Torino guarda alla Luna. Al via la Città dell’aerospazio
Ha preso il via questa mattina la Città dell’aerospazio di Torino con la posa della prima pietra per i laboratori del Politecnico in corso Marche. L’investimento di partenza sarà di 42 milioni di euro finanziati attraverso fondi interni dell’Ateneo, risorse della Regione Piemonte, Camera di commercio e il Comune di Torino. Proprio a Torino dovrebbe tenersi l’anno prossimo un G7 dedicato all’Intelligenza artificiale, all’economia digitale e allo Spazio, come aveva annunciato un mese e mezzo fa Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, durante l’intervento all’inaugurazione dell’anno accademico del Politecnico di Torino. Domenica, intervistato dal quotidiano La Stampa, il ministro aveva spiegato che “dopo il futuro dei lanciatori europei, ci dedicheremo ad altri settori, come il controllo dei detriti spaziali fino al ritorno umano sulla Luna” ipotizzato per il 2030.
Il progetto
Si tratta di 12.000 metri quadrati nel Fabbricato 37, destinati ad ospitare laboratori per le attività di ricerca dell’Ateneo e collaborazioni con aziende nel settore aerospaziale. I filoni principali di ricerca riguarderanno la propulsione ibrido-elettrica e generazione e la space exploration. Ma l’obiettivo finale molto più ambizioso: la creazione di un vero e proprio ecosistema dell’aerospazio all’interno del quale possano fondersi sinergicamente i temi della formazione, della ricerca, dell’innovazione e dell’impresa lungo l’intera catena del valore che caratterizza questo settore. In tutto il cantiere darà lavoro a 14.000 persone, 7.000 per due anni, con 700 milioni di investimento iniziale, con un impatto sul Pil superiore ai 750 milioni. Una volta conclusi i cantieri, nel nuovo centro lavoreranno 5.000 persone.
Le aziende coinvolte
Da qui al 2028 è stata istituita una roadmap che coinvolgerà le aziende attive negli spazi di corso Marche – ovvero Leonardo, Avio Aero, Thales Alenia Space e Altec. Per esempio, Leonardo svilupperà gli hub Innovation, Digital e Gcap technology. Thales Alenia, che nell’area di corso Marche lavora al prossimo sbarco sulla Luna e alle missioni su Marte, ha in mente un Centro di integrazione e test grandi elementi. Avio Aero lavorerà sui futuri sistemi di propulsione (Clean Aviation). Infine, Altec creerà il National Space Center. L’investimento complessivo di tutte le azioni previste nella Città dell’aerospazio dovrebbe ammontare a circa 1 miliardo di euro.
Le dichiarazioni del ministro Pichetto Fratin
“La Città dell’aerospazio è davvero qualcosa di importante, un passo avanti nella centralità del settore”, ha dichiarato Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica e piemontese Doc. “Vedere questo sviluppo che riguarda sia la parte satellitare sia quella aeronautica mi riempie di soddisfazione”, ha spiegato ancora. “Questa è una realtà torinese, piemontese e nazionale, significa anche che Leonardo cresce e si afferma a livello mondiale come avanguardia tecnologica. È proiettata nel futuro perché è un settore che avrà grandissima espansione”, ha aggiunto.
Le parole del governatore Cirio
“Si passa dalle parole ai fatti”, festeggia Alberto Cirio, presidente della Regione Piemonte. “Grazie al lavoro con il Politecnico, con i privati, con Leonardo e con tutta l’industria aerospaziale e al contributo economico della Regione Piemonte, vediamo una ruspa al lavoro”, ha aggiunto “Qui il Politecnico formerà giovani, gli ingegneri aerospaziali che avranno un luogo di crescita anche professionale, perché ci saranno grandi aziende del settore. La Città dell’aerospazio ha anche una parte turistica, qui c’è una pista di atterraggio e decollo per testare tutte le innovazioni. Il lavoro che si fa porta i frutti, solo la scorsa settimana Mirafiori è ripartita con l’hub del riciclo e qui oggi nasce la Città dell’aerospazio”, ha concluso. “Le ricadute riguarderanno non solo il rafforzamento del settore aerospaziale in senso stretto, ma anche di tutta quella parte del comparto manifatturiero composto da imprese (diverse e molto innovative) con produzioni e servizi caratterizzati da forte contaminazione tecnologica tra il settore aerospaziale ed altri più o meno contigui”, aveva spiegato il governatore a Formiche.net nelle scorse settimane.
Il rapporto pubblico-privato visto dal sindaco Lo Russo
Per il sindaco Stefano Lo Russo è “un grande giorno per Torino, un giorno storico”. La Città dell’aerospazio, ha spiegato il primo cittadino, “è la città del domani, del futuro, ma è una città fatta di presente, una grande vocazione industriale del nostro territorio”. È “un esempio incredibile di cooperazione e sinergia tra pubblico e privato, un luogo della formazione, della ricerca, del trasferimento tecnologico e della costruzione di un futuro che davvero può identificarsi con Torino”, ha proseguito. “Un polo nazionale ma anche e soprattutto un polo internazionale che davvero rappresenta il presente e il futuro della nostra comunità”, ha detto ancora.
Un impegno per il futuro, dice Riccardi
Luisa Riccardi, vicesegretario generale della Difesa, ha definito quella odierna “una data importante” per “un progetto di rilevanza nazionale, un ecosistema in cui sono coinvolte tutte le istituzioni chiave, le start up, le piccole imprese e le grandi imprese. Non solo un luogo fisico, ma una sfida e un impegno per il futuro. Torino, il Piemonte e l’Italia saranno sempre più un centro di riferimento globale nell’economia spaziale”, ha aggiunto. “Le tecnologie spaziali sono uno strumento essenziale per la soluzione di tematiche sensibili come l’ambiente, il clima. Tutti vogliono collaborare con l’Italia nel settore dello spazio. La ricerca spaziale è un investimento essenziale per la sicurezza nazionale”, ha aggiunto.
Le prospettive di Leonardo spiegate dall’ad Cingolani
“Leonardo sta per lanciare il suo nuovo piano industriale che verrà presentato a febbraio 2024 dove la componente spazio giocherà un ruolo senza precedenti con un grande potenziamento delle attività, una grande razionalizzazione di tutte le linee di prodotto e di tutte le strategie”, ha dichiarato Roberto Cingolani, amministratore delegato di Leonardo, intervenuto alla cerimonia in collegamento. “Sono molto contento che oggi si proceda all’inaugurazione”, ha sottolineato, “e all’avvio dei lavori dell’edificio 37. Ricordo che, fra il 2019 e il 2020, con il rettore del Politecnico e con i colleghi di Leonardo e della Regione parlavamo di questa grande iniziativa, sembra tanto tempo fa, è molto importante che si dia inizio. La divisione velivoli realizzerà quattro laboratori di ricerca nel campus e ci sarà senz’altro un’ulteriore evoluzione nei prossimi anni. Sicuramente Leonardo sarà un partner forte, affidabile e convinto di questa grande iniziativa”, ha aggiunto.
Secondo Valente (Asi) è un volano per la città
La Città dell’aerospazio di Torino “sarà un hub internazionale per attrarre talenti, per lo sviluppo di tecnologie di frontiera e di start up e per il consolidamento del patrimonio industriale italiano nell’ambito dello spazio”, ha commentato Teodoro Valente, presidente dell’Agenzia spaziale italiana. “Nei prossimi anni l’economia dello spazio sarà uno dei più importanti volani e questo territorio saprà cogliere le opportunità”, ha aggiunto ricordando che “a livello italiano ci sono 300 aziende operanti nel settore, 7.000 persone impiegate, un fatturato annuo che eccede i due miliardi di euro. Abbiamo 12 distretti tecnologici, più di 70 nodi di ricerca e sviluppo tra Università ed enti di ricerca, dunque un bell’ecosistema”. C’è “una grandissima tradizione sull’aerospazio” a Torino e in Piemonte, “che richiama anche la tradizione manifatturiera”, ha concluso Valente evidenziando che il progetto “sarà un’opportunità per tutte le aziende del sistema Paese e i risultati certamente non mancheranno”.
Gli altri eventi
Nel pomeriggio all’Oval ha preso il via la nona edizione di di Aerospace & Defense Meetings, nel segno della Luna e del ritorno dell’uomo sull’unico satellite naturale della Terra. È l’unica business convention internazionale per il settore aerospaziale organizzata in Italia. L’evento, che durerà fino a giovedì 30, porta a Torino 400 espositori da oltre 30 Paesi e grandi player internazionali. Giovedì si svolgerà per la prima volta il Lunar Economy Summit, e sarà questa l’occasione per approfondire le sfide del comparto nei prossimi 50 anni. Inoltre, per la prima volta all’Oval sarà presente anche l’Anfia (l’Associazione nazionale filiera industria automobilistica) insieme ad alcune aziende associate del gruppo Componenti e del gruppo Car Design & Engineering.
Una missione Onu a Gaza. L’ipotesi di Crosetto al Palazzo di Vetro
È necessario riflettere sulla possibilità di una presenza dell’Onu a Gaza. Così si è espresso il ministro della Difesa, Guido Crosetto, in visita al quartier generale delle Nazioni Unite a New York, a margine dell’incontro con il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres. Secondo quanto riferito dallo stesso ministro, al centro del colloquio la possibilità, appunto, di “pensare a un futuro a Gaza anche attraverso l’Onu, magari attraverso una sua presenza, sarebbe fondamentale”. Per Crosetto è importante che l’organizzazione internazionale “assuma un ruolo maggiore in tempi difficili come questi”. Il ministro ha anche sottolineato come l’Italia sia tra i maggiori fornitori tra le missioni di peacekeeping dell’Onu, confermando la volontà del Paese “di continuare a partecipare, anzi di sviluppare un ruolo maggiore”. La visita, inoltre, è servita al ministro per ribadire l forte sostegno dell’Italia alla Ministeriale di Accra, finalizzata a rafforzare e modernizzare il Peacekeeping delle Nazioni Unite, prevista per il 5 e 6 dicembre prossimi.
