Etiopia, la catastrofica crisi umanitaria del Tigray normalizzata dall’occidente
Sono passati ormai 6 mesi dall’accordo di Pretoria che ha visto la cessazione ostilità per il Tigray, stato regionale settentrionale dell’ Etiopia.
Accordo di tregua dopo la guerra scoppiata il 4 novembre 2020 e durata 2 anni, definita la guerra più atroce degli ultimi anni a livello globale: le stime indicano più di 600.000 vittime.
Dall’ accordo di cessazione ostilità firmato il 2 novembre 2022 in Sud Africa tra le parti, il governo centrale e i rappresentanti del partito del TPLF – Tigray People’s Liberation Front, per USA ed Europa la situazione si è normalizzata, o meglio stanno cercando di normalizzarla principalmente a livello economico ristabilendo vecchi accordi con l’Etiopia e riattivando finanziamenti.
Anche dal punto di vista mediatico la normalizzazione è in divenire, soprattutto in Italia che durante il conflitto genocida non se ne è data la giusta inormazione e spazio come per tante altre guerre dimenticate rispetto all’invasione dell’ Ucraina da parte della Russia.
Oggi che i politicanti USA e Europa stanno lavorando per normalizzare la situazione a livello economico per riportare “stabilità” al Paese Etiopia, i media anche di nicchia Africa in Italia sembrano aver dimenticato il capitalo genocidio in Tigray.
Sarebbe speculazione denunciare un allineamento o meglio subordinazione dei media a una certa propaganda politica, ma i dati di fatto parlano chiaro: l’argomento Tigray con tutte le sue difficoltà estreme per i più 6 milioni di persone che vivono una catastrofe umanitaria, non sembrano essere degni di considerazione perché la firma di accordo di cessazione ostilità sembra aver imbiancato le responsabilità di crimini e criminali.
Politici, ambasciatori e diplomatici americani ed europei portano sul palmo della mano l’accordo di cessazione ostilità. Quel accordo che avrebbe dovuto cancellare il problema di blocco ed accesso delle agenzie umanitarie per il Tigray. Agenzie e missioni bloccate per volontà politica governativa etiope, lo stesso governo denunciato di crimine di guerra da report di esperti di diritto umanitario dell’ ONU proprio per questo atto. Tigray che è stato teatro di guerra genocida (non ci sono altri termini con cui definire le atrocità perpetrate sul popolo tigrino) e combattuta mantenendo la regione e i suoi quasi 7 milioni di abitanti isolati dal resto del mondo in blackout elettrico e comunicativo: è stato denunciato da diversi collettivi e associazioni sui diritti umani, internet e nuovi comunicazioni come il più lungo blackout della storia.
La stessa Italia muta ieri come oggi sulla crisi umanitaria in atto e una posizione traballante, o meglio mai ben esplicita come richiesta netta sulla giustizia per le centinaia di migliaia di vittime massacrate, abusate, uccise… con l’attuale governo Meloni che ha già stanziato 182 milioni di euro per progetti di cooperazione internazionale di crescita e sviluppo in Etiopia finanziando la filiera agro alimentare e le sue industrie.
Fermati gli aiuti alimentari in Tigray
Mercoledì 3 maggio 2023 Samantha Power, direttrice dell’USAID ha annunciato che è stata fermata la fornitura alimentare per il supporto delle persone in Tigray fino a prossimo avviso. La cuasa è il saccheggio di materiale salvavita. Dal cuminicato si può leggere:
“l’USAID ha scoperto che gli aiuti alimentari, destinati alla popolazione del Tigray che soffriva di condizioni simili alla carestia, venivano deviati e venduti sul mercato locale. Immediatamente dopo questa scoperta, USAID ha deferito la questione all’Ufficio dell’Ispettore Generale di USAID, che ha avviato un’indagine.”
Il report dell’ UNOCHA di aprile 2023 riporta che ci sono ancora aree della regione del Tigray inacessibili agli operatori umanitari per cui le persone non possono essere raggiunte.
Sabato 29 aprile Tigrai TV ha riportato la testimonianza video di una donna allettata che aspetta solo di morire di stenti: le morti silenziose, le morti per fame stanno continuando nonostante l’accordo di cessazione ostilità.
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Accordo che vincola e obbliga tutte le parti a dare accesso totale in tutta la regione del Tigray per poter fornire aiuti alimentari, medicine e materiale igienico sanitario a tutte le persone bisognose: tra Tigray e le regioni vicine Amhara e Afar ci sono ancora milioni di sfollati interni, IDP.
Molti di loro vivono negli edifici scolastici, distrutti e saccheggiati, ma unici luoghi in cui poter vivere.
Mercoledì 3 maggio 2023 Gebregzabiher Aregawi, direttore del Tigrai Earl Warning Response and Food Security ha dichiarato che il cibo era stato saccheggiato nelle zone meridionali e nordoccidentali della regione, denunciando le forze eritree e amhara. Gebregzabher ha anche affermato che il Tigray era/è sotto il controllo di quattro diverse forze [come riportato da Tigrai TV], il che rende più difficile capire chi fa cosa.
Le parole del direttore sono la replica ad AP – Associated Press che lo stesso giorno ha pubblicato l’articolo per segnalare che l’agenzia di soccorso alimentare delle Nazioni Unite aveva sospeso le consegne di aiuti alla regione settentrionale del Tigray in Etiopia a causa di un’indagine interna sul furto di cibo destinato alle persone affamate, secondo quattro operatori umanitari.
Più di 5 milioni dei 6 milioni di abitanti della regione dipendono dagli aiuti.
Martedì 11 aprile AP aveva già messo in luce la denuncia del WFP – World Food Programme indicndo il partners delle Nazioni Unite stava indagando sul furto di aiuti alimentari da operazioni umanitarie salvavita in Etiopia, secondo una lettera ottenuta dal media.
Mercoledì 5 aprile Claude Jibidar, il direttore del WFP Etiopia ha pubblicato tale lettera visionata da AP in cui affermava che è molto preoccupato per la vendita su larga scala di cibo in alcuni mercati” che “rappresenta non solo un rischio reputazionale ma minaccia anche la nostra capacità di mobilitare più risorse per le persone bisognose” aggiungendo che “è quindi imperativo che vengano intraprese azioni immediate per frenare … l’appropriazione indebita e la diversione di cibo umanitario” nel Paese.
AP ha sottolineato infatti che già giovedì 20 aprile 2023 il WFP aveva informato i suoi partner umanitari che stava temporaneamente sospendendo le consegne di cibo al Tigray a causa di saccheggio di cibo.
Mercoledì 3 maggio è arrivata la presa di posizione di Getachew Reda, nominato ed eletto capo del governo ad interim del Tigray [governo costituito come da specifiche dall’accordo di Pretoria].
“Nelle ultime settimane sono stato coinvolto da diplomatici, rappresentanti di organizzazioni umanitarie internazionali e, cosa più importante, dai leader e opinion maker della più ampia comunità del Tigray sulla questione della diversione degli aiuti. Alla luce della gravità del problema e delle prove crescenti sul campo, abbiamo avviato un’indagine di alto livello per garantire che tutti i colpevoli siano tenuti a rendere conto, indipendentemente dal loro background o status. Vorrei invitare le agenzie umanitarie a continuare i loro aiuti umanitari multisettoriali per salvare le vite dei più vulnerabili nel Tigray.”
Mentre la fornitura di cibo viene bloccata in Tigray per milioni di persone, nel vicino Sudan le decine di migliaia di rifugiati tigrini scappati dalla guerra genocida 2 anni prima cercano di sopravvivere nei campi per sfollati tra carenze, mancanze di supporto e servizi.
I rifugiati devono tentare di rimanere in vita anche in mezzo all’instabilità del Paese dettata dal tentativo di golpe partito dal RSF – Rapid Support Forces, i “diavoli a cavallo”, i tagliagole janjaweed. Milizie istituzionalizzate nell’organico dell’ esercito regolare e che “con disprezzo dei diritti umani l’Italia in segreto arma e addestra” come ha segnalato Africa Express: unico media in Italia a sottolineare gli scheletri nell’armadio del tricolore col gruppo sanguinario.
Il giornalista Fred Harter riporta che:
“A Khartoum: un rifugiato del Tigray ha detto che le truppe delle RSF sparano nel suo nascondiglio ogni volta che sentono rumori dall’edificio, finestre in frantumi. Hanno anche messo un anti-airgun sul tetto. Due uomini sono stati uccisi e una donna incinta ha abortito il suo bambino per lo stress.
Nel campo di Um Rakuba i rifugiati sono molto preoccupati per la situazione. Abbiamo sentito che la maggior parte dei cittadini del Sudan se ne va, quindi cosa ci succederà? I servizi per ora sono limitati, ma forse nei prossimi giorni si interromperanno del tutto”
Asmlash-Grant Foundation il 3 maggio segnala che:
“Siamo rattristati nel segnalare l’ennesimo incendio verificatosi nel vecchio campo profughi di Um Rakuba, in Sudan.
