Sport e politica – Gli e-book di China Files n°22
Cosa rappresenta lo sport per i paesi asiatici? Nel nuovo e-book vi raccontiamo la storia e gli sviluppi del mondo sportivo in Asia sotto l'aspetto culturale, politico ed economico (ma non solo)
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“ Presentazione del manuale di diritto della protezione dei dati personali e dei servizi dei mercati digitali”
Oggi avrò il piacere di partecipare alla presentazione del Manuale di diritto della protezione dei dati personali e dei servizi digitali con l’Avvocato Massimo Borgobello, autore del libro, Alessandro Longo , moderata da Luana de Francisco.
PRIVACYDAILY
#laFLEalMassimo – Episodio 102: Ricostruire l’Ucraina a spese della Russia
Fin dai primi giorni successivi all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia a molti osservatori è parso logico, ragionevole e moralmente giusto ipotizzare l’utilizzo di parte delle ingenti riserve russe, che sono state congelate in seguito alle sanzioni elevate contro l’invasore, per supportare la riparazione dei danni subiti dal paese invaso e la sua ricostruzione.
Eppure, la realizzazione di quello che appare a tutti un ovvio atto di giustizia si scontra con la necessità di rispettare i principi del diritto internazionale e i fondamenti stessi alla base delle società aperte. Per quanto possa apparire paradossale, la necessità di procedere in modo conforme alle leggi e nel rispetto dei trattati internazionali demarca la differenza tra i regimi totalitari e le democrazie liberali.
Secondo un editoriale dell’Economist, una strada strada praticabile che rispetti i pricnipi del diritto internazionale consiste nel sequestrare inizialmente solo i proventi generati dalle attività finanziarie congelate, che su un totale di 225 miliardi di dollari a un tasso del 2% potrebbero valere circa 3 miliardi all’anno. Negoziare che il pagamento dei danni da parte della Russia costituisca una condizione per il rilascio delle riserve e per l’allentamento delle sanzioni. In ultima istanza attivare un processo che rispetti il diritto internazionale in modo da garantire una base legale per giustificare l’imposizione alla Russia del pagamento dei danni arrecati all’Ucraina.
È anche per questo che i tiranni e i dittatori sembrano forti e le democrazie liberali deboli, i primi possono invadere, sequestrare e depredare, senza doversi preoccupare di nulla, le seconde devono rispettare le regole e i principi fondamentali che garantiscono i diritti di tutti. Tuttavia la storia ci insegna che la forza delle società libere risiede della capacità di mobilitare le energie migliori dei propri cittadini, di promuovere l’innovazione, il progresso e la creazione di ricchezza che gli ha consentito fino ad oggi di avere la meglio contro i regimi totalitari che si reggono sulla violenza e sulla paura.
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Come si evolve la cooperazione in Difesa nel contesto dei rapporti euro-atlantici
Il 28 settembre 2023 si è tenuto a Milano presso K&L Gates un incontro sul tema “European Defense: recent developments in the Eu-Nato relationship”. L’evento ha preso lo spunto dalle evoluzioni della cooperazione in materia di Difesa tra Nato e Ue, dopo la loro recente Joint Declaration a Bruxelles del 10 gennaio 2023.
Vi hanno preso parte all’incontro rappresentanti del mondo militare, istituzionale, politico e finanziario. Hanno aperto i lavori Zoja Bazarnic (Acting Consul General For Economic and Political Affairs at the U.S. Consulate in Milan) e l’onorevole Matteo Perego di Cremnago (sottosegretario alla Difesa). Con Andrew Spannaus (Chairman SEM – Associazione Stampa Estera Milano) come moderatore, hanno partecipato come relatori l’ammiraglio Dario Giacomin (Rappresentante Italiano presso i Comitati Militari di Nato ed Unione Europea), Andrea Traversone (Managing Partner del NIF – Nato Innovation Fund), Stacy Cummings (General Manager Nato Support and Procurement Agency), il generale ispettore capo Antonio Tangorra (Presidente di AFCEA – Capitolo di Roma), Emanuele Madeo (Strategic Advisor 4 Rings Capital Partners), Angelo Tofalo (già sottosegretario alla Difesa e membro del Copasir) e Kim Jørgensen (Direttore Generale e Rappresentante Permanente presso l’Unione Europea della BEI). Il professor Vincenzo Scotti (già ministro degli Interni e degli Esteri) ha chiuso i lavori.
Mentre le precedenti dichiarazioni congiunte in materia di cooperazione tra Nato ed Ue (Varsavia 2016 e Bruxelles 2018) in periodi storici di pace prendevano le misure ed affermavano più il principio di cooperazione necessaria tra le due organizzazioni, la recente Joint Declaration del 2023 è, invece, spinta ed influenzata delle recenti vicende geopolitiche non neutrali per la stabilità degli equilibri Euro Atlantici: in primo piano l’invasione Russa in Ucraina del 2022. In tale Joint Declaration, oltre a riaffermarsi come il partenariato strategico tra la Nato e l’Ue siano fondati su valori condivisi (promozione e salvaguardia di pace, libertà e prosperità), si prende atto che oggi ci troviamo di fronte alla più grave minaccia alla sicurezza Euro Atlantica degli ultimi decenni. Così, dopo aver affermato espressamente la piena condanna alla Russia e alle altre autocrazie contrarie agli interessi, valori e principi democratici dei Paesi alleati vengono quindi affermati i due concetti chiave, in materia di cooperazione tra le due organizzazioni: (i) da una parte, la Nato rimane certamente il fondamento prioritario della difesa collettiva dei suoi alleati – membri Ue e non – strumento essenziale per la sicurezza Euro-Atlantica; e (ii) dall’altra parte, il valore di una Difesa Europea viene riaffermato (o auspicato) come più forte e più capace, ed idoneo a contribuire positivamente alla sicurezza globale e transatlantica. Si evidenzia in tale logica che le criticità essenziali della ipotizzata cooperazione che significa finalisticamente lo sviluppo di una capacità congiunta, siano proprio la complementarità e la interoperabilità con la Nato.
Questa ultima Joint Declaration fa un deciso balzo in avanti, individuando nuove aree sulle quali concentrare gli sforzi di cooperazione, sottolineando anche quali siano i settori che rappresentano maggiormente l’attuale condizione di instabilità geo-politica internazionale e così: (i) la competizione geostrategica; (ii) la resilienza; (iii) la protezione delle infrastrutture critiche; (iv) le tecnologie emergenti e disruptive; (v) lo spazio e le implicazioni di sicurezza del cambiamento climatico; e non da ultimo (vi) le interferenze e la manipolazione delle informazioni esterne. Il dominio cyber riecheggia dietro la maggior parte di questi settori attenzionati. Inoltre, alcuni di questi – in particolare resilienza, tecnologie emergenti e disruptive – erano già stati anticipati dalla Bussola Strategica dell’Ue pubblicata a marzo 2022, che li individuava come aree in cui esplorare maggiore cooperazione tra Nato e Ue. In sintesi, l’ultima Joint Declaration del 2023 sembrerebbe essere più orientata nell’accelerazione del processo di cooperazione della piattaforma Euro Atlantica, dando per scontato ormai il “se” e concentrandosi maggiormente sul “cosa” e sul “come”, in ciò spinti inequivocabilmente dalle urgenze di pragmatismo dettate dagli eventi esogeni all’area Euro Atlantica; senza possibilità in questo momento storico per poter discutere di istanze sovraniste dei singoli Stati aderenti all’Ue. In altri termini, il maggior peso specifico che l’Ue può e deve avere all’interno del contesto Atlantico, ed in particolare proprio nei rapporti con gli Stati Uniti, deve passare velocemente e necessariamente per una chiara identità Europea – non certo solo nazionale, il che riporterebbe i singoli Stati membri all’inizio del secolo scorso – dovendosi pragmaticamente confrontare tutti gli alleati, con temi molto seri e complessi tra i quali in primis la suddetta complementarietà e l’interoperabilità dei sistemi di Difesa: le eventuali visioni politiche nazionali avrebbero poco spazio nella logica di raggiungere una capacità congiunta Europea nel firmamento della Nato.
Il pericolo vero, in questo processo di avvicinamento nella cooperazione sulla Difesa – che lo ribadiamo gioca sul terreno pragmatico della tecnologia e dei sistemi e non solo dei valori ideologici – risiede tuttavia ancora nella distanza tra la nostra coscienza di cittadini Europei e le Istituzioni, che agiscono troppo lontane e troppo sopra le nostre teste, soprattutto in settori così scomodi politicamente come questi, facili a diventare recettori di spinte populiste a seconda dei momenti storici, ma strategici per preservare tutti i valori condivisi a prescindere da distinzioni politiche. Il secondo aspetto cruciale, nella cooperazione possibile tra Ue e Nato, è quindi quello che riguarda gli aspetti finanziari e gli investimenti nel contesto delle attuali direttive vigenti, permeate da spinte ideologiche stratificate. Ad oggi le norme ESG hanno influenzato tutte le politiche di investimento del pubblico e del privato in ogni settore. Senonché, spinti dal vento della sostenibilità sono finiti nel fascio dei settori esclusi aree completamente diverse tra loro e con strategicità e polarità opposte. Così Difesa e Sicurezza – fattori necessari a preservare i valori stessi a cui le direttive ESG anelano – restano fattori tendenzialmente esclusi dagli investimenti e dai finanziamenti (pubblici e privati) e quindi discriminati al pari di altri settori eticamente non sostenibili (ad es. come inquinamento, alcool, fumo, droghe, pornografia etc..). In un pacifismo cieco, che non riesce a vedere come il tanto agognato arcobaleno possa esistere nel concreto all’orizzonte, i settori industriali di Difesa e Sicurezza subiscono storicamente un attacco politico ingiustificato, pur rappresentando i presupposti della sostenibilità stessa a cui il nostro futuro democratico è orientato: la pace. Le prime vittime di tali restrizioni sono proprio gli investitori privati – sia nel capitale di rischio che nel credito bancario – i quali nelle proprie policies, hanno tenuto restrizioni enormi o addirittura preclusioni a finanziare (in una forma o nell’altra) imprese attive nel segmento dell’industria Difesa in genere. A risultati non dissimili giunge la stessa Banca Europa degli Investimenti, la quale allo stato dell’arte, per propria missione non può supportare lo sviluppo di progetti se non “dual-use” o di sicurezza “non-core” militare.
