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Ischia e affaire Soumahoro: crisi ambientale, politica, di sistema


La quotidiana ignorata emergenza ambientale, la politica dello scaricabarile e la politica ridotta a immagine. L’Italia è precipitata in una crisi di sistema che riguarda tutti i comparti dello Stato

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Ischia: lo Stato ottuso


Il problema è culturale: da un lato lo Stato non sa fare altro che vietare, dall’altro il cittadino pensa solo al proprio interesse e non si cura, non sa curarsi, dell’interesse collettivo alla protezione dell’ambiente: protezione, non abbandono a sé stesso!

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Il problema dovrebbe essere stato risolto...


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Etiopia, Rapimenti & Saccheggi nel Tigray dopo la tregua


Gli alleati dell’esercito federale etiope stanno saccheggiando proprietà e compiendo detenzioni di massa nel Tigray, secondo testimoni oculari e operatori umanitari. I resoconti sollevano nuove…

Gli alleati dell’esercito federale etiope stanno saccheggiando proprietà e compiendo detenzioni di massa nel Tigray, secondo testimoni oculari e operatori umanitari.

I resoconti sollevano nuove preoccupazioni per le presunte atrocità più di tre settimane dopo che le parti in conflitto hanno firmato una tregua che i diplomatici e altri speravano avrebbe posto fine alle sofferenze nella regione in guerra che ospita oltre 5 milioni di persone.
FILE - Attrezzature mediche e file giacciono danneggiati e saccheggiati dai soldati eritrei in un ospedale che usavano come base, secondo testimoni, ad Hawzen, nella regione del Tigray, nel nord dell'Etiopia, il 7 maggio 2021. Truppe e forze eritree del La regione di Amhara, che ha combattuto a fianco dell'esercito federale etiope nel conflitto del Tigray, ha saccheggiato proprietà e effettuato detenzioni di massa nel Tigray nel novembre 2022, secondo testimoni oculari e operatori umanitari. (Foto AP/Ben Curtis, archivio) 1 di 4 FILE - Attrezzature mediche e file giacciono danneggiati e saccheggiati dai soldati eritrei in un ospedale che usavano come base, secondo testimoni, ad Hawzen, nella regione del Tigray, nel nord dell'Etiopia, il 7 maggio 2021. Truppe e forze eritree del La regione di Amhara, che ha combattuto a fianco dell'esercito federale etiope nel conflitto del Tigray, ha saccheggiato proprietà e effettuato detenzioni di massa nel Tigray nel novembre 2022, secondo testimoni oculari e operatori umanitari. (Foto AP/Ben Curtis, archivio)FILE – Attrezzature mediche e file giacciono danneggiati e saccheggiati dai soldati eritrei in un ospedale che usavano come base, secondo testimoni, ad Hawzen, nella regione del Tigray, nel nord dell’Etiopia, il 7 maggio 2021. Truppe e forze eritree del La regione di Amhara, che ha combattuto a fianco dell’esercito federale etiope nel conflitto del Tigray, ha saccheggiato proprietà e effettuato detenzioni di massa nel Tigray nel novembre 2022, secondo testimoni oculari e operatori umanitari. (Foto AP/Ben Curtis, archivio)
Il Tigray è ancora in gran parte tagliato fuori dal resto dell’Etiopia, anche se le consegne di aiuti nella regione sono riprese dopo l’accordo di cessate il fuoco firmato il 2 novembre in Sud Africa. C’è un accesso limitato o nullo nella regione per i ricercatori sui diritti umani, rendendo difficile per giornalisti e altri ottenere informazioni dal Tigray mentre le forze etiopi continuano ad affermare il controllo della regione.

Le truppe eritree e le forze della vicina regione etiope di Amhara – che hanno combattuto a fianco dell’esercito federale etiope nel conflitto del Tigray – hanno saccheggiato aziende, proprietà private, veicoli e cliniche sanitarie a Shire, una città nord-occidentale che è stata catturata da Le forze del Tigray il mese scorso, hanno detto all’Associated Press due operatori umanitari, parlando in condizione di anonimato per motivi di sicurezza.

Diversi giovani sono stati rapiti dalle truppe eritree a Shire


Diversi giovani sono stati rapiti dalle truppe eritree a Shire, hanno detto gli operatori umanitari. Uno ha detto di aver visto “più di 300” giovani radunati dalle truppe federali etiopi in diverse ondate di detenzioni di massa dopo la cattura di Shire, che ospita un gran numero di sfollati interni.

“Ci sono diversi centri di detenzione in giro per la città”, ha detto l’operatore umanitario, che ha anche notato che le truppe federali etiopi stavano arrestando persone ritenute “associate” al Tigray People’s Liberation Front, o TPLF, il partito politico i cui leader guidavano la guerra contro il governo federale.

I civili accusati di aiutare le forze del Tigray sono detenuti nella città meridionale di Alamata, secondo un residente che ha detto che le forze di Amhara hanno arrestato molti dei suoi amici. Un ex funzionario regionale ha detto che le forze di Amhara stanno anche effettuando arresti “di massa” nella città di Korem, a circa 20 chilometri (12 miglia) a nord di Alamata, e nelle aree rurali circostanti.

La continua presenza delle truppe eritree nel Tigray rimane un punto dolente nel processo di pace in corso


Sia il residente di Alamata che l’ex funzionario regionale, come altri che hanno parlato con AP, hanno chiesto l’anonimato per motivi di sicurezza e per paura di rappresaglie.

La continua presenza delle truppe eritree nel Tigray rimane un punto dolente nel processo di pace in corso, e gli Stati Uniti hanno chiesto il loro ritiro dalla regione.

Il portavoce militare e ministro delle comunicazioni del governo in Etiopia non ha risposto a una richiesta di commento. Anche l’ambasciata dell’Eritrea in Etiopia non ha risposto.

L’Eritrea, che confina con il Tigray, non è stata menzionata nel testo dell’accordo di cessate il fuoco. L’assenza dell’Eritrea dai negoziati per il cessate il fuoco aveva sollevato dubbi sul fatto che il governo repressivo di quel paese, che ha a lungo considerato le autorità del Tigray una minaccia, avrebbe rispettato l’accordo.

Un successivo accordo di attuazione, firmato dai comandanti militari in Kenya, afferma che le forze del Tigray scioglieranno le loro armi pesanti “contemporaneamente al ritiro delle forze straniere e non (federali) dalla regione”.


Un successivo accordo di attuazione, firmato dai comandanti militari in Kenya, afferma che le forze del Tigray scioglieranno le loro armi pesanti “contemporaneamente al ritiro delle forze straniere e non (federali) dalla regione”.

Eppure funzionari umanitari, diplomatici e altri all’interno del Tigray affermano che le forze eritree sono ancora attive in diverse aree del Tigray, danneggiando il processo di pace. Le truppe eritree sono state accusate di alcuni dei peggiori abusi del conflitto, compresi gli stupri di gruppo.

Tigrai Television, un’emittente regionale con sede nella capitale del Tigray Mekele, ha riferito il 19 novembre che i soldati eritrei hanno ucciso 63 civili, tra cui 10 bambini, in un’area chiamata Egela nel Tigray centrale. Quel rapporto citava testimoni, tra cui uno che affermava che alle comunità colpite era stato impedito di seppellire i loro morti.

Il primo ministro etiope Abiy Ahmed e il segretario di Stato americano Antony Blinken hanno discusso l’importanza di attuare l’accordo di pace, “compreso il ritiro di tutte le forze straniere e il simultaneo disarmo delle forze del Tigray” in una telefonata lunedì, secondo il portavoce del Dipartimento di Stato Ned Prezzo.

Quattro giovani sono stati uccisi dalle forze eritree nella città di Axum, nel nord-ovest del Tigray, il 17 novembre


Quattro giovani sono stati uccisi dalle forze eritree nella città di Axum, nel nord-ovest del Tigray, il 17 novembre, ha detto ad AP un operatore umanitario. “Gli omicidi non si sono fermati nonostante l’accordo di pace… e sono stati compiuti ad Axum esclusivamente dalle forze eritree”, ha detto l’operatore umanitario.

