Salta al contenuto principale



Israele: «Via dal nord di Gaza». Palestinesi: «No a una seconda Nakba»


Ultimatum dell'esercito israeliano. 24 ore di tempo per evacuare la parte nord della Striscia. Molti sono partiti in preda al panico, tanti altri non abbandonano le loro abitazioni. L'offensiva di terra è data per imminente L'articolo Israele: «Via dal n

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

di Michele Giorgio

(questo articolo è stato pubblicato in origine dal quotidiano Il Manifesto)

Pagine Esteri, 14 ottobre 2023 -«Lasciate le vostre case, è per la vostra sicurezza, tornerete quando ve lo comunicheremo». Queste parole dei soldati israeliani sono stampate nella memoria dei profughi palestinesi del 1948, ancora in vita, che hanno vissuto in prima persona la Nakba, la catastrofe, l’esodo dalle proprie case nel territorio che sarebbe diventato lo Stato di Israele. Una fuga dalla guerra che sarebbe terminata solo in un campo profughi a Gaza, in Cisgiordania o nei paesi arabi. Alle loro case non sono mai più tornati. E quelle parole sono stampate oggi sui volantini piovuti dall’alto giovedì e venerdì tra le case, quelle ancora in piedi, e tra la gente di Beit Lahiya, Beit Hanoun, Jabaliya, Sudaniyeh, Gaza city e tutti gli altri centri abitati a nord del Wadi Gaza, più o meno al centro della Striscia. Soltanto 24 ore di tempo hanno dato i comandi israeliani a un milione e centomila palestinesi che vivono in quella metà di Gaza. 24 ore per dire addio a tutto ciò che si è costruito e vissuto, alla propria casa anche se povera come è povera la vita di quasi tutti nella Striscia.

Safwat Mohammad, 54 anni, è figlio di una coppia di profughi. E’ nato e cresciuto nel campo di Jabaliya. Ma non è povero, possiede un’auto, un appartamento spazioso in un quartiere settentrionale di Gaza city e uno stipendio per vivere tranquillo. Eppure, come migliaia di palestinesi ieri è stato preso dal panico e si è unito a coloro che andavano a sud. «Mi piange il cuore. Amo la mia casa, non volevo abbandonarla. Tra qualche giorno però potrebbe essere un mucchio di macerie e io devo salvare la mia famiglia. Sono certo che Israele attaccherà via terra per distruggere tutto quello che c’è a nord di Gaza city» ci diceva ieri mentre in auto si dirigeva a Deir al Balah. Il figlio Tareq ha una patologia cardiaca seria. «Ho passato ore a cercare il fluidificante del sangue di cui ha bisogno. A Gaza scarseggia l’acqua e mancano il carburante, l’elettricità e le medicine». Safwat teme di sapere cosa accadrà in futuro. «Israele – dice sconsolato – ci vuole affamare e provocare una nuova Nakba, ci spinge verso l’Egitto». Nei volantini sganciati su centri abitati palestinesi oltre all’ultimatum è indicata un’area dove dirigersi all’estremo sud, sul confine con l’Egitto.

A Deir al Balah e Khan Yunis, in giornata sono arrivate altre migliaia di palestinesi con automobili, autocarri, carretti tirati da cavalli e taxi. Quelli meno fortunati senza soldi per pagare un taxi con il serbatoio abbastanza pieno, ieri sera erano ancora in marcia su strade con voragini, distrutte dalle bombe, con i figli piccoli in braccio, con valigie e borse, una bottiglia d’acqua un po’ di abiti e niente più. Quanti si siano messi in cammino dopo l’ultimatum israeliano non è possibile quantificarlo. Dagli altoparlanti delle moschee sono stati lanciati appelli a restare a casa, a non «fare il gioco del nemico. Tenetevi stretti alle vostre abitazioni. Tenetevi stretta la vostra terra». Agenti della polizia e militanti di Hamas inizialmente hanno provato a bloccare il fiume umano, alla fine parecchi sono partiti per il sud. I bombardamenti che fino a ieri sera avevano fatto 1799 morti e migliaia di feriti tra i palestinesi di Gaza lasciano immaginare una campagna militare di terra persino più sanguinosa e distruttiva di quella aerea. E la popolazione è terrorizzata. Ha lasciato la sua abitazione anche Jacopo Intini, capoprogetto della ong italiana Ciss. «Dopo l’ultimatum – diceva ieri Intini – abbiamo percepito che non eravamo più al sicuro e ci siamo spostati in una scuola delle Nazioni unite nel sud della Striscia. Come tutti quelli che sono con noi, facciamo i conti con una situazione terribile, ai limiti della dignità umana. Non c’è cibo, acqua, elettricità, non ci sono materassi e nel frattempo arrivano altre famiglie». Lapidario l’analista Talal Okal: «Come fecero nel 1948, quando gli israeliani scacciarono gli abitanti dalla Palestina storica lanciando barili di esplosivo sulle loro teste, oggi Israele sta ripetendo la stessa cosa davanti agli occhi del mondo e alle telecamere in diretta».

Il giornalista Ahmed Dremly in un messaggio audio dice che «Questo è il momento più sanguinoso, gli israeliani stanno bombardando intere unità abitative, edifici alti, come le torri palestinesi, che ospitavano 82 famiglie prima che fossero completamente rase al suolo. Quelle famiglie ora non hanno case. Dove dovrebbero andare? Come giornalista sono paralizzato. Niente internet, niente elettricità, laptop guasti, connessione interrotta…Dov’è l’Occidente? Dove sono i diritti umani che predicano? Dov’è il diritto internazionale? Dov’è l’Onu? Questo è un genocidio e dovrebbe essere fermato immediatamente. Non sono sicuro che resterò qui più a lungo, questo potrebbe essere il mio ultimo messaggio».

Tanti palestinesi restano nelle loro abitazioni nel nord di Gaza. Non sanno dove andare, non hanno i mezzi per spostarsi. Più di tutto hanno deciso di non piegarsi a una intimazione che prelude, lo pensano tutti a Gaza, alla distruzione della parte settentrionale della Striscia. «Sono sopravvissuto sino ad oggi, non so perché ma sono sopravvissuto – diceva ieri ai giornalisti Jamil Abu Samadana – al nemico (israeliano), all’America, all’Europa e al mondo dico che il popolo palestinese non sarà sconfitto». Pensano «che ci sarà un altro sfollamento o che potremmo scappare in Egitto. Sciocchezze», ha aggiunto prima di andare all’obitorio dell’ospedale Shifa per identificare i parenti morti in un bombardamento. Contro lo sfollamento forzato in 24 ore intimato da Israele si è proclamato anche il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen che però ieri ha incontrato ad Amman il Segretario di stato Antony Blinken tra la rabbia e lo sgomento della sua gente che negli Stati uniti vede il paese che di fatto ha dato il via libera alla durissima ritorsione israeliana contro Gaza per l’attacco compiuto il 7 ottobre da Hamas che ha ucciso 1400 israeliani.

Le Nazioni unite, l’Oms, le ong internazionali e varie organizzazioni umanitarie hanno condannato l’ultimatum lanciato da Israele, sottolineando gli effetti devastanti che lo sfollamento avrebbe per un milione di civili. Israele ha reagito puntando il dito contro l’Onu. A sera, mentre proseguivano i bombardamenti aerei, il ministero israeliano delle telecomunicazioni ha annunciato che sarebbe stata tagliata ogni connessione internet a Gaza. Agli operatori di Medici senza Frontiere è stato ordinato di lasciare gli ospedali in cui lavorano. L’offensiva di terra poco prima della mezzanotte appariva imminente.

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

L'articolo Israele: «Via dal nord di Gaza». Palestinesi: «No a una seconda Nakba» proviene da Pagine Esteri.



Thierry Breton, Elon Musk e il DSA


10 ottobre 2023. Negli uffici di Twitter arriva una lettera indirizzata a Elon Musk, firmata dal commissario europeo Thierry Breton.

10 ottobre 2023. Negli uffici di Twitter arriva una lettera indirizzata a Elon Musk, firmata dal commissario europeo Thierry Breton.

È sintetica e va dritta al punto: “dopo gli attacchi di Hamas contro Israele, abbiamo notizia del fatto che la piattaforma X sia usata per disseminare contenuti illegali e disinformazioni in UE.”

La lettera ricorda a Elon Musk che in UE è da pochissimo entrato in vigore il famigerato Digital Services Act, che prevede alcuni specifici obblighi verso le piattaforme come X.

Subscribe now

Musk è chiamato a fare tre cose, e in fretta:

  1. Essere trasparente nel definire quali contenuti sono permessi o meno sul social
  2. Essere veloce, diligente e obiettivo nel rimuovere i contenuti che sono segnalati dalle autorità rilevanti
  3. Adottare misure tecniche e organizzative adeguate per mitigare il rischio di diffusione di contenuti illegali o falsi, come ad esempio vecchie immagini spacciate per nuove

In modo molto teatreale, Thierry Breton ha pubblicato la lettera anche su X, a cui Elon Musk ha prontamente risposto in modo impeccabile:

9774396


In effetti, gli algoritmi e le politiche di X sono open source e trasparenti, chiunque può capire come funziona il social sia dal punto di vista organizzativo che tecnico.

Che vuole allora la Commissione Europea da Musk? Per capirlo bisogna capire il Digital Services Act. Ne ho parlato in modo approfondito qui, ma ripercorriamo insieme i punti essenziali per poi passare a un commento personale su quello che sta succedendo.

I punti salienti del DSA


Il Digital Services Act è un regolamento proposto dalla Commissione UE a fine 2020 e fa parte del “pacchetto digitale” europeo. Da molti è stato annunciato come la risposta salvifica alla disinformazione e all’illegalità online, secondo il motto: “quello che è illegale offline deve essere illegale online”.

Read more



N. 184/2023 LE TRE NEWS DI OGGI: Mentre l’IA spinge la consapevolezza della necessità di un uso etico dei dati, Ketch e The Ethical Tech Project hanno commissionato uno studio unico nel suo genere per valutare la relazione tra l’intenzione di acquisto e la fiducia nel marchio e le pratiche aziendali rigorose in materia di...


LIVE. GAZA/ISRAELE. Giorno 8. Sono 1900 i palestinesi uccisi in una settimana. 120 gli israeliani prigionieri a Gaza


256 palestinesi sono stati uccisi e 1.788 feriti nella sola giornata di ieri dai bombardamenti aerei. Migliaia di civili hanno lasciato le loro abitazioni dopo l'ultimatum di Israele. Proseguono i lanci di razzi da Gaza. L'articolo LIVE. GAZA/ISRAELE. Gi

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

della redazione

Pagine Esteri, 14 ottobre 2023 – Questa mattina il ministero della sanità di Gaza ha comunicato che 256 palestinesi sono stati uccisi e 1.788 feriti nella sola giornata di ieri dai bombardamenti aerei israeliani. Tra le vittime anche 20 bambini. Da parte sua Israele ha aggiornato a circa 1400 i morti dell’attacco israeliano di una settimana fa e indicato ufficialmente in 120 i cittadini israeliani prigionieri a Gaza.

Non è partita l’offensiva di terra ma nella notte unità dell’esercito israeliano hanno condotto “missioni locali” all’interno di Gaza, in un caso per recuperare i corpi di dispersi. L’attacco potrebbe però scattare in qualsiasi momento dopo l’ultimatum a lasciare entro 24 ore le loro case che Israele ha lanciato giovedì notte ad oltre un milione e centomila palestinesi che vivono nel nord della Striscia di Gaza. Il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha di nuovo chiesto allo Stato ebraico di revocare l’ultimatum per le conseguenze che ha per i civili palestinesi.

Al momento non è chiaro quanti hanno abbandonato le loro abitazioni. Decine di migliaia l’hanno fatto. Ma tanti altri no perché non hanno i mezzi per farlo o perché dichiarano di non voler sottostare alle intimazioni dell’esercito israeliano. Contro lo sfollamento si dichiara anche il presidente palestinese Mahmoud Abbas. Pesa, inoltre, il problema del trasporto degli ammalati e dei feriti più gravi ora in ospedale in un territorio devastato dai raid aerei senza elettricità e carburante per il blocco totale proclamato da Israele e in cui ora scarseggia l’acqua potabile. Medici senza fontiere, che opera nell’ospedale Al Awda a nord di Gaza, ha condannato con forza l’ultimatum giunto da Israele,

Proseguono intanto i lanci di razzi da Gaza verso il sud e il centro di Israele e si teme una escalation in Cisgiordania dove nella notte sono stati arrestati militanti e dirigenti di Hamas. Ieri, nel Giorno di Rabbia gli spari di soldati e coloni israeliani hanno ucciso 16 palestinesi. Pagine Esteri

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

L'articolo LIVE. GAZA/ISRAELE. Giorno 8. Sono 1900 i palestinesi uccisi in una settimana. 120 gli israeliani prigionieri a Gaza proviene da Pagine Esteri.



Il governo italiano è complice dei crimini di guerra che Netanyahu sta perpetrando contro la popolazione di Gaza. Lo è stato non assumendo posizioni nette con


LAURA TUSSI Dal nonno che sabotava la produzione alla Breda durante il regime nazifascista alle recenti mobilitazioni di operai e portuali.