Con tali restrizioni di missione la BEI è, comunque, riuscita dal 2018 a erogare 5,5 miliardi di euro in finanziamenti che si qualificano come difesa per certi versi, rimanendo con le mani legate, tuttavia, per progetti di natura puramente militare. Nel contesto dello Strategic European Security Initiative (SESI) dal marzo 2022, si stanziano ulteriori finanziamenti per circa 8 miliardi di euro nel periodo dei prossimi 6 anni correnti (2022-2027), con un’effettiva erogazione nel 2022 registrata già di circa 1,5 miliardi di Euro; ma tutto ciò sempre con la tara che i settori finanziabili rimangono solo quelli del dual-use. Questo tema dell’approccio dual-use rappresenta una foglia di fico che, prima o poi, dovrà essere sostituita con maggiore consapevolezza, riadattando la stessa missione della BEI alle finalità dell’UE nel contesto della cooperazione Atlantica. Siamo a conoscenza di forti pressioni all’interno del parlamento Europeo, che potrebbero portare in un futuro prossimo a riscrivere le regole di ingaggio del braccio finanziario Europeo, facendo venire meno le preclusioni suddette. Questo, laddove andasse a buon fine, ampliando in maniera non condizionata la missione della BEI, avrebbe un effetto a cascata sostanziale, in quanto, consentirebbe all’UE di supportare finanziariamente e a pieno secondo le proprie esigenze le iniziative dell’industria Difesa; e, a seguire, capitale di rischio e capitale di credito privati in maniera capillare si adeguerebbero a supporto di un settore che non diventerebbe più escluso, attraendo nuovi operatori specializzati, come nell’esperienza di altri Paesi.
La NATO stessa con il NIF – Nato Innovation Fund di un miliardo di Euro – ha di recente dato un primo booster importante. Il ruolo degli investitori privati (banche, venture capitalist e private equity) a supporto delle imprese del settore Difesa, diventerebbe centrale e comunque estremamente redditizio per quanto già si inizia ad intravedere e non più osteggiato dagli stessi regolatori. In ciò si colmerebbe un gap enorme attualmente ancora esistente tra: (i) quello che è lo spettro di approvvigionamento richiesto dalla Nato (nell’ambito della quale l’Ue ambisce ad avere un peso specifico maggiore nel contesto relativo degli altri alleati principali, riequilibrando anche i rapporti con gli Stati Uniti); e (ii) il campo di applicazione dei settori finanziabili dalla BEI e dai privati, fono ad oggi ridotto con avversioni critiche che non consentono di superare quei temi pragmatici di complementarietà ed interoperabilità alla base dei fattori di successo della discussa cooperazione stessa. In tale contesto di prossima attuazione, in conclusione, si passerebbe dall’inclusione della Difesa tra i valori fondanti della sostenibilità del nostro futuro, e così da un mero “futuro sostenibile” ad un nuovo paradigma ossia quello del “futuro protetto”.
Il passaggio epocale avverrà quando la sostenibilità sarà identificata a pieno rango modificandosi lo storico acronimo ESG (Environmement, Social and Governance), nel nuovo paradigma DESG, accogliendo anche la Difesa quale elemento valoriale essenziale di un futuro sostenibile e protetto.
URGENTE. Scarcerato Khaled El Qaisi
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della redazione
Pagine Esteri, 1 ottobre 2023 – Khaled El Qaisi è stato scarcerato. Lo hanno deciso i giudici israeliani della corte di Rishon Lezion. Lo studente italo-palestinese arrestato lo scorso 31 agosto al valico di Allenby, dovrà rimanere a Betlemme, pare presso uno zio che si è offerto come garante, e per almeno una settimana non potrà lasciare il Paese. Per la sua liberazione è stata pagata una cauzione. Sono queste le prime notizie che abbiamo ricevuto.
Seguiranno aggiornamenti.
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Attentato suicida in Turchia. Esplosione vicino al parlamento
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Pagine Esteri, 1 ottobre 2023. Nella mattinata di domenica, intorno alle 9.30 locali, una forte esplosione è stata avvertita nei pressi del parlamento turco, ad Ankara, vicino alla sede del Ministero dell’interno.
Proprio il ministro dell’interno, Ali Yerlikaya, ha dichiarato che due persone hanno tentato di compiere un attentato facendo esplodere un ordigno portato con un furgone all’interno dell’area che ospita diversi edifici e sedi governative. L’esplosione, effettivamente avvenuta, ha causato la morte di uno degli attentatori. L’altra persona coinvolta nell’attacco sarebbe poi stata uccisa dalle forze di sicurezza. Colpi di arma da fuoco sono stati uditi subito dopo l’esplosione.
Due agenti di polizia sono stati feriti e trasportati in ospedale. Le loro condizioni non sembrano gravi.
Nel primo pomeriggio di oggi il parlamento si sarebbe dovuto riunire per una seduta alla quale avrebbe dovuto partecipare anche il presidente Recep Tayyip Erdogan.
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Attentato suicida in Turchia. Esplosione vicino al parlamento
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Pagine Esteri, 1 ottobre 2023. Nella mattinata di domenica, intorno alle 9.30 locali, una forte esplosione è stata avvertita nei pressi del parlamento turco, ad Ankara, vicino alla sede del Ministero dell’interno.
Proprio il ministro dell’interno, Ali Yerlikaya, ha dichiarato che due persone hanno tentato di compiere un attentato facendo esplodere un ordigno portato con un furgone all’interno dell’area che ospita diversi edifici e sedi governative. L’esplosione, effettivamente avvenuta, ha causato la morte di uno degli attentatori. L’altra persona coinvolta nell’attacco sarebbe poi stata uccisa dalle forze di sicurezza. Colpi di arma da fuoco sono stati uditi subito dopo l’esplosione.
Due agenti di polizia sono stati feriti e trasportati in ospedale. Le loro condizioni non sembrano gravi.
Nel primo pomeriggio di oggi il parlamento si sarebbe dovuto riunire per una seduta alla quale avrebbe dovuto partecipare anche il presidente Recep Tayyip Erdogan.
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Tutti i risvolti del contratto di SpaceX con il Pentagono
A inizio settembre SpaceX, l’azienda spaziale fondata da Elon Musk, si è aggiudicata un contratto di un anno della Space Force, una branca delle forze armate degli Stati Uniti. L’obiettivo è lo sviluppo di Starshield, la rete satellitare del Pentagono che sarà una versione militare potenziata del programma Starlink. Il valore del contratto è di massimo 70 milioni di dollari.
La guerra in Ucraina si è rivelata un laboratorio per i satelliti. Come racconta Frediano Finucci, capo della redazione economia ed esteri del Tg de La7 e conduttore di Omnibus, nel libro “Operazione Satellite” (Paesi Edizioni), le minacce rappresentate dalle tecnologie satellitari, un tempo riservate solo a militari e governi, oggi sono disponibili anche a utenti civili, con risvolti economici, sociali e geopolitici finora impensabili.
Ma la notizia ha alimentato nuovamente la discussione sull’influenza del settore privato negli ambiti militari. Lo stesso era accaduto con la pubblicazione della biografia in cui Musk racconta di aver rifiutato le richieste ucraine di accendere Starlink con l’obiettivo di attaccare con i droni ucraini le navi da guerra russe nei pressi della costa della Crimea.
“Le aziende tech dovranno essere parte della soluzione, responsabilizzate, messe in condizione di dover rendere conto alla società”, ha dichiarato Ian Bremmer, fondatore di Eurasia Group, in un’intervista recente a Formiche.net. Parlando dei satelliti Starlink, ha aggiunto: “[S]ono stati molto utili al governo ucraino per respingere le forze russe, ma che succede se Elon decide di rimuovere l’accesso – o scoppia un conflitto attorno a Taiwan? Questo non è nemmeno lontanamente accettabile per gli Stati Uniti, ma al momento una decisione del genere è presa arbitrariamente dalla persona a capo di SpaceX. Il mio suggerimento è che queste aziende debbano diventare essenzialmente firmatarie di un trattato, parte dell’architettura dell’IA, affinché abbiano la responsabilità e l’obbligo di governarla”.
Possono ispezionare il mio telefono durante i controlli in aeroporto?
Una ragazza su Reddit chiede1: è la prima volta che viaggio verso gli Stati Uniti, c’è il rischio che possano ispezionare il mio telefono durante i controlli in aeroporto? Non ho niente da nascondere ma alcune persone mi hanno detto che prima di partire dovrei resettare completamente il telefono. È vero?
