La nota dolente
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Quando l’indagato è palestinese: gli altri Khaled e una giustizia doppia
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di Michele Giorgio
(questo articolo è stato pubblicato in origine dal quotidiano Il Manifesto)
Pagine Esteri, 30 settembre 2023 (la foto è di B’Tselem)- Layan Kayed e Khaled El Qaisi hanno tanto in comune. La giovane età, sono cresciuti in Cisgiordania, entrambi sono studenti universitari, tutti e due sono stati arrestati senza accuse dalle forze di sicurezza israeliane. Lei a Ramallah lo scorso 7 giugno. Lui il 31 agosto al valico di Allenby mentre da Betlemme andava in Giordania, sulla via del ritorno in Italia, la sua seconda patria. Tanti, la famiglia in testa, si augurano che domani Khaled possa seguire lo stesso percorso di Layan, scarcerata dopo 26 giorni di detenzione e di interrogatori continui. Khaled è in «custodia cautelare» da un mese e la procura israeliana non ha ancora portato prove a sostegno della detenzione dello studente italo-palestinese.
Per l’ordinamento israeliano, in particolare il sistema giudiziario militare, Khaled, in possesso di una carta di identità cisgiordana, è solo un palestinese come gli altri. Il fatto che sia cittadino italiano non ha alcun peso per i giudici e i militari israeliani. Sono tanti i Khaled e le Layan che di notte sono arrestati in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. Al momento nelle carceri israeliane si trovano, secondo i dati della ong Addameer, circa 5200 prigionieri politici palestinesi, tra cui 170 minori, 33 donne, 200 di Gaza, 300 di Gerusalemme e anche quattro deputati del Consiglio Legislativo. Per Israele sono stati arrestati tutti per «attività terroristiche» nonostante 1264 siano dei «detenuti amministrativi». Si tratta di una custodia cautelare che può durare mesi talvolta anni e che decidono i giudici militari sulla base non di prove ma di un suggerimento dei servizi di sicurezza.
Qualcuno nei Territori occupati – dove si comincia a parlare più diffusamente del caso El Qaisi – ha espresso il timore che domani i giudici israeliani possano trasformare la «custodia cautelare» di Khaled in «detenzione amministrativa». Altri lo escludono. Perché, spiegano, tenere ulteriormente in carcere un cittadino italiano senza prove esporrebbe Israele a una intensa campagna di proteste in Italia. Altri ancora temono che venga mandato sotto processo con qualche accusa. Per questo l’udienza è ritenuta decisiva.
In Italia in questi giorni si è fatto riferimento alle tutele che il nostro ordinamento, pur con le sue indubbie falle, garantisce alle persone arrestate e sotto interrogatorio. Tutele che il sistema militare israeliano non offre ai palestinesi sotto occupazione. Inoltre, gli agenti del servizio di sicurezza godono di parecchia libertà nella conduzione degli interrogatori di palestinesi, al contrario di ciò che accade nel sistema civile con i cittadini israeliani, inclusi i coloni spesso insediati a poche centinaia di metri dai centri abitati palestinesi: una doppia giustizia nello stesso territorio. Un palestinese può essere detenuto e interrogato per 90 giorni (un israeliano 64 giorni) e per parte di essi senza l’assistenza di un avvocato. I processi nei tribunali militari devono essere completati entro diciotto mesi, in quelli civili israeliani in nove mesi. Se il procedimento militare non dovesse concludersi entro i diciotto mesi, un giudice della Corte d’appello Militare ha la facoltà di estendere la detenzione di un palestinese di altri sei mesi. Inoltre, per lo stesso reato le pene inflitte dalle corti militari sono più pesanti rispetto a quelle dei tribunali civili e raramente i prigionieri palestinesi ottengono la libertà vigilata.
Discriminazioni avvengono con i minori. La responsabilità penale inizia all’età di 12 anni sia per i palestinesi che per gli israeliani. Ma nei tribunali militari, i palestinesi sono processati come adulti all’età di 16 anni, mentre il sistema giudiziario civile fissa la maggiore età a 18 anni. La legge israeliana prevede che i ragazzi detenuti in Israele debbano essere interrogati solo da agenti di polizia specializzati per questo compito, i minori palestinesi, denunciano i centri per i diritti umani, sono invece interrogati in situazioni intimidatorie, prive di reale supervisione.
La tortura in Israele è proibita dopo una sentenza di oltre venti anni fa emessa dalla Corte suprema. Tuttavia, i giudici considerano accettabile una «moderata pressione fisica» nei confronti di coloro che i servizi israeliani chiamano le «bombe ticchettanti», ossia i palestinesi che sarebbero in possesso di informazioni su attentati in preparazione. Una scorciatoia che, denunciano i difensori dei diritti umani, permette abusi e forme di tortura durante gli interrogatori. Pagine Esteri
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KHALED EL QAISI. Oggi mobilitazione nazionale per la sua scarcerazione immediata
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della redazione
Pagine Esteri, 30 settembre 2023 – Mobilitazione oggi in tutta Italia a favore della scarcerazione immediata di Khaled El Qaisi, il 29enne studente universitario italo-palestinese arrestato da Israele un mese fa al valico di Allenby tra Cisgiordania e Giordania e da allora detenuto senza accuse. Tra gli scopi dei raduni previsti in diverse città italiane c’è anche quello di premere sulla Rai e altre emittenti televisive e in generale sui media affinché riferiscano di El Qaisi e del suo arresto in Israele. Alle 11 ora italiana è previsto un sit in a Roma, in Viale Mazzini, davanti alla sede della Rai. Alla stessa ora manifestanti si riuniranno a L’Aquila, Napoli, Ancona e Bologna. A Cagliari alle 16.30 e Trieste alle 10.30. Il 2 ottobre a Milano alle 18.
Alla mobilitazione partecipano tra gli altri: l’Università La Sapienza (dove Khaled studia), Flai Cgil, Rete Pace e Disarmo, Arci, Amnesty International e molti altri, i i Giovani palestinesi d’Italia e Bds Italia. Si ritroveranno a Roma in viale Mazzini alle 11.
Pagine Esteri seguirà le iniziative che avvengono alla vigilia dell’udienza prevista domani mattina in Israele in cui i giudici decideranno se prolungare ancora la detenzione di Khaled El Qaisi. Vi suggeriamo inoltre di approfondire il caso del giovane italo-palestinese leggendo questo dossier:
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PRIVACYDAILY
ECJ Advocate General wants to use indiscriminate internet data retention against file sharers
In a non-binding opinion issued yesterday, the Polish Advocate General at the European Court of Justice, Szpunar, recommends watering down the current jurisprudence and allowing blanket retention of internet connection data of the entire population to be used to prosecute file sharing, even without a court order [curia.europa.eu/jcms/upload/do… The civil rights activist and MEP Dr. Patrick Breyer (Pirate Party) warns:
“Originally, the European Court of Justice allowed the indiscriminate retention of internet connection data of the entire population on the grounds of child protection. Now it is to be permitted to investigate file-sharers and defamation. This goes to show: All dams break when the red line of blanket mass surveillance is crossed. Only non-stored data is safe from data greed, abuse and data leaks.
The argument of child protection does not justify a blanket internet data retention: Germany and Austria have enforced the law successfully without such blanket retention for years. In Germany the clearance rate for abuse and exploitation material on the internet exceeds 90%. Only 3% of the NCMEC tips could not be traced. Countries with data retention in place are no more successful. Child protection can be done differently, for example with the financing of prevention work, protection concepts, quick freeze procedures, targeted undercover investigations and login traps.
IP addresses are like our digital fingerprints. Their blanket collection would endanger crime prevention by making anonymous counselling and counselling services as well ass victim support through anonymous self-help forums impossible, and damage the free press, which depends on anonymous informants. The mass and blanket recording of the internet connections of millions of law-abiding citizens is a totalitarian measure that is incompatible with the values of a free democracy.”
“Yes AI Care! La “disruption” dell’intelligenza artificiale su settori, imprese e persone“
Oggi ho partecipato all’evento Yes AI Care! La “disruption” dell’intelligenza artificiale su settori, imprese e persone nel panel dedicato a Intelligenza Artificiale, Governance e Protezione dei dati.
“Smart Life Festival”
Oggi a partire dalle 11.00 avrò il piacere di partecipare con allo Smart Life Festival per parlare di Diritti economia e istituzioni nell’era della Ai con Brando Benifei e Vittorio Colomba nel panel moderato da Flavia Fratello. Qui tutte le informazione relative all’evento Diritti, economia e istituzioni nell’era dell’Intelligenza Artificiale | SLF (smartlifefestival.it)
“Generative AI: oltre al diritto d’autore c’è di più”
Nuovo appuntamento con la rubrica Privacy weekly, tutti i venerdì su StartupItalia. Uno spazio dove potrete trovare tutte le principali notizie della settimana su privacy e dintorni.
Tecnologie emergenti per la Difesa. Rischi e opportunità all’evento di Elesia
La capacità di affrontare le sfide alla sicurezza e alla difesa del futuro passa attraverso lo sviluppo e l’impiego delle cosiddette Key enabling technologies (KETs), quelle tecnologie abilitanti fondamentali alla base delle soluzioni tecniche all’avanguardia. Il tema è stato al centro dell’evento “Key enabling technologies – Soluzioni per le nuove sfide nei cinque domini”, organizzato da Elesia con il patrocinio del Segretariato generale della Difesa, della Marina militare e della Confederazione italiana armatori. Come ricordato dal presidente di Elesia, Davide Magini, l’obiettivo dell’azienda è quello di sfruttare le KETs in modo da poter fornire “servizi e prodotti all’avanguardia” in linea con le esigenze del mercato e degli operatori. Un’ambizione veicolata anche attraverso il rinnovamento del logo della società, presentato nel corso del workshop, moderato da Flavia Giacobbe, direttore di Formiche e Airpress, media partner dell’iniziativa.
Un’epoca di competizione
Del resto, lo scenario geopolitico attuale richiede l’impiego di queste nuove tecnologie per garantire la sicurezza delle società. “dal 24 febbraio 2022 assistiamo al ritorno del conflitto in Europa” ha ricordato Matteo Bressan, professore di Studi strategici presso l’università Lumsa, “le premesse ottimistiche di un mondo senza conflitti, stabilite dopo la fine della Guerra fredda, stanno naufragando tutte”. Questo comporta che attualmente non ci si possa definire in un’epoca di pace, quanto di competizione strategica, in particolare nei confronti della Cina, più che della Russia. Una sfida che richiederà il mantenimento di un vantaggio tecnologico, per assicurare il quale sarà necessario “rafforzare la base industriale europea” ha ricordato ancora Bressan. Su questo tema, il professore della Lumsa ha posto l’accento su due elementi: primo, il fatto che “l’interesse nazionale è che le aziende italiane siano presenti nei programmi industriali europei”. E secondo, l’importanza che l’export riveste per far sì che questi programmi abbiano successo “bisogna capire come mettere le tecnologie sul mercato”. Per Bressan, infatti “avere tecnologia sovrana vuol dire essere competitivi e trovarsi nel novero dei Paesi che sanno fare cose che gli altri non sanno fare, e per le quali dovranno, quindi, rivolgersi a noi”.
