Attentato contro Kishida, il Giappone si sente nel mirino
Nove mesi dopo l'omicidio di Shinzo Abe nuovo episodio. A Wakayama un 24enne, arrestato dalla polizia, tira un ordigno esplosivo a un comizio elettorale. Il premier ne esce illeso, mentre parte la riunione del ministro degli Esteri del G7
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Caso uranio impoverito, il punto del generale Tricarico
Una conversazione “franca e sincera” – come si suole dire quando ci si confronta senza risparmio di colpi – con un giornalista che si occupa di uranio impoverito mi ha convinto che sull’argomento non si possono spegnere i riflettori, pena che si radichi come verità, nel sentire comune, quella di un’informazione allarmistica, ma scientificamente e storicamente poco rigorosa nel denunciare l’esistenza di un pericolo sostanzialmente inesistente per i militari italiani impiegati nelle missioni all’estero.
La prima motivazione addotta dal mio interlocutore per sostanziare le sue convinzioni è che sull’argomento esiste ormai una “giurisprudenza radicata e consolidata”. Peccato che una semplice verifica gli avrebbe invece consentito di appurare l’esatto contrario. La giustizia sull’argomento si è letteralmente spaccata in due; su oltre cento contenziosi ad oggi andati a giudizio, oltre la metà ha visto soccombere i ricorrenti ed esonerare l’amministrazione da qualunque responsabilità per l’insorgere di patologie tumorali attribuibili all’uranio impoverito.
Inoltre, ci sono oltre un centinaio di altre istanze pendenti in attesa di sentenza presso Tar, corti d’appello, Cassazione, tribunali civili e Consiglio di Stato. A completare il quadro del contenzioso, si registrano oltre trecento istanze stragiudiziali in corso di definizione. Se a tutto ciò si aggiungono le richieste di riconoscimento delle patologie come dipendenti da causa di servizio avanzate all’amministrazione della Difesa, le cifre lievitano a dismisura raggiungendo l’ordine delle migliaia.
Una situazione francamente meritevole di maggior attenzione da parte di chi detiene i poteri di controllo, segnatamente della Corte dei conti, per una verifica approfondita che non si stia sostanziando uno smisurato danno erariale, un fiume di denaro pubblico esborsato dallo Stato a seguito di sentenze non confortate da verità solide e condivise dal mondo della scienza, quella indipendente ed autorevole.
Sembra quasi una replica di quanto avvenuto per la tragedia di Ustica del 1980, quando il DC9 Itavia precipitò a causa di una bomba a bordo ed i giudici dei tribunali civili condannarono lo Stato italiano a risarcire con diverse centinaia di milioni di euro gli aventi titolo per un fatto mai avvenuto, un missile inesistente sparato contro il velivolo civile.
Tornando all’uranio impoverito, l’unico assunto certo e verificabile è che nessuno studio condotto da istituti prestigiosi e indipendenti e commissionato da istituzioni nazionali e sovranazionali ha mai appurato il nesso di causalità tra esposizione a particolati di uranio impoverito e l’insorgenza di tumori. Anzi, quegli stessi studi hanno ritenuto trascurabile la pericolosità del particolare agente, fissandone una soglia di rischio solo in casi estremi – peraltro altamente improbabili – quali la sopravvivenza in ambienti chiusi colpiti da proiettili di uranio impoverito (gli spazi interni di un veicolo corazzato) o per il personale addetto alla pulizia degli stessi mezzi. In tali casi si è stimato che la probabilità di contrarre un tumore sia il doppio rispetto ad una condizione di normalità.
Se poi si dovesse dar risposta alle legittime perplessità di chi cerca una ragione per la pur rilevante quantità di sentenze favorevoli agli istanti, le motivazioni adducibili sarebbero molteplici, di natura non scientifica, tutte verosimili ma opinabili e che con tale riserva debbono essere prese.
Innanzitutto, potrebbe aver avuto un ruolo non da poco la comprensibile e giustificata indulgenza con cui sia l’amministrazione sia la giustizia hanno accolto le istanze di soggetti affetti da gravi patologie. Di norma tale atteggiamento comprensivo e remissivo è quello che di norma viene usato in risposta a istanti affetti da infermità invalidanti.
Più di un tribunale inoltre non ha tenuto rigoroso conto del parere degli stessi tecnici di ufficio, altre volte invece il pregresso riconoscimento della patologia da parte dell’amministrazione ha costituito per il giudice un precedente significativo per l’accoglimento dell’istanza.
Uguali clemenza e comprensione potrebbero aver guidato l’amministrazione nel predisporre la difesa nei processi per i quali non è dato sapere quanto l’Avvocatura dello Stato sia stata istruita in termini di perentorietà e determinazione con cui affrontare l’accusa.
L’inversione dell’onere della prova infine potrebbe essere stato l’ultimo fattore non secondario che ha agevolato la formazione di sentenze risarcitorie sfavorevoli alla Difesa.
In definitiva, l’auspicio è quello che non sia troppo tardi per una inversione di tendenza nel ristabilimento di una informazione corretta, magari con qualche giornalista che disegni un responsabile e complessivo punto di situazione da cui ripartire, avuto anche riguardo alle non marginali ricadute economiche per le martoriate risorse pubbliche.
Cesare Viel
Cesare Viel immagina forme di soggettività altre che interpretano l’arte come momento di scambio emozionale e di relazione con la collettività.
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VIDEO. Golpe in corso in Sudan, è scontro tra autori colpo di stato del 2021
di Michele Giorgio
Pagine Esteri, 15 aprile 2023 – Resta fluida la situazione in Sudan dove è in corso un tentativo, non è chiaro se destinato al successo, di golpe da parte delle Forze di supporto rapido (Rsf), la formazione paramilitare controllata Mohamed Hamdan “Hemeti” Dagalo, contro il capo della giunta militare Abdel Fattah al Burhan. Entrambi erano stati autori il 25 ottobre 2021 del un colpo di stato che ha interrotto la transizione del Sudan verso la democrazia cominciata dopo la rimozione dal potere, dopo trent’anni, di Omar Al Bashir nel 2019. Contro questo golpe hanno manifestato e protestato con forza i sudanesi: la repressione dei militari golpisti ha fatto centinaia di morti e feriti.