Una dichiarazione dell’ufficio di comunicazione del Tigray la scorsa settimana ha affermato che l’esercito dell’Eritrea “continua a commettere orribili atrocità nel Tigray”. Quella dichiarazione affermava che il presidente eritreo Isaias Afwerki “sta portando più unità nel Tigray sebbene (dovrebbe) ritirare le sue truppe” in seguito all’accordo di cessate il fuoco.

I brutali combattimenti, che lo scorso anno si sono estesi nelle regioni di Amhara e Afar quando le forze del Tigray si sono spinte verso la capitale federale, sono ripresi ad agosto nel Tigray dopo mesi di tregua.

Il Tigray è in preda a una terribile crisi umanitaria dopo due anni di restrizioni agli aiuti. Queste restrizioni hanno indotto un gruppo di esperti delle Nazioni Unite a concludere che il governo etiope abbia probabilmente usato “la fame come metodo di guerra” contro la regione.

Le autorità etiopi hanno a lungo negato di aver preso di mira i civili nel Tigray


Le autorità etiopi hanno a lungo negato di aver preso di mira i civili nel Tigray, affermando che il loro obiettivo è catturare i leader ribelli della regione.

Nonostante il cessate il fuoco guidato dall’Unione africana, i servizi di base come telefono, elettricità e banche sono ancora disattivati ​​nella maggior parte del Tigray. Gli Stati Uniti stimano che centinaia di migliaia di persone avrebbero potuto essere uccise nella guerra segnata da abusi da tutte le parti.

L’accordo di cessate il fuoco richiede alle autorità federali di facilitare “l’accesso umanitario senza ostacoli” al Tigray. Il Programma alimentare mondiale ha dichiarato venerdì di aver inviato 96 camion di cibo e carburante nel Tigray dall’accordo, sebbene l’accesso a parti del Tigray centrale e orientale rimanga “limitato”.

L’accesso senza ostacoli al Tigray non è stato ancora concesso nonostante il numero di camion che entrano nella regione, con diverse restrizioni ancora in vigore, ha detto venerdì un operatore umanitario. Ci sono limiti alla quantità di denaro che le organizzazioni umanitarie possono portare nel Tigray, mentre posti di blocco e comandanti militari impediscono i movimenti degli operatori umanitari all’interno della regione, ha affermato l’operatore umanitario.


FONTE: apnews.com/article/africa-ethi…


tommasin.org/blog/2022-11-27/e…



GIALLO #3 E BUDDIES #1


Qualche giorno fa arriva un pacco bel fornito dalla Leviatan Labs. Una casa editrice che seguo da tempo che trovo unica nel panorama sotterraneo italiano del fumetto.

iyezine.com/giallo-3-e-buddies…



BRASILE. Manifestazioni neonaziste raddoppiate in un anno


Attivi prevalentemente su internet, i nuclei neonazisti sono passati da 530 a 1.117. La tendenza va di pari passo con il bolsonarismo L'articolo BRASILE. Manifestazioni neonaziste raddoppiate in un anno proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it

di Glória Paiva*

Pagine Esteri, 25 novembre 2022 – Il 1 aprile 1933, il regime nazista organizzò la prima azione coordinata contro gli ebrei in Germania, che divenne nota come il “Judenboykott”, il boicottaggio a gli stabilimenti di proprietà ebraica. Secondo i portavoce nazisti, i tedeschi “puri” non dovevano frequentare negozi, ristoranti, studi medici, avvocati o altri studi professionali ebrei.

Secondo l’Holocaust Memorial Museum degli Stati Uniti, il boicottaggio era basato sull’idea che gli ebrei avessero “troppa influenza” nell’economia e che fossero i colpevoli della Grande Depressione. Per tutta la giornata, con le liste delle vittime in mano, i nazisti hanno marciato scandendo slogan antiebraici, disegnando sulle vetrine la stella di David e la parola “jude”, appendendo cartelli e intimidendo proprietari e clienti.

Ottantatré anni dopo, quel tragico episodio trova un’eco familiare dall’altro lato dell’Atlantico, con nuovi attori e nuove tecnologie. Alcuni giorni dopo la vittoria di Luís Inácio Lula da Silva al secondo turno delle elezioni presidenziali, la BBC Brasile ha denunciato la diffusione di una serie di “liste di elettori del PT” (Partito dei Lavoratori), cioè elenchi di professionisti, stabilimenti e istituzioni che presumibilmente sostengono Lula. Le liste, create e diffuse da militanti bolsonaristi, vengono condivise in gruppi su Whatsapp, Telegram o sui profili Twitter e Instagram, al fine di boicottare gli elettori di Lula.

Dai bar a chirurghi plastici e a dipendenti pubblici, il servizio della BBC Brasile ha denunciato casi come quello di Monika Ganem, parrucchiera a Maringá (stato del Paraná) che ha ricevuto una telefonata da una cliente chiedendole se stesse “lavorando per Lula”. “Mi sentivo come se fossi nell’inquisizione o nella dittatura militare”, ha detto Monika. Il reportage ha raccontato anche storie come quella di un ristorante di San Paolo che ha avuto le sue foto pubblicate su un social network filo-bolsonarista insieme a dei messaggi di odio e numerose offese.

Il fenomeno delle “liste del PT” non è un fatto isolato e si accompagna ad altre forme di manifestazioni e violenze di carattere politico, razzista, xenofobo e classista, da omicidi durante delle discussioni a sfondo politico agli attacchi ai lavoratori del Movimento Senza Terra da parte di gruppi della estrema-destra. In uno di essi, hanno inciso sui muri del Centro di Formazione Paulo Freire a Caruaru (stato del Pernambuco) il simbolo della svastica e hanno dato fuoco alla casa della coordinatrice dello spazio.

Nelle città di Porto Alegre e San Paolo, nell’ultimo mese, sono diventate note le dichiarazioni di studenti sui social che prendevano di mira la popolazione del nord-est del paese (regione decisiva per la vittoria di Lula) e gli studenti neri. “Voglio che questi nordorientali muoiano di sete”, ha condiviso uno dei membri di un gruppo Whatsapp di una scuola di Valinhos (SP), in cui anche gli altri partecipanti hanno inviato foto e meme di Adolph Hitler. Il gruppo è stato chiamato “Fundação Anti Petismo” e ha organizzato una protesta addirittura nella scuola contro i risultati del secondo turno delle elezioni presidenziali.

Allo stesso tempo, dal 31 ottobre si verificano atti antidemocratici sulle autostrade e nelle prossimità delle caserme delle forze armate in tutte le regioni del Brasile. I manifestanti rifiutano il risultato delle elezioni e chiedono “un intervento militare”, alcuni con passeggiate pacifiche, altri con metodi violenti come bombe fatte in casa, olio versato sulle autostrade, pietre lanciate e pneumatici in fiamme. In una di queste proteste, i sostenitori del presidente uscente, nel mentre bloccavano una strada a Santa Catarina, sono stati ripresi mentre facevano il saluto nazista. Secondo un reportage del quotidiano Estado de São Paulo, politici, agenti di polizia, sindacalisti e capi dell’agro-business incoraggiano le proteste e le finanziano.

L’idea di un intervento delle forze armate e il sentimento di un patriottismo violento, bianco, cristiano e patriarcale contro minoranze, nordorientali, antifascisti, donne e neri, hanno trovato risonanza e si sono nutriti dell’ideologia bolsonarista negli ultimi quattro anni. Le enormi campagne di disinformazione orchestrate dall’estrema destra hanno diffuso i principali messaggi di questa ideologia attraverso le reti sociali creando grandi bolle informative.

Gli studi rivelano una crescita significativa di gruppi, comunità virtuali e manifestazioni di carattere neonazista in tutto il paese. Secondo una delle principali ricercatrici sull’argomento, l’antropologa Adriana Dias, le cellule neonaziste sono più che raddoppiate, passando da 530 nell’ottobre dello scorso anno a 1.117 a novembre 2022. I gruppi sono presenti in 298 città brasiliane e lo stato di Santa Catarina, nel sud, è quello che concentra maggiormente questo movimento, con 320 cellule.