Il caso di Unifil
In generale, il ministro ha sottolineato come il ruolo delle Nazioni Unite debba aumentare nel mondo: “Se abbiamo una speranza di pace – ha detto Crosetto – è quella di utilizzare tutti i consessi multilaterali come questo, dove ci sono tutte le nazioni del mondo, e cercare percorsi che in qualche modo possono far finire le situazioni di conflitto che abbiamo ancora aperte”. Il colloquio, del resto, si è concentrato anche sul ruolo di Unifil e delle possibili evoluzioni o escalation che potrebbero esserci al confine tra Libano e Israele. Già nel corso della sua visita in Israele la settimana scorsa, Crosetto aveva indicato come al centro del proprio viaggio a New York ci sarebbe stata la missione Onu in Libano, per affrontare il tema del mantenimento e delle modifiche necessarie alla missione Unifil. La postura dello schieramento presente, le regole di ingaggio, e il futuro stesso della missione. L’Italia, del resto, è il primo Paese contributore di truppe, con circa 1200 militari presenti. “Occorre che le Nazioni Unite decidano: o la missione Unifil ha ancora un senso, oppure bisogna chiedersi se ha senso mantenerla”, aveva detto il ministro a Tel Aviv.
La missione
La preoccupazione è che terminato il periodo di tregua il conflitto possa riprendere, e con esso il timore di spillover regionali. In questa prospettiva, naturalmente il confine con il Libano, dov’è presente il contingente di Caschi blu, è quello per il quale si teme maggiormente. Per la sicurezza dei militari, allora, è forse arrivato il tempo di rivedere il modo con cui i soldati internazionali agiscono nella regione, prevedendo un rafforzamento delle misure di sicurezza e auto-protezione. A fine ottobre Crosetto aveva visitato il contingente italiano dell’operazione Leonte XXXIV, poco dopo che un missile, deviato, aveva colpito senza nessuna conseguenza il quartier generale della missione Unifil a Naqoura, undici chilometri più a sud rispetto alla base italiana. Attualmente, i militari italiani, strutturati sulla base della brigata meccanizzata Granatieri di Sardegna, sono presenti nella base militare di Shama, nel sud del Libano, parte dello sforzo Onu per assicurare la stabilità del volatile confine con Israele.
Il contesto
Proprio commentando il suo viaggio in Israele, Corsetto si è detto contento della tregua e del rilascio degli ostaggi, aggiungendo come l’Italia abbia avuto “una parte importante su questa linea, si è fatta promotrice di un dialogo attraverso il Qatar che portasse alla liberazione degli ostaggi”. Un segnale positivo per Crosetto, che ha auspicato possa proseguire nelle prossime settimane. La situazione sul campo, però, resta molto fragile, e il ministro ha voluto sottolineare la necessità di fare “la differenza tra gli Stati democratici e di diritto e le organizzazioni terroristiche anche nel combattere le guerre” e che la popolazione civile va lasciata fuori. Una posizione mantenuta dal governo fin dall’inizio: “Un conto è Hamas – ha ribadito Crosetto – un altro è il popolo palestinese che ha il diritto di vivere”.
Gli aiuti italiani
In questo contesto, Crosetto ha ribadito la possibilità di aprire ospedali mobili a Gaza, annunciando come siano in corso dei sopralluoghi per verificare “la fattibilità tecnica nella zona assegnata”. Inoltre, nelle prossime settimane del personale sanitario militare imbarcato su nave Vulcano, della Marina militare, di stanza di fronte alla Striscia, scenderà a terra per fornire aiuti alla popolazione. L’Italia si sta prodigando attivamente attraverso l’invio di aiuti umanitari, in particolare attraverso la presenza del Vulcano, con a bordo 170 militari, e trenta membri del personale sanitario della Marina. A questi si aggiungerà una ulteriore trentina tra medici e infermieri delle altre Forze armate. La nave è attrezzata per svolgere ogni tipo di attività medica, dalle operazioni alla diagnostica. A bordo, inoltre, saranno trasportati medicinai e aiuti destinati alla popolazione civile. L’intenzione italiana è quella di far seguire alla nave anche un ospedale da campo a terra. Il prossimo obiettivo della Difesa italiana è dunque l’invio di una struttura ospedaliera a terra, in accordo con i palestinesi, da impiantare sul terreno di Gaza.
La guerra in Ucraina
Con Guterres si è parlato in generale di tutte quelle zone che preoccupano per la stabilità e la pace, e in particolare di Ucraina. Su questo punto, il ministro ha ribadito la sua convinzione che “questo sia il momento di incentivare le risposte diplomatiche”, annunciando inoltre l’approvazione a breve dell’ottavo pacchetto di aiuti. “L’aiuto principale che possiamo dare all’Ucraina – ha detto Crosetto – è costruire un tavolo per arrivare ad una soluzione diplomatica che possa portare alla pace su quel territorio e ripristinare le regole del diritto che sono state travolte dall’esercito russo. Intervenendo sulla preoccupazione che l’opinione pubblica occidentale possa soffrire di una sorta di stanchezza della guerra, il ministro ha ribadito che “la prima stanchezza è quella del popolo ucraino che da quasi due anni subisce attacchi che non finiscono; ogni giorno centinaia di migliaia di pallottole vengono sparate e cadono centinaia di bombe”.
European Health Data Space: EU committees vote in favour of mandatory interconnected electronic patient records for all citizens
The lead committees of the European Parliament, LIBE and ENVI, have today voted in favour of the creation of a “European Health Data Space” (EHDS), which will bring together information on all medical treatments received by citizens. Specifically, the bill will oblige doctors to upload a summary of each patient’s treatment to the new data space (Article 7). Exceptions or a right to object are not provided for, even when it comes to particularly sensitive diseases and therapies such as mental disorders, sexual diseases and disorders such as impotence or infertility, HIV or drug abuse therapies. Patients would be able to restrict access to their health records, but not their creation.
“The EU’s plan to collect and interconnect records on all medical therapies entails irresponsible risks of data theft, hacking or loss. Even the most delicate therapies can no longer be administered off record in the future,” criticises Patrick Breyer, Pirate Party MEP and co-lead negotiator for the Greens/European Free Alliance in the EU Parliament’s Committee on Home Affairs. “This is nothing other than the end of medical confidentiality. Have we learnt nothing from the international hacker attacks on hospitals and other health data? If every mental illness, addiction therapy, every erectile dysfunction and all abortions are registered, concerned patients risk being deterred from seeking urgent medical treatment – this can make them ill and put a strain on their families. This digital disempowerment of patients needs to be put to a vote in plenary in December!”
Breyer, who voted against the bill today, also criticises the fact that patients would need to actively object to prevent healthcare providers and industry from using their data. “For many patients who have little time, limited language skills or education, or who are elderly, having to actively object with a certain authority or via a digital tool is too complicated in practice to give them a real choice. International standards such as the World Medical Association’s International Code of Medical Ethics or the Helsinki declaration on Ethical Principles for Medical Research require seeking patients consent before disclosing their medical information. A public opinion poll we commissioned confirms that citizens expect to be asked for their consent before their health records are being shared. Every website asks for our permission before setting a cookie, but we are not even asked before our health records are shared? This system deprives patients of real control over their data and does not deserve our trust.“
The European Parliament’s plenary is due to vote in December and can make final amendments. A survey by the European Consumer Organisation (BEUC) has shown that 44% of citizens are worried about their health data being stolen; 40% fear unauthorised access to their data.
According to the latest state of negotiations, the EU governments also want to introduce a compulsory interconnected electronic health record for everyone without any right of objection. This could be decided as early as 6 December in the so-called COREPER Committee. Trilogue negotiations between the institutions will ensue with a view of finding an agreement early next year.
È uscita oggi la versione 6 di PeerTube, la piattaforma video sviluppata da Framasoft come alternativa libera a Youtube e Twitch.
Ecco la presentazione in francese, segnalato qui da @nilocram@framapiaf.orghttps://framablog.org/2023/11/28/peertube-v6-est-publie-et-concu-grace-a-vos-idees/
like this
reshared this
Fallito golpe in Sierra Leone, ora è caccia ai responsabili
Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint
della redazione
Pagine Esteri, 28 novembre 2023 – Continuano le operazioni delle forze di sicurezza della Serra Leone contro i responsabili dell’attacco alla capitale Freetown avvenuto domenica scorsa in cui sono morte venti persone, 13 delle quali militari. Nelle ultime ore almeno quattro presunti aggressori e due civili sono stati uccisi in relazione ai fatti di due giorni fa, quando uomini armati hanno fatto irruzione in una caserma e in penitenziari della capitale favorendo la fuga di quasi duemila detenuti. Quindi hanno attaccato installazioni di massima sicurezza fuori da Freetown facendo pensare all’inizio di un colpo di stato, simile a quelli avvenuti in tempi recenti in Mali, Burkina Faso, Guinea, Niger e Gabon.
Secondo un resoconto ufficiale, domenica alle prime ore del giorno un gruppo di uomini armati ha fatto irruzione nella caserma Willbeforce per appropriarsi di armi. L’attacco però è fallito. I responsabili sono stati respinti alla periferia di Freetowm ed i loro leader arrestati. Inoltre, i principali centri di detenzione, tra cui il carcere centrale di Pademba Road, sono stati attaccati permettendo la fuga di circa 2000 prigionieri. Solo dopo diverse ore le forze sicurezza avrebbero avuto il sopravvento sui “rivoltosi” che continuano a restare avvolti nel mistero. Sui social circola l’immagine di un ex membro della Guardia dell’ex presidente Ernest Bai Koroma (2007-2018), descritto come uno dei partecipanti all’attacco.
Il presidente Julius Maada Bio parla di un tentativo di “sovvertire l’ordine costituzionale e di minare la pace e la stabilità per cui stiamo lavorando così duramente”. Ma è proprio Bio, autoritario e attaccato al potere, il motivo di tensioni politiche che si trascinano da tempo nel Paese africano. Ad agosto del 2022 nelle proteste scoppiate contro la sua ricandidatura sono morte non meno di 31 persone. Lo scorso giugno, Bio è stato ufficialmente rieletto con il 56 per cento dei voti, vincendo per un pugno di schede – come nelle precedenti elezioni del 2018 – contro il leader dell’opposizione, l’ex ministro degli Esteri Samura Kamara. Il fatto che abbia superato di un soffio la soglia del 55 per cento di preferenze necessarie per essere dichiarato presidente, ha generato polemiche e sospetti.