Sì, è vero. Molte giurisdizioni ormai prevedono questa possibilità e gli Stati Uniti sono conosciuti per le ispezioni agli smartphone, soprattutto per chi proviene da paesi a rischio o viene per qualche motivo segnalato dai vari algoritmi “antiterrorismo” che ormai abbiamo anche in UE.
Electronic Frontier Foundation riporta che i controlli sui dispositivi elettronici sono passati dai 4.764 del 2015 ai 23.877 del 2016. Oggi, a distanza di sette anni, possiamo aspettarci che quel numero sia almeno a 6 cifre.
Chi viaggia, specie all’estero, spesso ignora i rischi legati alla privacy dei dati contenuti nei numerosi dispositivi elettronici che ci portiamo dietro: smartphone, computer, chiavette USB…Dimentichiamo facilmente che lì dentro c’è la nostra intera vita, e basta davvero poco per trasformare un viaggio in un incubo.
Il rischio di controlli in aeroporto o alle dogane però non è l’unico di cui bisogna tener conto: hacking, furti e rapine, smarrimenti… ce n’è per tutti.
Vediamo allora qualche raccomandazione su come viaggiare in modo più sicuro, cercando di proteggere i dati personali contenuti nei dispositivi elettronici che ci portiamo dietro.
1. Se viaggi verso gli Stati Uniti, conosci i tuoi diritti
Alla ragazza di Reddit, ma anche a chi legge, risponderei prima di tutto di capire fino a che punto possono spingersi le guardie doganali. La situazione purtroppo non è chiarissima e sappiamo tutti che l’abuso di potere si nasconde proprio nelle zone grigie.
Diciamo però che la Corte Suprema degli Stati Uniti, pur garantendo estrema libertà al controllo delle frontiere, suddivide le tipologie di controlli in due tipi: routine e non-routine.
I controlli di routine comprendono quelli necessari a verificare che il viaggiatore abbia la documentazione richiesta per entrare, che siano rispettate le leggi sull’importazione di prodotti negli Stati Uniti, e tutti i controlli necessari per diminuire il rischio di terrorismo o di introduzione di prodotti di contrabbando.
Nei controlli non-routine rientrano invece tutte quelle attività “estremamente intrusive” o che abbiano un “impatto sulla dignità e privacy del viaggiatore” o che siano svolti in un modo “particolarmente offensivo”. Questi controlli non sono vietati, ma l’agente dovrebbe essere in grado di dimostrare un “sospetto individualizzato” sullo specifico viaggiatore. Non possono quindi essere svolti a campione senza motivazione specifica.
Questo non significa che se l’agente vi obbliga a consegnare il telefono potrete iniziare a urlare di violazioni di diritti in mezzo all’aeroporto come una Karen qualsiasi. Sappiamo infatti tutti che i diritti di fronte ai rappresentanti dello Stato non esistono ed è meglio non inimicarsi chi tiene in mano la tua vita.
2. Evita wi-fi pubbliche, se possibile
Le reti pubbliche sono notoriamente poco sicure. Il consiglio è di evitarle ad ogni costo. Dall’altra parte potrebbe esserci un amministratore di sistema curioso, un hacker che ha compromesso la rete, o un agente seduto sulla sua comoda poltrona.
Se proprio devi, evita di usarle per connetterti ad account sensibili (banca, wallet, social). In ogni caso, prima di connetterti alla wi-fi pubblica, leggi il punto due.
3. Usa una VPN (Virtual Private Network)
Il consiglio vale in realtà in ogni occasione, ma soprattutto per quando si viaggia. Una VPN usa tecnologie di crittografia per offuscare il nostro traffico web, rendendo così difficile la vita a chiunque voglia introdursi nelle nostre comunicazione o intercettare i nostri dati.
Se devi connetterti a una rete pubblica o non sicura, come in aeroporti, hotel o bar, è fondamentale usare una VPN. Chi controlla la rete (amministratori di sistema, cybercriminali o forze dell’ordine) può potenzialmente intercettare tutti i tuoi dati in chiaro. Con una VPN si può mitigare facilmente questo rischio. Se vuoi capire meglio come funziona una VPN e come sceglierla, ne ho scritto qui:
4. Autenticazione multi-fattore, sì o no?
L’autenticazione multi-fattore come il riconoscimento facciale o delle impronte digitali migliora di molto la sicurezza dei dati contenuti in un dispositivo, perché chiunque entri in possesso del nostro dispositivo non potrà accedervi senza avere anche a disposizione una copia dei nostri dati biometrici.
Ottimo in caso di perdita del dispositivo o nel caso in cui ci sia rubato… molto meno utile se qualcuno tenta di obbligarci fisicamente a sbloccare il dispositivo.
Il consiglio in questo caso è di disattivarel’autenticazione multi-fattore e preferire invece un PIN complesso o un pattern di sblocco per i viaggi all’estero.
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5. Cifra la memoria dei tuoi dispositivi
Usa strumenti di crittografia della memoria per tutti i tuoi dispositivi. Questo assicura che quando il dispositivo è bloccato o spento, un attaccante non possa accedere ai dati contenuti nella memoria. Vale anche per le carte microSD che possiamo usare con alcuni smartphone Android.
Il consiglio ulteriore, per mitigare ulteriormente i rischi, è di diminuire al massimo il tempo di inattività necessario per bloccare lo smartphone. In questo modo, in caso di perdita o furto, basteranno pochi secondi per garantirne il blocco e rendere più difficile la vita a chi ne entra in possesso.
6. Evita sguardi indiscreti
Se viaggi molto, specie per lavoro, il rischio di rivelare informazioni sensibili che ti possono rendere un obiettivo per criminali d’opportunità è grande. Password e pin di conti bancari, email, comunicazioni riservate: ci vuole pochissimo a spiare una persona da dietro le spalle.
Qualcuno potrebbe sorridere leggendo queste righe, ma non sono rischi da sottovalutare.
Immagina questa scena: sei su un autobus pieno e decidi di aprire il tuo wallet Bitcoin, contenente l’equivalente di decine di migliaia di euro. Un paio di persone alle tue spalle se ne accorgono, e decidono di seguirti alla discesa del mezzo. In pochi secondi ti spingono in un angolo scuro con fare minaccioso e ti minacciano con un coltello se non apri il wallet e scansioni il loro QR Code. Non c’è molto da ridere, vero?
Se proprio non puoi evitare di aprire app sensibili in viaggio, un modo per mitigare questi rischi è acquistare e usare una “pellicola privacy” da sovrapporre sullo schermo dello smartphone e notebook per restringere l’angolo di visualizzazione. Così, soltanto chi è direttamente davanti allo schermo potrà vedere facilmente cosa viene visualizzato.
7. Disattiva le impostazioni di geolocalizzazione delle tue app
Viaggiare spesso significa foto e condivisione sui social. La camera degli smartphone e le app social possono però includere dati di geolocalizzazione (anche molto dettagliati) che rivelano la nostra posizione precisa.
Questo può essere un doppio rischio: da una parte qualcuno potrebbe approfittarne per fare una visita cortese alla tua abitazione vuota; dall’altra qualcun altro potrebbe usare quelle informazioni per attacchi di ingegneria sociale - se non addirittura rapine o peggio: in alcuni luoghi del mondo i cittadini italiani sono un goloso mezzo di riscatto. Meglio evitare.
8. Attenzione ai wallet crypto
Non tutte le giurisdizioni sono amichevoli verso chi usa Bitcoin o criptovalute. Se hai wallet crypto sullo smartphone, il consiglio è di disinstallare le app per il tempo necessario a superare i controlli doganali. Ovviamente, assicurati di avere un backup delle seed words.
9. Backup, backup, backup
Non se ne parla mai abbastanza. Il backup dei dati è fondamentale per evitare che la perdita di un dispositivo possa rovinarci il viaggio o la vita.
Prima di tutto: backup di account e credenziali di accesso. Esistono tantissimi password manager diversi che oggi permettono di farlo in modo semplice, alcuni anche in Cloud (occhio alla sicurezza). E poi backup dei tuoi segreti, come le seed words di app che richiedono la crittografia (wallet, email, authenticator vari) e di ogni informazione necessaria ad accedere a questi servizi (ad esempio codici di ripristino).
10. Panic button
Una misura più estrema, ma sicuramente efficace, è quella di installare sul dispositivo un panic button. Mi riferisco ad app come Ripple, che permettono in pochi istanti di fare un wipe quasi totale delle app sullo smartphone e della memoria.
Il wipe della memoria non sarà profondo, ma in caso di controlli invasivi da parte delle autorità di frontiera permetterà di ottenere un ottimo livello di plausible deniability,cancellando in pochissimo tempo app sensibili (social, comunicazioni, ecc.).