La ricercatrice riferisce di aver individuato 55 tipologie di correnti di pensiero e linee di azione. “C’è un gruppo brasiliano che difende il ritorno dell’apartheid in Sudafrica. Ci sono cellule di sostenitori del Ku Kux Klan e persino neo-confederati, movimenti degli Stati Uniti che hanno ripercussioni in Brasile. La maggior parte dei gruppi sono hitleriani e negazionisti dell’Olocausto”, afferma.

La maggior parte di questi gruppi, dice Dias, opera via internet. Tuttavia, in alcuni casi, le sue attività vanno aldilà dei limiti del virtuale. Il 14 novembre, un’operazione di polizia a Santa Catarina ha interrotto una riunione in cui otto uomini facevano apologia di nazismo. Uno degli arrestati indossava una cavigliera elettronica perché era già stato responsabile per la morte di un cittadino di origine ebraica. Successivamente, il gruppo avrebbe inviato una lettera alle autorità locali chiedendo l’annullamento di una fiera culturale con immigrati haitiani, l’espulsione di neri ed ebrei dallo stato e la liberazione degli otto arrestati – altrimenti, minacciavano, avrebbero compiuto un attacco terroristico, che fino ad ora non è avvenuto.

Secondo Adriana Dias, il neonazismo ha iniziato ad avere registri statistici in Brasile negli anni ’80 ed è cresciuto negli anni 2000 con gruppi revisionisti dell’Olocausto, principalmente nel sud del paese, che è stato in gran parte colonizzato dai tedeschi. Nel 2021, è stata la stessa antropologa a trovare una lettera di Jair Bolsonaro pubblicata su pagine neonaziste nel 2004. Nel 2011, i neonazisti di San Paolo hanno organizzato un atto pro-Bolsonaro. Per l’antropologa e altri specialisti, il bolsonarismo ha una forte relazione con la forte crescita di questi gruppi, in particolare negli ultimi quattro anni.

La strategia di comunicazione di Bolsonaro, sostiene Dias, oscilla tra due livelli. Da un lato, un discorso cristiano e fondamentalista rivolto al suo elettorato evangelico e conservatore, che crede in un Israele apocalittico e al secondo arrivo di Cristo. Dall’altro, un reiterato revisionismo storico segnato da messaggi pro-dittatura, antisemiti e pro-Hitler, e una chiara intenzione di creare un’identità nazionale. Nel 2020 è scoppiata una polemica quando l’ex segretario addetto alla Cultura, Roberto Alvim, ha proferito un discorso con dei frammenti chiaramente plagiati dell’ex ministro nazista Joseph Goebbels, con sottofondo un’opera di Richard Wagner. “Tutto questo non mi suona più come una serie di fatti casuali, ma come un progetto”, dice Adriana.

Sebbene esista, nel Codice Penale brasiliano, il reato di razzismo e di pregiudizio, esperti affermano che la mancanza di una legislazione chiara contro l’apologia del nazismo e l’incitamento all’odio è ancora il principale ostacolo per affrontare questo tipo di crimine. Pagine Esteri

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DOCUMENTARIO. Il cielo di Sabra e Chatila, 40 anni dal massacro.


Presentato il trailer del documentario girato in Libano da Pagine Esteri, Associazione Pixel APS e Spring Edizioni nei campi profughi palestinesi di Sabra e Chatila. L'articolo DOCUMENTARIO. Il cielo di Sabra e Chatila, 40 anni dal massacro. proviene da

Pagine Esteri, 27 novembre 2022 – Presentato il trailer del documentario che, a 40 anni dal massacro dei campi profughi palestinesi di Beirut, Sabra e Chatila, raccoglie testimonianze dei sopravvissuti e storie dei più giovani.

Realizzato da Pagine Esteri, Spring Edizioni e Associazione Pixel APS, oltre a contenere una ricostruzione storica delle fasi che portarono al massacro di centinaia, forse migliaia di palestinesi, soprattutto donne anziani e bambini, il lavoro pone uno sguardo sulla condizione dei profughi palestinesi oggi in Libano, sulle loro aspirazioni, raccontando come il sogno del rientro nella loro terra di origine si scontri con la difficile realtà libanese e la netta chiusura di Israele al “diritto al ritorno”.

All’uscita, prevista per metà dicembre, seguirà un tour di proiezioni e la presentazione all’interno di alcuni Festival cinematografici e culturali.

La realizzazione di Il cielo di Sabra e Chatila sarà possibile anche grazie al sostegno di quanti partecipano alla raccolta fondi lanciata dall’Associazione Pixel APS su Eppela: Il cielo di Sabra e Chatila – Eppela

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Si è conclusa la XXXI edizione di JOB&Orienta!

Dagli ITS Academy all’orientamento,...

Si è conclusa la XXXI edizione di JOB&Orienta!

Dagli ITS Academy all’orientamento, passando per la didattica innovativa, la digitalizzazione, l’occupabilità, il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha portato a Verona i temi vicini al mondo scol…



Quando nel 2013 l’allora Presidente armeno Serzh Sargsyan decise di cedere alle pressioni russe e aderire all’Unione economica eurasiatica invece di firmare l’Accordo di associazione con l’UE, molti si sorpresero per la scarsità di proteste della soc…


Etiopia: Tigray dopo l’accordo di pace


Mekele, la capitale del Tigray, è in rovina economica e gli abitanti sono afflitti dalla fame e dalle malattie. Il recente accordo di pace firmato…

Mekele, la capitale del Tigray, è in rovina economica e gli abitanti sono afflitti dalla fame e dalle malattie. Il recente accordo di pace firmato dal governo federale e dai ribelli del Tigray ha portato speranza.

Prima che la guerra arrivasse nel Tigray , era un rito salutare il mattino alzando lo sguardo verso il cielo azzurro perenne sopra questa provincia settentrionale dell’Etiopia .

Il dottor Kibrom Gebreselassie, direttore generale dell’Ayder Referral Hospital nella capitale Mekele, non ha potuto farlo per due anni.

“Quando uscivi di casa, la prima cosa che facevi era guardare il cielo”, ha detto a DW.

L’ ospedale ha lottato per fornire anche l’assistenza sanitaria di base ai pazienti , ha detto Kibrom.

“Un bel cielo limpido significava morte perché ci aspettavamo droni quel giorno.”
Pazienti all'Ayder Referral Hospital di Mekele, Tigray, nel luglio 2021Pazienti all’Ayder Referral Hospital di Mekele, Tigray, nel luglio 2021
Residenti segnati e spaventati

Per i medici oberati di lavoro presso la struttura a corto di personale, dice il dottor Kibrom Gebresilase, cieli sereni significavano “loro [l’esercito federale] bombarderanno Mekele e più persone moriranno, rimarranno traumatizzate”.

L’ accordo di pace raggiunto tra il governo federale dell’Etiopia e il Tigray People’s Liberation Front (TPLF) in Sud Africa il 2 novembre 2022, e la successiva tabella di marcia concordata tra i vertici militari delle due parti in Kenya , hanno portato speranza nel Tigray.

I residenti che hanno subito violenze per mano delle forze federali etiopi, dell’esercito eritreo e delle milizie amhara, tuttavia, sono segnati e spaventati.
Il Consiglio delle organizzazioni della società civile dell'Etiopia ha chiesto la piena attuazione dell'accordo di paceIl Consiglio delle organizzazioni della società civile dell’Etiopia ha chiesto la piena attuazione dell’accordo di pace
“La pace è una precondizione per tutto”

Le linee di comunicazione sono ancora interrotte a Mekele, dove vive il funzionario Solomon Tsige, e nel resto della regione. Solomon ha detto che non riceve uno stipendio da due anni a causa della guerra.