Le Rsf ha fatto sapere di aver preso il controllo del Palazzo presidenziale infliggendo pesanti perdite all’esercito regolare e di essere vicine ad occupare l’aeroporto di Khartoum. Fonti dell’esercito però smentiscono. La tensione tra l’esercito, gli ordini di Al Burhan, e i paramilitari delle Rsf era molto alta da diversi giorni. Poi questa mattina ha avuto inizio una offensiva delle forze regolari contro la base di Soba, a sud di Khartum, nella mani delle Rsf da alcuni giorni. Gli scontri si sono poi allargati ad altre basi militari nel Paese e anche al centro di Khartum, in particolare nella zona del palazzo presidenziale.
Da mesi si negoziava il ritorno del governo nelle mani dei civili senza però un risultato definitivo. Un punto critico è l’integrazione nell’esercito delle Rsf formate anche da ex membri delle milizie janjaweed – accusate di crimini nel Darfur – e che sarebbero sostenute dalla Russia e dall’organizzazione mercenaria Wagner. Pagine Esteri
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PRIVACY DAILY 93/2023
Sistemi di difesa dalla Cina a Prigozhin. Gli Usa sanzionano un’azienda cinese
Il governo statunitense ha imposto nuove sanzioni contro la Russia, e non solo, per l’invasione dell’Ucraina iniziativa il 24 febbraio dell’anno scorso. Nel mirino del dipartimento di Stato e del dipartimento del Tesoro sono finite oltre 120 aziende e individui in più di 20 Paesi. “Gli effetti delle nostre sanzioni coordinate a livello globale hanno costretto la Federazione Russa a cercare vie alternative per finanziare e alimentare la sua macchina da guerra”, si legge in una nota. “In coordinamento con il Regno Unito, stiamo prendendo di mira la rete di evasione delle sanzioni che sostiene uno dei più ricchi miliardari russi, Alisher Usmanov, sanzionato dagli Stati Uniti lo scorso anno”.
DA PECHINO A WAGNER
Sanzionata anche un’azienda cinese che, spiega Washington, ha fornito immagini satellitari a entità affiliate al gruppo russo di mercenari Wagner fondato da Evgenij Prigožin. Si tratta di King-Pai Technology HK Co., Limited (King-Pai). Già sulla lista nera statunitense da giugno, la società fornisce secondo Washington “sistemi di guida per missili da crociera”, recita un comunicato del Tesoro.
COLPITA ANCHE ROSATOM
Nel mirino sono finite anche persone legate a Rosatom, società statale russa per l’energia atomica. “La Russia utilizza le esportazioni di energia, anche nel settore nucleare, per esercitare pressioni politiche ed economiche sui suoi clienti a livello globale”, si legge nella nota del dipartimento di Stato.
Caccia del futuro. Il finanziamento di Londra che accelera sul Gcap
Oltre seicento milioni di sterline per il programma del caccia di sesta generazione Gcap. È il finanziamento assegnato alla BAE Systems dal governo britannico per la prossima fase del progetto che vede Londra collaborare con Roma e Tokyo per la realizzazione del velivolo da combattimento del futuro destinato a sostituire i circa novanta caccia F-2 giapponesi e gli oltre duecento Eurofighter di Gran Bretagna e Italia. Secondo il ministero della Difesa britannico, il contratto si concentrerà sullo sviluppo della tecnologia per il jet, aggiungendo che l’investimento fa parte dei due miliardi di sterline stanziati fino al 2025 già impegnati da Westminster prima della collaborazione con Giappone e Italia.
Il finanziamento
Parte dei 656 milioni di sterline aggiudicati da BAE Systems (circa ottocento milioni di euro) andranno a coprire anche il lavoro svolto dai partner britannici del progetto, alcuni dei quali hanno forti legami anche con l’Italia. Oltre a Rolls-Royce Uk, che sta lavorando al motore, partner del progetto sono Leonardo Uk e, per la componente missilistica, Mbda Uk. “La prossima tranche di finanziamenti per il futuro aereo da combattimento – ha commentato il ministro della Difesa britannico Ben Wallace – aiuterà a fondere le tecnologie e le competenze combinate che abbiamo con i nostri partner internazionali – sia in Europa che nel Pacifico – per consegnare questo caccia leader mondiale entro il 2035″.
Il Gcap
Il progetto del Global combat air programme prevede lo sviluppo di un sistema di combattimento aereo integrato, nel quale la piattaforma principale, l’aereo più propriamente inteso, provvisto di pilota umano, è al centro di una rete di velivoli a pilotaggio remoto con ruoli e compiti diversi, dalla ricognizione, al sostegno al combattimento, controllati dal nodo centrale e inseriti in un ecosistema capace di moltiplicare l’efficacia del sistema stesso. L’intero pacchetto capacitivo è poi inserito all’intero nella dimensione all-domain, in grado cioè di comunicare efficacemente e in tempo reale con gli altri dispositivi militari di terra, mare, aria, spazio e cyber. Questa integrazione consentirà al Tempest di essere fin dalla sua concezione progettato per coordinarsi con tutti gli altri assetti militari schierabili, consentendo ai decisori di possedere un’immagine completa e costantemente aggiornata dell’area di operazioni, con un effetto moltiplicatore delle capacità di analisi dello scenario e sulle opzioni decisionali in risposta al mutare degli eventi.
Il programma congiunto
L’avvio del programma risale a dicembre del 2022, quando i governi di Roma, Londra e Tokyo hanno concordato di sviluppare insieme una piattaforma di combattimento aerea di nuova generazione entro il 2035. Nella nota comune, i capi del governo dei tre Paesi sottolinearono in particolare il rispettivo impegno a sostenere l’ordine internazionale libero e aperto basato sulle regole, a difesa della democrazia, per cui è necessario istituire “forti partenariati di difesa e di sicurezza, sostenuti e rafforzati da una capacità di deterrenza credibile”. Grazie al progetto, Roma, Londra e Tokyo puntano ad accelerare le proprie capacità militari avanzate e il vantaggio tecnologico.
L’acceleratore italiano
Il finanziamento britannico segue di pochi giorni l’iniziativa del ministero della Difesa italiano di lanciare la Gcap acceleration initiative per accelerare lo sviluppo di tecnologie relative al Global combat air programme. Destinato a aziende e centri di ricerca, lo scopo dell’iniziative è raccogliere le migliori proposte volte per la piattaforma Gcap per lavorare insieme a soluzioni innovative che possano essere applicate nel processo di maturazione tecnologica.