Abilitare il multidominio
“L’elemento tecnologico ha una rilevanza strategica confermata, anche in campo militare”, ha ricordato l’ammiraglio Pietro Alighieri, senior advisor del Segretario generale della Difesa. “La tecnologia offre più capacità di comprendere e analizzare la situazione ed essere efficaci nelle risposte, offrendo un vantaggio sul campo di battaglia”. Per questo le KETs saranno cruciali perché abilitanti del multidominio, cioè “la capacità di connettere sensori e piattaforme di comando e controllo in tempo reale e scambiare dati – ha spiegato Alighieri – questo velocizza le decisioni e sincronizza le azioni volte a ottenere gli effetti desiderati”. Ma per arrivarci bisogna digitalizzare non solo le Forze armate, ma anche tutto quello che collabora con l’intera componente militare. Tuttavia, essendo tecnologie ad alto contenuto di innovazione, richiederanno forti investimenti: “L’Europa investe in ricerca e sviluppo in media il 2,4% del Pil. La Cina più del 4%”, ha detto l’ammiraglio, insistendo sul fatto che è fondamentale avere solidi investimenti a livello europeo, Nato e anche nazionale: “L’Italia non investe quello che dovrebbe, e nemmeno l’Europa”.
Trasversalità civile-militare
Come ricordato da Fabio Saba, direttore commerciale di Elesia: “Le KETs non sono solo una risorsa per la componente militare, ma anche per quella civile”. Un vantaggio importante, dal momento che permette di mettere a sistema le capacità del settore civile, oltre a poter testare e offrire le nuove tecnologie anche su altri mercati, oltre a quello della Difesa. “Si tratta di tecnologie trasversali non solo nei diversi domini operativi nel campo militare, ma anche per i diversi settori del mondo civile – ha spiegato Saba – i materiali avanzati possono essere usati sui trasporti navali, su rotaia o in campo medico”. I nuovi materiali, per esempio, riducono il peso dei mezzi, e quindi aumentano le prestazioni, abbassano i consumi con una conseguente riduzione del carbon footprint”. Le KETs però richiedono investimenti. “L’obiettivo è dotare l’utilizzatore finale e i grandi integratori di piattaforme di prodotti all’avanguardia”, ha detto ancora il manager di Elesia.
Le sfide emergenti: l’ipersonica
Le KETs, però, pongono anche delle sfide, essendo alla base anche delle minacce del futuro, come l’ipersonica. “I missili ipersonici sono oggetti diversi da quelli da cui siamo abituati a difenderci” ha raccontato Domenico Vigilante, head of technology & innovation electronics division di Leonardo. “Con l’ipersonica, il dominio spaziale della balistica e quello aereo si fondono in un oggetto che viaggia al confine tra le due dimensioni”. Un missile ipersonico, infatti, ha la velocità di uno balistico ma, volando nell’atmosfera, ha anche la capacità di manovrare. “Questa combinazione rende difficile approntare delle contromisure, perché bisogna rilevare la minaccia e prevederne la traiettoria. Più l’oggetto è veloce, più è difficile individuarlo. Se è capace di manovrare, è più difficile capire dove si dirigerà”, ha spiegato ancora Vigilante. Questo ha un impatto sui sensori, che dovranno vedere sempre più lontano, essere multibanda, diffusi e distribuiti. “Un simile sistema richiede che i sensori siano poi collegati in maniera sicura tra loro e con il centro di comando e controllo”.
Il futuro del dominio marittimo
Fino a poco tempo fa la nostra superiorità tecnologica era assicurata, ma adesso e per il futuro la stessa cosa non è scontata. A lanciare l’allarme è stato l’ammiraglio Marco Tomassetti, capo del 7° reparto navi dello Stato maggiore della Marina militare, che ha ricordato come le KETs siano alla base delle tecnologie disruptive emergenti (Edt) “elementi che ci permetteranno di sviluppare nuovi sistemi in termini capacitivi della Difesa”. Per quanto riguarda il dominio marittimo, “questo dovrà prevedere reti sicure ad alta connettività, cloud e sistemi in grado di elaborare grandi quantità di dati eterogenei” ha spiegato Tomassetti, aggiungendo come “bisognerà mettere insieme dati provenienti da sensori distribuiti e diffusi che forniranno le informazioni a supporto delle decisioni”. In particolare, il futuro prevedrà una presenza sempre maggiore dei mezzi unmanned, soprattutto dedicati al mondo underwater. Questo, però, richiederà una sempre maggiore autonomia decisionale da parte delle macchine. Dobbiamo allora, ha sottolineato l’ammiraglio, “sviluppare un uso responsabile delle tecnologie”. Prima, una volta che si aveva la tecnologia la si usava, e poi si facevano le regole. “Ora dovremmo fare il contrario”.
Una transizione ecologica sostenibile
La trasversalità delle KETs ai campi civili e militari si vede anche nel dominio marittimo, come raccontato da Dario Bocchetti, gruppo Tecnica navale di Confitarma: Per quello che riguarda il campo delle navi mercantili, l’uso delle nuove tecnologie è legato anche alla sostenibilità ambientale”. In futuro, infatti, i volumi di carico aumenteranno ulteriormente, soprattutto quelli legati ai nuovi combustibili, che richiedono più spazio per essere trasportati. “Questo triplica i costi per spostare la stessa quantità di combustibile sulle stesse distanze nello stesso tempo di prima”. Bisognerà allora avere un bilanciamento tra il peso del carico e quello della nave stessa. “I nuovi materiali possono essere utilizzati per alleggerire la massa della nave”. Questa riflessione, tra l’altro, porta anche al tema della transizione ecologica, alla quale bisogna arrivare “con passi ragionati e andando per gradi”. Anche qui la tecnologia può aiutare: “Pur continuando a usare i carburanti fossili, attraverso i sistemi di carbon capture, che raccolgono parte della CO2 da scaricare poi a terra per lo smaltimento, si aiuta a proseguire verso un minore impatto ambientale da subito”. Tutte soluzioni che dal campo civile potranno trovare applicazioni anche in quello militare.
I rischi dell’autonomia
Questa stretta contaminazione tra i settori civile e militare si osserva anche rispetto alle problematiche che le nuove tecnologie abilitanti pongono nei due settori. “I mezzi unamnned per l’underwater dovranno avere una capacità decisionale autonoma” ha infatti spiegato il professor Antonio Carcaterra, direttore del dipartimento di Ingegneria meccanica e aerospaziale dell’università Sapienza, con ripercussioni, diverse, in entrambi i settori. “I nuovi sistemi dovranno avere una capacità decisionale autonoma importante, perché dovranno reagire velocemente ai cambi di scenario”, ha detto Carcaterra, aggiungendo come “si tratti di una delega che gli umani danno alle macchine, che rende il fattore umano più distante”. Ma cosa succederebbe se la macchina dovesse prendere una decisione sbagliata? “Le decisioni – ha spiegato il professore – si prendono su informazioni, sia quelli impostati in fase di progettazione, ma soprattutto quelli raccolti dall’ambiente dove opera la macchina”. Ma i sensori dei mezzi non possono vedere tutto, captano alcune cose e altre no, in un ambiente, tra l’altro, molto complesso. Secondo problema è la difficoltà di conoscere quale sarà l’elaborazione delle informazioni basate sugli algoritmi. “Più sono complesse le decisioni da prendere, più è complesso l’algoritmo e le conseguenze delle operazioni sono più difficili da prevedere”, ha infatti raccontato Carcaterra. Queste problematiche, già importanti per il settore civile, diventano fondamentali nel campo militare, dove “una decisione sbagliata ha conseguenze gravissime”.
All’avanguardia tecnologica
“La sinergia civile-militare è allora fondamentale, il paradigma è cambiato: prima la difesa era il driver dell’innovazione, oggi è il mondo civile”. Ha dirlo è stato Massimo Debenedetti, vice presidente research & innovation di Fincantieri, che ha ricordato come oggi “gli algoritmi usati per le operazioni militari nascono per suggerirci i prodotti migliori nei nostri feed dei social network”. Le tecnologie emergenti, quindi, attraversano sia il mondo civile sia quello militare, e in un settore in particolare potranno essere utilizzate per ridurre l’impatto ambientale di entrambi i settori. I materiali avanzati e compositi possono ridurre il peso, e quindi i consumi, e l’impronta di CO2, oltre a fornire una più efficace difesa balistica rallentando la corsa di un proiettile. Tecnologie per ridurre le segnature acustiche dei sommergibili potranno essere usate per ridurre le emissioni di rumore in acqua anche delle navi civili. La super conduttività potrebbe facilitare e velocizzare il rifornimento energetico delle navi, anche militari, diventando possibile collegare l’unità a terra con un unico cavo. I meta-materiali, la cui manipolazione della morfologia superficiale cambia i campi energetici incidenti, possono essere impiegati per ridurre le segnature radar, acustiche o termiche. I nano-materiali, che cambiano proprietà al cambiare della dimensione, possono modificare interi processi chimici: “polveri di argento opportunamente trattate riescono a scindere ossigeno e idrogeno delle molecole dell’acqua, un sistema in grado di cambiare le regole dell’elettrolisi”.
ONU. Oltre 2500 persone sono morte nel 2023 attraversando il Mediterraneo
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della redazione
Pagine Esteri, 29 settembre 2023 – Quest’anno più di 2.500 persone sono morte o scomparse in mare mentre tentavano di attraversare il Mediterraneo verso l’Europa. Circa 186.000 sono arrivate nei paesi europei nello stesso periodo. Ruven Menikdiwela, direttore dell’Unhcr, ha detto ieri al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che dei 186.000 che hanno attraversato il Mediterraneo, l’83% – circa 130000 persone – è sbarcato in Italia. Gli altri paesi sono Grecia, Spagna, Cipro e Malta.
Il numero dei morti o dispersi durante la traversata è aumentato quest’anno rispetto al 2022. “Fino al 24 settembre oltre 2.500 persone risultano morte o disperse”, ha detto Menikdiwela, “un forte aumento rispetto ai 1.680 morti o scomparsi nello stesso periodo del 2022”. Il rappresentante dell’Unhcr ha aggiunto che l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati non vede “nessuna fine in vista” alle vite perse in mare e sulle rotte terrestri verso l’Europa “che sono altrettanto pericolose”. Il funzionario ha spiegato come il viaggio via terra dai paesi dell’Africa sub-sahariana ai punti di partenza via mare sulle coste tunisine e libiche “rimanga uno dei più pericolosi al mondo”. “Le vite umane si perdono anche sulla terraferma, lontano dall’attenzione del pubblico”, ha detto Menikdiwela. I migranti e i rifugiati “rischiano la morte e gravi violazioni dei diritti umani ad ogni passo”, ha affermato.
Più di 102.000 persone hanno tentato di attraversare il Mediterraneo dalla Tunisia, un aumento del 260% rispetto allo scorso anno, e più di 45.000 hanno provato a farlo dalla Libia.
I dati dell’Unhcr sono simili a quelli presentati da Par Liljert, direttore dell’Ufficio internazionale per le migrazioni (OIM). “I dati recenti dimostrano che da gennaio a settembre 2023, più di 187.000 persone hanno attraversato il Mediterraneo alla ricerca di un futuro migliore e di sicurezza”, ha detto Liljert al Consiglio di Sicurezza. I migranti e i rifugiati “rischiano la morte e gravi violazioni dei diritti umani ad ogni passo”, ha sottolineato Liljert. Pagine Esteri
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“Yes AI Care! La “disruption” dell’intelligenza artificiale su settori, imprese e persone“
Dalle 17.15 avrò il piacere di intervenire all’evento Yes AI Care! La “disruption” dell’intelligenza artificiale su settori, imprese e persone nel panel dedicato a Intelligenza Artificiale, Governance e Protezione dei dati con Gabriele Faggioli e Marco Schiaffino.
