparto industriale, al fine di individuare le capacità e le tecnologie più idonee a soddisfare le esigenze operative”. La strada intrapresa per realizzare tali obiettivi è quella di “implementare degli specifici integrated project team”, interdisciplinari e multistakeholder per comprendere le esigenze operative. Tale approccio è stato utilizzato ad esempio per il Global compact air programme (Gcap) e o per lo sviluppo dell’elicottero di nuova generazione. In conclusione, il Dna ha sottolineato l’importanza di “massimizzare le opportunità che emergono in ambito internazionale, con particolare riferimento ai progetti finanziati dal fondo europeo per la difesa, lo European defence fund”. Proprio per questo si è già dato il via per costituire un gruppo di lavoro specifico per coordinare le attività nazionali relative all’Epf.
La competitività industriale
Un’altra priorità riguarda il disporre di “una base industriale della difesa competitiva a livello internazionale”. Anche in questo frangente la strada scelta è quella di integrare tutti gli attori del comparto per “perseguire un’unica visione strategica”. In particolare, la prima condizione per realizzare tale obiettivo è “il superamento del binomio cliente-fornitore tra Difesa e industria”, per farlo Portolano si è detto intenzionato a “sfruttare tutti gli strumenti a disposizione, con particolare rifermento al tavolo di coordinamento della politica industriale”, un’iniziativa non circoscritta al solo ministero della Difesa ma che vede l’attivo coinvolgimento di tutto il “sistema Difesa”, dall’industria al mondo accademico. Per il successo dell’implementazione del piano, bisogna individuare le capacità operative fondamentali e l’identificazione dei volumi strumentali e finanziari necessari. Per la riuscita di tutto ciò, a detta del generale sarebbe dunque “importante definire un nuovo modello di finanziamento del settore di investimento della difesa, basato su una legge ‘triennale sull’investimento’”. Inoltre, in questo contesto, deve essere garantita la security of supply, che mira a garantire materie prime e capacità autonoma di produrre componenti essenziali. In tale quadro rientra il dialogo avviato con Agenzia industrie difesa (Aid) “per mappare le catene di approvvigionamento delle materie prime, dei semilavorati e della componentistica essenziale”, ha spiegato ancora Portolano. A tutto ciò si aggiunge una seconda linea di azione, descritta dal Dna, legata alla promozione della cooperazione industriale finalizzata alla crescita. Ricercando dunque un equilibrio tra le dinamiche di protezione con il Golden power e l’integrazione industriale per la competitività. Per promuovere le eccellenze saranno “sostenute e incrementate le opportunità di export”, dalle quali dipendono i “tre quarti del fatturato del nostro comparto industriale”. Uno degli strumenti normativi più promettenti è rappresentato dagli accordi di politica industriale Government-to-Government (G2G).
La mancanza di personale
“Assicurare risorse umane qualificate e in linea con i volumi organici”. Questa la ricetta del Snd per il personale militare. Il dicastero della Difesa sta infatti soffrendo di carenze di personale sia a causa “de blocchi delle assunzioni” sia per via del “raggiungimento dell’età pensionabile da parte di corpose aliquote di personale assunto negli anni ‘80”. Tale obiettivo richiede di mantenere aggiornato il censimento qualitativo e quantitativo delle qualità necessarie per ottimizzare le procedure concorsuali e sfruttare l’intero budget. Infine Portolano ha parlato di un piano di arruolamento dei civili e se dovesse essere seguito e sviluppato la forza organica dovrebbero arrivare a 20 mila unità entro il 2025.
Tecnologia e deterrenza. Le priorità del budget per il Pentagono
La Casa Bianca ha chiesto 886,4 miliardi di dollari per finanziare gli investimenti del 2024 per la sicurezza nazionale, di cui 842 miliardi destinati al Dipartimento della Difesa, un aumento del 3,2% (circa 25 miliardi) rispetto agli 817 stanziati per l’anno in corso. L’amministrazione di Joe Biden ha presentato la sua tabella di marcia per il bilancio federale per il Pentagono, che aumenta la spesa da destinare soprattutto ai nuovi sistemi unmanned, caccia, missili ipersonici e sottomarini. “La richiesta di bilancio del presidente – ha spiegato il segretario alla Difesa, Lloyd Austin – fornisce le risorse necessarie per affrontare la sfida della Repubblica popolare cinese, le minacce avanzate e persistenti, accelerare l’innovazione e la modernizzazione e garantire la resilienza operativa in un clima in continuo cambiamento”.
Le minacce globali
Il piano evidenzia come le priorità del Pentagono stiano cambiando a fronte degli sviluppi cinesi, e adesso i funzionari del Pentagono dovranno presentare al Congresso i programmi dettagliati di come intendono spendere i nuovi fondi. Secondo Austin, “il bilancio dà priorità alle risorse per gli investimenti critici che consentono al dipartimento della Difesa di continuare ad attuare la Strategia di Difesa nazionale, compresa la costruzione della giusta combinazione di capacità per la difesa dalle minacce attuali e future”. Nove miliardi di dollari andranno infatti a finanziare la 2024 Pacific deterrence initiative, parte dello sforzo del Pentagono per rafforzare la deterrenza nei confronti della Cina, definita dal piano una “sfida persistente”. Oltre allo scontro con Pechino, la richiesta di Biden delinea include anche più di sei miliardi di dollari indirizzati a sostenere l’Ucraina, la Nato e altri Stati partner europei, “dando priorità al miglioramento delle capacità e la prontezza delle forze Usa, alleate e partner di fronte all’aggressione russa”.