Lula a Pechino: «Cambiare la governance globale»
L'INCONTRO DI XI E IL PRESIDENTE BRASILIANO. Pochi risultati sull’Ucraina, molti sul fronte commerciale e della «dedollarizzazione» del mondo
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Premio “Stefano Chiarini” assegnato a Francesca Albanese
Pagine Esteri, 15 aprile 2023 – Il Premio Internazionale Stefano Chiarini, alla memoria del giornalista del manifesto scomparso nel 2007, sarà assegnato oggi alla giurista Francesca Albanese, Relatrice Speciale dell’Onu per i Diritti Umani nei Territori palestinesi occupati. La cerimonia si svolgerà nel Municipio di Modena alle ore 10.30.
La giuria del premio – quest’anno dedicato agli «Invisibili – I Palestinesi in Libano» – riconosce «l’impegno e la professionalità dimostrata da Albanese nello svolgere l’importante lavoro di ricerca ed accertamento del mancato rispetto dei diritti umani nei territori occupati di Palestina». La sua relazione, prosegue la giuria, «Situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupato dal 1967» trasmessa all’Assemblea Generale dell’ONU, ha consentito di ribadire quanto enunciato dall’art.1 – 4° comma del Protocollo Aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra che riconosce il diritto alla ribellione ai popoli che «lottano contro la dominazione coloniale e l’occupazione straniera e contro i regimi razzisti, nell’esercizio del diritto dei popoli all’autodeterminazione».
Il programma proseguirà nel pomeriggio sempre a Modena presso «La Tenda» dove sarà assegnato allo studioso e ricercatore Gabriel Traetta il premio dedicato a Maurizio Musolino, giornalista e co-fondatore dell’associazione «Per non dimenticare Sabra e Chatila». Gabriel Traetta è autore del volume «Apartheid in Palestina – Origini e prospettive della questione palestinese». Sono previsti inoltre interventi di Wasim Dahmash docente all’Università degli Studi di Cagliari; di Bassam Saleh, presidente dell’associazione «Amici dei prigionieri palestinesi» e di Eliana Riva, storica e giornalista, regista del documentario «Il Cielo di Sabra e Chatila» prodotto da Pagine Esteri che sarà presentato in apertura del programma.
Il film, girato 40 anni dopo il massacro del settembre 1982 nei campi profughi palestinesi a Beirut, compiuto dalle milizie falangiste con la copertura dell’esercito israeliano, è un incontro con i sopravvissuti e i rifugiati di varie generazioni per raccontarne le condizioni di vita in Libano, le aspirazioni e il desiderio di tornare nella terra di origine. Pagine Esteri
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Vittorio Arrigoni. Egidia Beretta: “Il Restiamo umani” di Vik necessario più che mai
Pentagon Papers
In queste ore la diffusione non autorizzata di documenti top-secret del Pentagono sta facendo girare la testa al governo degli Stati Uniti. I documenti riguardano principalmente la guerra in Ucraina e le attività di spionaggio del governo statunitense.
I giornalisti della NBC riportano che i documenti sono comparsi in una “oscura parte di Internet incentrata sul gaming”. In realtà non c’è nulla di oscuro nelle modalità di diffusione dei documenti, che sono stati condivisi fin da gennaio 2023 in una chat di Discord chiamata “Thug Shaker Central”.
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Come saprete, Discord è una delle piattaforme più famose al mondo per il gaming e in generale come canale di comunicazione di massa. Ad esempio, è tramite Discord che si può accedere a uno dei più famosi tool di IA per la generazione di immagini: Midjourney. Insomma, non è certo un antro oscuro per hacker col cappuccio.
E in effetti, anche la persona che sembrerebbe responsabile della diffusione di questi dati non è un hacker col cappuccio, ma un giovane militare della US Air Force che lavorava come specialista del Cyber Transport Systems1, chiamato Jack Teixeira. Sembra che il caro Jack nel tempo libero si divertisse a shitpostare su Discord insieme agli amici, e che negli scorsi mesi abbia deciso di condividere con loro le fotografie di diversi documenti top-secret.
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Quando i documenti sono poi arrivati anche su 4chan, su alcuni canali Telegram e su Twitter, il governo degli Stati Uniti ha capito che c’era qualcosa che non andava.
I giornali mainstream non riportano il contenuto di questo leak, ma non è difficile risalire a qualche informazione più di dettaglio scavando un pochino online. Tra i contenuti principali sembrano esserci informazioni in merito a:
- le attività di spionaggio degli Stati Uniti su Zelensky
- la volontà degli Emirati Arabi di lavorare con la Russia per contrastare i servizi di intelligence americani e inglesi
- il piano dell’Egitto di fornire munizioni e armi alla Russia; i
- il network di operativi della CIA presenti in Ucraina
- le attività di spionaggio degli Stati Uniti sulla Corea del Sud.
Alcuni documenti sembrerebbero anche dimostrare che degli agenti Ucraini abbiano attaccato obiettivi militari in territorio russo. Questi ultimi in particolare potrebbero portare anche a un’escalation del conflitto tra Russia e Ucraina (Stati Uniti).
Non è chiaro se Jack Teixeira sia davvero un simpatico nerd con la passione per la diffusione di documenti top secret. La storia in effetti ha dell’assurdo. Come faceva una recluta 21enne ad avere accesso a documenti di quel tipo? E che senso aveva pubblicarli in quel modo? A pensar male si potrebbero immaginare diversi scenari, ma a noi non piace pensar male. In ogni caso, ieri Jack è stato arrestato in Massachusetts e potrebbe rischiare fino a 10 anni di carcere.
Certe volte conviene guardare il dito
Il governo degli Stati Uniti ha da poco iniziato una campagna politica e mediatica contro TikTok, punta di diamante dello spionaggio cinese. Una campagna così forte che ha portato in brevissimo tempo a pensare e proporre la legge chiamata RESTRICT ACT di cui abbiamo parlato la settimana scorsa. La legge conferisce poteri illimitati al governo di sospendere e vietare praticamente qualsiasi servizio e azienda in qualche modo collegata con Cina e Russia. Una sorta di Maccartismo 2.0.
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Ma mentre i più alti burocrati americani erano impegnati a guardare la luna, millantando di spionaggi hi-tech da parte dei loro acerrimi nemici, in casa loro c’era un ragazzino appena uscito dall’accademia impegnato nel più grave leak di documenti top secret degli ultimi 10 anni, dopo quello fatto molto più scaltramente da Edward Snowden.
Se una cosa è certa, è che gli ottogenari nelle stanze dei bottoni non comprendono la natura dell’era dell’informazione e non sono chiaramente in grado di gestire la fludità delle informazioni digitali.
