Microtargeting politico su Facebook e le gravi responsabilità dei partiti (tedeschi)! Il Post di @NOYBeu (PS: ma che fine avrà fatto la segnalazione di #MonitoraPA al @gpdp_it sui partiti italiani?)
(Ricordiamo a questo proposito, l'iniziativa promossa meno di un anno fa da @Monitora PA
e che non ha decisamente raccolto l'attenzione che meritava)
Di seguito le denunce effettuate da @noyb.eu
- Denuncia contro la CDU
- Denuncia contro l'AFD
- Denuncia contro l'SPD
- Denuncia contro Bündnis 90/Die Grünen
- Denuncia contro DIE LINKE
- Denuncia contro il Partito Democratico Ecologico
Tutti i partiti del Bundestag tedesco utilizzano il microtargeting. Una ricerca di ZDF Magazin Royale ha rivelato che tutti i partiti rappresentati nel Bundestag hanno utilizzato il microtargeting politico su Facebook per indirizzare gli annunci a un gruppo selezionato di persone. Le informazioni su come i partiti "prendono di mira" i loro elettori sono tenute segrete da Facebook. Nell'aprile 2021, lo spettacolo notturno tedesco ZDF Magazin Royale ha chiesto al proprio pubblico di installare un'estensione del browser per registrare i dati di microtargeting. Dopo una richiesta di accesso a questi dati, noyb è stata in grado di analizzare questi dati e identificare specifiche violazioni del GDPR.
Dati sensibili per il microtargeting. L'analisi dei dati di noyb ha rivelato che gli utenti di Facebook sono stati presi di mira con pubblicità politica più recentemente durante le elezioni federali tedesche. Questo non è illegale di per sé. Tuttavia, gli utenti sono stati selezionati perché Facebook aveva valutato in background le loro opinioni politiche. Le opinioni politiche sono specificamente protette dall'articolo 9 del GDPR, pertanto sia le parti che il social network hanno violato il GDPR. Le denunce sono state intentate contro vari soggetti o sub-organizzazioni, in quanto responsabili degli annunci pubblicitari.
" Qualsiasi dato sulle opinioni politiche di una persona è protetto in modo particolarmente rigoroso dal GDPR. Tali dati non solo sono estremamente sensibili, ma consentono anche la manipolazione su larga scala degli elettori, come ha dimostrato Cambridge Analytica" . - Felix Mikolasch, avvocato per la privacy presso noyb
Il microtargeting come pericolo per la democrazia. Uno dei maggiori pericoli del microtargeting politico è che l'opinione politica di un elettore può essere influenzata e alterata. I partiti politici possono fare innumerevoli promesse a gruppi specifici di elettori e possono nascondere la loro posizione personalizzata al grande pubblico. Ciò può portare ad aspettative molto diverse negli elettori, che la politica non potrà mai soddisfare. Il risultato è una società polarizzata, ei singoli partiti possono crearsi dei vantaggi in campagna elettorale facendo promesse contraddittorie.
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Il #GarantePrivacy tedesco dice davvero le stesse cose sostenute da #MonitoraPA?
Sì! 8-)8-)😎
Direttamente dal #GarantePrivacy tedesco, tutto quello che vorreste sapere sui servizi cloud di #Microsoft, ma non avreste mai osato chiedere.
- Quali sono i problemi in termini di GDPR quando si utilizza Microsoft365?
- Perché l’opzione offerta da Microsoft di elaborare i dati su server europei non è sufficiente per un funzionamento conforme alla protezione dei dati?
- Perché la legge statunitense CLOUD Act pone un problema di protezione dei dati?
- Implicazioni della decisione dell’OLG di Karlsruhe del settembre 2022 per l’uso di MS 365 nelle scuole
- A quali condizioni è possibile un utilizzo di Microsoft 365 conforme alla protezione dei dati?
- Quali “dati di utilizzo” vengono trasmessi con Microsoft 365?
- Quali misure tecniche e organizzative possono essere adottate per impedire il trasferimento dei dati diagnostici a Microsoft?
- Come valutare l’utilizzo di Microsoft 365 su tablet o smartphone?
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PRIVACY DAILY 75/2023
Guerra in Ucraina: Schlein, purtroppo, ‘imagine’ e niente più!
