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La polizia nazionale ucraina, con il supporto di Europol, dopo un anno di investigazioni ha arrestato un individuo ritenuto essere la mente dietro un sofisticato schema di cryptojacking
È stato reso noto che il 9 gennaio scorso un soggetto di 29 anni è stato arrestato a Mykolaiv, in Ucraina. Sono state perquisite tre proprietà per raccogliere prove contro il sospettato. L'arresto arriva dopo mesi di intensa collaborazione tra le autorità ucraine, Europol e un fornitore di servizi cloud, che hanno lavorato per identificare e localizzare l'individuo che ha svolto una operazione di cryptojacking.
Il cryptojacking in un ambiente cloud è un'attività dannosa; gli attori malintenzionati ottengono l'accesso non autorizzato all'infrastruttura del cloud computing e utilizzano la sua potenza computazionale per estrarre criptovalute.
Rubando risorse cloud per estrarre criptovalute, i criminali possono evitare di pagare i server e l’energia necessari, il cui costo in genere supera i profitti.
Si ritiene che il sospettato abbia estratto oltre 2 milioni di dollari (1,8 milioni di euro) in criptovalute.
Denaro gratis per gli aggressori, enormi fatture cloud per gli utenti dell'account.
I titolari degli account compromessi si ritrovano con fatture cloud enormi.
Un fornitore di servizi cloud si è rivolto a Europol nel gennaio 2023 con informazioni relative ai loro account utente cloud compromessi. Europol ha condiviso queste informazioni con le autorità ucraine, che hanno successivamente avviato un'indagine. Da allora, tutti e tre i partner hanno lavorato a stretto contatto per sviluppare piste operative e prepararsi per la fase finale dell’indagine.
Il Centro europeo per la criminalità informatica (EC3) di Europol ha istituito un posto di comando virtuale il giorno dell'azione, supportando la polizia nazionale ucraina dal quartier generale di Europol, con analisi e supporto forense sui dati raccolti durante le perquisizioni.
Per difendersi dal cryptojacking del cloud, Europol incoraggia gli utenti e i fornitori del cloud a implementare solide pratiche di sicurezza:
- Controlli di accesso avanzati: utilizzare metodi di autenticazione e controlli di accesso avanzati per impedire l'accesso non autorizzato alle risorse cloud.
- Monitoraggio regolare: monitora continuamente gli ambienti cloud per attività sospette, accessi non autorizzati e utilizzo imprevisto delle risorse.
- Aggiornamenti di sicurezza: mantieni tutte le risorse cloud, incluse macchine virtuali e contenitori, aggiornate con le ultime patch di sicurezza per mitigare le vulnerabilità.
- Utilizzare servizi di sicurezza: prendere in considerazione l'utilizzo di servizi e strumenti di sicurezza cloud forniti dai fornitori di servizi cloud per migliorare la sicurezza.
feddit.it: tutte le criticità e le potenzialità dell’alternativa italiana a Reddit tra bloggingverso e fediverso
feddit.it è un server italiano che permette agli utenti di iscriversi a una piattaforma di nome Lemmy, molto simile a Reddit ma integrata nel Fediverso, l’ecosistema di cui fanno parte anche Mastodon, Friendica, Pixelfed e, forse a breve, anche Threads. Gli utenti possono iscriversi anche senza dover lasciare l’email, ma devono superare un piccolo test per dimostrare di non essere dei bot o utenti…
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News da Marte #24 l Coelum Astronomia
"Questo primo aggiornamento dell’anno è dedicato a Ingenuity che dopo la congiunzione ha eseguito cinque voli, purtroppo non tutti eseguiti esattamentecome da programmi."
Le tre priorità della US Navy (guardando alla Cina) secondo Lisa Franchetti
“Negli anni Trenta, le ristrettezze del bilancio della difesa seguite alla Grande Depressione portarono a una riduzione delle costruzioni, a una contrazione dell’industria navale e a un crescente divario tra le capacità della nostra Marina e quelle del Giappone imperiale. L’America degli anni ’30 possedeva una flotta troppo piccola e non sufficientemente equipaggiata per la guerra”. Con queste parole l’ammiraglio Lisa Franchetti, divenuta ufficialmente capo della US Navy nel novembre scorso, ha lanciato l’allarme sull’impreparazione della componente navale delle forze armate Usa durante l’annuale conferenza della Surface Navy Association.