Eric Hughes, fondatore dei Cypherpunk e autore dell’omonimo manifesto, lo diceva nel 1992: Information does not just want to be free, it longs to be free. Information expands to fill the available storage space. Information is Rumor's younger, stronger cousin; Information is fleeter of foot, has more eyes, knows more, and understands less than Rumor.
Non tutto il male vien per nuocere
Nel frattempo, Jack Teixeira è stato arrestato e gli alti burocrati ottogenari si sono attivati per correre ai ripari. Da una parte c’è chi ci dice che il problema è proprio da ricercarsi nella negligenza del governo.
Secondo gli esperti il sistema di gestione dei documenti confidenziali ha almeno due criticità: l’eccessiva sovra-classificazione, risultante in un eccessiva quantità di documenti classificati, e la mancanza di standard precisi per determinare cosa dovrebbe essere classificato o meno. Insomma sembra che al Pentagono sia un gran casino.
Dall’altra parte c’è invece chi vorrebbe sfruttare l’occasione per puntare il dito contro le piattaforme online e i canali di comunicazione “privati” che sono difficili da controllare e quindi rendono difficile prevenire diffusioni non autorizzate di questo tipo. La macchina della propaganda in questo senso sembra essere già stata avviata per convincere il pubblico che il problema — come al solito — è l’eccessiva libertà di comunicazione:
The U.S. government may not have been looking there, but cybersecurity experts have long known that Discord has been used by criminals and hackers to spread malware and stealthily transfer stolen information.“The Discord domain helps attackers disguise the exfiltration of data by making it look like any other traffic coming across the network,” said a 2021 report by Cisco’s Talos cybersecurity team.
The intelligence community is now grappling with how it can scrub platforms like Discord in search of relevant material to avoid a similar leak in the future, said the congressional official.2
Insomma, se prima il problema era TikTok (in quanto cinese), ora il problema è anche Discord e ogni singola piattaforma privata che possa essere usata come strumento per diffondere informazioni senza autorizzazione.
Cosa possiamo aspettarci nel prossimo futuro? Certamente i fatti di questi giorni potranno facilitare la proliferazione di proposte di legge per sorvegliare attivamente i canali social e le piattaforme di comunicazione. D’altronde, se possono farlo per contrastare la pedofilia, perché non proporre lo stesso anche per proteggere la sicurezza nazionale? Ricordiamo che fino a non troppo tempo fa in Twitter esistevano delle vere e proprie task force e “war room” capitanate dalle agenzie di intelligence con l’unico scopo di gestire proattivamente rischi di questo tipo.
Una sorta di divisione ICT che si occupa di gestire l’infrastruttura necessaria per far funzionare il network di comunicazione della US Air Force.
Kimia Zan aveva 26 anni, le hanno sparato in faccia
Si chiama Kimia Zand, ha 26 anni, è una delle migliaia di ragazze coraggiose ad essere scesa in strada per protestare contro il brutale assassinio della ragazza di 22 anni, curda-iraniana, Jîna Emînî, conosciuta con il nome persiano di Mahsa Amini. Le milizie dei volontari paramilitari dei Guardiani della rivoluzione islamica, denominate “basij”, le hanno sparato in faccia, accecandole un occhio.
Kimia ha scritto su Instagram: “Non ci siamo prestate ad essere per loro donne esemplari osservanti della cosiddetta moralità islamica. Siamo invece diventate un modello della persistente resistenza al regime iraniano”. Ormai è ampiamente documentato che la Repubblica islamica prende di mira, sistematicamente, gli occhi dei manifestanti. Iran Human Rights, Amnesty international, l’associazione curda per i diritti umani, Hengaw, e tante altre organizzazioni non governative, nei loro report affermano che durante le proteste che hanno avuto luogo dopo la morte di Mahsa Amini, uccisa dalla cosiddetta polizia morale perché non indossava correttamente il velo, un gran numero di manifestanti è stato colpito volontariamente al volto perdendo la vista a uno o a entrambi gli occhi.
I medici affermano che, ad oggi, almeno 580 manifestanti hanno subito gravi lesioni agli occhi solo a Tehran e nel Kurdistan iraniano. Lo scorso dicembre 400 oftalmologi avevano sottoscritto una lettera di protesta, dove descrivevano anche le ferite che erano stati costretti a curare. Recentemente il Guardian aveva pubblicato una radiografia del cranio, ridotto a un colabrodo, di un giovane rimasto cieco dopo essere stato colpito da 18 pallini di colpi di fucili “a pompa” caricati a pallettoni o da pistole da paintball durante le rivolte scoppiate in tutto il paese. Che si tratti di una strategia prestabilita per seminare il terrore tra i dimostranti, appare del tutto evidente per i medici e le organizzazioni umanitarie. Tra le vittime di questa “politica di accecamento”, molte sono giovani donne.
Iran Human Rights (IHR) invita i cittadini in Iran a inviare qualsiasi informazione su chiunque abbia perso la vista per mano delle forze di sicurezza per aiutare a documentare con prove tale orribile pratica affinché i responsabili possano essere chiamati a renderne conto.
Il direttore di IHR, Mahmood Amiry-Moghaddam, ha recentemente dichiarato: “Esporre l’entità dei crimini e documentare le prove sono passi cruciali verso la giustizia che richiede la cooperazione di tutti i cittadini. Il leader della Repubblica islamica, Ali Khamenei, e le forze repressive sotto il suo comando devono sapere che dovranno rispondere di tutti i loro crimini commessi”.
Il New York Times ha pubblicato un rapporto di medici di tre ospedali di Tehran, rispettivamente il Farabi, il Rasoul Akram e il Labafinejad, che hanno curato più di 500 manifestanti con ferite agli occhi. Nella provincia del Kurdistan, sono state curate dai medici almeno 80 persone con analoghe lesioni agli occhi. Nel frattempo, il capo della polizia Hassan Karami ha negato che i manifestanti siano stati presi di mira in parti sensibili del loro corpo, descrivendo le loro azioni di repressione come del tutto “professionali”.
In Iran, ora che in queste ultime settimane è diminuita l’intensità delle proteste di piazza, il regime islamico ha intensificato la repressione nei confronti delle donne, degli studenti e dei giovani curdi e beluci.
Il piano delle autorità iraniane si può riassumere in questa locuzione: “hijab e castità”. La politica repressiva adottata dalla Repubblica islamica ripropone il dualismo dogmatico della sharia: “I cattivi, senza hijab” in contrapposizone con “i buoni, con l’hijab”.