Come figli amati


Come figli amati
Lo Spirito ci fa chiamare il Signore, il Creatore di ogni cosa, l’Onnipotente: "papà". Questo infatti significa "abbà" in aramaico. Per questo lo Spirito di adozione, con questa grande e disinvolta familiarità con il Signore, ci toglie la paura di Dio.
La paura di Dio o degli dèi o del destino ha sempre contraddistinto l’umanità. Ed anche spesso la chiesa stessa. Invece, in Gesù Cristo non dobbiamo più avere paura di Dio, tantomeno quindi dei potentati politici o religiosi che siano. #Amore, #FigliDiDio


I palestinesi sono principalmente vittime di se stessi


È l’ora di accorgersi che i palestinesi non sono vittime altro che di se stessi. Se potranno continuare sulla loro strada, proseguiranno come Al Qaida e Isis fino nel cuore dell’Occidente. È ora di cambiare: questa è una guerra fondamentale che deve batte

È l’ora di accorgersi che i palestinesi non sono vittime altro che di se stessi. Se potranno continuare sulla loro strada, proseguiranno come Al Qaida e Isis fino nel cuore dell’Occidente. È ora di cambiare: questa è una guerra fondamentale che deve battere il terrorismo, può invadere il mondo se non viene fermato in Israele. Deve finire l’illusione pietistica che i palestinesi siano le vittime di Israele: è vero il contrario. Israele è l’aggredito. Ogni offerta di pace è stata rifiutata. Occorre ristabilire la verità storica contro le bugie che inondano l’opinione pubblica. Chi descrive i palestinesi, specie quelli di Gaza, come vittime dell’oppressione, nega la prima di tutte le verità storiche: Gaza vive sotto il tallone di Hamas indisturbata dal 2005, non è occupata, il livello di vita della sua popolazione, che si è moltiplicata fino a 2 milioni da poche centinaia di migliaia, è pari a quello medio alta del mondo arabo. La reclusione che lamenta è solo dovuta a motivi di sicurezza. La povertà, al cinismo e alla corruzione della sua leadership. Anche il West Bank è stato liberato dalla presenza ebraica negli anni ’90, il 98% della sua popolazione vive governata solo dall’Anp, lo stato definitivo per l’istituzionalizzazione del governo di Abu Mazen attende un accordo che i palestinesi hanno sempre rifiutato. Così stabiliscono anche le risoluzioni dell’Onu: è falso che esista una «occupazione illegale».

Non c’era nessuno stato nei territori che Israele dovette occupare con la Guerra del ’67 e che erano illegalmente occupati dalla Giordania. Nessuno stato palestinese, mai esistito. Gaza è una storia a parte, passata dalle mani degli egiziani a Israele suo malgrado. Ma nei secoli, dal 140 dC hanno lottato per vivervi le comunità ebraiche poi espulse nel 1919 dagli ottomani, e definitivamente eliminate dagli arabi negli anni ’20. Oggi lamenta di essere una prigione a cielo aperto: ma i movimenti limitati sono dovuti alle aggressioni terroristiche. Pure, Israele ha sempre lasciato che Gaza venisse rifornita, finanziata, curata. Le molte guerre di aggressione di Hamas sono state sottovalutate, e lo sgombero del 2005 è stato un errore, si dice. Ma adesso dopo le mostruosità e le 1.300 creature inermi uccise bestialmente, Israele deve riaffermare il diritto alla vita della popolazione.

L’accusa più corrente è quella di colpire per vendetta i civili di Gaza. Non è vero. Hamas disloca missili e centri di comando in aeree densamente popolate, moschee, ospedali, scuole. Ogni civile colpito è per Hamas uno strumento di propaganda. Israele cerca di contenere il numero di innocenti colpiti, usa gli avvertimenti preventivi. Ma se non destruttura Hamas, con quelle armi, quegli uomini si produrranno continue ripetizioni del lancio di missili e delle atrocità. Questo non è possibile. Israele ha spesso fermato operazioni perché erano stati individuati bambini nell’area. Invece, Hamas vede nei bambini un punto debole con cui fiaccare il nemico. Stavolta tanti bambini sono stati rapiti. E anche decapitati. Non c’è confronto nel cercare di annichilire la leadership che fa della sua popolazione lo scudo umano del terrore e il sistematico sgozzamento di civili. Nel 2009 dopo una delle guerre di Gaza il giudice Goldstone compilò, incaricato dall’Onu, un’inchiesta sui crimini compiuti: prima accusò Israele, per poi denunciare quanto Hamas approfitta dei suoi cittadini facendone scudi umani.

La base teorica dell’odio palestinese è generale: Abu Mazen ha detto che gli ebrei non appartengono al Medio Oriente, ma sono colonizzatori europei, e che Hitler li ha perseguitati per la loro ignominia. Si chiama antisemitismo, delegittimazione. L’intera storia della presenza ebraica in Israele, a volte viene vista erroneamente come una presenza coloniale nella Palestina occupata: ma sono i palestinesi i recenti immigrati da Siria ed Egitto. La storia: il popolo ebraico ha la sua origine, la sua terra e la cultura della Bibbia, dal 1.600 aC. Gerusalemme è diventata capitale del regno di Israele nel 1.000 aC. Il Tempio è stato distrutto prima dai babilonesi, poi dai Romani nel 70 dC. Sulle sue rovine si costruì prima una basilica, poi la moschea. Ma nonostante i tentativi di cancellarla, c’è una massiccia evidenza storica, letteraria, archeologica dei secoli in cui gli ebrei sono rimasti attaccati a Gerusalemme nonostante le dominazioni greche, romane, dei mamelucchi, degli ottomani, e poi degli inglesi che sostituirono i turchi con il mandato britannico stabilito dalla Lega delle Nazioni. È proprio la decolonizzazione che riconsegna agli ebrei la loro terra, mentre cresce il movimento sionista, con la dichiarazione Balfour del 1917 che disegna «una casa nazionale» molto maggiore del territorio che Israele riceverà dall’Onu del 1948, e poi gli accordi di Sanremo, che nella legalità internazionale mandano avanti la creazione dello Stato ebraico. Il terrorismo arabo filonazista era già molto fiorente mentre nessuno stato palestinese è mai esistito. I leader arabi stessi includono quest’area nella Grande Siria e i palestinesi aumentarono di numero solo quando gli ebrei si misero al lavoro in una terra abbandonata e incolta. Più del 90% di quelli che si dichiarano oggi palestinesi giunsero con le migrazioni.

L’intenzione di Israele di condividere l’area con il mondo arabo è stata rifiutata: ma la Giudea e la Samaria, il West Bank, non sono mai state parte di nessuna Palestina, termine coniato dai Romani per cancellare la presenza ebraica. Erano illegalmente occupate dalla Giordania dal 1950 e nessuno ha mai protestato. Dal ’67 sono l’epicentro di una rivendicazione che parla di un’illegalità inesistente. La loro conquista è dovuta a una risposta a un attacco giordano e le risoluzioni Onu non assumono affatto che siano lo stato palestinese, ma asseriscono che la loro appartenenza è legata a una trattativa. La trattativa, sin da Oslo, si è sempre conclusa con un nettissimo rifiuto da parte palestinese: Arafat a Camp David nel 2000, cui seguì l’Intifada e poi Abu Mazen ad Annapolis nel 2007. Lo scopo era e resta quello dell’eliminazione di Israele, che Hamas ha trasferito nel campo religioso-ideologico. «Due Stati per due popoli» è stato anche per Fatah un cavallo di Troia, specie quando lo strumento del terrorismo diviene arma di sterminio di massa: durante la seconda Intifada fra il 2000 e il 2003 quasi 2mila ebrei furono uccisi sui bus, per strada. La politica dell’Anp è quella di non condannare mai il terrorismo, anzi di fornire ai terroristi un vitalizio ogni volta che vengono catturati o alle famiglie se muoiono. Il premier Ariel Sharon si immaginò un futuro di amicizia dando a Gaza aiuti, strutture agricole e industriali. Jihad Islamica e Hamas ne hanno fatto la punta di diamante di una strategia di attacco contro Israele e contro l’Occidente.

Oggi non c’è modo di immaginare un futuro avendo vicino Hamas che viola tutti i diritti umani e ordina di uccidere gli ebrei. Ogni giorno i terroristi agiscono sul territorio israeliano nonostante Israele si sia sempre preso cura dei suoi malati, dei bimbi, persino della moglie di Ismail Hanye. Non c’è mai stato accanimento sulla Striscia, i soldi degli aiuti, l’acqua, il gas, le medicine, la benzina sono state forniti in quantità. Ma Israele deve poter contare sul consenso del mondo quando cerca di cancellare il mostro che minaccia tutti noi.

Il Giornale

L'articolo I palestinesi sono principalmente vittime di se stessi proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Etiopia, crisi umanitaria dimenticata in Tigray & ingiustizia legittimata dall’ ingerenza occidentale.


Arrivata la condanna di 40 organizzazioni per la mancata estensione del mandato per l’ Etiopia della commissione investigativa ICREE – International Commission of Human Rights Experts on Ethiopia, da parte dell’UNHRC e l’abbandono dell’indagine sui diritt

Arrivata la condanna di 40 organizzazioni per la mancata estensione del mandato per l’ Etiopia della commissione investigativa ICREE – International Commission of Human Rights Experts on Ethiopia, da parte dell’UNHRC e l’abbandono dell’indagine sui diritti umani in Etiopia delle Nazioni Unite.


La segnalazione di Tigrai TV
97661829766184
Mercoledì 4 ottobre non c’è stata la volontà politica da parte dell’ Europa e degli USA di rinnovare il mandato alla commissione di esperti di diritti umani ONU per l’Etiopia. L’ennesimo abuso da parte “occidentale” di non rispettare il “mai più”.


Approfondimenti:


Le organizzazioni sottolineano il ruolo fondamentale svolto dall’ICHREE come unico organismo internazionale indipendente che indaga sulle gravi violazioni dei diritti umani in Etiopia, tra cui la fame armata, gli abusi e le diffuse violazioni dei diritti umani.

Condannano l’inazione dell’UNHRC come una “grave inadempienza ai doveri e un disprezzo per la continua sofferenza di civili innocenti nel Tigray, Oromia, Amhara e in altre regioni dell’Etiopia”.


Italia: la diaspora del Tigray sul ruolo dell’ICHREE [intervista Radio Ondarossa]


Giovedì 5 ottobre viene rilasciato il REPORT dell’ OMS – Organizzazione Mondiale della Sanità che riporta la catastrofica situazione degli ospedali e delle strutture in Tigray, dopo 2 anni di guerra dai risvolti genocidi e quasi 1 anni di tregua.

Oggi, dopo 3 anni è l’86% delle strutture sanitarie risultano devastate, in una regione che ha quasi 7 milioni di persone (tra civili, rifugiati eritrei e più di 1 milione di sfollati tigrini). C’è ancora grossa carenza di materiale igienico sanitario e medicinali. Link al REPORT

L’unico ospedale risultato essere rimasto miracolosamente attivo anche durante i 2 anni di guerra e che ha ricevuto recentemente un finanziamento di 6 milioni di euro è Kidane Mihret della missione salesiana di Adwa. L’ospedale attualmente fornisce servizi medici a oltre 70.000 persone, compresi gli sfollati interni.

Lo stesso giorno Reuters comunica che USAID ha ripreso le attività di fornitura di supporto alimentare umanitario ai rifugiati in Etiopia. A giugno 2023 USAID aveva sospeso tali attività sulla pelle di 20 milioni di persone dipendenti dal suoi aiuto. Nell’anno fiscale 2022, l’USAID ha sborsato quasi 1,5 miliardi di dollari in assistenza umanitaria all’Etiopia, la maggior parte dei quali aiuti alimentari.

Anche WFP – World Food Programm ha sospeso le sue attività per lo scandalo della diversione del materiale alimentare. Nel saccheggio, in questo crimine sono stati accusati e implicati alti funzionari di governo e dell’ esercito etiope.

Giovedì 5 ottobre 2023: sono passati esattamente 190 giorni da quando WFP e USAID hanno sospeso la fornitura alimentare umanitaria per 5,6 milioni di persone nello stato regionale del Tigray.

Lunedì 9 ottobre 2023 il WFP Ethiopia rilancia la notizia della ripresa attività del WFP per il sostegno dei rifugiati in Etiopia. Dal comunicato ufficiale si legge:

“Circa 35.000 persone fuggite dal Sudan in Etiopia negli ultimi sei mesi necessitano urgentemente di assistenza alimentare, mentre l’Etiopia ospita anche altri 850.000 rifugiati, provenienti principalmente dalla Somalia, dal Sud Sudan e dall’Eritrea. Le distribuzioni del WFP riprenderanno nelle regioni di Somalia, Gambella, Benishangul Gumuz, Oromia, SNNP e Afar, fornendo ai rifugiati cereali, legumi, olio vegetale e sale. Alcuni riceveranno parte del loro diritto sotto forma di assistenza in denaro. “


Tigray non pervenuto, giustamente, visto che si parla di rifugiati e non di sfollati interni, IDP, più di 1 milione di persone di origine tigrina che causa guerra sono stati costretti a scappare dalle proprie case e trovare salvezza altrove. Oggi la maggior parte occupano edifici scolastici, per cui si è creato anche un cortocircuito con i milioni di ragazzi e studenti che dovrebbero tronare a scuola.

Gli sfollati vengono schedati: mercato dei dati biometrici


USAID per prevenire il furto e la diversione di cibo. per le persone bisognose, prevede di implementare la raccolta di dati biometrici (impronte digitali, scansione del’liride…) per poter dare accesso ai servizi come conto corrente e pagamenti. La raccolta di dati biometrici vengono grazie ad aziende terze che mettono a disposizione la tecnologia alle agenzie umanitarie.

L’Etiopia è solo uno dei tanti Paesi in giro per il mondo e soggetto a crisi umanitarie in cui le agenzie umanitarie risultano utilizzare la raccolta di di dati biometrici.

Qui si apre un nuovo capitolo sulla società globalizzata sorvegliata con implicazioni e rischi per le persone profilate (migranti, richiedenti asilo, rifugiati…), diritti digitali e grossi interessi.


Approfondimenti:


Oggi, ottobre 2023, ci sono ancora 80.000 rifugiati del Tigray nel vicino Sudan, persone scappate fin dai primi istanti di guerra dal 4 novmebre 2020. Dopo 3 anni sono ancora in cerca di normalità, sopravvivendo in campi di accoglienza in un Paese che oggi è devastato dal’lennesima guerra. Save The Children recentemente ha indicato che sono 19 milioni di bambini sudanesi a non poter andare a scuola a causa della devastazione dopo 6 mesi dall’inizio del conflitto che sta ancora imperversando.