No, decisamente non ci siamo. Mi dispiace dover dire che le prime mosse di Elly Schlein non mi convincono per nulla. Tanto più che, come mosse, di politico hanno molto poco. Se solo penso al modo scialbo e poco chiaro con il quale il PD ha affrontato la discussione sui finanziamenti delle armi all’Ucraina, non […]
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Della cicatrice francese e di altri demoni da tenere lontano dalla portata dei bambini
Come il fediverso potrebbe plasmare il futuro del web. Le riflessioni di @edans sul suo blog
Siamo di fronte alla crescita del cosiddetto fediverso, un insieme di nodi federati tra loro che mira a portare il decentramento sui social network: ogni server stabilisce le proprie regole, e tutti permettono lo scambio di informazioni tra di loro, indipendentemente dal le grandi aziende che hanno dominato finora il panorama del social web.
Se leggete che, dopo il clamore iniziale, gli utenti stanno abbandonando Mastodon o il fediverso, domandatevi: probabilmente sono giornalisti troppo pigri per fare bene il loro lavoro. La realtà è che i numeri di Mastodon continuano a salire, che il dibattito si fa più interessante e che la configurazione, sebbene con le sue ovvie vulnerabilità e cavilli, sta iniziando a sembrare qualcosa di molto più ambizioso di un semplice sostituto di Twitter, che a quanto pare era l'idea iniziale.
Qui è possibile leggere il post "Come il fediverso potrebbe plasmare il futuro del web" di @edans@me.dm
Questo articolo è disponibile anche in spagnolo sulla pagina Medium dell'autore
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Tra colpa e innocenza: la metamorfosi politica della guerra
Nel 2012, a Nataruk, una trentina di chilometri dal lago Turkana in Kenia, furono rinvenuti i poveri resti di 21 adulti e 6 bambini trucidati. Ignota la mano come ignoto il motivo della strage. Solo la data venne ricostruita con sufficiente precisione: 10.000 anni fa. Quella di Nataruk rimane dunque la prima testimonianza scientifica di […]
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La Russia di Putin è ormai “vassalla” della Cina
C'era grande attesa per l'incontro tra Xi Jinping e Vladimir Putin. Mosca ha accolto l’alleato con tutti gli onori del caso ma soprattutto ha mostrato con ancora più evidenza come ormai il rapporto tra le due potenze sia completamente squilibrato a favore di Pechino.
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Il diritto alla felicità
Ogni anno ed in tutto il mondo, il 20 marzo si celebra la Giornata Internazionale della Felicità, istituita dall’Assemblea generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU). Nel documento istitutivo si legge che, scopo della giornata, è quello di promuovere la ricerca della felicità da parte di ogni individuo e incentivare lo “sviluppo sostenibile, l’eradicazione della povertà, la felicità e il benessere di tutte le persone”.
L’ONU ogni anno stila un rapporto fitto di dati da cui emerge che, in base ai parametri tenuti in considerazione (ad es. aspettative di vita, la libertà di fare le proprie scelte di vita, la percezione della corruzione, l’assistenza sociale), i cittadini più felici al mondo sono quelli della Finlandia, seguiti da quelli della Danimarca e poi, al terzo posto, quelli islandesi. L’Italia figura al 31° posto della classifica. Ma come può uno stato contribuire ad assicurare la felicità dei propri cittadini?
Nell’opera “La scienza della legislazione” del 1780, il giurista napoletano Gaetano Filangieri, afferma che «le buone leggi sono l’unico sostegno della felicità nazionale». Dunque, secondo questa tesi di stampo illuminista, è lo stato che, attraverso le sue articolazioni istituzionali, può garantire la felicità dei suoi consociati. Questa teoria è ripresa da Benjamin Franklin (con il quale il Filangeri ebbe una fitta corrispondenza) che la trasfuse nella Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America del 4 luglio 1776, nella quale si legge che «tutti gli uomini sono creati uguali; che essi sono dal creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti vi sono la vita, la libertà e il perseguimento della felicità». Questo concetto viene ripreso dalla Dichiarazione francese sui diritti dell’uomo del 1789, dove all’art. 1 si legge che il fine delle istituzioni pubbliche è rappresentato dalla «felicità di tutti».