L’incendio è scoppiato nelle prime ore del 3 maggio e ha devastato 267 bancarelle del mercato e 30 rifugi residenziali. Anche due bambini di 4 e 7 anni hanno subito gravi ustioni. Entrambi sono in condizioni critiche.”
Il 4 maggio è arrivata la notizia che i 2 bambini per le gravi condizioni riportate non ce l’hanno fatta a sopravvivere.
Il 23 aprile Africa Express riporta che:
“Di fatto, secondo quanto ANSA ha scritto nel pomeriggio, l’evacuazione dei nostri connazionali è stata avviata e coordinata dal comando operativo di vertice interforze. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha dichiarato nel pomeriggio:”
“Lavoriamo per garantire entro la nottata di poter far sì che tutti gli italiani che vogliono partire siano messi in sicurezza”
Gioia per governanti, ambasciatori e italiani, mentre decine di migliaia di etiopi languno intrappolati in Sudan in pericolo di vita, scappati precedentemente dall’ennesimo conflitto mortale e di sterminio etnico in Tigray.
L’evaquazione del personale umanitario in Sudan ha fatto in maniera di lasciare in balia degli eventi i rifugiati.
Ahmed Omer, operatore del Consiglio norvegese per i rifugiati ha segnalato che:
“La nostra opera di aiuto è stata sospesa e qui a Gedaref non raggiungiamo più i 41.500 profughi etiopi che aiutavamo”
Anche se la normalizzazione economica in Etiopia, per USA ed Europa è strumentale per la ricostruzione della stabilità del Paese, bisogna rendersi conto che i milioni di sfollati interni in Tigray e nelle altre regioni del nord Etiopia, Ahmara e Afar, ed i rifugiati in Sudan, non mangiano soldi.
Milioni di adulti e bambini stanno vivendo in costante crisi umanitaria, in mancanza di cibo, acqua, medicinali, cure sanitarie ed a volte in mancanza pure di un rifugio.
La dipolomazia occidentale, quella dei ferenji bianchi, si gloria dei processi portati dall’accordo di cessazione ostilità (sicuramente doveroso per costituire un periodo di cessate il fuoco per aiutare le persone) ma che continua a propinare soluzioni tappabuchi ed a governare in costante stato di emergenza, strumentale per le risorse da tutelare e nuovi interessi da coltivare perseguendo il divide et impera.
Il colonialismo non è mai morto ed oggi è spudoratamente economico, ma sempre come spada di Damocle sulla pelle e sulla vita di milioni di persone che non possono scegliere nemmeno come morire e nel silenzio del resto del mondo.
PRIVACY DAILY 108/2023
Infetti
Guardate fuori dal finestrino, se vi trovate a passare per il Salento: vedrete i mostri d’Italia. Osservate la devastazione, sappiate che proseguirà e fate uno sforzo di memoria, in questo Paese che sembra non avere mai un passato: provate a ricordare il nome di chi ne è responsabile. Ne indicherò alcuni, ma la filiera del cialtronismo è lunga. E non si limita a quel che è successo e sta succedendo qui, va ben oltre. Sono i mostri d’Italia.
In Puglia 21 milioni di magnifici ulivi sono contagiati dalla Xylella fastidiosa (un batterio che chiude i vasi linfatici e li essicca): 41mila sono già morti. Nella sola provincia di Lecce sono andate perse 3 olive su 4. Sono infetti 8mila chilometri quadrati: il 40% della Puglia, secondo i calcoli della Coldiretti. Altre fonti ne contano assai di più. Dal finestrino non saprei dire, anche perché si appannano gli occhi. La devastazione è produttiva, economica, culturale, paesaggistica, turistica. E non è finita, perché Xylella è ancora lì. Inutile aggiungere che i soldi stanziati per reimpiantare sono ancora intonsi: domande superiori alle disponibilità, che però restano nel cassetto.
Chi voglia farsi un’idea dello scempio può leggere il libro di Daniele Rielli (“Il fuoco invisibile”). Si stenta a credere che sia potuto veramente succedere. Per chi va di fretta qualche breve ricordo può essere utile. Quando il batterio cominciò a colpire (2012) c’era da adottare subito un rimedio, capace di limitare moltissimo il danno: esaminare le piante ed eradicare le infette e quelle a rischio. Doloroso, ma salvifico. Invece si negò l’esistenza del batterio. Roba da totali cretini. S’andò avanti con detti popolari del tipo che l’ulivo non muore mai e si riprende sempre, che poi sono detti da chi con gli ulivi non ha mai avuto a che fare. Si sostenne che era un complotto, si chiese e ottenne l’intervento della magistratura. Ancora prima del Covid s’erano fatte le prove generali del negazionismo antiscientifico. Ed ecco i nostri eroi.
Beppe Grillo: «La Xylella fastidiosa è una gigantesca bufala». Chiesero anche una commissione parlamentare d’inchiesta, sulla bufala, lanciarono messaggi social a raffica con sotto la scritta «Condividete». E gli sventurati condivisero.
Un quotidiano scandalosamente scandalistico (Fatto e rifatto) faceva scrivere espertoni secondo cui si doveva guardare semmai alle «frequenze vibrazionali distruttive prodotte dall’inquinamento». Che ancor si dovrebbe vibrare d’indispettita indignazione.
Quando la Corte di giustizia europea sentenziò l’ovvio, peraltro sulla scorta di studi seri e scientifici fatti da italiani – ovvero che si dovesse provvedere a eradicare in fretta, altrimenti sarebbe successo quel che è poi successo – non si fece attendere Matteo Salvini: «Maledetta Unione Sovietica Europea! Ordina di abbattere gli ulivi in Puglia anche se non ancora malati di Xylella. Il prossimo obbligo sarà sradicare i vigneti nel Chianti o in Veneto??». E giù sguardi di furba e divertita intesa: anche oggi gliel’ho cantata.
Insuperabile Michele Emiliano: «Da quattro anni la Xylella è ferma, caso vuole che io sono presidente da quattro anni». Dove il problema non è nel credersi meritevole di onorificenza antibatterica, ma nel credere che il batterio fosse fermo. Il presidente della Regione più devastata non aveva la minima cognizione, lo pensava inerte e s’ergeva a difensore degli ulivi.
Guardate fuori dal finestrino, pensate alle facce loro e a quelle di attori e cantanti accorsi a manducare una fetta di torta complottista e antisistemica. Pensate al loro conformismo che pretende d’essere anticonformista, alla loro lucida deficienza, al loro remunerato disinteresse, pensate alla destra che li cavalca per antieuropeismo e alla sinistra che li accudisce per popolarismo antipopolare. Guardateli e guardate gli ulivi. Guardateli bene. Perché se non riuscite a capire farete la stessa fine.
L'articolo Infetti proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Equilibrio e stabilità. Le parole chiave dell’Esercito secondo Serino
L’Esercito italiano è la Forza armata più antica del nostro Paese. Nato appena un mese dopo l’Unità d’Italia, ne ha seguito da protagonista tutte le vicende storiche, fino a oggi, dov’è chiamato ad affrontare le sfide di uno scenario sempre più complesso.
Generale, il 4 maggio l’Esercito italiano compie 162 anni (qui la gallery). Che lezioni ci arrivano dalla sua lunga storia?
Mi permetta di fare una doverosa precisazione. Il 4 maggio 1861 l’Esercito assume il nome di Esercito italiano, a caratterizzare il legame con il nuovo Regno d’Italia e, soprattutto, l’appartenenza agli italiani. Noi celebriamo questa data come momento fondante, pur conservando forte il legame con la tradizione militare preunitaria perché facciamo dell’appartenenza agli italiani, di tutti, senza distinzione, il nostro valore più forte.
Il rapporto tra cittadini ed Esercito non è mai mancato, neanche nei momenti più bui e tragici. Tra pochi mesi ricorderemo gli ottant’anni della difesa di Roma e delle Quattro giornate di Napoli. In quei giorni, soldati dell’Esercito (e delle altre Forze armate) e cittadini gettarono insieme semi valoriali importanti per la nascita dell’Italia di oggi. La prima lezione è proprio questa: preservare forte e saldo il legame tra gli italiani e il loro esercito. La seconda lezione, più professionale, è l’importanza di guardare al progresso tecnologico, perché se i principi dell’arte militare da millenni sono i medesimi, gli strumenti e le modalità operative sono in continuo divenire. Alla fine del XIX secolo l’Esercito fu protagonista di innovazione: mi vengono in mente gli esperimenti sull’uso della radio e delle aeronavi. Dobbiamo tornare a esserlo, protagonisti dell’innovazione, perché ne abbiamo la capacità e la necessità.