Cosa prevede il bilancio
La richiesta di bilancio è concentrata in particolare su tecnologie e sui settori-chiave della base industriale statunitense, come la microelettronica, la cantieristica sottomarina, la produzione di munizioni e la biomanifattura, affrontando anche il tema di una catena di approvvigionamento resa più fragile dalla guerra e, prima, dalla pandemia. Uno dei temi principali sarà, in particolare, la necessità di ricostituire le scorte di armi fornite all’Ucraina, con il bilancio che mira a “modernizzare ed espandere la capacità produttiva industriale per garantire la soddisfazione delle richieste strategiche di munizioni critiche”. Investimenti significativi saranno indirizzati per migliorare la capacità di combattimento della Marina, in particolare nel campo della superiorità sottomarina, e della Us Air force, con un previsto incremento della produzione di aerei e fondi per lo sviluppo di capacità ipersoniche. La richiesta include anche 37,7 miliardi di dollari per modernizzare le capacità nucleari, comprese le reti di comando, controllo e comunicazione tra tutti i settori della Triade nucleare: missili balistici intercontinentali, bombardieri e sottomarini.
La sfida al Congresso
Negli ultimi due anni sono stati aggiunti svariati miliardi di dollari alle spesa per la Difesa statunitense, fondi resi necessari dall’inflazione record negli Stati Uniti e per continuare a far fronte alla necessità di rifornire di armi l’Ucraina. Una tendenza che sta portando il bilancio militare a stelle e strisce a livelli simili a quelli impiegati durante la Seconda guerra mondiale, superando anche quelli previsti durante l’apice della Guerra fredda con le guerre in Corea e Vietnam. L’amministrazione, dunque, si prepara ad affrontare una netta resistenza da parte dei repubblicani, in particolare alla Camera, con molti esponenti del Gop che hanno criticato fortemente l’aumento record della spesa per la Difesa degli ultimi anni e, in particolare, il trasferimento all’Ucraina di miliardi di dollari in armi e aiuti americani. Non sono mancate, sempre all’interno della destra, critiche opposte, che hanno definito gli aumenti troppo esigui, definendo l’amministrazione indifferente o disinteressata ai problemi di sicurezza nazionale.
Dall’Artico al Mediterraneo, l’Europa torni protagonista. Il punto di Manciulli
Quanto sta accadendo in Ucraina deve essere di lezione per l’Europa, che deve capire come sia ormai irrinunciabile una assunzione di maggiore responsabilità se vuole assicurare la sicurezza dei propri confini, a partire da quello orientale, ma con lo sguardo sempre attento anche al nord, nell’Artico, e al sud, nel Mediterraneo allargato e in Africa. È tempo che il Vecchio continente metta la testa fuori da sé, e l’Italia deve supportare questa rinnovata attenzione verso l’estero europeo. Airpress ne ha parlato con Andrea Manciulli, presidente di Europa Atlantica e direttore delle relazioni istituzionali della Fondazione MedOr.
Presidente, a un anno dall’invasione russa dell’Ucraina, quali sono a suo avviso le lezioni che l’Europa dovrebbe trarre?
È necessario procedere a una analisi seria di quanto sta accadendo, e cercare di guardare alla situazione con un po’ più di freddezza. Come prima cosa, sbaglieremmo di grosso se volessimo circoscrivere il problema alla sola Ucraina, perché le fragilità e le insicurezze si trovano lungo tutti i confini del Vecchio continente. Naturalmente la guerra a est è il dramma più grande. Sostenere l’Ucraina oggi significa difendere il futuro di tutta l’Europa domani. C’è poi la questione, troppo trascurata, dell’Artico, che presto diventerà teatro di uno scontro economico e di sicurezza tra potenze che riguarderà da vicino l’Europa. E poi c’è l’enorme problema del fronte Sud, del Mediterraneo allargato, che non sta venendo affrontato in maniera adeguata.
Qual è lo scenario attuale a Sud dell’Europa?
Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da una crescita della frattura tra sponde nord e sud del Mediterraneo. Nel 2011 l’Europa progettava di creare una enorme aerea di libero scambio nel bacino, e alla conferenza di Barcellona fu lanciata addirittura una campagna di finanziamento con i fondi Meda 1 e 2. Invece il Mediterraneo di oggi è teatro di numerosi fattori di insicurezza, tra cui spicca naturalmente lo shock migratorio, del quale constatiamo proprio in questi giorni la terribile realtà con immagini inaccettabili per qualsiasi coscienza democratica di una società civile, ma che comprende problemi come il terrorismo, la crisi economica e climatica, i problemi relativi alle risorse idriche e alimentari. Tutto questo si trasforma, per l’Europa, in un confine meridionale instabile e pieno di problematiche da affrontare. Un esempio lampante di queste fratture lo vediamo in Tunisia e in Medio Oriente.
Ci spieghi…
La Tunisia, l’unica democrazia che si era sviluppata a seguito delle primavere arabe, è adesso fragilizzata dall’attesa della decisione di sostegno da parte del fondo monetario internazionale che potrebbe impedirle di andare in default. Non possiamo, dunque, limitarci a constatare soltanto il dramma, senza assumerci l’impegno di tentare di risolvere il problema. Se cade la Tunisia il sistema economico e sociale di tutto il Maghreb peggiora in maniera esponenziale, e con esso tutta la vicenda migratoria. In Medio Oriente, invece, dobbiamo occuparci di un rinnovato attivismo dell’Iran. Teheran sta aiutando la Russia militarmente, e non solo, sta rafforzando i propri legami con Assad e sta intensificando la sua rete di proxy in tutto il Mediterraneo, dalla Palestina, a Hezbollah, ad Hamas, fino al jihad palestinese. Il tentativo è senza dubbio quello di far saltare gli accordi di Abramo e destabilizzare l’intero bacino mediterraneo. Sarebbe un dramma se accadesse. L’Europa non può restare a guardare. C’è bisogno di rinvigorire i rapporti con Israele, la Giordania, i Paesi del Golfo, affinché si lavori per prevenire la proliferazione di crisi e il moltiplicarsi dei fronti da attenzionare.
A tutto questo si aggiungono gli impatti che la guerra in Ucraina sta avendo anche sul fronte sud.