Martedì 10 ottobre 2023 Alice Wairimu Nderitu, Sottosegretario Generale e Consigliere Speciale delle Nazioni Unite per la Prevenzione del Genocidio, ha lanciato un avvertimento sull’aumento del rischio di genocidio e di atrocità correlate in Etiopia. Ciò avviene mentre i conflitti violenti si intensificano in varie regioni del paese, tra cui Amhara e Oromia.

Ha sottolineato che l’accordo raggiunto un anno fa sulla cessazione delle ostilità nella regione del Tigray è in gran parte fallito, sottolineando la necessità di un’azione internazionale.
97661869766188
Alice Wairimu Nderitu ha dichiarato che:

“La sofferenza dei civili non dovrebbe essere normalizzata o accettata, e la prevenzione deve essere la priorità attraverso un’azione coordinata”


Ha anche fatto riferimento ai suoi precedenti avvertimenti negli ultimi tre anni e a un rapporto di settembre della Commissione internazionale di esperti sui diritti umani sull’Etiopia. Nderitu ha chiesto la fine immediata delle violazioni di ampia portata commesse da tutte le parti a partire da novembre 2020.

Venerdì 13 ottobre 2023 l’ ICHREE pubblica il rapporto finale prima della conclusione del suo mandato e invita alla vigilanza internazionale sul conflitto in Etiopia.

Citazione di quanto riporta Addis Standard sulle dichiarazioni dei membri della commissione ONU di esperti di diritto umanitario in Etiopia.

“Nel rapporto pubblicato al termine della 54a sessione del Consiglio per i diritti umani, la commissione ha implicato le forze federali etiopi, le truppe eritree e le milizie regionali alleate in sistematiche uccisioni di massa, diffusi stupri e riduzione in schiavitù sessuale di donne e ragazze, fame forzata, sfollamento e detenzioni arbitrarie di civili.

Ha accusato le forze del Tigray di portare avanti la propria campagna di omicidi, violenza sessuale, saccheggi e distruzione in quella che il presidente della commissione Mohamed Chande Othman ha descritto come “una scala sconcertante e una continuità di violenza” contro i civili coinvolti nel fuoco incrociato.

Pur sottolineando che i suoi risultati sono probabilmente solo la punta dell’iceberg, la commissione ha affermato di non avere tempo o risorse sufficienti per prendere una decisione su potenziali genocidi o crimini di sterminio. Ma Othman ha sottolineato la necessità vitale di indagini più approfondite per stabilire i fatti e le responsabilità legali.

Con il suo mandato terminato dopo la presentazione di oggi, la commissione ha lanciato un severo avvertimento che la strada verso la giustizia non deve finire qui. Ha espresso grave preoccupazione per la continua presenza delle forze eritree nel Tigray, affermando che le loro violazioni sia prima che dopo i recenti accordi di cessate il fuoco sottolineano come l’impunità generi ulteriori atrocità.

L’esperta della Commissione Radhika Coomaraswamy ha affermato che le speranze di responsabilità interna sono “estremamente remote”, lasciando le vittime alla disperata ricerca di un’azione regionale e internazionale. Il collega esperto Steven Ratner ha definito un duro colpo per le vittime il fatto che il lavoro della commissione sia stato interrotto prematuramente, sottolineando che “è essenziale che questo lavoro continui”.

Othman ha esortato la comunità internazionale a non dimenticare le vittime del conflitto. Ha chiesto un monitoraggio rafforzato delle condizioni sul campo e una giurisdizione universale per i procedimenti giudiziari all’estero. Considerando il rischio allarmante di ulteriori crimini se lasciato senza controllo, la commissione ha affermato che il suo rapporto finale non deve essere l’ultima parola. Giustizia e responsabilità sono vitali per una pace sostenibile, ha sottolineato Othman.

La bozza di mozione per estendere la Commissione internazionale di esperti sui diritti umani sull’Etiopia non è stata rinnovata ed è scaduta il 4 ottobre, nonostante i ripetuti appelli delle principali organizzazioni per i diritti umani di tutto il mondo che ne chiedevano l’estensione.

Nelle settimane precedenti a questa scadenza, i membri della Commissione hanno lanciato l’allarme sull’alto rischio di continue atrocità in assenza di indagini indipendenti sulle violazioni dei diritti umani in corso nel paese. Hanno espresso profonda preoccupazione per il rischio di ulteriori crimini contro i civili dato il clima instabile in Etiopia.

I gruppi internazionali per i diritti umani hanno sottolineato la necessità vitale che il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite utilizzi il suo mandato per aiutare a prevenire le violazioni dei diritti e rispondere a emergenze come quelle ampiamente documentate nell’ultimo rapporto della Commissione.”


Mentre l’ICHREE pubblica il suo ultimo REPORT continuano abusi, violenze ed occupazione in Tigray.

E’ indiscrezione di questi giorni di ottobre che tramite un servizio di Tigrai TV che ha intervistato sfollati interni nati ad Humera, area del Tigray occidentale ed ospitati oggi nei campi di accoglienza ad Adwa e dintorni, hanno recentemente denunciato attività di pulizia demografica: registrazione da parte di ONG che li registrano cambiandone i luoghi di nascita. Motivazioni e nomi di queste realtà per ora risultano ingoti, ma per giustizia e trasparenza bisognerebbe che qualcuno debba indagare ed approfondire.


Approfondimento:

Etiopia, la pulizia etnica persiste nonostante la tregua in Tigray


Mentre il resto del mondo rincorre l’ennesima guerra, l’ennesima crisi umanitaria per volontà politiche e per interessi e nuove risorse dei signori della guerra, non bisognerebbe dimenticare quelle recentemente passate, ma che hanno prodotto conseguenze per cui ci sono ancora milioni di persone disperate che stanno cercando di sopravvivere in ogni modo.

Trasparenza e giustizia sono le colonne portanti per stabilità e pace, tutto il resto è solo rumore.


tommasin.org/blog/2023-10-13/e…

Gazzetta del Cadavere reshared this.



Le campagne di disinformazione a vantaggio delle forze politiche più populiste, si basano già da anni sull’uso dei media digitali. Ora si aggiunge l’intelligenza artificiale (AI) come ulteriore potente strumento. È quanto emerge dal recente studio del Centres for European...


"A 9 euro lordi l'ora ci farei campare Brunetta e Meloni", dichiara il segretario nazionale di Rifondazione Comunista Maurizio Acerbo. "Bisognerebbe riscrive


EmenDare


Saggio che il governo chieda alla propria maggioranza di non presentare un diluvio di emendamenti, ma sarà il governo stesso a dovere fare emenda dell’imprudenza commessa. Le guerre attutiscono i rumori attorno ai bilanci pubblici, ma non riparano squilib

Saggio che il governo chieda alla propria maggioranza di non presentare un diluvio di emendamenti, ma sarà il governo stesso a dovere fare emenda dell’imprudenza commessa. Le guerre attutiscono i rumori attorno ai bilanci pubblici, ma non riparano squilibri che ne provocano la fragilità. Anzi.

Lunedì il governo presenterà alla Commissione europea il Documento programmatico di bilancio (Dpb). In pratica la bozza di legge di bilancio. Quella sia l’occasione per emendare le previsioni fatte nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, subito apparse acrobatiche e in fretta divenute immaginarie. Far quadrare i conti per finta porta male. Il governo, in particolare il ministro dell’Economia, decanta la ‘prudenza’ dei conti abbozzati, ma questa è in relazione alle pretese di altri ministri e della maggioranza, mentre non lo è in relazione alla realtà. Se ci fosse il «significativo allentamento della disciplina di bilancio rispetto agli obiettivi precedenti», paventato da una agenzia di rating (Fitch), il risultato non sarebbe avere più soldi da spendere, ma buttarne di più nel costo del debito pubblico.

Il governo ha ragione nel chiedere che il testo, una volta presentato, non sia saccheggiato dagli emendamenti. Una riforma istituzionale seria e stabilizzatrice sarebbe quella di considerare inemendabile la legge di bilancio: rende credibili i conti, consegna al governo un’arma potente e non espropria il Parlamento delle sue funzioni, semplicemente traduce una bocciatura della legge di bilancio in una bocciatura del governo in carica. Come è del tutto ragionevole che sia. E sarebbe un bene anche per le opposizioni che – anziché essere scatenate nell’assalto alla spesa, deresponsabilizzate del saldo e sospinte verso lo scassamento – sarebbero indotte alla presentazione di leggi di bilancio alternative. Diverse nei contenuti, ma non negli equilibri complessivi.

Epperò tocca al governo e alla maggioranza schiodare quel che serve affinché la crescita della ricchezza non sia irragionevolmente frenata. Se i redditi sono mediamente saliti (nel 2022) del 5% e la capacità di spesa effettiva si è ridotta dell’1,6% è perché l’inflazione ha mangiato gli aumenti, mentre il lievitare dei prezzi erode la capacità di risparmio. Non serve a nulla lamentarsi per i tassi d’interesse, se non ci si accorge che il contemporaneo salire dei profitti d’impresa segnala difetti strutturali nella concorrenza. Qui siamo ancora fermi a evitare che ci sia sulle spiagge, mentre i taxi sono oramai una barzelletta.

Neanche serve dire (giustamente) che la leva demografica rende ardita ogni riforma non restrittiva delle pensioni (in realtà basta la Fornero, come il governo ora ammette, sebbene con un linguaggio non comprensibile a quelli cui promise di incenerirla), salvo poi continuare a giocherellare con le ‘quote’. 103 l’ultima moda. Mentre pensare di ‘limare’ le pensioni più alte è illegittimo laddove si pensi all’adeguamento asimmetrico all’inflazione ed è irragionevole se si colpiscono pensioni basate sui contributi versati, favorendo quelle senza contributi versati a sufficienza.

Infine, come ha giustamente detto il ministro Giorgetti: non si tema il confronto con la Commissione europea, si temano i mercati. Le imprudenze si pagano subito e in contanti, non con le procedure d’infrazione. L’ambito europeo, come si è ampiamente dimostrato, è una condizione protettiva, non ostativa. E, a tal proposito, quanto ancora deve durare la commedia orrida del Meccanismo europeo di stabilità? Non chiuderla facendo quel che tutti sanno dovere essere fatto – ovvero ratificare la riforma (perché il Mes c’è di già, non lo si introduce) – significa mostrare dei governanti che hanno paura di sé stessi e di quel che dissero. E no, non rende né più credibili né più forti.

Riforme e lavoro sodo sull’uso dei fondi europei. Questo è l’interesse dell’Italia. Governare non significa ‘dare’, nel senso di distribuire bonus o favori. Questo, semmai, è da emendare.

La Ragione

L'articolo EmenDare proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



#NoiSiamoLeScuole questa settimana racconta l’Istituto alberghiero e agrario Turi di Matera, che sarà una delle 212 nuove scuole costruite grazie al PNRR.


Oggi al 38° Convegno di Capri dei Giovani Imprenditori Confindustria, interviene il Ministro Giuseppe Valditara.

Potete seguire il suo intervento dalle ore 16.20 su ▶️ https://giovanimprenditori.



GAZA/ISRAELE. Giorno 5: A Gaza sotto le bombe si spegne anche la centrale elettrica


La Striscia di Gaza è rimasta senza elettricità. Dozzine di droni e razzi lanciati dal Libano verso Israele L'articolo GAZA/ISRAELE. Giorno 5: A Gaza sotto le bombe si spegne anche la centrale elettrica proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

AGGIORNAMENTO ORE 19.30


Per un falso allarme scattato contemporaneamente in decine di località israeliane era stata data comunicazione, come da cartina, di un massiccio attacco con droni e razzi dal Libano. I sistemi di sorveglianza israeliani avevano rilevato dozzine di droni e razzi lanciati dal Libano verso Israele e 15-20 parapendisti. Il tutto, hanno dichiarato le autorità israeliane, per colpa di un problema con i sistemi di rilevamento. 9760826

AGGIORNAMENTO ORE 17


Sarebbero stati coloni israeliani a colpire i tre palestinesi uccisi a colpi d’arma da fuoco nel villaggio di Qusra i Cisgiordania. Lo riferisce il ministro della sanità dell’Anp. Un video dell’incidente mostra uomini mascherati che sparano nel villaggio.

AGGIORNAMENTO ORE 16.15


Secondo una fonte interna al partito Likud di Netanyahu, è stato raggiunto un accordo tra il primo ministro Benjamin Netanyahu e il leader del partito di Unità Nazionale, Benny Gantz, sulla formazione di un governo di emergenza.

Di fatto è un governo per la guerra a Gaza. È stato concordato che Netanyahu, il ministro della Difesa Gallant e Gantz faranno parte di un gabinetto di guerra. Gadi Eizenkot, membro del partito di Gantz ed ex capo di stato maggiore, e il ministro degli Affari strategici Ron Dermer fungeranno da osservatori. Il partito di Gantz avrà cinque ministri nel governo senza portafoglio.

AGGIORNAMENTO ORE 15.47


Finito il carburante, si è spenta l’unica centrale elettrica di Gaza.

Raggiunto un accordo sul governo di unità nazionale in Israele. I media israeliani informano che il primo ministro Benjamin Netanyahu e il leader del partito di unità nazionale, Benny Gantz hanno trovato un’intesa.

Tre palestinesi sono stati uccisi nella Cisgiordania occupata, a sud di Nablus.

AGGIORNAMENTO ORE 12.50


L’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA) ha riferito che nove membri del suo staff sono stati uccisi in attacchi aerei israeliani di rappresaglia su Gaza a partire da sabato.

Secondol”UNRWA gli attacchi hanno ucciso il personale delle Nazioni Unite mentre si trovava nelle proprie case. 18 scuole dell’UNRWA, trasformate in rifugi, sono state danneggiate dai bombardamenti, così come il quartier generale dell’Agenzia, a Gaza City.