La Sierra Leone è uscita solo pochi anni fa da una sanguinosa guerra civile che ha fatto 50 mila morti. Pagine Esteri
Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint
L'articolo Fallito golpe in Sierra Leone, ora è caccia ai responsabili proviene da Pagine Esteri.
Alla FLE confronto sull’evoluzione del mondo del lavoro con Sbarra e il ministro Abodi. Presentato il libro di Delzio
“Un patto per il lavoro passa inevitabilmente per il rispetto dei ruoli e per la percezione dello scopo, che deve essere la creazione di valore comune, che non è solo valore economico. Mi sono accorto che, al di là dei centri per l’impiego, manca un luogo dove un giovane può sviluppare le proprie capacità. I giovani sono il nostro futuro e devono essere coinvolti. Sono molto contento che il collega Ministro Valditara mi abbia manifestato l’esigenza di aprire, per la prima volta, la relazione tra la scuola e l’impresa. Non in modo sporadico, ma in modo strutturale. E ne sono felice perché avverto un impianto novecentesco. Purtroppo siamo novecenteschi nei luoghi che dovrebbero raccontare il futuro, ma che sono ancorati al passato. Anche io, come ministro, mi auguro di riuscire a smarcarmi dalla configurazione classica”. Lo ha detto il Ministro per lo Sport e i Giovani, Andrea Abodi, nel corso della presentazione del libro “L’era del lavoro libero” di Francesco Delzio, che si è svolta questo pomeriggio nella sede della Fondazione Luigi Einaudi.
All’incontro, aperto dal Segretario generale della Fondazione Einaudi, Andrea Cangini, ha preso parte anche Luigi Sbarra, Segretario generale della CISL, con la presenza del vicedirettore del Corriere della Sera, Federico Fubini, in veste di moderatore. Un confronto tra istituzioni, rappresentanti dei lavoratori ed esperti del settore che ha prodotto un dibattito interessante su come sta rapidamente cambiando il mondo del lavoro e in che modo il governo intende gestire la transizione, per accrescere la competitività della nostra economia.
Andrea Cangini, nel suo intervento, ha sottolineato come oggi occorra “una piccola rivoluzione culturale di cui ancora non si vede traccia. Il fatto che siano notevolmente mutate le aspettative personali nei giovani che approcciano al mondo del lavoro, fa si che a un nuovo tipo di domanda, il mercato dia adeguata risposta. Considero interessante”, ha detto, “il tema della spersonalizzazione nei processi decisionali, mi colpisce che due grandi aziende come Amazon e Glovo decidano chi assumere, licenziare, promuovere, come promuovere, sulla base di un curriculum”. Mai come in questo caso, ha aggiunto, “questo tema richiede un metodo, e il metodo è quello einaudiano: conoscere per poi dibattere per, infine, deliberare. Bisogna avere la forza e il coraggio di confrontarsi con chi la pensa diversamente da noi e bisogna avere una visione, altrimenti rischiamo di danneggiare clamorosamente non solo il nostro presente ma anche il futuro dei nostri giovani e quindi del nostro Paese”.
Il leader della Cisl, Sbarra, ha ringraziato “la Fondazione Einaudi per questa bella iniziativa e a Francesco Delzio per questo libro”, sottolineando che “mai come in questo momento c’è la necessita di aprire una fase nuova, di rigenerazione del rapporto tra capitale e lavoro, tra impresa e lavoratori”. Come? “Cercando di lasciarci definitivamente alle spalle una logica novecentesca che vede al centro del rapporto tra imprese e lavoratori il conflitto, la contrapposizione. Pensiamo che il tempo sia maturo per dare una forte accelerazione alla attuazione dell’art. 46 della Carta costituzionale, che i nostri padri costituenti vollero per garantire ai lavoratori di concorrere alla gestione e agli utili delle aziende. Oggi quando le cose vanno bene nelle aziende utili e profitti vengono spalmati sulla testa di pochi, mentre quando le cose vanno male si procede con i licenziamenti. Apriamo una discussione”, ha detto Sbarra. “Questo è il senso della nostra proposta di iniziativa popolare, una raccolta firme, circa 400mila, partita a giugno e approdata questa mattina negli uffici della Camera”. C’è da prendere atto, ha aggiunto, “che in questo Paese ci sono due modelli di sindacato: uno legato al novecento, fatto di massimalismo, di ideologia e di vicinanza alla politica e c’è il sindacato che guido che tende a svolgere la sua funzione con responsabilità, autonomia dalla politica e valorizzazione della contrattazione collettiva”.
Per Francesco Delzio “abbiamo due rivoluzioni in corso e non c’è piena e adeguata consapevolezza di questo: la prima è la rivoluzione della domanda, la seconda rivoluzione è quella dell’offerta. È abbastanza inusuale che vi siano in atto due rivoluzioni che in gran parte si sovrappongono. Inoltre c’è una novità importante, il fatto che i lavoratori abbiano cambiato la loro visione del lavoro. Soprattutto i giovani. Una immagine forte che mi ha guidato nella scrittura del libro – ha detto – è quella rappresentata dalla famosa frase: ‘Le farò sapere’. Per decenni questa frase è stata usata dai datori di lavoro, mentre oggi, al termine di un colloquio di lavoro, viene spesso utilizzata dai giovani talenti, perché magari l’azienda a cui si sono proposti non li ha convinti, perché non è stata in grado di adottare i nuovi modelli di life balance. Oggi i giovani cercano una crescita personale oltre che professionale. Nei prossimi anni vedremo una netta trasformazione del lavoro. La politica ha bisogno di inventarsi strumenti nuovi che possano tutelare coloro che, arrivando impreparati al cambiamento, saranno le prime vittime di questa rivoluzione”.
L'articolo Alla FLE confronto sull’evoluzione del mondo del lavoro con Sbarra e il ministro Abodi. Presentato il libro di Delzio proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Prigionieri palestinesi, il sistema giudiziario parallelo di Israele
Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint
di Eliana Riva –
Pagine Esteri, 28 novembre 2023. Un sistema giudiziario parallelo, speciale e riservato ai palestinesi sotto occupazione imprigiona e trattiene con o senza accuse in media 16.000 persone ogni anno.
Sono più o meno 1 milione i palestinesi dei Territori arrestati dal 1967 (800.000 fino al 2006), anno in cui Israele ha occupato la Cisgiordania e la Striscia di Gaza, incluse almeno 23.000 donne e 25.000 minori.
Esiste una giustizia gestita dall’Autorità Nazionale Palestinese ed è quella che giudica i reati che Israele non ritiene ledano se stesso: furti, violenza domestica, risse, piccola criminalità organizzata, omicidi tra palestinesi.
Tutto ciò che viene considerato una violazione alla sicurezza dello stato occupante è giudicato, invece, dinanzi alla corte militare israeliana. Tali violazioni includono certe forme di espressione culturale e politica, di associazione, movimento e protesta non violenta, anche alcuni reati stradali, la stampa e la distribuzione di materiali politici, sventolare la bandiera palestinese o simboli di organizzazioni giudicate da Israele illegali. Un palestinese condannato per omicidio dalla corte militare riceve una sentenza più severa rispetto a un israeliano condannato per lo stesso reato da una corte civile. Secondo il codice penale israeliano, i prigionieri possono essere rilasciati dopo aver scontato metà della pena mentre i prigionieri palestinesi possono fare richiesta di libertà vigilata solamente dopo i due terzi.
Al momento sono circa 7.000 i prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane, tra cui 200 minori. Secondo le leggi israeliane la responsabilità penale inizia a 12 anni di età. Tuttavia, mentre gli israeliani vengono giudicati come maggiorenni al compimento dei 18 anni, i palestinesi vengono processati come adulti già dall’età di 16 anni e per loro non è prevista la rieducazione né l’obbligo di essere interrogati, come invece accade per i propri coetanei israeliani, da agenti appositamente addestrati.
Sono 46 i giornalisti incarcerati, 29 dei quali sono stati arrestati dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre scorso.
I giornalisti soprattutto, ma anche gli studenti, i lavoratori e persone comuni, possono essere fermati per un post pubblicato sui social network. Come è capitato a Sumayya Jawabreh, reporter di 30 anni al settimo mese di gravidanza. È stata messa in prigione con l’accusa di incitamento sui social media. Dopo il pagamento di una cauzione di 10.000 shekel (circa 2.500,00 euro), è stata poi rilasciata agli arresti domiciliari per un tempo indefinito, con il divieto di utilizzare qualsiasi piattaforma social. La maggior parte dei giornalisti è sotto detenzione amministrativa. Si tratta di una pratica estremamente diffusa in Israele, grazie alla quale i prigionieri palestinesi possono essere tenuti in carcere senza accusa, senza processo e a tempo indeterminato. Tutto sulla base di ciò che i militari scrivono all’interno di un file segreto, inaccessibile al detenuto e ai suoi legali.
Sono 2.070 i palestinesi trattenuti con la formula della detenzione amministrativa, soprattutto attivisti per i diritti umani, studenti universitari, avvocati, madri o mogli di detenuti o ricercati da Israele. Capita, soprattutto dopo il 7 ottobre, che vengano arrestati membri della famiglia di palestinesi indagati, come forma di pressione: il rilascio avviene dopo che il ricercato si consegna spontaneamente alle forze di sicurezza.
Sumayya Jawabreh, reporter palestinese
Spesso le due giustizie, quella delle autorità palestinesi e quella di Israele, lavorano insieme, determinando una lunghissima e viziosa catena di arresti, interrogatori, accuse, trasferimenti, tribunali. Questo è possibile grazie alla collaborazione di sicurezza tra l’ANP e Israele, sancita dagli accordi di Oslo. Secondo le Nazioni Unite e molte realtà locali e internazionali che si occupano di diritti umani e di diritti dei detenuti, questo doppio sistema non ha fatto altro che peggiorare l’asfissiante regime punitivo al quale vengono sottoposti i cittadini della Cisgiordania, di Gaza e di Gerusalemme est. Ma la privazione della libertà comincia già fuori dal carcere: la limitazione dei movimenti, la sorveglianza continua, i raid militari, il muro, i checkpoint, l’allargamento delle colonie israeliane illegali e delle infrastrutture solo ad esse destinate, rendono i Territori “una prigione all’aperto”. Lo stato occupante, in poche parole, tratta ogni palestinese come una possibile minaccia alla propria sicurezza.