Indubbiamente, dal Sahel al Corno d’Africa abbiamo una importane presenza russa attraverso il gruppo Wagner. Abbiamo visto cosa ha rappresentato questo loro attivismo in Mali e in Centrafrica. Ricordiamo anche che l’Africa è il continente che ha visto le maggiori astensioni al voto delle Nazioni Unite di condanna dell’invasione. La Russia, insieme alla Cina, (e in qualche misura persino la Turchia) stanno attivando, in Africa, una strategia in funzione antieuropea, utilizzando i loro strumenti per destabilizzare il continente. Non possiamo non renderci conto, però, che le nostre divisioni hanno favorito l’arrivo di questi attori in Africa, che non hanno gli stessi interessi dell’Europa.
Come ha reagito l’Europa di fronte a tutto questo?
Al momento l’Europa è di fronte a un vero problema di identità, e quindi di strategia. Il fatto che il Vecchio continente sia circondato da problemi lungo tutti i suoi confini è di fatto una critica al modo in cui l’Europa si è posta in questi anni, troppo ripiegata su sé stessa. Parlando direttamente, l’Europa non potrà esistere se non sarà capace di rendere sicuri i propri confini. Si è fatto sicuramente bene a fare attenzione alla stabilità economica e del mercato interno, ma è stato un errore non guardare verso l’esterno. La storia dei confini europei, come ci ha spiegato bene Braudel, è sempre stata lo specchio delle relazioni, anche interne, del continente: quando i confini sono stati aperti, impostati su dinamiche di scambio, l’Europa ha prosperato e ha vissuto momenti di pace; quanto si è chiusa su sé stessa, invece, si sono sempre susseguite fasi negative e conflitti.
E adesso in che fase siamo?
Guardando all’oggi, ci sono state troppe incomprensioni e invidie. L’Europa, invece, deve capire che non può più rimanere divisa e chiusa in sé stessa, perché è ormai inserita in una dimensione globale nella quale le grandi dinamiche non rispettano più la dimensioni dei confini degli Stati tradizionali. Se l’Europa non fa un passo in avanti per rispondere a queste esigenze, rischia di dover affrontare il declino. Possiamo rinfacciarci le responsabilità gli uni contro gli altri quanto vogliamo, tra una Francia troppo autonomista, una Germania concentrata solo sulla dimensione economica e un’Italia che è stata troppo spesso equidistante tra alleati e avversari, ma adesso è venuto il momento di affrontare la situazione con spirito nuovo, di collaborazione, che metta in campo una vera azione politica estera comune.
Sul tema della collaborazione tra Paesi europei, la Fondazione Med-Or ha organizzato di recente un incontro per rilanciare le relazioni tra Italia e Francia nel Mediterraneo. Cosa è emerso dall’incontro?
È stato un appuntamento molto positivo, perché ci ha permesso non solo di affrontare tutte le problematiche legate al bacino mediterraneo, ma anche di sottolineare l’importanza di parlarsi con chiarezza tra Paesi europei. Litigare non è utile a nessuno, il punto è invece quello di favorire una discussione politica nei governi europei tesa a un processo di cooperazione che faccia progredire il dialogo e l’attivismo europeo sullo scenario globale. Alla fine di questa fase turbolenta avrà successo chi sarà stato capace di mettere in campo una politica più dinamica nelle relazioni con il mondo. Serve una grande azione di partnership politica che sia veramente europea, e in questo senso ritengo che sarà fondamentale anche riallacciare il dialogo con la Gran Bretagna, che dopo la Brexit si sta rendendo conto molto bene di quanto quel gesto non abbia pagato.
Cosa dovrebbe fare allora l’Europa?
L’Europa deve saper costruire delle politiche attive e partnership positive con i Paesi del suo vicinato, affinché i grandi progetti per il domani della regione, ma direi del pianeta, possano trovare attuazione, senza aspettare che la situazione degradi. È arrivato il momento per il Vecchio continente di assumersi le sue responsabilità: senza affrontare veramente i problemi profondi globali, a partire da quelli che caratterizzano il Mediterraneo allargato, ma non solo, noi non potremo che tamponare le problematiche, senza mai risolverle davvero.
Questo significa due cose. Primo, che il piano di aiuti previsto nel 2011, largamente disatteso, deve essere sostituito da un ampio progetto di investimenti tesi alla stabilizzazione dei confini a 360°. Quando si discuteranno i piani di aiuti per la ricostruzione dell’est europeo, l’Europa dovrà mettere in campo anche una parallela azione verso nord, nell’Artico, e ovviamente verso sud, in Africa e in Medio Oriente. Non possiamo aspettare che scoppino i problemi per affrontarli, e l’Ucraina dovrebbe servirci da lezione. Secondo, l’Europa deve creare una forza di impiego rapido che le permetta di intervenire nelle crisi in maniera anche autonoma, se serve, insieme agli alleati quando possibile. In breve, c’è bisogno di un’Europa che metta la testa fuori da sé stessa, e di un’Italia che aiuti il Vecchio continente a guardare al di fuori in una maniera nuova, responsabile.
Gli appelli a fare compromessi con Putin in Ucraina ignorano le lezioni della storia
Mentre l’invasione su vasta scala dell’Ucraina è entrata nel suo secondo anno il mese scorso, i leader occidentali hanno voluto dimostrare la loro continua determinazione a impedire una vittoria russa. Allo stesso tempo, senza la fine in vista di quello che è già di gran lunga il più grande conflitto europeo dalla seconda guerra mondiale, […]
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Iran: la politica di Biden non ha senso
Parlando a un evento in Israele la scorsa settimana, l’ambasciatore statunitense in Israele Tom Nides ha fatto nuovamente notizia quando sembrava escludere i negoziati con l’Iran fintanto che il suo governo continuava la sua repressione contro i manifestanti e persisteva nella fornitura di assistenza militare alla Russia. Come ha riferito Henry Rome, senior fellow del […]
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Il Libretto Rosso di Matteo Renzi
Firenze, 10 marzo 2023.
Matteo Renzi sta passando un periodo non piacevolissimo.
Qualche giorno fa una certa Susanna Zanda gli avrebbe fatto presente che i tribunali civili non sono bancomat dai quali attingere per il proprio sostentamento. Un rimprovero piuttosto bonario che a Renzi è costato sedicimila euro. Sperava di incamerarne dieci volte tanti a spese di una importante gazzetta per cui è comprensibile che la cosa lo abbia lievemente contrariato.