Con la guerra alle porte dell’Europa, è riemersa la centralità dello strumento militare terrestre nel sistema di Difesa nazionale. Dopo anni concentrati in missioni di pace e operazioni anti-terrorismo, come si deve preparare l’Esercito a questo “ritorno” a scenari più convenzionali?
Un capo di Stato maggiore dell’Esercito di qualche anno fa ci diceva: “Le operazioni convenzionali sono le più complesse e le più difficili. Se sai fare quelle, sai fare tutto”.
Per prepararsi al convenzionale ci vogliono sistemi d’arma allo stato dell’arte e tanto addestramento. Negli ultimi anni, per scelte di contingenza, sono mancati gli uni e l’altro. Per quanto riguarda l’ammodernamento dei mezzi e degli equipaggiamenti, bisogna avviare quanto prima i programmi che l’Esercito ha individuato nel 2022 e sinteticamente illustrato in “Esercito 4.0”.
Le parole-chiave sono equilibrio e stabilità. L’equilibrio è necessario perché se non è possibile fare tutto in parallelo, non possiamo neanche farlo in serie, una cosa alla volta. Alcune capacità essenziali devono ammodernarsi da subito. La stabilità serve nelle risorse e nella programmazione, che deve conservare anche coerenza capacitiva e industriale. Per quanto riguarda l’addestramento, ci vogliono poligoni e soldi. In questo settore siamo indietro e il Paese nella sua interezza deve prenderne coscienza. È un argomento che non appassiona, e infatti poco leggo sull’argomento, ma un equipaggio carri ben addestrato vale quanto e più del carro stesso.
Oggi l’Esercito è presente in tutti i principali scenari di riferimento italiani e alleati. Dai Paesi baltici al Medio Oriente e il Mediterraneo allargato, passando per il fianco orientale, i soldati italiani sono schierati in un arco geografico la cui ampiezza si avvicina a quello della Seconda guerra mondiale. Qual è l’importanza di questa presenza internazionale?
La presenza dell’Esercito in tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo allargato è segno che la politica di sicurezza e difesa dell’Italia non insegue le mode, ma l’interesse nazionale. Ovviamente il merito non è nostro ma dei governi che si sono susseguiti. Il Paese ha bisogno di stabilità verso est, guardando anche all’est vicino e all’Artico, e verso sud-est: Africa e vicino e Medio Oriente. Garantire una presenza qualificata in tutte queste regioni richiede un grande sforzo, sia da parte del personale sia delle strutture organizzative, ma siamo pienamente consapevoli che dobbiamo esserci. Un aiuto potrà darcelo la rapida attuazione delle deleghe contenute nella legge 119 del 2022, votata da tutti gli schieramenti politici, in merito a incrementi numerici di personale militare e riserve. Dal canto nostro, come peraltro stanno facendo altri eserciti Nato, vogliamo dedicare alcune unità convenzionali alla Security force assistance e alla Military assistance, il cui ruolo continua e continuerà a crescere.
L’attuale scenario di insicurezza e fragilità globale richiede anche che l’Esercito abbia a disposizione mezzi all’avanguardia che le permettano di agire nei moderni scenari operativi. Come dovranno essere i mezzi terrestri di domani?
I mezzi del futuro Esercito dovranno essere coerenti con un approccio che introduco in esclusiva per Airpress: così come il joint è stato soppiantato dal multidominio, così il Combined arms dovrà essere soppiantato dal Cooperative systems.
I nuovi mezzi della Forza armata dovranno essere ideati e progettati per cooperare tra loro e generare effetti in più domini e più dimensioni. Apripista in questa ottica potranno essere il Nees A-249 e l’altro progetto che vorremmo come Forza armata avviare quanto prima, coinvolgendo tutte le industrie nazionali del comparto difesa: il futuro Aics (Armored infantry combat system) dell’Esercito.
Il collante per il Cooperative system è un’architettura C5I (Comando, controllo comunicazioni, computer, cyber e informazioni) distribuita su tutte le piattaforme, realmente aperta a integrare nel tempo ogni futura innovazione tecnologica.
In uno scenario multidominio come quello attuale, la dimensione terrestre non si limita alla superficie del suolo. Fondamentale sarà infatti lo sviluppo di sistemi all’avanguardia anche nel campo della difesa contraerea e dell’ala rotante. Quali caratteristiche dovranno avere queste componenti dell’Esercito del prossimo futuro?
Esercito 4.0 individua la manovra dalla terza dimensione e la difesa integrata come due elementi fondamentali dello strumento terrestre futuro. Entrambe garantiranno la piena efficacia se sapremo avvalerci delle potenzialità offerte dall’automazione e dall’intelligenza artificiale (IA), per rendere tempestivo l’intervento dei diversi sistemi di cui queste capacità saranno dotate.
Con riferimento alla difesa integrata (contraerea è limitativo) bisognerà disporre di sistemi cinetici e non, letali e non letali, in grado di difendere uomini, mezzi da combattimento e dispositivi da ogni ipotizzabile minaccia che provenga dall’alto. Individuare, identificare, tracciare e ingaggiare è un processo che deve diventare sempre più veloce e discriminante, e qui c’è spazio per IA e automazione. La cooperazione con l’Aeronautica nella gestione dello spazio aereo sarà altrettanto essenziale, irrinunciabile.
Nel settore degli elicotteri, osserviamo con interesse le nuove tecnologie che, garantendo diverse caratteristiche ai profili di volo (raggio d’azione, velocità, manovrabilità), dovranno essere tra loro complementari, anche in riferimento ai diversi scenari e missioni nei quali l’Esercito potrà essere chiamato a confrontarsi. Non posso non ribadire che, quali che siano le future macchine, tutte dovranno avere una comune architettura C5I, comune anche ai sistemi più propriamente terrestri. È qui che si gioca l’efficacia e la rilevanza dell’Esercito nel futuro.
Gli attuali campi di battaglia sono caratterizzati sempre più dalle nuove dimensioni operative, lo spazio e, soprattutto, il cyber. In che modo si sta preparando l’Esercito a queste sfide?
Già quattro anni fa, nell’ambito del Comando trasmissioni, è stato costituito il Reparto sicurezza cibernetica, con l’obiettivo da un lato di formare specialisti nel campo e dall’altro di esplorare rischi e opportunità di questo nuovo dominio operativo, che poi tanto nuovo non è. Nel 2010, rientrando dagli Stati Uniti, dove l’Us Army aveva da pochissimo costituito l’Army cyber command, trovai degli embrionali nuclei di controllo e monitoraggio delle reti informatiche associati ai Centri sistemi C4 Esercito di Roma e di Padova, dove sono cresciute competenze ora al servizio dell’intero Paese.
La nostra attenzione, oltre alla doverosa sicurezza dei nostri sistemi C5I, è rivolta anche al mondo Internet of things (Iot), l’Internet delle cose, che sta entrando anche nella vita dei comuni cittadini, per esempio attraverso il controllo da remoto degli elettrodomestici. Qui non esistono praticamente confini e le esigenze di sicurezza sono fortissime.
La realtà cyber è un mondo dove, al fianco della competizione tecnologica, sta diventando altrettanto spietata la competizione per la risorsa umana. Per l’Esercito si tratta non solo di un rischio, ma anche di una opportunità, se sapremo valorizzare la predisposizione innata dei militari a formare al proprio interno le competenze di cui ha bisogno.
Fondamentale per lo sviluppo di nuove tecnologie e piattaforme sarà il rapporto con il mondo dell’industria e della ricerca. In che modo va valorizzato questo legame?
Potrei dire: proseguendo il lavoro avviato tanti anni fa. In questo rapporto, il ruolo del mondo in uniforme deve essere quello del cliente, allo stesso tempo esigente e collaborativo. In questo rapporto simbiotico di crescita e di stimolo vedo anche la presenza importante del mondo accademico. Come ho affermato in apertura, l’Esercito deve tornare protagonista di innovazione, ma vanno anche superate talune ritrosie ideologiche, figlie delle tragedie europee del XX secolo, nell’affrontare tematiche legate ai sistemi militari.
Dal punto di vista pratico, una grande opportunità risiede nel rendere permanente l’attività di sviluppo dei sistemi militari, quello che in Forza Nec veniva definito approccio a spirale: mentre si produce la variante 1, si studia, si progetta e si valida operativamente la variante 2. Nulla di nuovo, ma talvolta le best practice si perdono. È lapalissiano che per questo c’è bisogno di un’industria nazionale di settore con cui collaborare. Per questo sostengo dall’inizio del mio mandato che nel comparto industriale italiano che si occupa di difesa c’è bisogno di “terrestre”.
Oggi si stanno gettando le basi per quello che sarà l’Esercito di domani. Con 162 anni di storia, qual è il messaggio che vuole lanciare alle future generazioni di soldati?
Ai giovani allievi delle nostre scuole e accademie dico di appassionarsi al futuro e di amare il passato. La storia ci regala, se sappiamo leggerla, le esperienze di cento, di mille vite. Null’altro ci può fare un dono più grande.