Riforma del lavoro in Grecia: spolpare le ossa di lavoratori e lavoratrici | Infoaut
"In sostanza l’obiettivo è quello di aggirare il limite delle 8 ore lavorative e di mettere a sistema le forme di impiego imposte ai working poors: lavoratori e lavoratrici spesso sono costretti a trovare un secondo lavoro perché il salario non è sufficiente a sopravvivere e le pensioni sono così basse da costringere molti pensionati a continuare a lavorare fino a che il fisico regge. Si tratta dunque di intensificare l’estrazione di valore da parte dell’aziende e dello Stato a partire da un ricatto salariale sempre più violento."
GIBUTI. Ricchezza e catastrofe della presenza delle basi militari straniere
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della redazione
Pagine Esteri, 20 settembre 2023 – Gibuti sul Mar Rosso è un piccolo Stato africano che ospita ben otto basi militari straniere. È geograficamente vicino allo stretto di Bab-el-Mandeb, sulla strategica corsia di navigazione del Golfo di Aden. E le guerre Yemen e in Somalia ha accresciuto la sua importanza. Gibuti ospita basi appartenenti a Germania, Spagna, Italia, Francia, Stati Uniti, Regno Unito, Cina e Arabia saudita, situate a brevissima distanza l’una dall’altra. Anche Russia e India hanno un forte interesse nel creare basi militari lì. Inoltre, la lotta contro i jihadisti di Al-Shabab in Somalia, le operazioni antipirateria nel Golfo di Aden e i traffici marittimi cominciano ad attirare persino il Giappone.
Gibuti aveva perso la sua rilevanza geostrategica con la fine della Guerra Fredda. Poi gli attacchi dell’11 settembre e la successiva “guerra globale al terrore”, insieme all’escalation delle questioni di sicurezza marittima nel Golfo di Aden e sulla costa occidentale dell’Oceano Indiano, hanno rilanciato la competizione geostrategica dando al piccolo Stato una nuova importanza con risvolti economici significativi.
Tuttavia, ci sono rischi non secondari per Gibuti legati all’aumento di basi di terra e marittime. In primo luogo, ospitare postazioni militari di diverse nazioni può rappresentare una minaccia per la capacità del paese di prendere decisioni indipendenti. Gli interessi talvolta contrastanti degli attori internazionali possono influenzare i suoi processi decisionali. Il caso dei moli di Doraleh spiega bene come l’indipendenza decisionale del paese sia stata messa a dura prova quando gli Stati Uniti hanno protestato riguardo al trasferimento alla Cina dei diritti operativi del porto. Anche se le autorità di Gibuti hanno negato la cessione di Doraleh alla Cina, le rassicurazioni verbali non sono state sufficienti a dissipare i dubbi di Washington. Il generale Thomas D. Waldhauser ha avvertito che “se i cinesi prenderanno il controllo di quel porto, ci potrebbero essere conseguenze significative”. In risposta, il portavoce del Ministero degli Esteri cinese, ha replicato: “Speriamo che la parte statunitense possa vedere in modo obiettivo ed equo lo sviluppo della Cina e la cooperazione tra Cina e Africa”. Anche se Gibuti ha promesso di rispettare gli interessi strategici degli Stati Uniti, l’Amministrazione Usa vede con grande sfavore la possibilità che lo Stato africano diventi un importante snodo commerciale nel Corno d’Africa grazie al crescente coinvolgimento di Pechino nei progetti di sviluppo di Gibuti.
La vicenda dimostra che, in un modo o nell’altro, i programmi futuri di questa nazione portuale sono fortemente condizionati dagli interessi degli attori globali.
Il secondo rischio potenziale è la perdita di legittimità del governo di Gibuti a livello nazionale e internazionale. Quando il paese non è apparso in grado di ripagare il suo crescente debito estero – salito dal 50% del suo Pil nel 2016 al 104% nel 2018, con la maggior parte dei prestiti provenienti da Pechino – la crisi di legittimità è apparsa molto concreta. In questo contesto, nella migliore delle ipotesi la crescente dipendenza di Gibuti dai prestiti cinesi potrebbe fornire al gigante asiatico un’importante leva di intervento negli affari del paese. Nella peggiore l’indebitamento crescente potrebbe trasformare Gibuti in un satellite cinese nel Corno d’Africa. E le reazioni Usa in questo caso sarebbero imprevedibili.
La competizione per le basi a Gibuti inoltre è una delle ragioni dell’instabilità nella regione e la presenza militare straniera oltre a riempire le tasche di figure locali alimenta le rivalità nel Golfo di Aden e nell’Oceano Indiano occidentale con rischi evidenti. Va anche sottolineato che i paesi del Corno d’Africa sono spesso soggiogati da regimi autoritari e gli attori globali non poche volte diventano i principali sostenitori e finanziatori di tali governi. Finché gli interessi delle potenze regionali e internazionali sono protetti, l’autoritarismo è tollerato nel Corno d’Africa e i diritti umani e politici delle popolazioni passano in secondo piano. Pagine Esteri
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Il silenzio dei media su chatcontrol in Europa come in California: il disegno di legge della California per combattere gli abusi sui minori online di cui nessuno sembra parlare
Con una copertura stampa praticamente nulla, l'Assemblea della California approva una legge di controllo su internet che ha molto in comune con chatcontrol: è una legge che utilizza i minori come pretesto, è stupida e pericolosa e l'informazione non ne sta parlando
Lunedì 25 settembre 2023 12:01 - Mike Masnick
È abbastanza incredibile per me come, negli ultimi cinque anni circa, il legislatore della California abbia promosso una dozzina di leggi assolutamente orribili, pericolose (e spesso incostituzionali) per minare completamente i principi stessi di un’Internet aperta… e sostanzialmente non ottiene nulla. attenzione a tutti.
L'anno scorso sembrava che noi di Techdirt fossimo l'unico sito di notizie a coprire una serie di fatture assolutamente orribili. E, dei due che sono passati, l’AB 2273 (il “codice di progettazione adeguato all’età”) e l’AB 587 (il disegno di legge sulla “trasparenza” dei social media) stanno entrambi affrontando sfide costituzionali, con il 2273 già dichiarato palesemente incostituzionale ai sensi del 1° emendamento.
L’assemblea legislativa della California avrebbe potuto risparmiarsi un sacco di sciocchezze e problemi se ci avesse ascoltato l’anno scorso quando abbiamo evidenziato i problemi con entrambi i progetti di legge.
Non sono sicuro che i media abbiano trattato in dettaglio nessuna di questi disegni di legge, mentre su Techdirt abbiamo avuto molti, molti, molti articoli che evidenziavano tutti i problemi con entrambi i disegni di legge.
Quest'anno abbiamo coperto ancora più progetti di legge, tra cui SB 680 (sulla "dipendenza dai social media", che è solo una riscrittura di un disegno di legge diverso dell'anno scorso che non è stato approvato) e AB 1394, che può essere descritto come una sorta di mini-FOSTA californiano, in cui esiste un diritto di azione privato, che consente a chiunque di citare in giudizio le società di social media per qualsiasi materiale pedopornografico (CSAM) che compare sulle loro piattaforme. Per fortuna, l'SB 680 non è andato avanti. Ma il 1394 lo fece.
Come abbiamo spiegato qualche settimana fa, questa legge ribalta tutto esattamente al contrario e peggiorerà inevitabilmente i problemi legati al materiale pedopornografico sui siti web. Non esaminerò nuovamente tutti gli argomenti, ma mi limiterò a evidenziare il più eclatante: la legge attribuisce la responsabilità ai siti web per il favoreggiamento “consapevole” di materiale pedopornografico sulle loro piattaforme. Il primo emendamento richiede questo standard consapevolmente, ma quello che avete fatto ora è creare incentivi molto forti affinché i siti web smettano di combattere i materiali pedopornografici. Perché se si oppongono, ammettono di sapere che ciò accade, e questo li espone alla responsabilità a causa di questo stupido, stupido disegno di legge.
E' una legge pericolosa. Abbiamo già visto come funziona un sistema simile in FOSTA riguardo al “traffico sessuale”, che ha portato alla chiusura di tutti i tipi di risorse vitali per le lavoratrici del sesso. E ora, con 1394, puoi aspettarti che anche tutti i tipi di risorse vitali per aiutare le vittime di CSAM stiano per chiudere.
Quindi, ovviamente, la California ha approvato il disegno di legge e Gavin Newsom dovrebbe firmarlo da un giorno all’altro. Ottimo lavoro California: hai appena reso più difficile la lotta contro il CSAM. Spero che Newsom e gli sponsor del disegno di legge Buffy Wicks e Heath Flora siano orgogliosi di questo disegno di legge disastroso.
Eppure, questo disegno di legge non ha ricevuto praticamente alcuna attenzione da parte dei media. Abbiamo scritto il nostro articolo a riguardo. John Perrino, dell'Osservatorio Internet di Stanford, ha scritto un articolo su Tech Policy Press sottolineando che "nessuno sembra parlare di" questo disegno di legge, che potrebbe avere enormi conseguenze per Internet.
Siamo solo un piccolo sito multimediale su Internet praticamente senza budget. Contrariamente a quanto affermano alcune persone che si sbagliano, non siamo finanziati dalla “grande tecnologia” e non siamo “grandi lobbisti tecnologici”. In effetti, preferirei che ogni giorno tornassimo a un mondo di “piccola” o addirittura “personale” tecnologia altamente competitiva e decentralizzata rispetto alla “grande tecnologia”. Ma questo tipo di fatture lo renderanno impossibile.
La critica mediatica a questi progetti di legge non dovrebbe ricadere sulle nostre spalle oberate di lavoro. Eppure lo fa. E questo mi fa sentire come se avessimo fallito con questo. Abbiamo scritto un articolo a riguardo e sembra che non sia stato nemmeno lontanamente sufficiente a dare l'allarme prima che questo disegno di legge venisse approvato. Gavin Newsom potrebbe ancora porre il veto, ma tutti mi dicono che è ansioso di firmarlo, proprio come era ansioso di firmare l'Age Appropriate Design Code che è appena stato dichiarato incostituzionale.
E questo perché quando è stato dichiarato incostituzionale non c'è nessuno nei media a Sacramento che torni da Newsom e gli chieda: "Ehi, perché hai firmato quel disegno di legge ovviamente incostituzionale che Techdirt ha definito incostituzionale?" Invece, tutti dimenticano che Newsom non solo ha firmato con entusiasmo il disegno di legge, ma ha letteralmente implorato NetChoice di non fare causa al disegno di legge, anche se un giudice ha giustamente sottolineato la miriade di problemi con il disegno di legge.
Quando lasciamo che politici come Buffy Wicks e Gavin Newsom continuino ad approvare e firmare progetti di legge incostituzionali e problematici, senza mai tornare indietro e chiedere loro perché lo hanno fatto – specialmente quando i problemi di quei progetti di legge non erano solo chiari, ma chiaramente evidenziati da alcuni di noi – semplicemente incoraggiamo altre sciocchezze e una più rapida scomparsa del web aperto.
E questo funziona solo a vantaggio delle “grandi tecnologie”. Google e Meta hanno palazzi pieni di avvocati. A loro davvero non importa di queste bollette. Possono gestirli. Queste leggi creano invece problemi più grandi per tutti gli altri e lasciano a Google e Meta il controllo di Internet, invece di permetterci di riprenderci la nostra Internet.
Qui il post originale
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In Cina e Asia –
I titoli di oggi: Evergrande conferma: fondatore sotto sorveglianza per aver commesso “reati” Gli Usa accusano la Cina di manipolare l’informazione globale Taiwan svela il suo primo sottomarino prodotto “in casa” Cina, nominato un nuovo capo di Partito del Ministero delle Finanze Timor-Leste corteggia la Cina Capo della sicurezza cinese per la prima in Germania per un incontro di alto ...