Oggi invece è imputato come un brambilla qualsiasi per finanziamento illecito dei partiti.
Dicono che il boyscout di Rignano si sarebbe presentato in tribunale con una quarantina di libretti intitolati "Quaderno rosso per toga rossa".
Nel corso degli anni Renzi ha cercato di rottamare e sconfiggere i propri avversari politici.
Senza riuscirci.
Ha anche cercato di rottamare, sconfiggere e umiliare la base elettorale di un partito storico.
Riuscendoci benissimo.
Adesso ha adottato fin nei dettagli tutte le mosse propagandistiche del vecchio ricco che aspira a sostituire.
Un processo in atto da almeno dieci anni, di cui queste mosse non rappresentano altro che gli ultimi ritocchi.
Coi suoi quaderni rossi il boyscout di Rignano intende verosimilmente fare il verso alle Citazioni dalle opere del Presidente Mao Zedong, che servirono da ispirazione per la Rivoluzione Culturale.
Un periodo in cui molti ben vestiti e molti ben nutriti andarono incontro a difficoltà parecchio più serie di quelle con cui deve vedersela lui.
In tribunale con certe accuse non ci si deve finire, e basta.
Il fatto che nello stato che occupa la penisola italiana la magistratura sia incontestabile solo quando si occupa di scippatori, zingari, clandestini e piccoli spacciatori da cui si riforniscono i non ricchi è uno dei moltissimi motivi che ne rende ripugnanti gli ambienti del democratismo rappresentativo agli occhi di chiunque abbia un minimo di rispetto di sé.
Aggiornamento del 13 marzo 2023. Pare Matteo Renzi abbia ottenuto un successo importante, togliendo di tasca cinquecento euro a una pensionata che lo aveva insultato sul Libro dei Ceffi.
Proprio qualcosa di cui andare fieri.
AFRICA-SAHEL. La strage silenziosa del traffico di medicinali
di Valeria Cagnazzo
Pagine Esteri, 9 marzo 2023 -Nell’Africa sub-sahariana, ogni anno almeno 267.000 persone muoiono a causa di medicinali falsificati o scadenti. Altre 169.270 morti sarebbero evitabili ogni anno se non si facesse uso di antibiotici falsificati per trattare casi severi di polmonite nei bambini. E’ quanto emerge dal rapporto TOCTA (Transnational Organized Crime Threat Assessment) pubblicato in gennaio dall’Agenzia sui farmaci e il crimine delle Nazioni Unite (UNODC).
Tra il gennaio 2017 e il dicembre 2021, almeno 605 tonnellate di medicinali sono state sequestrate in operazioni internazionali nella regione del Sahel. Per quanto non sia possibile avere delle stime esatte sulle dimensioni del problema, una percentuale compresa tra il 19% e il 50% del mercato dei farmaci nell’Africa occidentale sarebbe costituito da medicinali trafficati illegalmente. Fino alla metà dei farmaci somministrati negli ospedali, venduti nei dispensari, assunti a domicilio dalla popolazione, proverrebbero quindi dal mercato clandestino. Ad aggravare questi dati, c’è l’evidenza, emersa dai sequestri compiuti tra il 2013 e il 2021, che almeno il 40% dei medicinali scaduti, contraffatti o di qualità scadente venga venduto all’interno dei canali legali della distribuzione farmaceutica. Una tale infiltrazione dell’illecito nelle maglie del mercato lecito della salute può avere conseguenze devastanti sulla vita delle persone.
Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger e Ciad i Paesi più colpiti dal problema. I farmaci scadenti, scaduti o non approvati per l’immissione in commercio, provengono principalmente dai maggiori esportatori nella regione, in particolare Belgio e Francia, ma anche da Cina e India, e in una minore percentuale anche da Paesi limitrofi.
E’ numerosa e variegata la schiera degli attori di questo traffico fruttuoso. Si va dagli impiegati delle industrie farmaceutiche, dalle forze dell’ordine, dagli operatori nel settore sanitario fino ai più piccoli commercianti che “spacciano” i prodotti per le strade. Nonostante il potere dei gruppi terroristici nei Paesi del Sahel, il report svela uno scarso coinvolgimento di queste organizzazioni nel settore farmaceutico.
La filiera del traffico di medicinali è stratificata e complessa, spiega il report, e può interessare il farmaco in ogni fase della sua commercializzazione, dalla produzione fino alla somministrazione, dalla larga scala dell’importazione fino alla vendita al dettaglio.
C’è il traffico di farmaci legali, che vengono importati illegalmente, o una volta importati secondo rotte lecite poi deviati su canali di commercio illegale, o, ancora, medicinali rubati dalla distribuzione legale prevista nel Paese (un esempio, i medicinali destinati alle ONG ma assorbiti dal mercato clandestino). Non mancano i casi documentati di corruzione di operatori sanitari, direttamente coinvolti nella cessione di medicinali al mercato nero. Questi sarebbero i casi apparentemente meno pericolosi, in quanto inerenti medicinali in qualche modo approvati dall’agenzia del farmaco. C’è poi, invece, il traffico di medicinali scaduti, scadenti o pericolosi, come farmaci contenenti dosi di principio attivo non adeguato o troppo alto, con elevati rischi di tossicità ed eventi avversi.
Le cause di un traffico di tali proporzioni vanno ricercate nel divario abissale tra la domanda e l’offerta di medicinali in una regione poverissima. L’incidenza di malattie infettive, tra le quali la malaria, è altissima, sottolinea il report delle Nazioni Unite, a fronte di sistemi sanitari assolutamente incapaci di garantire l’accesso alle cure per la popolazione. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il rapporto di medici, infermiere e ostetriche per 1.000 abitanti nei Paesi del Sahel è ben al di sotto del minimo che dovrebbe essere garantito, di almeno 4.45 operatori sanitari. Nel 2018 ce n’erano 1.3 su 1.000 in Burkina Faso, 0.6 in Ciad, 1.4 in Mali, 2.1 in Mauritania e 0.4 in Niger. I numeri non sono più incoraggianti contando i farmacisti: se nel mondo in media ce ne sono 4 per 10.000 persone, in Burkina Faso ce n’erano 0.15, in Ciad 0.33, in Mali 0.095, in Mauritania 0.18 e in Niger 0.027. Tutti numeri sotto lo zero, che spiegano in che vuoto si vada a inserire il ricco mercato clandestino dei farmaci.