Invito i futuri soldati dell’Esercito, di ogni grado, ruolo e categoria, a coltivare e mantenere la coscienza del nostro ruolo. Nelle emergenze gli italiani ci guardano, spesso utilizzando “Esercito” come sinonimo di “Forze armate”, a testimonianza di una fiducia profonda.
Non possiamo e non dobbiamo deluderli.
(Intervista pubblicata sul numero 143 della rivista Airpress)
“Il wokeismo ha una tendenza autoritaria”. Parla la prof minacciata dai trans
Kathleen Stock racconta perché ha deciso di dare le dimissioni come docente dell’Università del Sussex dopo le minacce ricevute dai trans
“Ho trovato molto deprimente essere minacciata e attaccata per aver espresso argomentazioni filosofiche a favore dei diritti delle donne”. Kathleen Stock, che oggi terrà una lezione sui diritti presso la Scuola di Liberalismo della Fondazione Einaudi, descrive così la vicenda che l’ha portata a dare le dimissioni da docente di filosofia all’Università del Sussex.
Professoressa, lei è una attivista femminista sposata con una donna. Com’è possibile che la situazione sia degenerata così tanto da indurla a dimettersi?
“È una situazione strana, soprattutto perché la maggior parte delle persone che mi criticano si definirebbero femministe (hanno una concezione diversa del femminismo, e delle donne da quella che ho io, però). C’è una forte tendenza autoritaria e illiberale all’interno del cosiddetto progressismo o wokeismo, purtroppo”.
Perché in GB, quando si parla di LGBT, c’è sempre un clima così teso? Perché il “dissenso” non è ammesso?“In parte è perché nei luoghi di lavoro, comprese le università, attraverso il sistema della burocrazia è ormai diffuso un insieme di idee, radicale e ristretto, sull’identità trans e sulla femminilità. Gruppi di lobbisti e attivisti che affermano di rappresentare le persone LGBT, hanno fatto pressione e incentivato il governo, i partiti politici e le istituzioni nazionali a portare le loro idee all’interno della politica e delle leggi. Ciò ha avuto effetti negativi sugli spazi delle donne, nello sport e sulle risorse a loro dedicate, poiché ora i maschi, potendosi “auto-identificare” come donne, possono accedervi. Non è stato fatto democraticamente, né è stato sufficientemente discusso. Molti uomini gay, molte lesbiche e persino persone transessuali non sono d’accordo con queste idee radicali, ma il dissenso è descritto come “transfobico” o “bigotto”. Si presume che, se si mettono in discussione queste idee, si odiano le persone trans. In realtà, non è così”.
In Italia la principale forza di maggioranza, FdI, lotta contro “la teoria gender”. Le opposizioni dicono che tale teoria non esiste. Che cosa ne pensa?“Quando la destra parla di “gender theory” intende tutta una serie di idee, con alcune delle quali sono d’accordo e con altre no. Non sono un conservatore, e per esempio penso che le donne dovrebbero avere gli stessi diritti degli uomini sul posto di lavoro, credo nel matrimonio gay (sono una lesbica sposata con una donna). Non sono d’accordo sul fatto che gli uomini dovrebbero essere in grado di auto-identificarsi negli spazi o nelle risorse delle donne, o che ai bambini vengano somministrati farmaci che ne alterino la vita, sulla base di una confusione di identità che può essere temporanea. Mi sconforta che, in nome della sinistra “progressista”, idee così folli stiano guadagnando potere, perché è un regalo ai politici di destra come Meloni. Ciò permette a lei e al suo partito di usare questo tema come scusa per ridurre i diritti delle donne e degli omosessuali, per esempio. Me ne rammarico. Succede anche in Ungheria, in Turchia e in Russia, per esempio. Le idee radicali di una minoranza vengono utilizzate per rendere la vita difficile alla maggioranza, molto più moderata, delle persone LGBT”.
Quel che sta succedendo in Gran Bretagna mina la libertà d’espressione?“Sì, le università dovrebbero essere luoghi in cui le idee controverse possono essere analizzate e discusse, e il libero pensiero può esistere”.
Cosa pensa, invece, della vicenda della professoressa inglese a cui non è stato rinnovato il contratto e che ha persino subìto un procedimento disciplinare per aver salutato le sue alunne dicendo “Ciao ragazze”?“Penso che sia ridicolo. L’attenzione generale all’interno del femminismo woke di concentrarsi su forme appellative (compresi i pronomi, dicendo “signore e signori” ecc.) è una distrazione dai veri squilibri di potere e dalle disuguaglianze che sono molto più importanti, ma più difficili da risolvere. Instillare un clima negativo nel quale si ha paura di dire la cosa sbagliata, non aiuta nessuno”.
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Palestina. Distrutto lo skatepark al porto di Gaza
Pagine Esteri, 4 maggio 2023. Lo scorso Primo Maggio è stato demolito lo skatepark del porto di Gaza City. Costruito nel 2017 grazie al progetto Gaza FREEstyle, era diventato un punto di incontro per giovani, adulti e bambini e un riferimento per iniziative culturali e sociali, come Pagine Esteri aveva documentato con video e interviste.
Il governo di Hamas ha ordinato, apparentemente senza una precisa motivazione, la demolizione della rampa di skate e le ruspe hanno distrutto il campo in poche ore.
Di seguito, il comunicato del Gaza FREEstyle:
Quello che vedete nel video qui sotto è lo skate park del porto di Gaza, distrutto dai mezzi di demolizione del governo di Hamas.
player.vimeo.com/video/5563424…
Video dello Skate Park di Gaza, girato nel 2021 per Pagine Esteri.
Inutile girarci intorno, Hamas si pone in maniera autoritaria negando ai giovani spazi di socialità.
L’area del porto era frequentata da decine di giovani di tutte le età, negli anni era diventata un punto di aggregazione per tantissim* freestyler e writers di tutta la striscia.
Le crew che negli anni hanno costruito il park, organizzavano lezioni per ragazze e bambin*, jam di skate ed eventi circensi.Il murales che vedete nel video ”FREE PALESTINE” è stato realizzato a giugno 2022 durante le attività di scambio con artisti locali.
La costruzione del park è iniziata nel 2017 con la prima rampa in legno; Negli anni successivi l’area è stata trasformata in uno skatepark in cemento.
Le crew di skaters sono triplicate nonostante a Gaza, non esista la possibilità di comprarsi uno skate.
Praticare lo skate a Gaza è un modo per evadere dalle sofferenze della vita, sognare in un luogo che si trova sotto la brutalità di un assedio militare ferocissimo.
Ecco perché lo skatepark del porto era importante e simbolico per noi e per i gazawi.Il Gaza FREEstyle si avvicina alla sua decima Carovana di Solidarietà; in questi ultimi anni abbiamo lavorato per costruire una Casa internazionale delle Donne in collaborazione con le associazioni femminili locali.
La demolizione avvenuta stamattina è un brutto segnale, in pochi minuti è stato distrutto ciò che collettivamente avevamo costruito in tanti anni e con tanti soldi.
Come Gaza Freestyle e centro Vik denunciamo questa azione che non trova nessuna giustificazione.
Insieme alle crew di skaters, nei prossimi giorni, andremo a fondo di questa brutta storia. Chiederemo conto di quanto accaduto con i documenti alla mano.
A metà maggio, partirà una delegazione di 5 compagn che andrà per costruire il progetto della casa internazionale delle donne. In quell’occasione porteremo a Gaza più materiale possibile da skate e cercheremo di individuare una nuova area dove fare il park. APRIAMO LA RACCOLTA DI SKATE, TRUCK, ROTELLE, ROLLER, ABBIGLIAMENTO SPECIFICO che porteremo a Gaza tramite una nostra delegazione femminile che partirà a maggio.
Termine della raccolta 14 maggio.
L'articolo Palestina. Distrutto lo skatepark al porto di Gaza proviene da Pagine Esteri.
Unauthorised livestreams: Access blocking harms fans and users
Today, the European Commission recommended measures to fight “livestream piracy”. The text also advocates “blocking injunctions” targeted at Internet Service Providers (ISPs), including “dynamic” blocking injunctions that would allow industry to add new blocking targets without judicial review. The recommendation follows up on the European Parliaments draft resolution in 2021, which called for stricter measures against unauthorised livestreams of sports events. However, such radical measures would result in over-blocking and fails to address the real cause of using unauthorised live streams, argues MEP Patrick Breyer, who was a shadow rapporteur for the 2021 JURI report and voted against the text.
Patrick Breyer, Member of the European Parliament for the German Pirate Party, comments:
“The commercialised sports lobby’s influence on this topic is omnipresent and results in the Commission recommending radical measures that would not only be ineffective, but also harmful to fans and users in general. Requiring ISPs to block access is too easy to circumvent for users by simply changing DNS servers. Blocking access to an entire IP address however results in massive collateral damage to freedom of information by overblocking also access to countless legal content. All in all, the profit-driven quest for ever more draconian measures ignores the obvious: the best way of reducing illegal streaming is to ensure that there is universal and affordable legal access to sport event broadcasts, both subscription-based and pay-per-view.”