L'articolo In Cina e Asia – proviene da China Files.
PRIVACYDAILY
USA - Un'azienda privata aiuta l'immigrazione a tracciare ogni spostamento dei migranti e la durata della conservazione dei dati di sorveglianza è in conflitto con i registri interni
Di fronte al gran numero di migranti in arrivo negli Stati Uniti, negli ultimi anni l’ICE si è mossa verso il monitoraggio dei migranti negli Stati Uniti piuttosto che verso la loro detenzione. In tal modo, l’agenzia fa sempre più affidamento su appaltatori per costruire la tecnologia su cui fa affidamento, creando un crescente apparato di sorveglianza gestito dall’ICE per monitorare le comunità di migranti.
Uno di questi appaltatori è BI Inc., che gestisce un'app per cellulare nota come SmartLINK per conto dell'agenzia. Secondo i dati ottenuti da Just Futures e condivisi con CyberScoop, SmartLINK raccoglie una serie di informazioni sensibili, tra cui informazioni di identificazione personale, dati di geolocalizzazione, numeri di telefono dei contatti e dati di veicoli e conducenti. La BI raccoglie anche dati biometrici e sanitari, comprese immagini facciali, impronte vocali, informazioni mediche, gravidanze e nascite.
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USA - Il comitato di vigilanza sulla privacy (a maggioranza democratica e nominato dal presidente) ha chiesto che il Congresso riveda una controversa legge sulla sorveglianza
La raccomandazione del Privacy and Civil Liberties Oversight Board potrebbe influenzare gli sforzi del Congresso riguardo al rinnovo della Sezione 702 del Foreign Intelligence Surveillance Act, un potente strumento di spionaggio che scade entro la fine dell'anno e consente alle agenzie di intelligence di raccogliere le comunicazioni di persone non statunitensi. all’estero le cui comunicazioni transitano sui sistemi di telecomunicazioni americani.
Privacy watchdog recommends court approval for FBI searches of spy data
The recommendations from the executive branch's privacy watchdog to reform Section 702 puts the panel at odds with the White House.Tonya Riley (CyberScoop)
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Poliverso & Poliversity reshared this.
Annika Strandhäll, socialista svedese (collega della commissaria Ylva Johansson, relatrice chatcontrol) perora la scansione dei messaggi dei cittadini europei, ma le sue affermazioni sono imprecise
Katarina Stensson @Katarina Stensson leader del partito Pirata Svedese @Piratpartiet , smonta tutte le imprecisioni nel testo apologetico di Strandhäll su #chatcontrol
"L'opposizione al disegno di legge non viene principalmente dalle società Internet, ma da esperti di sicurezza informatica, attivisti per i diritti umani, giornalisti e associazioni di tutela dell'infanzia"
Annika Strandhäll scrive sull'Alting del disegno di legge chiamato #chatcontrol, il regolamento contro gli abusi sessuali sui bambini. Sfortunatamente, il suo testo contiene una serie di imprecisioni.
Innanzitutto Strandhäll afferma che gli interessi dei bambini devono venire prima delle aziende Internet, e su questo siamo completamente d'accordo! L'opposizione al disegno di legge non viene principalmente dalle società Internet, ma da esperti di sicurezza informatica, attivisti per i diritti umani, giornalisti e associazioni di tutela dell'infanzia.
Il motivo è che la legge, così come è formulata, pone un grande rischio per i bambini che dovrebbe aiutare. Se diventerà realtà, porterà a un mondo digitale più pericoloso per tutti. I punti deboli che la legge impone ai servizi Internet potranno essere sfruttati anche dai criminali, e i punti deboli si troveranno sui telefoni e sui computer di tutti coloro che utilizzano i servizi di comunicazione digitale. I bambini e le donne che si trovano in situazioni vulnerabili, ad esempio, non potranno cercare aiuto in modo sicuro.
La possibilità di una comunicazione sicura è compromessa
Strandhäll sostiene che questa legge è intesa a sostituire la legge temporanea che attualmente consente a questi servizi di scansionare i messaggi e l'archiviazione nel cloud alla ricerca del cosiddetto materiale CSAM. È sbagliato. La nuova legge differisce da quella temporanea in quanto non consente solo ai fornitori di servizi di scansionare i messaggi, ma impone loro di farlo. Questo requisito viene imposto anche ai servizi crittografati e questo è il motivo principale per cui ha incontrato così tanta resistenza, poiché mina completamente la possibilità di una comunicazione sicura.
La legge include anche una serie di altri requisiti che non erano presenti nella legge temporanea, ad esempio che ai giovani non dovrebbe essere consentito utilizzare alcun tipo di servizio di chat senza identificarsi. Se la legge fosse stata solo un’estensione della legge precedente, avrebbe affrontato molte meno critiche.
Nel disegno di legge formulato dalla Commissione UE, le ricerche di materiale pedopornografico devono essere effettuate sia confrontando un elenco di riferimenti con materiale già noto, sia con l'aiuto dell'intelligenza artificiale per identificare materiale e adescamento precedentemente sconosciuti. Questa parte della proposta ha incontrato critiche perché semplicemente non ci sono abbastanza strumenti validi per identificare materiale sconosciuto con un'affidabilità sufficientemente elevata. Il risultato sarebbe che i casi reali annegherebbero in un mare di falsi positivi, presenterebbero una quantità di materiale totalmente ingestibile per la magistratura di cui occuparsi e porterebbero anche persone falsamente segnalate e sospettate di uno dei peggiori crimini immaginabile.
Sembra che il governo abbia preso a cuore questa critica, perché recentemente è emerso che si vuole esentare materiale e strigliatura precedentemente sconosciuti.
Già migliaia di casi si accumulano
Strandhäll critica questo aspetto sulla base del fatto che molti casi, alcuni in cui i bambini sono ancora attivamente esposti, non vengono rilevati. In parte ha ragione, ma d’altro canto è improbabile che questi casi vengano risolti comunque, perché già oggi ci sono migliaia di casi ammucchiati che la giustizia non riesce a gestire. l'ago nel pagliaio se metti più fieno.
Dobbiamo invece investire le enormi risorse che ciò costerebbe nel rafforzamento delle competenze, dei metodi e delle risorse delle forze dell’ordine per indagare efficacemente su questo tipo di crimine una volta trovato materiale abusivo, poiché questo è attualmente il collo di bottiglia. Dobbiamo anche chiedere strumenti efficaci e sostegno alle vittime per denunciare gli abusi e fornire loro sostegno quando sono vittime. Patrick Breyer, deputato al Parlamento europeo del Partito Pirata, ha presentato emendamenti alla legge alla commissione LIBE del Parlamento europeo. Ci auguriamo che ciò possa contribuire a far sì che la proposta non debba essere bloccata nella sua interezza, ma che si possa trovare una soluzione migliore che possa aiutare più bambini senza mettere a rischio l’intera società. Sono felice di incontrare Strandhäll e le donne S per discutere le soluzioni migliori per affrontare la questione.
altinget.se/artikel/replik-en-…
Replik: En mängd felaktigheter i Strandhälls text om Chat control
Motståndet mot lagförslaget kommer inte huvudsakligen från internetbolagen, utan från IT-säkerhetsexperter, människorättsaktivister, journalister, och barnskyddsförbund. Det skriver Piratpartiets partiledare Katarina Stensson i en replik.www.altinget.se
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TURCHIA. Il PM giudica “propaganda illegale” la denuncia di torture e chiede la condanna per Ayten Öztürk
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di Eliana Riva –
Pagine Esteri, 28 settembre 2023. Si è conclusa pochi minuti fa a Istanbul la prima udienza del nuovo processo contro Ayten Öztürk, l’oppositrice politica turca che ha denunciato le torture subite nei centri segreti di detenzione e che rischia già due ergastoli. Il Pubblico Ministero ha chiesto una condanna per “propaganda a un’organizzazione illegale”.
Le accuse sono state formulate dalla polizia turca in seguito alla pubblicazione di un libro autoprodotto in cui Ayten racconta la sua storia, come sia stata rapita in Libano e portata in un centro di tortura segreto in Turchia. Per sei mesi famiglia, amici e avvocati non hanno saputo dove fosse. Quando è stata ritrovata il suo corpo era coperto di ferite e cicatrici, 898 per la precisione. All’interno del libro, anche una poesia di Mahir Çayan, un rivoluzionario marxista morto nel 1972. Questa poesia proverebbe, secondo il pubblico ministero, il suo sostegno all’organizzazione politica fondata dallo stesso Çayan nel 1970, il Partito popolare di Liberazione-Fronte della Turchia, messa oggi al bando.
L’udienza è stata rinviata al 7 Novembre. Ayten Öztürk ha provato, al termine della seduta, a rilasciare una sua dichiarazione alla stampa e alle persone che erano giunte in tribunale in suo sostegno ma le guardie di sicurezza e la polizia privata le hanno impedito di parlare.
pagineesteri.it/wp-content/upl…
Ayten è in attesa della sentenza definitiva del processo in cui rischia due ergastoli. Si trova agli arresti domiciliari da più di due anni. È sicura che l’accanimento giudiziario nei suoi confronti sia una punizione per aver denunciato le torture. In molti lo pensano. Le motivazioni alla base delle accuse si possono definire quantomeno pretestuose, inverosimili. Rischia un ergastolo per aver assistito a un tentativo di linciaggio, senza prenderne parte. Ne rischia un altro per esser stata vista presso la sede di un’associazione (legale) che si occupa di diritti umani. Prima che cominciasse a denunciare le torture, le accuse mosse perlopiù attraverso l’utilizzo di testimoni segreti, erano cadute. Quando ha iniziato a parlare dei centri segreti e del rapimento, i processi sono ricominciati e nei primi due gradi di giudizio è stata dichiarata colpevole.
Diversi deputati turchi hanno portato in parlamento la sua storia, chiedendo giustizia, la fine della politica degli arresti arbitrari e la chiusura dei centri segreti di tortura.
Ömer Faruk Gergerlioğlu, membro del Parlamento e attivista per i diritti umani, ha dichiarato al termine dell’udienza: “Da tutti i documenti risulta che Ayten Öztürk è stata torturata per 6 mesi. È stato rivelato con chiarezza come sia stata rapita dal Libano. Nonostante tutto questo, anche se è certo che sia stata vittima di tortura, qui sotto processo non sono i torturatori, ma il racconto della tortura. E questo non è accettabile. La questione non si chiuderà qui. Andremo sicuramente al giudizio internazionale. Perché la denuncia della tortura, che è un crimine contro l’umanità, qui è vista come se fosse propaganda politica. Questo non è accettabile. Sebbene sul corpo di Ayten Öztürk siano state contate 898 cicatrici causate dai torturatori, non è stata fornita alcuna spiegazione sulla tortura, e ora è sotto processo per reato di propaganda per aver descritto la tortura in un libro”.
Ayten Ozturk
“In questo tribunale la tortura non è stata nemmeno menzionata – ha dichiarato Ayten – Non è stata nemmeno presa in considerazione l’apertura di un’indagine o l’esame di denunce penali contro la tortura. L’unica cosa che voglio è che io sia ulteriormente punita in quanto persona che denuncia la tortura subita. Ma io non starò in silenzio. Continuerò la mia lotta finché i torturatori non saranno perseguiti e i centri segreti di tortura chiusi”.
La storia di Ayten e quella di altre oppositrici politiche è raccontata nel documentario dal titolo “La rivoluzione di Ayten”, prodotto da Pagine Esteri, che verrà ufficialmente presentato il prossimo 13 ottobre a Caserta.