Da usare con cautela assicurandosi di avere backup disponibili.
reddit.com/r/privacy/comments/…
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The Queen Is Dead Volume 94 Sextile Belau Electric Six
The Queen Is Dead Volume 94 Sextile Belau Electric Six
Sextile's first record for Sacred Bones, after two albums for Felte. Coming from Hungary are Peter Kedves and Krisztian Buzas, aka Belau, one of the electronic realities taking off in Europe. The Electric Six from Detroit since 1996 are one of the mysteries of modern music, or perhaps everything is much clearer than it appears to us. @Musica Agorà
iyewebzine.com/sextile-belau-e…
The Queen Is Dead Volume 94 Sextile Belau Electric Six - 2023
Sextile, Belau, Electric Six: sextile's first record for Sacred Bones, after two albums for Felte. The record is titled "Push" and is an incredible coherent blend of many divseri genres, united by talent and originality.Massimo Argo (In Your Eyes ezine)
La nota dolente
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Quando l’indagato è palestinese: gli altri Khaled e una giustizia doppia
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di Michele Giorgio
(questo articolo è stato pubblicato in origine dal quotidiano Il Manifesto)
Pagine Esteri, 30 settembre 2023 (la foto è di B’Tselem)- Layan Kayed e Khaled El Qaisi hanno tanto in comune. La giovane età, sono cresciuti in Cisgiordania, entrambi sono studenti universitari, tutti e due sono stati arrestati senza accuse dalle forze di sicurezza israeliane. Lei a Ramallah lo scorso 7 giugno. Lui il 31 agosto al valico di Allenby mentre da Betlemme andava in Giordania, sulla via del ritorno in Italia, la sua seconda patria. Tanti, la famiglia in testa, si augurano che domani Khaled possa seguire lo stesso percorso di Layan, scarcerata dopo 26 giorni di detenzione e di interrogatori continui. Khaled è in «custodia cautelare» da un mese e la procura israeliana non ha ancora portato prove a sostegno della detenzione dello studente italo-palestinese.
Per l’ordinamento israeliano, in particolare il sistema giudiziario militare, Khaled, in possesso di una carta di identità cisgiordana, è solo un palestinese come gli altri. Il fatto che sia cittadino italiano non ha alcun peso per i giudici e i militari israeliani. Sono tanti i Khaled e le Layan che di notte sono arrestati in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. Al momento nelle carceri israeliane si trovano, secondo i dati della ong Addameer, circa 5200 prigionieri politici palestinesi, tra cui 170 minori, 33 donne, 200 di Gaza, 300 di Gerusalemme e anche quattro deputati del Consiglio Legislativo. Per Israele sono stati arrestati tutti per «attività terroristiche» nonostante 1264 siano dei «detenuti amministrativi». Si tratta di una custodia cautelare che può durare mesi talvolta anni e che decidono i giudici militari sulla base non di prove ma di un suggerimento dei servizi di sicurezza.
Qualcuno nei Territori occupati – dove si comincia a parlare più diffusamente del caso El Qaisi – ha espresso il timore che domani i giudici israeliani possano trasformare la «custodia cautelare» di Khaled in «detenzione amministrativa». Altri lo escludono. Perché, spiegano, tenere ulteriormente in carcere un cittadino italiano senza prove esporrebbe Israele a una intensa campagna di proteste in Italia. Altri ancora temono che venga mandato sotto processo con qualche accusa. Per questo l’udienza è ritenuta decisiva.
In Italia in questi giorni si è fatto riferimento alle tutele che il nostro ordinamento, pur con le sue indubbie falle, garantisce alle persone arrestate e sotto interrogatorio. Tutele che il sistema militare israeliano non offre ai palestinesi sotto occupazione. Inoltre, gli agenti del servizio di sicurezza godono di parecchia libertà nella conduzione degli interrogatori di palestinesi, al contrario di ciò che accade nel sistema civile con i cittadini israeliani, inclusi i coloni spesso insediati a poche centinaia di metri dai centri abitati palestinesi: una doppia giustizia nello stesso territorio. Un palestinese può essere detenuto e interrogato per 90 giorni (un israeliano 64 giorni) e per parte di essi senza l’assistenza di un avvocato. I processi nei tribunali militari devono essere completati entro diciotto mesi, in quelli civili israeliani in nove mesi. Se il procedimento militare non dovesse concludersi entro i diciotto mesi, un giudice della Corte d’appello Militare ha la facoltà di estendere la detenzione di un palestinese di altri sei mesi. Inoltre, per lo stesso reato le pene inflitte dalle corti militari sono più pesanti rispetto a quelle dei tribunali civili e raramente i prigionieri palestinesi ottengono la libertà vigilata.
Discriminazioni avvengono con i minori. La responsabilità penale inizia all’età di 12 anni sia per i palestinesi che per gli israeliani. Ma nei tribunali militari, i palestinesi sono processati come adulti all’età di 16 anni, mentre il sistema giudiziario civile fissa la maggiore età a 18 anni. La legge israeliana prevede che i ragazzi detenuti in Israele debbano essere interrogati solo da agenti di polizia specializzati per questo compito, i minori palestinesi, denunciano i centri per i diritti umani, sono invece interrogati in situazioni intimidatorie, prive di reale supervisione.
La tortura in Israele è proibita dopo una sentenza di oltre venti anni fa emessa dalla Corte suprema. Tuttavia, i giudici considerano accettabile una «moderata pressione fisica» nei confronti di coloro che i servizi israeliani chiamano le «bombe ticchettanti», ossia i palestinesi che sarebbero in possesso di informazioni su attentati in preparazione. Una scorciatoia che, denunciano i difensori dei diritti umani, permette abusi e forme di tortura durante gli interrogatori. Pagine Esteri
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KHALED EL QAISI. Oggi mobilitazione nazionale per la sua scarcerazione immediata
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della redazione
Pagine Esteri, 30 settembre 2023 – Mobilitazione oggi in tutta Italia a favore della scarcerazione immediata di Khaled El Qaisi, il 29enne studente universitario italo-palestinese arrestato da Israele un mese fa al valico di Allenby tra Cisgiordania e Giordania e da allora detenuto senza accuse. Tra gli scopi dei raduni previsti in diverse città italiane c’è anche quello di premere sulla Rai e altre emittenti televisive e in generale sui media affinché riferiscano di El Qaisi e del suo arresto in Israele. Alle 11 ora italiana è previsto un sit in a Roma, in Viale Mazzini, davanti alla sede della Rai. Alla stessa ora manifestanti si riuniranno a L’Aquila, Napoli, Ancona e Bologna. A Cagliari alle 16.30 e Trieste alle 10.30. Il 2 ottobre a Milano alle 18.
Alla mobilitazione partecipano tra gli altri: l’Università La Sapienza (dove Khaled studia), Flai Cgil, Rete Pace e Disarmo, Arci, Amnesty International e molti altri, i i Giovani palestinesi d’Italia e Bds Italia. Si ritroveranno a Roma in viale Mazzini alle 11.
Pagine Esteri seguirà le iniziative che avvengono alla vigilia dell’udienza prevista domani mattina in Israele in cui i giudici decideranno se prolungare ancora la detenzione di Khaled El Qaisi. Vi suggeriamo inoltre di approfondire il caso del giovane italo-palestinese leggendo questo dossier:
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PRIVACYDAILY
ECJ Advocate General wants to use indiscriminate internet data retention against file sharers
In a non-binding opinion issued yesterday, the Polish Advocate General at the European Court of Justice, Szpunar, recommends watering down the current jurisprudence and allowing blanket retention of internet connection data of the entire population to be used to prosecute file sharing, even without a court order [curia.europa.eu/jcms/upload/do… The civil rights activist and MEP Dr. Patrick Breyer (Pirate Party) warns:
“Originally, the European Court of Justice allowed the indiscriminate retention of internet connection data of the entire population on the grounds of child protection. Now it is to be permitted to investigate file-sharers and defamation. This goes to show: All dams break when the red line of blanket mass surveillance is crossed. Only non-stored data is safe from data greed, abuse and data leaks.
The argument of child protection does not justify a blanket internet data retention: Germany and Austria have enforced the law successfully without such blanket retention for years. In Germany the clearance rate for abuse and exploitation material on the internet exceeds 90%. Only 3% of the NCMEC tips could not be traced. Countries with data retention in place are no more successful. Child protection can be done differently, for example with the financing of prevention work, protection concepts, quick freeze procedures, targeted undercover investigations and login traps.
IP addresses are like our digital fingerprints. Their blanket collection would endanger crime prevention by making anonymous counselling and counselling services as well ass victim support through anonymous self-help forums impossible, and damage the free press, which depends on anonymous informants. The mass and blanket recording of the internet connections of millions of law-abiding citizens is a totalitarian measure that is incompatible with the values of a free democracy.”
“Yes AI Care! La “disruption” dell’intelligenza artificiale su settori, imprese e persone“
Oggi ho partecipato all’evento Yes AI Care! La “disruption” dell’intelligenza artificiale su settori, imprese e persone nel panel dedicato a Intelligenza Artificiale, Governance e Protezione dei dati.
“Smart Life Festival”
Oggi a partire dalle 11.00 avrò il piacere di partecipare con allo Smart Life Festival per parlare di Diritti economia e istituzioni nell’era della Ai con Brando Benifei e Vittorio Colomba nel panel moderato da Flavia Fratello. Qui tutte le informazione relative all’evento Diritti, economia e istituzioni nell’era dell’Intelligenza Artificiale | SLF (smartlifefestival.it)
“Generative AI: oltre al diritto d’autore c’è di più”
Nuovo appuntamento con la rubrica Privacy weekly, tutti i venerdì su StartupItalia. Uno spazio dove potrete trovare tutte le principali notizie della settimana su privacy e dintorni.
Tecnologie emergenti per la Difesa. Rischi e opportunità all’evento di Elesia
La capacità di affrontare le sfide alla sicurezza e alla difesa del futuro passa attraverso lo sviluppo e l’impiego delle cosiddette Key enabling technologies (KETs), quelle tecnologie abilitanti fondamentali alla base delle soluzioni tecniche all’avanguardia. Il tema è stato al centro dell’evento “Key enabling technologies – Soluzioni per le nuove sfide nei cinque domini”, organizzato da Elesia con il patrocinio del Segretariato generale della Difesa, della Marina militare e della Confederazione italiana armatori. Come ricordato dal presidente di Elesia, Davide Magini, l’obiettivo dell’azienda è quello di sfruttare le KETs in modo da poter fornire “servizi e prodotti all’avanguardia” in linea con le esigenze del mercato e degli operatori. Un’ambizione veicolata anche attraverso il rinnovamento del logo della società, presentato nel corso del workshop, moderato da Flavia Giacobbe, direttore di Formiche e Airpress, media partner dell’iniziativa.
