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I leaks del Pentagono confermano: forze Nato in Ucraina


I leaks del Pentagono trafugati e diffusi alcuni giorni fa confermano la presenza sul campo, in Ucraina, di forze speciali di alcuni paesi della Nato. Superata un'altra linea rossa nello scontro tra Russia e Alleanza Atlantica L'articolo I leaks del Pent

di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 14 aprile 2023 – Smentite, mezze ammissioni, infine la conferma: si tratterebbe della più massiccia fuga di notizie riservate degli ultimi anni.
Qualcuno – ieri l’FBI ha arrestato un giovane militare impiegato in una base statunitense in Massachusetts (altra storia è capire se per conto di qualcun altro e a quale scopo) – è effettivamente riuscito a trafugare un centinaio di documenti riservati del Pentagono che includono informazioni e analisi dell’intelligence e dello Stato Maggiore sul conflitto in corso in Ucraina.

Poi, questi leaks sono stati pubblicati su Discord, una piattaforma di comunicazione online dal quale sono stati diffusi su vari siti e social network, a volte con dei tagli ed a volte con delle modifiche. Negli ultimi giorni, dopo esser stati ampiamente controllati per depurarli di eventuali manipolazioni, alcuni sono stati pubblicati da grandi organi di informazione. Si tratta in generale di documenti classificati al massimo livello di riservatezza, alcuni dei quali da non condividere neanche con le intelligence dei paesi alleati.

I file resi pubblici riguardano diverse questioni, da un giudizio pessimistico sulla possibilità per l’esercito ucraino di riconquistare porzioni consistenti dei territori occupati da Mosca ad un’analisi dei dissidi all’interno dell’apparato statale e delle forze armate russe. Inoltre i leaks evidenziano che Washington spia costantemente lo stesso presidente ucraino Volodymyr Zelensky oltre che molti dei paesi considerati alleati.

Dai file emerge anche che l’intelligence statunitense prevede un lungo stallo nel conflitto che quindi potrebbe continuare ancora a lungo, visto che nessuno dei due schieramenti ha la forza militare per imporsi sull’altro.

La conferma: forze speciali dei paesi Nato in UcrainaTra i documenti più interessanti, però, ci sono quelli che confermano la presenza, in Ucraina, di forze speciali di vari paesi aderenti all’Alleanza Atlantica. In tutto, sul terreno, sarebbero schierati 50 membri delle forze speciali britanniche, 17 lettoni, 14 statunitensi, 15 francesi ed un solo olandese.

Non si tratterebbe quindi di grandi numeri, ai quali vanno però aggiunti alcune migliaia di membri delle diverse forze armate dei paesi occidentali e di altri paesi che combattono agli ordini di Kiev con le insegne della Legione Internazionale. A questi vanno poi sicuramente aggiunti tecnici e istruttori inviati di volta in volta dai paesi che donano o vendono armi di ultima generazione all’Ucraina; la maggior parte del lavoro di addestramento all’uso dei dispositivi può essere realizzato anche nei paesi di origine, ma spesso l’ultima fase non può non prevedere la presenza sul campo degli istruttori stranieri. Infine, ci sarebbero gli uomini inviati ufficialmente a rinforzare la sicurezza delle rappresentanze diplomatiche operanti a Kiev e che in realtà si dedicherebbero ad altro.

Già un anno fa dei funzionari ucraini avevano raccontato al Times che degli esperti britannici erano a Kiev per addestrare i locali all’uso di sistemi anti-carro; più tardi Le Figaro informò che una cinquantina di militari francesi erano sul campo per sostenere Kiev nell’analisi delle informazioni fornite dalla rete satellitare e nell’individuazione degli obiettivi nemici da colpire. Dal canto suo il New York Times ha informato sul fatto che un gruppo di membri delle forze speciali di Washington – probabilmente della Cia – operava a Kiev per gestire il consistente flusso di armi in arrivo da Europa e Stati Uniti e per proteggere il presidente ucraino, citando la presenza sul campo di militari canadesi, lituani, polacchi e cechi.

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Un militare ucraino si addestra all’uso dei razzi Usa “Javelin”

Superata un’altra linea rossa
Al di là dell’esiguità dei numeri – sempre che i numeri riportati siano veritieri – ora i leaks trafugati e diffusi confermano che i paesi della Nato non si limitano a fornire massicci aiuti finanziari, armi ed equipaggiamenti di vario tipo all’Ucraina, ma schierano sul campo un certo numero di propri militari in uno scontro bellico che potrebbe presto opporre direttamente il blocco euro-atlantico con la Russia.

Le forze speciali alle quali si rifornisce il documento potrebbero essere presenti in Ucraina per partecipare ai preparativi dell’annunciata controffensiva di primavera alla quale starebbero lavorando le forze armate ucraine. Uno dei documenti trafugati afferma ad esempio che Kiev progetta di attaccare con i droni alcune basi militari all’interno del territorio della Federazione Russa, in particolare nella confinante regione di Rostov sul Don. Un altro leak, reso noto dal Guardian, il Pentagono afferma che Kiev sta tentando di creare 12 nuove brigate dotate di 253 carri armati e circa 1500 veicoli blindati più leggeri. Secondo gli osservatori militari statunitensi però, al 23 marzo cinque di queste brigate non avevano ancora iniziato l’addestramento necessario e sei non possedevano l’equipaggiamento necessario a partecipare all’offensiva.

Secondo la BBC, che già nei mesi scorsi ha pubblicato delle informazioni filtrate dai comandi militari, le forze speciali occidentali presenti in Ucraina starebbero compiendo delle missioni di intelligence per facilitare il lavoro delle truppe ucraine. Il documento del Pentagono risalente al 23 marzo mette in rilievo che le forze speciali britanniche schierate sul campo sono le più numerose.

Recentemente il ministro della Difesa di Kiev, Oleksii Reznikov, ha risolutamente negato la presenza sul campo della Nato ed ha definito i leaks trafugati il frutto di un tentativo di manipolazione da parte della Russia, ma da Washington ormai non possono che confermare l’autenticità dei documenti diffusi nei giorni scorsi da una talpa.
Se anche queste forze speciali non stanno combattendo in prima linea, indubbiamente supportano o dirigono le truppe ucraine. Un’altra linea rossa nello scontro tra Russia e Alleanza Atlantica è stato superato, dopo la decisione del governo di schierare armi nucleari tattiche sul territorio della Bielorussia. – Pagine Esteri

6549979* Marco Santopadre, giornalista e scrittore, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria.

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Le recenti misure del Garante della privacy in Italia nei confronti di ChatGPT e i problemi sollevati sulla protezione dei dati relativi al chatbot AI in Germania hanno scatenato un dibattito a livello europeo, che contrappone gli entusiasti da chi...