LEGGI → Nella Turchia di Erdogan con una poesia si rischia l’ergastolo
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Ministero dell'Istruzione
Il racconto di #NoiSiamoLeScuole questa settimana è dedicato al plesso di Piscittina dell’ICS “Giovanni Paolo II” di Capo d’Orlando, in provincia di Messina, che sarà demolito e ricostruito grazie alla linea di investimento del PNRR.Telegram
“Agenda del 29 settembre”
Qui tutte le informazioni agli eventi ai quali parteciperò domani 29 di settembrehttps://www.eventbrite.it/e/biglietti-convegno-sulla-sicurezza-legale-delle-citta-639116072377https://webmagazine.unitn.it/evento/giurisprudenza/117841/ricerca-in-sanit-e-protezione-dei-dati-personali-scenari-applicativi-ehttps://www.digital360awards.it/yes-i-care/
La poesia contemporanea dei Nativi Americani. Oltre stereotipi e mielose retoriche
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di Marco Cinque –
Pagine Esteri, 28 settembre 2023. Spesso ci facciamo un’idea retorica e molto lontana da quelle che sono realmente le culture dei popoli nativi delle Americhe. Gran parte degli scritti a noi pervenuti provengono da una trasmissione orale e spesso sono artefatti, rielaborati, talvolta persino traditi e per lo più addomesticati al nostro sentire occidentale.
Insomma, in qualche modo le testimonianze a noi tramandate sono state rese strumentalmente appetibili per definire una visione romantica dell’universo amerindiano, con la finalità di renderla più sfruttabile e vendibile anche dal punto di vista commerciale. Per capire questo c’è una cartina da tornasole: basta infatti vedere chi si è arricchito con la generosa produzione bibliografica e anche filmografica sui nativi d’America, non certo i nativi stessi.
Queste visioni edulcorate, in realtà, non trovano riscontro e stridono con l’attuale situazione delle riserve indiane, che spesso sono invece ghetti che diventano il terzo mondo casalingo dell’America, dove si riscontrano i più alti tassi di disoccupazione, alcolismo, criminalità, povertà, analfabetismo, suicidi di adolescenti e quant’altro.
La retorica mielosa e l’eterea spiritualità che molte persone cercano negli scritti e nelle poesie, da molti autori nativi contemporanei vengono rifuggite come la peste. Nelle loro parole, che diventano specchio – a volte fedele, altre volte surreale, mistico, sarcastico o paradossale – della vita vissuta, i versi trasudano il sangue e il sudore che sono costati e continuano a costare a quei popoli e alle loro culture.
Quindi, nei loro scritti, è logico e conseguente trovare il dolore (mai lamentoso), la deprivazione (mai accettata), l’arbitrio (mai taciuto) cui sono sottoposti da centinaia di anni. Il ruolo della poesia contemporanea nella letteratura indigena serve anche per capire a fondo la loro condizione ed è necessaria per ascoltare le loro voci senza filtri che alterino il senso di ciò che vogliono davvero comunicarci, tenendo comunque presente che le traduzioni da altre lingue sono sempre e comunque una sorta di “tradimento”. Pertanto dovremmo ricordare che piegare una cultura diversa alla propria prospettiva di sguardo, spesso è come pretendere di aprire la serratura di una porta con la chiave sbagliata.
In questa selezione si propone un coro di voci poetiche di autrici e autori nativi americani contemporanei, assieme a loro brevi biografie, sperando così di contribuire a rendere una visione autentica, quindi più reale e rispettosa di ciò che essi realmente sentono, pensano e vivono.
Lance Henson, nato nel 1944 e cresciuto nell’Oklahoma occidentale con la sua tribù, è un poeta Cheyenne tra i più rappresentativi della cultura dei nativi d’America. Laureato in scrittura creativa all’Università di Tulsa, ha pubblicato più di venti libri di poesie. La sua opera compare nelle principali antologie di letteratura dei nativi americani, tradotta in più di venticinque lingue e pubblicata anche in Italia. Membro della Chiesa Nativa Americana e capo del Dog Soldier Clan, ha partecipato numerose volte ai raduni del suo popolo come danzatore e pittore. Ha rappresentato la nazione Cheyenne al Gruppo di Lavoro delle Nazioni Unite per le popolazioni indigene e da più di trent’anni è attivamente impegnato nella lotta per i diritti dei Cheyenne e delle popolazioni indigene del mondo. La poesia di Henson fonde la filosofia Cheyenne e le tradizioni alla cronaca sociale e politica del mondo moderno.
CANTO DI RIVOLUZIONEL’alba porta con sé il dolore della luce
di qualcuno che non vuole essere visto
una voce che deve essere nascosta
in un luogo che non le appartiene
è un fiume o una brezza
o l’acqua che scorre e piange di séche ti fa desiderare di essere libero?
il canto proibito di un grillo
giace tra le rose
un vento aleggia intorno sussurrando
del Che e di Cavallo Pazzoin un mattino di gelo
nel dolore del risveglio
il grido dell’umanità esce da sé
impossibile da fermare
come il gocciolio dell’acqua
come il pianto di un bambino.
Lance Henson e Marco Cinque
John Trudell, (Omaha, 15 febbraio 1946 – Santa Clara, 8 dicembre 2015) è stato un poeta della tribù Sioux-Santee, leader del movimento per i diritti civili dei Nativi d’America ed efficace comunicatore, si autodefiniva blue indian. Vedeva nella musica il futuro della poesia. La sua arte è stata frutto di esperienze vissute in prima persona. Un’esistenza spesa per il riscatto del suo popolo. È stato co-fondatore dell’American Indian Movement (Aim), di cui diviene presidente fra il 1973 e il 1979. Entrò perciò nel mirino dell’Fbi. Prologo della tragedia: il 12 febbraio 1979 il fuoco distrusse la sua casa nella riserva Shoshone di Paiute, nel Nevada, strappandogli la moglie Tina e i tre figli. Trudell sostenne immediatamente l’ipotesi del dolo: dodici ore prima era stato arrestato per aver bruciato una bandiera americana di fronte al J. Edgar Hoover Building, sede dell’Fbi a Washington. Piegato dal dolore, smise i panni del leader politico e indossò quelli di poeta e cantautore. Iniziato al lavoro da Jackson Browne, fondeva nelle proprie canzoni poesia, blues e canti tradizionali, la “voce del tamburo” con le chitarre elettriche. Come attore partecipò a diversi film tra cui Smoke signa e Cuore di tuono.
GUARDA LA DONNA (dall’album “Johnny damas and me”, 1994)Guarda la donna \ ha un viso giovane e un viso vecchio \ va sempre avanti a ogni età \ sopravvive a tutto ciò che l’uomo ha fatto \ in certe tribù è libera \ in certe religioni è sotto l’uomo \ in certe società vale ciò che consuma \ in certe nazioni è una forza delicata \ in certi stati le dicono che è debole \ in certe classi è una proprietà \ in ogni caso è sorella della terra \ in ogni condizione è portatrice di vita \ in tutta la vita è la nostra necessità \ guarda gli occhi della donna \ fiori che ondeggiano su colline disperse \ una danza del sole che richiama le api \ guarda il cuore della donna \ farfalle di lavanda che cacciano nel cielo azzurro \ pioggia indistinta che cade su soffici rose selvatiche \ guarda la bellezza della donna \ lampo che squarcia le notti scure d’estate \ foresta di pini che si unisce alla nuova neve invernale \ guarda lo spirito della donna \ quotidianamente al servizio del coraggio con il sorriso \ il suo respiro un sogno e una preghiera.
John Trudell in una scena del film “Thunderheart” (Cuore di tuono)
Joy Harjo è nata a Tulsa, Oklahoma, nel 1951 e appartiene alla nazione Creek. Ha insegnato in numerose università corsi di letteratura e diretto seminari di creative writing. Ha insegnato presso l’Università della California a Los Angeles e abita a Honolulu, Hawaii. Si è anche dedicata allo studio del sassofono e insieme al gruppo «Poetic Justice», incise un cd in cui blues, ritmi tribali, versi delle sue poesie si fondevano creando una musica di grande forza e suggestione. I suoi libri sono stati più volte gratificati da importanti premi letterari internazionali – tra cui il “William Carlos Williams”, il “Delmore Schwartz”, l’“American Indian Distinguished Achievement in the Arts”. Infine un altro prestigioso riconoscimento, il Penn Award, ricevuto a New York. Tutte le sue raccolte tradotte sono a cura di Laura Coltelli: Segreti dal centro del mondo, Urbino, 1992; Con furia d’amore e in guerra, Urbino, Quattroventi, 1996; Lei aveva dei cavalli, Roma, Sciascia, 2001.
TI RIMANDO INDIETROTi metto in libertà, mia splendida e terribile
paura. Ti metto in libertà. Eri la mia amata
e odiata gemella, ma ora, non ti riconosco
come me stessa. Ti metto in libertà con tutto il
dolore che sentirei alla morte delle mie figlie.
Tu non sei più il mio sangue. Ti restituisco ai soldati bianchi
che hanno bruciato la mia casa, decapitato i miei figli,
violentato e sodomizzato i miei fratelli e sorelle.
Ti restituisco a coloro che hanno rubato il
cibo dai nostri piatti quando noi morivamo di fame.
Ti metto in libertà, paura, perché continui a tenere
queste scene davanti a me e io sono nata
con occhi che non possono mai chiudersi.
Ti metto in libertà, paura, così non puoi più
tenermi nuda e raggelata in inverno,
o farmi soffocare sotto le coperte in estate.
Ti metto in libertà
Ti metto in libertà
Ti metto in libertà
Ti metto in libertà.
Non ho paura di provare rabbia.
Non ho paura di gioire.
Non ho paura di essere nera.
Non ho paura di essere bianca.
Non ho paura di aver fame.
Non ho paura di essere sazia.
Non ho paura di essere odiata.
Non ho paura di essere amata
di essere amata, di essere amata, paura.
Oh, mi hai strangolato, ma io ti ho dato il laccio.
Mi ha pugnalato nelle viscere, ma io ti ho dato il coltello.
Mi hai divorato, ma io mi sono sdraiata nel fuoco.
Hai preso mia madre e l’hai violentata,
ma ti ho dato il ferro rovente.
Riprendo me stessa, paura. Non sei più la mia ombra.
Non ti terrò tra le mie mani.
Non puoi vivere nei miei occhi, nelle mie orecchie, nella mia voce,
nel mio ventre, o nel mio cuore mio cuore
mio cuore mio cuore. Ma vieni qui, paura
Io sono viva e tu hai così paura
di morire.
Joy Harjo
Diane Burns nacque nel 1956 a Lawrence, nel Kansas, da padre Chemehuevi e madre Anishinabe e scomparve nel 2006, a soli 49 anni. La Burns crebbe coi suoi due fratelli a Riverside, in California, dove i suoi genitori insegnavano in un collegio di nativi americani. Al di là dei suoi lineamenti affascinanti, che portarono la Burns a lavorare pure come modella, negli ambienti letterari e artistici rimasero colpiti dalla forza delle sue parole. “Era come un vento fresco, la chiarezza del suo lavoro era così bella”, disse Josh Gosciak, fondatore della rivista di poesia multiculturale \ work {Contact}, che fu uno dei primi a pubblicare il lavoro della Burns. “È stata un’esplosione totale”, disse il fondatore del Bowery Poetry Club Bob Holman, ricordando la prima volta che sentì la Burns leggere nel 1980: “pensavamo di aver ascoltato già tutto ciò che si potesse ascoltare, ma Diane ha letteralmente fatto saltare il coperchio”. Il suo primo e unico libro di poesie è stato Riding the One-Eyed Ford, pubblicato nel 1981, ma le sue interpretazioni ironiche e taglienti sugli stereotipi dei nativi sono ancora abbastanza attuali da essere insegnate insieme a contemporanei più famosi, come Sherman Alexie.