L’esercito israeliano ha fatto sapere di non avere informazioni che confermino la storia, diffusa ampiamente nel mondo e sulle prime pagine di alcuni dei principali quotidiani italiani, secondo cui Hamas avrebbe decapitato decine di bambini israeliani. A svelarlo l‘agenzia di stampa turca ANADOLU, che ha chiesto all’esercito di confermare ciò che era stato detto sul canale televisivo israeliano i24NEWS. La portavoce dell’esercito ha risposto “Abbiamo visto la notizia ma non abbiamo alcun dettaglio o conferma su questa storia“. Hamas e le brigate al-Qassam, in un comunicato avevano smentito categoricamente la notizia, accusando la stampa occidentale di fare disinformazione.


AGGIORNAMENTO ORE 11.50


Sale a 1.055 il numero dei morti palestinesi per i bombardamenti sulla Striscia di Gaza.

Israele ha richiamato 300.000 riservisti.


Pagine Esteri, 11 ottobre 2023. Si continuano a recuperare corpi, in Israele e il bilancio delle vittime dell’attacco improvviso di Hamas, sabato 7 ottobre, è salito a 1.200 persone. Parenti e amici di coloro che risultano attualmente dispersi, attendono di sapere se i propri cari sono stati uccisi oppure sono a Gaza come ostaggi. In una struttura militare sono stati allineati decine di corpi, per permetterne l’identificazione. L’esercito israeliano, che ha ammassato centinaia di migliaia di truppe al confine con Gaza, è pronto a lanciare un’offensiva di terra.


→ GLI EVENTI DEL QUARTO GIORNO


Non si sono mai fermati i bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza e continuano anche oggi, per il quinto giorno consecutivo. Sono stati uccisi 950 palestinesi tra cui almeno 260 bambini. Interi quartieri sono stati rasi al suolo, colpiti campi profughi e mercati, scuole, università, ospedali, moschee e ambulanze. Sono almeno 6 i giornalisti uccisi. La situazione umanitaria è catastrofica: Israele ha ordinato l’assedio totale della Striscia e non possono entrare aiuti umanitari, farmaci, acqua. L’unico possibile passaggio per i cittadini di Gaza, il valico di Rafah al confine con l’Egitto, è stato prima chiuso e smantellato dall’Egitto stesso, per “ragioni di sicurezza”, poi bombardato dall’aeronautica israeliana, mentre centinaia di palestinesi erano in attesa, nel tentativo di lasciare Gaza. Anche il porto è stato bombardato, non ci sono vie di fuga. La centrale elettrica interna alla Striscia, secondo il presidente dell’Autorità energetica palestinese Thafer Melhem, potrebbe spegnersi completamente entro 10-12 ore, a causa dell’embargo di carburante e lasciare così 2 milioni e 300mila persone completamente al buio e senza elettricità.


SCARICA IL DOSSIER → PALESTINA-ISRAELE. LE RAGIONI DEL CONFLITTO


Sono rimasti inascoltati gli appelli dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dell’ONU e delle ONG per aprire un corridoio umanitario che porti a Gaza medicine, alimenti e acqua.

Hamas ieri ha continuato a sparare razzi su Israele, colpendo soprattutto Ashqelon, a sud di Israele, senza fare vittime.

Leggeri scambi di fuoco, tra Israele e Hezbollah in Libano si sono registrati ieri, dopo l’uccisione da parte di Israele di 4 membri del partito libanese. In serata un razzo partito dalla Siria è finito in un’area nel Golan, la zona occupata da Israele nel 1967, senza fare danni.

Nella Cisgiordania occupata si sono tenute manifestazioni a sostegno della popolazione palestinese di Gaza. Al momento sono 23 i palestinesi, soprattutto giovani, uccisi in Cisgiordania da Israele. Secondo The Times of Israel, il Ministro israeliano della sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, sta acquistando 10.000 pistole da distribuire ai coloni e agli israeliani residenti nelle città abitate anche da cittadini arabi.

L’Unione Europea ha deciso ieri, a maggioranza dei leader dei Paesi che ne fanno parte, di non sospendere gli aiuti economici ai palestinesi. Al contrario, dopo l’Austria, anche la Svezia e la Danimarca hanno deciso di sospendere gli aiuti.


LEGGI → ISRAELE-GAZA: IL MONDO SI DIVIDE


Gli Stati Uniti hanno inviato una potentissima portaerei in supporto a Israele che era già la potenza armata più temibile dell’area. Un primo carico di munizioni USA sarebbe già stato consegnato.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha commentato negativamente l’invio, da parte degli Stati Uniti, della portaerei che dovrà rimanere nella regione a sostegno di Israele, dichiarando che non potrà far altro che portare altra violenza e altre stragi.

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

L'articolo GAZA/ISRAELE. Giorno 5: A Gaza sotto le bombe si spegne anche la centrale elettrica proviene da Pagine Esteri.



Parigi, Berlino e Londra: vietato manifestare per la Palestina


I governi di Francia, Germania e Regno Unito vietano le manifestazioni per la Palestina e annunciano un giro di vite contro le associazioni solidali. Scontri e arresti a Parigi L'articolo Parigi, Berlino e Londra: vietato manifestare per la Palestina pro

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

di Marco Santopadre

Pagine Esteri, 13 ottobre 2023 – Manifestare a sostegno dei diritti del popolo palestinese sta incredibilmente diventando un atto che in alcuni paesi europei può essere considerato addirittura un reato.
I governi di Francia, Germania e Regno Unito, in particolare, hanno varato in queste ore delle misure dirette a impedire le manifestazioni pubbliche di solidarietà con la causa palestinese e a colpire addirittura la libera espressione di opinioni critiche nei confronti di Israele.

Scontri a Parigi, vietata ogni manifestazione per la Palestina
La Francia è il paese che ha imposto finora il divieto più draconiano. Il ministro dell’Interno francese Gérald Darmanin, ha proibito ogni genere di manifestazione contro l’assedio e i bombardamenti israeliani che, mentre scriviamo, hanno già causato la morte di 1600 persone nella Striscia di Gaza. Darmanin ha comunicato la misura ai prefetti di tutto il Paese attraverso un telegramma, nel quale sono contenute le “rigide consegne” da applicare.

Le associazioni di solidarietà, i partiti di sinistra e le comunità palestinesi e arabe hanno però deciso di infrangere il divieto e scendere comunque in piazza. A Parigi ieri alcune migliaia di persone si sono radunate in Place de la République sfidando il divieto ma sono state attaccate dalle forze dell’ordine in tenuta antisommossa che hanno tentato, senza successo, di disperdere i presenti usando manganelli, cannoni ad acqua e gas lacrimogeni. Nella capitale francese la polizia ha effettuato dieci fermi. Manifestazioni più piccole si sono tenute ieri anche a Tolosa, Nimes, Bordeaux, Nantes e altre località.
Già lunedì scorso gli agenti avevano caricato e disperso circa 150 persone che si erano radunate in piazza a Lione per protestare contro l’occupazione della Palestina.

Il governo francese non sembra volersi limitare a impedire le manifestazioni pacifiche, violando uno dei principi basilari della sua stessa costituzione. Darmanin ha annunciato infatti che il Nuovo Partito Anticapitalista (NPA), una formazione di sinistra radicale, è oggetto di un’indagine in quanto accusato di “favoreggiamento del terrorismo” a causa di una dichiarazione diffusa dalla sua segreteria in cui si esprime solidarietà alla resistenza palestinese. Anche la France Insoumise, il principale movimento d’opposizione di sinistra del paese, è oggetto di un tentativo di linciaggio politico e mediatico perché i suoi principali esponenti, pur condannando l’azione di Hamas e l’uccisione di numerosi civili israeliani, si rifiutano di definire “terroristica” l’organizzazione palestinese.
Inoltre il Ministero degli Interni ha annunciato l’apertura di un iter che dovrebbe portare allo scioglimento e alla chiusura di alcune associazioni e organizzazioni che accusa di apologia dell’antisemitismo o del terrorismo, citando in particolare la sigla “Palestine Vaincrà”, legato alla sinistra palestinese, già oggetto di provvedimenti persecutori negli anni scorsi.
Come se non bastasse il ministro ha affermato che i cittadini stranieri autori di eventuali reati legati alla propaganda filopalestinese «devono vedersi sistematicamente revocato il permesso di soggiorno ed essere espulsi».

youtube.com/embed/XuF7jnvS9CE?…

La Germania contro Hamas, ma non solo
Apparentemente, il governo tedesco – formato da socialdemocratici, verdi e liberali – sembra per ora voler proibire esclusivamente le manifestazioni affini al movimento islamista palestinese Hamas, ma l’applicazione di questa misura viene già applicata in maniera relativamente indiscriminata.
La polizia di Berlino ha infatti già vietato due manifestazioni previste mercoledì a sostegno dei diritti del popolo palestinese nella capitale perché «avrebbero rappresentato una minaccia per la sicurezza e l’ordine pubblico».
Comunque mercoledì a Berlino sono scese in piazza alcune migliaia di persone contro la quale si è scagliata la polizia mobilitata in forze, che ha realizzato 140 fermi e ha denunciato 13 persone per diversi reati. I manifestanti si sono radunati soprattutto nel quartiere di Neukoelln che, insieme a quello di Kreuzberg, ospita una notevole comunità araba e turca.

Anche in Germania, come in Francia, l’esecutivo intende sciogliere alcune associazioni e organizzazioni propalestinesi. Lo stesso cancelliere Olaf Scholz, nel corso di un intervento al Bundestag, ha annunciato l’intenzione di sciogliere l’associazione Samidoun, accusata di aver festeggiato a Berlino l’attacco di Hamas contro Israele. In realtà la “rete di solidarietà con i prigionieri palestinesi” Samidoun è stata fondata nel 2011 da alcuni membri del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP), un partito della sinistra marxista palestinese che è inserito nelle liste nere dell’Unione Europea ma le cui attività finora non erano state bandite in Germania.
Scholz ha aggiunto che chiunque bruci le bandiere di Israele commette un reato e verrà punito.

Kissinger: la Germania ha sbagliato ad accettare troppi immigrati
Sulla vicenda interviene dagli Stati Uniti l’ex segretario di stato americano Henry Kissinger, che in un’intervista concessa all’emittente televisiva “Welt Tv”, commentando le manifestazioni filopalestinesi verificatesi nei giorni scorsi in numerose grandi città europee, ha affermato che la Germania ha compiuto un «grave errore» accogliendo per anni un numero eccessivo di migranti appartenenti a «culture, fedi religiose e idee» troppo diverse rispetto a quelle del paese e dell’UE nel suo complesso. La «accoglienza eccessiva», ha affermato il centenario ex segretario di Stato, nato in Germania ma fuggito negli USA nel 1938 per sottrarsi al nazismo, a sua avviso «ha creato un gruppo di pressione in ogni Paese” che ha praticato per anni politiche migratorie poco caute.

Anche in Austria, la polizia di Vienna ha vietato una manifestazione pro-palestinese, motivando la decisione con lo slogan “Dal fiume al mare” usato per pubblicizzare la protesta, ritenuto un appello alla violenza. «Fondamentalmente è questo: “Dal fiume al mare, la Palestina sarà libera”, uno slogan dell’Olp adottato da Hamas» ha spiegato il capo della polizia della capitale austriaca, Gerhard Puerstl.

Londra: anche sventolare la bandiera palestinese potrebbe essere vietato
Anche il governo conservatore del Regno Unito ha impresso un giro di vite alla libertà di espressione e manifestazione. Nei giorni scorsi si sono già svolte alcune manifestazioni a favore della Palestina sia a Londra sia in altre città ma il ministro dell’Interno Suella Braverman ha esortato la polizia ad essere inflessibile nei confronti di comportamenti e slogan ritenuti inaccettabili e a valutare se sventolare la bandiera palestinese possa essere considerato un reato assimilabile all’esaltazione del terrorismo.

Braverman ha inviato una lettera ai capi della polizia britannica per sottolineare che «non sono solo i simboli e i canti espliciti pro-Hamas a destare preoccupazione», ed ha invitato le forze di sicurezza a valutare se i canti o i simboli esposti possano essere intesi come «espressione di un atteggiamento violento». Quattro persone sono già state arrestate nel corso di una manifestazione organizzata a Manchester. – Pagine Esteri

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

L'articolo Parigi, Berlino e Londra: vietato manifestare per la Palestina proviene da Pagine Esteri.



Quali scenari per la Nato? Il futuro transatlantico ai Security and defence days


In uno scenario internazionale in continuo mutamento è fondamentale riflettere sul ruolo attuale e futuro della Nato, sulla postura dell’Unione europea, e in modo più ampio, comprendere lo stato delle relazioni transatlantiche. Analogamente, è essenziale

In uno scenario internazionale in continuo mutamento è fondamentale riflettere sul ruolo attuale e futuro della Nato, sulla postura dell’Unione europea, e in modo più ampio, comprendere lo stato delle relazioni transatlantiche. Analogamente, è essenziale analizzare le sfide che attendono l’Alleanza e l’Unione, dalle minacce ibride a quelle convenzionali.

Di questi temi si occuperà la terza edizione dei Security and defence days, iniziativa della Fondazione De Gasperi, organizzata con il Wilfried Martens Centre for European Studies, in collaborazione con la Nato Public diplomacy division e Regione Lombardia che si svolgerà il 17 e 18 ottobre 2023 a Roma.

L’evento, parte del progetto Defense and security days: Nato in an evolving global strategic scenario, riunirà decisori europei e italiani, esperti, professionisti, rappresentanti di istituzioni internazionali e stakeholder privati.

Il primo panel, moderato dal direttore di Formiche e Airpress, Flavia Giacobbe, si occuperà di chiarire le prospettive strategiche della Nato dopo il vertice di Vilnius trattando fianco est, fianco sud e quadro geostrategico globale. Per approfondire le decisioni prese dall’Alleanza atlantica al vertice di Vilnius interverranno il Presidente della commissione politiche dell’Unione europea del Senato, l’ambasciatore e senatore Giulio Terzi di Sant’Agata; il senatore Marco Dreosto, membro della commissione Affari esteri e Difesa e l’Head engagement section della Nato public diplomacy division, il dottor Nicola de Santis.