Nel periodo interbellico, il Giappone nazionalista e revisionista aveva intrapreso un programma di riarmo navale che lo aveva fatto assurgere al rango di potenza marittima nel teatro del Pacifico. Per fronteggiare questa sfida, la marina di Washington aveva dovuto riformare sé stessa, dotandosi di nuove navi e sviluppando nuove tattiche capaci di integrare le novità più recenti, come ad esempio lo strumento aereonautico.
Con l’aiuto degli esperti del Naval War College, i vertici della US Navy realizzarono molteplici simulazioni di campagne navale, ipotizzando secondo quali dinamiche avrebbe potuto svolgersi una guerra futura contro i giapponesi e altri potenziali avversari. I risultati di queste simulazioni hanno sono stati utilizzati nel processo di pianificazione di una nuova dottrina navale, che includeva non solo le tattiche di combattimento, ma anche la composizione della flotta stessa. Passando da una strategia incentrata sulle grandi navi da guerra di superficie alla strategia di una forza navale che integrasse perfettamente asset di superficie, asset aerei e asset sottomarini. La stessa che avrebbe portato alla vittoria gli Stati Uniti contro il Giappone nella seconda guerra mondiale.
La Marina degli Stati Uniti si trova oggi in una situazione simile a quella di quasi cento anni fa (al posto del Giappone oggi c’è la Repubblica Popolare, che non viene però mai nominata direttamente nel discorso), con una piccola finestra per innovare e rafforzare rapidamente la flotta. “Abbiamo potenziato capacità come il Naval War College e i nostri centri di sviluppo per il combattimento bellico al fine di permettere a tutti coloro che abbiano responsabilità dirigenziali a qualsiasi livello di pensare in modo diverso a come dobbiamo operare in ambienti complessi e in rapido cambiamento. La Marina cercherà di mettere in grado le nuove generazioni di leader di sperimentare nuovi concetti e tattiche in una serie di esercitazioni della flotta e non solo” ha detto Franchetti. La Chief of Naval Operations ha poi individuato nel combattimento, nei combattenti e nelle loro rispettive fondamenta le tre priorità su cui concentrerà gli sforzi durante il suo mandato.
La prima priorità comprende l’identificazione di ciò che è necessario per la capacità operativa della US Navy e per la sua collaborazione con gli alleati. La seconda include l’empowering dei leader e l’attenzione al reclutamento: la Marina non ha raggiunto gli obiettivi di reclutamento nell’anno fiscale 2023 e ha fissato obiettivi più alti per l’anno fiscale 2024. Infine, l’attenzione per le fondamenta inquadrate nella terza priorità si riferisce al miglioramento della fiducia del pubblico americano nella Marina, assieme all’incoraggiamento di una collaborazione continua con l’industria della difesa e il Congresso.
È uscita una nuova versione di Framalibre, l'annuario del software libero di Framasoft
Alla fine dello scorso anno è uscita una nuova versione di #Framalibre, l'annuario del #SoftwareLibero che è stato il primo mattone di #Framasoft:
framalibre.org/
Questa nuova versione presenta diverse novità sia nell'organizzazione dei contenuti che nell'interfaccia grafica. Qui la presentazione su #Framablog:
framablog.org/2023/12/26/offre…
Una funzione particolarmente interessante è la possibilità di creare una propria lista di software consigliati utilizzando il software libero Scribouilli per creare e condividere uno o più "mini-siti", il programma richiede il collegamento a un repository GIT.
Ho provato a giocare con questa funzione creando una mia piccola lista e traducendo alcune parti dell'interfaccia in italiano, naturalmente le schede dell'annuario sono in francese, ma rimangono sempre un utile punto di riferimento per la ricerca di software liberi.
Ecco la mia lista di prova, per semplicità e provvisoriamente, ho utilizzato il mio account su GitHub:
nilocram.github.io/edusoft/
@macfranc @Framasoft @epanto @Marco Ciampa
Offrez le cadeau du logiciel libre, avec Framalibre !