Solitamente gli arresti avvengono ai checkpoint o durante le manifestazioni, quando i palestinesi sono in auto, in strada, oppure nelle loro case. Spesso accade durante i raid dell’esercito nei villaggi, città e campi profughi delle Cisgiordania. L’associazione per i diritti umani Addameer ha registrato, ad esempio, numerosi e massicci arresti compiuti all’interno dei villaggi della Cisgiordania, specialmente quelli nelle cui vicinanze sono state fondate colonie israeliane illegali, descrivendo le azioni militari come una forma di intimidazione e punizione collettiva: l’esercito israeliano arriva con numerosi uomini e mezzi per arrestare decine di abitanti che vengono poi quasi tutti rilasciati dopo qualche ora.
Durante gli interrogatori, soprattutto nel periodo di indagine in detenzione amministrativa, quando i militari sono alla ricerca di prove e/o confessioni da parte del detenuto, vengono utilizzati metodi di pressione fisica e psicologica come la privazione del sonno, con lunghe e ininterrotte sessioni di interrogatori. I prigionieri vengono legati e tenuti per molte ore in posizioni innaturali, scomode e dolorose, sotto minaccia di arresto dei membri della propria famiglia o di demolizione della propria abitazione (punizione, anche quest’ultima, molto diffusa). Dall’attacco di Hamas del 7 ottobre, Israele ha portato avanti una campagna di arresti senza precedenti e varie forme di tortura, umiliazione e punizione dei detenuti in fase di fermo e di arresto sono state diffusamente documentate. Anche dagli stessi soldati israeliani, che hanno pubblicato sui social network, specialmente TikTok, video in cui i palestinesi, bendati e legati, vengono picchiati e umiliati in vari modi.
L’isolamento è uno strumento largamente utilizzato da Israele, anch’esso, all’occorrenza, come punizione collettiva. L’utilizzo di questa modalità detentiva è aumentato negli ultimi anni, in particolare dal 2021, dopo la fuga di alcuni detenuti palestinesi dal carcere di Gilboa attraverso un piccolo tunnel. Altre forme di punizione collettiva sono l’interruzione delle visite familiari, le incursioni continue nelle celle e il rifiuto al rilascio dei corpi dei detenuti morti in prigione, che sono 242 dal 1967, di cui 6 dal 7 ottobre di quest’anno.
Nelle carceri sono documentati sistematici casi di negligenza medica. A metà 2023 erano almeno 700 i prigionieri politici palestinesi malati, di cui 200 affetti da malattie croniche. Due di loro sono morti. L’articolo 40A della legge antiterrorismo del 2016 impedisce il rilascio anticipato dei detenuti di sicurezza condannati per reati legati all’omicidio, considerati atto terroristico. Finora, questo articolo è stato applicato solo contro i palestinesi, compresi quelli con malattie terminali. Come Walid Daqqa, detenuto da 38 anni, afflitto da un raro cancro al midollo osseo a causa del quale ha subito numerose operazioni, compresa l’esportazione di gran parte del polmone destro. Secondo Amnesty International la prigione di Ayalon, nella quale è detenuto, non è in grado di fornire cure adeguate. Daqqa è in fin di vita e la sua famiglia richiede che venga rilasciato prima della sua morte.
Il
Il detenuto politico palestinese Walid Daqqa
Numerosi detenuti palestinesi hanno intrapreso più o meno lunghi scioperi della fame come forma di protesta per le condizioni all’interno delle carceri israeliane e contro la detenzione amministrativa. Da quando si è insediato l’attuale governo di estrema destra guidato da Benjamin Nethanyahu, i detenuti hanno scioperato contro l’attuazione di alcune delle misure restrittive più estreme annunciate a marzo dal ministro suprematista israeliano Ben Gvir. Scioperi della fame si tengono quasi ogni anno. Una campagna di solidarietà internazionale a sostegno del detenuto palestinese Samer Issawi, in sciopero della fame controllato per 266 giorni, portò nel 2013 a un accordo sulla sua scarcerazione. Non ha avuto, purtroppo, lo stesso esito la protesta di Khader Adnan, arrestato 12 volte, che è morto a maggio di quest’anno per lo sciopero della fame, che portava avanti da 87 giorni, contro la sua detenzione amministrativa. Nel 2017 una campagna di protesta che ha ottenuto un’eco internazionale ha unito 1.500 prigionieri palestinesi nello sciopero della fame.
Il prigioniero palestinese Khader Adnan, morto nelle carceri israeliane di sciopero della fame
Secondo le Nazioni Unite la maggior parte delle condanne che Israele infligge ai palestinesi sono arbitrarie, perché risultato di una molteplicità di violazioni del diritto internazionale, come la mancata garanzia del giusto processo, che contaminano la legittimità dell’amministrazione della giustizia da parte della potenza occupante. Pagine Esteri
Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint
L'articolo Prigionieri palestinesi, il sistema giudiziario parallelo di Israele proviene da Pagine Esteri.
Mandatory digitalisation in the healthcare sector: EU Parliament and EU governments plan compulsory electronic patient record for all
In the upcoming Committee vote on creating a European Health Data Space (EHDS) on 28 November, the European Parliament wants to support the mandatory registration of every treatment of a patient in a remotely accessible Electronic Health Record. EU governments also want to endorse a compulsory Electronic Health Record for everyone, possibly as early as 6 December in the so-called COREPER Committee. Patients would be able to restrict data access, but not the electronic collection of summaries of all medical treatments.
“The EU’s planned mandatory electronic patient file with Europe-wide access entails irresponsible risks of theft or loss of the most personal therapeutical data and threatens to deprive patients of any control over the digitisation of their health data,” criticises Patrick Breyer, Pirate Party MEP and chief negotiator for the Greens/European Free Alliance group in the EU Parliament’s Committee on Home Affairs (LIBE). “Have we learnt nothing from the international hacker attacks on hospitals and other health data? If every mental illness, substance abuse therapy, every potency weakness and all abortions are compulsorily recorded, concerned patients may be deterred from seeking urgent medical treatment altogether – this can make people ill. This legislation has been designed for health industry, not to empower citizens.”
The plenary of the European Parliament is due to vote on the Committee recommendation in December and can make final amendments. A survey by the European Consumer Organisation (BEUC) has shown that 44% of citizens are concerned about the risk of health data theft; 40% fear unauthorised access to their data.
Xi chiede nuovi strumenti legali contro i rischi esterni” Per ridurre le emissioni di carbonio la Cina si rivolge alle famiglie
Pronta la più grande centrale solare al mondo in vista della Cop28 Cina, la competitività nel settore IA lascia indietro i lavoratori del “data labeling” nelle aree rurali La Corea del Nord sta militarizzando il confine con il ...
@Politica interna, europea e internazionale
L'articolo In Cina e Asia – Xi chiede nuovi strumenti legali contro i “rischi esterni” proviene da China Files.
Politica interna, europea e internazionale reshared this.
noyb presenta un reclamo GDPR contro Meta per "Pay or Okay" Meta addebita fino a 251,88 euro per rispettare il diritto fondamentale alla privacy degli utenti dell'UE. Si tratta di una violazione del GDPR
FPF and The Dialogue Release Collaboration on a Catalog of Measures for “Verifiably safe” Processing of Children’s Personal Data under India’s DPDPA 2023
Today, the Future of Privacy Forum (FPF) and The Dialogue released a Brief containing a Catalog of Measures for “Verifiably Safe” Processing of Children’s Personal Data Under India’s Digital Personal Data Protection Act (DPDPA) 2023.
When India’s DPDPA passed in August, it created heightened protections for the processing of personal data of children up to 18. When the law goes into effect, entities who determine the purpose and means of processing data, known as “data fiduciaries,” will need to apply these heightened protections to children’s data. Under the DPDPA, there is no further distinguishing between age groups of children, and all protections, such as obtaining parental consent before processing a child’s data, will apply to all children up to 18. However, the DPDPA stipulates that if the processing of personal data of children is done “in a manner that is verifiably safe,” the Indian government has the competence to lower the age above which data fiduciaries may be exempt from certain obligations.
In partnership with The Dialogue, an emerging research and public-policy think-tank based in New Delhi with a vision to drive a progressive narrative in India’s policy discourse, FPF prepared a Brief compiling a catalog of measures that may be deemed “verifiably safe” when processing children’s personal data. The Brief was informed by best practices and accepted approaches from key jurisdictions with experience in implementing data protection legal obligations geared towards children. Not all of these measures may immediately apply to all industry stakeholders.
While the concept of “verifiably safe” processing of children’s personal data is unique to the DPDPA and not found in other data protection regimes, the Brief’s catalog of measures can aid practitioners and policymakers across the globe.
The Brief outlines the following measures that can amount to “verifiably safe” processing of personal data of children, proposing additional context and actionable criteria for each item:
1. Ensure enhanced transparency and digital literacy for children.
2. Ensure enhanced transparency and digital literacy for parents and lawful guardians of very young users.
3. Opt for informative push notifications and provide tools for children concerning privacy settings and reporting mechanisms.
4. Provide parents or lawful guardians with tools to view, and in some cases set, children’s privacy settings and exercise privacy rights.
5. Set account settings as “privacy friendly” by default.
6. Limit advertising to children.
7. Maintain the functionality of a service at all times, considering the best interests of children.
8. Adopt policies to limit the collection and sharing of children’s data.
9. Consider all risks of processing their personal data for children and their best interests via thorough assessments.
10. Ensure the accuracy of the personal data of children held.
11. Use and retain personal data of children considering their best interests.
12. Adopt policies regarding how children’s data may be safely shared.
13. Give children options in an objective and neutral way, avoiding deceptive language or design.
14. Put in place robust internal policies and procedures for processing personal data of children and prioritize staff training.