Durante il secondo panel, il Rappresentante permanente d’Italia presso la Nato, l’ambasciatore Marco Peronaci; il Senior advisor del segretario generale della Difesa direzione nazionale armamenti, il contrammiraglio Pietro Alighieri; il Presidente di Fincantieri, il Generale Claudio Graziano e il ceo di Fastweb, il dottor Walter Renna, tratteranno il tema delle minacce convenzionali e ibride e il ruolo dell’industria italiana ed europea.

Durante il secondo giorno dell’evento, il tema postura dell’Unione europea nello scenario globale verrà trattato dal panel moderato dal responsabile Desk geopolitca della Fondazione De Gasperi, il dottore Mattia Caniglia. Prenderanno parte alla discussione la giornalista del Sole 24, la dottoressa Sissi Bellomo; il Capo III reparto – politica militare dello Stato maggiore della Difesa, l’ammiraglio Gianfranco Annunziata e il vice presidente di ELT Group, l’ingegnere Sergio Jesi.

Inoltre, il Presidente del consiglio accademico del Wilfried Martens Centre for European Studies, già Segretario Generale del Parlamento Europeo, il dottor Klaus Welle, parlerà della complementarità tra Nato e Eu e delle sfide e prospettive comuni.

L’evento si concluderà con l’intervento del ministro degli Affari esteri, l’onorevole Antonio Tajani.


formiche.net/2023/10/nato-futu…



Conferenza stampa: Carriere, una firma per separarle


Giuseppe Benedetto, President Fondazione Luigi Einaudi Francesco Petrelli, President Unione Camere Penali Enrico Costa, Azione Roberto Giachetti, Italia Viva Simonetta Matone, Lega Stefano Maullu, Fratelli d’Italia Beniamino Migliucci, President Fondazion

Giuseppe Benedetto, President Fondazione Luigi Einaudi
Francesco Petrelli, President Unione Camere Penali
Enrico Costa, Azione
Roberto Giachetti, Italia Viva
Simonetta Matone, Lega
Stefano Maullu, Fratelli d’Italia
Beniamino Migliucci, President Fondazione Unione delle Camere Penali
Raffaele Nevi, Forza Italia

Modera
Andrea Cangini, Segretario generale FLE

L'articolo Conferenza stampa: Carriere, una firma per separarle proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Missione compiuta. Il CNEL composto da una maggioranza di componenti indicati dal centrodestra boccia, in nome e per conto del governo, l’introduzione d

Marino Bruschini reshared this.



CINA: ANCHE LA MINORANZA MONGOLA NEL MIRINO DELL’OFFENSIVA CULTURALE


CINA: ANCHE LA MINORANZA MONGOLA NEL MIRINO DELL’OFFENSIVA CULTURALE minoranza mongola
Dopo Tibet e Xinjiang, Pechino abbatte il suo pugno duro sulla Regione, tra imposizioni linguistiche e dissenso popolare. La nostra analisi in collaborazione con Gariwo Onlus

L'articolo CINA: ANCHE LA MINORANZA MONGOLA NEL MIRINO DELL’OFFENSIVA CULTURALE proviene da China Files.



In Cina e Asia – Inviato cinese per il Medio Oriente a Israele: "La Cina è dalla parte della pace”


In Cina e Asia – Inviato cinese per il Medio Oriente a Israele: israele
I titoli di oggi: Xi visita azienda produttrice di elicotteri militari La Corea del Sud accusa Pechino di aver rimpatriato centinaia di nordcoreani Cina, i giovani riducono le loro loro aspettative di lavoro La Cina è diventata uno dei principali fornitori di armamenti della Serbia Golden Week 2023: su Alipay i cinesi all’estero hanno speso di più rispetto al 2019 ...

L'articolo In Cina e Asia – Inviato cinese per il Medio Oriente a Israele: “La Cina è dalla parte della pace” proviene da China Files.



N. 183/2023 LE TRE NEWS DI OGGI: Alcuni genitori di religione ebraica hanno ricevuto dalle scuole l’ordine di cancellare i social media dai telefoni dei loro figli in seguito alla guerra tra Israele e Gaza.Una delle preoccupazioni principali riguarda la condivisione di possibili video di ostaggi che, a detta dei genitori, potrebbero causare ansia.Gli avvertimenti...


LIVE. GAZA/ISRAELE. Giorno 7. Israele intima a 1 milione di palestinesi di lasciare il nord di Gaza. Oggi “Giorno di Rabbia”


La scorsa notte, comunica il ministero della sanità, a Gaza 120 palestinesi sono stati uccisi dagli attacchi aerei. Oggi in Cisgiordania e a Gerusalemme Est si attendono proteste contro l'offensiva israeliana. L'articolo LIVE. GAZA/ISRAELE. Giorno 7. Isr

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

della redazione

Pagine Esteri, 13 ottobre 2023L’esercito israeliano ha intimato a oltre un milione di palestinesi di lasciare entro 24 ore le loro case nel nord della Striscia di Gaza e di dirigersi subito verso sud. Il portavoce delle Nazioni Unite, Stéphane Dujarric, avverte che una simile decisione avrà conseguenze umanitarie devastanti. “L’Onu esorta ad annullare qualsiasi decisione di questo tipo – ha detto Dujarric – per evitare di trasformare ciò che è già una tragedia in una situazione catastrofica”. L’ultimatum riguarda anche il personale Onu, incluso quello che lavora nelle scuole e nella sanità. Israele ha replicato criticando duramente le Nazioni Unite.

Questa mossa dei comandi militari israeliani rappresenta con ogni probabilità un passo ulteriore verso l’inizio dell’offensiva di terra che, come ha affermato ieri il capo di stato maggiore Herzi Halevi, è finalizzata a cambiare la faccia di Gaza e a rimuovere dal potere Hamas responsabile dell’uccisione sabato scorso di circa 1400 israeliani e del ferimento di altre migliaia.

Nel frattempo va avanti l’offensiva aerea. L’aviazione dello Stato ebraico, ha sganciato in sei giorni 6000 bombe su Gaza. Su obiettivi di Hamas affermano i conandanti militari israeliani. I palestinesi invece parlano di “attacchi indiscriminati” in un territorio che peraltro è piccolo e densamente popolato. Soltanto la scorsa notte, comunica il ministero della sanità di Gaza, i raid aerei hanno ucciso 120 persone e ferito altre centinaia. In totale i palestinesi morti da sabato scorso sono 1600 tra i quali, aggiunge il ministero, ci sono circa 500 minori e 276 donne. A Gaza inoltre manca l’elettricità e scarseggia l’acqua potabile. Gli ospedali sono al collasso di fronte a oltre 6mila feriti.

Da parte sua il governo israeliano ribadisce che i miliziani di Hamas sabato scorso hanno commesso atrocità contro gli abitanti delle località intorno a Gaza che, denuncia, non hanno risparmiato neppure i bambini.

La tensione intanto è sempre più alta anche a Gerusalemme Est e in Cisgiordania dove oggi è stato proclamato un Giorno di Rabbia per l’attacco militare israeliano a Gaza. La scorsa notte una donna palestinese è stata uccisa e il figlio ferito da soldati israeliani che hanno aperto il fuoco contro la sua auto all’ingresso del villaggio di Silwad (Ramallah). Pagine Esteri

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

L'articolo LIVE. GAZA/ISRAELE. Giorno 7. Israele intima a 1 milione di palestinesi di lasciare il nord di Gaza. Oggi “Giorno di Rabbia” proviene da Pagine Esteri.



Troppa frammentazione per la Difesa europea. Il punto di Folgiero


La frammentazione europea per quanto riguarda i budget della difesa disperde le risorse e mette a rischio le aziende del settore. A dirlo è stato l’amministratore delegato di Fincantieri, Pierroberto Folgiero, a margine della terza edizione della Conferen

La frammentazione europea per quanto riguarda i budget della difesa disperde le risorse e mette a rischio le aziende del settore. A dirlo è stato l’amministratore delegato di Fincantieri, Pierroberto Folgiero, a margine della terza edizione della Conferenza Europea sulla difesa e la sicurezza, tenutasi a Bruxelles, dove ha richiamato i principali gruppi industriali della difesa del Vecchio continente. “In Europa – ha detto Folgiero – l’industria militare è retta da singoli Stati membri, ognuno con il proprio budget nazionale”, un quadro che non facilita né gli investimenti, né la programmazione di progetti comuni. “È fondamentale promuovere la collaborazione all’interno del comparto, per cui abbiamo anche degli strumenti a disposizione, come la bussola strategica dell’Ue”.

Gli strumenti Ue

Come registrato dall’amministratore delegato, l’Unione europea ha già messo in campo alcuni strumenti, come il Fondo europeo della Difesa, impegni di cui l’Ue deve farsi sempre più carico. “L’Ue ha il compito di fare la sua attraverso politiche volte a favorire la cooperazione e la competitività”. Come ricordato ancora da Folgiero, l’Ue sta attualmente elaborando una strategia per consolidare il settore. Un programma che include il fondo per il rafforzamento del procurement congiunto, l’Edirpa, e il piano di investimenti nella difesa imminente dell’European defence improvement programme (Edip), “strumenti che mirano a promuovere una maggiore cooperazione tra le aziende degli Stati membri”

Un budget unico

Sul tema, del resto, è intervenuto anche commissario Ue al Mercato interno, Thierry Breton, che intervenendo all’European Defence and security conference ha proposto di collegare insieme gli otto miliardi del Fondo europeo per la Difesa con i trecento milioni messi a disposizione dall’Edirpa (iniziativa per il procurement congiunto), e i cinquecento milioni dell’Asap (programma per finanziare il rinfoltimento degli arsenali ridotti dall’invio di aiuti all’Ucraina). “Ci serve un programma che cristallizzi l’ambizione europea, che diventi un precursore di un reale programma industriale per la difesa all’interno del prossimo framework finanziario multi-annuale del budget Ue” ha osservato Breton, aggiungendo come “il nostro obiettivo è chiaro, dobbiamo sostenere e allargare l’Asap e l’Edirpa, dobbiamo evitare uno shut down della difesa nel 2025 e costruire un ponte verso il prossimo budget Ue”. E per fare questo, ha sottolineato Breton, ci sarà bisogno del supporto dell’industria europea.

L’impegno dell’industria

Sul tema del necessario supporto delle aziende, ciascuna “con le proprie priorità e resistenze” allo sforzo europeo di sostruzione di una sua dimensione della Difesa è intervenuto anche Folgiero, riconoscendo come la sfida stia “nel garantire che l’approccio dall’alto verso il basso, che promuove la collaborazione, si traduca in un impegno effettivo da parte delle aziende”. Per fare questo, è però necessario che l’Ue metta a disposizione le sue realtà, come l’Agenzia per la Difesa europea (Eda) e l’Organizzazione congiunta per la cooperazione in materia di armamenti (Occar) “per garantire che gli interessi comuni si traducano in azioni concrete”.

La realtà di Fincantieri

In questo senso, un’esperienza come quella di Fincantieri, che già partecipa a diversi programmi congiunti europei, come dimostrato dalla joint venture Naviris insieme alla francese Naval Group, per la costruzione di fregate di prossima generazione, attraverso programmi come Horizon e Fremm, o con la Germania per la costruzione di sottomarini, possono essere una preziosa piattaforma di partenza per future collaborazioni industriali europee. Nel dettaglio, per esempio, la joint venture con Naval Group “vede come prioritari i temi della ricerca e sviluppo, puntando a sinergie significative anche in termini industriali”, priorità che hanno il fine di “promuovere un’industria della difesa europea più integrata, contribuendo all’allineamento dei requisiti e alla cooperazione industriale”.


formiche.net/2023/10/troppa-fr…



Il governo indiano contro Arundhati Roy: “promuove la secessione del Kashmir”


Il governo indiano incrimina la scrittrice e attivista Arundhati Roy per un suo intervento del 2010 nel quale difese il diritto all'autodeterminazione del Kashmir, regione contesa con il Pakistan L'articolo Il governo indiano contro Arundhati Roy: “promu

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

di Redazione

Pagine Esteri, 12 ottobre 2023 – Martedì scorso Vinai Kumar Saxena, vicegovernatore della regione della Capitale Delhi, ha confermato le accuse formulate contro la scrittrice e attivista sociale indiana Arundhati Roy. Insieme a lei è stato incriminato anche il professore di diritto internazionale dell’università del Kashmir Sheikh Showkat Hussain, che aveva solidarizzato con l’attivista.

Le accuse contro la vincitrice nel 1997 del Booker Prize con “Il dio delle piccole cose” risalgono ad un suo intervento formulato il 21 ottobre del 2010 nel corso di una conferenza a Nuova Delhi dal titolo “Libertà, l’unica via” incentrata sul diritto all’autodeterminazione del Kashmir, regione da tempo contesa tra l’India e il Pakistan e per la quale è in corso un conflitto pluridecennale tra i due paesi asiatici.

In quell’intervento e in vari articoli Roy denunciò la repressione e i soprusi compiuti dalla polizia e dalle forze armate indiane nei confronti dei movimenti per l’autodeterminazione del Kashmir – solo nel 2010 furono uccise 120 persone – e per tutta risposta l’attivista venne accusata di aver utilizzato un linguaggio provocatorio nei confronti delle autorità e di aver promosso la secessione della regione.
Durante la conferenza Roy aveva affermato che il Kashmir «non era mai stato parte integrante dell’India» e che lo stesso governo indiano ne era consapevole. La scrittrice era stata denunciata da un attivista induista che aveva accusato lei e altri partecipanti alla conferenza di «minacciare la pace e la sicurezza» e di «promuovere la secessione del Kashmir».

Ora, a ben 13 anni di distanza, il governo dell’India ha confermato le accuse per le quali Arundhati Roy dovrà essere ora processata. Se condannata per sedizione, la scrittrice potrebbe essere condannata a pesanti pene detentive. Altri due coimputati – Syed Ali Shah Geelani, un leader separatista del Kashmir, e Syed Abdul Rahman Geelani, un docente – sono nel frattempo deceduti.