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in reply to Informa Pirata

è indubbio che i politicanti italioti sono preoccupati dal fatto che servizi come ChatGPT si rivelino più capaci e preparati di loro... :flan_XD:


PRIVACY DAILY 92/2023


Microsoft dovrebbe sospendere il suo investimento in un nuovo data center cloud in Arabia Saudita fino a quando non sarà in grado di dimostrare chiaramente come mitigherà il rischio di gravi violazioni dei diritti umani. Lo ha dichiarato Human Rights Watch. Nel febbraio 2023, Microsoft ha annunciato l’intenzione di investire in un data center in... Continue reading →


Tigray, la pace non basta: due milioni di bambini senza scuola


L'allarme è stato lanciato da Save the Children L'articolo Tigray, la pace non basta: due milioni di bambini senza scuola proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023/04/14/africa/la-pace-non-basta-nel-tigray-due-milioni-di-bambini-non-vanno-

della redazione

Pagine Esteri, 14 aprile 2023 – Nel nord dell’Etiopia, circa 2,3 milioni di bambini non vanno a scuola. Nonostante l’accordo di pace dello scorso novembre abbia posto fine a due anni di conflitto non è ancora iniziata la ricostruzione degli edifici danneggiati. È l’allarme lanciato da Save the Children.

Secondo i dati dell’ultimo rapporto dell’Etiopia Education Cluster, che comprende il Ministero dell’Istruzione, Save the Children e UNICEF, ci sarebbero ingenti danni alle scuole nelle aree colpite dal conflitto nel Tigray, ad Amhara e Afar nel nord dell’Etiopia. La situazione poi, sarebbe particolarmente grave nel Tigray, dove l’85% delle scuole ha subito danni, gravi o parziali, e tutte le scuole pubbliche restano ancora chiuse.

Secondo l’Etiopia Education Cluster, inoltre, a seguito della pandemia da COVID-19, seguita da due anni di conflitto, 2,3 milioni di bambini nella regione non hanno frequentato la scuola per circa tre anni e 22.500 insegnanti non sono stati pagati per più di due anni. I bambini che non vanno a scuola per periodi prolungati sono più esposti al rischio di sfruttamento, violenza sessuale, matrimoni precoci e lavoro minorile e perdono il diritto all’istruzione.

L’appello delle Nazioni Unite per l’Etiopia è finanziato solo per il 18,4%, il che significa che sono necessari altri 3,26 miliardi di dollari. Pagine Esteri

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Materia oscura, abbiamo una nuova mappa | Galileo

«La nuova mappa della materia oscura è diversa da quelle prodotte finora, i cui risultati avevano messo un po’ in crisi il modello cosmologico della relatività generale di Einstein, facendo pensare che servisse una “nuova fisica”. I dati dell’Act, invece, mostrano una struttura della materia nell’Universo “grumosa” al punto giusto, compatibile con le previsioni fatte sulla base della teoria di Einstein. E se da un lato si tratta di risultati confortanti, dall’altro – hanno commentato gli esperti – sarà interessante capire il perché esiste una discrepanza tra diversi metodi di misurazione.»

galileonet.it/materia-oscura-m…



Sulla pagina Facebook della Commissione Europea è stato pubblicato un annuncio che invita a segnalare mantenendo l'anonimato notizie relative a singoli o impre


Le organizzazioni per la salute e i diritti digitali sollecitano i legislatori dell'UE a sostenere i diritti dei pazienti nella nuova legge sui dati sanitari


I legislatori europei devono garantire che i pazienti abbiano il controllo sulle loro cartelle cliniche private aggiungendo un requisito di consenso "opt-in" per l'uso secondario dei dati sanitari nell'ambito del proposto European Health Data Space (EHDS)

@Etica Digitale (Feddit)

Più di una dozzina di organizzazioni che rappresentano pazienti, operatori sanitari, persone con disabilità, organizzazioni dei consumatori e dei diritti digitali, nonché lavoratori e sindacati hanno scritto ai membri del Parlamento europeo, esortandoli a garantire che i diritti dei pazienti e il controllo sui loro le informazioni sanitarie private sono confermate nel proposto European Health Data Space (EHDS).

Leggi la lettera aperta

Attraverso l'EHDS, i legislatori vogliono creare sistemi sanitari digitali interoperabili e moderni in tutta l'UE. Sfortunatamente, la proposta della Commissione europea non riesce a proteggere i pazienti quando si tratta della condivisione e dell'uso delle loro informazioni mediche personali da parte di terzi. I pazienti non avrebbero voce in capitolo sulla condivisione e lo sfruttamento commerciale dei loro dati e non sarebbero nemmeno informati su chi li riceve.

Il Parlamento europeo deve introdurre un regime di consenso "opt-in" in modo che gli utenti dei dati siano tenuti a ottenere un consenso valido dai pazienti le cui cartelle cliniche personali vorrebbero utilizzare per scopi secondari.

IL POST DI EDRI CONTINUA QUI



Terzopolisti immaginari


Il carattere non c’entra niente. Assume un peso quando la politica se ne è già andata via. In quello che, temerariamente, ha accettato di farsi chiamare “Terzo polo”, la gara a chi comanda è appassionante solo per chi vi partecipa. Per tutti gli altri è s

Il carattere non c’entra niente. Assume un peso quando la politica se ne è già andata via. In quello che, temerariamente, ha accettato di farsi chiamare “Terzo polo”, la gara a chi comanda è appassionante solo per chi vi partecipa. Per tutti gli altri è solo una ragione ulteriore per non andare a votare o acconciarsi a votare altro. Il modo in cui si sono infilati in questo vicolo cieco mi fa pensare che siano stati ciechi alla storia e sordi alla politica. Di voti ne hanno presi tanti, ma non basta. Se ne può prendere il quintuplo, contare nulla e sparire in fretta. Se la storia li avesse guidati e la politica assistiti avrebbero dovuto dire: no, non siamo un Terzo polo. Per le seguenti ragioni.

C’è un ricordo, che conserviamo fra le cose care. Un comizio per la chiusura della campagna referendaria, nel 1974, a favore del divorzio. La Malfa, Malagodi, Nenni e Saragat si tengono per mano. Perché non furono mai un partito unico? Perché quando s’univano, liberali e repubblicani o socialisti e socialdemocratici, prendevano meno voti che separatamente? Perché quella era la logica del sistema proporzionale. Dove, aprano le orecchie gli odierni identitaristi, non è che contassero le “identità”, ma la rappresentanza degli interessi e le idealità: per un liberale i lamalfiani erano praticamente socialisti, per un repubblicano i malagodiani dei contabili conservatori. Unendosi perdevano una quota di riottosi. Eppure si deve a loro un miracolo: l’Italia è un Paese conservatore, che vota destra e statalista, ma che deve la sua ricchezza alle riforme della sinistra democratica e il suo sistema produttivo al rigorismo della destra liberale. Poi ci si tiene per mano, in nome di una battaglia comune.