Le conseguenze sono spaventose, e non si tratta solo del rischio di assumere un farmaco contraffatto o scaduto. Le centinaia di migliaia di morti sulle quali il report dell’ONU fa luce sono provocate da un problema anche più grande, ovvero dalla sostituzione del sistema sanitario con un sistema criminale, che si fa carico di sopperire alle sue mancanze. Non è solo il medicinale assunto a renderlo, infatti, potenzialmente letale, ma anche l’indicazione per la quale viene o meno prescritto. Non si può parlare, però, di prescrizioni in un mercato nero. Accade così, denuncia il rapporto, che le medicine deviate dai canali commerciali ufficiali vengano utilizzate senza nessuna guida sul paziente.
“Se vuoi prenderti un antibiotico al mercato, puoi trovarlo. Ma è quello giusto da utilizzare o no?”, chiede François Patuel, direttore dell’unità di ricerca e sviluppo dell’UNDOC. Un tale uso spregiudicato di antibiotici, senza nessun controllo medico, non solo impedisce di trattare adeguatamente le infezioni e comporta rischi fatali per i pazienti che li assumono a domicilio, ma apre anche la strada al rischio che si sviluppino e moltiplichino antibiotico-resistenze, con conseguenze di proporzioni ancora maggiori. Vale a dire che in un’area in cui l’accesso alle cure e agli antibiotici di prima linea è già scarsissimo, a causa del traffico di medicinali si svilupperanno resistenze batteriche che renderanno le malattie infettive curabili solo con seconde, terze o quarte linee di trattamento – naturalmente non reperibili nella regione.
Stando ai dati del report, in un’area poverissima di cinque Paesi, il traffico di medicinali uccide ogni giorno almeno 1.195 persone. Per fare fronte a questa strage silenziosa, si dovrebbero rafforzare i controlli della filiera, a partire dall’esportazione dai Paesi produttori, e poi i controlli di frontiera lungo il viaggio delle merci, oltre a modificare la legislatura con pene più severe per gli attori del traffico. In questo senso, i Paesi del Sahel, tranne la Mauritania, hanno recentemente costituito l’Agenzia Africana dei Medicinali (AMA). Se non ci si concentrerà, però, soprattutto su quel divario tra l’offerta inesistente e la domanda altissima di cure, gli autori dell’inchiesta ne sono consapevoli, questo dramma resterà insanabile. Per curare un figlio, si può essere disposti a cercare un medicinale con ogni mezzo e ad acquistarlo anche da mani criminali, foraggiando un sistema che vale miliardi e migliaia di morti.
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The Queen Is Dead Volume 89 : Enbor Arnasa\Misanthropik Torment\Shores Of Null
The Queen Is Dead Volume 89 : Enbor Arnasa\Misanthropik Torment\Shores Of Null
@Musica Agorà
#metal #musica
iyezine.com/enbor-arnasamisant…
The Queen Is Dead Volume 89 : Enbor ArnasaMisanthropik TormentShores Of Null
The Queen Is Dead Volume 89 : Enbor ArnasaMisanthropik TormentShores Of Null: Debutto discografico per questo progetto metal dai Paesi Baschi composto da un uomo solo ai controlli, Iñaki Espartza produttore ed ingegnere del suono ai Geure Gogoa Reco…Massimo Argo (In Your Eyes ezine)
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News da Marte #12 | Coelum Astronomia
"Dopo alcuni mesi di assenza da queste cronache è il momento di raccontare cosa sta facendo Curiosity, impegnato in nuove scoperte ed esplorazioni."
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The Green/Digital/Society è una conferenza che riunisce attori chiave che discutono di ecologia, tecnologia, diritti umani e politica in Europa.
Sebbene la tecnologia sia spesso promossa come la soluzione ai problemi ambientali, le prove dimostrano che la sua crescita vertiginosa, la produzione di massa di dispositivi e infrastrutture, la massiccia raccolta di dati e il capitalismo della sorveglianza estraggono duramente risorse dalla Terra, creando conflitti umani su terra, acqua, energia e informazioni .
Se sei un attivista per i diritti ambientali o digitali, un ricercatore, un decisore politico, un membro della comunità o semplicemente un essere umano preoccupato della regione SEE o dell'Europa, unisciti alla discussione sulle sfide attuali e sui potenziali piani di difesa per il futuro su questioni all'intersezione della politica verde , diritti umani e tecnologia.
Qui il programma con più informazioni sull'evento
Domande: info@sharedefense.org
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A joint Statmement in support and extension of ICHEE’s mandate and its continued investigations on Human rights violations.
It’s to be recalled that massive human rights and humanitarian law violations that may amount to major international crimes happened in Tigray in connection with the armed conflict occurred for the last two or more years. These violations are still continuing in some parts of Tigray. In response, many international human rights organizations, among others, Amnesty International, HCR – Humani Rights Watch, the UN International Commission of Human Rights Experts on Ethiopia and many international media have investigated and reported that there are reasonable grounds to believe that at least war crimes and crime against humanity are committed in the two years’ war on Tigray.
Against the backdrop of these, many national and international human rights groups and other international organizations have expressed their concerns on the Pretoria agreement signed between the Federal government of Ethiopia and the Tigray People’s Liberation Front (TPLF) on November 2022 for it marginalization of the issues of accountability and justice. Like these, Tigray-based Civil Society Organizations including Alliance of Civil Society Organizations of Tigray Advocacy Network (THRAN)- a network of rights based civil society organizations based in Tigray – and Tigray Universities Association (TUSA) are disappointed by the agreement’s downgrading of the issue of justice and accountability as it failed to include robust transitional justice infrastructures that meet international standards
We, the above mentioned Tigray-based CSO networks and our members also believe that the post-Pretoria agreement political developments in Ethiopia and Tigray tend to sideline the issue of ensuring justice and accountability for the gross human rights violations committed in Tigray over the past two or more years.