Il riconoscimento del diritto al perseguimento della felicità, quale fine principale del legislatore, è presente anche nell’art. 13 della Costituzione dell’Impero giapponese del 1946, che testualmente recita «tutte le persone saranno rispettate come individui ed il loro diritto alla vita, alla libertà ed al perseguimento della felicità, entro i limiti del benessere pubblico, costituiranno l’obiettivo supremo nella legislazione e negli affari di governo».
E nel nostro paese? L’art. 3 della nostra Costituzione, a differenza dello Statuto Albertino del 1848 che faceva riferimento alla “Nazione felice” non riconosce espressamente la felicità degli individui quale diritto, ma stabilisce che è compito dello stato rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona.
Occorre che ciò sia realizzato come premessa generale per il conseguimento di uno stato di benessere individuale, ma poi è compito di ciascuno attivarsi per realizzarlo, anche magari semplicemente seguendo Voltaire che amava dire «ho deciso di essere felice perché fa bene alla mia salute».
L'articolo Il diritto alla felicità proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
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Papa Francesco: alle radici della sua elezione
Non crediamo mai abbastanza a ciò in cui non crediamo (M. Conte S. 2004) «La Chiesa è chiamata ad uscire da sé stessa e ad andare verso le periferie, non solo quelle geografiche, ma anche quelle esistenziali: quelle del mistero del peccato, del dolore, dell’ingiustizia, quelle dell’ignoranza e dell’assenza di fede, quelle del pensiero, quelle […]
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Leak on Data Retention: What are the EU Governments planning for 2023?
At the end of November 2022, the »Working Party on Cooperation in Criminal Matters (COPEN)« of the Council of the European Union met for an informal video conference. They discussed i.a. the retention of citizens’ communication data and other surveillance-related issues. Now German investigative journalist Andre Meister has published the documents (Mastodon/Twitter). In addition to the protocol of the meeting, the documents contain presentations by Belgium, Germany, Ireland and Portugal on the recent rulings of the EU Court of Justice and on national legislation.
Member of the European Parliament Patrick Breyer (Pirate Party, Greens/EFA group) comments:
“The leaked documents prove that indiscriminate retention of the entire population’s contacts and movements in the European Union continues to be pushed in the Council of the European Union, contrary to numerous Court rulings. National bulk data retention legislation in most EU Member States is illegal, including attempts to justify it with a ‘permanent state of emergency’ in France and Denmark, or with regional crime rates in Belgium. The bulk collection of information on the everyday communications and movements of millions of unsuspected people constitutes an unprecedented attack on our right to privacy and is the most invasive method of mass surveillance directed against the state’s own citizens. Mass surveillance is the opposite of what European values embody. The Commission now finally needs to end impunity and start enforcing our right to privacy throughout Europe!The anecdotal results of data retention policies are nowhere close to the damage the chilling effect of this surveillance weapon inflicts on our societies, as a recent survey found. Data retention laws have no measurable effect on the crime rate or the crime clearance rate in any EU country. Requests for communications data are rarely unsuccessful even in the absence of indiscriminate data retention legislation. The clearance rate for cybercrime in Germany, for example, is at 58.6% and above average even without IP data retention. It fell when data retention legislation was enacted in 2009.
In the EU I observe a dangerous cycle in which national governments use all sorts of tricks to keep illegal mass surveillance going. In doing so, they disrespect rulings of the highest courts. The rule of law in the EU and the fundamental rights of citizens suffer from the surveillance greed of governments and law enforcement agencies. The EU Commission is standing idly by. The persistent violation of fundamental rights, circumvention of case-law, pressuring of judges and ignorance of facts is an attack on the rule of law we need to stop. The EU Commission now finally needs to do its job and start enforcing the landmark rulings, instead of plotting to bring back data retention.”
Twisting EU rulings into mass surveillance
The Working Party meeting was preceded by several decisions of the EU Court of Justice declaring indiscriminate retention of citizens’ communications data to be unlawful (in October 2022, the SpaceNet (C-793/19) and Telekom (C-794/19) cases and the Advocate General’s Opinion in the La Quadrature du Net and others case (C-470/21), and in September 2022, the VD (C-339/20) and SR (C-397/20) cases). Exceptions to the ban on blanket mass surveillance are only allowed under strict conditions.