Un’epoca di competizione
Del resto, lo scenario geopolitico attuale richiede l’impiego di queste nuove tecnologie per garantire la sicurezza delle società. “dal 24 febbraio 2022 assistiamo al ritorno del conflitto in Europa” ha ricordato Matteo Bressan, professore di Studi strategici presso l’università Lumsa, “le premesse ottimistiche di un mondo senza conflitti, stabilite dopo la fine della Guerra fredda, stanno naufragando tutte”. Questo comporta che attualmente non ci si possa definire in un’epoca di pace, quanto di competizione strategica, in particolare nei confronti della Cina, più che della Russia. Una sfida che richiederà il mantenimento di un vantaggio tecnologico, per assicurare il quale sarà necessario “rafforzare la base industriale europea” ha ricordato ancora Bressan. Su questo tema, il professore della Lumsa ha posto l’accento su due elementi: primo, il fatto che “l’interesse nazionale è che le aziende italiane siano presenti nei programmi industriali europei”. E secondo, l’importanza che l’export riveste per far sì che questi programmi abbiano successo “bisogna capire come mettere le tecnologie sul mercato”. Per Bressan, infatti “avere tecnologia sovrana vuol dire essere competitivi e trovarsi nel novero dei Paesi che sanno fare cose che gli altri non sanno fare, e per le quali dovranno, quindi, rivolgersi a noi”.
Abilitare il multidominio
“L’elemento tecnologico ha una rilevanza strategica confermata, anche in campo militare”, ha ricordato l’ammiraglio Pietro Alighieri, senior advisor del Segretario generale della Difesa. “La tecnologia offre più capacità di comprendere e analizzare la situazione ed essere efficaci nelle risposte, offrendo un vantaggio sul campo di battaglia”. Per questo le KETs saranno cruciali perché abilitanti del multidominio, cioè “la capacità di connettere sensori e piattaforme di comando e controllo in tempo reale e scambiare dati – ha spiegato Alighieri – questo velocizza le decisioni e sincronizza le azioni volte a ottenere gli effetti desiderati”. Ma per arrivarci bisogna digitalizzare non solo le Forze armate, ma anche tutto quello che collabora con l’intera componente militare. Tuttavia, essendo tecnologie ad alto contenuto di innovazione, richiederanno forti investimenti: “L’Europa investe in ricerca e sviluppo in media il 2,4% del Pil. La Cina più del 4%”, ha detto l’ammiraglio, insistendo sul fatto che è fondamentale avere solidi investimenti a livello europeo, Nato e anche nazionale: “L’Italia non investe quello che dovrebbe, e nemmeno l’Europa”.
Trasversalità civile-militare
Come ricordato da Fabio Saba, direttore commerciale di Elesia: “Le KETs non sono solo una risorsa per la componente militare, ma anche per quella civile”. Un vantaggio importante, dal momento che permette di mettere a sistema le capacità del settore civile, oltre a poter testare e offrire le nuove tecnologie anche su altri mercati, oltre a quello della Difesa. “Si tratta di tecnologie trasversali non solo nei diversi domini operativi nel campo militare, ma anche per i diversi settori del mondo civile – ha spiegato Saba – i materiali avanzati possono essere usati sui trasporti navali, su rotaia o in campo medico”. I nuovi materiali, per esempio, riducono il peso dei mezzi, e quindi aumentano le prestazioni, abbassano i consumi con una conseguente riduzione del carbon footprint”. Le KETs però richiedono investimenti. “L’obiettivo è dotare l’utilizzatore finale e i grandi integratori di piattaforme di prodotti all’avanguardia”, ha detto ancora il manager di Elesia.
Le sfide emergenti: l’ipersonica
Le KETs, però, pongono anche delle sfide, essendo alla base anche delle minacce del futuro, come l’ipersonica. “I missili ipersonici sono oggetti diversi da quelli da cui siamo abituati a difenderci” ha raccontato Domenico Vigilante, head of technology & innovation electronics division di Leonardo. “Con l’ipersonica, il dominio spaziale della balistica e quello aereo si fondono in un oggetto che viaggia al confine tra le due dimensioni”. Un missile ipersonico, infatti, ha la velocità di uno balistico ma, volando nell’atmosfera, ha anche la capacità di manovrare. “Questa combinazione rende difficile approntare delle contromisure, perché bisogna rilevare la minaccia e prevederne la traiettoria. Più l’oggetto è veloce, più è difficile individuarlo. Se è capace di manovrare, è più difficile capire dove si dirigerà”, ha spiegato ancora Vigilante. Questo ha un impatto sui sensori, che dovranno vedere sempre più lontano, essere multibanda, diffusi e distribuiti. “Un simile sistema richiede che i sensori siano poi collegati in maniera sicura tra loro e con il centro di comando e controllo”.
Il futuro del dominio marittimo
Fino a poco tempo fa la nostra superiorità tecnologica era assicurata, ma adesso e per il futuro la stessa cosa non è scontata. A lanciare l’allarme è stato l’ammiraglio Marco Tomassetti, capo del 7° reparto navi dello Stato maggiore della Marina militare, che ha ricordato come le KETs siano alla base delle tecnologie disruptive emergenti (Edt) “elementi che ci permetteranno di sviluppare nuovi sistemi in termini capacitivi della Difesa”. Per quanto riguarda il dominio marittimo, “questo dovrà prevedere reti sicure ad alta connettività, cloud e sistemi in grado di elaborare grandi quantità di dati eterogenei” ha spiegato Tomassetti, aggiungendo come “bisognerà mettere insieme dati provenienti da sensori distribuiti e diffusi che forniranno le informazioni a supporto delle decisioni”. In particolare, il futuro prevedrà una presenza sempre maggiore dei mezzi unmanned, soprattutto dedicati al mondo underwater. Questo, però, richiederà una sempre maggiore autonomia decisionale da parte delle macchine. Dobbiamo allora, ha sottolineato l’ammiraglio, “sviluppare un uso responsabile delle tecnologie”. Prima, una volta che si aveva la tecnologia la si usava, e poi si facevano le regole. “Ora dovremmo fare il contrario”.
Una transizione ecologica sostenibile
La trasversalità delle KETs ai campi civili e militari si vede anche nel dominio marittimo, come raccontato da Dario Bocchetti, gruppo Tecnica navale di Confitarma: Per quello che riguarda il campo delle navi mercantili, l’uso delle nuove tecnologie è legato anche alla sostenibilità ambientale”. In futuro, infatti, i volumi di carico aumenteranno ulteriormente, soprattutto quelli legati ai nuovi combustibili, che richiedono più spazio per essere trasportati. “Questo triplica i costi per spostare la stessa quantità di combustibile sulle stesse distanze nello stesso tempo di prima”. Bisognerà allora avere un bilanciamento tra il peso del carico e quello della nave stessa. “I nuovi materiali possono essere utilizzati per alleggerire la massa della nave”. Questa riflessione, tra l’altro, porta anche al tema della transizione ecologica, alla quale bisogna arrivare “con passi ragionati e andando per gradi”. Anche qui la tecnologia può aiutare: “Pur continuando a usare i carburanti fossili, attraverso i sistemi di carbon capture, che raccolgono parte della CO2 da scaricare poi a terra per lo smaltimento, si aiuta a proseguire verso un minore impatto ambientale da subito”. Tutte soluzioni che dal campo civile potranno trovare applicazioni anche in quello militare.
I rischi dell’autonomia
Questa stretta contaminazione tra i settori civile e militare si osserva anche rispetto alle problematiche che le nuove tecnologie abilitanti pongono nei due settori. “I mezzi unamnned per l’underwater dovranno avere una capacità decisionale autonoma” ha infatti spiegato il professor Antonio Carcaterra, direttore del dipartimento di Ingegneria meccanica e aerospaziale dell’università Sapienza, con ripercussioni, diverse, in entrambi i settori. “I nuovi sistemi dovranno avere una capacità decisionale autonoma importante, perché dovranno reagire velocemente ai cambi di scenario”, ha detto Carcaterra, aggiungendo come “si tratti di una delega che gli umani danno alle macchine, che rende il fattore umano più distante”. Ma cosa succederebbe se la macchina dovesse prendere una decisione sbagliata? “Le decisioni – ha spiegato il professore – si prendono su informazioni, sia quelli impostati in fase di progettazione, ma soprattutto quelli raccolti dall’ambiente dove opera la macchina”. Ma i sensori dei mezzi non possono vedere tutto, captano alcune cose e altre no, in un ambiente, tra l’altro, molto complesso. Secondo problema è la difficoltà di conoscere quale sarà l’elaborazione delle informazioni basate sugli algoritmi. “Più sono complesse le decisioni da prendere, più è complesso l’algoritmo e le conseguenze delle operazioni sono più difficili da prevedere”, ha infatti raccontato Carcaterra. Queste problematiche, già importanti per il settore civile, diventano fondamentali nel campo militare, dove “una decisione sbagliata ha conseguenze gravissime”.