Secondo molti analisti la decisione risponde alla volontà da parte del governo indiano di punire la scrittrice per i suoi interventi apertamente criticinei confronti delle politiche del premier nazionalista e conservatore Narendra Modi, spesso accusato di aver adottato misure di limitazione alla libertà di espressione e di criminalizzare le proteste politiche e sociali. Modi e il suo partito di destra hanno spesso fomentato, negli ultimi anni, le persecuzioni della maggioranza induista nei confronti della minoranza musulmana. In alcuni casi tali persecuzioni sono sfociate in veri e propri pogrom che hanno causato centinaia di morti, come in Gujaratnel 2002. – Pagine Esteri

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

L'articolo Il governo indiano contro Arundhati Roy: “promuove la secessione del Kashmir” proviene da Pagine Esteri.



L’antisionismo come abito buono dell’antisemitismo


Pur se in un culmine di orrore e di violenza senza precedenti, sulla questione arabo-israeliana i discorsi sono sempre gli stessi. Discorsi spesso ipocriti, immancabilmente prevedibili. È l’eterno ritorno del sempre uguale, per dirla con Nietzsche. Puo, p

Pur se in un culmine di orrore e di violenza senza precedenti, sulla questione arabo-israeliana i discorsi sono sempre gli stessi. Discorsi spesso ipocriti, immancabilmente prevedibili. È l’eterno ritorno del sempre uguale, per dirla con Nietzsche. Puo, pertanto, avere una qualche utilità rileggere oggi un estratto del breve discorso che pronunciai nell’aula del Senato il 20 maggio del 2021 in occasione dell’informativa dell’allora ministro degli Esteri Luigi di Maio sulla sicurezza nel Mediterraneo.

Il popolo curdo rispetto alla Turchia, gli armeni del Nagorno-Karabakh rispetto all’Azerbaigian e, di fatto, alla Turchia, le minoranze uiguri, tibetana e mongola, oltre ai cittadini di Hong Kong, rispetto alla Cina, la minoranza Harratin in Algeria, Marocco e Mauritania, il popolo Sahrawi in Marocco, le popolazioni dell’Abkhazia e dell’Ossezia in Georgia e rispetto alla Russia, i Tamil nello Sri Lanka, la popolazione del Karen in Birmania…

Potrei andare avanti a lungo, etnia per etnia, lingua per lingua, religione per religione, nell’elencare i popoli che si trovano oggi senza uno Stato, o i popoli che uno Stato lo hanno ma sono oppressi da un regime autoritario. E a questo triste e sterminato elenco potrei, anzi, dovrei aggiungere i cristiani. I cristiani perseguitati in Nigeria, in Congo, in Mozambico, in Camerun, in Burkina Faso, in Corea del Nord, in Somalia, in Pakistan, nelle isole Molucche… Ogni giorno, nel mondo, vengono uccisi dai 13 ai 18 cristiani e vengono uccisi in quanto cristiani.

Eppure, le élite occidentali non sembrano occuparsene. Non vedo manifestazioni di piazza o raccolte di firme, non leggo vibranti editoriali, non assisto a ripetute e ferme prese di posizione da parte di leader politici, intellettuali, artisti, cantanti, attori, organismi internazionali e associazioni per i diritti umani in difesa dei cristiani perseguitati, o dei curdi, o degli armeni, o degli uiguri e via elencando.

Reazioni del genere le vedo solo in un caso: il caso del popolo palestinese rispetto allo Stato di Israele, di cui Hamas nega il diritto di esistere. Il mainstream occidentale parteggia per i palestinesi, non c’è dubbio. E allora, se le cose hanno un senso, le possibilità sono due. Due sole: una particolare affinità delle élite occidentali e dei maitre à penser nei confronti del popolo palestinese, o una loro particolare avversità nei confronti dello Stato di Israele.

Sbaglierò, ma non percepisco reali affinità. Il problema, dunque, è lo Stato di Israele in quanto tale. Ma cos’è che distingue lo Stato di Israele da tutti gli altri? Cosa distingue Israele da, poniamo, la Cina? Facile: la sua natura ebraica. Sarebbe intellettualmente onesto, allora, ammettere una volta per tutte, anche di fronte a noi stessi, che, non in tutti, ma nella maggior parte dei casi l’antisionismo è solo l’abito buono dell’antisemitismo.

Formiche.net

L'articolo L’antisionismo come abito buono dell’antisemitismo proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Chat Control 2.0: EU governments set to approve the end of private messaging and secure encryption


By making a minor concession EU governments hope to find a majority next week to approve the controversial „chat control“ bill. According to the proposed … https://www.euractiv.com/section/law-enforcement/news/child-sexual-abuse-material-spanish-presiden

By making a minor concession EU governments hope to find a majority next week to approve the controversial „chat control“ bill. According to the proposed child sexual abuse regulation (CSAR), providers of messengers, e-mail and chat services would be forced to automatically search all private messages and photos for suspicious content and report it to the EU. To find a majority for this unprecedented mass surveillance, the EU Council Presidency proposed Tuesday that the scanners would initially search for previously classified CSAM only, and even less reliable technology to classify unknown imagery or conversations would be reserved to a later stage. The proposed „deal“ will be discussed by ambassadors tomorrow and could be adopted by ministers next week.

Patrick Breyer, Pirate Party Member of the European Parliament and co-negotiator of the proposal, warns about the consequences of such a „deal“:

„Firstly, the proposed text would mandate the implementation of surveillance bugs and vulnerabilities into currently securely end-to-end encrypted messenger apps such as Whatsapp or Signal. It would mean the end of secure encryption because we could never be sure whether our messages or photos would be forwarded to persons we don’t know and can’t trust. The so-called client-side scanning would either make our communications fundamentally insecure, or Europeans would no longer be able to use Whatsapp or Signal at all, as their providers have contemplated.

Secondly, the proposed indiscriminate mass scanning of private communications of millions of citizens not even remotely connected with crime would inevitably be struck down by the courts, utterly betraying the hopes of children or victims. All independent legal experts and even the EU Council’s own legal service agree that indiscriminate content analysis fails to comply with fundamental rights and the jurisprudence of the EU Court of Justice. The disaster surrounding the failed data retention directive would repeat itself.

Thirdly, indiscriminate scanning mass criminalizes our children, with 40% of criminal suspects for possession of CSAM being minors in Germany alone. Youths are usually not aware of the criminal nature of seemingly funny content, which they often receive inadvertedly via chat channels.

Fourthly, scanning for known, thus old material does not help identify and rescue victims, or prevent child sexual abuse. It will actually make safeguarding victims more difficult by pushing criminals to secure, decentralised communication channels which are impossible to intercept even with a warrant. Although some US corporations such as Meta are already scanning European messages for previously classified CSAM ‚only‘, up to 80% of reported messages are classified by the police as not criminally relevant, thus implicating innocent citizens. The Commission estimates the number of reported messages to multiply as a result of mandatory scanning, which would flood law enforcement and overload the resources already lacking for targeted or undercover investigations into the organised producers of such material and into ongoing child sexual abuse.

Fifth, opening the door to indiscriminate surveillance will put us on a slippery slope, with Europol already calling to scan for other types of content.

The proposed ‚compromise‘ does not even touch upon other fundamental problems of the draft legislation, including ending anonymous communications and whistleblower tips as a result of mandatory age verification, and the prohibition of commonplace messenger, social networking, gaming and video conferencing apps for teenagers under 16 years of age, even where their parents consent.

This proposal urgently needs a fresh start that focuses on security by design instead of mass surveillance, paternalism and breaking IT security. The future of our privacy and security, and that of our children, is at stake!“

Breyer’s website on the Chat Control proposal


patrick-breyer.de/en/chat-cont…



Israele, Ucraina e i fondi per la difesa. Cos’ha detto Crosetto


“Lo scenario internazionale ci pone di fronte a criticità e sfide difficili per tutti. Dobbiamo lavorare insieme per evitare escalation. Il governo italiano e la Difesa sono al fianco del popolo d’Israele e ribadisco la piena solidarietà per gli attacchi

“Lo scenario internazionale ci pone di fronte a criticità e sfide difficili per tutti. Dobbiamo lavorare insieme per evitare escalation. Il governo italiano e la Difesa sono al fianco del popolo d’Israele e ribadisco la piena solidarietà per gli attacchi subiti e la vicinanza ai familiari delle vittime e ai feriti. Mi auguro che grazie allo sforzo della comunità internazionale si sappia trovare un canale per liberare le centinaia di ostaggi innocenti rapiti dai terroristi”. Lo ha affermato, come si legge in un comunicato, il ministro della Difesa, Guido Crosetto, al termine del Consiglio atlantico in formato ministri della Difesa che si è tenuto ieri e oggi presso il quartier generale della Nato alla presenza del segretario generale Jens Stoltenberg e dell’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell.

AL FIANCO DI ISRAELE

Israele si è sentito attaccato e deve difendersi, la sua reazione è legittima, ha spiegato Crosetto sottolineando che l’Italia si impegna a evitare un’ulteriore escalation e a fare in modo che il conflitto non coinvolga civili innocenti. “Probabilmente questa convivenza con Hamas, che fino ad adesso è avvenuta e non ha avuto effetti così devastanti, adesso è impossibile. La reazione di Israele è assicurarsi il futuro, e probabilmente adesso comprende uno scontro con Hamas molto duro”, ha aggiunto. Le immagini mostrate dal ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant oggi ai ministri della Nato riuniti a Bruxelles evidenziano “la violenza con cui Hamas ha deciso di agire nei confronti di neonati, di donne anziane, di donne giovani. Anche la guerra ha, nella sua drammaticità, delle regole: quando si superano si va al di là di quello che è umano. È normale, quindi, che la reazione di chi ha subito una ferita così forte sia forte”, ha aggiunto.

L’ALLARGAMENTO DEL CONFLITTO

Gli eventi di questi ultimi giorni, ha spiegato ancora il ministro in una nota, “dimostrano l’importanza e la fragilità del Fianco Sud e quanto sia necessaria, oggi più che mai, un’Alleanza forte e coesa a 360 gradi. Siamo profondamente preoccupati per la possibile estensione del conflitto in Medio Oriente e per il rischio di una nuova stagione di attacchi terroristici. L’instabilità in questa area, nei Paesi del Nord Africa e nel Sahel ha infatti riflessi sulla sicurezza dell’intera area euro-atlantica. Questo significa che anche per il Sud dobbiamo disporre di forze, con adeguata reattività e capacità, da impiegare in caso di necessità così come avvenuto sul Fianco Est, dove l’Italia sta partecipando in maniera attiva”.

GLI INVESTIMENTI

Secondo Crosetto, gli investimenti in sicurezza e difesa sono sempre più necessari davanti ai sempre maggiori elementi di possibile destabilizzazione del mondo. “Dobbiamo preparaci a affrontare situazioni che non pensavamo più di affrontare”, ha dichiarato in un punto stampa. “I miei timori sono molti non da oggi. Ho parlato del problema medio orientale e Iran quando nessuno lo faceva. Gli elementi di possibile destabilizzazione di un mondo che ha già varie aree di destabilizzazione ci sono e sono costanti. Vediamo la situazione dei Balcani e cosa sta succedendo in Medio Oriente. Dobbiamo attrezzarci per affrontare situazioni a cui non eravamo abituati o che pensavamo di non trovare più sulla nostra strada”, ha continuato. “Questo significa, purtroppo, investire in sicurezza e in difesa, ma anche molto in diplomazia e in crescita economica, così come nella redistribuzione delle ricchezze, che probabilmente non sono allocate in modo giusto rispetto alla popolazione”, ha aggiunto. “Questo è però un problema a lungo termine, che non possiamo risolvere in un anno, due o cinque. Il problema della difesa, invece, è importante e riguarda l’oggi e il domani, e cambierà il nostro scenario. Forse non è abbastanza percepito nell’ambiente occidentale”.

LA FINANZIARA

Se ci saranno abbastanza soldi per la difesa nella finanziaria? “Lo vedremo lunedì, io per rispetto di [Giancarlo] Giorgetti (ministro dell’Economia, ndr) non ho voluto chiamarlo né influenzarlo”, ha risposto ai cronisti Crosetto. “Giorgetti sa quali sono gli impegni per la Nato, quali sono le esigenze, ma sa anche quali sono le sue disponibilità. È inutile che io mi aggreghi alla pletora di persone che vanno a chiedere. Lunedì vedremo e prenderò atto di quello che ha deciso e ha potuto decidere”.

GLI AIUTI A KYIV

Del nuovo pacchetto di aiuti militari all’Ucraina, “ne abbiamo parlato e ne parliamo continuamente”, ha dichiarato durante il punto stampa. “L’Ucraina sta combattendo una guerra per cui il mondo occidentale si è assuefatto ma a cui gli ucraini su cui più piovono ogni giorno bombe in testa, non riescono e non vogliono assuefarsi. Giustamente stanno continuando a difendersi. Noi li stiamo aiutando in questa guerra per la sopravvivenza, non è una guerra di conquista quella Ucraina, è una guerra di sopravvivenza e di difesa”. Ciò che ho detto, ha spiegato il ministro riferendosi a un’intervista in cui affermava che “gli aiuti militari non sono illimitati”, “era una banalità: parliamo di risorse non illimitate, per cui l’Italia ha aiutato fino ad adesso nei limiti delle possibilità e continuerà a farlo. Non significa dare un giudizio politico ma quantitativo”, ha sottolineato.


formiche.net/2023/10/israele-u…



Il Diavolo di Lisbona


Lo stampo del Diavolo di Lisbona rappresenta una eccezionale testimonianza dei riti e delle superstizioni del quartiere musulmano della capitale portoghese nel XIV secolo. Nel 2012, un team di archeologi ha effettuato degli scavi pressoContinue reading

The post Il Diavolo di Lisbona appeared first on Zhistorica.