“La pace è una precondizione per tutto”, ha detto a DW. “Sono contento dell’accordo di pace. Ora speriamo di poter riprendere le attività economiche, ristabilire banche, trasporti e altri servizi a beneficio della popolazione”.

Il comandante in capo delle forze di difesa del Tigray (TDF), il generale Tadesse Werede, ha parlato ai giornalisti a Mekele dell’accordo di pace per la prima volta questa settimana. Nelle sue parole, l’accordo è un “percorso per una pace duratura”

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Venerdì il Programma alimentare mondiale (WFP) ha affermato che le consegne di aiuti nel Tigray “non soddisfano i bisogni” della regione colpita, anche se un cessate il fuoco prende piede nell’Etiopia settentrionale dilaniata dalla guerra.

Il ripristino delle consegne di aiuti al Tigray è stata una parte fondamentale dell’accordo di pace. Il WFP ha affermato che tutti e quattro i corridoi stradali nel Tigray sono stati riaperti dopo il cessate il fuoco e che i voli umanitari stavano volando verso le principali città.

“Tuttavia, le consegne di assistenza all’interno del Tigray non corrispondono alle esigenze e il WFP ei suoi partner cooperanti hanno urgente bisogno di accedere a tutte le parti della regione”, secondo una dichiarazione dell’agenzia delle Nazioni Unite

Nessun trasporto, internet o servizi bancari

Un gruppo di 72 organizzazioni non governative (ONG) indipendenti con sede nel Tigray sostiene l’accordo di pace tra il governo federale e il TPLF. L’accordo aiuterebbe le vittime della guerra ad accedere agli aiuti umanitari e all’assistenza sanitaria, ha affermato il Consorzio della società civile del Tigray.

“Ci aspettiamo che le due parti mantengano la loro promessa. La nostra gente ha vissuto nel dolore per più di due anni. Crediamo che le divergenze politiche debbano essere risolte attorno a un tavolo. Raggiungere un accordo è una cosa, ma l’accordo dovrebbe essere attuato”, afferma il consorzio. Il direttore esecutivo, Yared Berhe, ha detto ai giornalisti nel Tigray.

“Per quanto riguarda il loro accordo di pace, devono lavorare per la pace, dovrebbero permettere alle persone di vivere in pace”.

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Daniel Mekonnen, vice capo della Tigray Investment Commission, ha affermato che uno dei primi passi necessari una volta attuata la pace sarà la ricostruzione delle infrastrutture e delle imprese.

“Non c’è trasporto aereo. Quegli investitori che stavano esportando i loro prodotti e le fabbriche del Tigray Endowment Fund, come Addis Pharmaceuticals e Adwa Textiles, hanno bisogno di trasporto. Molte fabbriche stavano esportando i loro prodotti in diverse parti del mondo”, ha detto a DW .

“Ora è impossibile senza connessioni Internet e le imprese hanno bisogno di servizi bancari. Quelle fabbriche che hanno beneficiato di prestiti bancari sono ora distrutte. Quindi hanno bisogno di un sostegno politico speciale”.

A cura di: Benita van Eyssen


FONTE: dw.com/en/ethiopia-tigray-afte…


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L'evoluzione del Credito Sociale cinese


In Cina arriva la Social Credit System Construction Law, che promette di essere il benchmark globale per l'applicazione dei sistemi di credito sociale anche in occidente.

Molto spesso su queste pagine ho avuto l’occasione di parlare di credito sociale. Tra sistemi più o meno sviluppati e sperimentazioni locali, gli esempi non mancano di certo. La Cina è da sempre un benchmark, anche seil sistema oggi è ancora lontano da come lo immaginano la maggior parte delle persone.

Esistono alcune sperimentazioni pilota e qualche sistema locale, ma a parte questi —poca roba. Non significa però che al governo non interessi portare avanti il progetto. Anzi, sembra proprio che vogliano dare una grande spinta al suo sviluppo.

Dal covid pass al credito sociale


Si sa, il governo cinese è disposto a tutto pur di mantenere l’ordine sociale. Lo dimostra l’uso estensivo dei covid pass in questi mesi, mentre l’occidente sembra invece aver mollato la presa. Il covid pass, come detto più volte anche su queste pagine, d’altronde non è altro che un grezzo e limitato sistema di credito sociale spacciato per altro: verde, sei tra i buoni; rosso—in punizione.

Il governo cinese non ne fa mistero: negli ultimi mesi non hanno avuto alcun problema a usare il covid pass per smorzare sul nascere scomode proteste, cambiando lo stato del pass dei manifestanti da verde a rosso. Ricordo che un covid pass rosso in Cina equivale alla carcerazione coatta in “campi di quarantena” dove si sa quando si entra, ma non si sa quando si esce.

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Ma perché limitarsi al covid pass, quando si può invece creare un sistema molto più pervasivo e soprattutto completamente integrato in ogni ambito umano ed economico?

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L’evoluzione del sistema di credito sociale


È qui che entra in gioco la nuova proposta di legge chiamata “Social Credit System Construction Law of the People's Republic of China”.

Come riportato dai comunicati stampa governativi di questi giorni, la legge ha lo scopo di mobilitare il governo e guidare le parti sociali verso una cultura dell’onestà, standardizzando i flussi e i processi informativi e creando meccanismi in grado di incentivare l’onestà e punire la disonestà.

La nuova legge conta più di 100 articoli abbastanza complessi, e la traduzione dal cinese non aiuta. Cercherò però di fare una breve sintesi al meglio delle mie capacità, evidenziando i punti più interessanti. Poi cercheremo di capire insieme in che modo le idee del governo comunista cinese stiano già influenzando la politica e la cultura occidentale.

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Purtroppo, la Social Credit System Construction Law, potrebbe essere uno sguardo sul nostro futuro.

Cosa dice la legge


Il primo articolo definisce l’oggetto della legge, già anticipato anche dai comunicati stampa: “migliorare il sistema di credito sociale, innovare il sistema di governance sociale, ottimizzare il commercio, standardizzare l’economia socialista, aumentare l’integrità di tutta la società, promuovere i valori socialisti ed estendere il sistema di credito sociale a tutta la società”.

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Calenda fa bene ad andare da Meloni. Parola di Einaudi


In esilio durante il fascismo, e prima di diventare presidente della Repubblica, disse che l’oppositore il quale è riuscito a modificare un solo comma di una norma sarà più orgoglioso del ministro che l’ha proposta Quando la democrazia era un sogno e il f

In esilio durante il fascismo, e prima di diventare presidente della Repubblica, disse che l’oppositore il quale è riuscito a modificare un solo comma di una norma sarà più orgoglioso del ministro che l’ha proposta


Quando la democrazia era un sogno e il fascismo una realtà, dall’esilio Luigi Einaudi tesseva le lodi della “discussione” e del “compromesso” come elementi imprescindibili di una politica effettivamente libera e liberale. Così, nel 1939, il non ancora presidente della Repubblica descriveva sentimenti e modalità di quello che avrebbe dovuto costituire il normale rapporto tra maggioranza e opposizione in Parlamento (luogo fatto, appunto, per parlarsi): “L’oppositore il quale, dopo vivacissima discussione e lunghe schermaglie, è riuscito a far modificare la dizione di un articolo, a far introdurre un nuovo comma, ad attenuare o ad accentuare la norma originariamente proposta, è forse più orgoglioso della variazione chiesta ed ottenuta con fatica di quel che non sia il ministro proponente del suo trionfo nel voto finale”.

La Politica, dunque, come mediazione continua. Una mediazione feconda. Una mediazione che presuppone il riconoscimento e il confronto costante tra vincitori e sconfitti alle elezioni. Vincitori che possono trarre vantaggio dal parere degli sconfitti, sconfitti che si trasformano in vincitori nel momento in cui riescono anche solo a “modificare la dizione di un articolo” o a “far introdurre un nuovo comma” in una legge.