SURE YOU CAN ASK ME A PERSONAL QUESTION
(Certo che puoi farmi una domanda personale)Come va?
No, non sono cinese, no, non sono spagnola.
No, sono americana indiana, nativa americana.
No, non dall’India. No, non Apache. No, non Navajo.
No, non Sioux. No, non siamo estinti.
Sì, indiano. Oh? Ecco perché hai gli zigomi alti.
La tua bisnonna, eh?
Una principessa indiana, eh?
Capelli laggiù?
Lasciami indovinare. Cherokee?
Oh, quindi hai avuto un amico indiano?
Così vicino?
Oh, quindi hai avuto un amante indiano?
Così stretto?
Oh, quindi hai avuto un servitore indiano?
Così tanto?
Sì, è stato terribile quello che ci avete fatto.
È davvero decente da parte tua scusarti.
No, non so dove puoi trovare il peyote.
No, non so dove puoi trovare tappeti Navajo davvero economici.
No, non l’ho fatto. L’ho comprato a Bloomingdales. Grazie.
Mi piacciono anche i tuoi capelli.
Non so se qualcuno sa se Cheris è davvero indiano.
No, stasera non ho fatto piovere.
Sì. Uh Huh. Spiritualità.
Uh Huh. Sì. Spiritualità.
Uh Huh. Madre Terra. Sì.
Uh Huh. Uh Huh. Spiritualità.
No, non ho studiato tiro con l’arco.
Sì, molti di noi bevono troppo.
Alcuni di noi non possono bere abbastanza.
Questo non è uno sguardo stoico.
Questa è la mia faccia.
Diane Burns
Trevino L. Brings Plenty è nato nella Riserva Cheyenne nel South Dakota, di origine Minneconjou Lakota è cresciuto nella Bay Area di San Francisco e a Portland, Oregon, dove risiede. È cineasta, musicista ed è un assistente sociale, insegnante al college e si occupa di diritti delle famiglie e degli studenti nativi americani. Real Indian Junk Jewlry (2012) è la sua prima raccolta di poesia, cui ha fatto seguito Wakpa Wanagi Ghost River (2015).
PORTLAND NORD ESTVedo una donna piangere sulla porta di casa
i figli persi, di nuovo
affidati ai servizi sociali
e conoscendo la dura strada
che avrà ancora da percorrere, nel mio cervello
la cartografia del disastro.
Il mio cervello vede già i suoi figli
farsi strada nel meccanismo
e i suoi nipoti
venirne fagocitati; nel mio cervello
la cartografia del disastro.
Questa è la seconda volta per questa madre,
in questo stato, che i suoi figli le vengono tolti.
Là c’è la sua riserva originaria dove pure
gli altri suoi figli sono altrove, ricollocati.
Muore dal desiderio di tornare a casa. Un po’ di sicurezza.
Suo padre abita là; nel mio cervello
la cartografia del disastro.
Posso offrirle solo qualche parola
di incoraggiamento e supporto,
consigliarle di consultare il medico per qualche cambio di terapia;
fissare gli appuntamenti necessari e delle visite sorvegliate,
cercare di non abbattersi.
La mia mente vaga
verso un’amica a rischio
di esclusione dalla propria tribù.
Penso a un’identità liquida
che scotenni l’annientamento: nel mio cervello
la cartografia del disastro.
Torno alla mia auto. Accendo il motore
e anche la radio – le interferenze mi
danno conforto. Guido nella città, vedo tempeste
nelle famiglie. Riesco a identificare le tracce
che il dolore della gente lascia lungo le strade,
la sequenza di espropriazioni e allontanamenti:
condizioni socio-economiche, razziali, stati
di salute mentale e generazionali. Nel mio cervello
la cartografia del disastro.
Trevino L. Brings Plenty
Georgiana Valoyce Sanchez, nativa americana Chumash (Shmuwich) e O’odham (Tohono e Akimal), nata e cresciuta nel sud della California. È un’anziana del consiglio direttivo del Consiglio Chumash di Barbareno, membro del consiglio della California Indian Storytellers Association e presidente del Chumash Elders Women’s Council della Wishtoyo Foundation. Ha insegnato all’American Indian Studies Program presso la California State University, Long Beach per oltre ventotto anni e da poco è andata in pensione. È una scrittrice apparsa in numerose pubblicazioni nazionali e internazionali; la sua poesia, “I Saw My Father Today”, è stata fusa in bronzo e collocata sulla piattaforma Muni nell’Embarcadero di San Francisco. È una narratrice e co-fondatrice di Living Indigenous Voices (Liv). È stata Keynote Speaker e presentatrice di seminari per numerose conferenze negli Stati Uniti. I suoi ultimi seminari si sono concentrati sulla Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni. Continua a essere una convinta sostenitrice della conservazione delle lingue indigene, dei luoghi sacri, delle pratiche cerimoniali e delle arti tradizionali.
CHUMASH MAN“Shoo-mash”, dice
e quando lo dice
penso alle antiche cacce, ai leoni marini
e alla nebbia salina spazzata dal vento
sul mio viso
Gli dicono che la
sua gente è morta
“Terminata”È ufficiale
Chumash timbro istituzionale in ceralacca
degli Stati Uniti: Terminato
un popolo morto,
dicono che sia
un caso per antropologiAh, ma questo vecchio
questo vecchio il cui volto è
antiche preghiere che vengono a riposare
questo vecchio sa chi è
“Shoo-mash”, dice
e da qualche parte i leoni marini si radunano ancora
lungo la costa della California
e la nebbia salina si alza
nebbia arcobaleno
sopra il costante frangersi
delle onde.
Georgiana Valoyce Sanchez
Kurt Schweigman, alias Luke Warm Water, è un poeta e attivista Oglala Lakota cresciuto a Rapid City, nel South Dakota. La sua poetica è stata considerata una fusione tra Sherman Alexie, Charles Bukowski e Tom Waits. È stato il primo spoken-word poet cioè poeta della parola orale a ricevere il premio Archibald Bush Foundation ed è stato un artista di spicco al prestigioso Geraldine R. Dodge, durante la Dodicesima Biennale di Poesia Festival.
QUADERNO AZZURROCielo azzurro
lago delle Colline Nere azzurro acceso
lucenti ruscelli argentati
in gomitoli di affluenti
campi ondeggianti di terra bruna
ricoperti di soffice neve
ghiaccioli orizzontali
una strada Lakota rossa verticale
Accetta questa mia penna offerta
alla tua purezza, nei tuoi inverni
la tua stagione di alberi che si spezzano
fin quando a primavera torneranno
matasse di ruscelli argentati
che conterranno tutto
fin quando la mia figlia neonata
non troverà questo quaderno azzurro
negli anni lontani
dopo la mia morte
nel ripostiglio.
Luke Warm Water in una foto di Marco Cinque
Natasha Kanapé Fontaine è nata nel 1991 a Baie-Comeau ed è originaria di Pessamit, sulla North Shore. Poeta-performer, attrice, artista visiva e attivista per i diritti degli indigeni e dell’ambiente, vive a Montreal ed è membro orgoglioso del popolo Innu. Ispirata dal movimento indigeno pan-canadese Idle No More, viaggia attraverso il Quebec, il Canada e il mondo e il suo messaggio è quello del dialogo, della riconciliazione, della guarigione e dello scambio tra i popoli. Con la poesia, culla l’ambiente e con esso inizia un processo di guarigione. Natasha Kanapé Fontaine combatte contro il razzismo, la discriminazione e la mentalità coloniale attraverso la parola e la poesia. Ha pubblicato quattro raccolte di poesie con Mémoire d’encrier, dal titolo Non entrare nella mia anima con le tue scarpe (2012), Manifeste Assi (2014), Bleuets et apricots (2016) e Nanimissuat / Île Tonnerre (2018). Con Deni Ellis Béchard ha firmato Kuei je vous salue: Conversation sur le racisme (Écosociété, 2016). La maggior parte dei suoi libri sono stati tradotti in inglese.
LA RISERVA
(Non mi glorificherai)Ruberai il verbo pregare
negherai il giorno
dove prenderò la pistola
per iniziare la mia deportazione
punterai il tuo esercito
per corrodere le mie ossa
sepolte sotto la tua tutela
campi da golf e pinete
Vedrai cadere
attraversando ponti
auto ribaltate
saccheggio di fuoco
campi di grano
Ingoierai
i miei melograni rossi
i miei mirtilli rossi
il mio salmone la mia trota
la nostra rabbia fumosa
gusterai la mia gioia
amarezza frutta
dolce succo di rivolta
Io ricorderò
Respingerai i miei corpi, i miei confini
brucerai i tronchi di betulla
Singhiozzerò un ritornello
vecchio territorio litanie
il padre di mio padre
Lapiderete la mia gente
ucciderete uno dei suoi padri
che è venuto a parlare con la nostra rabbia
nessuno ascolterà
il terrore il tacere
al seno di sua madre
Ci alzeremo
sciarpe sui nostri volti
rosso sulle nostre labbra
antichi simboli sulle nostre spalle
Raddrizzeremo le porte del futuro
disfarsi delle riserve
aprirà il mio villaggio al mondo
Ci alzeremo
bruceremo le scuole
i nostri figli sono diventati antenati
i nostri antenati diventano bambini
Preparerò tra le mie cosce
la formula dell’oralità
redenzione
la nostra isola
Impareremo il nome della terra.
Natasha Kanapé Fontaine
Joséphine Bacon è nata nel 1947 nella comunità Innu di Pessamit, è una letterata, regista, traduttrice, paroliere e insegnante. È attraverso l’avventura collettiva di Aimititau! Parliamone insieme! (Inkwell Memoir, 2008) che il mondo scopre il suo talento naturale per la poesia. Legata alla lingua Innu, nel 2009 ha presentato la sua primissima raccolta, un’opera bilingue Innu Aimun-francese, Batons à message / Tshissinuatshitakana (Inkwell memory). Questo lavoro, nel 2010, ha ricevuto il Readers ‘Award dal Marché de la poésie de Montréal per la sua poesia «Dessine-moi l’arbre». La sua seconda raccolta, Un thé dans la toundra / Nipishapui nete mushuat (Mémoire encrier, 2013), è stata finalista per il Governor General’s Award nel 2014. Contribuisce anche a diversi lavori collettivi come Bonjour neighbour (Mémoire d’encrier, 2013), Femmes rapaillées (Mémoire d’encrier, 2016) e Amun (Stanké, 2016). Nel 2016 ha ricevuto un dottorato honoris causa in antropologia dall’Université Laval per la sua partecipazione e contributo al progresso della ricerca sin dagli anni Settanta. Joséphine Bacon desidera, attraverso le sue opere, trasmettere la tradizione degli anziani alle generazioni più giovani della sua comunità.
1
Mi sono fatta bella
perché si noti
il midollo delle mie ossa,
sopravissuta a un racconto
non raccontato.2
lontano un orizzonte
un mare rende livido il cielo
un’aquila lascia cadere una piuma ferita
un fiume agonizza
una canoa mi conduce
verso i racconti degli Anziani
ascolto il silenzio inquieto
Pakassik grida il suo dolore
un muschio verde giallo e rosso
asciuga le sue lacrime
Missinaku si avvelena
inalando l’essenza che liberano
gli uccelli di ferro
il ritmo del cuore
della Terra rallenta
nella mia disperazione
sogno di fugare il rintocco dei miei cari
so che ciò è impossibile
che troverò il possibile.