Il restait un cadeau au pied du sapin... L'annuaire du logiciel libre et projet fondateur de Framasoft évolue à nouveau, en un site plus beau, plus simple, plus ergonomique… et beaucoup plus...Framablog
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Giovani online e la minaccia del traffico di droga sulle piattaforme di gioco
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In un forum di due giorni a Città del Messico tenutosi nello scorso mese di dicembre, co-organizzato dalla piattaforma per la politica sulla droga del Consiglio d'Europa, il Gruppo Pompidou ha riunito rappresentanti di tutto il mondo per coordinare la politica contro le minacce del traffico di droga che prendono di mira i giovani online.
[Giovani online]
Il Consiglio d’Europa (#Coe) non va confuso con le istituzioni dell’Unione Europea. Si tratta infatti di una Istituzione autonoma, composta da 46 Stati membri, la cui missione è promuovere la democrazia, i diritti umani e lo Stato di diritto in Europa, e non solo. Il Gruppo Pompidou (composto da 41 stati membri compreso il Messico) è invece parte integrante del Consiglio d'Europa, focalizzato su soluzioni per politiche sulla droga efficaci.
[Giovani on line]
Una minaccia emergente discussa nel forum – dedicato al rafforzamento delle capacità contro le dipendenze e i crimini associati all'uso di Internet - è stata il crescente utilizzo di piattaforme di gioco online da parte dei trafficanti di droga per reclutare giovani nel traffico illecito di stupefacenti. Proprio il Messico è stato il primo paese a scoprire questa recente tendenza. Mentre la darknet sta perdendo popolarità tra i cartelli della droga – perché le autorità sono diventate più efficaci nel monitorarla – i videogiochi online e i social network vengono ora utilizzati per attirare i giovani nel traffico illecito di droga, perché tali piattaforme di gioco non sono ben monitorate. Chiunque può costruire una relazione virtuale con qualsiasi altro giocatore, consentendo ai trafficanti di incontrare giovani giocatori attraverso le emoticon. Sebbene tutti i giovani siano a rischio, in particolare i giovani adolescenti, soprattutto quelli provenienti da contesti più poveri, possono essere attratti e in seguito addestrati a concludere traffici illegali di droga.
È stato segnalato come circa il 72% dei ragazzi e delle ragazze tra i 6 e gli 11 anni naviga in rete, il 92% tra i 12 e i 17 anni e il 95% tra 19-24 anni. L'organizzazione Reinserta, che aiuta i bambini e i giovani messicani vittime di violenza, afferma che sono già stati reclutati online 30.000 bambini e adolescenti in vari modi.
I partecipanti hanno accolto con favore la cooperazione internazionale promossa dal forum per affrontare tali minacce contro i giovani.
#TRAFFICO DI DROGA #GIOVANI #CRIMINEORGANIZZATO
VIDEO GERUSALEMME. A rischio lo storico quartiere armeno
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Pagine Esteri, 14 gennaio 2023. Lo storico quartiere armeno di Gerusalemme è a rischio demolizione. Una società immobiliare israeliana, la Xana Gardens Ltd, afferma di aver ottenuto dal patriarca armeno un leasing di 99 anni che le permetterebbe di costruire un hotel di lusso su tutta l’area, cinque dei quali sono stati arrestati con l’accusa di aver provocato disordini.
Gli armeni hanno alzato una piccola recinsione per proteggere le loro case e gestiscono un presidio permanente per il timore di nuove incursioni da parte della società immobiliare e degli estremisti israeliani.
La contesa immobiliare non è finita in tribunale ma con le ruspe della società e con decine di coloni israeliani che hanno tentato di cacciare con la forza i membri della comunità armena. Servizio video di Eliana Riva
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Opportunismo
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Perché la missione Axiom è una lezione per l’Europa. Il punto del Gen. Bianchi
Siamo in trepida attesa per l’evento di lancio in orbita che interesserà il nostro astronauta, il colonnello del Genio aeronautico Walter Villadei, il quale, dopo aver diretto il team italiano composto da personale dell’Aeronautica militare e del Cnr nella missione commerciale in suborbitale con la Virgin Galactic, porterà i colori della nostra bandiera anche nella missione commerciale statunitense Axiom 3, suggellando così una presenza italiana continuativa e rilevante nel panorama delle iniziative commerciali della New space economy di questi ultimi mesi.