However, the Belgian government had adopted a new law in 2022, which it presented at the Working Party meeting. The law represents a new generation of data retention legislation (discussion on media.ccc.de) which, formally, pretend to meet the requirements of the EU court, but in practice and de facto, continue the blanket mass retention annulled by the Courts. Similar to Belgium, the majority of EU member states, including Ireland (thegist.ie), France (Patrick Breyer)
and Denmark (itpol.dk), are pushing this policy of maximum surveillance instead of working on measured and targeted solutions. For example, the governments of the Netherlands and Bulgaria have stressed that, in their view, the general and indiscriminate retention of communications data of all citizens “is the least intrusive measure.” The consequence of this policy is a crisis of the Rule of Law in the European Union as a result of continued non-compliance with rulings of the highest EU Court.
ePrivacy: Governments want “general basis” for mass surveillance
In the Council documents, the French government calls for an exemption from the
scope of the ePrivacy Regulation in the name of national security, especially for the work of intelligence services, which would allow for blanket retention even in the absence of a present or forseeable threat to national security.
The currently negotiated ePrivacy Regulation is to replace the 2002 Directive in the future and protect citizens from data collection, tracking and surveillance. (Background information, positions of the Commission, the Council and the Parliament, as well as the possibility to comment on it at patrick-breyer.de).
France wants a “general basis” for data retention to be introduced in the ePrivacy Regulation, which would later serve as a legal framework for laws on mass surveillance of the entire population throughout the EU or in individual EU member states. The governments of Spain, Belgium and the Netherlands support this plan. The Parliament of the European Union, however, rejects this proposal. There are alternatives, for example with the Quick Freeze concept, meaning a immediate storage order upon given cause, which interferes less with fundamental rights. Austria already uses the procedure, and Germany’s Federal Minister of Justice Marco Buschmann wants tointroduce it.
Dispute: EU-wide definition of “serious crime”
In the Council session, the Commission of the European Union reported on the draft European Media Freedom Act, which is intended to regulate “the independence of the media”, “the cooperation of regulatory and supervisory bodies”, “state advertising” and “the rights of media providers” in the future. The governments of Spain, France, Bulgaria, Belgium and Italy were very concerned that the draft law contains a definition of “serious crime” in Article 2. In his Opinion on a pending judgment on an action brought by the French NGO (C-470/21) La Quadrature du Net, Advocate General Szpunur writes: “The concept of ‘serious crime’ must, in my view, be interpreted autonomously. It must not depend on the views of the individual Member States (…)” (see also edri.org). The French government, in particular, wants to “vigorously oppose (…) this request.”
What would that mean?
A possible definition of “serious crime” in the European Media Freedom Act would have to be be negotiated. Whether and for what purpose it would be necessary would also have to be discussed by the EU Parliament. If it were to be adopted with the law, it would not directly applicable to the subject of data retention. From the point of view of the individual EU member states, the definition would cover more, fewer or at least different offences than those provided for in the respective national law. This could be one reason why Paris rejects an EU-wide definition. With regard to the issue of data retention, there is a risk that the Commission could use such definition to table a new proposal for EU-wide mass surveillance. For such a definition would settle one of several points of contention between governments. On the other hand, some governments may find the proposed definition too narrow.
Spyware in journalism and the media
Article 4 of the draft European Media Freedom Act deals with criminal investigations and surveillance. More specifically, it deals with the question of the protection of journalists’ sources and the use of spyware in journalism. According to the protocol, the Commission of the European Union favours the use of such software and argues that the protection of journalists’ sources is maintained as long as it is “case-based” surveillance.
Rèvolte
Ciò che accade in Francia non è conseguenza della riforma pensionistica. Che è mite. Nell’originario vino macroniano è stata versata tanta acqua. Le pensioni sono soltanto l’occasione di una rivolta contro la realtà, di un’aggressività che nasce dalla paura, di un ribaltamento che affianca l’estrema destra all’estrema sinistra. In Francia è scoppiato un bubbone il cui pus è in ciascuna delle nostre società europee e più generalmente occidentali.
Il presidente francese sapeva di andare allo scontro, senza neanche la certezza di spuntarla (per ora). Una scelta l’aveva; sarebbe bastato mollare dell’altro, attenersi al manzoniano conte zio: «sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire». E Manzoni ci serve per capire, giacché in ballo c’è quel che molti governanti italiani, nel tempo, non hanno creduto esista: la storia. Molti francesi invece sì, ci credono. E se avesse mollato, Macron sarebbe stato considerato un inerte mollusco non appena il banco delle pensioni fosse saltato. Perché saltano tutti quei sistemi – anche da noi – se la leva demografica negativa s’accompagna alla prodigalità pensionistica in conto a figli che non esistono. Macron ha scelto lo scontro. Sarebbe interessante sapere cosa ne pensi quella sinistra italiana che ieri si sdilinquiva innanzi al presidente capace di mettere sotto scacco la destra sovranista.