All’avanguardia tecnologica
“La sinergia civile-militare è allora fondamentale, il paradigma è cambiato: prima la difesa era il driver dell’innovazione, oggi è il mondo civile”. Ha dirlo è stato Massimo Debenedetti, vice presidente research & innovation di Fincantieri, che ha ricordato come oggi “gli algoritmi usati per le operazioni militari nascono per suggerirci i prodotti migliori nei nostri feed dei social network”. Le tecnologie emergenti, quindi, attraversano sia il mondo civile sia quello militare, e in un settore in particolare potranno essere utilizzate per ridurre l’impatto ambientale di entrambi i settori. I materiali avanzati e compositi possono ridurre il peso, e quindi i consumi, e l’impronta di CO2, oltre a fornire una più efficace difesa balistica rallentando la corsa di un proiettile. Tecnologie per ridurre le segnature acustiche dei sommergibili potranno essere usate per ridurre le emissioni di rumore in acqua anche delle navi civili. La super conduttività potrebbe facilitare e velocizzare il rifornimento energetico delle navi, anche militari, diventando possibile collegare l’unità a terra con un unico cavo. I meta-materiali, la cui manipolazione della morfologia superficiale cambia i campi energetici incidenti, possono essere impiegati per ridurre le segnature radar, acustiche o termiche. I nano-materiali, che cambiano proprietà al cambiare della dimensione, possono modificare interi processi chimici: “polveri di argento opportunamente trattate riescono a scindere ossigeno e idrogeno delle molecole dell’acqua, un sistema in grado di cambiare le regole dell’elettrolisi”.
ONU. Oltre 2500 persone sono morte nel 2023 attraversando il Mediterraneo
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della redazione
Pagine Esteri, 29 settembre 2023 – Quest’anno più di 2.500 persone sono morte o scomparse in mare mentre tentavano di attraversare il Mediterraneo verso l’Europa. Circa 186.000 sono arrivate nei paesi europei nello stesso periodo. Ruven Menikdiwela, direttore dell’Unhcr, ha detto ieri al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che dei 186.000 che hanno attraversato il Mediterraneo, l’83% – circa 130000 persone – è sbarcato in Italia. Gli altri paesi sono Grecia, Spagna, Cipro e Malta.
Il numero dei morti o dispersi durante la traversata è aumentato quest’anno rispetto al 2022. “Fino al 24 settembre oltre 2.500 persone risultano morte o disperse”, ha detto Menikdiwela, “un forte aumento rispetto ai 1.680 morti o scomparsi nello stesso periodo del 2022”. Il rappresentante dell’Unhcr ha aggiunto che l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati non vede “nessuna fine in vista” alle vite perse in mare e sulle rotte terrestri verso l’Europa “che sono altrettanto pericolose”. Il funzionario ha spiegato come il viaggio via terra dai paesi dell’Africa sub-sahariana ai punti di partenza via mare sulle coste tunisine e libiche “rimanga uno dei più pericolosi al mondo”. “Le vite umane si perdono anche sulla terraferma, lontano dall’attenzione del pubblico”, ha detto Menikdiwela. I migranti e i rifugiati “rischiano la morte e gravi violazioni dei diritti umani ad ogni passo”, ha affermato.
Più di 102.000 persone hanno tentato di attraversare il Mediterraneo dalla Tunisia, un aumento del 260% rispetto allo scorso anno, e più di 45.000 hanno provato a farlo dalla Libia.
I dati dell’Unhcr sono simili a quelli presentati da Par Liljert, direttore dell’Ufficio internazionale per le migrazioni (OIM). “I dati recenti dimostrano che da gennaio a settembre 2023, più di 187.000 persone hanno attraversato il Mediterraneo alla ricerca di un futuro migliore e di sicurezza”, ha detto Liljert al Consiglio di Sicurezza. I migranti e i rifugiati “rischiano la morte e gravi violazioni dei diritti umani ad ogni passo”, ha sottolineato Liljert. Pagine Esteri
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“Yes AI Care! La “disruption” dell’intelligenza artificiale su settori, imprese e persone“
Dalle 17.15 avrò il piacere di intervenire all’evento Yes AI Care! La “disruption” dell’intelligenza artificiale su settori, imprese e persone nel panel dedicato a Intelligenza Artificiale, Governance e Protezione dei dati con Gabriele Faggioli e Marco Schiaffino.
Riforma del lavoro in Grecia: spolpare le ossa di lavoratori e lavoratrici | Infoaut
"In sostanza l’obiettivo è quello di aggirare il limite delle 8 ore lavorative e di mettere a sistema le forme di impiego imposte ai working poors: lavoratori e lavoratrici spesso sono costretti a trovare un secondo lavoro perché il salario non è sufficiente a sopravvivere e le pensioni sono così basse da costringere molti pensionati a continuare a lavorare fino a che il fisico regge. Si tratta dunque di intensificare l’estrazione di valore da parte dell’aziende e dello Stato a partire da un ricatto salariale sempre più violento."
GIBUTI. Ricchezza e catastrofe della presenza delle basi militari straniere
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della redazione
Pagine Esteri, 20 settembre 2023 – Gibuti sul Mar Rosso è un piccolo Stato africano che ospita ben otto basi militari straniere. È geograficamente vicino allo stretto di Bab-el-Mandeb, sulla strategica corsia di navigazione del Golfo di Aden. E le guerre Yemen e in Somalia ha accresciuto la sua importanza. Gibuti ospita basi appartenenti a Germania, Spagna, Italia, Francia, Stati Uniti, Regno Unito, Cina e Arabia saudita, situate a brevissima distanza l’una dall’altra. Anche Russia e India hanno un forte interesse nel creare basi militari lì. Inoltre, la lotta contro i jihadisti di Al-Shabab in Somalia, le operazioni antipirateria nel Golfo di Aden e i traffici marittimi cominciano ad attirare persino il Giappone.
Gibuti aveva perso la sua rilevanza geostrategica con la fine della Guerra Fredda. Poi gli attacchi dell’11 settembre e la successiva “guerra globale al terrore”, insieme all’escalation delle questioni di sicurezza marittima nel Golfo di Aden e sulla costa occidentale dell’Oceano Indiano, hanno rilanciato la competizione geostrategica dando al piccolo Stato una nuova importanza con risvolti economici significativi.
Tuttavia, ci sono rischi non secondari per Gibuti legati all’aumento di basi di terra e marittime. In primo luogo, ospitare postazioni militari di diverse nazioni può rappresentare una minaccia per la capacità del paese di prendere decisioni indipendenti. Gli interessi talvolta contrastanti degli attori internazionali possono influenzare i suoi processi decisionali. Il caso dei moli di Doraleh spiega bene come l’indipendenza decisionale del paese sia stata messa a dura prova quando gli Stati Uniti hanno protestato riguardo al trasferimento alla Cina dei diritti operativi del porto. Anche se le autorità di Gibuti hanno negato la cessione di Doraleh alla Cina, le rassicurazioni verbali non sono state sufficienti a dissipare i dubbi di Washington. Il generale Thomas D. Waldhauser ha avvertito che “se i cinesi prenderanno il controllo di quel porto, ci potrebbero essere conseguenze significative”. In risposta, il portavoce del Ministero degli Esteri cinese, ha replicato: “Speriamo che la parte statunitense possa vedere in modo obiettivo ed equo lo sviluppo della Cina e la cooperazione tra Cina e Africa”. Anche se Gibuti ha promesso di rispettare gli interessi strategici degli Stati Uniti, l’Amministrazione Usa vede con grande sfavore la possibilità che lo Stato africano diventi un importante snodo commerciale nel Corno d’Africa grazie al crescente coinvolgimento di Pechino nei progetti di sviluppo di Gibuti.
La vicenda dimostra che, in un modo o nell’altro, i programmi futuri di questa nazione portuale sono fortemente condizionati dagli interessi degli attori globali.
Il secondo rischio potenziale è la perdita di legittimità del governo di Gibuti a livello nazionale e internazionale. Quando il paese non è apparso in grado di ripagare il suo crescente debito estero – salito dal 50% del suo Pil nel 2016 al 104% nel 2018, con la maggior parte dei prestiti provenienti da Pechino – la crisi di legittimità è apparsa molto concreta. In questo contesto, nella migliore delle ipotesi la crescente dipendenza di Gibuti dai prestiti cinesi potrebbe fornire al gigante asiatico un’importante leva di intervento negli affari del paese. Nella peggiore l’indebitamento crescente potrebbe trasformare Gibuti in un satellite cinese nel Corno d’Africa. E le reazioni Usa in questo caso sarebbero imprevedibili.
La competizione per le basi a Gibuti inoltre è una delle ragioni dell’instabilità nella regione e la presenza militare straniera oltre a riempire le tasche di figure locali alimenta le rivalità nel Golfo di Aden e nell’Oceano Indiano occidentale con rischi evidenti. Va anche sottolineato che i paesi del Corno d’Africa sono spesso soggiogati da regimi autoritari e gli attori globali non poche volte diventano i principali sostenitori e finanziatori di tali governi. Finché gli interessi delle potenze regionali e internazionali sono protetti, l’autoritarismo è tollerato nel Corno d’Africa e i diritti umani e politici delle popolazioni passano in secondo piano. Pagine Esteri
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Il silenzio dei media su chatcontrol in Europa come in California: il disegno di legge della California per combattere gli abusi sui minori online di cui nessuno sembra parlare
Con una copertura stampa praticamente nulla, l'Assemblea della California approva una legge di controllo su internet che ha molto in comune con chatcontrol: è una legge che utilizza i minori come pretesto, è stupida e pericolosa e l'informazione non ne sta parlando
Lunedì 25 settembre 2023 12:01 - Mike Masnick
È abbastanza incredibile per me come, negli ultimi cinque anni circa, il legislatore della California abbia promosso una dozzina di leggi assolutamente orribili, pericolose (e spesso incostituzionali) per minare completamente i principi stessi di un’Internet aperta… e sostanzialmente non ottiene nulla. attenzione a tutti.