The international community (most importantly, the United Nations Humans Rights Council, the Office of the High Commissioner for the Human Rights and the negotiators and observers of Pretoria agreement) has been negligently watching while this was happening. We the abovementioned petitioners and our members, have also been following such dynamics with great concern and disappointment.
And, most alarmingly, ACSOT, THRAN, and TUSA have recently learned that the Ethiopian government is currently actively engaged in smear campaign to terminate the mandate of ICHEE and its continued investigations on human rights violations in Tigray and other parts of Ethiopia.
The government is engaged in an open international diplomatic and political struggle for this purpose. In response to this, significant number of human rights group and organizations and civil society organizations have badly opposed the move and are appealing for the United Nations Human Rights Council to defend and support the extension of the mandate of ICHEE and its continued investigations. The 63 organizations who recently released a joint statement in this regard are very good example. ACSOT, THRAN and their members and TUSA share the concerns and raccomendations of these organizations and commends their efforts.
ACSOT, THRAN and TUSA strongly believe that there can be no sustainable peace without ensuring accountability and justice for the human rights and humanitarian law violations and this can be realized if the international community raises collective voice against governments (be them perpetrators or otherwise) who attempt to escape from independent investigations and accountability and effectively stops they efforts. In this sprit, ACSOT, THRAN and TUSA, thus call:
- The members states in the United Nations Human Rights Council to block/stop the Ethiopian government’s ongoing efforts to terminate the mandate of ICHREE and its continued investigations in Tigray and other parts of Ethiopia and also to support the commission through mobilizing adequate budget and other necessary resources and creating access for investigations;
- The Office of the High Commissioner for Human Rights, the African Commission on Human and People’s Rights, EU Human Rights commission, international human rights groups and organizations, civil society organizations and international media to defend the mandate of the ICHREE and its continued investigations by influencing and pressurizing the UN and other relevant actors to continue mandating and financing the commission. This is necessary because national and regional institutions lack impartiality, commitment and capacity to ensure accountability and justice;
- The international negotiators and observers of the Pretoria agreement and the international community at large to demand and pressurize the Ethiopian government, the Tigray government, the African Union and its bodies and other stakeholders to give primary to ensuring accountability and justice both as an end in itself and as a means for lasting peace and stability in Ethiopia.
By doing all these the organizations mentioned here and other stakeholders should demonstrate their real commitment to save the human rights and humanitarian world order from the degenerating path it currently finds itself.
ACSOT, THRAN, their members and USA reiterate their unwavering support for the extension of the mandate of ICHEE and its continued investigations on Human rights violations in Tigray and other parts of Ethiopia.
Alliance of Civili Society Organizations of Tigray (ACSOT)
Tigray Human Rights Advocacy Network (THRAN)
& Tigray Universities Scholars Association (TUSA)
March 6, 2023,
Mekelle, Tigray, Ethiopia
PDF Ver : 1678307983568_Advocacy Note on UN ICHREE_230309_112649
Scuola e opportunità europee, parte la formazione Erasmus+ ed eTwinning rivolta a docenti e dirigenti scolastici.
Info ▶️ erasmusplus.
Ministero dell'Istruzione
#NotiziePerLaScuola Scuola e opportunità europee, parte la formazione Erasmus+ ed eTwinning rivolta a docenti e dirigenti scolastici. Info ▶️ https://www.erasmusplus.Telegram
Il 27 febbraio vi ho raccontato dei clandestini italiani che pur sapendo di rischiare la vita cercavano di attraversare il confine francese alla ricerca di una vita migliore. Le guide li chiamavano “fenicotteri” perché sapevano che prima o poi avrebb
Il 27 febbraio vi ho raccontato dei clandestini italiani che pur sapendo di rischiare la vita cercavano di attraversare il confine francese alla ricerca di una vita migliore.
Le guide li chiamavano “fenicotteri” perché sapevano che prima o poi avrebbero spiccato il volo.
Sapevano che “sperdutosi il tratturo dei Sette Cammini tra le erbe e la pietraia li aspettava il volo verso la morte".
Questa sera vi parlerò dei viaggi della speranza di milioni di italiani verso le Americhe.
Spesso su navi carretta di terza classe
Non erano certo barchini o carrette del mare, ma quei viaggi della speranza erano veramente sicuri?
E allora una domanda sorge spontanea.
Perché avevano tutti una paura folle di salire su quelle navi e fare quel viaggio?
Giudicate voi.
Furono milioni gli emigranti italiani che si imbarcarono su navi e piroscafi obsoleti e fatiscenti in rotta verso le Americhe.
Erano chiamati “vascelli della morte” perché avevano molti anni di navigazione.
Partivano, stipati, senza nessuna certezza di arrivare a destinazione.
Molti emigranti non avevano mai visto una nave. Paura, ansia, angoscia, batticuore, seguiti da tanta malinconia, erano i sentimenti che provavano mentre salivano su quelle navi.
Seppur a conoscenza del rischio altissimo di non arrivare vivi, niente li avrebbe potuti fermare.
Anno 1884 - Sul "Matteo Brazzo" c’erano 1.333 passeggeri in condizioni igieniche precarie.
Ci fu un’epidemia di colera con venti morti e centinaia di ammalati.
La nave fu respinta prima dal Brasile e poi respinta a cannonate a Montevideo per il timore di contagio.
Argentina e Uruguay vietarono per un certo periodo l’approdo a navi italiane.
Anno 1888 - Sul "Carlo Raggio", una nave da carico trasformata in trasportare emigranti, ci furono 18 morti per fame nel suo primo viaggio.
E nel 1894, sempre sulla stessa nave che aveva imbarcato 1.400 emigranti a Napoli, scoppiò un’altra epidemia di colera.