Ma la révolte nasce da altro, perché quella riforma non è poi così dura e semmai toglie qualche privilegio corporativo messo in conto a tutti i lavoratori francesi. Che dovrebbero festeggiare, non protestare. La révolte si alimenta di tanti rivoli che spingono una corrente. C’è la pretesa che vivendo in un Paese ricco ciascuno abbia diritto a una quota crescente di ricchezza, a prescindere dal proprio contributo a crearla. In questo noi siamo maestri, avendo intitolato alla “cittadinanza” un trasferimento di soldi del contribuente in cambio di niente. E c’è la paura, innescata dalla consapevolezza che la ricchezza è oggi tanta, ma potrebbe scemare. Specie se la si spende per finanziare il non lavoro. C’è l’antipolitica che abbraccia non una rivendicazione, quindi un interesse, ma tutte le rivendicazioni, quindi tutti gli interessi, anche in conflitto fra loro, purché siano “contro”. La destra francese lo ha fatto per anni, vestendo l’antieuropeismo e prendendo anche soldi da Putin, ma quell’abito ora è di moda nella sinistra mai stata responsabile di alcun governo o scelta. Difatti i loro voti convergono, pur facendo cilecca. Ci sono i falso pacifisti e i no-vax ri-rivoltosi, stessi indirizzi social. E ci sono sindacati e corporazioni che incassavano la rendita dell’intermediazione inconcludente. Macron avrebbe potuto assecondare questi ultimi, dividere le estreme, rinunciare a procedere e tirare a campare. Ha deciso di esistere, forte di una cosa sconosciuta in Italia: le elezioni le aveva vinte dicendo prima che avrebbe riformato le pensioni. Sta qui il buon esempio. Non aveva vinto negando, ma affermando. Lo aveva fatto in piazza, fra le proteste. Da noi sarebbe considerato elettoralmente suicida.
Per questa ragione lo scontro è coerente con i voti che prese, salvo non avere un partito forte e perdere poi le legislative. Non gli si contesta l’incoerenza, come capita a chi governa l’Italia, ma la coerenza.
Il che non toglie che la rivolta ci sia e che al riparo del consenso ci sia sì la presidenza della Repubblica, ma non il governo. E che dietro il governo non ci siano più i partiti politici (un’assenza che è il male diffuso delle nostre democrazie), con i loro apparati in grado di creare consenso, non solo di raccattarlo arlecchinescamente. A questo giro le barricate non le hanno fatte i rivoluzionari ma i conservatori in divisa da reazionari, anche se tinta di rosso. Ed è l’altra importante lezione: le rivolte, anche elettorali, le oscillazioni brusche, nascono dal provare a conservare il passato. Se non si torna a fare seriamente politica – anche facendo i conti con le pensioni, però – si cancella il futuro.
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Il piano arabo per la Siria mette in difficoltà Stati Uniti ed Europa
Una spinta degli alleati arabi degli Stati Uniti per salvare la Siria dal freddo mette in luce i limiti di un riavvicinamento mediato dalla Cina tra gli acerrimi rivali del Medio Oriente, l’Arabia Saudita e l’Iran. Progettata per creare un cuneo tra Siria e Iran, la spinta alla distensione è guidata dagli Emirati Arabi Uniti […]
L'articolo Il piano arabo per la Siria mette in difficoltà Stati Uniti ed Europa proviene da L'Indro.
Cina: il Congresso nazionale del popolo rivela nuove iniziative e minacciosi avvertimenti
Appena una settimana prima di marzo, quasi 3.000 delegati si sono riuniti presso la Grande Sala del Popolo a Pechino per l’apertura della Quattordicesima Assemblea Nazionale del Popolo e, separatamente, della Conferenza Consultiva Politica del Popolo Cinese. Sebbene il Congresso nazionale del popolo sia, secondo la costituzione cinese, il più alto organo legislativo del paese, […]
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Il 23 marzo torna l’appuntamento mensile con L'Ora di Costituzione!