Joséphine Bacon in una foto Marco Cinque
Samian è un musicista rapper e poeta, cresciuto nella comunità di Pikogan ad Abitibi-Témiscamingue nel Quebec. Suo padre è Québécois e sua madre è Algonquin. Samian è membro orgoglioso della Abitibiwinni First Nation e rivendica il rispetto e il riconoscimento del suo popolo. Ha pubblicato un libro di poesie che riunisce i testi dei suoi primi tre album musicali. Nel 2016 gli è stato conferito il prestigioso premio Artist for Peace, riconosciuto in tutto il Canada.
GENOCIDIOAncora una volta a nome della mia famiglia torno al ritmo
Peccato se non mi ami, li amo troppo
Sempre la stessa lotta, le parole con cui discuto
Contro le loro politiche di merda e i segreti di stato.
I coltelli volano bassi
Al mio posto per morire gli uccelli non si nascondono
Ci sono più persone che chiedono aiuto
Quebec, Canada sotto un regime di apartheid
Nanikotin kitasosonan kin ekiocito8an 8aniikan
Misa8atc nipak8ian tak8an aiam8mie8in kitci nakatciiko8an
Non lo sai? non significa che tu sia ignorante
A scuola ti insegnano che hanno scoperto un continente
La verità a volte è difficile da ascoltare
Ecco perché lo nascondono da oltre 150 anni
Sono stufo delle bugie, stufo dell’ipocrisia
Sono stufo delle macchie di sangue sulla bandiera del mio paese
Sotto la supervisione del governo non viviamo nello stesso mondo
Riserve indiane, povere come il terzo mondo
Parliamo dell’olocausto, del Ruanda, di milioni di morti in Congo
In Nord America, è un genocidio a cascata
I nostri leader vogliono gli Indiani di Stato
Perché hanno paura degli indiani istruiti
Nanikotin kitasosonan kin ekiocito8an 8aniikan
Misa8atc nipak8ian tak8an aiam8mie8in kitci nakatciiko8an
In nome dei bambini venduti e sradicati
In nome delle donne scomparse e assassinate
Le donne si legavano a loro insaputa
Un genocidio ben pianificato, e continua
Children of the British ai sensi della legge
La legge indiana di una terra senza fede
Per loro siamo solo un soggetto
Prigionieri politici in nome di sua maestà
1969 e il loro fottuto white paper
O meglio come lavarsi le mani col sangue degli innocenti
Sognavano un’America bianca
Assassini stampati sulle loro banconote.
Il divieto di parlare le nostre lingue è un genocidio
Uccidere l’indiano dentro l’essere umano è un genocidio
Rubare e vendere bambini è un genocidio
Le donne indigene scomparse e assassinate è un genocidio
La costituzione canadese è un genocidio.
Samian
Nei link a seguire qui proposti una serie di poesie musicate di alcuni degli autori sopra presentati:
John Trudell: Time dreams
youtube.com/watch?v=fRTMe_EPgS…
Joy Harjo: Eagle song
youtube.com/watch?v=y8mEdBmC9J…
Joséphine Bacon e Chloé Sainte-Marie: Je sais que tu sais
youtube.com/watch?v=n4pJmuSLv1…
Samian: Génocide
youtube.com/watch?v=cYSTngC96H…
Natasha Kanapé Fontaine: Nous nous soulèverons
youtube.com/watch?v=T6DhCcQQ3X…
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L'articolo La poesia contemporanea dei Nativi Americani. Oltre stereotipi e mielose retoriche proviene da Pagine Esteri.
In Cina e in Asia – Il Politburo si riunisce, assenti Li e Qin
Il Politburo si riunisce, assenti Li e Qin
La Cina è vulnerabile alle minacce informatiche
L'ex vice governatore della banca centrale cinese accusato di corruzione
Il soldato Usa fuggito in Corea del Nord è stato espulso da Pyongyang
L'articolo In Cina e in Asia – Il Politburo si riunisce, assenti Li e Qin proviene da China Files.
Fincantieri inaugura a Muggiano il terzo Pattugliatore polivalente d’altura
Ampliare e ammodernare l’unità navale. Queste le parole d’ordine del gigante della cantieristica italiana Fincantieri, come dimostrato dalle recenti missioni di rilancio dell’arsenale militare marittimo. L’obiettivo, già annunciato al SeaFuture 2023, è creare “un arsenale del futuro” capace di contrastare le più avanzate minacce balistiche e non. Da anni, infatti, il colosso si impegna nella creazione di sistemi tecnologici altamente avanzati che possano supportare l’ulteriore sviluppo della forza marittima italiana e dimostrare l’alto contenuto delle innovazioni tecnologiche dell’industria nazionale.
LA CERIMONIA
Oggi – spiega in un comunicato stampa la società Fincantieri – si è svolta la cerimonia di consegna del Pattugliamento polivalente d’altura (Ppa) “Raimondo Montecuccoli”. Molti presenti alla cerimonia, tra loro, il comandante delle scuole della marina militare, l’ammiraglio di squadra Antonio Natale, il vice direttore degli armamenti navali, Emanuele Coletti, il direttore dell’Organizzazione congiunta per la cooperazione in materia di armamenti (Occar) Joachim Sucker e il direttore generale della divisione navi militari di Fincantieri, Dario Deste. La consegna di questa terza unità rientra nel piano nazionale di rinnovamento così come previsto dal Programma pluriennale dello Stato maggiore della Difesa per la modernizzazione di navi, unità aeree e terrestri approvato dalla commissione Difesa del Senato e per cui sono stati stanziati circa sei miliardi nel 2022.
LE CARATTERISTICHE
Il Ppa è una tipologia di nave flessibile adatta sia al pattugliamento con capacità di soccorso in mare, sia alle operazioni di protezione civile. Nella sua versione maggiormente equipaggiata può diventare una nave combattente di prima linea con il massimo delle capacità di difesa. Infatti, le Ppa sono destinate a un ampio numero di attività, tra cui la vigilanza marittima, le operazioni antinquinamento marittimo, il controllo del traffico mercantile, la protezione delle linee di comunicazione e il monitoraggio della Zona economica esclusiva (Zee).
Questa unità, di 133 metri di lunghezza, potrà raggiungere una velocità di oltre 31 nodi in funzione della configurazione e dell’assetto operativo, potrà trasportare 171 persone di equipaggio ed è dotata di un impianto combinato diesel e turbina a gas con un sistema di propulsione elettrica. Inoltre, sarà in grado di impiegare imbarcazioni veloci tipo Rigid hull inflatable boat (Rhib) sino a una lunghezza di oltre 11 metri tramite gru laterali.
LA STORIA DI MONTECUCCOLI
Ripreso da Ugo Foscolo come il maggiore e il più dotto tra gli uomini d’arma italiani, Raimondo Montecuccoli fu un generale al servizio dell’Impero austriaco, all’apice della sua carriera raggiunse il grado di Luogotenente Generale dell’Impero. Prese parte a tutte le guerre combattute dagli Asburgo in Europa tra il 1625 ed il 1675 e si distinse per i suoi successi e per i suoi contributi durante la Guerra dei trent’anni. Inoltre, svolse una serie di importanti incarichi diplomatici sia in Italia sia in Europa.
(Fincantieri)
PRIVACYDAILY
FPF Weighs In on the Responsible Use and Adoption of Artificial Intelligence Technologies in New York City Classrooms
Last week, Future of Privacy Forum provided testimony at a joint public oversight hearing before the New York City Council Committees on Technology and Education on “The Role of Artificial Intelligence, Emerging Technology, and Computer Instruction in New York City Public Schools.”
Specifically, FPF urged the Council to consider the following recommendations for the responsible adoption of artificial intelligence technologies in the classroom:
- Establish a common set of principles and definitions for AI, tailored specifically to educational use cases;
- Identify AI uses that pose major risks – especially tools that make decisions about students and teachers;
- Create rules that combat harmful uses of AI while preserving beneficial use;
- Build more transparency within the procurement process with regard to how vendors use AI; and
- Take a student-driven approach that enhances the ultimate goal of serving students and improving their educational experience.
During this back to school season, we are observing school districts across the country wrestle with questions about how to manage the proliferation of artificial intelligence technologies in tools and products used in K-12 classrooms. In the 2022-2023 school year, districts used an average of 2,591 different edtech tools. While there is no standard convention for indicating that a product or service uses AI, we know that the technology is embedded in many different types of edtech products and has been for a while now. We encourage districts to be transparent with their school community regarding how AI is utilized within the products it is using.
But first, it is critical to ensure uniformity in how AI is defined so that it is clear what technology is covered and to avoid creating overly broad rules that may have unintended consequences. A February 2023 audit by the New York City Office of Technology and Innovation on “Artificial Intelligence Governance” found that the New York City Department of Education has not established a governance framework for the use of AI, which creates risk in this space. FPF recommends starting with a common set of principles and definitions, tailored specifically to educational use cases.
While generative AI tools such as ChatGPT have gained public attention recently, there are many other tools already used in schools that fall under the umbrella of AI. Uses may be as commonplace as autocompleting a sentence in an email or speech-to-text tools to provide accommodations to special education students, or more complicated algorithms used to identify students at higher risk of dropping out. Effective policies governing the use of AI in schools should follow a targeted and risk-based approach to solve a particular problem or issue.
We can look to the moratorium on adopting biometric identification technology in New York schools following the 2020 passage of State Assembly Bill A6787D as an example of how an overly broad law can have unintended consequences. Although it appeared that lawmakers were seeking to address legitimate concerns stemming from facial recognition software used for school security, a form of algorithmic decision making, the moratorium had broader implications. Arguably, it could be viewed to ban the use or purchase of many of the computing devices used by schools. This summer, the NY Office of Information Technology Services released its report on the Use of Biometric Identifying Technology in School, following which it is likely that the Commission will reverse or significantly modify the moratorium on biometric identification technology in schools. This will present an opportunity for the city to consider what additional steps should be taken if it resumes use of biometric technology and will also likely open a floodgate for new procurement.
Accordingly, this is an important moment for pausing to think through the specific use cases of AI and technology in the classroom more broadly, identify the highest risks to students, and prioritize developing policies that address those higher risks. When vetting products, we urge schools to consider whether that product will actually enhance the ultimate goal of serving students and improving their educational experience and whether the technology is indeed necessary to facilitate that experience.
We urge careful consideration about the privacy and equity concerns associated with adopting AI technologies as AI systems may have a discriminatory impact on historically marginalized or otherwise vulnerable communities. We have already seen an example of how this can manifest in classrooms. Commonly deployed in schools, self-harm monitoring technology works by employing algorithms that rely on scanning and detecting key words or phrases across different student platforms. FPF research found that “using self-harm monitoring systems without strong guardrails and privacy-protective policies is likely to disproportionately harm already vulnerable student groups.” It can lead to students being needlessly put in contact with law enforcement and social services or facing school disciplinary consequences as a result of being flagged. We recommend engaging the school community in conversation prior to adopting this type of technology.
It is also critical to note that using any new classroom technology typically comes with increased collection, storage, and sharing of student data. There are already requirements under laws like FERPA and New York Ed Law 2-D. Districts should have a process in place to vet any new technology brought into classrooms and we urge an emphasis on proper storage and security of data used in AI systems to protect against breaches and privacy harms for students. School districts are already vulnerable as targets for cyber attacks, and it is important to minimize risk.
Finally, we flag that there are disparities in the accuracy of decisions made by AI systems and caution that there are risks when low accuracy systems are treated as gospel, especially within the context of high impact decision making in schools. Decisions made based on AI have the potential to shape a student’s education in really tangible ways.
We encourage you to consider these recommendations and thank you for allowing us to participate in this important discussion.