Sono passati oltre ottant’anni, è passato il fascismo, la democrazia non è più un sogno. È una realta. Una realtà evidentemente svalutata se, tra leoni da tastiera, conigli ruggenti e rivoluzionari da salotto, c’è chi trova sconveniente che un leader di opposizione come Carlo Calenda offra ai partiti di maggioranza e al governo di Giorgia Meloni le proprie idee di politica economica nella speranza di far introdurre almeno un nuovo comma nella legge di bilancio.

Huffingtonpost

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No a Whatsapp


Sono d'accordo, bisognerebbe abbandonare whatsapp, ma per dove? Telegram?!


Interessante articolo: Ostinarsi all'uso di Whatsapp: come perseverare inconsapevolmente. I perché dei nostri «No»
https://notes.nicfab.it/it/posts/nowa/



Girovagando su Facebook tra i gruppi dedicati all'aeronautica ho trovato una bella storia, con un tocco umoristico, dedicata allo "spirito di corpo", scritta da un pilota di G-91.
Ho voluto ricondividerla nel fediverso, cogliendo anche l'occasione per accennare dell'esistenza di Feddit su quell'altro social là, che male non fa.


Le relazioni tra Repubblica Democratica del Congo (RDC) e Ruanda sono in una fase di costante deterioramento dallo scorso giugno.


Interessante articolo: Ostinarsi all'uso di Whatsapp: come perseverare inconsapevolmente. I perché dei nostri «No»
notes.nicfab.it/it/posts/nowa/

Antonino Campaniolo 👣 reshared this.



Il Sole in un incredibile video in 8K! | Passione Astronomia

I dettagli del Sole, la nostra Stella, come non li abbiamo mai visti grazie alla sonda Solar Dynamics Observatory della NASA

passioneastronomia.it/il-sole-…



Mercati finanziari: facciamo il punto sulle strategie più gettonate per investire in criptovalute


Sempre più persone decidono di investire in criptovalute per il semplice motivo che questo asset è ormai sempre più conosciuto e in grado di risultare particolarmente interessante. Analisti e investitori cercano costantemente di comprendere quali possano essere le crypto in grado affermarsi nel prossimo futuro e quindi di acquisire un valore significativo, come successo negli […]

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Caso Soumahoro, il problema è democratico, non personale - Kulturjam

"Tutto si riduce a questioni di comunicazione. Una manciata di saggi, lontani dall’umidità delle sezioni, ragionano su come impacchettare il prodotto perché possa accattivare i consumatori per la prossima campagna pubblicitaria. Per individuare parole d’ordine spendibili nella futura competizione di mercato, nella quale le star più seducenti venderanno le proprie militanze. Perlopiù indistinguibili l’una dall’altra."

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Colombia: la ‘paz total’ del Presidente ex guerrigliero


'Paz total', pace totale. E' il grande progetto di Gustavo Petro, il primo Presidente di sinistra della Colombia, economista ed ex guerrigliero. Pace con tutti i 26 gruppi di guerriglieri che, dopo 70 anni di conflitto. Dal 21 novembre sono partiti i dialoghi con l'ELN. Ecco gli ostacoli

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Friendica è un software magnifico da utilizzare e, anche se è sicuramente meno immediato e facile da usare rispetto a mastedon, rappresenta ad oggi l'ambiente che consente la migliore esperienza d'uso nel fediverso.

PURTROPPO PERÒ non consente agli utenti di operare segnalazioni su contenuti inappropriati, nemico consente agli amministratori di leggere le segnalazioni provenienti dalle istanze #mastodon, #pleroma, #misskey o #lemmy

Se riscontrate contenuti inappropriati su #poliverso, segnalateli perciò direttamente a noi oppure ad @Signor Amministratore

in reply to Signor Amministratore ⁂

ieri ho provato con il computer... Non saprei fare il tethering: non riesco a far andare internet con l'hotspot del telefono 🤷‍♀️
in reply to Eileen194

@Eileen194 mi sono dimenticato di dirtelo, ma ti ricordo che il tethering funziona solo se il tuo computer dispone di una scheda di rete wi-fi. In ogni caso ti basta andare sulle impostazioni del telefono e cercare la voce WiFi, Tethering o router wi-fi, decidere il nome della rete e stabilire una password. A quel punto devi attivare il tethering e connetterti dal tuo computer sulla rete wi-fi con lo stesso nome che hai dato tu. Per curiosità però mi sapresti dire con quale gestore internet di rete fissa ti colleghi? E infine, hai provato a connetterti attraverso Tor browser? Tor è un sistema che ti permetterebbe di bypassare eventuali blocchi del tuo gestore di rete fissa


Holodomor, genocidio per fame


Durante la guerra russa all’Ucraina, l’esercito di Putin si è appropriato delle scorte di grano delle regioni conquistate, ne ha impedito l’esportazione, e ha usato la distribuzione di cibo nelle zone occupate come uno strumento per il controllo e la sott

Durante la guerra russa all’Ucraina, l’esercito di Putin si è appropriato delle scorte di grano delle regioni conquistate, ne ha impedito l’esportazione, e ha usato la distribuzione di cibo nelle zone occupate come uno strumento per il controllo e la sottomissione della popolazione. L’uso del ricatto della fame nei confronti della popolazione è un’eco sinistra della più grande catastrofe, insieme alla Seconda guerra mondiale, della storia ucraina.

In questo inverno di guerra cade infatti il novantesimo anniversario dello Holodomor, lo “sterminio per fame” (dalle parole ucraine holod , “fame”, e moryty, “portare all’esaurimento, uccidere”). La grande carestia in Ucraina fu la più grande tra quelle provocate dalla violenta campagna di asservimento di più di cento milioni di contadini e nomadi allo stato sovietico, ovvero la loro concentrazione forzata nelle fattorie collettive, una misura decisa alla fine del 1929 da Stalin per estrarre più facilmente il raccolto da parte di un regime impegnato in una forsennata espansione dell’industria pesante e militare

Il grano sottratto ai contadini era sia usato per nutrire città ed esercito, sia esportato, insieme al legname e altre materie prime, in modo da ottenere valuta forte e importare tecnologia per l’industria: una politica che l’incompetenza economica, l’ideologia comunista, e le pratiche violente abituali fin dalla guerra civile portarono il gruppo di Stalin a mettere in atto attraverso l’abolizione del mercato legale e un programma di sfruttamento violento degli agricoltori.

Per spezzare preventivamente la resistenza contadina e allo stesso tempo dotare le nuove fattorie collettive di attrezzi agricoli e bestie da soma, i contadini più intraprendenti (a cui lo stato affibbiò l’etichetta spregiativa di kulak , ovvero strozzini e sfruttatori rurali, una categoria pseudo-classista che fu poi estesa a chiunque si opponesse alla collettivizzazione) furono deportati con le loro famiglie verso la Siberia, la Russia del nord, il Kazakistan: in tutto 2,25 milioni nella prima metà degli anni trenta.

Queste deportazioni non impedirono comunque una vastissima ondata di rivolte nelle campagne, particolarmente imponenti in Ucraina, Kazakistan e nel Caucaso, in cui contadini male armati uccisero centinaia di comunisti e amministratori. Almeno il 10 per cento dei contadini deportati morì poi di fame (soprattutto quelli abbandonati nelle steppe kazache all’apice della carestia): la morte di centinaia di migliaia di loro fu un evento parte del “grappolo” di distinte carestie provocate dalla collettivizzazione.

Nei primi anni trenta una serie di carestie regionali si diffuse infatti – paradossalmente – nelle principali regioni cerealicole sovietiche: l’Ucraina, il Caucaso settentrionale e la regione del Volga.

La carestia in Kazakistan ebbe una dinamica differente.