L'iniziativa sostenuta dal Senato prosegue con il ciclo di incontri per illustrare i principali articoli della Carta agli studenti.
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Gli Stati Uniti non possono salvare Taiwan dall’Honduras
Il 14 marzo, il Presidente dell’Honduras Xiomara Castro ha annunciato che sta prendendo provvedimenti per avviare relazioni diplomatiche ufficiali con la Cina, una mossa che reciderebbe i legami con Taiwan. L’Honduras è uno dei soli 14 Paesi che riconosce ancora diplomaticamente Taipei rispetto a Pechino, ma ora sembra destinato a cambiare. La situazione diplomatica di […]
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Russia – Cina: nella visita di Xi Jinping a Putin, gli Stati Uniti vedono solo minacce
L’attività di politica estera più popolare a Washington questa settimana sta lanciando l’allarme sulla visita di Xi Jinping a Mosca e su cosa potrebbe significare per un’alleanza sino-russa. Ma questo clamore minaccia di nascondere la complessità della situazione e, cosa più importante, la libertà d’azione che gli Stati Uniti hanno ancora per scongiurare una simile […]
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Il calvario giudiziario di Enzo Tortora raccontato dalla figlia Gaia
E’ in carcere, accusato di reati gravissimi e infamanti. Pochi, ancora, credono alla sua innocenza. Tanti si sono uniti al “crucifige” della procura di Napoli che ha dato credito a collaboratori di giustizia uno più falso dell’altro. Il suo è un “caso”, giudiziario e non solo che desta un tale clamore mai visto prima. […]
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Prigionieri palestinesi in sciopero della fame contro Ben Gvir
di Michele Giorgio
(foto di Physicians for Human Rights)
Pagine Esteri, 22 marzo 2023 – Le misure sempre più restrittive imposte nelle carceri israeliane dal ministro della Sicurezza Itamar Ben Gvir, alla fine hanno spinto i prigionieri politici palestinesi verso una protesta di massa. Ieri sera alcuni dei detenuti più noti, tra i quali Marwan Barghouti, Nael Barghouti e Mohammed al Tus (in prigione dal 1985), hanno cominciato un digiuno di protesta in anticipo sullo sciopero della fame che dovrebbe scattare oggi per gran parte degli altri prigionieri palestinesi (circa 5mila, centinaia dei quali non hanno mai subito un processo) mentre comincia il mese di Ramadan. La protesta – «Vulcano della libertà o del martirio» – è una risposta diretta alla decisione di Ben Gvir di «mettere fine» a quelle che per il ministro, uno dei leader dell’estrema destra israeliana, sarebbero le buone condizioni di vita, simili a un «campo estivo», di cui avrebbero goduto sino a qualche mese fa i prigionieri palestinesi.
Ben Gvir ha ordinato di effettuare ispezioni continue nelle celle, controlli capillari, la chiusura dei forni che producevano pane per i detenuti e la revoca di altre misure che, sempre a suo dire, garantivano ai palestinesi una «comoda detenzione». Lo sciopero della fame, come è già accaduto per proteste simili nelle carceri, sarà accompagnato dalla mobilitazione di attivisti, forze politiche e famigliari dei detenuti. Già ieri si sono tenuti raduni seguiti da veglie notturne in diverse località cisgiordane.
Nel frattempo, la Knesset controllata dalla maggioranza di estrema destra religiosa che sostiene il governo Netanyahu, ha approvato lunedì notte un emendamento ad una legge del 2005 relativa al ritiro israeliano dalla striscia di Gaza e da quattro piccoli insediamenti coloniali nella Cisgiordania settentrionale, nelle vicinanze di Jenin. In base a questo emendamento, sarà lecito per i coloni israeliani tornare nelle aree dei quattro insediamenti abbandonati. Di fatto è l’annullamento del disimpegno (ritiro) israeliano dalla Striscia di Gaza voluto nel 2005 dal premier di destra Ariel Sharon, che includeva anche l’evacuazione e distruzione delle quattro piccole colonie. Un ritiro molto limitato – imposto dalla impossibilità per Israele di mantenere il controllo e la sicurezza delle sue colonie a Gaza durante la seconda Intifada palestinese – ma che la destra più radicale ha sempre chiesto di revocare. «Adesso – ha proclamato l’altra sera la deputata ultranazionalista Limor Son Har Melech – dobbiamo riedificare quei quattro insediamenti e anche tornare a casa nel Gush Katif», ossia nell’area di colonizzazione ebraica che fino al 2005 si trovava nel sud della Striscia di Gaza.