Marcel Kolaja, Quaestor and Member of the European Parliament for the Czech Pirate Party:
“Livestreams of sport events are still often impacted by geo-blocking. That means that even some of those sport fans who would like to watch the event legally can’t do so because of their location. Therefore, I believe that when trying to fight illegal streaming, it’s first important to make sure there’s sufficient legal offer. We also have to make sure there is not a set general monitoring principal which could impact legal content as well.”
Digital Bridge: Microsoft’s lobbying — Kids’ privacy codes — Brazilian social media
POLITICO’s weekly transatlantic tech newsletter for global technology elites and political influencers.
By MARK SCOTT
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HELLO, AND WELCOME BACK TO DIGITAL BRIDGE. I’m Mark Scott, POLITICO’s chief technology correspondent, and on the official Stars Wars Day — May 4, to be exact — I’m going to annoy almost everyone who reads this by saying that, for me, the prequels were not as bad as everyone thinks they are. There, I’ve said it. Cue hate mail.
This one goes out to the antitrust nuts among us:
— Microsoft is returning to its old strong-arm lobbying tactics after years of portraying itself as Big Tech’s Mr. Nice Guy.
— The United States is still pursuing protections for children online. But not all of the legislation should be lumped into the same bucket.
— A fight is brewing in Brazil between social media platforms and local politicians over efforts to regulate the biggest platforms.
HOW MICROSOFT JUST CAN’T SHAKE ITS OLD WAYS
FOR THOSE OF US WHO’VE BEEN AROUND THE BLOCK A FEW TIMES, Microsoft is definitely not the staid grandfather of Big Tech — the Mr. Responsible to Meta’s Mr. Reckless, if you will — that many now view the maker of Office, owner of Skype (yes, that still exists) and hopeful acquirer of Activision, the video game giant whose titles include “Call of Duty” and “World of Warcraft,” to be. Over the last decade, Microsoft has tried extremely hard to reposition itself from Public Enemy No. 1 in the eyes of predominantly global antitrust regulators to the tech giant that was urging for greater regulation.
Yet that image of Microsoft — the bland Big Tech giant often outpaced by its younger rivals — is coming to an end. Not only is the company now the world’s second most valuable firm behind Apple with a valuation of more than $2.2 trillion. But it is also increasingly re-entering the lobbying game amid renewed scrutiny from global regulators over its ever-expanding business empire and, as of November, its close ties to OpenAI, the company behind ChatGPT, that it first invested in back in 2019.
The most obvious example of this aggressive stance is how Brad Smith, Microsoft’s president and go-to regulatory whisperer for years, came out swinging after the United Kingdom’s Competition and Markets Authority, the country’s antitrust regulator, blocked the company’s $68 billion takeover of Activision. Smith, well known within the Davos policymaking set, went directly after London’s ability to attract future foreign investment, claiming it was a dark day for Britain, while insinuating the European Union was now a better place to do business.
“This decision, I have to say, is probably the darkest day in our four decades in Britain,” the Microsoft president said a day after the decision was announced. “There’s a clear message here: The European Union is a more attractive place to start a business if you want someday to sell it. The English Channel has never seemed wider.” His angry words weren’t said without thought. The European Commission has until May 22 to make its own ruling on that blockbuster merger, and Smith was making a not-so-subtle reference to Brussels by name-checking those officials in his rebuke to London.
A Microsoft spokesman declined to comment about Smith’s reaction. But, internally, executives were surprised by how the U.K.’s competition authority ruled — and it followed from a similar decision by the U.S. Federal Trade Commission in December that filed a lawsuit to similarly block the multibillion-dollar deal on antitrust grounds. With London and Washington saying no (pending appeals), Microsoft needs Brussels to fall in line if it wants any chance of securing Activision as part of its ongoing expansion into the online gaming world.
Expect more of this hard-nosed talk from Microsoft in the months and years to come. As I outlined back in late 2021, the tech giant has shifted gears from acting as an intermediary between industry and regulators/policymakers on tech issues to one that is willing to fight its corner. Insiders would say that has always been the case, it’s just a question of how that message is communicated externally. But Microsoft has expanded its in-house lobbying muscle, including the appointment of Kate O’Sullivan, a veteran of Microsoft’s previous policy problems more than a decade ago, to help shepherd that strategy.
Antitrust may be the immediate concern. But it’s hard not to look past the ongoing regulatory quagmire that artificial intelligence represents as the next battleground, both for Microsoft and other Big Tech players that, arguably, are the only ones with the big enough data sets to make the technology work at scale. Ever since the company announced its inclusion of ChatGPT into its stable of digital services, experts have questioned whether that expansion — particularly given people’s legitimate concerns about how generative AI works — is wise.
Microsoft says that it has sufficient checks in place to ensure its users are protected from any harmful downside. But it’s also true the tech giant was one of the first companies to call for so-called responsible AI, aligned with the Organization for Economic Cooperation and Development’s landmark AI Principles. So it’s an open question whether the embracing of OpenAI is fully in line with those pledges. “Now, they have a huge stake in OpenAI, so the tune has changed dramatically,” Karine Perset, head of the OECD’s AI unit, told me.
UPDATE ON KIDS’ PRIVACY CODES
OK, I HAVE NEWS. WE ACTUALLY HAVE PRIVACY LEGISLATION in the U.S. to take a look at. But before you break out the champagne, a warning: It’s not going to be pretty. Lawmakers in Washington and several U.S. states are plowing ahead with proposals aimed at protecting kids online — akin to what is already available in the U.K. and California. But as with all new laws, the devil is in the details, and many of these rules leave a lot to be desired. But let’s leave aside the cynicism, at least for a second. Legislation is legislation, so let’s dig in.
First, the Beltway. U.S. Senators Marsha Blackburn and Richard Blumenthal reintroduced their Kids Online Safety Act this week in what is likely to be the closest we may get to new nationwide data protection rules between now and the 2024 election cycle. It has bipartisan support, focuses on reducing the ways that online platforms can target children online, and includes a prescriptive list of harms — everything from the spread of social media posts showing self-harm to those championing suicide — that firms are legally required to stop.
“Our bill provides specific tools to stop Big Tech companies from driving toxic content at kids and to hold them accountable for putting profits over safety,” said Blumenthal. “Kids and parents want to take back control over their online lives. They are demanding safeguards, means to disconnect, and a duty of care for social media.” That’s great. But digital rights groups warn that such prescriptive diktats give parents a lot of control over what their children can see online (not always the best thing) and that it would lead to Big Tech firms self-censoring to avoid falling afoul of the rules.
To be honest, I’m not the biggest fan of those arguments. It’s easy to band about “self-censorship” claims, all while minors are getting recommended harmful content via algorithms designed to keep them on these platforms for commercial gain. But it is true these so-called Age Appropriate Design Codes — first rolled out in the U.K. — have become a catch-all for politicians eager to use any means necessary to gain greater control over what is said, and seen, online.
And that takes us to Utah (please, bear with me). The Beehive State recently passed its own kid-centric privacy rules that name-checked the global push for such design codes via its Social Media Regulation Act. That law came into force this week and gives parents significant rights over what their children can view online. It also includes provisions that require digital platforms to verify the age of any Utah resident’s accounts and obtain the permission of parents or guardians before minors can open an online account. The goal, according to lawmakers, is to put power in the hands of parents over what their kids see online.
What’s not to like, amirite? Well, after the rules came into force, there was a massive increase (based on Google searches) within Utah in the use of so-called virtual private networks, or technology that allows people to mask their locations online. That’s most likely associated with locals — both children and adults, alike — seeking ways to circumvent the new age-verification rules, often to access porn sites that would be off-limits to many under Utah’s new legislation. Other states from Texas to Florida are mulling similar proposals.
I get this is complicated. And I get everyone wants to protect kids. But as U.S. lawmakers follow their international counterparts (“design codes” have also sprouted up in Ireland and Turkey, respectively), they should think through the unintended consequences of seeking over-simplified solutions for complex digital problems. Giving parents complete control of their kids’ online activities may sound like a good idea. But it’s a heavy hammer to bash a delicate nail, and will often lead to tech-savvy children outsmarting adults in ways that policymakers should have thought about before they vote for knee-jerk legislation.
BY THE NUMBERS
SOCIAL MEDIA TUSSLE IN BRAZIL
IT ALL KICKED OFF IN THE SOUTH AMERICAN COUNTRY THIS WEEK. In the build-up to a vote in the country’s parliament on May 2 over a controversial social media law, the likes of Google and Meta pulled out the heavy lobbying tactics — including the search giant promoting an article to its millions of users that claimed the legislation would “make your internet worse” — that drew ire from leading politicians. The proposals would require social media giants to have a legal obligation to find and remove so-called criminal content, and those spreading misinformation could be held criminally liable.