L'anno scorso sembrava che noi di Techdirt fossimo l'unico sito di notizie a coprire una serie di fatture assolutamente orribili. E, dei due che sono passati, l’AB 2273 (il “codice di progettazione adeguato all’età”) e l’AB 587 (il disegno di legge sulla “trasparenza” dei social media) stanno entrambi affrontando sfide costituzionali, con il 2273 già dichiarato palesemente incostituzionale ai sensi del 1° emendamento.
L’assemblea legislativa della California avrebbe potuto risparmiarsi un sacco di sciocchezze e problemi se ci avesse ascoltato l’anno scorso quando abbiamo evidenziato i problemi con entrambi i progetti di legge.
Non sono sicuro che i media abbiano trattato in dettaglio nessuna di questi disegni di legge, mentre su Techdirt abbiamo avuto molti, molti, molti articoli che evidenziavano tutti i problemi con entrambi i disegni di legge.
Quest'anno abbiamo coperto ancora più progetti di legge, tra cui SB 680 (sulla "dipendenza dai social media", che è solo una riscrittura di un disegno di legge diverso dell'anno scorso che non è stato approvato) e AB 1394, che può essere descritto come una sorta di mini-FOSTA californiano, in cui esiste un diritto di azione privato, che consente a chiunque di citare in giudizio le società di social media per qualsiasi materiale pedopornografico (CSAM) che compare sulle loro piattaforme. Per fortuna, l'SB 680 non è andato avanti. Ma il 1394 lo fece.
Come abbiamo spiegato qualche settimana fa, questa legge ribalta tutto esattamente al contrario e peggiorerà inevitabilmente i problemi legati al materiale pedopornografico sui siti web. Non esaminerò nuovamente tutti gli argomenti, ma mi limiterò a evidenziare il più eclatante: la legge attribuisce la responsabilità ai siti web per il favoreggiamento “consapevole” di materiale pedopornografico sulle loro piattaforme. Il primo emendamento richiede questo standard consapevolmente, ma quello che avete fatto ora è creare incentivi molto forti affinché i siti web smettano di combattere i materiali pedopornografici. Perché se si oppongono, ammettono di sapere che ciò accade, e questo li espone alla responsabilità a causa di questo stupido, stupido disegno di legge.
E' una legge pericolosa. Abbiamo già visto come funziona un sistema simile in FOSTA riguardo al “traffico sessuale”, che ha portato alla chiusura di tutti i tipi di risorse vitali per le lavoratrici del sesso. E ora, con 1394, puoi aspettarti che anche tutti i tipi di risorse vitali per aiutare le vittime di CSAM stiano per chiudere.
Quindi, ovviamente, la California ha approvato il disegno di legge e Gavin Newsom dovrebbe firmarlo da un giorno all’altro. Ottimo lavoro California: hai appena reso più difficile la lotta contro il CSAM. Spero che Newsom e gli sponsor del disegno di legge Buffy Wicks e Heath Flora siano orgogliosi di questo disegno di legge disastroso.
Eppure, questo disegno di legge non ha ricevuto praticamente alcuna attenzione da parte dei media. Abbiamo scritto il nostro articolo a riguardo. John Perrino, dell'Osservatorio Internet di Stanford, ha scritto un articolo su Tech Policy Press sottolineando che "nessuno sembra parlare di" questo disegno di legge, che potrebbe avere enormi conseguenze per Internet.
Siamo solo un piccolo sito multimediale su Internet praticamente senza budget. Contrariamente a quanto affermano alcune persone che si sbagliano, non siamo finanziati dalla “grande tecnologia” e non siamo “grandi lobbisti tecnologici”. In effetti, preferirei che ogni giorno tornassimo a un mondo di “piccola” o addirittura “personale” tecnologia altamente competitiva e decentralizzata rispetto alla “grande tecnologia”. Ma questo tipo di fatture lo renderanno impossibile.
La critica mediatica a questi progetti di legge non dovrebbe ricadere sulle nostre spalle oberate di lavoro. Eppure lo fa. E questo mi fa sentire come se avessimo fallito con questo. Abbiamo scritto un articolo a riguardo e sembra che non sia stato nemmeno lontanamente sufficiente a dare l'allarme prima che questo disegno di legge venisse approvato. Gavin Newsom potrebbe ancora porre il veto, ma tutti mi dicono che è ansioso di firmarlo, proprio come era ansioso di firmare l'Age Appropriate Design Code che è appena stato dichiarato incostituzionale.
E questo perché quando è stato dichiarato incostituzionale non c'è nessuno nei media a Sacramento che torni da Newsom e gli chieda: "Ehi, perché hai firmato quel disegno di legge ovviamente incostituzionale che Techdirt ha definito incostituzionale?" Invece, tutti dimenticano che Newsom non solo ha firmato con entusiasmo il disegno di legge, ma ha letteralmente implorato NetChoice di non fare causa al disegno di legge, anche se un giudice ha giustamente sottolineato la miriade di problemi con il disegno di legge.
Quando lasciamo che politici come Buffy Wicks e Gavin Newsom continuino ad approvare e firmare progetti di legge incostituzionali e problematici, senza mai tornare indietro e chiedere loro perché lo hanno fatto – specialmente quando i problemi di quei progetti di legge non erano solo chiari, ma chiaramente evidenziati da alcuni di noi – semplicemente incoraggiamo altre sciocchezze e una più rapida scomparsa del web aperto.
E questo funziona solo a vantaggio delle “grandi tecnologie”. Google e Meta hanno palazzi pieni di avvocati. A loro davvero non importa di queste bollette. Possono gestirli. Queste leggi creano invece problemi più grandi per tutti gli altri e lasciano a Google e Meta il controllo di Internet, invece di permetterci di riprenderci la nostra Internet.
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In Cina e Asia –
I titoli di oggi: Evergrande conferma: fondatore sotto sorveglianza per aver commesso “reati” Gli Usa accusano la Cina di manipolare l’informazione globale Taiwan svela il suo primo sottomarino prodotto “in casa” Cina, nominato un nuovo capo di Partito del Ministero delle Finanze Timor-Leste corteggia la Cina Capo della sicurezza cinese per la prima in Germania per un incontro di alto ...
L'articolo In Cina e Asia – proviene da China Files.
PRIVACYDAILY
USA - Un'azienda privata aiuta l'immigrazione a tracciare ogni spostamento dei migranti e la durata della conservazione dei dati di sorveglianza è in conflitto con i registri interni
Di fronte al gran numero di migranti in arrivo negli Stati Uniti, negli ultimi anni l’ICE si è mossa verso il monitoraggio dei migranti negli Stati Uniti piuttosto che verso la loro detenzione. In tal modo, l’agenzia fa sempre più affidamento su appaltatori per costruire la tecnologia su cui fa affidamento, creando un crescente apparato di sorveglianza gestito dall’ICE per monitorare le comunità di migranti.
Uno di questi appaltatori è BI Inc., che gestisce un'app per cellulare nota come SmartLINK per conto dell'agenzia. Secondo i dati ottenuti da Just Futures e condivisi con CyberScoop, SmartLINK raccoglie una serie di informazioni sensibili, tra cui informazioni di identificazione personale, dati di geolocalizzazione, numeri di telefono dei contatti e dati di veicoli e conducenti. La BI raccoglie anche dati biometrici e sanitari, comprese immagini facciali, impronte vocali, informazioni mediche, gravidanze e nascite.
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USA - Il comitato di vigilanza sulla privacy (a maggioranza democratica e nominato dal presidente) ha chiesto che il Congresso riveda una controversa legge sulla sorveglianza
La raccomandazione del Privacy and Civil Liberties Oversight Board potrebbe influenzare gli sforzi del Congresso riguardo al rinnovo della Sezione 702 del Foreign Intelligence Surveillance Act, un potente strumento di spionaggio che scade entro la fine dell'anno e consente alle agenzie di intelligence di raccogliere le comunicazioni di persone non statunitensi. all’estero le cui comunicazioni transitano sui sistemi di telecomunicazioni americani.
Privacy watchdog recommends court approval for FBI searches of spy data
The recommendations from the executive branch's privacy watchdog to reform Section 702 puts the panel at odds with the White House.Tonya Riley (CyberScoop)
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Annika Strandhäll, socialista svedese (collega della commissaria Ylva Johansson, relatrice chatcontrol) perora la scansione dei messaggi dei cittadini europei, ma le sue affermazioni sono imprecise
Katarina Stensson @Katarina Stensson leader del partito Pirata Svedese @Piratpartiet , smonta tutte le imprecisioni nel testo apologetico di Strandhäll su #chatcontrol
"L'opposizione al disegno di legge non viene principalmente dalle società Internet, ma da esperti di sicurezza informatica, attivisti per i diritti umani, giornalisti e associazioni di tutela dell'infanzia"
Annika Strandhäll scrive sull'Alting del disegno di legge chiamato #chatcontrol, il regolamento contro gli abusi sessuali sui bambini. Sfortunatamente, il suo testo contiene una serie di imprecisioni.