Se si resta in un sistema proporzionale le forze intermedie sono diverse fra loro, se si fa finta di passare a un sistema maggioritario non esistono terzaforzismi. In Germania c’è il sistema proporzionale e ci sono liberali e verdi. In Inghilterra c’è il maggioritario e non ci sono. Nel proporzionale ci si rappresenta da sé, nel maggioritario si lavora a modificare e colonizzare i due schieramenti.

Una politica intermedia, oggi e qui, può funzionare se apre un confronto-scontro a destra sul Pnrr e le riforme che mancano e un confronto-scontro a sinistra per l’uscita dal falso maggioritario. In questo modo provando a liberare la destra dal pauperismo protezionista e la sinistra dal masochismo dell’alleanza con il proprio becchino. Se, invece, si manovra a pescar fuoriusciti e organizzare sorprese parlamentari si rinuncia a fare politica e si usa la dote elettorale non per rappresentare un elettorato ancora più vasto, ma per giocarselo ballando la taranta del trasformismo altolocato.

Il carattere delle persone è quel che resta quando tutto il resto è perso. Il che è di nessun interesse politico e attiene all’egolatria imitativa di chi è in terapia intensiva. Miniature pretensiose.

La Ragione

L'articolo Terzopolisti immaginari proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



CHI FINANZIA IL FACTCHECKER CHE BLACKLISTA I CONSERVATORI?

@Giornalismo e disordine informativo

Due gruppi senza scopo di lucro statunitensi legati al Global Disinformation Index , un'entità britannica che inserisce nella lista nera i media conservatori, si rifiutano di rivelare dettagli chiave sulle loro operazioni, citando un'oscura legge federale di esenzione sulle "molestie", secondo un'indagine del Washington Examiner.

> La mancanza di trasparenza sui moduli fiscali depositati dai gruppi GDI potrebbe portare i legislatori e i gruppi di controllo a spingere le loro indagini sulla presunta rete di tracciamento della "disinformazione", che è stata messa sotto accusa da quando un rapporto del Washington Examiner del 9 febbraio ha dettagliato i suoi sforzi per fornire agli inserzionisti blacklist di siti Web conservatori. Diversi membri repubblicani del Congresso, tra cui il presidente del Comitato per la supervisione e la responsabilità della Camera James Comer (R-KY), hanno chiesto chiarimenti al Dipartimento di Stato per aver indirizzato i fondi della sovvenzione al GDI tra il 2020 e il 2021.

L'articolo di Gabe Kaminsky continua sul Washigton Examiner

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La Russia come l’Isis


« Non guardate questo video». Perfino gli account ucraini, di solito molto efficaci nel mobilitare un’ondata di indignazione, non postano il link al filmato dell’orrore. Bombe sugli ospedali, sui condomini, esecuzioni sommarie, torture, bambini rapiti: og

«Non guardate questo video». Perfino gli account ucraini, di solito molto efficaci nel mobilitare un’ondata di indignazione, non postano il link al filmato dell’orrore. Bombe sugli ospedali, sui condomini, esecuzioni sommarie, torture, bambini rapiti: ogni giorno si sfonda una barriera dell’indicibile, impossibile, insopportabile. Quello che fa raggelare nel video della decapitazione con un coltello di un soldato ucraino per mano di militari russi non è nemmeno il suo grido di dolore, né la sbrigativa efficienza dei boia, né l’evidente normalità del massacro compiuto di cui il comando è al corrente. A rendere il video davvero una nuova frontiera dell’orrore è il fatto che non si tratta di un “leak”: non è una denuncia degli ucraini per screditare gli invasori, è uscito sui canali della propaganda russa, ed è stato ripostato e commentato (positivamente) proprio da chi ne esce devastato senza possibilità di redenzione, i russi stessi.

In tutte le guerre, si aprono abissi di odio e ferocia. Quello che cambia è l’esibizione di quella che dovrebbe venire secretato, l’orgoglio della mostruosità, la normalità del disumano. “Gole profonde” da Mosca spiegano che la decapitazione è stata compiuta dal gruppo Wagner, e che il video è stato pubblicato intenzionalmente, per incoraggiare gli ucraini a torturare a loro volta i prigionieri russi, fermando così l’emorragia di militari di Mosca che si arrendono al nemico (3 mila soltanto a marzo, secondo Kyiv). È evidente che l’esecuzione sia stata compiuta, filmata e diffusa per terrorizzare.

Il paragone con l’Isis, nello sfoggio pubblico di violenza, è inevitabile ed è venuto in mente a molti. Per allontanarsi da questo parallelo, sarebbe bastata una condanna, una promessa di indagare e punire. Non sono arrivati. Il parlamento russo era troppo impegnato ad approvare, all’unanimità, la legge che trasforma i maschi russi in reclute da mandare in trincea con un click. I tribunali russi erano intenti a condannare a 25 anni per “alto tradimento” politici di opposizione come Vladimir Kara-Murza. La polizia russa era troppo impegnata ad arrestare chi scrive “no alla guerra” sui muri. L’esercito era indaffarato a reclutare galeotti da spedire al fronte. La magistratura era troppo impegnata a leggere tonnellate di delazioni contro i “nemici del popolo”.

In un Paese dove le maestre denunciano i bambini (e i bambini le maestre) per un disegno pacifista, dove il leader dell’opposizione in cella perde 8 chili in 15 giorni perché torturato con la fame, la Tv inneggia alla bomba atomica, gli intellettuali decantano Stalin e i giudici tolgono i
figli ai dissidenti, il limite dell’orrore è stato sfondato da tempo. Il paragone con l’Isis regge nella furia con la quale la Russia resuscita il suo passato più oscuro, cancellando con le sue mani ogni residuo rispetto o empatia che poteva suscitare.

Il 12 aprile è l’anniversario del volo di Yuri Gagarin, ma la Russia preferisce essere celebre non per le conquiste dello spazio, ma per i mercenari di Wagner che decapitano prigionieri. Il Paese che presiede il Consiglio di Sicurezza dell’Onu si sta trasformando nel Mordor, come lo chiamano gli ucraini, la terra dell’oscurità inventata da Tolkien, abitata da orchi governati con la tortura e la morte. Nel suo ultimo libro “L’antimondo russo” il filosofo Mikhail Epshtein scrive che quello russo è l’unico impero a comportarsi come colonizzatore spietato anche verso il proprio popolo, e a non cercare di migliorarne la vita, perché una dittatura di orchi non è capace di governare uomini liberi e felici. In una cultura politica, ereditata da Stalin e da Ivan il Terribile, che confonde la paura con il rispetto, ed esige la prima come segno del
secondo, il video dell’orrore è una promessa anche ai sudditi di Putin, ormai privati di vie di fuga.