Such rules are deeply divisive in a country that faced a social media-induced (failed) coup earlier this year after Luiz Inácio Lula da Silva beat Jair Bolsonaro to become Brazil’s current president. Much of the offline protests that followed the election were fueled by digital services like WhatsApp, Facebook and Telegram. There’s still a sizeable percentage of the country’s population who believe the vote was rigged. In the end, Brazilian politicians postponed the vote on the social media legislation this week. But tech giants are likely to continue bombarding the country with lobbying efforts — some of which have merit around potential censorship, while others can be seen as strong-arm tactics to convince Brazilians to side with them over local politicians.
WONK OF THE WEEK
BREAK OUT THE BALLOONS. The EU’s new antitrust playbook, known as the Digital Markets Act, officially got underway this week. To mark the occasion, we’re going for not one, but four Brussels-based officials who will be overseeing the legislation that imposes onerous new checks on so-called gatekeepers — digital firms that are seen as so large that their every movement will be scrutinized to the nth degree.
At the top of the pile is [b]Alberto Bacchiega, [/b]who has spent more than 20 years at the Commission in a variety of competition enforcement roles. As the newly appointed director of digital platforms within Brussels’ antitrust unit, he’ll be the one marshaling resources to apply the 27-country bloc’s new rulebook.
Below him are three long-standing officials, who will run the day-to-day investigations and oversight. Lucia Bonova was most recently a member of European Commission Executive Vice President Margrethe Vestager’s cabinet; Michael Koenigwas a senior Commission adviser on digital regulation; and Thomas Kramlerspent just under 20 years working within the bloc’s antitrust enforcement division.
THEY SAID WHAT, NOW?
“From a threat actor’s perspective, ChatGPT is the new crypto,” Meta’s chief information security officer Guy Rosen told reporters this week. “The generative AI space is rapidly evolving. It obviously holds great promise, and bad actors know it, so we should all be very vigilant to stay safe.”
WHAT I’M READING
— The U.S. Federal Trade Commission proposed new limitations on how Meta uses children’s data for profit and how it applies facial recognition technology across its digital services. Read more here.
— Greater international cooperation between governments on how outsiders can access social media data will help to foster world-class research across multiple social media networks, argues Anna Lenhart for Lawfare.
— “Time to freak out” alert: Academics have proposed a method of using machine-learning tools to detect what people are actually thinking. Read more, if you dare.
— OpenAI will carry out a world tour later this month. Cities include Tokyo, Brussels and Jakarta. If you want to meet them, submit your request here.
— Regulators should not seek to ban the use of generative AI, but instead harness the technology via “safety-by-design” principles that can mitigate harms while fostering innovation, claims Julie Inman-Grant, Australia’s eSafety commissioner.
— The EU must increase its regional efforts to open up data in the global battle for setting cross-border privacy rules so that Brussels’ leading role in setting global standards does not slip, according to research from the Institut Montaigne.
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Sabato 6 maggio alle 19, il Teatro Niccolini di Firenze ospita l’Orchestra Erasmus che torna ad esibirsi nell’ambito delle iniziative del Festival d’Europa – SOU4YOU 2023.
Info ▶️ indire.
Ministero dell'Istruzione
#NotiziePerLaScuola Sabato 6 maggio alle 19, il Teatro Niccolini di Firenze ospita l’Orchestra Erasmus che torna ad esibirsi nell’ambito delle iniziative del Festival d’Europa – SOU4YOU 2023. Info ▶️ https://www.indire.Telegram
LOUD AS GIANTS – EMPTY HOMES
I Loud As Giants sono una coppia di musicisti di cui basta il nome per capire che la materia trattata è di alta qualità : Justin K. Broadrick e Dirk Serries. @Musica Agorà
iyezine.com/loud-as-giants-emp…
Loud As Giants - Empty Homes 2023
Loud As Giants - Empty Homes - I Loud As Giants sono una coppia di musicisti di cui basta il nome per capire che la materia trattata è di alta qualità : Justin K. Broadrick e Dirk Serries. - Loud As GiantsMassimo Argo (In Your Eyes ezine)
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Presentazione del libro “La libertà fuori dalla Russia” di Renata Gravina
Lunedì 22 maggio alle ore 18:00 presso l’Aula Malagodi della Fondazione Luigi Einaudi si terrà la presentazione del libro “La libertà fuori dalla Russia” di Renata Gravina
Saluti introduttivi
PASQUALE TERRACCIANO
Direttore Generale per la Diplomazia Pubblica e Culturale, già Ambasciatore italiano a Mosca
Intervengono
ANTONELLO FOLCO BIAGINI
Professore Emerito di Storia dell’Europa Orientale, Rettore Unitelma
PAOLO SAVARESE
Professore Ordinario di Filosofia del Diritto, Università di Teramo
ROBERTO VALLE
Professore Ordinario di Storia dell’Europa Orientale, Università Sapienza
Sarà presente l’autrice
Ingresso libero
L'articolo Presentazione del libro “La libertà fuori dalla Russia” di Renata Gravina proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
VIDEO. Israele uccide a Nablus 3 palestinesi in un raid
Pagine Esteri, 4 maggio 2023. Questa mattina l’esercito israeliano ha ucciso tre palestinesi e ferito almeno altri quattro durante un’incursione nella città di Nablus, nella Cisgiordania occupata.
In un comunicato i servizi di intelligence israeliana hanno confermato le uccisioni, dichiarando che 2 dei palestinesi morti sarebbero responsabili dell’attacco del 7 aprile al nord di Gerico. Durante quel raid furono uccise 3 colonie israeliane, una madre con le due figlie, raggiunte da colpi di arma da fuoco all’interno della propria automobile.
VIDEO
Tre palestinesi – Maed Masri, Hassan Katnani, Ibrahim Hura – sono stati uccisi dall'esercito israeliano nella città vecchia di Nablus. I soldati hanno anche sparato un razzo anticarro. Secondo Israele erano gli autori dell'uccisione di tre colone nella Valle del Giordano. pic.twitter.com/IXiT4eF5AN
— Pagine Esteri (@PagineEsteri) May 4, 2023
La Mezzaluna rossa palestinese ha fatto sapere che durante l’incursione israeliana sono state feriti almeno 4 palestinesi e circa 150, tra cui bambine e bambini di una scolaresca, risultano intossicati dai gas.
Il Ministero della Salute palestinese in un comunicato ha dichiarato che lo stato dei corpi, crivellati dai colpi ha reso difficile l’identificazione. Ma si tratta quasi certamente di Ma’es Masri, Hassan Katnani e Ibrahim Hura.
L'articolo VIDEO. Israele uccide a Nablus 3 palestinesi in un raid proviene da Pagine Esteri.
The Court of Justice confirmed that there is no "threshold" for GDPR damages
La Corte di giustizia ha confermato che non esiste una "soglia" per i danni da GDPR Oggi la CGUE ha emesso la prima decisione sui danni emotivi ai sensi del GDPR.
PODCAST. TURCHIA: le elezioni saranno un referendum su Erdogan
di Marco Santopadre
Pagine Esteri, 4 maggio 2023 – Il prossimo 14 maggio, a pochi mesi dal terremotoche ha devastatomolte regioni, in Turchia si svolgeranno delle elezioni cruciali in un paese spaccato tra i partiti che sostengono il presidente Recep Tayyip Erdoğan, al potere ormai da più di due decenni, e le opposizioni di destra, centro e sinistra che tentano la spallata.
A vincere la sfida delle presidenziali, affermano i sondaggi, potrebbe essere il leader del Partito Repubblicano Popolare, Kemal Kılıçdaroğlu, il quale ha promesso profonde riforme del sistema politico e cambiamenti consistenti nel posizionamento della Turchia a livello internazionale ma che, anche in caso di vittoria, potrebbe avere non pochi problemi a formare un governo stabile e duraturo.
Pagine Esteri ha intervistato il giornalista turco Murat Cinar per capire se effettivamente questa volta le possibilità di una sconfitta del “sultano” sono consistenti e sul perché sta venendo meno nel paese un consenso che ha permesso al leader del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP) di dominare la scena politica turca così a lungo. Pesano la crisi economica e la violazione dei diritti umani e politici dei dissidentie delle minoranze – Pagine Esteri
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Murat Cinar, giornalista e formatore, risiede in Italia (a Torino) dal 2002. Collabora a numerose testate italiane e turche ed è autore di alcune pubblicazioni, tra le quali “Ogni luogo è Taksim” (Rosenberg&Sellier) e “Undici storie di resistenza, undici anni della Turchia” (EBS Print).