Il contagio si estese rapidamente obbligando il comandante a dare l’ordine di gettare i morti in mare. I morti furono 206.
La nave fu rispedita in Italia.
Nel 1888 sul "Cachar" morirono 34 italiani per fame e asfissia
Nel 1889 - Sul "Frisia 27 i morti italiani per asfissia.
Sul "Parà" 34 italiani morti di morbillo.
Nel 1893 - Sul "Remo" 96 morti italiani per colera e difterite
Nel 1894 - Sul "Vincenzo Florio" 20 morti italiani
Utopia era un piroscafo inglese.
Era partito da Trieste e aveva fatto scalo a Napoli. Aveva a bordo 3 passeggeri di prima classe, 3 clandestini, 60 membri dell’equipaggio e 813 emigranti.
Era il 17 marzo 1891 quando davanti al porto di Gibilterra, con tempo pessimo e visibilità ridotta, sbagliò manovra e andò a sbattere contro una corazzata alla fonda e colò a picco in pochi minuti.
I morti, quasi tutti italiani, furono 576.
“Le grida si udivano da lontano. I poveri emigranti, pazzi dal terrore, facevano ressa dalla parte dove il bastimento era ancora fuori d’acqua […] Repente, un terribile colpo di mare mandò in pezzi tutta questa parte del piroscafo”.
Il 4 luglio 1898 furono 549 i morti (moltissimi dei quali italiani) nella tragedia della "Bourgogne" al largo della Nuova Scozia in seguito a una collisione.
Il comandante finì sotto inchiesta.
Quasi tutti i superstiti erano membri dell’equipaggio.
Nel 1905 sul piroscafo "Città di Torino" morirono 45 italiani sui 600 imbarcati.
Il 4 agosto 1906 centinaia (nessuno conosce la cifra esatta perché a bordo c’erano molti clandestini) furono gli emigrati italiani vittime del naufragio del "Sirio" in Spagna.
25/10/1927 - 314 morti (secondo la conta ufficiale, ma le vittime furono almeno il doppio) nel naufragio al largo del Brasile del piroscafo "Principessa Mafalda".
Ricordato come il "Titanic italiano".
Era il suo ultimo viaggio.
Aveva alle spalle 20 anni di mancata manutenzione.
“Il panico si manifestò particolarmente fra le donne e i bambini. Le donne con i bambini aggrappati alle gonne squarciavano l’aria con i loro urli. I passeggeri di terza classe invasero il ponte di seconda. Subito dopo avvennero due nuove esplosioni e la nave affondò”
Milioni di emigranti italiani cercarono lontano un futuro migliore.
Molti ce la fecero, molti annegarono, molti morirono di malattie.
Per molti di loro un futuro migliore rimase solo un sogno.
Per non dimenticare.
Link al thread originale
Da #Mastodon alla stampa: #ChieseBrutte, il progetto più improbabile del #Fediverso, diventa un calendario
Quanti calendari abbiamo visto con centinaia di cattedrali gotiche europee tutte uguali sparpagliate qua e là? O i calendari turistici di Roma con la nidiata di basiliche paleocristiane restaurate in serie o con le indistinguibili facciate barocche di travertino ammorbato? E invece stavolta le protagoniste del calendario pubblicato dall'istanza romana puntarella.party sono le #ChieseBrutte!
Come le passaporte di Harry Potter, le chiese acquisiscono le forme più impensabili: scaldabagni, sarcofagi nucleari, imbuti e addirittura riproduzioni in scala 1:1 della torre di Barad Dûr! Il calendario di Puntarella andrebbe studiato nelle facoltà di teologia e in quelle di architettura per capire se ad aver prodotto questi mostri in calcestruzzo è stato l'ingegno depravato e blasfemo di un collettivo di architetti satanisti oppure una semplice e ancora più interessante incontenibile predisposizione verso il brutto della scuola urbanistica italiana.
Ora attendiamo che vengano prodotti anche un diario per la scuola e una linea completa di cancelleria per i giovani virgulti.
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Grazie alla partnership tra Better World Books e Internet Archive, i libri che le biblioteche non possono più conservare, possono essere resi accessibili alle generazioni a venire
Da quando hanno formato una partnership globale per l'alfabetizzazione nel 2019, Better World Books (BWB) e Internet Archive hanno offerto alle biblioteche un percorso unico per garantire che i libri di cui non hanno più bisogno nelle loro collezioni possano essere conservati e resi accessibili alle generazioni a venire.
Il servizio fornito da BWB è importante per le biblioteche. BWB raccoglie libri usati da biblioteche, librai, college e università in sei paesi, che vengono poi rivenduti online, donati o riciclati. Ad oggi, Better World Books ha donato oltre 35 milioni di libri in tutto il mondo, ha raccolto quasi 34 milioni di dollari per biblioteche e alfabetizzazione e ha salvato più di 450 milioni di libri dalle discariche. Attraverso la partnership con Internet Archive, BWB ha donato più di un milione di libri ogni anno per la conservazione e la digitalizzazione, per un totale di 4 milioni di libri fino ad oggi.
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Gli eurodeputati svolgono secondi lavori e, anche se questo è perfettamente legale, eticamente è discutibile, soprattutto dopo lo scandalo Qatargate
@Politica interna, europea e internazionale
I casi dell'eurodeputato polacco Radosław Sikorski, di Angelika Niebler e Rainer Wieland del PPE o quello del potentissimo Axel Voss che sta scontando il suo terzo mandato come legislatore europeo, sta elaborando leggi cruciali sulla due diligence aziendale e sull'intelligenza artificiale ed è stato fondamentale per l'approvazione del regolamento sulla protezione dei dati dell'UE, il regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR).
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Fr.#21 / Di truffatori e complottisti
Come polli d’allevamento
Ieri ho fatto una chiacchierata insieme a Francesco Carbone, nel suo podcast “Il Truffone”.