15. Enhance accountability for data breaches through notifying the parents or lawful guardians and adopting internal policies such as Voluntary Undertaking if a data breach occurs.
16. Conduct specific due diligence with regard to children’s personal data when engaging processors.
We encourage further conversation between government, industry, privacy experts, and representatives of children, parents, and lawful guardians to identify which practices and measures may suit specific types of services and industries, or specific categories of data fiduciaries.
Alla FLE confronto su lavoro e intelligenza artificiale con Sbarra e il ministro Abodi. Presentato il libro di Delzio
“Un patto per il lavoro passa inevitabilmente per il rispetto dei ruoli e per la percezione dello scopo, che deve essere la creazione di valore comune, che non è solo valore economico. Mi sono accorto che, aldilà dei centri per l’impiego, manca un luogo dove un giovane può sviluppare le proprie capacità. I giovani sono il nostro futuro e devono essere coinvolti. Sono molto contento che il collega Ministro Valditara mi abbia manifestato l’esigenza di aprire, per la prima volta, la relazione tra la scuola e l’impresa. Non in modo sporadico, ma in modo strutturale. E ne sono felice perché avverto un impianto novecentesco. Purtroppo siamo novecenteschi nei luoghi che dovrebbero raccontare il futuro ma che sono ancorati al passato. Anche io, come ministro, mi auguro di riuscire a smarcarmi dalla configurazione classica”. Lo ha detto il Ministro per lo Sport e i Giovani, Andrea Abodi, nel corso della presentazione del libro “L’era del lavoro libero” di Francesco Delzio, che si è svolta questo pomeriggio nella sede della Fondazione Luigi Einaudi.
L’incontro, aperto da Andrea Cangini, Segretario generale della Fondazione Einaudi, a cui ha preso parte anche Luigi Sbarra, Segretario generale della CISL, è stato moderato da Federico Fubini, vicedirettore del Corriere della Sera, e ha prodotto un dibattito interessante tra istituzioni, rappresentanti dei lavoratori ed esperti del settore che si sono confrontati per capire come l’intelligenza artificiale rivoluzionerà il mondo del lavoro e in che modo il governo intende gestire la transizione: sfruttandone i vantaggi per accrescere la competitività della nostra economia, ma al tempo stesso limitandone i rischi.
Andrea Cangini, nel suo intervento, ha sottolineato come oggi occorra “una piccola rivoluzione culturale di cui ancora non si vede traccia. Il fatto siano notevolmente mutate le aspettative personali nei giovani che approcciano al mondo del lavoro, fa si che a un nuovo tipo di domanda, il mercato dia adeguata risposta. Considero interessante”, ha detto Cangini, “il tema della spersonalizzazione nei processi decisionali, mi colpisce che due grandi aziende, come Amazon e Glovo, decidano chi assumere, licenziare, promuovere, come promuovere, sulla base di un curriculum”. Mai come in questo caso, “questo tema richiede un metodo, e il metodo è quello einaudiano: conoscere per poi dibattere per, infine, deliberare. Bisogna avere la forza e il coraggio di confrontarsi con chi la pensa diversamente da noi e bisogna avere una visione, altrimenti rischiamo di danneggiare clamorosamente non solo il nostro presente ma anche il futuro dei nostri giovani”.
“Grazie alla Fondazione Einaudi per questa bella iniziativa e a Francesco Delzio per questo libro”, ha detto il leader della Cisl, Sbarra. “Mai come in questo momento – ha sottolineato – c’è la necessita di aprire una fase nuova, di rigenerazione del rapporto tra capitale e lavoro, tra impresa e lavoratori. Cercando di lasciarci definitivamente alle spalle una logica novecentesca che vede al centro del rapporto tra imprese e lavoratori il conflitto, la contrapposizione. Pensiamo che il tempo sia maturo per dare una forte accelerazione per attuare l’art. 46 della Carta costituzionale che i nostri padri costituenti vollero per garantire ai lavoratori di concorrere alla gestione e agli utili delle aziende. Oggi quando le cose vanno bene nelle aziende utili e profitti vengono spalmati sulla testa di pochi, mentre quando le cose vanno male si procede con i licenziamenti. Apriamo una discussione. Questo è il senso della nostra proposta di iniziativa popolare, una raccolta firme, circa 400mila, partita a giugno e approdata questa mattina negli uffici della Camera”. C’è da prendere atto, ha aggiunto Sbarra, “che in questo Paese ci sono due modelli di sindacato: uno legato al novecento, fatto di massimalismo, di ideologia e di vicinanza alla politica e c’è il sindacato che guido che tende a svolgere la sua funzione con responsabilità, autonomia dalla politica e valorizzazione della contrattazione collettiva”.
Per Francesco Delzio “abbiamo due rivoluzioni in corso e non c’è piena e adeguata consapevolezza di questo: la prima è la rivoluzione della domanda, la seconda rivoluzione è quella dell’offerta. È abbastanza inusuale che ci siano due rivoluzioni che in gran parte si sovrappongono. Inoltre c’è una novità importante: il fatto che i lavoratori abbiano cambiato la loro visione del lavoro. Soprattutto i giovani. Una immagine forte che mi ha guidato nella scrittura del libro – ha aggiunto – è quella rappresentata dalla famosa frase ‘Le farò sapere’, per decenni usata dai datori di lavoro, e che oggi viene utilizzata dai giovani talenti al termine di un colloquio, perché magari l’azienda a cui si sono proposti non li ha convinti perché non è stata in grado di adottare i nuovi modelli di life balance. Oggi i giovani cercano una crescita personale oltre che professionale. Nei prossimi anni vedremo una netta trasformazione del lavoro. La politica ha bisogno di inventarsi strumenti nuovi che possano tutelare quelli che saranno le prime vittime di questa rivoluzione”.
L'articolo Alla FLE confronto su lavoro e intelligenza artificiale con Sbarra e il ministro Abodi. Presentato il libro di Delzio proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Ministero dell'Istruzione
#NoiSiamoLeScuole questa settimana racconta l’IC n.2 di Sinnai, in provincia di Cagliari, che sarà una delle 212 nuove scuole costruite grazie al #PNRR. I lavori di demolizione del plesso sono partiti il 22 novembre e dureranno circa un mese.Telegram
È ora di aggiornare la missione in Libano? Crosetto all’Onu
Qualunque escalation nel sud del Libano potrebbe avere conseguenze devastanti. A lanciare l’allarme era stato, pochi giorni fa, il comandante degli oltre diecimila casci blu impegnati nella missione Onu in Libano, Unifil, il generale spagnolo Aroldo Lázaro, che aveva registrato come fosse preoccupato dell’intensificarsi degli scambi di colpi lungo la Blue line. Ed è proprio per affrontare questo tema che il ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto, si è recato a New York per affrontare il tema del mantenimento e delle modifiche necessarie alla missione Unifil. Il ministro aveva annunciato il suo viaggio nel corso della recente visita in Israele, durante il primo giorno di tregua tra il governo di Tel Aviv e Hamas. La visita del ministro negli States vedrà, oltre all’incontro alle Nazioni Unite, anche una serie di altri impegni istituzionali.
L’agenda nella Grande Mela
Il primo appuntamento in agenda è l’incontro con Jean-Pierre Lacroix, diplomatico francese che dal 2017 è sottosegretario generale delle Nazioni Unite per le operazioni di pace. Subito dopo, a seguire, il ministro Crosetto, accompagnato dall’ambasciatore Maurizio Massari, incontrerà Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite. I colloqui, ha comunicato la Difesa in una nota, offriranno un’importante opportunità per consolidare i rapporti con i vertici delle Nazioni Unite e condividere la posizione dell’Italia sui principali temi dell’agenda internazionale: dal conflitto russo-ucraino alla crisi in Medio-Oriente, da un focus sulla situazione di sicurezza di Unifil/Libano a un giro d’orizzonte sulla situazione di instabilità nel Sahel, sino al supporto alla missione Unsmil in Libia. Il ministro esprimerà inoltre il forte sostegno dell’Italia alla Ministeriale di Accra, finalizzata a rafforzare e modernizzare il Peacekeeping delle Nazioni Unite, prevista per il 5 e 6 dicembre prossimi.
Crosetto all’Onu
Gli obiettivi della visita di Crosetto al Palazzo di vetro, infatti, sono quelli di ingaggiare una serie di colloqui a livello Nazioni Unite che affrontino temi centrali per il mantenimento della missione. La postura dello schieramento presente, le regole di ingaggio, e il futuro stesso della missione. L’Italia, del resto, è il primo Paese contributore di truppe, con circa 1200 militari presenti. “Occorre che le Nazioni Unite decidano: o la missione Unifil ha ancora un senso, oppure bisogna chiedersi se ha senso mantenerla”, aveva detto il ministro nella sua visita in Israele. Anche in quell’occasione il ministro aveva espresso la richiesta che l’Onu rivedesse le regole di ingaggio, perché “le attuali non danno sicurezze ai contingenti, basta guardare la situazione e gli attacchi di ogni giorno”. “La risoluzione Onu – ha aggiunto Crosetto in Israele – prevede che nella striscia di confine tra Libano e Israele non ci siano nemici, né da una parte né dall’altra; quindi, che non ci sia una presenza israeliana che può minacciare il Libano, ma dall’altra parte ci sono presenze di Hezbollah”. Riflettendo su questo punto, in particolare, il ministro si è domandato “che senso ha mantenere una missione Onu, se non fa nulla per raggiungere l’obiettivo di quella missione?”.
Il ruolo di Unifil
La preoccupazione è che terminato il periodo di tregua il conflitto possa riprendere, e con esso il timore di spillover regionali. In questa prospettiva, naturalmente il confine con il Libano, dov’è presente il contingente di Caschi blu, è quello per il quale si teme maggiormente. Per la sicurezza dei militari, allora, è forse arrivato il tempo di rivedere il modo con cui i soldati internazionali agiscono nella regione, prevedendo un rafforzamento delle misure di sicurezza e auto-protezione. A fine ottobre, tra l’altro, Crosetto aveva visitato il contingente italiano dell’operazione Leonte XXXIV, poco dopo che un missile, deviato, aveva colpito senza nessuna conseguenza il quartier generale della missione Unifil a Naqoura, undici chilometri più a sud rispetto alla base italiana. Attualmente, i militari italiani, strutturati sulla base della brigata meccanizzata Granatieri di Sardegna, sono presenti nella base militare di Shama, nel sud del Libano, parte dello sforzo Onu per assicurare la stabilità del volatile confine con Israele.