La Stampa

L'articolo La Russia come l’Isis proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



EU Parliament study slams online child abuse material proposal


The European Parliament’s impact assessment of the proposal for the child sexual abuse material (CSAM) online, obtained by EURACTIV, raises hefty concerns about the privacy and technical implications of the draft law. The European Commission’s proposal to fight the dissemination...


euractiv.com/section/law-enfor…



UN'ASSOCIAZIONE INSEGNA IL FACTCHECKING A MIGLIAIA DI INDONESIANI

@Giornalismo e disordine informativo

> Bu Iroh è determinata a vedere suo nipote e a convincere suo marito a smettere di credere a ogni WhatsApp che trasmette informazioni fattuali. Vestita con un trench rosso e un berretto con una gigantesca lente d'ingrandimento in mano, porta il marito in giro per la città ascoltando le false idee della gente sul vaccino e sfatandole.

Mafindo ha un team centrale di nove persone, con migliaia di volontari in tutta l'Indonesia che aiutano a condurre corsi di formazione, verificare i fatti e coinvolgere più membri del pubblico nel lavoro dell'organizzazione.


CONTINUA SU NIEMANLAB




📚 Il Ministero dell’Istruzione e del Merito celebra il 25 aprile con un’esposizione di saggi, biografie e romanzi legati alla storia della Liberazione, custoditi presso la Biblioteca “Luigi De Gregori”. I testi saranno esposti dal 13 al 28 aprile.


Miliardi di dollari per i Paesi in via di sviluppo non hanno mai lasciato i paesi donatori.


Sara Harcourt, Senior Policy Director di ONE, movimento globale che si batte per porre fine alla povertà estrema e alle malattie prevenibili entro il 2030, ha denunciato come miliardi di dollari di donazioni da record del 2022 per i paesi in via di svilup

Sara Harcourt, Senior Policy Director di ONE, movimento globale che si batte per porre fine alla povertà estrema e alle malattie prevenibili entro il 2030, ha denunciato come miliardi di dollari di donazioni da record del 2022 per i paesi in via di sviluppo non abbiano mai lasciato i paesi donatori.

Via social Sara, basandosi su dati OECD-Development Assistance Committee (DAC), ha denunciato in un thread quanto segue:

“I livelli record di aiuti nel 2022 per i quali i paesi donatori si congratulano con se stessi sono un miraggio. Le entrate sono in: 29,3 miliardi di dollari in aiuti non hanno mai lasciato i paesi donatori.


Aggiungendo che:

“I livelli di aiuto hanno raggiunto il tetto record di 204 miliardi di dollari nel 2022, con un aumento del 13,6% in termini reali rispetto al 2021. Sembra incredibile, vero? Fino a quando non ti rendi conto che la maggior parte dell’aumento è dovuto ad aiuti che non hanno mai lasciato i paesi donatori.

Se si escludono gli aiuti spesi all’interno dei paesi donatori per i rifugiati, la spesa COVID e gli aiuti bilaterali all’Ucraina, l’APS è aumentato di appena il 3,5% nel 2022 (in termini di flusso).

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Diversi tipi di “aiuti” in realtà non raggiungono mai i paesi in via di sviluppo


Diversi tipi di “aiuti” in realtà non raggiungono mai i paesi in via di sviluppo. Ma il maggior contributo alla spesa dei donatori nel 2022 sono stati i costi per i rifugiati a causa della guerra in Ucraina. Grazie alle regole #OECD, i donatori possono contare comesono stati stanziati i soldi spesi per sostenere i rifugiati all’interno del proprio paese.

Nel 2022, 29,3 miliardi di dollari, ovvero il 14,4% degli aiuti totali per i rifugiati, sono i costi andati per i donatori. Questo è senza precedenti. Durante la crisi dei rifugiati siriani nel 2016, i costi dei donatori hanno raggiunto il picco dell’11% dell’aiuto totale.

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Nel frattempo, gli aiuti bilaterali destinati ai paesi meno sviluppati e ai paesi africani sono diminuiti nel 2022.


Nel frattempo, gli aiuti bilaterali destinati ai paesi meno sviluppati e ai paesi africani sono diminuiti nel 2022. Sostenere i rifugiati è assolutamente la cosa giusta da fare. Ma non dovrebbe andare a scapito degli aiuti ad altri paesi che soffrono di insicurezza alimentare, inflazione record e aumento del costo del debito.

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Nel Regno Unito, sono stati spesi in patria 4,5 miliardi di dollari di aiuti, il che ha portato direttamente a tagli ai programmi nei paesi a basso reddito.

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Approfondimento: UK aid budget ‘totally transformed’ as another £1.5B cut looms

I bilanci degli aiuti dovrebbero essere concentrati sulla fine della povertà e affrontare le crisi nei paesi vulnerabili, non saccheggiati per finanziare i costi interni. Non dovremmo permettere ai donatori di stabilire le regole a loro vantaggio.

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Vuoi esplorare tu stesso i dati #globalaid ? Visita la dashboard APS di ONE Campaign con le cifre più recenti sugli aiuti, ricercabili per tipi di aiuti e donatori.”


FONTE: twitter.com/Sara_Harcourt/stat…


tommasin.org/blog/2023-04-13/m…



GERUSALEMME. Patriarca cattolico: il governo israeliano ha peggiorato la vita dei cristiani


In una intervista alla Ap, Pierbattista Pizzaballa accusa l'esecutivo di Netanyahu di incoraggiare le azioni degli estremisti israeliani contro i palestinesi cristiani. L'articolo GERUSALEMME. Patriarca cattolico: il governo israeliano ha peggiorato la v

della redazione

Pagine Esteri, 13 aprile 2023 – In una intervista all’agenzia stampa statunitense Associated Press (Ap) il Patriarca latino, capo della Chiesa cattolica in Terra Santa, Pierbattista Pizzaballa, ha denunciato che l’ascesa al potere del governo di destra del primo ministro Benyamin Netanyahu ha peggiorato la vita dei cristiani nella culla della loro religione. La comunità cristiana, ha detto Pizzaballa, è oggetto di attacchi crescenti da parte di estremisti ebrei israeliani incoraggiati, a suo dire, da esponenti dell’esecutivo guidato da Netanyahu.

L’aumento degli incidenti anticristiani arriva quando i gruppi di destra, galvanizzati dai loro alleati al governo, sembrano aver colto l’attimo per espandere gli sforzi per stabilire enclavi ebraiche nei quartieri arabi di Gerusalemme est.

“La frequenza di questi attacchi è diventata qualcosa di nuovo”, ha spiegato Pizzaballa, “queste persone (gli estremisti, ndr) si sentono protette… l’atmosfera culturale e politica ora giustifica o tollera azioni contro i cristiani”.

Le difficoltà per le minoranze cristiane non sono una novità nella brulicante Città Vecchia che Israele si è annessa unilateralmente, contro il diritto internazionale, nel 1967. Ma ora la situazione sembra peggiorata perché l’attuale governo di destra di Netanyahu include leader dei coloni in ruoli chiave, come il ministro delle finanze Bezalel Smotrich e il ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir accusato di istigazione al razzismo anti-arabo.