Il presidente del Consiglio islamico, Mohammad Baqer Ghalibaf, ha teorizzato una legge più severa sul codice di abbigliamento rendendo ancora più rigida l’apartheid di genere. L’obiettivo del regime è quello di tenere separate le donne che violano la regola dell’hijab da quelle osservanti. Secondo il nuovo ordinamento introdotto le donne vengono distinte in “positive” (cioè quelle che indossano l’hjiab) e in “negative” quelle che infrangono la norma.
Ghalibaf non ha esplicitato i criteri per valutare queste due categorie di donne; egli sostiene che dovrebbe essere adottato un “approccio positivo” con le donne che sono “accondiscendenti all’uso dell’hijab” e che dovrebbe essere adottato un “approccio negativo” nei confronti delle “donne che infrangono la norma”. Infrangere la norma vuol dire non indossare correttamente l’hijab che dovrebbe coprire interamente la testa e il collo, lasciando scoperti solo gli occhi, il naso e la bocca.
“Una donna con un velo che lascia scoperta parte del capo – sostiene Ghalibaf – è una persona immorale che trasgredisce la regola, che inquina l’ambiente morale e sociale della comunità e che promuove la corruzione sulla terra”.
Il presidente del Consiglio islamico raccomanda di adottare tali restrizioni con urgenza in vista della stagione estiva, altrimenti “si rischia di perdere il controllo sull’imposizione dell’obbligo dell’hijab”.
Dall’inizio della rivoluzione per la liberazione dell’Iran dalla Repubblica islamica, scoppiata il 16 settembre 2022 dopo l’uccisione di Mahsa, un gran numero di donne si rifiuta di indossare l’hijab in pubblico.
Intanto Hossein Jalali, segretario della Commissione culturale dell’assemblea legislativa iraniana, ha annunciato che il piano Ghalibaf chiamato “Castità, hijab e vita casta” ha ricevuto il via libera da parte della Magistratura, delle forze di polizia, del Ministero dell’Interno, della Sicurezza nazionale, del Consiglio per la cultura pubblica e del Consiglio islamico.
Il progetto di legge prevede che sia obbligatorio osservare il rigido codice di abbigliamento nelle automobili, nei treni, negli aerei, nelle metropolitane, nei centri educativi, nelle istituzioni, all’aperto, per le strade, nei parchi di divertimento, negli spazi virtuali, nei centri sportivi, durante le competizioni sportive, nei teatri, nelle fiere, nelle mostre, in tutti gli uffici pubblici e privati inclusi quelli delle organizzazioni non governative.
Secondo questa legge, le donne che non osservano correttamente il codice “hijab e castità” riceveranno un SMS di avviso nel primo richiamo, dopo il secondo richiamo saranno multate e dopo il terzo la multa sarà più pesante e saranno private di ogni servizio sociale con il blocco dei loro conti in banca. La multa per il mancato rispetto dell’hijab obbligatorio ammonta a 3 miliardi di toman.
Inoltre i Ministeri dell’Istruzione e della Scienza hanno annunciato in dichiarazioni separate che le studentesse che non rispettano le “norme e i regolamenti del codice di abbigliamento”, saranno private dei servizi educativi.
Sono già stati chiusi centinaia di uffici di sindacati in diverse regioni dell’Iran dove le donne hanno violato la legge su “castità e hijab”.
Nonostante tutte queste restrizioni, durante le festività del Nowruz (Capodanno iranico) appena trascorso e col Ramadan ancora in corso, giovani donne delle più svariate province dell’Iran hanno messo in atto numerose azioni di disobbedienza civile pubblicando, sui social, loro foto e video a capo scoperto nei luoghi pubblici e turistici, nonché mentre danzavano e cantavano.
“Malvagio Khamenei, ti abbatteremo”, “Abbasso i pasdaran; abbasso i basij”, gridano donne, uomini e bambini delle province del centro e di quelle più remote del paese. Dalla periferia al centro, a mani nude, uniti in una inedita sintonia. Questa è una delle caratteristiche più rivoluzionarie della ribellione dei giovani iraniani.
La Repubblica islamica non può sopportare che improvvisamente le donne sfoggino le loro ciocche al vento. Dopo oltre sei mesi di una coraggiosa lotta a mani nude, al prezzo della vita, ora con la disobbedienza civile e con gesti gioiosi, ironici e densi di simbolismo, le donne per le strade, sui mezzi pubblici, nei parchi, nelle scuole e nei campus universitari, ostentano i loro fluenti capelli, sciolti o a coda di cavallo, legati in crocchia o modellati in bob. “Il velo è solo un simbolo della protesta, dell’oppressione ed è paragonabile al Muro di Berlino”, sono convinte che se lo si abbatte, l’intero sistema della Repubblica islamica crollerà”, è questo il loro grido di libertà al mondo.
L’obbligo del velo è il pilastro più debole su cui si fonda la rigida applicazione delle leggi islamiche che costringono le donne alla segregazione e la polizia morale ha il compito di videosorvegliare l’abbigliamento delle persone e di arrestare coloro che non rispettano il codice prescritto dalle leggi vigenti della sharia.
Il regime teocratico non può rinunciare all’applicazione rigida della norma che segrega le donne confinandole in uno spazio di minorità: considerandole inferiori agli uomini, dunque. Non può sopportare che da oltre sei mesi, per le donne, la questione dell’hijab sia un capitolo chiuso, perché con questa rivoluzione le ragazze hanno di fatto già abolito l’obbligo di indossarlo. Le autorità iraniane non riescono più a far rispettare l’odioso codice di abbigliamento e ricorrono dunque all’inasprimento della legge e al terrorismo. La cosiddetta polizia morale continua a terrorizzare e a tormentare le donne di qualsiasi età, anche le bambine di nove anni.
In queste ore, nelle scuole di Tehran si registrano ancora attacchi chimici.
Nel Liceo femminile “Mahdieh” è stato liberato nelle aule un gas tossico e diverse studentesse si sono sentite male e sono state trasportate in ospedale. Lo stesso è accaduto nel Liceo di Naqadeh. E da circa cinque mesi che sono in atto veri e propri attacchi con avvelenamento da agenti nervini. Oltre 800 le ragazze senza velo di 120 scuole dell’Iran hanno accusato sintomi da avvelenamento respiratorio. Almeno tre adolescenti sono morte. Le famiglie vengono minacciate e ad esse viene intimato il silenzio!
Il movimento giovanile di protesta accusa il regime della Repubblica islamica di volersi vendicare del coraggioso attivismo delle donne che hanno generato un moto di ribellione nonviolenta che sta scardinando le fondamenta ideologiche su cui si basa la teocrazia.