Sforzo internazionale
Tra le prospettive più volte sottolineate dal ministro c’è quella di una concertazione internazionale che spinga per una soluzione pacifica della crisi e che possa avviare i colloqui di pace. Questo sforzo, secondo Crosetto, deve vedere il protagonismo in particolare dei Paesi arabi della regione, a partire dall’Egitto, fino al Qatar, gli Emirati e l’Arabia Saudita. In questo senso, tra l’altro, l’Italia può fare la sua parte in qualità di mediatore, grazie ai rapporti instaurati (e in alcuni casi, recentemente recuperati) con tutte queste nazioni e con gli storici rapporti di amicizia tenuti con Israele.
Gli aiuti italiani
L’Italia si sta prodigando attivamente attraverso l’invio di aiuti umanitari, in particolare attraverso la presenza di nave Vulcano, della Marina militare, con a bordo personale 170 militari, e trenta membri del personale sanitario della Marina. A questi si aggiungerà una ulteriore trentina tra medici e infermieri delle altre Forze armate. La nave è attrezzata per svolgere ogni tipo di attività medica, dalle operazioni alla diagnostica. A bordo, inoltre, saranno trasportati medicinai e aiuti destinati alla popolazione civile. L’intenzione italiana è quella di far seguire alla nave anche un ospedale da campo a terra. Come riportato dal ministero della Difesa, lo Stato maggiore sta attrezzando e coordinando l’invio di una struttura ospedaliera a terra, in accordo con i palestinesi, da impiantare sul terreno di Gaza,” vicino a dove c’è la necessità” aveva spiegato Crosetto.
Bangladesh. Migliaia di arresti e morti prima delle elezioni
Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint
di Redazione
Pagine Esteri, 27 novembre 2023 – Numerose associazioni per i diritti umani locali e internazionali, compresa “Human Rights Watch”, hanno denunciato l’arresto di oltre 10 mila oppositori da parte delle forze di sicurezza del Bangladesh, nell’ambito di una “violenta repressione autocratica” diretta a indebolire l’opposizione in vista delle elezioni generali previste a gennaio.
Secondo HRW, il governo della prima ministra Sheikh Hasina, che punta a ottenere un quarto mandato consecutivo, ha avviato una vasta e violenta repressione delle opposizioni per “eliminare la concorrenza”. Gran parte degli oppositori arrestati sarebbero attivisti del Partito nazionalista del Bangladesh (Bnp), protagonista della grande manifestazione del 28 ottobre scorso. In un comunicato il BNP ha dichiarato che da ottobre sono stati arrestati almeno 16.625 membri della formazione. Altre decine di migliaia di persone sarebbero state denunciate – e subiranno quindi un processo – o multate; molti dirigenti e attivisti politici e sindacalisi sarebbero dati alla macchia per evitare l’arresto.
Secondo l’ong, nelle violenze che hanno caratterizzato le proteste delle settimane scorse hanno perso la vita 16 persone, inclusi 2 agenti di polizia, e 5.500 persone sono rimaste ferite. «Il governo (del Bangladesh) professa di impegnarsi per elezioni libere ed eque con i partner diplomatici, mentre al contempo le autorità statali stanno riempiendo le prigioni con gli avversari politici della Lega Awami al governo» ha dichiarato Julia Bleckner, ricercatrice senior per l’Asia di HRW. Sulla base di interviste ai testimoni, dell’analisi di video e dei rapporti della polizia, l’ong afferma di aver trovato «prove che le forze di sicurezza sono responsabili dell’uso eccessivo della forza, di arresti arbitrari di massa, sparizioni forzate, torture e esecuzioni extragiudiziali».
La Commissione elettorale è aperta alla possibilità di riprogrammare le elezioni se il Partito nazionalista del Bangladesh (Bnp) e altre forze politiche decidessero di parteciparvi, ha detto la commissaria elettorale Rashida Sultana in una conferenza stampa tenuta il 20 novembre a Dacca. Le dodicesime elezioni per il rinnovo della Casa della Nazione, il parlamento unicamerale del paese asiatico che conta ormai 170 milioni di abitanti, si dovrebbero tenere il prossimo 7 gennaio; si voterà per eleggere 300 parlamentari in altrettanti collegi (altri 50 sono di nomina e riservati a donne). Ma il Partito nazionalista, la principale forza di opposizione nel Paese, ha contestato il calendario elettorale e si è mobilitato con manifestazioni e scioperi. L’ultimo ciclo di proteste, di 48 ore, è iniziato il 26 novembre e il prossimo, della stessa durata, è stato annunciato a partire da mercoledì. Il Bnp chiede da mesi le dimissioni del governo in carica e l’insediamento di un esecutivo ad interim fino alle elezioni. Il Partito nazionalista ha boicottato le elezioni del 2014 e perso nettamente quelle del 2018 alle quali si è presentato senza la sua presidente, l’ex premier Khaleda Zia, condannata pochi mesi prima a cinque anni di reclusione per appropriazione indebita e a sette anni per abuso di potere. Il Bnp ritiene le condanne politicamente motivate e ne chiede l’annullamento.
Il 28 ottobre a Dacca si sono scontrati manifestanti e forze dell’ordine. Negli scontri sono morti un agente e un attivista. Il giorno seguente il segretario generale del Bnp, Mirza Fakhrul Islam Alamgir, 75 anni, è stato arrestato nell’ambito di un’ondata di centinaia di arresti. Il 30 ottobre le ambasciate in Bangladesh di sette Paesi – Australia, Canada, Corea del Sud, Giappone, Norvegia, Regno Unito e Stati Uniti – a nome dei rispettivi governi hanno fatto “appello alla moderazione”. In risposta al comunicato il ministro degli Esteri bengalese, Abul Kalam Abdul Momen, ha però imputato le violenze e il tentativo di “fuorviare gli amici stranieri del paese” al Bnp. Pagine Esteri
Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint
L'articolo Bangladesh. Migliaia di arresti e morti prima delle elezioni proviene da Pagine Esteri.
Devora reshared this.
Gestire i conflitti: il ruolo dell’Italia dentro e fuori i propri confini
Si svolgerà venerdì 1 dicembre, alle ore 17 presso la Sala Convegni dell’Hotel Sporting a Teramo, la tavola rotonda sul tema “Gestire i conflitti. Il ruolo dell’Italia dentro e fuori i propri confini”, organizzata dalla Fondazione Luigi Einaudi Abruzzo.
“Lo scenario geopolitico attuale sembra essersi incendiato: la guerra in Ucraina, il conflitto in corso tra Israele e Hamas e con essa la repressione dei diritti umani nel Medio Oriente. Sullo sfondo, poi, la tensione militare ed economica tra Usa e Cina, le prime due potenze mondiali. Queste crisi intorno all’Europa e all’Italia ci impongono di non essere indifferenti – si legge nella nota di presentazione dell’evento – ma anzi, di avere uno sguardo attento e approfondito. Dichiarazioni politiche, il ruolo dell’informazione, la difesa e il tema della sicurezza nazionale di fronte a tutta queste instabilità, tanti i settori coinvolti nella gestione di queste crisi. Gli speakers, ognuno in relazione alle proprie specifiche competenze, presenteranno una fotografia dell’attuale stato dell’arte dentro e fuori il nostro Paese”.
Saluti Iniziali
ANDREA CANGINI, Segretario Generale della Fondazione Luigi Einaudi
ERNESTO DI GIOVANNI, Presidente Associazione Ex Alumni Marie Curie
ALFREDO GROTTA, Responsabile Sede Abruzzo Fondazione Luigi Einaudi
Parteciperanno
PIERLUIGI BIONDI. Sindaco dell’Aquila
CLAUDIA FUSANI, Giornalista presso Tiscalinews e Il Riformista
GIULIOMARIA TERZI DI SANT’AGATA, President IV Commissione – Politiche dell’Unione Europea, già Ministro degli Esteri
Modera
OTTAVIA MUNARI, Junior fellow Fondazione Luigi Einaudi
Rassegna stampa
L'articolo Gestire i conflitti: il ruolo dell’Italia dentro e fuori i propri confini proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Scuola di Liberalismo 2023 – Messina: lezione del prof. Davide Giacalone sul tema “La rivoluzione del merito”
Nono appuntamento dell’edizione 2023 della Scuola di Liberalismo di Messina, promossa dalla Fondazione Luigi Einaudi ed organizzata in collaborazione con l’Università degli Studi di Messina e la Fondazione Bonino-Pulejo. Il corso, giunto alla sua tredicesima edizione, si articolerà in 15 lezioni, che si svolgeranno sia in presenza che in modalità telematica, dedicate alle opere degli autori più rappresentativi del pensiero liberale.
La nona lezione si svolgerà lunedì 27 novembre, dalle ore 17 alle ore 18.30, presso l’Aula n. 6 del Dipartimento “COSPECS” (ex Magistero) dell’Università di Messina (sito in via Concezione n. 6, Messina); dell’incontro sarà altresì realizzata una diretta streaming sulla piattaforma ZOOM.
La lezione sarà tenuta da Davide Giacalone (giornalista, scrittore e saggista, direttore del quotidiano “La Ragione – leAli alla Libertà”, nonché Vice Presidente della Fondazione Luigi Einaudi), che relazionerà sull’opera “La rivoluzione del merito” di Luca Ricolfi.
La partecipazione all’incontro è valida ai fini del riconoscimento di 0,25 CFU per gli studenti dell’Università di Messina.
Come da delibera del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Messina e della Commissione “Accreditamento per la formazione” di AIGA, è previsto il riconoscimento di n. 12 crediti formativi ordinari in favore degli avvocati iscritti all’Ordine degli Avvocati di Messina per la partecipazione all’intero corso.