Nell’estate del 1930, il Cremlino decise di usare il bestiame dei kazachi, il più grande popolo nomade-pastorale sovietico, per nutrire la popolazione di Mosca, Leningrado e altri centri industriali, e per fare fronte alla mancanza di forza da traino nelle fattorie collettive in Russia (i contadini avevano macellato e mangiato il bestiame, o l’avevano venduto sul mercato nero, piuttosto che consegnarlo allo stato).
Le violente e caotiche campagne di requisizione dei successivi due anni lasciarono ai kazachi un decimo degli animali che avevano nel 1929, provocandone la morte di massa per fame: un terzo della popolazione (circa 1,5 milioni di persone) perse la vita, la proporzione più alta di
qualsiasi popolo sovietico

Anche grazie al saccheggio del bestiame kazaco, per ragioni legate alla stabilità del regime durante le carestie gli abitanti di Mosca e Leningrado furono nutriti meglio di tutti gli altri abitanti delle città sovietiche dal sistema di razionamento statale, che escludeva la popolazione rurale. Gli storici stimano che le carestie sovietiche dei primi anni trenta uccisero circa 6 milioni di persone, concentrate in Ucraina (più di metà delle vittime), Kazakistan (un quarto delle vittime) e nel Caucaso settentrionale. La denutrizione e le malattie epidemiche a essa collegate uccisero centinaia di migliaia di persone anche in Russia, in particolare nella regione del Volga(soprattutto
nella Repubblica autonoma dei tedeschi del Volga) e negli Urali.

La carestia in Ucraina, la più grande in questo “grappolo” di eventi collegati, deve essere pensata come formata da due fasi distinte: la prima nel 1932, quando morirono circa 250 mila persone a causa delle requisizioni di grano e della disorganizzazione del ciclo agricolo dovuta a collettivizzazione e deportazioni; poi, tra gennaio e luglio 1933, la seconda fase mieté più di 3 milioni di vite. La dilatazione della carestia fu causata dalle misure feroci prese a partire dal tardo autunno del 1932 per spezzare sia la refrattarietà contadina al lavoro nelle fattorie collettive, sia quella che era percepita come una resistenza da parte degli apparati inferiori ucraini del Partito e dello stato. Il circolo vizioso tra quote di approvvigionamento eccessive e resistenza attiva e passiva dei contadini portò Stalin a sviluppare quella che lo storico Terry Martin ha definito “l’interpretazione nazionale” dell’opposizione dei contadini ucraini alle politiche bolsceviche.

Secondo Stalin, che qualche anno prima aveva definito i contadini “l’esercito” di qualsiasi movimento nazionalista, gli agricoltori ucraini resistevano alle politiche statali a causa dei loro sentimenti nazionalisti. Per il dittatore, questa resistenza equivaleva a un tentativo di minare gli sforzi sovietici di industrializzazione e di mettere perciò in pericolo l’esistenza stessa dello stato, minacciato da potenziali guerre sia in Europa sia in Asia. Tale interpretazione fu poi estesa ad altre aree: il Kuban con le sue vaste popolazioni ucraine e cosacche (i cosacchi erano stati etichettati, anche se non coerentemente, come gruppo nemico durante la Guerra civile) e, in misura minore, la Bielorussia.

A partire dal novembre 1932, gli inviati plenipotenziari di Mosca (Lazar Kaganovich si recò inUcraina) adottarono misure letali, tra cui il divieto di consegnare qualsiasi tipo di merce ai villaggi che non avessero rispettato le quote di consegna del grano, e soprattutto multe e requisizioni punitive di ogni alimento scovato dalle squadre di requisizione. Per le comunità rurali queste misure equivalevano a una condanna a morte. Kaganovich aumentò poi le requisizioni di grano, comprese le riserve di sementi, a partire dalla fine di dicembre.

Queste misure si accompagnarono a un’ondata repressiva da parte della polizia politica, che arrestò circa 210 mila persone in Ucraina tra l’estate 1932 e la fine del 1933, un numero molto più elevato rispetto a qualsiasi altra regione sovietica. Lo stato decise quindi di usare la carestia già in corso come un’arma sterminatrice contro i contadini ucraini. Questa decisione, presa a Mosca molto probabilmente a metà novembre, ingigantì il disastro, condannò a morte milioni di persone, e aumentò la fuga di massa dalle campagne verso le città e le altre repubbliche sovietiche.

Nel gennaio 1933 il Cremlino decise di criminalizzare la migrazione dei profughi della carestia, che minacciava di privare le fattorie collettive della residua forza lavoro. Il 22 gennaio una direttiva segreta firmata da Stalin ordinò di impedire la fuga dei contadini dall’Ucraina e dal Kuban. Due mesi dopo, 225 mila profughi erano stati arrestati; l’85 per cento di loro fu rimandato ai luoghi di origine, dove molti trovarono la morte per fame, mentre il resto fu esiliato o imprigionato nei campi del Gulag, che era in espansione proprio per la massa di contadini arrestati e deportati durante la collettivizzazione.

Le misure di repressione connesse con le campagne di ammasso del grano si accompagnarono a una svolta nelle politiche culturali. Nel dicembre 1932 il Politbjuro di Mosca ridimensionò le politiche di ucrainizzazione istituite nel 1923 che promuovevano la lingua e la cultura ucraine, e incrementavano la presenza degli ucraini nel Partito comunista e nell’amministrazione statale dell’Ucraina sovietica. Nella regione russa del Kuban, abitato da milioni di ucraini, l’insegnamento in ucraino fu vietato. Le repressioni contro le Chiese e contro l’intellighenzia ucraine, già iniziate nel 1930, si intensificarono.

Una vasta purga si abbatté sugli apparati in Ucraina: nel corso del 1933 un quarto dei membri del Partito fu espulso; il 70 per cento dei segretari distrettuali fu rimosso dall’incarico, così come la metà dei presidenti delle fattorie collettive: centinaia di loro furono processati e giustiziati per sabotaggio della campagna di ammassi. Membri dell’élite comunista ucraina furono accusati di aver difeso i contadini contro lo stato e di connivenza con la loro resistenza, portando a una ondata di arresti e anche di suicidi, come quello di Mykola Skrypnyk, che aveva
guidatol’ucrainizzazione come commissario del popolo all’istruzione fin dal 1927. Mosca si rifiutò di aiutare le zone più colpite fino alla primavera del 1933, quando fu inviato del grano per garantire la semina, e dunque il grano per lo stato, ma la morte di massa ebbe fine solo con il raccolto nella tarda estate.

La carestia non fu usata per uccidere il maggior numero possibile di ucraini, ma come arma per sottomettere i contadini ucraini a costo di un loro parziale sterminio. Anche i contadini russi e i nomadi kazachi furono assoggettati al nuovo sistema di lavoro nelle fattorie collettive, ma tra le regioni sovietiche, solo in Ucraina erano presenti dei fattori aggiuntivi che portarono il Cremlino a trasformare la carestia in un’arma di sterminio. L’Ucraina era la repubblica sovietica in cui l’inclusione dei non-russi nell’amministrazione locale aveva avuto maggior successo, e in cui i quadrilocali si opposero maggiormente alle politiche del Cremlino; l’Ucraina era la regione sovietica con la più forte tradizione nazionalista, unita a un recente passato di insurrezioni contadine durante la guerra civile combattuta un decennio prima; l’Ucraina era infine in una posizione geopolitica critica: una terra di confine prossima a stati nemici come la Polonia e, dal gennaio 1933, la Germania ormai hitleriana.

Le altre principali regioni cerealicole erano lontane da confini pericolosi,l'”indigenizzazione” dei quadri del Partito e dello stato aveva avuto meno successo, e la resistenza nazionalista e contadina antibolscevica era stata più debole. Dato questo contesto politico e geopolitico, fu in Ucraina che una delle numerose carestie regionali provocate dalle campagne di collettivizzazione e deportazione fu trasformata da Stalin e dai suoi collaboratori nello Holodomor, lo sterminio che impose l’asservimento della popolazione rurale superstite allo stato staliniano.