Israele si proclama garante della libertà di culto a Gerusalemme. Ma i palestinesi cristiani ritengono che le autorità israeliane non proteggano i loro siti da attacchi mirati. Le tensioni sono aumentate dopo che la polizia israeliana, nei giorni scorsi, ha caricato con violenza i fedeli musulmani nel complesso della moschea di Al-Aqsa. A ciò si aggiunge il no di Israele all’arrivo a Gerusalemne per la Pasqua di 700 cristiani di Gaza e le proteste degli ortodossi per le restrizioni della polizia israeliana alle presenze nel S.Sepolcro per la cerimonia del “Fuoco sacro”.

Le aggressioni fisiche e le molestie al clero spesso non vengono denunciate ma sono stati documentati almeno sette gravi casi di vandalismo contro le proprietà delle chiese da gennaio a metà marzo, un forte aumento rispetto ai sei casi anticristiani registrati in tutto il 2022. I leader della chiesa incolpano gli estremisti israeliani per la maggior parte degli incidenti.

“Questa escalation porterà più violenza”, ha avvertito Pizzaballa. “Creerà una situazione che sarà molto difficile da correggere”.

A marzo, una coppia di israeliani ha fatto irruzione nella basilica accanto al Giardino del Getsemani, dove si dice sia stata sepolta la Vergine Maria. Entrambi si sono avventati su un prete con un’asta di metallo prima di essere arrestati. A febbraio, un religioso ebreo americano ha strappato dal piedistallo una rappresentazione di Cristo alta 3 metri e l’ha fracassata sul pavimento, colpendone la faccia con un martello, nella Chiesa della Flagellazione sulla Via Dolorosa, lungo la quale si crede Gesù abbia trascinato la sua croce. “Niente idoli nella città santa di Gerusalemme!” ha urlato l’aggressore. A gennaio, ebrei religiosi hanno abbattuto e vandalizzato 30 tombe contrassegnate da croci di pietra in uno storico cimitero cristiano della città.

I cristiani affermano che la polizia israeliana non ha preso sul serio la maggior parte degli attacchi. Pagine Esteri

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Pubblicata la newsletter #DigitalBridge di Mark Scott, giornalista di Politico!

@Etica Digitale (Feddit)

Oggi si occupa di Meta, Moldavia, 6G, AI e tanto altro

— Meta ormai coinvolta in un gioco del pollo con i garanti Privacy europei sul come spostare i dati delle persone dall'Europa agli Stati Uniti.
— Moldavia che sta effettivamente vivendo ora una guerra ibrida mai così intensa, principalmente online (e la risposta delle piattaforme è stata minima)
— le battaglie politiche per il 6G già in corso (anche se nessuno se ne sta occupando)
— le preoccupazioni di Jen Easterly, direttore della US Cybersecurity and Infrastructure Security Agency, in riferimento a come gli hacker possono utilizzare strumenti di intelligenza artificiale in attacchi futuri
— L'Alan Turing Institute e il Consiglio d'Europa che scrivono un manuale su come l'IA influenzerà i diritti umani
— l'interessante sezione (da pagina 27 in poi) sull'autoritarismo digitale e l'influenza malevola, della valutazione annuale delle minacce della comunità dell'intelligence statunitense

QUI LA NEWSLETTER COMPLETA

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Riapre i cancelli l’ambasciata iraniana a Riyadh


Prosegue la riconciliazione tra Iran e Arabia saudita che sta ridefinendo l'ordine regionale L'articolo Riapre i cancelli l’ambasciata iraniana a Riyadh proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023/04/13/medioriente/riapre-i-cancelli-lambasci

della redazione

Pagine Esteri, 13 aprile 2023L’ambasciata iraniana in Arabia saudita ha riaperto i cancelli ieri per la prima volta in sette anni nel quadro di un accordo volto a ristabilire i legami diplomatici tra Teheran e Riyadh e che dovrebbe allentare una lunga rivalità che ha alimentato crisi e conflitti in tutto il Medio oriente. L’agenzia Reuters ha scritto che ieri sono stati riaperti i pesanti cancelli dell’ambasciata iraniana a Riyadh e che alcune persone hanno ispezionato l’edificio. I due paesi avevano interrotto i rapporti nel 2016, dopo l’assalto all’ambasciata saudita a Teheran seguito all’esecuzione di un importante religioso sciita da parte di Riyadh. Ma i rapporti avevano iniziato a peggiorare un anno prima, dopo che l’Arabia saudita e gli Emirati erano intervenuti militarmente in Yemen, dove i ribelli sciiti Houthi, alleati dell’Iran, avevano preso il potere estromettendo da Sanaa il governo sostenuto dai sauditi. Negli anni successivi, Riyadh e Teheran sono giunte a pochi passi dallo scontro militare. Circa due anni fa l’inizio di colloqui tra i due paesi mediati dall’Iraq. Infine è giunto l’intervento della Cina che a marzo ha portato alla firma a Pechino di uno storico accordo di riconciliazione tra sauditi e iraniani.

La riconciliazione tra le due potenze regionali ha contribuito alla ridefinizione parziale dell’ordine mediorientale con la fine dell’isolamento arabo della Siriache ha appena ripreso le relazioni diplomatiche con la Tunisia e sarà riammessa nella Lega araba – e il riavvicinamento tra Turchia ed Egitto. E ha frenato il progetto avviato da Israele e Usa attraverso gli Accordi di Abramo per la creazione di un fronte israelo-arabo contro l’Iran. Pagine Esteri

L'articolo Riapre i cancelli l’ambasciata iraniana a Riyadh proviene da Pagine Esteri.



#Scuola, il Ministro Giuseppe Valditara ha firmato due decreti di riparto di risorse #PNRR destinati alla formazione di studenti, docenti e personale scolastico per un importo complessivo di 1 miliardo e 200 milioni.


Mosca sostituisce l’Europa con l’Africa e aumenta le esportazioni di benzina


Mosca aumenta le proprie esportazioni di benzina, trovando nuovi clienti in Africa per sostituire quelli europei venuti meno a causa delle sanzioni imposte dall'UE L'articolo Mosca sostituisce l’Europa con l’Africa e aumenta le esportazioni di benzina pr

di Redazione

Pagine Esteri, 13 aprile 2023 – Nel primo trimestre di quest’anno la Russia ha incrementato le esportazioni di benzina di quasi il 50% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, spedendo i carichi direttamente in Africa e individuando nuove rotte commerciali dopo che l’Unione Europea ha sanzionato il petrolio russo.

Mosca ha incrementato le spedizioni di carburante soprattutto verso la Nigeria, la Tunisia e la Libia, dopo che il 5 febbraio l’Unione Europea ha vietato i prodotti russi.
La Russia è stata costretta a trovare acquirenti alternativi dopo che gli hub commerciali di Anversa-Rotterdam-Amsterdam e il porto lettone di Ventspils hanno evitato i suoi prodotti.