Survey of Current Universal Opt-Out Mechanisms


With contributions from Aaron Massey, FPF Senior Policy Analyst and Technologist, Keir Lamont, Director, and Tariq Yusuf, FPF Policy Intern Several technologies can help individuals configure their devices to automatically opt out of web services’ request

With contributions from Aaron Massey, FPF Senior Policy Analyst and Technologist, Keir Lamont, Director, and Tariq Yusuf, FPF Policy Intern

Several technologies can help individuals configure their devices to automatically opt out of web services’ requests to sell or share personal information for targeted advertising. Seven state privacy laws require that organizations honor opt-out requests. This blog post discusses the legal landscape governing Universal Opt-Out Mechanisms (UOOMs), as well as the key differences between the leading UOOMs in terms of setup, default settings, and whether those settings can be configured. We then offer guidance to policymakers to consider clarity and consistency in establishing, interpreting, and enforcing UOOM mandates.

The legal environment behind Universal Opt-Out Mechanisms


Online advertising continues to evolve, specifically in reaction to new regulatory requirements as an increasing number of international jurisdictions and U.S. states have enacted comprehensive privacy laws. As of October 2024, twelve states grant individuals the right to opt out of businesses selling their personal information or processing that data for targeted advertising. Of these twelve state privacy laws, seven include provisions that make it easier for individuals to opt out of certain uses of personal data. This includes the kind of personal and pseudonymized information that is routinely shared with websites, such as browser information or information sent via cookies.

Historically, a significant practical hurdle existed in the implementation of opt-out rights: users wishing to exercise the right to opt out of the use of this information for targeted advertising must locate and manually click opt-out links that businesses provide on their web pages, and they generally must do so for every site they visit. To make opting out easier, seven state’s privacy laws (California, Colorado, Connecticut, Delaware, Montana, Oregon, and Texas) require businesses to honor individuals’ opt-out preferences transmitted through Universal Opt-Out Mechanisms (UOOMs) as valid means to opt out of targeted advertising and data sales. UOOMs refer to a range of desktop and mobile tools designed to provide consumers with the ability to configure their devices to automatically opt out of the sale or sharing of their personal information with internet-based entities with whom they interact. These tools transmit consumers’ opt out preferences by using technical specifications, chief among these the Global Privacy Control (GPC).

California became the first state to establish the force of law for opt-out signals as valid opt-outs through an Attorney General rulemaking process in August, 2020. Specifically, businesses who do not honor the Global Privacy Control on their websites may risk being found in noncompliance with the California Consumer Privacy Act (CCPA), which was the central topic in the recent enforcement action against Sephora, an online retailer. In the complaint, state authorities alleged that Sephora’s website was not configured to detect or process any GPC signals and, as a result, failed to honor users’ opt-out preferences by not opting them out of sales of their data.

Survey of UOOM Tools Available to Consumers

The California Attorney General references the Global Privacy Control as the leading opt-out specification that meets CCPA standards. As of this writing, eight UOOMs are endorsed by the creators of the GPC specification:

Although other UOOMs exist (and more are likely to emerge), we focus exclusively on the tools endorsed by the creators of the Global Privacy Control specification. In 2023, the FPF team downloaded and installed each tool and evaluated each tool’s installation process, whether GPC signals were sent without additional configuration, and whether those settings could be adjusted (see Figure 1 below).

InstallationGPC Signals Sent without Additional ConfigurationCan the Configuration Be Adjusted?
IronVestRequires account sign-up❌ NoYes; GPC can be enabled only on a per-site basis, not globally.
Brave BrowserNo steps required after installation✅YesNo; GPC cannot be disabled, either globally or per-site, even when other protections in the “Shields” feature are turned off.
DisconnectNo steps required after installation❌ NoYes; GPC can be enabled globally but not on a per-site basis using a checkbox in the main browser plugin window.
DuckDuckGo Privacy BrowserNo steps required after installation✅YesYes; GPC can be disabled globally but not on a per-site basis.
DuckDuckGo Privacy EssentialsNo steps required after installation✅YesYes; GPC can be disabled both globally or on a per-site basis by disabling “Site Privacy Protection.”
FirefoxRequires technical configuration❌ NoYes, GPC can be disabled globally in the browser’s technical configuration but not on a per-site basis.
OptMeowtNo steps required after installation✅YesYes; GPC can be disabled both globally or on a per-site basis by disabling the “Do Not Sell” feature.
Privacy BadgerNo steps required after installation✅YesYes; GPC can be disabled both globally or on a per-site basis by disabling the “Do Not Sell” feature.

Figure 1: Observations of eight leading UOOM tools

Our survey allows us to make four key observations about the state of these UOOMs.


  • Current GPC implementations are largely limited to browser plugins for desktop environments. Google Chrome, Microsoft Edge, and Safari do not natively support the GPC signal. Mozilla Firefox supports sending the GPC signal, but configuring was the most challenging setup of all the tools we tested. Brave and DuckDuckGo are the only browsers that natively support the GPC. In addition, Brave and DuckDuckGo are the only desktop and mobile browsers with GPC enabled by default.
  • GPC tools significantly differ from one another in user experiences for both installation and use. The installation process for six of the tools was direct and, therefore suitable to a broad range of consumer knowledge. Two of the tools, IronVest and Firefox, require additional steps to enable GPC. Ironvest requires the creation of an account upon downloading the tool, and through that account offers not only GPC but also a subscription-based suite of further online security services like password managers and email maskers. By contrast, Firefox does not require an account, but it requires users complete more steps to enable the GPC that require technical knowledge or experience. Specifically, users must access the about:config settings page in Firefox, which warns the user to “Proceed with Caution” and requires users to know how to find the GPC configuration options. Users with limited experience configuring about:config settings on this browser may struggle to enable the GPC signal on Firefox.
  • GPC tools differ significantly in their default settings after installation, potentially creating consumer confusion in switching from one service to another. Three of the tools leave the GPC off by default following final installation; four of them enable the GPC by default. Firefox, for example, does not enable GPC by default, and it requires the most work to enable, whereas Brave enables GPC by default without notifying users or allowing them to disable it. Many tools include other privacy features in addition to GPC, such as Privacy Badger’s ability to block surreptitious tracking mechanisms like supercookies. These tools were not examined in this report, though they may create divergent user experiences that can cause consumers to draw different conclusions as to each tool’s utility and effectiveness. Users installing a privacy-focused browser extension or using a privacy-focused browser may be unaware that in certain cases privacy features are disabled by default and require additional configuration after installation.
  • Finally, we observe that these tools significantly differ in configuration options for when and where to send the GPC signal. The tools collectively deploy two types of configuration: globally sending the GPC to every site and/or selectively sending the GPC on a per-site basis. None of the tools have pre-configured profiles or “allow / deny” lists for when to send the GPC, and about half of the tools allow users to set the GPC both as a global setting and on a per-site basis. IronVest only allows sending the GPC on a per-site basis, while Brave only enables the GPC on a global basis. However, given that most state laws that require compliance with a UOOM also require affirmative consent to opt back in following an opt-out, it is unclear whether disabling the GPC signal for a site after visiting it will have legal effect.


Next Steps & Policy Considerations


In 2023 alone, six states passed comprehensive privacy laws. In the years ahead, we expect that more states will be added to this list, and many are likely to include provisions regarding UOOMs. Policymakers must ensure that all UOOM requirements offer adequate clarity and consistency.

One place where greater detail from policymakers would provide benefit to organizations seeking to comply with legal requirements is in guidance not only for covered businesses, but also for vendors of consumer-facing privacy tools. Specifically, guidance would be useful regarding how a UOOM must be configured or implemented to give assurance that the GPC signals being sent are a legally valid expression of individual intent. For example, a minor detail such as whether a tool contains a “per-site” toggle for the GPC may be significant in one state, but not another.

Similarly, the question of “default settings” and their legal significance requires greater clarity in many jurisdictions. For example, to be considered a valid exercise of individuals’ opt-out rights under Colorado law, a valid GPC signal occurs when individuals provide “affirmative, freely given, and unambiguous choice.” This requirement creates an engineering ambiguity for publishers and websites over the validity of GPC signals they receive. For example, users installing a browser extension that requires a separate, affirmative user configuration prior to sending the GPC signal will unambiguously be a valid expression of individual choice. On the other hand, an individual using a browser marketed with a variety of privacy preserving features, including the GPC, may be sending a GPC signal that does not meet the law’s standards for defaults if those features are enabled by default and they do not provide notice to users. The user may have wanted a privacy feature other than GPC and not been aware that the GPC signal would be sent. On the other hand, another user may both be seeking and appreciate a default-on GPC and not want it to be legally ignored because they didn’t affirmatively enable it. Publishers and websites do not have an engineering mechanism to differentiate between these scenarios, incentivizing them to use nonstandard techniques, like fingerprinting, for the purposes of discerning which GPC signals are valid.

New states implementing comprehensive privacy laws also increase the odds that specific privacy rights may fracture across jurisdictions in ways that are either cohesive or irreconcilable. The current GPC specification does not support conveying users’ jurisdictions, so it is unclear how organizations must differentiate between signals originating from one jurisdiction or another. The result could be that entities must choose which state to risk running afoul of the law in such that they may follow the requirements of a conflicting jurisdiction.

As user-facing privacy tools are developed and updated, responsible businesses will likely err on the side of over-inclusion by treating all GPC signals as valid UOOMs. However, increased user adoption and the expansion of the GPC into new sectors (such as connected TVs or vehicles) could change expectations and put more pressure on different kinds of advertising activities. In the absence of uniform federal standards that would create guidance for such mechanisms, most businesses will aim to streamline compliance across states, providing a significant opportunity for policymakers to shape the direction of consumer privacy in the coming years. Policymakers must be aware of these developments and strive for clarity and consistency in order to best inform organizations, empower individuals, and set societal expectations and standards that can be applied in future cases.


fpf.org/blog/survey-of-current…



PODCAST. Testimonianza da Gaza: “non esistono posti sicuri, tanti feriti sotto le macerie”


"Gli israeliani non colpiscono più obiettivi specifici, questa volta stanno distruggendo quartieri e zone residenziali. Un numero enorme di feriti è ancora sotto le macerie" La testimonianza di Aziz Kahlout, giornalista della Striscia di Gaza L'articolo

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

Pagine Esteri, 12 ottobre 2023. Aziz Kahlout, giornalista di Gaza, ci parla della situazione nella Striscia: “Gli israeliani non colpiscono più obiettivi specifici, questa volta stanno distruggendo interi quartieri e zone residenziali. Un numero enorme di feriti è ancora sotto le macerie. L’acqua non arriva più nelle case“.
widget.spreaker.com/player?epi…

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

L'articolo PODCAST. Testimonianza da Gaza: “non esistono posti sicuri, tanti feriti sotto le macerie” proviene da Pagine Esteri.



Dopo Ford, ecco Eisenhower. Nuova portaerei Usa nel Mediterraneo


Gli Stati Uniti hanno inviato nel Mediterraneo il gruppo portaerei del Uss Eisenhower. Il nuovo Strike group si aggiunge a quello del Uss Ford, inviato nelle acque israeliane a seguito dello scoppio della crisi. Lo schieramento della nuova unità a stelle

Gli Stati Uniti hanno inviato nel Mediterraneo il gruppo portaerei del Uss Eisenhower. Il nuovo Strike group si aggiunge a quello del Uss Ford, inviato nelle acque israeliane a seguito dello scoppio della crisi. Lo schieramento della nuova unità a stelle e strisce, il primo per l’Eisenhower in oltre due anni, sebbene lungamente pianificato rappresenta un segnale importante sia della risolutezza degli Stati Uniti nel sostenere Israele, sia nell’importanza che il Mediterraneo, e la sua sicurezza, continuano a rivestire per gli equilibri globali.

Il gruppo dell’Eisenhower

Come annunciato dalla Us Navy, il gruppo portaerei lascerà l’attuale porto della base navale di Norfolk in Virginia nelle prossime settimane. Nel suo insieme, l’intero gruppo ha a bordo oltre cinquemila marinai, oltre al 3° Stormo aeronavale, i cacciatorpediniere Uss Gravely e Uss Mason, oltre all’incrociatore Uss Philippine Sea. “Lo schieramento del Gruppo Eisenhower è pianificato da tempo – ha detto la Marina Usa – e condurrà delle esercitazioni all’interno dell’area di responsabilità del Comando europeo Usa a supporto delle attività e operazioni Nato di sorveglianza rafforzata”.

Presenza mediterranea

Le portaerei della Marina statunitense sono state schierate nella Sesta Flotta subito dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Averne ora ben due nella regione permetterà agli Stati Uniti di continuare a rispondere all’aggressione russa, rimanendo al contempo vicini a Israele e alla Striscia di Gaza, da dove è stata lanciata la principale direttrice offensiva contro Tel Aviv. Nei giorni scorsi, il gruppo portaerei dello Uss Gerald R. Ford ha ricevuto l’ordine di dirigersi verso il Mediterraneo orientale per mettersi a disposizione di Israele nell’assisterla a resistere all’attacco a sorpresa lanciato da Hamas, decisione confermata dal segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin. Secondo il Comando centrale degli Stati Uniti, il Ford è arrivato nel Mediterraneo orientale martedì. Il gruppo comprende otto squadriglie di aerei d’attacco e di supporto, i cacciatorpediniere Uss Thomas Hudner, Uss Ramage, Uss Carney e Uss Roosevelt e l’incrociatore Uss Normandy.

Sostegno a Israele

Il Pentagono ha dichiarato che gli aerei, i cacciatorpediniere e gli incrociatori statunitensi che hanno navigato con il Ford condurranno operazioni marittime e aeree che potrebbero includere la raccolta di informazioni, interdizioni e attacchi a lungo raggio. Lunedì, inoltre, la Casa Bianca ha confermato di aver già iniziato a consegnare a Israele munizioni ed equipaggiamenti militari, e il Pentagono sta rivedendo i suoi inventari per vedere cos’altro può essere inviato rapidamente per aiutare l’alleato mediorientale.