L’Unione europea ha condannato l’approvazione dell’emendamento da parte della Knesset. «La decisione di abrogare alcuni articoli della legge sul disimpegno del 2005 nel Nord della Cisgiordania è controproducente per gli sforzi volti a ridurre le tensioni e ostacola la possibilità di perseguire misure di rafforzamento della fiducia e creare un orizzonte politico per il dialogo. La decisione della Knesset è un chiaro passo indietro», ha protestato Peter Stano, portavoce dell’alto rappresentante Ue per la politica estera, Josep Borrell. Gli insediamenti, ha aggiunto, «costituiscono un grave ostacolo alla pace e minacciano la fattibilità della soluzione dei due Stati». Pagine Esteri
L'articolo Prigionieri palestinesi in sciopero della fame contro Ben Gvir proviene da Pagine Esteri.
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Autonomia strategica e Difesa. Le lezioni ucraine per l’industria
L’indipendenza nazionale passa anche (e soprattutto) attraverso la sovranità tecnologica, un fattore cruciale in tutti i settori del sistema-Paese, ma che assume una valenza ulteriore nel caso della dimensione militare e del relativo comparto industriale. È quanto emerso nel corso del panel dedicato alla “Difesa e industria della Difesa”, parte del più ampio incontro organizzato dalla Fondazione Farefuturo, nel corso del quale si sono confrontati il presidente di Fincantieri e già presidente del Comitato militare dell’Ue, generale Claudio Graziano, e gli amministratori delegati di Elettronica, Domitilla Benigni, di Rheinmetall Italia, Alessandro Ercolani, e di Avio, Giulio Ranzo.
Consapevolezza della Difesa
In particolare, come registrato da Mauro Mazza, direttore editoriale di Farefuturo che ha moderato il panel, a un anno dall’invasione russa dell’Ucraina ci siamo accorti che “nulla è più come prima” e che la “nostra vita è cambiata, e non è stato un cambiamento in positivo”. Tutto questo ha modificato anche il senso e il ruolo della Difesa e della sua industria. Per il generale Graziano, infatti, il cambiamento era in atto già da tempo, e il 24 febbraio è servito solo per rendersene conto. “L’obiettivo del 2% del Pil alla difesa in ambito Nato o le iniziative europee di sicurezza erano in atto da prima del 2022” e l’invasione ha solo fatto tornare attuali parole come “guerra” e “ricerca della pace”. Tutto questo “richiede di essere preparati con maggiore consapevolezza nazionale”, come per esempio nell’avere sempre chiaro che “supportare l’Ucraina è un dovere, e che aiutando Kiev a difendersi, indirettamente difendiamo anche la nostra libertà”. Il nemico, per il generale, non è infatti direttamente ai nostri confini, ma poco al di fuori, in Ucraina e nel sud del mondo. Tutti questi problemi, tuttavia, non sono affrontabili da un solo Paese, ed è per questo che bisogna sostenere la costruzione di una Difesa europea e il rafforzamento di quella nazionale, in un’ottica di scala per cui, come l’architettura militar e l’autonomia strategica europea non sarebbe contro la Nato, ma per essere in grado di operare “da soli se necessario, insieme se possibile”, allo stesso modo la difesa nazionale dev’essere in grado di fare la stessa cosa con l’Ue e la Nato, ma rimanendo in grado di agire a sostegno dell’interesse nazionale italiano. “Questo lo si può fare solo con una industria forte, e per questo bisogna investire e far parte del quadro di sicurezza internazionale”.