Un tetto di prezzo di 100 dollari al barile per la benzina e il gasolio russi, imposto dal Gruppo delle Sette Nazioni, dall’UE e dall’Australia, ha costretto Mosca a trovare nuovi mercati. In precedenza esportava circa 2,5 milioni di tonnellate (60.000 barili al giorno) di benzina all’anno in Europa.

Gli sforzi della Russia per incrementare le vendite di benzina in Africa sono stati favoriti dalla riduzione delle esportazioni dai Paesi Bassi, dove il 1° aprile sono entrate in vigore nuove normative che richiedono che le miscele di carburante per i mercati di esportazione rispettino gli standard sul contenuto di zolfo, benzene e manganese.

«Sembra che l’Europa stia perdendo quote di mercato a favore della Russia in termini di esportazioni di benzina verso la Nigeria», hanno dichiarato in una nota gli analisti della società di consulenza FGE.

Il limite di prezzo della benzina è più del doppio di quello imposto alla nafta, rendendo più redditizio per i venditori russi miscelare la nafta alla benzina, ha osservato FGE, e vendere a 100 dollari al barile piuttosto che a 45 dollari.

La Russia ha esportato 1,9 milioni di benzina tra gennaio e marzo di quest’anno, in aumento rispetto agli 1,3 milioni di tonnellate del primo trimestre del 2022, secondo i dati di Refinitiv.

Un altro tracker di navi, Kpler, stima le esportazioni di gennaio-marzo a 2,2 milioni di tonnellate, in aumento rispetto a circa 1,5 milioni di tonnellate nello stesso periodo dell’anno scorso.

Secondo i dati diffusi da Kpler, l’Africa ha importato volumi record di benzina russa nel primo trimestre, pari a 812.000 tonnellate, equivalenti a circa un terzo delle esportazioni totali russe di carburante.

La Nigeria è emersa come il primo acquirente africano di benzina russa, importando 488.000 tonnellate nel primo trimestre, rispetto alle 38.000 tonnellate dello stesso periodo dell’anno scorso. – Pagine Esteri

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Un acceleratore per il caccia del futuro. Ecco l’iniziativa della Difesa


Palazzo Baracchini accelera sul caccia di sesta generazione Global combat air programme (Gcap). Il ministero della Difesa ha infatti lanciato la Gcap acceleration initiative destinata a aziende e centri di ricerca per accrescere il network di eccellenze i

Palazzo Baracchini accelera sul caccia di sesta generazione Global combat air programme (Gcap). Il ministero della Difesa ha infatti lanciato la Gcap acceleration initiative destinata a aziende e centri di ricerca per accrescere il network di eccellenze italiane a supporto dell’impegno nazionale volto a realizzare il velivolo del futuro con Regno Unito e Giappone. Quaranta esplorazioni tecnologiche che raccoglieranno le migliori proposte volte per la piattaforma che i tre Paesi stanno sviluppando insieme, destinato a sostituire i circa novanta caccia F-2 giapponesi e gli oltre duecento Eurofighter di Gran Bretagna e Italia.

Le aree di ricerca

Sistemi di propulsione, sistemi ottici e laser, sensori infrarossi, materiali e metamateriali per bassa osservabilità e a elevate performance termiche, sistemi di navigazione, generazione di modelli e sviluppo di digital twins di sistemi aeronautici, intelligenza artificiale applicata alla gestione di sistemi autonomi e sistemi di missione, cyber security e dispositivi elettronici integrati. Queste solo alcune delle principali aree di indagine che saranno sviluppate dalla Gcap acceleration initiative. Le migliori proposte saranno poi selezionate per la fase di co-progettazione insieme al ministero della Difesa e alle industrie già coinvolte nel programma Gcap.

Supporto industriale

L’iniziativa, infatti, è promossa in collaborazione con la Federazione aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza (Aiad), le quattro aziende del consorzio italiano che lavorano sul Gcap, Leonardo, Avio Aero, Elettronica, MBDA Italia, e il Cefriel del Politecnico di Milano. Università, centri di ricerca, imprese e startup saranno coinvolte per condividere idee, competenze e tecnologie di frontiera per lavorare insieme a soluzioni innovative che possano essere applicate nel processo di maturazione tecnologica del Gcap. In particolare l’iniziativa potrà avvalersi di una orma informatica realizzata in collaborazione con Cefriel tramite la quale fare scouting tecnologico.

Il Gcap

Il progetto del Global combat air programme prevede lo sviluppo di un sistema di combattimento aereo integrato, nel quale la piattaforma principale, l’aereo più propriamente inteso, provvisto di pilota umano, è al centro di una rete di velivoli a pilotaggio remoto con ruoli e compiti diversi, dalla ricognizione, al sostegno al combattimento, controllati dal nodo centrale e inseriti in un ecosistema capace di moltiplicare l’efficacia del sistema stesso. L’intero pacchetto capacitivo è poi inserito all’intero nella dimensione all-domain, in grado cioè di comunicare efficacemente e in tempo reale con gli altri dispositivi militari di terra, mare, aria, spazio e cyber. Questa integrazione consentirà al Tempest di essere fin dalla sua concezione progettato per coordinarsi con tutti gli altri assetti militari schierabili, consentendo ai decisori di possedere un’immagine completa e costantemente aggiornata dell’area di operazioni, con un effetto moltiplicatore delle capacità di analisi dello scenario e sulle opzioni decisionali in risposta al mutare degli eventi.

Il programma congiunto

L’avvio del programma risale a dicembre del 2022, quando i governi di Roma, Londra e Tokyo hanno concordato di sviluppare insieme una piattaforma di combattimento aerea di nuova generazione entro il 2035. Nella nota comune, i capi del governo dei tre Paesi sottolinearono in particolare il rispettivo impegno a sostenere l’ordine internazionale libero e aperto basato sulle regole, a difesa della democrazia, per cui è necessario istituire “forti partenariati di difesa e di sicurezza, sostenuti e rafforzati da una capacità di deterrenza credibile”. Grazie al progetto, Roma, Londra e Tokyo puntano ad accelerare le proprie capacità militari avanzate e il vantaggio tecnologico.


formiche.net/2023/04/caccia-se…



Il mercato si mangia i servizi pubblici | Jacobin Italia

"Accade in Toscana: l’operazione Multiutility, promossa dai sindaci Pd con l’appoggio della destra, trasforma in Spa beni comuni e pezzi di welfare. Ma esiste un’opposizione dal basso che sta mettendo in discussione il progetto."

jacobinitalia.it/il-mercato-si…






Così l’Italia potrebbe attirare investimenti nelle aziende tecnologiche


Come gli effetti della politica fiscale possono attrarre risorse ed investimenti dall’estero L’aspettativa che la situazione economica-finanziaria in Israele si deteriori e l’attesa di eventuali azioni dell’attuale governo per limitare i trasferimenti di

Come gli effetti della politica fiscale possono attrarre risorse ed investimenti dall’estero

L’aspettativa che la situazione economica-finanziaria in Israele si deteriori e l’attesa di eventuali azioni dell’attuale governo per limitare i trasferimenti di risorse finanziarie fuori dal proprio territorio nazionale ha generato molta apprensione nella “startup nation”. Il contesto di percepita instabilità ha determinato iniziative per ricollocare risorse finanziarie e parte delle operations in altri paesi.