Dietro questi crimini contro l’umanità vi è la mano del regime che avrebbe incaricato gruppi di estremisti religiosi di mettere in atto tali azioni terroristiche nei confronti delle studentesse che si oppongono all’obbligo dell’hijab per escluderle dalle scuole e tenere dunque lontane dall’istruzione pubblica le alunne senza velo che hanno di fatto abbattuto l’apartheid di genere in Iran. Il gruppo estremista di Hamian-e Velayat è l’organizzazione sciita che starebbe dietro queste azioni terroristiche nelle scuole del paese. In passato tale formazione religiosa aveva lanciato attacchi contro i derwishi. Hamian-e Velayat è molto legata al figlio della guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, e ai pasdaran. L’obiettivo della parte più radicale del regime, infatti, sarebbe quello di terrorizzare la popolazione.
Un agente organofosfato viene liberato nelle aule di licei femminili provocando forte sudorazione, eccesso di salivazione, vomito, ipermotilità intestinale, perdita momentanea della vista, difficoltà respiratorie e paralisi, fino all’esito della morte. Tali sintomi si possono presentare anche a distanza di due settimane.
In questi ultimi giorni si sono registrati numerosi arresti di adolescenti che non indossavano l’hijab nei negozi e nei centri commerciali. A Isfahan quaranta negozi sarebbero stati chiusi perché il personale non indossava il velo. A Shandiz, nel nordovest dell’Iran, un agente delle forze volontarie paramilitari “basij” delle Guardie rivoluzionarie in borghese ha aggredito in un negozio di alimentari due donne senza l’hijab, rovesciando loro addosso un secchiello di yogurt.
“Fare il bene e proibire il male”, è il principio filosofico della Repubblica islamica. Il regime ha a lungo promosso la legge sul velo come simbolo del suo successo nell’istituzione della Repubblica islamica. La legge iraniana sull’hijab impone alle donne e alle ragazze di età superiore ai 9 anni di coprirsi i capelli e di nascondere le curve del proprio corpo sotto abiti lunghi e larghi. Nell’agosto del 2021 il presidente Ebrahim Raisi aveva inasprito la legge sull’hijab, imponendo un codice di abbigliamento più rigido e accaniti pedinamenti per farlo rispettare. La polizia morale aveva installato telecamere di videosorveglianza nei pressi di scuole, università e uffici e ad ogni angolo di piazze e strade. Ora le telecamere sono presenti anche nelle aule delle scuole di ogni ordine e grado.
Molte donne aderiscono ancora a questa regola, alcune per scelta e altre per paura. I video del Gran bazar nel centro della capitale Tehran, ad esempio, mostrano che la maggior parte delle donne si coprono i capelli.
Ma i video di parchi, caffè, ristoranti e centri commerciali, luoghi frequentati da donne giovani, mostrano che quasi tutte sono a capo scoperto. Non indossano più l’hijab le celebrità dell’arte, dello spettacolo e le atlete. “L’era dell’hijab forzato è ormai finita in Iran”, gridano le ragazze nelle piazze e nelle strade.
“I foulard torneranno sulle teste delle donne”, è la risposta del deputato Hossein Jalali ai media iraniani.
Ma ora la sfida tra il regime e i giovani è più che mai aperta e il dissenso nella nuova generazione rimane troppo diffuso per essere contenuto e troppo pervasivo perché vi sia un ritorno al rispetto del codice di abbigliamento, affermano le attiviste per i diritti umani.
Le donne con la disobbedienza civile stanno trasformando i loro foulard nell’arma più efficace e più potente contro la dittatura religiosa e gli strati profondi di misoginia e patriarcato della Repubblica islamica.
L'articolo Kimia Zan aveva 26 anni, le hanno sparato in faccia proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Mare aperto. Ecco la più grande esercitazione della Marina
Dal mar Adriatico al Tirreno, passando per il mar Ionio e lo Stretto di Sicilia, navigando non solo per l’alto mare ma anche le zone costiere, i territori circostanti e gli spazi aerei. Queste le dimensioni che saranno teatro dell’edizione 2023 dell’esercitazione Mare aperto, il principale ciclo addestrativo della Marina militare organizzato dal Comando in capo della Squadra navale. L’esercitazione impegnerà a bordo personale sia militare sia civile proveniente da 23 nazionali diverse fino al 6 maggio e permetterà di sviluppare lo scenario addestrativo in un contesto multidimensionale.
La missione
L’esercitazione permetterà di sviluppare un contesto multi-dominio grazie al coinvolgimento di assetti aerei, terrestri e sottomarini, interconnessi grazie ad un complesso sistema di reti supportato dai domini spaziali e cyber. Proprio il contesto cibernetico sarà al centro di un’attività addestrativa apposita denominata Chironex 23-1. “Metteremo alla prova il nostro Strumento Marittimo per verificarne prontezza, efficienza, proiettabilità, sostenibilità nel lungo periodo, bilanciamento, interoperabilità e capacità di generare effetti multi-dominio a livello strategico, operativo e tattico” ha detto l’ammiraglio Aurelio De Carolis, comandante in capo della Squadra navale. Le forze in campo prenderanno parte a simulazioni ad alto realismo contro minacce convenzionali e asimmetriche, raid su siti costieri d’interesse, esercitazioni di sicurezza marittima, controllo e bonifica dei fondali, prevenzione e contrasto di traffici illeciti.
Le forze in campo
L’esercitazione vedrà impegnati per le prossime settimane circa seimila militari provenienti da dodici Paesi Nato e undici Paesi partner, sotto la guida degli staff delle diverse Divisioni navali, della Brigata marina San Marco e dei comandi delle componenti specialistiche della Marina. Saranno operative anche 41 unità tra navi e sommergibili, oltre che aerei ed elicotteri dell’Aviazione navale, reparti anfibi del San Marco, incursori e subacquei del Comsubin, mezzi della Guardia costiera/Corpo delle Capitanerie di porto. Saranno inoltre coinvolti anche mezzi e personale di Esercito, Aeronautica, Carabinieri e Guardia di Finanza. In aggiunta, gli F-35B, la versione a decollo e atterraggio verticale, opererà da nave Cavour nell’ambito di cicli di volo giornalieri programmati dalla cellula di coordinamento delle operazioni aeree in mare.