La partecipazione del colonnello Villadei prende origine da un’iniziativa del ministero della Difesa e si inserisce nell’ambito del posizionamento nazionale avviato con il memorandum of understanding, siglato tra governo italiano e Axiom Space lo scorso 19 maggio 2022, in prospettiva della prossima fase della presenza umana nell’orbita terrestre e che vedrà anche i contributi dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) e di alcune industrie nazionali, in rappresentanza delle eccellenze del sistema-Italia, provenienti non solo dal settore spaziale.
La Stazione spaziale internazionale (Iss) terminerà la propria vita operativa entro il 2030. In previsione di questo phase-out, la Nasa ha quindi affidato ad Axiom Space la costruzione e la gestione di una nuova stazione, che sarà inizialmente aggiunta alla Iss, ma avrà l’obiettivo finale di staccarsi da essa ed operare autonomamente fornendo servizi in orbita alla Nasa e supportando commercialmente le attività private nell’orbita bassa. Quest’operazione delinea una delle caratteristiche della New space economy di stampo americano, in cui gli attori istituzionali potrebbero non occuparsi più della realizzazione e gestione delle infrastrutture spaziali, ma diverrebbero meri utilizzatori e acquirenti, sulla base dei propri requisiti, dei servizi che operatori commerciali, in regime di “competizione” (si spera) renderebbero disponibili.
Il colonnello Walter Villadei avrà un ruolo centrale ed abilitante, nel corso dei quattordici giorni di impegno a bordo della Iss, ovvero coordinare e svolgere diversi esperimenti scientifici nazionali, promossi dal ministero della Difesa e dall’Asi, in cooperazione con centri di ricerca, università e industrie nazionali.
L’importanza della presenza di un ufficiale dell’Aeronautica militare in questa missione va ben al di là della esecuzione della serie di esperimenti pianificati; dobbiamo infatti non solo ringraziare il nostro amico e collega Walter per la perseveranza della sua azione sempre indirizzata a costruire una coerente preparazione tecnica e professionale e ad evitare che potesse poi non essere utilizzata in pieno dal sistema paese, ma anche dare merito alla leadership della nostra Forza armata per le doti di visione, autorevolezza, competenza e per gli sforzi profusi affinché l’Italia fosse presente in queste rivoluzionarie iniziative con le migliori forze disponibili (che per tradizione hanno sempre fatto riferimento al personale dell’Aeronautica militare); tutto questo ha consentito che la politica e le altre istituzioni si muovessero insieme per raggiungere questo grande obiettivo.
La partecipazione italiana alle attività Axiom 3 ha permesso di mettere a sistema una serie di capacità industriali che abilitino la crescita di competenze in ottica Space economy e permettano l’acquisizione di un vantaggio competitivo del sistema Italia nelle attività umane in orbita bassa dopo la Iss, e che, va detto, sono sempre state rivendicate ed enfatizzate da un altro astronauta di lungo corso dell’Aeronautica militare, il generale Roberto Vittori.
Tali attività, oltre ad assicurare all’Italia un canale di accesso privilegiato allo spazio, a beneficio della nostra comunità scientifica, accademica e industriale, permetteranno al paese di guardare con maggiori ambizioni anche alla prospettiva delle future attività di colonizzazione lunare e di esplorazione marziana, già prefigurate con il programma Artemis americano ed a cui l’Italia è stata una delle prime nazioni ad aderire. Di questa forte presenza italiana nella missione americana, ci deve ringraziare anche l’Europa perché, anche se con colpevole ritardo e in ragione di un certo immobilismo burocratico da parte delle agenzie nazionali, tutte imbrigliate dall’agenzia europea e dal corpo degli astronauti europei (che Villadei ha avuto modo di conoscere bene), grazie al nostro Walter, l’Europa potrà essere meglio predisposta ad adottare una visione leggermente più in linea con le raccomandazioni espresse del Report di Marzo 2023 dell’High level advisiory group on human and robotic space exploration for Europe (gruppo che ha operato sotto gli auspici dell’Esa).