Il Foglio

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Le ‘spade di Damocle’ su Trump 2024


Non si può dire che l’ufficializzazione della candidatura di Donald Trump alla corsa presidenziale del 2024 giunga inaspettata. Dopo la sconfitta nelle elezioni del 2020, l’ex Presidente ha manifestato in più occasioni la sua intenzione di tornare alla Casa Bianca, sostenuto in questo dal consenso di una fetta importante dell’elettorato repubblicano. Negli ultimi due anni, ‘The […]

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Whistleblowing: ‘fai un fischio’ all’ impresa responsabile


Il whistleblowing è una opportunità aziendale ed etica. Spesso è rappresentato con l’immagine di un fischietto che potrebbe sembrare una ‘deminutio capitis’, ma è invece l’etica aziendale con impatto. Infatti, il concetto di whistleblowing identifica una persona che lavora in un’impresa o in ente pubblico o privato che denuncia illeciti commessi al suo interno, le […]

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Il World Economic Forum presenta il proprio disegno per la scuola del futuro

«L’istruzione è vista sempre più come preparazione al lavoro da cui scompaiono o diventano molto marginali lo sviluppo del senso critico, la formazione culturale personale e l’ambito teorico per privilegiare la dimensione pratica. L’obiettivo del WEF è presto detto: sfornare “macchine” – formate su precisi modelli curricolari prefissati – da dare in pasto alle aziende, predisponendo modelli educativi che sono nient’altro che un ponte verso il paradigma liberal-capitalista del lavoro.»

lindipendente.online/2022/11/2…



Mercatino di Natale Che stella


Dal 7 al 23 dicembre parteciperò al mercatino di Natale Che Stella, organizzato da Music for Peace, a Genova Sampierdarena, con un banchetto di Dalo Creazioni, oggetti e gioielli in legno lavorati a mano!! Veniteci a trovare!!


La saga continuaNulla di conclusivo al Consiglio straordinario sull'energia di ieri. L’incontro, in cui i ministri avrebbero dovuto approvare un più ampio pacchetto di proposte per limitare i prezzi energetici del prossimo anno, si è invece nuovament…


I ‘tweet’ di Elon Musk contro la democrazia


“Rimane il fatto che capire la gente non è vivere. Vivere è capirla male, capirla male e poi male e, dopo un attento riesame, ancora male. Ecco come sappiamo di essere vivi: sbagliando” (P. Roth, Pastorale americana) Il 19 novembre appena passato alle ore 1:47 am vengono pubblicati su Twitter for phone dal sito personale […]

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Oggi il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha partecipato a Job&Orienta, all’evento “Idee, tecnologie e sostenibilità. È tempo di ITS”.

“È in luoghi come questo che si costruisce il futuro dell’Italia.



Mondiali Qatar 2022: ribaltamenti calcistici, politica e situazioni delicate


Appena fuori dai blocchi di partenza, la Coppa del Mondo in Qatar ha già prodotto una buona dose di sconvolgimenti, nonché situazioni e incidenti politicamente e personalmente delicati. La sconfitta per 2:0 del Qatar contro l’Ecuador nella partita di apertura del torneo ha rafforzato la convinzione dei critici che lo stato del Golfo non avrebbe […]

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USA: niente compromessi per la supremazia nell’ Indo-Pacifico


L’ASEAN Defence Ministers’ Meeting Plus (ADMM-Plus), ospitato dalla Cambogia, riflette ancora una volta i crescenti timori sulle ramificazioni a spirale delle tensioni nel Mar Cinese Meridionale, dove gli attori regionali interessati hanno opzioni limitate per ottenere sostegno o deterrenza. Facendo affidamento su piattaforme diplomatiche e di dialogo formali, tra cui ADMM+ come meccanismo per ridurre […]

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L’aumento dei casi di coronavirus svela i limiti della strategia “zero covid” di Pechino. E scoppiano le proteste.


Cina: dominio nella catena del valore del solare fotovoltaico


La concentrazione della capacità produttiva del solare fotovoltaico (FV) in Cina, insieme al controllo della Cina sui minerali che entrano nella produzione di moduli solari fotovoltaici, ha determinato la leadership cinese, e il tentativo occidentale di reagire, il quale avrà un costo non indifferente

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BRASILE. Manifestazioni neonaziste raddoppiate in un anno


Attivi prevalentemente su internet, i nuclei neonazisti sono passati da 530 a 1.117. La tendenza va di pari passo con il bolsonarismo L'articolo BRASILE. Manifestazioni neonaziste raddoppiate in un anno proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it

di Glória Paiva*

Pagine Esteri, 25 novembre 2022 – Il 1 aprile 1933, il regime nazista organizzò la prima azione coordinata contro gli ebrei in Germania, che divenne nota come il “Judenboykott”, il boicottaggio a gli stabilimenti di proprietà ebraica. Secondo i portavoce nazisti, i tedeschi “puri” non dovevano frequentare negozi, ristoranti, studi medici, avvocati o altri studi professionali ebrei.

Secondo l’Holocaust Memorial Museum degli Stati Uniti, il boicottaggio era basato sull’idea che gli ebrei avessero “troppa influenza” nell’economia e che fossero i colpevoli della Grande Depressione. Per tutta la giornata, con le liste delle vittime in mano, i nazisti hanno marciato scandendo slogan antiebraici, disegnando sulle vetrine la stella di David e la parola “jude”, appendendo cartelli e intimidendo proprietari e clienti.

Ottantatré anni dopo, quel tragico episodio trova un’eco familiare dall’altro lato dell’Atlantico, con nuovi attori e nuove tecnologie. Alcuni giorni dopo la vittoria di Luís Inácio Lula da Silva al secondo turno delle elezioni presidenziali, la BBC Brasile ha denunciato la diffusione di una serie di “liste di elettori del PT” (Partito dei Lavoratori), cioè elenchi di professionisti, stabilimenti e istituzioni che presumibilmente sostengono Lula. Le liste, create e diffuse da militanti bolsonaristi, vengono condivise in gruppi su Whatsapp, Telegram o sui profili Twitter e Instagram, al fine di boicottare gli elettori di Lula.

Dai bar a chirurghi plastici e a dipendenti pubblici, il servizio della BBC Brasile ha denunciato casi come quello di Monika Ganem, parrucchiera a Maringá (stato del Paraná) che ha ricevuto una telefonata da una cliente chiedendole se stesse “lavorando per Lula”. “Mi sentivo come se fossi nell’inquisizione o nella dittatura militare”, ha detto Monika. Il reportage ha raccontato anche storie come quella di un ristorante di San Paolo che ha avuto le sue foto pubblicate su un social network filo-bolsonarista insieme a dei messaggi di odio e numerose offese.

Il fenomeno delle “liste del PT” non è un fatto isolato e si accompagna ad altre forme di manifestazioni e violenze di carattere politico, razzista, xenofobo e classista, da omicidi durante delle discussioni a sfondo politico agli attacchi ai lavoratori del Movimento Senza Terra da parte di gruppi della estrema-destra. In uno di essi, hanno inciso sui muri del Centro di Formazione Paulo Freire a Caruaru (stato del Pernambuco) il simbolo della svastica e hanno dato fuoco alla casa della coordinatrice dello spazio.

Nelle città di Porto Alegre e San Paolo, nell’ultimo mese, sono diventate note le dichiarazioni di studenti sui social che prendevano di mira la popolazione del nord-est del paese (regione decisiva per la vittoria di Lula) e gli studenti neri. “Voglio che questi nordorientali muoiano di sete”, ha condiviso uno dei membri di un gruppo Whatsapp di una scuola di Valinhos (SP), in cui anche gli altri partecipanti hanno inviato foto e meme di Adolph Hitler. Il gruppo è stato chiamato “Fundação Anti Petismo” e ha organizzato una protesta addirittura nella scuola contro i risultati del secondo turno delle elezioni presidenziali.

Allo stesso tempo, dal 31 ottobre si verificano atti antidemocratici sulle autostrade e nelle prossimità delle caserme delle forze armate in tutte le regioni del Brasile. I manifestanti rifiutano il risultato delle elezioni e chiedono “un intervento militare”, alcuni con passeggiate pacifiche, altri con metodi violenti come bombe fatte in casa, olio versato sulle autostrade, pietre lanciate e pneumatici in fiamme. In una di queste proteste, i sostenitori del presidente uscente, nel mentre bloccavano una strada a Santa Catarina, sono stati ripresi mentre facevano il saluto nazista. Secondo un reportage del quotidiano Estado de São Paulo, politici, agenti di polizia, sindacalisti e capi dell’agro-business incoraggiano le proteste e le finanziano.