Per ulteriori informazioni riguardanti la Scuola di Liberalismo di Messina, è possibile contattare lo staff organizzativo all’indirizzo mail SDLMESSINA@GMAIL.COM
Pippo Rao Direttore Generale della Scuola di Liberalismo di Messina
L'articolo Scuola di Liberalismo 2023 – Messina: lezione del prof. Davide Giacalone sul tema “La rivoluzione del merito” proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Liberalismo modello per il contemporaneo – Gazzetta del Sud
L'articolo Liberalismo modello per il contemporaneo – Gazzetta del Sud proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Ben(e)detto del 25 novembre 2023
Oggi l’ottava lezione della Scuola di Liberalismo – Gazzetta del Sud
L'articolo Oggi l’ottava lezione della Scuola di Liberalismo – Gazzetta del Sud proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.
🔶 "Educazione alle relazioni", 15 milioni per i percorsi per le scuole.
Ministero dell'Istruzione
#NotiziePerLaScuola È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito. 🔶 "Educazione alle relazioni", 15 milioni per i percorsi per le scuole.Telegram
Poliverso & Poliversity reshared this.
Xu Xiangshun o Alvise Giusti? Quella volta in cui Piero Angela forse si è sbagliato
È morto Xu Xiangshun (Alvise Giusti), da alcuni soprannominato “il contadino cinese dalle origini italiane” e definito da Piero Angela “l’italiano di Wenzhou”. Lo ha annunciato sua figlia il 16 settembre scorso sul suo profilo Douyin. La sua storia, tra Cina e Italia, interseca i grandi eventi del secolo scorso alla personale ricerca di una propria identità culturale, rimasta incompresa ...
L'articolo Xu Xiangshun o Alvise Giusti? Quella volta in cui Piero Angela forse si è sbagliato proviene da China Files.
In Cina e Asia – Gaza, Wang Yi va New York per parlare della crisi
Gaza, Wang Yi va New York per parlare della crisi
Cina, Giappone e Corea del Sud lavorano a un vertice trilaterale tra i leader
Belt and road, pronta la roadmap per i prossimi dieci anni
La Cina valuta costruzione di un tunnel sottomarino tra Russia e Crimea
L'articolo In Cina e Asia – Gaza, Wang Yi va New York per parlare della crisi proviene da China Files.
Gabriele Orlando reshared this.
Eugen Rochko Contro Golia. L'articolo di Johanna Jürgens dal Die Zeit, è su L'Internazionale (con paywall)
internazionale.it/magazine/joh…
Eugen Rochko Contro Golia
È un informatico tedesco. Voleva creare un social network migliore di Twitter, così nel 2016 ha fondato Mastodon. Per rovesciare i rapporti di potere della rete LeggiJohanna Jürgens (Internazionale)
like this
Che succede nel Fediverso? reshared this.
#laFLEalMassimo – La Povertà delle Nazioni
Apro come sempre con un pensiero alla guerra ancora in corso in Ucraina per via della folle volontà espansionistica di Putin che potrà concludersi solo con la ricacciata dell’invasore entro i propri confini e a cui si è aggiunto di recente una preghiera per le vittime degli orrori in corso nella Striscia di Gaza. Venendo al nostro Paese, mentre il governo Meloni cerca di capitalizzare in termini di consenso il momento favorevole nel quale l’inflazione si riduce per l’azione incisiva della BCE e le tensioni sulla sostenibilità del nostro debito rimangono anestetizzate dagli stimoli del programma Next Generation EU. I segnali del declino economico e sociale dell’Italia restano evidenti a tutti quelli che hanno occhi per vedere e strumenti per capire. L’economista Ugo Panizza ha recentemente evidenziato sul social network X, la vecchia Twitter che, in riferimento a un recente working paper intitolato Welfare Working Nations, l’Italia sia l’unico paese tra quelli analizzati a evidenziare una crescita del PIL scalato per la popolazione in età lavorativa significativamente inferiore agli altri. Che vuol dire questo? Che nei paesi sviluppati la popolazione invecchia e la quota di quelle in età lavorativa si riduce nel tempo.
Guardando a un indicatore che tiene conto di questo fenomeno che rapporta la crescita del PIL alle persone che hanno l’età per lavorare, vediamo che quasi tutti i paesi crescono in modo simile e il quasi è dato dall’Italia che rimane indietro. Lo stesso Panizza nella discussione social segnala come lettura un paper di Pellegrino e Zingales dove leggiamo che a metà degli anni 90 la crescita della produttività italiana subisce una rilevante battuta d’arresto, probabilmente per l’incapacità di sfruttare appieno la l’evoluzione nel settore ICT e per la prevalenza di un sistema poco meritocratico nella selezione e remunerazione dei manager. Nel 2023 la crescita della ricchezza delle nazioni è fortemente collegata con la libertà che gli individui dispongono di assumersi rischi, talvolta fallire, innovare, in qualche caso dare vita a vere e proprie rivoluzioni, come accaduto ieri con Internet e oggi con intelligenza artificiale. L’Italia, su tutti questi fronti rimane drammaticamente indietro, prima per atteggiamento culturale e poi per le necessarie e logiche conseguenze sociali ed economiche.
L'articolo #laFLEalMassimo – La Povertà delle Nazioni proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
L’Europa giochi in Difesa. Ecco cosa dicono Crosetto, Tremonti e Pontecorvo
Secondo Guido Crosetto, ministro della Difesa, “in una futura difesa europea può esserci un esercito, una marina e un’aeronautica europea. Potrebbe esserci se selezionassimo le persone, tra 20 anni, ma non abbiamo 20 anni davanti, siamo in ritardo; quindi, l’unica possibilità è mettere insieme le difese dei vari Paesi, rendendole interoperabili. In questo percorso siamo facilitati perché lo abbiamo iniziato nella Nato”. Nel suo videomessaggio alla conferenza organizzata da Aspen Institute Italia (con la collaborazione con l’Aeronautica Militare, Intesa Sanpaolo, Comune di Pavia, Università degli Studi di Pavia e il contributo di Fondazione Banca del Monte di Lombardia e Leonardo), il ministro ha aggiunto che così l’Europa può diventare “colonna portante della Nato”, dotandosi poi “di forze armate europee a tutti gli effetti”. “È la sfida che abbiamo davanti: l’Europa deve trovare un linguaggio comune, una strategia comune, che ancora non esiste”, ha proseguito.
LA DIFESA E I CONTI
“Soltanto quattro anni fa non avremmo parlato della necessità di raggiungere il 2% di investimenti in difesa, ma avremmo parlato probabilmente di ulteriori tagli”, ma “abbiamo deciso di invertire la tendenza”, ha detto. “La decisione non è più politica, quindi da conteggiare nel Patto di stabilità, ma necessità di sopravvivenza, non possiamo non farlo, non ci è consentito di decidere di non aumentare investimenti in difesa, perché la difesa è diventato il prerequisito della libertà, della democrazia, dello sviluppo”, ha continuato.
Giulio Tremonti, presidente di Aspen Institute Italia e della commissione Affari esteri e Comunitari della Camera, ha ricordato che “nel 2003 il governo italiano propose di emettere eurobond per infrastrutture e difesa europea. All’epoca la proposta fu respinta. Oggi che gli eurobond esistono devono essere applicati anche all’industria della difesa. Terminata l’illusione della pace universale – idea base della globalizzazione, l’ultima utopia del Novecento, torna essenziale dare priorità al sistema della difesa: come diceva Luigi Einaudi ‘per una nazione importa più essere indipendente che essere ricca’. E in un sistema geopolitico caratterizzato dal global disorder con due guerre ai confini europei – Ucraina e Medio Oriente – la difesa torna ad assumere un ruolo altamente strategico”, ha aggiunto
CROSETTO SU ISRAELE
“Abbiamo la libertà, per essere amici della democrazia e di Israele, di dire che dobbiamo distinguerci dai terroristi”, ha dichiarato Crosetto. “Ci sono delle linee che noi in democrazia dobbiamo preservare: il diritto internazionale, le regole di convivenza democratica ci impongono un rispetto anche nella guerra”, ha continuato.
“Anche nella guerra ci sono regole”, ha aggiunto, “e sono quelle che dicono che gli eserciti si possono scontrare ma i civili innocenti che non c’entrano nulla devono essere preservati il più possibile perché quando vengono coinvolti uomini, donne e bambini, che nulla c’entrano con gli scontri militari, noi perdiamo ogni giorno un pezzo della nostra credibilità”.
PONTECORVO SU INVESTIMENTI E AEROSPAZIO
“Il sistema di sicurezza europeo ha bisogno di importanti investimenti nel prossimo futuro: vuoi per riequilibrare il rapporto con gli Stati Uniti vuoi perché non sappiamo da dove arriveranno le minacce future ed a queste minacce bisogna predisporre risposte multilivello”, ha detto Stefano Pontecorvo, presidente di Leonardo. “E per queste ragioni sarebbe necessaria un po’ più di lungimiranza e visione da parte delle autorità europee”.
Nel negoziato per la riforma del patto di stabilità, ha ricordato Pontecorvo, l’Italia si sta battendo perché le spese per la Sicurezza vengano stralciate dal calcolo del deficit. “Per fortuna, dalle bozze della riforma sembra emergere l’intenzione di introdurre un diverso sistema di calcolo delle spese per la Sicurezza sul deficit. Ma c’è di più. Oggi Bruxelles è arrivata ad emettere eurobond per finanziare il Next Generation Eu: iniziativa lodevole che fa dell’Europa un Continente all’avanguardia nella salvaguardia dell’Ambiente. Ma c’è – Credo sia necessario un salto di qualità delle policy europee anche per la Difesa”. “Per queste ragioni”, ha proseguito, “non si possono aspettare vent’anni per finanziare gli investimenti con l’emissione di eurobond. Servono subito”, ha spiegato ancora definendo il settore aerospaziale come un “ponte” tra Paesi in quanto, “per sua stessa natura, può svolgere un ruolo di avanguardia nella costruzione di nuove partnership” grazie all’alto tasso di innovazione e all’alta intensità di capitale.