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In Cina e Asia – Ritorna il boom del lusso in Cina
Ritorna il boom del lusso in Cina
La NATO aprirà una sede in Giappone
Alle elezioni locali di Hong Kong i cittadini avranno meno potere democratico
I colossi dei microchip Usa sviluppano nuovi modelli per il mercato cinese
La polizia di Shanghai rintraccia uiguri e giornalisti stranieri nello Xinjiang
L'articolo In Cina e Asia – Ritorna il boom del lusso in Cina proviene da China Files.
Un milione di munizioni all’anno. Ecco l’obiettivo dell’Ue
Arriva l’Asap, acronimo questa volta di Act in Support of Ammunition Production, un piano proposto dal commissario Ue per il mercato unico, Thierry Breton, alla Commissione europea, indirizzato a mobilitare 500 milioni del bilancio europeo per incrementare la produzione di munizioni, dai missili ai colpi d’artiglieria. Accanto a questo fondo, indirizzato alle fabbriche del Vecchio continente impegnate nella produzione di munizioni per aumentarne il livello produttivo, l’Act consentirà anche ai Paesi Ue di reindirizzare i fondi di coesione e di recupero verso l’industria della difesa. Il provvedimento dovrebbe essere orientato in particolare a undici Paesi Ue con una forte industria della Difesa, tra i quali naturalmente è presente anche l’Italia.
La misura
Il denaro previsto non è un nuovo stanziamento, ma sarà trasferito dal Fondo europeo per la Difesa (Edf) e dall’Edirpa, il futuro strumento per il rafforzamento dell’industria europea della difesa mediante appalti comuni, su cui si dovrà discutere rispetto agli impatti che tale riposizionamento di fondi potrebbe avere sui progetti in corso e futuri. Tuttavia, il commissario Breton si è detto “fiducioso che entro dodici mesi saremo in grado di aumentare la nostra capacità produttiva a un milione di munizioni all’anno in Europa”. I fondi stanziati serviranno principalmente ad aumentare la capacità produttiva del Vecchio continente in fatto di munizioni, anche finanziando il riadattamento di vecchi lotti, oltre che per incentivare i Paesi a dare priorità alle spedizioni per l’Ucraina rispetto ad altri contratti con le aziende. Secondo Breton i fondi “sono chiaramente sufficienti per raggiungere questo obiettivo” registrando come a suo avviso le aziende europee “in particolare nell’est” abbiano già l’infrastruttura necessaria “per produrre grandi quantità di munizioni di grandi dimensioni”.
Europa al 2%
Tra i segnali mandati dal commissario c’è anche quello di rafforzare la sicurezza collettiva di tutta l’Europa, “abbiamo quattromila chilometri di frontiere con la Russia” ha detto Breton. Ed è per questo che il commissario ha indicato come obiettivo il raggiungimento di spesa previsto dalla Nato, in vista anche del vertice di Vilnius che potrebbe alzare ulteriormente l’asticella. “Incoraggiamo gli Stati membri ad arrivare al 2% del Pil per la difesa” ha ribadito Breton “dobbiamo adattarci a questa nuova configurazione geopolitica e dobbiamo approvare quanto prima questo pacchetto legislativo per permettere all’industria della difesa europea, che ha mantenuto la capacità produttiva, di fabbricare almeno un milione di munizioni all’interno dell’Ue”
Sostenere gli investimenti
Nel complesso, insieme agli Stati membri, l’Ue ambisce a mettere a disposizione un miliardo di euro “per aumentare le capacità europee”, come registrato dal presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, in aggiunta al sostegno fornito con l’European peace facility per la fornitura di munizioni all’Ucraina. In aggiunta, infatti, il commissario Breton ha anche parlato di finanziamenti per co-finanziare l’industria della Difesa tra Paesi europei tramite il Recovery and resilience facility. In questo modo, ha sostenuto Breton, “si spera di riattivare l’accesso ai finanziamenti privati, sia attraverso la Banca europea per gli investimenti, sia attraverso le banche private”.
PRIVACY DAILY 107/2023
I miei stupidi intenti - Bernardo Zannoni
"La storia di un animale, di una faina che scopre il mondo, le sue verità e le sue menzogne. Come fosse un personaggio strappato a Camus, e al tempo stesso a un film della Pixar. Un esordio sorprendente.
«Esistono vari modi di strillare un libro magnifico. Ma solo un modo è giusto per I miei stupidi intenti: leggetelo, leggete questo romanzo in stato di grazia».
Marco Missiroli
Questa è la lunga vita di una faina, raccontata di suo pugno. Fra gli alberi dei boschi, le colline erbose, le tane sotterranee e la campagna soggiogata dall’uomo, si svela la storia di un animale diverso da tutti. Archy nasce una notte d’inverno, assieme ai suoi fratelli: alla madre hanno ucciso il compagno, e si ritrova a doverli crescere da sola.
Gli animali in questo libro parlano, usano i piatti per il cibo, stoviglie, tavoli, letti, accendono fuochi, ma il loro mondo rimane una lotta per la sopravvivenza, dura e spietata, come d’altronde è la natura. Sono mossi dalle necessità e dall’istinto, il più forte domina e chi perde deve arrangiarsi. È proprio intuendo la debolezza del figlio che la madre baratta Archy per una gallina e mezzo. Il suo nuovo padrone si chiama Solomon, ed è una vecchia volpe piena di segreti, che vive in cima a una collina. Questi cambiamenti sconvolgeranno la vita di Archy: gli amori rubati, la crudeltà quotidiana del vivere, il tempo presente e quello passato si manifesteranno ai suoi occhi con incredibile forza. Fra terrore e meraviglia, con il passare implacabile delle stagioni e il pungolo di nuovi desideri, si schiuderanno fra le sue zampe misteri e segreti. Archy sarà sempre meno animale, un miracolo silenzioso fra le foreste, un’anomalia. A contraltare, tra le pagine di questo libro, il miracolo di una narrazione trascinante, che accompagna il lettore in una dimensione non più umana, proprio quando lo pone di fronte alle domande essenziali del nostro essere uomini e donne.
I miei stupidi intenti è un romanzo ambizioso e limpido, ed è stato scritto da un ragazzo di soli venticinque anni. Come un segno di speranza, di futuro, per chi vive di libri."
Roberto Resoli reshared this.
GAZA. Bombardamenti israeliani uccidono un palestinese
della redazione
Pagine Esteri, 3 maggio – Gli ultimi raid israeliani su Gaza, i più violenti da agosto 2022 (circa 50 morti), hanno ucciso un palestinese, Hashel Suleiman, 58 anni, e provocato alcuni feriti oltre a danni a edifici e a una scuola. Il portavoce delle Forze armate israeliane invece riferisce di attacchi contro presunti laboratori per la fabbricazione di armi, campi militari e tunnel appartenenti al movimento islamico Hamas.
L’escalation era cominciata dopo la morte in un carcere del prigioniero Khader Adnan, che da 86 giorni faceva lo sciopero della fame in protesta per la sua detenzione senza processo.
Le organizzazioni armate palestinesi da parte loro hanno lanciato oltre 100 razzi verso il territorio meridionale israeliano provocando qualche danno e feriti leggeri. Pagine Esteri
L'articolo GAZA. Bombardamenti israeliani uccidono un palestinese proviene da Pagine Esteri.
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Non solo una questione di #privacy: "Ministro Piantedosi, il riconoscimento facciale nei luoghi pubblici è una pessima idea!" L'appello di Diletta Huyskes di #PrivacyNetwork_ su Wired
Il riconoscimento biometrico, specie quando implementato da autorità pubbliche, apre a una serie di rischi e minacce che vanno ben oltre, e che riguardano profondamente il cuore della libertà e della democrazia. L’esistenza stessa di questi strumenti nei luoghi pubblici, come le stazioni per esempio, dove transitano migliaia di persone diverse ogni giorno a prescindere da cosa fanno e dove il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, vuole installare telecamere con riconoscimento facciale per questioni di sicurezza, sottopone chiunque a una sorveglianza continua.
wired.it/article/riconosciment…
Piantedosi vuole introdurre il riconoscimento facciale nei luoghi pubblici
Però non sa che c'è una moratoria fino a fine anno. E che serve il parere del Garante della privacy, che in passato ha bocciato queste iniziativeKevin Carboni (Wired Italia)
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Hanno fatto la festa al lavoro | Coniare Rivolta
"Il Consiglio dei ministri del 1° maggio 2023 sarà ricordato come uno dei momenti più alti dell’odio verso i lavoratori e i poveri manifestato da questo Governo, ma anche come esito prevedibile di una politica economica che la cosiddetta opposizione (politica e sindacale) contesta in maniera ingenua e approssimativa, quando va bene, o esplicitamente da destra (!) quando va male."
Prova senza `titolo` con #hashtag @menzione, _underscore e €strani &simboli
@Test: palestra e allenamenti :-)
Testar non nuoce
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È disponibile da oggi la seconda puntata de “Il #MinistroRisponde”!