Foto: Us Navy


formiche.net/2023/10/dopo-ford…



Glovo traccia i rider anche fuori dall’orario di lavoro


Il gruppo di ricerca tracking.exposed, che studia la profilazione e analizza gli algoritmi online, ha realizzato tra il 2021 e il 2023 un reverse engineering dell’app Glovo Couriers in dotazione a ogni rider che lavora per la piattaforma spagnola. Lo scop

Il gruppo di ricerca tracking.exposed, che studia la profilazione e analizza gli algoritmi online, ha realizzato tra il 2021 e il 2023 un reverse engineering dell’app Glovo Couriers in dotazione a ogni rider che lavora per la piattaforma spagnola. Lo scopo dello studio era quello di fornire una prova tecnica e verificata di come Glovo utilizzi i dati raccolti dall’app durante il suo utilizzo (e non solo), e come questo abbia ripercussioni in termini di privacy e di violazione dei diritti dei lavoratori.

L’analisi tecnica, avvenuta in più momenti, ha reso evidente come la posizione dei rider sia tracciata non solo durante lo svolgimento delle consegne, ma anche quando l’app Glovo Couriers rimane in background. Così come quelli relativi al livello della batteria e alla velocità del rider durante i turni di lavoro, informazioni inviatiìe a intervalli irregolari in diversi momenti della giornata e anche di notte.

Un resoconto dello studio su Wired Italia

The post Glovo traccia i rider anche fuori dall’orario di lavoro appeared first on Hermes Center.

reshared this



In Cina e in Asia – La Cina appoggia l’Egitto per una soluzione del conflitto israelo-palestinese


In Cina e in Asia – La Cina appoggia l’Egitto per una soluzione del conflitto israelo-palestinese 9741388
I titoli di oggi: La Cina appoggia l’Egitto per una soluzione del conflitto israelo-palestinese La Cina risparmia miliardi di dollari grazie alle importazioni di petrolio da paesi sanzionati La Cina ottiene sesto mandato nel Consiglio per i diritti umani La Cina lancia un’indagine nazionale per valutare i cambiamenti demografici Cina e Arabia Saudita lavorano insieme per sviluppare AI in lingua ...

L'articolo In Cina e in Asia – La Cina appoggia l’Egitto per una soluzione del conflitto israelo-palestinese proviene da China Files.



LIVE. GAZA/ISRAELE. Giorno 5: A Gaza sotto le bombe si spegne anche la centrale elettrica


La Striscia di Gaza è rimasta senza elettricità. Dozzine di droni e razzi lanciati dal Libano verso Israele L'articolo LIVE. GAZA/ISRAELE. Giorno 5: A Gaza sotto le bombe si spegne anche la centrale elettrica proviene da Pagine Esteri. https://pagineest

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

AGGIORNAMENTO ORE 19.30


Per un falso allarme scattato contemporaneamente in decine di località israeliane era stata data comunicazione, come da cartina, di un massiccio attacco con droni e razzi dal Libano. I sistemi di sorveglianza israeliani avevano rilevato dozzine di droni e razzi lanciati dal Libano verso Israele e 15-20 parapendisti. Il tutto, hanno dichiarato le autorità israeliane, per colpa di un problema con i sistemi di rilevamento. 9741366

AGGIORNAMENTO ORE 17


Sarebbero stati coloni israeliani a colpire i tre palestinesi uccisi a colpi d’arma da fuoco nel villaggio di Qusra i Cisgiordania. Lo riferisce il ministro della sanità dell’Anp. Un video dell’incidente mostra uomini mascherati che sparano nel villaggio.

AGGIORNAMENTO ORE 16.15


Secondo una fonte interna al partito Likud di Netanyahu, è stato raggiunto un accordo tra il primo ministro Benjamin Netanyahu e il leader del partito di Unità Nazionale, Benny Gantz, sulla formazione di un governo di emergenza.

Di fatto è un governo per la guerra a Gaza. È stato concordato che Netanyahu, il ministro della Difesa Gallant e Gantz faranno parte di un gabinetto di guerra. Gadi Eizenkot, membro del partito di Gantz ed ex capo di stato maggiore, e il ministro degli Affari strategici Ron Dermer fungeranno da osservatori. Il partito di Gantz avrà cinque ministri nel governo senza portafoglio.

AGGIORNAMENTO ORE 15.47


Finito il carburante, si è spenta l’unica centrale elettrica di Gaza.

Raggiunto un accordo sul governo di unità nazionale in Israele. I media israeliani informano che il primo ministro Benjamin Netanyahu e il leader del partito di unità nazionale, Benny Gantz hanno trovato un’intesa.

Tre palestinesi sono stati uccisi nella Cisgiordania occupata, a sud di Nablus.

AGGIORNAMENTO ORE 12.50


L’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA) ha riferito che nove membri del suo staff sono stati uccisi in attacchi aerei israeliani di rappresaglia su Gaza a partire da sabato.

Secondol”UNRWA gli attacchi hanno ucciso il personale delle Nazioni Unite mentre si trovava nelle proprie case. 18 scuole dell’UNRWA, trasformate in rifugi, sono state danneggiate dai bombardamenti, così come il quartier generale dell’Agenzia, a Gaza City.

L’esercito israeliano ha fatto sapere di non avere informazioni che confermino la storia, diffusa ampiamente nel mondo e sulle prime pagine di alcuni dei principali quotidiani italiani, secondo cui Hamas avrebbe decapitato decine di bambini israeliani. A svelarlo l‘agenzia di stampa turca ANADOLU, che ha chiesto all’esercito di confermare ciò che era stato detto sul canale televisivo israeliano i24NEWS. La portavoce dell’esercito ha risposto “Abbiamo visto la notizia ma non abbiamo alcun dettaglio o conferma su questa storia“. Hamas e le brigate al-Qassam, in un comunicato avevano smentito categoricamente la notizia, accusando la stampa occidentale di fare disinformazione.


AGGIORNAMENTO ORE 11.50


Sale a 1.055 il numero dei morti palestinesi per i bombardamenti sulla Striscia di Gaza.

Israele ha richiamato 300.000 riservisti.


Pagine Esteri, 11 ottobre 2023. Si continuano a recuperare corpi, in Israele e il bilancio delle vittime dell’attacco improvviso di Hamas, sabato 7 ottobre, è salito a 1.200 persone. Parenti e amici di coloro che risultano attualmente dispersi, attendono di sapere se i propri cari sono stati uccisi oppure sono a Gaza come ostaggi. In una struttura militare sono stati allineati decine di corpi, per permetterne l’identificazione. L’esercito israeliano, che ha ammassato centinaia di migliaia di truppe al confine con Gaza, è pronto a lanciare un’offensiva di terra.


→ GLI EVENTI DEL QUARTO GIORNO


Non si sono mai fermati i bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza e continuano anche oggi, per il quinto giorno consecutivo. Sono stati uccisi 950 palestinesi tra cui almeno 260 bambini. Interi quartieri sono stati rasi al suolo, colpiti campi profughi e mercati, scuole, università, ospedali, moschee e ambulanze. Sono almeno 6 i giornalisti uccisi. La situazione umanitaria è catastrofica: Israele ha ordinato l’assedio totale della Striscia e non possono entrare aiuti umanitari, farmaci, acqua. L’unico possibile passaggio per i cittadini di Gaza, il valico di Rafah al confine con l’Egitto, è stato prima chiuso e smantellato dall’Egitto stesso, per “ragioni di sicurezza”, poi bombardato dall’aeronautica israeliana, mentre centinaia di palestinesi erano in attesa, nel tentativo di lasciare Gaza. Anche il porto è stato bombardato, non ci sono vie di fuga. La centrale elettrica interna alla Striscia, secondo il presidente dell’Autorità energetica palestinese Thafer Melhem, potrebbe spegnersi completamente entro 10-12 ore, a causa dell’embargo di carburante e lasciare così 2 milioni e 300mila persone completamente al buio e senza elettricità.


SCARICA IL DOSSIER → PALESTINA-ISRAELE. LE RAGIONI DEL CONFLITTO


Sono rimasti inascoltati gli appelli dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dell’ONU e delle ONG per aprire un corridoio umanitario che porti a Gaza medicine, alimenti e acqua.

Hamas ieri ha continuato a sparare razzi su Israele, colpendo soprattutto Ashqelon, a sud di Israele, senza fare vittime.

Leggeri scambi di fuoco, tra Israele e Hezbollah in Libano si sono registrati ieri, dopo l’uccisione da parte di Israele di 4 membri del partito libanese. In serata un razzo partito dalla Siria è finito in un’area nel Golan, la zona occupata da Israele nel 1967, senza fare danni.

Nella Cisgiordania occupata si sono tenute manifestazioni a sostegno della popolazione palestinese di Gaza. Al momento sono 23 i palestinesi, soprattutto giovani, uccisi in Cisgiordania da Israele. Secondo The Times of Israel, il Ministro israeliano della sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, sta acquistando 10.000 pistole da distribuire ai coloni e agli israeliani residenti nelle città abitate anche da cittadini arabi.

L’Unione Europea ha deciso ieri, a maggioranza dei leader dei Paesi che ne fanno parte, di non sospendere gli aiuti economici ai palestinesi. Al contrario, dopo l’Austria, anche la Svezia e la Danimarca hanno deciso di sospendere gli aiuti.


LEGGI → ISRAELE-GAZA: IL MONDO SI DIVIDE


Gli Stati Uniti hanno inviato una potentissima portaerei in supporto a Israele che era già la potenza armata più temibile dell’area. Un primo carico di munizioni USA sarebbe già stato consegnato.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha commentato negativamente l’invio, da parte degli Stati Uniti, della portaerei che dovrà rimanere nella regione a sostegno di Israele, dichiarando che non potrà far altro che portare altra violenza e altre stragi.

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

L'articolo LIVE. GAZA/ISRAELE. Giorno 5: A Gaza sotto le bombe si spegne anche la centrale elettrica proviene da Pagine Esteri.



LIVE. GAZA/ISRAELE. Giorno 6. Sono 1.203 i morti palestinesi da sabato. 1300 gli israeliani


Gli sfollati sono oltre 338mila e vengono accolti nelle scuole dell'Onu. In Israele formato un gabinetto di guerra L'articolo LIVE. GAZA/ISRAELE. Giorno 6. Sono 1.203 i morti palestinesi da sabato. 1300 gli israeliani proviene da Pagine Esteri. https://

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

della redazione

Pagine Esteri, 12 ottobre 2023 – Non è scattata nella notte, come si ipotizzava ieri, l’offensiva di terra israeliana contro Gaza. Ma l’aviazione dello Stato ebraico ha ripreso con più intensità i suoi raid con effetti devastanti. Solo nelle ultime ore, riferisce il ministero della salute di Gaza, sono stati uccisi 51 palestinesi ed altri 281 sono rimasti. Queste ultime vittime si aggiungono alle distruzioni di case e infrastrutture. Colpiti duramente i campi profughi di Shate e Jabaliya. Il totale dei morti palestinesi da sabato scorso è salito a 1.203, i feriti sono migliaia.

Gli sfollati sono oltre 338mila e in maggior parte vengono accolti nelle scuole dell’Unrwa (Nazioni unite). Una massa enorme di persone che ha bisogno di assistenza ad ogni livello. Gaza inoltre senza elettricità. Ieri si è fermata l’unica centrale per mancanza di gasolio e gli ospedali possono contare solo sulle scorte per i generatori autonomi che dureranno pochi giorni.

Israele non rinuncia al pugno di ferro dopo l’attacco di Hamas che il 7 ottobre ha fatto 1300 morti tra gli abitanti del sud del Paese. Ieri è stato annunciato che sarà formato un governo di emergenza nazionale, con il premier Netanyahu e uno dei capi dell’opposizione, Benny Gant. Sarà un vero e proprio gabinetto di guerra per tutta la durata del conflitto. “Ora è tempo di guerra” ha detto perentorio Gantz, un ex di capo di stato maggiore che nel 2014 guidò l’offensiva Margine Protettivo contro Gaza, che circa 2500 morti tra i palestinesi e provocò distruzioni di massa lungo la fascia orientale della Striscia.

Continuano anche i lanci di razzi palestinesi che prendono di mira il sud di Israele e, più sporadicamente, Tel Aviv e il centro del Paese. Ieri per la prima volta un razzo a lungo raggio è caduto nell’area di Haifa. Nelle ultime ore è tornata in primo piano la questione degli oltre 100 ostaggi israeliani a Gaza. La tv al Jazeera ha mostrato il video di una donna che assieme ai suoi figli viene liberata da presunti miliziani di Hamas. Da Israele non giungono conferme.

E’ in programma in Giordania un incontro tra il Segretario di stato Usa Blinken e il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen. In Cisgiordania le città palestinesi sono state sigillate dall’esercito israeliano. L’accesso attraverso i posti di blocco è fortemente limitato. Pagine Esteri

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

L'articolo LIVE. GAZA/ISRAELE. Giorno 6. Sono 1.203 i morti palestinesi da sabato. 1300 gli israeliani proviene da Pagine Esteri.



N. 182/2023 LE TRE NEWS DI OGGI: Politici e attivisti per la tutela della privacy hanno chiesto di vietare l’uso delle telecamere per il riconoscimento facciale, ma alcuni piccoli negozi stanno portando avanti il progetto di installare il sistema in seguito all’aumento dei furti nei negozi. Cosa spinge i proprietari di piccole imprese a investire...


Stefano Galieni*   A parlare di Medio Oriente e di Palestina, in queste ore, si corre il rischio di lasciarsi trascinare in analisi dettate dall’


Questa notte la nostra direzione nazionale è stata messa a soqquadro da ignoti che hanno rubato cinque personal computer. Il furto colpisce un partito democrat


Salutiamo con gioia e sollievo la sentenza che ha cancellato l'impianto accusatorio che aveva portato all'abnorme condanna del nostro fratello e compagno Mimmo