L’idea di un intervento delle forze armate e il sentimento di un patriottismo violento, bianco, cristiano e patriarcale contro minoranze, nordorientali, antifascisti, donne e neri, hanno trovato risonanza e si sono nutriti dell’ideologia bolsonarista negli ultimi quattro anni. Le enormi campagne di disinformazione orchestrate dall’estrema destra hanno diffuso i principali messaggi di questa ideologia attraverso le reti sociali creando grandi bolle informative.

Gli studi rivelano una crescita significativa di gruppi, comunità virtuali e manifestazioni di carattere neonazista in tutto il paese. Secondo una delle principali ricercatrici sull’argomento, l’antropologa Adriana Dias, le cellule neonaziste sono più che raddoppiate, passando da 530 nell’ottobre dello scorso anno a 1.117 a novembre 2022. I gruppi sono presenti in 298 città brasiliane e lo stato di Santa Catarina, nel sud, è quello che concentra maggiormente questo movimento, con 320 cellule.

La ricercatrice riferisce di aver individuato 55 tipologie di correnti di pensiero e linee di azione. “C’è un gruppo brasiliano che difende il ritorno dell’apartheid in Sudafrica. Ci sono cellule di sostenitori del Ku Kux Klan e persino neo-confederati, movimenti degli Stati Uniti che hanno ripercussioni in Brasile. La maggior parte dei gruppi sono hitleriani e negazionisti dell’Olocausto”, afferma.

La maggior parte di questi gruppi, dice Dias, opera via internet. Tuttavia, in alcuni casi, le sue attività vanno aldilà dei limiti del virtuale. Il 14 novembre, un’operazione di polizia a Santa Catarina ha interrotto una riunione in cui otto uomini facevano apologia di nazismo. Uno degli arrestati indossava una cavigliera elettronica perché era già stato responsabile per la morte di un cittadino di origine ebraica. Successivamente, il gruppo avrebbe inviato una lettera alle autorità locali chiedendo l’annullamento di una fiera culturale con immigrati haitiani, l’espulsione di neri ed ebrei dallo stato e la liberazione degli otto arrestati – altrimenti, minacciavano, avrebbero compiuto un attacco terroristico, che fino ad ora non è avvenuto.

Secondo Adriana Dias, il neonazismo ha iniziato ad avere registri statistici in Brasile negli anni ’80 ed è cresciuto negli anni 2000 con gruppi revisionisti dell’Olocausto, principalmente nel sud del paese, che è stato in gran parte colonizzato dai tedeschi. Nel 2021, è stata la stessa antropologa a trovare una lettera di Jair Bolsonaro pubblicata su pagine neonaziste nel 2004. Nel 2011, i neonazisti di San Paolo hanno organizzato un atto pro-Bolsonaro. Per l’antropologa e altri specialisti, il bolsonarismo ha una forte relazione con la forte crescita di questi gruppi, in particolare negli ultimi quattro anni.

La strategia di comunicazione di Bolsonaro, sostiene Dias, oscilla tra due livelli. Da un lato, un discorso cristiano e fondamentalista rivolto al suo elettorato evangelico e conservatore, che crede in un Israele apocalittico e al secondo arrivo di Cristo. Dall’altro, un reiterato revisionismo storico segnato da messaggi pro-dittatura, antisemiti e pro-Hitler, e una chiara intenzione di creare un’identità nazionale. Nel 2020 è scoppiata una polemica quando l’ex segretario addetto alla Cultura, Roberto Alvim, ha proferito un discorso con dei frammenti chiaramente plagiati dell’ex ministro nazista Joseph Goebbels, con sottofondo un’opera di Richard Wagner. “Tutto questo non mi suona più come una serie di fatti casuali, ma come un progetto”, dice Adriana.

Sebbene esista, nel Codice Penale brasiliano, il reato di razzismo e di pregiudizio, esperti affermano che la mancanza di una legislazione chiara contro l’apologia del nazismo e l’incitamento all’odio è ancora il principale ostacolo per affrontare questo tipo di crimine. Pagine Esteri

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Gli attacchi turchi hanno ucciso 184 persone nel Kurdistan. Tra i morti 18 soldati siriani


L'aviazione di Erdogan ha colpito Qandil e Hakurk nel nord dell'Iraq, e Kobane, Manbij, Zour Maghar, Tal Rifaat, Al Jazira e Al Malikiyah in Siria. Intanto ha preso il via in Kazakhstan il 19mo round dei colloqui di Astana per la Siria L'articolo Gli att

della redazione

Pagine Esteri, 22 novembre 2022 – I sanguinosi attacchi turchi nel Kurdistan siriano e iracheno hanno causato dalla sera del 19 novembre almeno 184 morti. Lo ha affermato il ministro della difesa turco, Hulusi Akar, all’agenzia di stampa Anadolu, definendo “terroristi” i morti nei raid. Akar ha aggiunto che sono stati colpiti 89 obiettivi, inclusi rifugi, bunker, grotte, tunnel e magazzini appartenenti ai “gruppi terroristici” a Qandil e Hakurk nel nord dell’Iraq, e Kobane, Manbij, Zour Maghar, Tal Rifaat, Al Jazira e Al Malikiyah in Siria. Aree in cui si trovano postazioni sia dell’esercito regolare siriano sia delle Forze democratiche (Sdf) a maggioranza curda. L’aviazione e l’artiglieria di Ankara hanno anche martellato l’area a nord di Aleppo, nella Siria settentrionale, e una postazione militare siriana nel villaggio di Qarmough, a est di Kobane.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha avvertito che l’operazione non si limiterà a “semplici raid aerei” e che chi provoca la Turchia ne pagherà le conseguenze. Da parte sua il ministro Hulusi Akar ha aggiunto “Faremo ciò che è necessario per far crollare le organizzazioni terroristiche del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) e delle Unità curde di protezione del popolo (Ypg)”.

L’attacco turco è stato lanciato a circa una settimana dall’attentato che, il 13 novembre, ha colpito il centro di Istanbul provocando sei morti e 81 feriti. La Turchia ha accusato i curdi dell’attacco. Nonostante le smentite curde e l’opinione degli esperti che indicano in qualche gruppo jihadista il probabile responsabile dell’attentato, Erdogan ha colto l’occasione per prendere di nuovo di mira i curdi, suo bersaglio abituale.

Cresce nel frattempo la tensione tra Ankara e Damasco. È salito a 18 il numero di militari delle forze siriane governative uccisi durante gli attacchi lanciati dalla Turchia. In totale, il numero delle vittime provocate dai raid aerei in Siria ammonta a 37 ma il bilancio è destinato a salire per le gravi condizioni di alcuni feriti. La Russia alleata di Damasco ha inviato rinforzi militari nella periferia orientale di Aleppo. 25 veicoli e mezzi militari si sono diretti verso due basi militari nei pressi di Sarrin, nella Siria settentrionale, a sud di Kobane, e verso quella di Al Saidiyah, situata ad ovest della città di Manbij.

Intanto oggi ha preso nella capitale del Kazakhstan, Nur-Sultan, il 19mo round dei colloqui di Astana per la Siria, con la partecipazione dei rappresentanti dei tre Paesi promotori – Russia, Iran e Turchia – di due delegazioni siriane (governo e opposizione), dell’inviato dell’Onu , Geir Pedersen, e di Iraq, Libano e Giordania. Si discuterà soprattutto della situazione a livello economico, sociale e umanitario, oltre al progresso delle trattative. All’ordine del giorno ci sono anche il ritorno dei profughi siriani in Turchia, Libano e Giordania, la Commissione costituzionale e la stabilizzazione del cessate il fuoco nel nord-ovest della Siria. Pagine Esteri

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Oggi, #25novembre, si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale per l'eliminazione...

Oggi, #25novembre, si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1999.