L’iniziativa italiana infatti, in qualche modo si può considerare inserita nel solco che le conclusioni delineate dai lavori del citato Advisory group, quando si raccomanda che l’Europa condivida, come attore principale e non come comparsa, la rivoluzione della esplorazione spaziale. Forse questa presenza italiana così forte nel panorama delle attività di esplorazione commerciale, potrebbe convincere l’Europa ad osare di più ed andare oltre i timidi passi del recente Consiglio Esa di Siviglia in relazione alle missioni di esplorazione umane. La prudenza della Germania ha condizionato le altre nazioni meglio predisposte verso questi progetti come Francia, Spagna, Italia e Belgio. A fronte delle raccomandazioni del report, forse poco realistiche, in cui l’Europa avrebbe dovuto impegnarsi a progettare e implementare una missione spaziale europea per stabilire una presenza umana europea indipendente nelle orbite terrestri basse, oltre alla creazione di una stazione commerciale europea, una capacita di trasporto materiali e personale per il Gateway e per le orbite lunari nonché per una presenza sostenuta e permanente sulla superficie lunare, i paesi di Esa hanno approvato di spendere cifre molto contenute indirizzate al solo svolgimento di una missione cargo di ritorno dalla Stazione spaziale internazionale, entro la fine 2028. Occorre prendere atto che la Space economy associata alla esplorazione lunare vivrà un boom economico a cui l’Europa non potrà partecipare a pieno titolo, ma solo come comprimario se non attiverà un cambio di passo epocale. Si può sperare che la partecipazione italiana alla missione Axiom si innesti nel solco di quelle iniziative che, in grado di produrre un focus per l’opinione pubblica, diano l’impulso ad una nuova definizione della politica europea per il settore. Non ci resta quindi che salutare con orgoglio, tutto italiano, il volo di Walter Villadei e augurarci che l’intervento della Aeronautica militare in questo ambito possa essere utile a smuovere l’inerzia e, soprattutto, bilanci e aspirazioni dell’Unione europea.
Perché il voto di Taiwan è importante
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di Michelangelo Cocco*
(questo articolo è stato pubblicato in origine da Rassegna Cina)
Pagine Esteri, 13 gennaio 2024 – Oggi 19,5 milioni di taiwanesi saranno chiamati alle urne per scegliere un nuovo presidente e rinnovare il parlamento, lo Yuan legislativo (113 seggi). Gli elettori avranno tre schede: per il presidente (vince chi ottiene anche solo un voto in più); per la camera-maggioritario, con cui vengono eletti 3/4 dei parlamentari; per la camera-proporzionale, con cui viene eletto 1/4 dei deputati.
Per la presidenza è corsa a tre, tra William Lai Ching-te (Partito progressista democratico, Dpp), Hou Yu-ih (Kuomintang, Kmt) e Ko Wen-jie (Partito popolare, Tpp). Per quanto riguarda lo Yuan legislativo, c’è grande attesa per il possibile exploit del Tpp – fondato nel 2019 da Ko – che, spinto dal voto dei giovani e degli indecisi, potrebbe infrangere il tradizionale duopolio politico Dpp-Kmt.
A determinare chi la spunterà saranno le proposte dei candidati su lavoro, tasse, ambiente… non soltanto le rispettive posizioni sul futuro delle relazioni tra Taiwan e la Repubblica popolare cinese. Quest’ultimo aspetto resta tuttavia molto rilevante, dal momento che Pechino e Washington hanno trasformato Taiwan in uno degli hotspot della loro rivalità geostrategica.
Se William Lai diverrà presidente (dopo due mandati della sua collega di partito Tsai Ing-wen), confermerà la linea di un continuo allontanamento dalla Rpc, che considera Taiwan una sua provincia, da “riunificare”. Se invece a prevalere fossero Ho o Ko, potrebbe verificarsi un’inversione di tendenza rispetto agli ultimi otto anni, con la ripresa del dialogo interrotto da Pechino nel 2016 per il rifiuto di Tsai e del Dpp di riconoscere il Consenso del 1992 raggiunto tra rappresentanti del Kmt e del Partito comunista cinese.
Lai e la sua vice in pectore Hsiao Bi-kim sono stati sempre in testa nei sondaggi. Come reagirà Pechino in caso di vittoria dei due che considera “indipendentisti irriducibili”? Una risposta militare è improbabile: le presidenziali e legislative non sono un referendum sull’indipendenza di Taiwan, e alle ultime due consultazioni vinte dal Dpp (nel 2016 e nel 2020) la Rpc non ha replicato sfoggiando i muscoli. Anche la fragile “tregua” siglata tra Xi Jinping e Joe Biden il 15 novembre scorso a San Francisco induce la leadership cinese a un approccio prudente, così come la possibilità che il prossimo presidente di Taiwan si ritrovi con un parlamento diviso o un governo di minoranza, assai meno gestibile della camera uscente, nella quale il Dpp ha 63 deputati su 113.