La sfida digitale
Aspetto cruciale del nuovo scenario di sicurezza è l’emergere di nuove tecnologie e di nuovi domini di competizione, primo fra tutti quello del cyber-spazio. “La prima parte dell’invasione dell’Ucraina è stata una vera guerra ibrida, un guerra cyber” ha infatti registrato Domitilla Benigni, sottolineando quanto dal punto di vista della rete “siamo sotto attacco, in una situazione di pandemia digitale endemica, globale”, con una crescita esponenziale degli attacchi. Il problema sono i bassi costi degli attacchi, per cui servono solo competenze e software economici, e l’impossibilità di identificare con sicurezza la minaccia: “in una cyber-guerra non sai contro chi stai combattendo”. Di fronte a questa vera crisi digitale, la Nato ha inserito lo spazio cyber tra quelli coperti dall’articolo 5, per cui un Paese è autorizzato a rispondere a un attacco cyber come fosse convenzionale. L’Italia, però, non è rimasta a guardare “e ha accelerato sulle sue difese cyber” istituendo l’Agenzia per la cyber-sicurezza nazionale, implementando il perimetro di sicurezza cyber e costituendo presso il Comando operativo di vertice interforze il Comando operazioni in rete, il centro militare per operazioni cyber.
Vantaggio tecnologico
Naturalmente, cruciale per tutte queste sfide sarà la dimensione tecnologica, e il mantenimento di un costante vantaggio competitivo in termini di innovazione rispetto ai potenziali avversari. Tuttavia, “le tecnologie sono figlie di intuizioni e processi industriali” ha sottolineato Ercolani, registrando come se per le dottrine militari vale il principio quasi darwiniano di adattamento all’ambiente per il quale vengono sviluppate, lo stesso può dirsi per le tecnologie: “In assenza di un ambiente operativo per il quale testare, non sappiamo se funzionano”. Prima dell’invasione del 24 febbraio, in Europa in qualche modo era mancata l’idea di un ambiente che provasse l’efficacia delle dottrine e delle tecnologie. “Dalla guerra dobbiamo apprendere delle lezioni per il futuro, come il fatto che abbiamo ‘riscoperto’ che le guerre senza munizioni non si fanno”. L’Ucraina ha dimostrato come Europa (e Italia) non siano pronte ad affrontare le sfide del futuro da questo punto di vista. “Gli Usa producono 200mila colpi l’anno, numeri simili in Europa; in un giorno di guerra in Ucraina si sparano 9mila colpi al giorno, due milioni l’anno”.
Autonomie strategiche
Come confermato anche da Ranzo “il rateo di consumo di missili nel conflitto ucraino, in alcuni momenti di picco, ha superato in un giorno la produzione di un anno”. Una condizione che dovrebbe mettere in allarme sia l’Europa, sia gli Usa, “che pure hanno una produzione dodici volte superiore” a quella del Vecchio continente. Sono valutazioni, ha sottolineato ancora l’ad di Avio, che vanno fatte “in tempi calmi”. Come per gli attacchi cyber, “se ci si pone il problema della cyber-sicurezza dopo che un attacco è avvenuto, è troppo tardi”. La sovranità tecnologica, allora, è un qualcosa su cui ragionare quando si è in pace, per identificare “le aree da presidiare assolutamente, sia in Europa, sia a livello nazionale in modo da garantirci un contributo che non sia gregario, ma di leadership”. La guerra in Ucraina, allora, deve essere uno stimolo per ragionare sui diversi settori nei quali l’autonomia è necessaria. Ne sono esempi l’energia, “ma anche sul prossimo conflitto, più pericoloso, sui semiconduttori”, una risorsa scarsa e importante “posta sotto il rischio di indisponibilità perché concentrata in Paesi essi stessi oggetto di tensioni e contrasti geopolitici”.
La prigionia di Julian Assange - Documentario a cura di Al Jazeera
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In questo episodio di Fault Lines, esaminiamo cosa potrebbe significare il caso di Julian Assange per la libertà di stampa e le conseguenze che ha dovuto affrontare per la pubblicazione di segreti di stato. Nel 2010, il fondatore di WikiLeaks ha collaborato con altre organizzazioni mediatiche per pubblicare centinaia di migliaia di documenti statunitensi classificati sulle sue guerre in Iraq e Afghanistan. Rimane la più grande fuga di informazioni riservate fino ad oggi. È l'unico editore ad essere accusato per aver pubblicato questo materiale. Il cittadino australiano rischia una condanna a 175 anni ed è stato incriminato ai sensi dell'US Espionage Act per le attività che i giornalisti svolgono ogni giorno. È la prima volta che la legge viene usata contro un editore, facendo scattare un campanello d'allarme tra i sostenitori del Primo Emendamento. Nel frattempo, è detenuto nella prigione più dura del Regno Unito a causa di una richiesta di estradizione da parte degli Stati Uniti
ytb.trom.tf/watch?v=76In01TZyj…
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