Canada: ovazioni a un veterano nazista, si dimette il presidente della Camera
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di redazione
Pagine Esteri, 27 settembre 2023 – Il presidente della Camera dei Comuni del Canada, Anthony Rota, ha annunciato ieri le sue dimissioni dopo lo scandalo causato dall’omaggio reso a Yaroslav Hunka, 98 anni, un veterano ucrainoresidente nel paese che combatté con i nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale, durante la recente visita del presidente Volodymyr Zelensky nel Paese.
Nel corso della visita del presidente ucraino al parlamento canadese, Rota aveva definito Hunka «un veterano di guerra ucraino-canadese della Seconda guerra mondiale che ha combattuto per l’indipendenza ucraina contro i russi» e «un eroe ucraino e canadese». Tutti i deputati e le altre autorità presenti si erano alzati in piedi e avevano rivolto a Hunka, presente in aula, un lungo e sentito applauso.
Ma poi il Centro Amici di Simon Wiesenthal e altre associazioni ebraiche canadesi hanno denunciato che «Hunka ha servito nella 14a Divisione Waffen Grenadier delle SS, un’unità militare nazista – anche nota come “Divisione Galizia”, composta da decine di migliaia di volontari ucraini e operativa tra il 1943 e il 1945 – i cui crimini contro l’umanità durante l’Olocausto sono ben documentati». «Le scuse sono dovute a tutti i sopravvissuti all’Olocausto e ai veterani della Seconda guerra mondiale che hanno combattuto i nazisti, e deve essere fornita una spiegazione su come questo individuo sia entrato nelle aule sacre del Parlamento canadese e abbia ricevuto un riconoscimento dal Presidente della Camera e una standing ovation» aveva scritto l’associazione.
Nel 1945 gli 8 mila superstiti della “Divisione Galizia” delle SS si arresero alle truppe britanniche e vennero trasferiti in Italia, per poi essere liberati e trasferiti prima in Francia e Spagna e poi in Inghilterra. Da qui, molti presero la via del Canada dove si rifecero una vita senza subire alcuna punizione per il loro servizio nelle armate di Adolf Hitler. All’inizio del decennio scorso Hunka ha scritto, in alcune pubblicazione delle associazioni di veterani nazisti ucraini in Canada, che il periodo in cui ha prestato servizio nella Divisione Waffen Granadier delle SS «è stato il più felice della sua vita».
Il leader del partito liberale canadese Rota si è scusato, affermando di essere «venuto successivamente a conoscenza di ulteriori informazioni» che gli hanno fatto “rimpiangere” il riconoscimento di Hunka. Da parte sua, il Primo Ministro Justin Trudeau ha negato qualsiasi coinvolgimento nella vicenda, ribadendo la propria indipendenza da quella del Presidente della Camera e affermando in una dichiarazione pubblicata su X che né lui né la delegazione ucraina erano stati avvisati dell’invito e della celebrazione di Hunka. Ma «l’ufficio protocollo personale di Trudeau è responsabile dell’organizzazione e del controllo di tutti gli ospiti e della programmazione di questo tipo di visite di Stato» ha scritto il leader del partito conservatore (di opposizione) Pierre Poilievre su X, invitando il primo ministro a «scusarsi personalmente».
Il ministro dell’Istruzione polacco – Hunka è nato in una località della Galizia che apparteneva allora alla Polonia – Przemysław Czarnek ha detto che si sta muovendo per chiedere l’estradizione dell’ex volontario nazista. – Pagine Esteri
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Resilienza, ecco la chiave per proteggere le infrastrutture critiche
Dopo i due grandi stress test, rappresentati prima dalla pandemia Covid e poi dalla guerra in Ucraina, ora l’Italia – come gli altri Paesi – è chiamata a verificare, su input dell’Unione europea e della Nato, la prontezza di risposta ai rischi delle proprie infrastrutture. Definendo i prossimi passi di una roadmap che vedrà alla cabina di regia la stessa presidenza del Consiglio per coordinare al meglio gli sforzi provenienti sia dal comparto industriale sia dal mondo accademico. Di questo si è parlato nel corso della conferenza “Resilienza e infrastrutture critiche. L’Europa, l’Italia e l’interesse nazionale” organizzata da Formiche presso la presidenza del Consiglio (riguarda qui il video dell’evento e qui le foto). Sono intervenuti nel corso dell’iniziativa il direttore generale dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn), prefetto Bruno Frattasi; il consigliere militare del presidente del Consiglio, generale, Franco Federici; il capo dipartimento dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, prefetto Laura Lega; il condirettore generale di Leonardo, Lorenzo Mariani; l’amministratore delegato di Sparkle, Enrico Bagnasco e il direttore scientifico del master universitario di II livello in “Homeland security” del Campus bio medico, professor Roberto Setola, moderati dalla direttrice della rivista Formiche Flavia Giacobbe.
La dimensione cyber
Il tema della cyber-sicurezza è considerato un “bene pubblico da garantire ai cittadini che deve essere assicurato attraverso una serie di misure” e il Pnrr dedica a questo un capitolo intero. A ricordarlo è stato il prefetto Frattasi, che ha sottolineato come la ripresa dell’Italia passi dallo sviluppo di politiche volte a proteggere e prevenire gli attacchi cibernetici alle infrastrutture critiche nazionali. Nel 2022 è stata approvata infatti la Strategia nazionale di cyber-sicurezza, che prevede 82 misure a tutela delle reti da implementare entro il 2026, finanziate con 623 milioni di euro grazie al Pnrr. Altro obiettivo fondamentale per l’Italia, ha aggiunto Frattasi, è quello dell’autonomia strategica in campo cyber dai Paesi extraeuropei, da raggiungere in concomitanza con gli altri Stati in un contesto di cooperazione internazionale.
Cooperazione europea
Le implicazioni transfrontaliere e l’interdipendenza sviluppata tra Paesi europei nel campo della protezione delle infrastrutture critiche sono state affrontate anche dal generale Federici, che ha evidenziato come sia oggi necessaria una sempre maggiore collaborazione all’interno del Vecchio continente. L’Italia, infatti, è impegnata nel recepimento della direttiva europea per la resilienza dei soggetti critici, misura approvata nel 2022, che va in parallelo con la legislazione europea sulla sicurezza informatica. In questo quadro, il generale ha sottolineato come “il nostro Paese – seguendo una recente Raccomandazione europea – è impegnato nella esecuzione di stress test volti a verificare la resilienza di otto grandi imprese dell’energia in ambito nazionale, le quali hanno risposto in modo molto positivo”. L’obiettivo è di inviare, in forma aggregata, i risultati dei dati raccolti sul grado di resilienza del settore energia all’Unione europea.
Il quadro alleato
Anche il lavoro svolto nell’ambito della difesa civile dipende dalla resilienza delle infrastrutture critiche e dalla difesa della loro stabilità. Così Laura Lega ha raccontato gli sforzi fatti dall’Italia per garantire una gestione delle emergenze forte e capace. Il prefetto, che di recente è stato nominato Senior national official per l’Italia presso il Resilience committee della Nato, ha sottolineato inoltre come, durante l’ultimo vertice dell’Alleanza di luglio, sia stata sottolineata la necessità di rafforzare il grado di resilienza di tutti i Paesi alleati. Come sottolineato dal Prefetto, per raggiungere tale obiettivo è necessario “continuare a lavorare in un’ottica di cooperazione internazionale e transnazionale, promuovendo grandi investimenti e potenziando i livelli di monitoraggio e sorveglianza delle minacce possibili”.
Uno sguardo multidominio
“Il tema fondamentale è quello della resilienza”, ha spiegato Mariani, sottolineando di conseguenza l’importanza di sviluppare piani nazionali. Mariani ha anche ricordato come la guerra in Ucraina abbia “fatto vedere cos’è un ambiente Gps denied”, precisando che questo riguarda “tutta la parte di electronic warfare”, non soltanto il dominio cyber. Il manager ha anche evidenziato le complicazioni derivanti dalla frammentazione della governance europea e le difficoltà per l’industria di allinearsi rapidamente ai cambiamenti politici, affermando che la risposta alle crescenti sfide è “mettere a fattor comune tanti punti di forza” favorendo una integrazione multidominio. Per Mariani, infatti, oggi “l’underwater e lo spazio sono profondamente interconnessi tra loro”, e per proteggere questi asset è necessaria una visione olistica a 360 gradi.
La dimensione underwater
“Il 99% del traffico dati internazionale nel mondo è trasportato da cavi sottomarini”, ha ricordato Bagnasco, e “ogni due anni il volume di dati raddoppia”. Questi rappresentano quindi infrastrutture critiche fondamentali per le telecomunicazioni globali, soggette esse stesse a circa tre guasti a settimana su scala mondiale, ma la loro generale resilienza permette di assorbire gli incidenti senza impatti significativi o interruzioni ai servizi. Queste sfide hanno portato i grandi operatori a chiedere “capacità in più e differenziazione di percorso”, ha approfondito Bagnasco. A questo proposito, Sparkle mira a sfruttare la posizione geografico-strategica dell’Italia per creare un cavo sottomarino che colleghi l’Europa – il centro globale di Internet – con la parte più popolosa del mondo, l’Asia, creando così un percorso alternativo a quelli già esistenti.
Dialogo pubblico-privato
Secondo il professor Setola, il fenomeno della deregulation ha reso chiaro “come la gestione delle infrastrutture critiche in mano ai privati poteva avere anche delle implicazioni dal punto di vista della sicurezza nazionale”. Coltivare il rapporto tra enti pubblici e privati diventa, quindi, estremamente rilevante. Ad esempio, mentre alcuni Paesi hanno provveduto alla creazione di organizzazioni che gestiscono le infrastrutture critiche, altri hanno preferito creare dei canali privilegiati per favorire il dialogo pubblico-privati. Oggi, l’interdipendenza delle strutture critiche “crea uno scenario estremamente complesso e la possibilità di eventi sistemici”, ha continuato Setola, sono necessari nuovi modelli di cooperazione che superino i confini nazionali e che garantiscano il rispetto delle responsabilità e dei compiti reciproci. Tale impegno è dimostrato da diversi esempi virtuosi di sia all’interno delle istituzioni europee sia in Italia.
(Foto: Imagoeconomica)
Omicidio Regeni. La Consulta decide che si possono processare i sospetti assassini
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Pagine Esteri, 27 settembre 2023. La Consulta ha emesso la sentenza, che verrà depositata nelle prossime settimane e che decreta l’illegittimità costituzionale dell’art. 420-bis, comma 3, che non avrebbe consentito il processo in contumacia per i quattro 007 egiziani accusati di aver rapito, torturato e ucciso nel 2016 il ricercatore italiano Giulio Regeni. Di seguito il comunicato trasmesso il 27 settembre dall’Ufficio Comunicazione e Stampa della Corte Costituzionale:
La Corte costituzionale, riunita in camera di consiglio, ha esaminato la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma in relazione alla celebrazione del processo per il sequestro e l’omicidio di Giulio Regeni.
In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio comunicazione e stampa fa sapere che la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 420-bis, comma 3, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il giudice procede in assenza per i delitti commessi mediante gli atti di tortura definiti dall’art. 1, comma 1, della Convenzione di New York contro la tortura, quando, a causa della mancata assistenza dello Stato di appartenenza dell’imputato, è impossibile avere la prova che quest’ultimo, pur consapevole del procedimento, sia stato messo a conoscenza della pendenza del processo, fatto salvo il diritto dell’imputato stesso a un nuovo processo in presenza per il riesame del merito della causa.
La sentenza sarà depositata nelle prossime settimane.
Roma, 27 settembre 2023
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