Il 32,1% dei taiwanesi è favorevole al mantenimento dello status quo a tempo indeterminato, il 28,6% al mantenimento dello status quo da ridiscutere più avanti, il 21,4% al mantenimento dello status quo ma facendo passi in direzione dell’indipendenza.
Tuttavia la terza presidenza di seguito agli “indipendentisti” rappresenterebbe un problema politico per Xi, che nel suo discorso di Capodanno ha ripetuto che «la riunificazione della madrepatria è una certezza storica». Intanto però soltanto il 7,4 per cento dei taiwanesi è favorevole ad associarsi alla Rpc. Nel 1994 erano il triplo, da allora sono diminuiti costantemente.
E l’economia dell’isola sta compiendo passi concreti per dipendere meno dall’altra sponda dello Stretto e avvicinarsi sempre più ad altri partner. Con 152 miliardi di dollari Usa di esportazioni nel 2023 la Rpc è rimasta il primo mercato per i prodotti taiwanesi, ma in flessione del 18%, al 35,2% del totale delle esportazioni taiwanesi, il minimo da 21 anni. Gli Stati Uniti e i paesi dell’Associazione delle nazioni del Sud-est asiatico (Asean) hanno accolto entrambi prodotti taiwanesi per circa 72 miliardi di dollari Usa, con gli Usa che ne ricevono ormai il 17,6% del totale, il massimo negli ultimi 21 anni.
Xi ha fissato l’orizzonte per la “riunificazione” di Taiwan al 2049, centenario della fondazione della Rpc. A Taiwan i governi cambiano e in futuro potrebbero formarsene di più dialoganti con Pechino. Intanto però Taiwan è sempre più lontana. Pagine esteri
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Allarme Europol sull'uso criminale di localizzatori Bluetooth per la geolocalizzazione
Europol ha recentemente lanciato l’allarme su un fenomeno di criminalità in crescita: l'uso di localizzatori Bluetooth da parte della criminalità organizzata.
Come è noto, i localizzatori Bluetooth sono piccoli dispositivi progettati per aiutare le persone a trovare oggetti personali, come chiavi e borse, nonché veicoli a rischio di furto, ma anche tenere sotto controllo i propri amici animali. Possono essere attaccati a un oggetto che non si vuole perdere o connesso a ciò che si teme possa essere smarrito (pensate ad un collare per un cane) e collegati in modalità wireless al telefono cellulare o al tablet del proprietario. Gli stessi smartphone possiedono una tecnologia di localizzazione GPS e / o Bluetooth.
I criminali sono sempre stati veloci nell'adottare tecnologie nuove ed emergenti, profittando di esse per promuovere i loro obiettivi criminali. Non è diverso con i localizzatori Bluetooth: Europol ha verificato come i criminali utilizzino sempre più questi dispositivi per geolocalizzare merci illecite.
La stragrande maggioranza dei casi segnalati a Europol riguarda il contrabbando di cocaina. Questi localizzatori sono stati scoperti più frequentemente insieme alla cocaina nelle spedizioni di container di prodotti alimentari, ma sono stati trovati anche nascosti in casse all'interno di navi marittime.
Sulla base delle capacità tecnologiche dei localizzatori Bluetooth e delle informazioni condivise con Europol, è stato confermato che i trafficanti di droga li utilizzano per tracciare il transito di carichi illeciti. Attraverso i tracker, il carico può essere tracciato dopo l'arrivo nei porti e poi su strada verso i luoghi di stoccaggio nei mercati europei. Non si può escludere vengano utilizzati anche per localizzare le spedizioni illecite all'arrivo nei porti.
Per mettere in guardia contro l'uso improprio di questa tecnologia, Europol ha emesso una notifica di allerta precoce limitata a tutti gli Stati membri dell'UE, nonché una versione pubblica, scaricabile qui => europol.europa.eu/cms/sites/de…
USA e Gran Bretagna attaccano lo Yemen. Navi, sottomarini e aerei colpiscono la capitale e le città portuali
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AGGIORNAMENTI
Le forze Houthi hanno fatto sapere che i bombardamenti di Stati Uniti e Gran Bretagna hanno ucciso 5 persone e ferito altre 6. I raid sono stati 73 e hanno colpito 5 regioni dello Yemen controllate dagli Houthi.