Ne è un esempio Riskfied, azienda “tech” quotata al New York Stock Exchange con una capitalizzazione oggi non molto distante da 1 miliardo di dollari, che ha comunicato l’intenzione di trasferire 500 milioni di dollari fuori da Israele (Fonte Globes, 8 Marzo 2023), ha avviato un piano assunzioni nel dipartimento di ricerca e sviluppo a Lisbona e ha comunicato il pieno supporto ai dipendenti che hanno interesse al trasferimento in Portogallo. Certamente la percezione di instabilità internazionale, in particolare in un paese a noi vicino e importante come Israele, non giova al contesto generale, ed è auspicabile che la tensione possa risolversi nel minor tempo possibile.

E’ sempre più evidente, però, che la competitività di un’economia non può essere ridotta solo al PIL ma deve considerare anche la dimensione politica, sociale e culturale. La capacità di attrazione di investimenti esteri, e quindi la presenza di un ambiente caratterizzato da infrastrutture, istituzioni e politiche efficienti che incoraggino la creazione di valore sostenibile da parte delle imprese, consente l’evoluzione del sistema produttivo stesso.

In tale ottica, “l’attesa” riforma della politica fiscale rappresenta un elemento cardine per mantenere la competitività del nostro Paese. La riforma che ci si aspetta dovrebbe favorire la crescita delle imprese sia in termini di giro d’affari che in termini di consistenza patrimoniale, superando alcune delle principali criticità del tessuto produttivo nazionale, da tempo oramai note. In tal senso l’auspicata riduzione progressiva delle aliquote fiscali per le imprese, premiando quelle che investono e assumono a tempo indeterminato in Italia, va in questa direzione.

La riforma della politica fiscale, inoltre, dovrebbe auspicabilmente creare le condizioni per favorire l’ingresso di risorse e competenze da paesi esteri, fronteggiando anche la concorrenza sleale dei paradisi fiscali europei, che invece genera un flusso di risorse e di competenze inverso, ovvero dal nostro territorio nazionale verso altri paesi. Certamente, oltre al vincolo di bilancio dello Stato e dunque di sostenibilità nel tempo, gli interventi di politica fiscale focalizzati e sistemici su specifici settori produttivi o funzioni aziendali hanno mostrato nel tempo una maggiore efficacia e capacità di conseguire i risultati attesi.

Il settore tecnologico rappresenta uno degli elementi principali per mantenere la competitività del Paese, e la capacità di attrarre risorse e competenze qualificate da uno dei Paesi più avanzati in tale ambito, potrebbe rappresentare un’opportunità unica per generare un effetto moltiplicatore sulle competenze già presenti e la creazione di un ecosistema di innovazione attrattivo anche per altri Paesi. Lo sviluppo del settore tecnologico è quello che trasversalmente può generare una crescita in tutti i settori, generando un indotto capace di favorire un impatto sull’ammodernamento di tutto il Paese.

L’Italia ha da sempre un ruolo centrale, seppur faticoso, nell’area del mediterraneo e certamente può rappresentare la porta per l’integrazione europea, per un paese come Israele, con cui si condividono radici culturali e che certamente rispetto al Portogallo rappresenta un contesto economico più avanzato e dimensionalmente assai più consistente, considerato che il nostro PIL è maggiore di quello del Portogallo per circa nove volte.

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Def-inire.


C’è un filo che lega il Def (documento di economia e finanza), approvato ieri dal governo, l’impegno per il pieno successo del Pnrr e le nomine nelle imprese controllate dallo Stato. Che destano nervosismo nella maggioranza. E c’è una partita politica, ch

C’è un filo che lega il Def (documento di economia e finanza), approvato ieri dal governo, l’impegno per il pieno successo del Pnrr e le nomine nelle imprese controllate dallo Stato. Che destano nervosismo nella maggioranza. E c’è una partita politica, che accompagna lo sgranarsi di quella collana.

I dati Eurostat confermano un dato positivo e un danno permanente. Il dato positivo è che, fra il 2021 e il 2022, l’occupazione è cresciuta più della media Ue (+1.9% rispetto a +1.5%). Il danno permanente è che in nessun Paese europeo si lavora in meno numerosi che in Italia: da noi il 60.1% della popolazione attiva; nella media Ue il 69.9; ma in Germania (la prima potenza industriale, noi siamo la seconda) il 77.2%. Queste sono medie, se guardiamo dentro la realtà italiana troviamo aree che superano la quota europea e aree d’inammissibile arretratezza. Non solo lavoriamo in pochi, ma non si trovano italiani disposti o capaci di fare molti lavori. Siccome la crescita della ricchezza è frutto del lavorare e dell’intraprendere, noi sommiamo una crescita inferiore al possibile e uno squilibrio territoriale non sostenibile. E questo ci porta al Def.

La dottrina spendarola, a destra e a sinistra, detta una solenne sciocchezza: più lo Stato spende e più si cresce. Se fosse vero, con il debito che ci ritroviamo e, quindi, la spesa in deficit fatta, dovremmo essere i campioni europei. Ma non è vero. Però è affasciante, specie se si punta a raccattare voti usando i soldi dei contribuenti onesti. Per questo è significativamente positivo che il Def descriva un calo progressivo del peso del debito pubblico sul prodotto interno lordo, in continuità con i conti del governo Draghi. Perché segnala che non si è abbracciata la dottrina spendarola. E questo origina già dalla campagna elettorale, quando Forza Italia e Lega reclamavano lo spendarolo “sfondamento di bilancio” e Fratelli d’Italia s’opponeva. Il partito d’opposizione era più draghista dei due al governo. E questo è il punto relativo alla partita politica. Ci arriviamo.

Nel Def il deficit resta alto (4.5), ma in linea con le previsioni. Il 2023 si conferma anno di crescita (l’opposto della recessione inesistente, di cui si strillazzava in campagna elettorale), semmai più marcata: 1%. Senza, però, che ci sia traccia dei soldi Pnrr. Non che il governo non pensi di utilizzarli (sarebbe una follia), ma, prudentemente, non ne contabilizza gli effetti nell’immediato, guarda un po’ oltre. Se tutto andrà per il meglio, insomma, si rivedrà al rialzo la crescita e il governo (giustamente) s’attaccherà una medaglia al petto. Ma può andare per il meglio? Qui si arriva alle nomine.