Il personale civile
A fianco dello staff militare imbarcato e pienamente integrati con esso, ci saranno anche settanta universitari, tra studenti e docenti accompagnatori. Tra i quattordici atenei coinvolti troviamo le università di Bari, di Bologna, di Genova, la statale, la Cattolica, il Politecnico e la Iulm di Milano, la Federico II di Napoli, la Sant’Anna di Pisa, La Sapienza e la Luiss di Roma, l’università per Stranieri di Siena, e le università di Trieste e della Tuscia. Il coinvolgimento di universitari a bordo delle unità della Squadra navale non solo rappresenta una grande opportunità per gli studenti di arricchire il proprio percorso di studi, ma sottolinea anche l’importanza della formazione universitaria in quanto elemento strategico per la cultura nazionale della Difesa e della marittimità. Tra le file del personale civile a bordo della missione si trovano anche rappresentanti del Centro Studi Internazionali (CeSI), del Centro di Geopolitica e Strategia Marittima (Cesmar), di Confitarma, dell’Assarmatori e del corpo delle Infermiere volontarie della Croce rossa italiana.
Foto: Ministero della Difesa
Ministero dell'Istruzione
Il Ministro Giuseppe Valditara per la #GiornataDelMare, in collaborazione con la Guardia Costiera, e con il Ministro Nello Musumeci, ha spiegato come l’ecologismo autentico consenta al mare di continuare a essere un trainante fattore di sviluppo.Telegram
Le riforme previdenziali come lotta di classe alla rovescia | La Fionda
"Siamo davanti a una sorta di subalternità ideologica dei sindacati rispetto agli interessi padronali, questa subalternità non si manifesta solo con l’assenza del conflitto ma attraverso richieste che alla fine non incrementano potere di acquisto e di contrattazione."
Come circolano i nostri dati tra Europa, USA e Asia e Microsoft dovrebbe congelare il data center saudita?
Nuovo appuntamento con la rubrica Privacy weekly, tutti i venerdì su StartupItalia. Uno spazio dove potrete trovare tutte le principali notizie della settimana su privacy e dintorni. E se volete saperne di più potete leggere qui le news quotidiane di Privacy Daily o iscrivervi alla newsletter di #cosedagarante. Grazie a StartupItalia per l’ospitalità!
Alternanza alla base NATO di Sigonella: studenti a scuola di guerra | Senza Tregua
"In un contesto in cui la Sicilia riconferma il record negativo di dispersione scolastica, con picchi del tasso di abbandono che raggiungono il 25% a Catania, la priorità del governo regionale sembra essere quella di educare i giovani alla guerra. In una regione in cui disoccupazione e lavoro nero affossano le condizioni di vita di migliaia di proletari e in cui il lavoro è per lo più precario, pare non esserci alternativa per le classi popolari: emigrare, arruolarsi, o andare ad alimentare la filiera bellica che per ragioni strategiche proprio in Sicilia è particolarmente sviluppata."
Ministero dell'Istruzione
🐳 Oggi il Ministero celebra a Genova, in collaborazione con la Guardia Costiera, la #GiornatadelMare. Alla manifestazione prenderanno parte oltre 700 studenti provenienti da tutta Italia.Telegram
Carlo Calenda, Matteo Renzi e il Rolex dei poli superflui
Si noti lo slogan alle spalle dei due ben vestiti. Di serio, nel loro caso, pare ci sia più che altro il bisogno di una revisione complessiva del regime alimentare.
Nello stato che occupa la penisola italiana le gazzette di metà aprile 2023 intrattengono i sudditi col volare di stracci tra i ben nutriti nella foto qui sopra.
Al di là dei link indispensabili alla comprensione dei contenuti pubblicati in questa sede, non è nostra abitudine trarre materiale da gazzette. In questo caso però riportiamo l'epitaffio del loro "progetto politico" pubblicato proprio da una di esse, perché abbastanza coincidente con quanto avrebbe potuto dire sull'argomento qualsiasi persona seria. Nel testo originale ricorre il nome dello stato che occupa la penisola italiana; come nostra abitudine ce ne scusiamo in anticipo con i lettori, specie con quanti avessero appena finito di pranzare.
Marco Travaglio - Il Polo superfluoLa morte annunciata del Terzo Pelo o Terzo Coso è ancor più trascurabile della sua nascita. Trattandosi di un polo superfluo, il divorzio fra il De Gaulle dei Parioli e il De Rege di Rignano è molto meno allarmante di quello fra Boldi e De Sica. Molto più affascinanti sono gli spingitori dei due Nessuno: giornaloni, tg e talk che li han pompati fino a convincerli di essere qualcuno: campioni del Riformismo, alfieri del Moderatismo, idoli del Grande Centro. Sono loro che li hanno rovinati, chiamandoli “Terzo Polo” sulla fiducia e illudendoli di avere “praterie” sterminate: bastava che si accoppiassero per crescere e moltiplicarsi.
Vincono i 5Stelle? Praterie. Cade il Conte-1? Praterie. Nascono Azione e Italia Viva? Praterie. Cade il Conte-2? Praterie. Arriva Draghi? Praterie. Cade Draghi? Praterie. Calenda va con Letta? Praterie. Calenda va con Renzi? Praterie. Vince Meloni? Praterie. Schlein leader Pd? Praterie. B. ricoverato? Praterie. Dove siano esattamente queste praterie, sfugge ai più. L’unica certezza è che, se esistono, sono disabitate. O popolate di gente che ha sulle palle sia Ollio sia Ollio: persone normali. Resta da capire chi frequentino i giornalisti per convincersi che i due caratteristi abbiano un radioso futuro.
È vero che Carletto sparava: “Puntiamo al 13%, Meloni non governerà mai e tornerà Draghi”, salvo poi incolpare gli elettori perché votano tutti fuorché lui. È vero che il fu Matteo vaticinava: “Facciamo il botto, nel 2024 saremo primo partito, il M5S è morto”. Ma, anziché ridergli in faccia e relegarli nelle brevi, i media li prendevano sul serio. Corriere a tutta prima: “Ciclone Calenda sul centrosinistra” (non scoreggina: ciclone), “Strategia di Renzi per una svolta ‘alla Pirlo’” (con la o). Folli: “Il magnete Calenda” (non pongo: magnete). Il profeta Riotta: “Il centro di Calenda e Renzi sembra ben vivo… potrebbe animare a sorpresa la scena politica”. Foglio: “Il Centrocampo Calenda” (3 pagine su 4). Polito el Drito: “L’accordo Letta-Calenda riequilibra in parte una gara sbilanciata a favore del centrodestra”. Francesco Merlo e la sua lingua: “Calenda aspira all’eredità dei papi laici o forse luterani, Ugo La Malfa, Visentini, Spadolini, la buona amministrazione, il rigore dei conti e il cattivo carattere che è stato una grande risorsa italiana, una specie di lievito di progresso” (o di birra).