Pagine Esteri, 12 gennaio 2023. USA e Gran Bretagna hanno bombardato nella notte lo Yemen, colpendo obiettivi logistici e militari Houthi nella capitale Sanaa e in altre città, compresa Hodeidah, la più grande città portuale controllata dagli Houthi.
Il viceministro degli Esteri Houthi ha dichiarato “Il nostro paese è stato sottoposto a un massiccio attacco aggressivo da parte di navi, sottomarini e aerei da guerra americani e britannici. Dovranno ora prepararsi a pagare un prezzo pesante e a sopportare tutte le terribili conseguenze di questa palese aggressione”.
L’attacco è stato supportato da Bahrain, Canada e Paesi Bassi. Il primo ministro inglese Rishi Sunak ha definito i bombardamenti del Regno Unito allo Yemen un “atto di autodifesa”.
Il presidente USA Joe Biden ha dichiarato che “sono un chiaro messaggio che gli Stati Uniti e i nostri partner non tollereranno attacchi al nostro personale o permetteranno agli attori ostili di mettere in pericolo la libertà di navigazione in una delle rotte commerciali più critiche del mondo. Non esiterò a indirizzare ulteriori misure per proteggere la nostra gente e il libero flusso del commercio internazionale, se necessario”.
Alcuni membri democratici del Congresso USA non hanno però accolto con favore la decisione del presidente Biden, sottolineando che secondo la Costituzione statunitense solo il Congresso può autorizzare il coinvolgimento militare nei conflitti all’estero.
pagineesteri.it/wp-content/upl…
Gli Houthi hanno attaccato ripetutamente le navi israeliane e quelle dirette verso Israele in risposta ai bombardamenti di Tel Aviv nella Striscia di Gaza che hanno causato più di 23.000 morti. I loro portavoce hanno più volte dichiarato che non vogliono mettere a rischio il commercio mondiale nel Mar Rosso ma che non intendono permettere il passaggio di navi israeliane o con carichi diretti a Tel Aviv.
La Russia ha chiesto una riunione urgente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per discutere degli attacchi allo Yemen.
Il portavoce di Ansarallah (Houthi), Mohammed AI-Bukhait, ha dichiarato: “Se non fosse stato per la follia di Bush nello spingere Ali Saleh ad attaccarci a Saada nel 2004, il popolo yemenita non avrebbe lanciato la rivoluzione del 2014 che ha posto fine al governo dell’ambasciatore americano a Sana’a e ne ha espulso i Marines.
Se non fosse stato per la follia di America e Gran Bretagna nello spingere l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti a dichiararci guerra nel 2015, lo Yemen non sarebbe stato in grado oggi di adempiere al proprio dovere religioso, morale e umanitario nel sostenere la Palestina.
Non c’è dubbio che l’America e la Gran Bretagna oggi rimpiangano le loro precedenti follie, e presto si renderanno conto che l’aggressione diretta contro lo Yemen è stata la più grande follia della o loro storia”. Pagine Esteri
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Ministero dell'Istruzione
#NoiSiamoLeScuole questa settimana è dedicato all’IC “Villasimius” nel Comune di Castiadas (SU), e al Plesso di via Caravaggio dell’IC “Sinnai 2” (CA) che, grazie al #PNRR, saranno demolite e ricostruite secondo criteri di una didattica moderna e di …Telegram
Avere le armi migliori non basta. Cosa dice la strategia industriale del Pentagono
L’ambiente strategico attuale e futuro richiede un’azione immediata, completa e decisiva per rafforzare e modernizzare l’ecosistema industriale della difesa degli Stati Uniti per garantire la sicurezza degli Usa e dei suoi alleati e partner. Con queste parole la vicesegretaria alla Difesa, Kathleen Hicks, apre la prima Strategia industriale della Difesa nazionale degli Stati Uniti (Ndis). Nelle sue circa cinquanta pagine, il documento illustra una serie di raccomandazioni indirizzate al dipartimento della Difesa e all’intero sistema industriale a stelle e strisce con l’obiettivo di “costruire un settore della difesa del XXI secolo pienamente capace”. Nel testo sono sintetizzate le principali riflessioni del Pentagono sullo stato di salute delle proprie catene di approvvigionamento, seriamente messe alla prova dall’invasione russa dell’Ucraina e, prima ancora, dalla pandemia di Covid. Come si legge nella strategia, gli Stati Uniti “continuano a costruire le migliori armi del mondo, ma questo da solo non basta”.