Sono sempre state politiche e sono sempre state spartitorie. I moralismi a intermittenza sono immorali. Preferirei meno Stato nel mercato e diversa procedura, ma questa è la zuppa ed è inutile far boccuccia. La novità è un’altra: da quelle grandi società passa parte significativa delle opere Pnrr. Qui non si giocano delle poltrone, ma la testa dell’operazione. Non è che Meloni, come taluni scrivono, voglia tutto per sé, è che non vuole si riproduca la divisione della campagna elettorale sullo sfondamento, per cui taluni puntano al fallimento per poi inscenare il vittimismo e la rottura europea (con il plauso del Cremlino). Sono forze che vogliono ingabbiare una Meloni già impastoiata con le proprie stesse parole sbagliate: si è ancora fermi sulla concorrenza e il 20 aprile si pronuncia la Corte di giustizia sui balneari.

L’interesse dell’Italia è che quegli investimenti riescano. Un dovere da definire e adempiere. Sarebbe interesse comune che anche l’opposizione se ne rendesse conto, anche perché governare dopo un fallimento sarebbe atroce. Ma, riuscendoci, il partito pragmatico di centro diventerà l’attuale destra e quelli che volevano stare al centro verranno sbattuti alla destra protestataria. A quel punto o si fa il salto, portando in Parlamento il dialogo istituzionale, o si resta nella marana delle false alleanze, incapaci di governare.

La Ragione

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MEPs to call for renegotiation of EU-US data transfer framework


EU lawmakers are set to adopt a non-binding resolution urging the European Commission not to endorse the Data Privacy Framework for transatlantic data flows until fundamental rights concerns are fully addressed. The draft motion, seen by EURACTIV, is expected to...


euractiv.com/section/data-priv…




"Siamo con i comitati e la loro proposta di alternative. Il referendum è una furbizia, altroché democrazia". Saremo con i cittadini e le cittadine il 19 apri


Dopo il riscontro ottenuto nelle prime tre settimane, l’esposizione de “Il libro del mese” dedicata al Centenario dell’Aeronautica Militare proseguirà fino al 28 aprile.

Qui tutti i dettagli ▶️ miur.gov.



Hikikomori. Un’indagine in Italia | La Città di Sotto

"I ragazzi e le ragazze in ritiro sociale volontario usano l’isolamento come forma di autodifesa, rispondendo con questa forma di resistenza ai principi, ai dettami, ai tempi e alle forme relazionali di una società che li vuole sempre prestazionali, impeccabili, senza possibilità di errore. Abbiamo voluto accendere una luce sulle loro storie e bussare a quelle porte chiuse. Non per giudicarli, ma per provare a riaccompagnarli al mondo."

lacittadisotto.org/2023/04/12/…



Fr. #26 / Di faide social e spioni


Nel frammento di oggi: Scoppia la faida tra Twitter e Substack / Scrivi "based" e finisci nella watchlist dell'FBI / I dipendenti Tesla ti spiano nel garage / Meme e citazione del giorno.

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Elon Musk vs Substack


Paura e delirio nelle strade di Twitter per una faida tra Elon Musk e Substack. Tutto inizia qualche giorno fa, dopo l’annuncio di un nuovo servizio da parte della piattaforma che ospita anche Privacy Chronicles: Substack Notes, una sorta di estensione social che in sarà molto simile al funzionamento di Twitter.

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Re Elon non ha preso bene la notizia, iniziando così una serie di azioni di guerriglia contro tutto ciò che è Substack: tweet, menzioni, link. Ad esempio, negli ultimi giorni era impossibile interagire con i tweet contenenti link ad articoli su Substack, e i link stessi venivano identificati come contenuto potenzialmente malevolo. Una censura di massa che ha colpito anche me.

Twitter è fico, ma vogliamo parlare di Privacy Chronicles?

Oggi Elon sembra invece aver cambiato idea, e la situazione è tornata altrettanto velocemente alla normalità. Come mai? È una questione di proprietà privata e incentivi economici.

Come saprete, se c’è una cosa che Elon Musk odia più della concorrenza sono i mass media mainstream, che ricambiano cortesemente. Censurando Substack, una delle primarie fonti d’informazione alternative, Elon ha però finito per agevolare i primi, censurando la voce di milioni di persone che permettono a Twitter di essere quello che è.

Elon ha ragione da vendere a voler intralciare con ogni mezzo un suo competitor, ma non può farlo: censurare Substack significherebbe contraddire i suoi stessi principi e finire per autodistruggere ciò che rende Twitter un social unico nel suo genere.

Nel diventare il Regno di Elon Musk, Twitter oggi ha chiari incentivi economici per essere molto più equilibrato e libero rispetto a quando era invece una democrazia rappresentativa con un Board eletto, che non avendo skin in the game poteva prendere decisioni scellerate senza alcuna conseguenza.

Based FBI


Secondo un dossier FBI intitolato “Involuntary Celibate Violent Extremism” usare termini sui social come “Chad”, “Based”, “Red Pill”, “Stacy” potrebbe farvi finire in una watchlist di persone considerate a rischio di estremismo violento.

6507285Fonte: zerohedge.com/political/fbi-do…

Non è ben chiaro cosa ci faccia l’FBI con queste watchlist, ma dato che ricadono nell’ambito del terrorismo domestico, certamente nulla di buono.

Se i Twitter Files12 ci hanno insegnato qualcosa, è che della buona sorveglianza non va mai sprecata. Attività di questo tipo, agevolate dai social, possono portare a una profilazione politica delle persone che tornerà molto utile durante le prossime elezioni presidenziali.

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Tesla ti spia nel garage


Secondo il Seattle Times i dipendenti di Tesla avrebbero l’abitudine di guardarsi le registrazioni delle telecamere montate sulle Tesla e condividerle tra loro. Sì, anche i video registrati nei cortili di casa.

Per chi non lo sapesse, le automobili Tesla posseggono telecamere in grado di registrare e analizzare l’ambiente circostante grazie a un servizio chiamato Sentry Mode. Con il Sentry Mode l’auto può anche svolgere delle funzioni automatizzate come far suonare l’allarme nel caso in cui il sistema (dotato di algoritmi di machine learning, presumo) identifichi qualcosa come una minaccia. Le registrazioni sono ovviamente disponibili ai tecnici Tesla per diversi motivi, che ci fanno poi un po’ quello che vogliono.

Il Sentry Mode può essere configurato per evitare le registrazioni in alcuni luoghi e può anche essere disattivato, ma tra il dire e il fare… In ogni caso non c’è nessun problema: pare che Tesla abbia iniziato ad avvertire i clienti che il Sentry Mode potrebbe violare le normative sulla privacy.

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Certo è che il concetto di “auto-sorveglianza” assume tutto un altro significato.3

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Meme del giorno


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Citazione del giorno

“Democracy virtually assures that only bad and dangerous men will ever rise to the top of government.”

Hans-Hermann Hoppe

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Immagine/fotoPrivacy Chronicles

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4 days ago · 5 likes · Matte Galt

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