Pontecorvo ha ricordato che la Cina ha speso nel 2022, 292 miliardi di dollari: il 4,2% in più rispetto al 2021, ma il 63% rispetto al 2013. La Russia, in un solo anno, l’ultimo, ha aumentato la propria spesa militare del 9,2%. Per avere un termine di paragone con l’Europa, nel 2022 la spesa militare del Continente è aumentata del 13% rispetto al 2021 ed ha toccato livelli della Guerra fredda. Ma l’incremento rispetto al 2013 è stato del 30%: la metà della Cina.
Così l’Europa può diventare colonna portante della Nato. Cos’ha detto Crosetto a Pavia
Secondo Guido Crosetto, ministro della Difesa, “in una futura difesa europea può esserci un esercito, una marina e un’aeronautica europea. Potrebbe esserci se selezionassimo le persone, tra 20 anni, ma non abbiamo 20 anni davanti, siamo in ritardo; quindi, l’unica possibilità è mettere insieme le difese dei vari Paesi, rendendole interoperabili. In questo percorso siamo facilitati perché lo abbiamo iniziato nella Nato”. Nel suo videomessaggio alla conferenza Aspen di Pavia il ministro ha aggiunto che così l’Europa può diventare “colonna portante della Nato”, dotandosi poi “di forze armate europee a tutti gli effetti”. “È la sfida che abbiamo davanti: l’Europa deve trovare un linguaggio comune, una strategia comune, che ancora non esiste”, ha proseguito.
LA SVOLTA DI CINQUE SECOLI FA
“La battaglia di Pavia del 25 febbraio 1525 è stata la prima battaglia europea”, ha evidenziato il ministro. “Combattuta in modo rivoluzionario, per la prima volta con armi da fuoco”, una “battaglia che segnò un momento decisivo del predominio spagnolo in Italia e dimostrò la schiacciante predominanza della fanteria e della cavalleria”, “il passaggio alle più moderne strategie militari” e il “mutamento della composizione delle truppe, un rinascimento militare” e oggi “viviamo anni che richiedono l’idea di rivoluzione, perché l’idea di un esercito europeo è sicuramente una nuova rivoluzione nel campo della difesa e dell’Ue”, ha spiegato ancora.
INVESTIMENTI E PATTO DI STABILITÀ
“Soltanto quattro anni fa non avremmo parlato della necessità di raggiungere il 2% di investimenti in difesa, ma avremmo parlato probabilmente di ulteriori tagli”, ma “abbiamo deciso di invertire la tendenza”, ha detto. “La decisione non è più politica, quindi da conteggiare nel Patto di stabilità, ma necessità di sopravvivenza, non possiamo non farlo, non ci è consentito di decidere di non aumentare investimenti in difesa, perché la difesa è diventato il prerequisito della libertà, della democrazia, dello sviluppo”, ha continuato.
REGOLE ANCHE IN GUERRA
“Abbiamo la libertà, per essere amici della democrazia e di Israele, di dire che dobbiamo distinguerci dai terroristi”, ha dichiarato Crosetto. “Ci sono delle linee che noi in democrazia dobbiamo preservare: il diritto internazionale, le regole di convivenza democratica ci impongono un rispetto anche nella guerra”, ha continuato. “Anche nella guerra ci sono regole”, ha aggiunto, “e sono quelle che dicono che gli eserciti si possono scontrare ma i civili innocenti che non c’entrano nulla devono essere preservati il più possibile perché quando vengono coinvolti uomini, donne e bambini, che nulla c’entrano con gli scontri militari, noi perdiamo ogni giorno un pezzo della nostra credibilità”.
“Distruzione totale”, Gaza si risveglia dopo 50 giorni di bombe
Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint
di Michele Giorgio
(questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Manifesto)
Pagine Esteri, 25 novembre 2023 – La magnitudine della devastazione di Gaza si comincia a conoscere solo ora, con il cessate il fuoco. In quasi 50 giorni di bombardamenti aerei, cannonate e altro ancora, i giornalisti palestinesi e persone comuni hanno potuto, a rischio della vita, far conoscere al mondo con video, foto e messaggi le conseguenze dell’offensiva militare di Israele in quel piccolo lembo di terra. Ma ieri nel primo dei quattro giorni di tregua tra Israele e Hamas e dello scambio ostaggi-prigionieri politici, i palestinesi hanno avuto la possibilità di girare, osservare e controllare, senza temere di essere disintegrati dalle bombe, l’apocalisse che ha investito la loro terra.
I filmati diffusi dalle persone in queste ultime ore mostrano un paesaggio lunare, centri abitati ridotti in cumuli di pietre, persone che si aggirano come fantasmi tra le rovine di case, edifici pubblici, moschee, scuole, asili. E anche i cadaveri rimasti senza sepoltura, alcuni in avanzato stato di decomposizione, altri carbonizzati, di adulti e di bambini. Ovunque. Sotto i palazzi crollati e nelle strade, anche su quella costiera, coperti dai passanti con cartoni e stracci. La Protezione civile di Gaza passerà i giorni di tregua a recuperare una parte dei corpi delle migliaia di dispersi (7mila?) facendo salire il numero dei palestinesi uccisi già oltre 14mila. Israele lo ritiene gonfiato ad arte «dal ministero della sanità di Hamas». Ma le agenzie umanitarie sanno che è molto vicino alla realtà, se non addirittura sottostimato. La guerra di Gaza non è finita, non si faccia illusioni chi spera che questa tregua di quattro giorni porti a un cessate il fuoco permanente. «Ci sarà una breve pausa e poi continueremo ad operare con piena potenza militare. Non ci fermeremo finché non raggiungeremo i nostri obiettivi, la distruzione di Hamas e la liberazione degli ostaggi», ha assicurato il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant al termine ieri dell’incontro con l’omologo italiano Guido Crosetto, uno dei numerosi premier, ministri e uomini politici occidentali giunti in processione a Gerusalemme in queste ultime settimane per ribadire il loro appoggio all’offensiva militare israeliana «contro Hamas», però, se possibile, «con qualche civile ucciso in meno».
Quando ieri mattina alle 7 i boati incessanti delle esplosioni andate avanti per tutta la notte facendo altri morti e feriti, si sono spenti per la prima volta dopo settimane, migliaia di sfollati palestinesi si sono messi in marcia verso i quartieri orientali di Khan Yunis, la fascia Est della Striscia, Gaza city e anche il nord desiderosi di tornare alle loro case e in cerca di un breve momento di normalità. Uomini, donne e bambini, a piedi o a bordo delle poche auto che hanno ancora carburante, alcuni su carretti tirati da asinelli. Altri hanno messo le borse sulle spalle e si sono incamminati. Hanno attraversato scene di immensa distruzione.
Marwa Dabdoub, 37 anni, ha raccontato a un media locale di aver trovato la sua casa a Gaza city distrutta dai bombardamenti. «Eravamo felici di vedere la tregua, ma oggi abbiamo scoperto che la nostra casa non c’è più. Non siamo riusciti a trovare nulla. Ci hanno distrutto tutto», ha detto rovistando tra le macerie dell’abitazione. Come lei altre migliaia di palestinesi non hanno trovato altro che pietre, terra, pilastri di cemento spezzati. Sono 1,7 milioni i palestinesi costretti dalla guerra e dalle intimazioni dell’esercito israeliano a lasciare le proprie case nel capoluogo Gaza city e nel nord della Striscia e che da settimane vivono ammassati in scuole, tende e ospedali nel sud. Le distruzioni sono talmente vaste che la ricostruzione di case e infrastrutture richiederà anni, ammesso che Israele lo permetta. «Sono andato in giro appena è cominciata la tregua» ha scritto su X, Refaat, un abitante di Gaza city. «Distruzione completa, totale. Case edifici, moschee, giardini pubblici, scuole, condutture dell’acqua, pali della luce. Gli invasori israeliani in realtà non cercavano niente e nessuno. Hanno solo provocato caos e attuato una vendetta sui cittadini palestinesi e le loro vite».
Recuperare qualcosa di utile dalle macerie di casa è essenziale per chi non ha più nulla. Così come trovare cibo. Ieri dal valico di Rafah sono entrati a Gaza 200 autocarri carichi di aiuti e altrettanti ne entreranno oggi, domani e lunedì. Ma la quantità di merci resta largamente insufficiente rispetto ai bisogni della popolazione. Le priorità nei carichi restano l’acqua, le medicine e tutto ciò che serve agli ospedali ancora operativi: a Gaza ci sono 35mila feriti. Ieri la Mezzaluna rossa ha evacuato altri feriti e ammalati dall’ospedale Ahli di Gaza city. Cercare i parenti sopravvissuti è un’altra priorità così come dare una degna sepoltura ai membri della famiglia uccisi dagli attacchi israeliani. Alcuni sono stati sepolti in fosse comuni nei giardini e nei terreni agricoli, o sono ancora nelle sacche per cadaveri davanti agli ingressi degli ospedali.
La striscia di sangue si è allungata anche ieri. Perché l’esercito israeliano, dando seguito a quanto aveva scritto in un volantino lanciato due giorni fa sul sud di Gaza, ha impedito alla maggior parte delle persone di tornare al nord. Per fermarle hanno lanciato lacrimogeni, sparato in aria, infine ad altezza d’uomo. Almeno due palestinesi sono stati uccisi, una ventina feriti, hanno riferito le agenzie di stampa. I soldati hanno aperto il fuoco anche nei pressi dell’ospedale Rantisi per fermare chi era sulla via del ritorno. E hanno effettuato un raid nell’ospedale Indonesiano dove, ha riferito il direttore generale del ministero della Sanità, Munir Al-Bursh, hanno ucciso una donna e arrestato tre persone. Reparti corazzati israeliani stazionano in modo permanente sulle strade di collegamento Salah al-Din e Al-Shati. Il presunto «corridoio sicuro» rimarrà aperto durante i giorni della tregua in modo che ai residenti nel nord sia consentito di andare verso sud. Ma non di ritornare. 75 anni fa, andò allo stesso modo.
Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint
L'articolo “Distruzione totale”, Gaza si risveglia dopo 50 giorni di bombe proviene da Pagine Esteri.
Ministero dell'Istruzione
Oggi, #25novembre, ricorre in tutto il mondo la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1999.Telegram
Amreo
in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂ • • •StellaFangX likes this.
Carlo Gubitosa reshared this.
Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂
in reply to Amreo • •like this
StellaFangX likes this.