Innanzitutto Strandhäll afferma che gli interessi dei bambini devono venire prima delle aziende Internet, e su questo siamo completamente d'accordo! L'opposizione al disegno di legge non viene principalmente dalle società Internet, ma da esperti di sicurezza informatica, attivisti per i diritti umani, giornalisti e associazioni di tutela dell'infanzia.
Il motivo è che la legge, così come è formulata, pone un grande rischio per i bambini che dovrebbe aiutare. Se diventerà realtà, porterà a un mondo digitale più pericoloso per tutti. I punti deboli che la legge impone ai servizi Internet potranno essere sfruttati anche dai criminali, e i punti deboli si troveranno sui telefoni e sui computer di tutti coloro che utilizzano i servizi di comunicazione digitale. I bambini e le donne che si trovano in situazioni vulnerabili, ad esempio, non potranno cercare aiuto in modo sicuro.
La possibilità di una comunicazione sicura è compromessa
Strandhäll sostiene che questa legge è intesa a sostituire la legge temporanea che attualmente consente a questi servizi di scansionare i messaggi e l'archiviazione nel cloud alla ricerca del cosiddetto materiale CSAM. È sbagliato. La nuova legge differisce da quella temporanea in quanto non consente solo ai fornitori di servizi di scansionare i messaggi, ma impone loro di farlo. Questo requisito viene imposto anche ai servizi crittografati e questo è il motivo principale per cui ha incontrato così tanta resistenza, poiché mina completamente la possibilità di una comunicazione sicura.
La legge include anche una serie di altri requisiti che non erano presenti nella legge temporanea, ad esempio che ai giovani non dovrebbe essere consentito utilizzare alcun tipo di servizio di chat senza identificarsi. Se la legge fosse stata solo un’estensione della legge precedente, avrebbe affrontato molte meno critiche.
Nel disegno di legge formulato dalla Commissione UE, le ricerche di materiale pedopornografico devono essere effettuate sia confrontando un elenco di riferimenti con materiale già noto, sia con l'aiuto dell'intelligenza artificiale per identificare materiale e adescamento precedentemente sconosciuti. Questa parte della proposta ha incontrato critiche perché semplicemente non ci sono abbastanza strumenti validi per identificare materiale sconosciuto con un'affidabilità sufficientemente elevata. Il risultato sarebbe che i casi reali annegherebbero in un mare di falsi positivi, presenterebbero una quantità di materiale totalmente ingestibile per la magistratura di cui occuparsi e porterebbero anche persone falsamente segnalate e sospettate di uno dei peggiori crimini immaginabile.
Sembra che il governo abbia preso a cuore questa critica, perché recentemente è emerso che si vuole esentare materiale e strigliatura precedentemente sconosciuti.
Già migliaia di casi si accumulano
Strandhäll critica questo aspetto sulla base del fatto che molti casi, alcuni in cui i bambini sono ancora attivamente esposti, non vengono rilevati. In parte ha ragione, ma d’altro canto è improbabile che questi casi vengano risolti comunque, perché già oggi ci sono migliaia di casi ammucchiati che la giustizia non riesce a gestire. l'ago nel pagliaio se metti più fieno.
Dobbiamo invece investire le enormi risorse che ciò costerebbe nel rafforzamento delle competenze, dei metodi e delle risorse delle forze dell’ordine per indagare efficacemente su questo tipo di crimine una volta trovato materiale abusivo, poiché questo è attualmente il collo di bottiglia. Dobbiamo anche chiedere strumenti efficaci e sostegno alle vittime per denunciare gli abusi e fornire loro sostegno quando sono vittime. Patrick Breyer, deputato al Parlamento europeo del Partito Pirata, ha presentato emendamenti alla legge alla commissione LIBE del Parlamento europeo. Ci auguriamo che ciò possa contribuire a far sì che la proposta non debba essere bloccata nella sua interezza, ma che si possa trovare una soluzione migliore che possa aiutare più bambini senza mettere a rischio l’intera società. Sono felice di incontrare Strandhäll e le donne S per discutere le soluzioni migliori per affrontare la questione.
altinget.se/artikel/replik-en-…
Replik: En mängd felaktigheter i Strandhälls text om Chat control
Motståndet mot lagförslaget kommer inte huvudsakligen från internetbolagen, utan från IT-säkerhetsexperter, människorättsaktivister, journalister, och barnskyddsförbund. Det skriver Piratpartiets partiledare Katarina Stensson i en replik.www.altinget.se
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TURCHIA. Il PM giudica “propaganda illegale” la denuncia di torture e chiede la condanna per Ayten Öztürk
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di Eliana Riva –
Pagine Esteri, 28 settembre 2023. Si è conclusa pochi minuti fa a Istanbul la prima udienza del nuovo processo contro Ayten Öztürk, l’oppositrice politica turca che ha denunciato le torture subite nei centri segreti di detenzione e che rischia già due ergastoli. Il Pubblico Ministero ha chiesto una condanna per “propaganda a un’organizzazione illegale”.
Le accuse sono state formulate dalla polizia turca in seguito alla pubblicazione di un libro autoprodotto in cui Ayten racconta la sua storia, come sia stata rapita in Libano e portata in un centro di tortura segreto in Turchia. Per sei mesi famiglia, amici e avvocati non hanno saputo dove fosse. Quando è stata ritrovata il suo corpo era coperto di ferite e cicatrici, 898 per la precisione. All’interno del libro, anche una poesia di Mahir Çayan, un rivoluzionario marxista morto nel 1972. Questa poesia proverebbe, secondo il pubblico ministero, il suo sostegno all’organizzazione politica fondata dallo stesso Çayan nel 1970, il Partito popolare di Liberazione-Fronte della Turchia, messa oggi al bando.
L’udienza è stata rinviata al 7 Novembre. Ayten Öztürk ha provato, al termine della seduta, a rilasciare una sua dichiarazione alla stampa e alle persone che erano giunte in tribunale in suo sostegno ma le guardie di sicurezza e la polizia privata le hanno impedito di parlare.
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Ayten è in attesa della sentenza definitiva del processo in cui rischia due ergastoli. Si trova agli arresti domiciliari da più di due anni. È sicura che l’accanimento giudiziario nei suoi confronti sia una punizione per aver denunciato le torture. In molti lo pensano. Le motivazioni alla base delle accuse si possono definire quantomeno pretestuose, inverosimili. Rischia un ergastolo per aver assistito a un tentativo di linciaggio, senza prenderne parte. Ne rischia un altro per esser stata vista presso la sede di un’associazione (legale) che si occupa di diritti umani. Prima che cominciasse a denunciare le torture, le accuse mosse perlopiù attraverso l’utilizzo di testimoni segreti, erano cadute. Quando ha iniziato a parlare dei centri segreti e del rapimento, i processi sono ricominciati e nei primi due gradi di giudizio è stata dichiarata colpevole.
Diversi deputati turchi hanno portato in parlamento la sua storia, chiedendo giustizia, la fine della politica degli arresti arbitrari e la chiusura dei centri segreti di tortura.
Ömer Faruk Gergerlioğlu, membro del Parlamento e attivista per i diritti umani, ha dichiarato al termine dell’udienza: “Da tutti i documenti risulta che Ayten Öztürk è stata torturata per 6 mesi. È stato rivelato con chiarezza come sia stata rapita dal Libano. Nonostante tutto questo, anche se è certo che sia stata vittima di tortura, qui sotto processo non sono i torturatori, ma il racconto della tortura. E questo non è accettabile. La questione non si chiuderà qui. Andremo sicuramente al giudizio internazionale. Perché la denuncia della tortura, che è un crimine contro l’umanità, qui è vista come se fosse propaganda politica. Questo non è accettabile. Sebbene sul corpo di Ayten Öztürk siano state contate 898 cicatrici causate dai torturatori, non è stata fornita alcuna spiegazione sulla tortura, e ora è sotto processo per reato di propaganda per aver descritto la tortura in un libro”.
Ayten Ozturk
“In questo tribunale la tortura non è stata nemmeno menzionata – ha dichiarato Ayten – Non è stata nemmeno presa in considerazione l’apertura di un’indagine o l’esame di denunce penali contro la tortura. L’unica cosa che voglio è che io sia ulteriormente punita in quanto persona che denuncia la tortura subita. Ma io non starò in silenzio. Continuerò la mia lotta finché i torturatori non saranno perseguiti e i centri segreti di tortura chiusi”.
La storia di Ayten e quella di altre oppositrici politiche è raccontata nel documentario dal titolo “La rivoluzione di Ayten”, prodotto da Pagine Esteri, che verrà ufficialmente presentato il prossimo 13 ottobre a Caserta.
LEGGI → Nella Turchia di Erdogan con una poesia si rischia l’ergastolo
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Ministero dell'Istruzione
Il racconto di #NoiSiamoLeScuole questa settimana è dedicato al plesso di Piscittina dell’ICS “Giovanni Paolo II” di Capo d’Orlando, in provincia di Messina, che sarà demolito e ricostruito grazie alla linea di investimento del PNRR.Telegram
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Qui tutte le informazioni agli eventi ai quali parteciperò domani 29 di settembrehttps://www.eventbrite.it/e/biglietti-convegno-sulla-sicurezza-legale-delle-citta-639116072377https://webmagazine.unitn.it/evento/giurisprudenza/117841/ricerca-in-sanit-e-protezione-dei-dati-personali-scenari-applicativi-ehttps://www.digital360awards.it/yes-i-care/