Paginone sulla Stampa: “Cantiere Draghi bis”. Paginone su Rep: “Calenda, l’uomo mercato corteggiato da tutti”, con foto dei suoi tatuaggi (“La A di Azione presa dagli Avengers, lo squalo e SPQR”), dettagli biografici (“A 16 anni fece una figlia”) e rivelazioni dell’eroico ragazzo padre: “Le cambiavo i pannolini e la allattavo”. Precoce com’è, aveva già le tette. Ora si allatta da solo.
"Meglio finirla qui, almeno non ci ruberemo i #Rolex", pare abbia concluso Carlo Calenda, uno che nelle consultazioni amministative per la città di Roma di un paio di anni fa mandò in giro per chiacchierate tra amici (difficile poterle definire comizi elettorali) un ventenne con al polso uno di quei cosi di metallo che segnano le ore ma che costano come un appartamento (qui su Archive). Una passione piuttosto diffusa tra i ricchi, questa di quei cosi di metallo.
Quello che il poco attento Calenda e il boy scout di Rignano non hanno capito (o hanno fatto finta di non capire, o hanno sperato non fosse necessario capire) è che l'elettorato che ha al polso uno di quei cosi di metallo che segnano le ore ma che costano come un appartamento è ridotto e già conteso. Ed è in via di ulteriore restringimento data l'incessante erosione dei redditi.
I due ben vestiti si sono comportati come due torsoli degli anni Ottanta. Voci che arrivano da una stolta età dell'abbondanza in cui c'erano le banche in doppiopetto grigio con un'orchidea all'occhiello di ogni lavoratore. Adesso non ci sono più nemmeno le banche, e il poco personale rimasto sta facendo l'impossibile per non essere licenziato a un anno dalla pensione.
Più facile che invece che un'orchidea, all'occhiello abbia un orcodìo.
E che non pensi certo a questi due, al loro "partito" e ai pezzi di metallo che gli piace mostrare in giro.
#ChatGpt e i dubbi sulla #privacy nella UE: le misure del #GarantePrivacy italiano su ChatGPT e le perplessità tedesche sui chatbot AI, risvegliano il dibattito europeo tra entusiasti e timorosi.
La strada è una regolamentazione a livello europeo, ma l'attuale “AI Act”, attualmente in fase di sviluppo, è contestata da ChatGPT in quanto l’IA per scopi generali non era contemplata originariamente nella proposta della Commissione.
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macfranc reshared this.
PRIVACY DAILY 92/2023
Materia oscura, abbiamo una nuova mappa | Galileo
«La nuova mappa della materia oscura è diversa da quelle prodotte finora, i cui risultati avevano messo un po’ in crisi il modello cosmologico della relatività generale di Einstein, facendo pensare che servisse una “nuova fisica”. I dati dell’Act, invece, mostrano una struttura della materia nell’Universo “grumosa” al punto giusto, compatibile con le previsioni fatte sulla base della teoria di Einstein. E se da un lato si tratta di risultati confortanti, dall’altro – hanno commentato gli esperti – sarà interessante capire il perché esiste una discrepanza tra diversi metodi di misurazione.»
CHI FINANZIA IL FACTCHECKER CHE BLACKLISTA I CONSERVATORI?
@Giornalismo e disordine informativo
Due gruppi senza scopo di lucro statunitensi legati al Global Disinformation Index , un'entità britannica che inserisce nella lista nera i media conservatori, si rifiutano di rivelare dettagli chiave sulle loro operazioni, citando un'oscura legge federale di esenzione sulle "molestie", secondo un'indagine del Washington Examiner.
> La mancanza di trasparenza sui moduli fiscali depositati dai gruppi GDI potrebbe portare i legislatori e i gruppi di controllo a spingere le loro indagini sulla presunta rete di tracciamento della "disinformazione", che è stata messa sotto accusa da quando un rapporto del Washington Examiner del 9 febbraio ha dettagliato i suoi sforzi per fornire agli inserzionisti blacklist di siti Web conservatori. Diversi membri repubblicani del Congresso, tra cui il presidente del Comitato per la supervisione e la responsabilità della Camera James Comer (R-KY), hanno chiesto chiarimenti al Dipartimento di Stato per aver indirizzato i fondi della sovvenzione al GDI tra il 2020 e il 2021.
L'articolo di Gabe Kaminsky continua sul Washigton Examiner
Disinformation Inc: 12 Republicans press State Department over grants to Global Disinformation Index
This is part of a Washington Examiner series on self-styled 'disinformation' tracking groups that are blacklisting and trying to defund conservative media. Here is where you can read other stories in the series.Gabe Kaminsky (Washington Examiner)
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EU Parliament study slams online child abuse material proposal
The European Parliament’s impact assessment of the proposal for the child sexual abuse material (CSAM) online, obtained by EURACTIV, raises hefty concerns about the privacy and technical implications of the draft law. The European Commission’s proposal to fight the dissemination...
UN'ASSOCIAZIONE INSEGNA IL FACTCHECKING A MIGLIAIA DI INDONESIANI
@Giornalismo e disordine informativo
> Bu Iroh è determinata a vedere suo nipote e a convincere suo marito a smettere di credere a ogni WhatsApp che trasmette informazioni fattuali. Vestita con un trench rosso e un berretto con una gigantesca lente d'ingrandimento in mano, porta il marito in giro per la città ascoltando le false idee della gente sul vaccino e sfatandole.
Mafindo ha un team centrale di nove persone, con migliaia di volontari in tutta l'Indonesia che aiutano a condurre corsi di formazione, verificare i fatti e coinvolgere più membri del pubblico nel lavoro dell'organizzazione.
This citizen-run organization is teaching thousands of Indonesians to fact-check
"During a casual conversation in an informal setting, people would listen to us."Nieman Lab
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Ministero dell'Istruzione
#Scuola, il Ministro Giuseppe Valditara ha firmato due decreti di riparto di risorse #PNRR destinati alla formazione di studenti, docenti e personale scolastico per un importo complessivo di 1 miliardo e 200 milioni.Telegram
Il mercato si mangia i servizi pubblici | Jacobin Italia
"Accade in Toscana: l’operazione Multiutility, promossa dai sindaci Pd con l’appoggio della destra, trasforma in Spa beni comuni e pezzi di welfare. Ma esiste un’opposizione dal basso che sta mettendo in discussione il progetto."
❄️ freezr ❄️
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