In questo secondo...
È disponibile da oggi la seconda puntata de “Il #MinistroRisponde”!
In questo secondo appuntamento viene posto l’accento sull’importanza dell’educazione stradale nelle scuole: dai corsi mirati per gli studenti delle secondarie superiori alle misure…
Ministero dell'Istruzione
È disponibile da oggi la seconda puntata de “Il #MinistroRisponde”! In questo secondo appuntamento viene posto l’accento sull’importanza dell’educazione stradale nelle scuole: dai corsi mirati per gli studenti delle secondarie superiori alle misure…Telegram
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Fr. #29 / Di statali cinesi, scetticismi e cypherpunk
Gli statali cinesi saranno pagati in digital yuan
È notizia della scorsa settimana1 che la città di Changshu, della provincia di Jiangsu, inizierà a pagare i dipendenti pubblici con lo yuan digitale a partire da questo mese. Il progetto è iniziato lo scorso anno e ci sono già stati dei test da luglio a settembre 2022 che hanno incluso circa 4.900 persone e un importo pari a 2.54 milioni di digital yuan.
“Le città di Changshu e Suzhou implementano il pagamento completo dello stipendio in renminbi digitale per i dipendenti pubblici”
In realtà, pare che un altro test fosse già iniziato nella città di Suzhou, che ha da poco concluso il primo quadrimestre del pilot. In 4 mesi sono state accumulate dalla città 8 milioni di transazioni, per un valore cumulativo di 170 miliardi di yuan. La città riporta circa 26 milioni di wallet personali e quasi 2 milioni di wallet “pubblici”.
La provincia di Jiangsu vuole creare un ecosistema integrato che possa portare a un’espansione incrementale già da gennaio 2024, includendo anche aree chiave come il commercio al dettaglio, gli stipendi privati e il turismo. Al momento sembra che ben 26 province siano impegnate in test di vario tipo, ma quella di Jiangsu promette di essere la provincia più all’avanguardia sul fronte del digital yuan entro il 2025.
Tempo fa scrivevo che il modo migliore per abituare le persone a usare le CBDC fosse obbligarle a pagarci tributi, imposte, tasse e bolli di vario tipo. Ma in effetti, la Cina fa ancora scuola: quale modo migliore se non sfruttare i dipendenti pubblici?
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Scetticismo verso il dollaro digitale
Michelle Bowman, membro della Federal Reserve Board of Governors, ha di recente offerto la sua opinione in merito all’evoluzione del dollaro in un discorso presso la Georgetown University2.
La sua è un’opinione che non ci si aspetterebbe da parte di chi dovrebbe essere tra i primi e più convinti propositori delle nuove CBDC. Eppure secondo Michelle è difficile pensare che il dollaro digitale possa sostituire sistemi come FedNow, una infrastruttura per i pagamenti elettronici in tempo reale sviluppata dalla Federal Reserve.
Aggiunge poi, c’è il rischio che una CBDC programmabile possa essere in contrasto con la flessibilità e libertà delle monete fisiche o dei depositi bancari, e c’è anche il rischio che questo possa portare alla politicizzazione dei sistemi di pagamento e nel modo in cui la moneta viene usata.
Attenzione però, per quanto ciò sia vero, a Michelle non interessa la vostra di libertà, ma quella della Federal Reserve. Infatti aggiunge: una CBDC con questo tipo di controllo potrebbe minacciare l’indipendenza della Federal Reserve.
Una moneta politicizzata non è altro che un sistema di social scoring sotto mentite spoglie. Negli Stati Uniti qualcuno, anche nella stessa banca centrale, si fa queste domande (anche se per i motivi sbagliati). Da noi, tutto tace. Eppure, l’euro digitale è quasi pronto.
Cypherpunk e altre storie, un viaggio nella storia della sorveglianza di massa
Nell’episodio di oggi del DOMÌNI Podcast parlo di sorveglianza di massa, del movimento cypherpunk e di molto altro, partendo dal 1930. Sì, perché è una storia lunga un secolo ormai.
Perché il Digital Services Act è una legge molto, molto pericolosa
Sempre in tema di interviste, oggi ne è uscita una su Atlantico Quotidiano in cui parlo del Digital Services Act, la nuova legge europea per la “lotta alla disinformazione” e molto altro.
In realtà di lotta alla disinformazione c’è ben poco, come ho già avuto occasione di ripetere più volte. È più una questione di controllo dell’informazione.
Meme del giorno
Citazione del giorno
La rivoluzione in Inghilterra è stata fatta unicamente in vista della libertà, mentre quella di Francia è stata fatta principalmente in vista dell'eguaglianza.
Alexis de Tocqueville
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js.people.com.cn/n2/2023/0424/…
cointelegraph.com/news/us-whol…
Il referendum sulle armi in Ucraina è a rischio ammissibilità, perché in una democrazia matura non ci sono scorciatoie
@Politica interna, europea e internazionale
Alcune considerazioni in punta di diritto sui referendum la cui raccolta delle firme è iniziata il 23 aprile scorso, con due quesiti sull’invio di armamenti
È iniziata il 23 aprile scorso la raccolta delle firme per il cosiddetto referendum pacifista, con due quesiti sull’invio di armamenti.Il primo, promosso dal comitato “Generazioni future”, si propone di abrogare la disposizione (d.l. n. 185/2022, convertito in l. n. 8/2023) che proroga «fino al 31 dicembre 2023, previo atto di indirizzo delle Camere, l’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina». Il secondo quesito, presentato dal comitato Ripudia la Guerra, intende revocare all’esecutivo il potere di derogare al divieto di esportazione, transito e via dicendo di armi a paesi coinvolti nei conflitti. Il passaggio è nella norma della legge sull’invio di armamenti che consente tale deroga qualora essa sia disposta con «deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da adottare previo parere delle Camere» (n. 185/90).
L'articolo su @Valigia Blu a firma di @Vitalba è il miglior filo d'Arianna nel labirinto della complessità normativa
Qui il testo completo
Il referendum contro l’invio di armi all’Ucraina è a rischio inammissibilità
Il referendum contro l'invio di armi in Ucraina presenta due quesiti che potrebbero non essere ammessi dalla Corte costituzionale.Valigia Blu
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Ministero dell'Istruzione
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News da Marte #15 - Coelum Astronomia
"Bentornati su Marte! Oggi abbiamo parecchia carne al fuoco con aggiornamenti da terra, dall’aria e dallo spazio. Iniziamo con questi ultimi. Non solo MRO In questa rubrica vediamo spesso immagini e resoconti del Mars Reconnaissance Orbiter della NASA, ma ci sono numerosi altri satelliti artificiali attorno a Marte."
L'elettrico è il futuro (checchè ne dicano i no-tutto)
L'imprenditore del settore mobilità avveduto ha già capito questo e si è già dato da fare. Da buoni italiani però ci prendiamo sempre all'ultimo e allora corriamo da mamma a piangere inventandoci scuse bambinesche.
lamborghini.com/it-en/modelli/…
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🔊 #Risentiamoli ⏩ JINGO DE LUNCH "PERPETUUM MOBILE"
Quella dei Jingo De Lunch sarà una parabola ascendente rapidissima, che li consacrerà quasi immediatamente tra le realtà più interessanti, per poi vederli sparire in modo quasi improvviso.
iyezine.com/riascoltiamoli-jin…
RIASCOLTIAMOLI - JINGO DE LUNCH "PERPETUUM MOBILE" 1987
RIASCOLTIAMOLI - JINGO DE LUNCH "PERPETUUM MOBILE" - Quella dei Jingo De Lunch sarà una parabola ascendente rapidissima, che li consacrerà quasi immediatamente tra le realtà più interessanti, per poi vederli sparire in modo quasi improvviso.Marco Valenti (In Your Eyes ezine)
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❄️ freezr ❄️
in reply to Informa Pirata • • •Ma poi tutta sta manfrina non è contro i flussi illegali o la visione pirata dei contenuti...
Da utente BSD ti rendi perfettamente che quello a cui realmente puntano è il controllo del dispositivo che usi per accedere ai servizi.
Su BSD a patto di installare mezzo linux dentro il sistema non c'è supporto per nessun EME/DRM.
Avevo un FireTV "hackato" per usare un launcher semplice, è stato tollerato per un periodo poi Amazon ha definitivamente nullificato ogni ulteriore tentativo di simili iniziative.
TV Box e Smart TV, smettono di funzionare con certi servizi intenzionalmente obbligandoti a comprare nuovo hardware.
Ovviamente se l'hardware fosse accessibile, facilmente modificabile, e tutti i sistemi operativi avessero accesso allo streaming proprietario tutto questo non accadrebbe.
Certo ci sono problemi legati ai diritti di visione e incassi persi, ma questo dimostra soltanto che hanno già ottenuto controllo su come accedi a questi contenuti per cui possono iniziare a concentrarsi sui problemi minori...
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