Un’oretta estremamente piacevole passata a discutere principalmente di sorveglianza digitale e identità digitale. Centrale il concetto di nudging, cioè quei meccanismi opachi che portano a standardizzare i comportamenti umani e renderli prevedibili. Un concetto estremamente potente che quando arriva sulle scrivanie dei ministeri e dei pianificatori centrali si trasforma in uno strumento di ingegneria sociale delle masse.
Ogni tentativo, da parte dello Stato, di razionalizzare, semplificare e standardizzare la società ha sempre portato alla creazione di forze autoritarie, che spesso sfogano in veri e propri totalitarismi e tragedie umane.
E poi abbiamo parlato anche di come funziona Substack e del motivo che mi ha portato a sceglierlo. La chiusura, in bellezza, su Bitcoin: spenderlo o non spenderlo?
Vuoi dirmi che ancora non sei iscritto a Privacy Chronicles!?
Devi ricaricare l’iPhone? Sì, ma mettiti in fila…
L’aggiornamento iOS 16.1 ci ha portato una nuova funzionalità che per un momento placherà, forse, la sete di sangue degli eco-socialisti. Pare infatti che gli iPhone siano ora in grado di ottenere una previsione in tempo reale delle emissioni di CO2 nella zona in cui si trova il dispositivo, per attivare o disattivare la ricarica in base a queste.
In sostanza: se la rete elettrica nella tua zona sta inquinando “troppo”, il tuo iPhone smette di caricarsi. Se invece sta inquinando “poco”, allora puoi ricarcare. La funzione è attiva by default e — per ora è attiva solo per gli utenti degli Stati Uniti e può essere disattivata.
Che dire, credevo che i lockdown energetici sarebbero arrivati dalla fonte, e invece pare che saranno i nostri dispositivi a impedirci la ricarica. Sarà certamente molto interessante quando sistemi del genere saranno connessi a identità digitale e conto bancario — pardon, wallet CBDC. I soliti noti vi diranno che è giusto così. Che anche ricaricare il telefono è una questione di responsabilità sociale. E in fondo, devi anche meritartelo…
Smettetela di fare i complottisti!
L'ultimo delirio dei negazionisti climatici: le città da 15 minuti solo per segregare le masse. I complottisti accusano: "Altro che smog: volete solo controllarci"
È inutile che ci giriamo intorno. Siamo tutti dei maledetti complottisti. Così scrive Jaime D’alessandro su Repubblica: tutto quello che vi ho detto è falso. Non c’è alcun desiderio di controllarci e limitare sempre di più le nostre libertà. I quartieri chiusi da cui non si può entrare e uscire liberamente sono per il nostro bene; per avere una metropoli più equa e sostenibile.
Se ci tieni a leggere l’articolo…
All’autrice dell’articolo non posso rispondere se non con la Scommessa di Pascal:
“Esaminiamo allora questo punto, e diciamo: “Un piano per sorvegliare, controllare e soggiogare la popolazione mondiale esiste o no?” Ma da qual parte inclineremo? La ragione qui non può determinare nulla: c'è di mezzo un caos infinito.
All'estremità di quella distanza infinita si gioca un giuoco in cui uscirà testa o croce. Su quale delle due punterete? Secondo ragione, non potete puntare né sull'una né sull'altra; e nemmeno escludere nessuna delle due. Non accusate, dunque, di errore chi abbia scelto, perché non ne sapete un bel nulla.
[…] Avete due cose da perdere, il vero e il bene, e due cose da impegnare nel giuoco: la vostra ragione e la vostra volontà, la vostra conoscenza e la vostra beatitudine; e la vostra natura ha da fuggire due cose: l'errore e l'infelicità.
Mettiamola così: se ho ragione io, probabilmente non finirò ghettizzato in una metropoli piena di telecamere, riconoscimento biometrico, identità digitale e social scoring pure per pisciare il cane e divieto di possesso di qualsiasi tipo di proprietà privata. L’autrice di Repubblica invece sarà lì a contare i punti che le rimangono sul wallet con l’iPhone che non si carica.
Se invece ha ragione lei e siamo dei poveri complottisti, vivremo tutti felici e contenti nel miglior mondo possibile. Fate la vostra scommessa, amici. Perché come disse Ayn Rand: puoi ignorare la realtà, ma non puoi ignorare le conseguenze dell’aver ignorato la realtà.
Meme del giorno
Citazione del giorno
“Non importa ciò che dice la stampa. Non importa ciò che dicono i politici o le masse. Non importa se l'intero Paese decide che qualcosa di sbagliato è qualcosa di giusto.
Quando le masse, la stampa e il mondo intero ti dicono di muoverti, il tuo compito è di piantarti come un albero accanto al fiume della verità e dire a tutto il mondo —
'No, muovetevi voi.’
Captain America
Un servizio per l'intera comunità all'interno del Politecnico di Bari
rainews.it/tgr/puglia/video/20…
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garanteprivacy.it/finalmente-u…
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in reply to Andrea Russo • • •Antonino Campaniolo 👣 likes this.
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Unknown parent • • •@admin siccome che er cucchiaio è na cosa da fanciulle, io che so' 'n omo de cortello, di solito infilo la lama nella Nutella, faccio un mezzo giro dentro al barattolo, sollevo lo strumento e, ruotando abilmente, lo infilo in bocca, suggendolo e disegnando misteriosi geroglifici sulla lama con la punta della lingua...
@russandro
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Paoletta1908🖤💙
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Andrea Russo
in reply to Paoletta1908🖤💙 • •@Paoletta1908🖤💙 mi state facendo emozionare... 😁
@informapirata :privacypride: @Ricardo Antonio Piana
Eleonora
in reply to informapirata ⁂ • • •@informapirata qui ci stava il content warning
@admin @russandro
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Paoletta1908🖤💙
in reply to Andrea Russo • • •Abtheart
in reply to Eleonora • • •🤭 @informapirata @admin @russandro
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informapirata ⁂
Unknown parent • • •@admin perché è come Dorian Gray: rimane giovane mentre invecchiano i protocolli su cui si basava 🤭
@treleonora @Shogun @russandro
Andrea Russo
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