Attenzione alla Cina
In particolare, il testo pone l’accento sulla crescente minaccia rappresentata dall’emergere della Cina come “potenza industriale globale”, la Ndis si concentra sulla necessità di aumentare la capacità delle aziende nazionali di produrre più rapidamente sistemi d’arma, e in quantità maggiori, per garantire il vantaggio delle forze armate statunitensi in qualsiasi conflitto futuro. Secondo il documento, l’industria della difesa americana ha bisogno di un cambiamento “generazionale” per tenere il passo con competitor come la Russia e, soprattutto, la Cina. Anche l’invio di aiuti ai vari partner minacciati dalle potenze concorrenti, a partire dall’Ucraina e da Israele, ma comprendendo anche Taiwan e gli altri partner dell’Indo-Pacifico, costringono gli Usa a un’attenta revisione dei propri sistemi di procurement. Secondo il nuovo documento, infatti, se non si corre ai ripari il vantaggio competitivo degli Stati Uniti sui suoi competitor potrebbe ridursi: negli ultimi 30 anni, si legge nel documento, la Cina “è diventata la potenza industriale globale in molti settori-chiave – dalla costruzione navale ai minerali critici alla microelettronica”. La capacità della Cina, si legge nel documento, in alcuni casi supera quella statunitense e dei suoi alleati in Asia e in Europa.
Le criticità dell’ecosistema
La strategia, inoltre, identifica soprattutto le principali criticità che il Pentagono e l’amministrazione Usa devono affrontare per garantire al proprio ecosistema industriale della difesa un livello di preparazione e capacità adeguato alle sfide. Questi gap vanno dalla mancanza di manodopera qualificata all’incapacità del Pentagono di sfruttare le tecnologie innovative, fino al riconoscimento che le Forze armate statunitensi sono un “cliente poco attraente” a causa dei “modelli di acquisto a basso volume, dei lunghi periodi che intercorrono tra un ammodernamento e l’altro e delle specifiche di progettazione spesso inutilmente troppo personalizzate”.
Le soluzioni della strategia
L’obiettivo generale del documento, allora, è quello di “rendere l’ecosistema industriale dinamico, reattivo, all’avanguardia, resiliente e un deterrente per i nostri avversari”. A tal fine, la Ndis stabilisce quattro priorità “che serviranno da faro guida per l’azione industriale e per settare le priorità delle risorse a sostegno dello sviluppo di un moderno ecosistema industriale che supporti la difesa della nazione”: Catene di approvvigionamento resilienti; prontezza della forza lavoro; acquisizione flessibile e deterrenza economica. Per ciascuno di questi settori, il documento indica delle azioni concrete da seguire, illustrando anche i possibili risultati auspicati. Per quanto riguarda le supply chain, per esempio, il documento indica come necessaria una migliore gestione degli arsenali e degli inventari, con un’attenta pianificazione. Questo permetterebbe di assicurare al contempo sia la difesa dei Paesi alleati e minacciati, come l’Ucraina e – potenzialmente – Taiwan, sia quella diretta degli Stati Uniti. Altri esempli includono incentivi per i programmi di formazione nelle cosiddette materie Stem (Scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), indispensabili per avere quella forza lavoro qualificata alla base di un settore all’avanguardia come quello della difesa.
Contenuti e schieramenti
Da una parte ci sono i partiti nazionali, presi in anticipo dalla frenesia del chi candidiamo e del come ci presentiamo alle elezioni europee di giugno. Accanto a loro ci sono le famiglie politiche europee, intente a contendersi gli alleati con cui formare la maggioranza nel futuro Parlamento. Da un’altra parte c’è Mario Draghi, che incontra gli imprenditori europei e discute con loro di come conciliare la transizione energetica con la competitività. Iniziativa che non ha preso per i fatti suoi, ma per l’incarico ricevuto dalla presidente della Commissione europea. Con una interessante postilla: il rapporto che preparerà sarà presentato al Parlamento europeo, dopo le elezioni.
Insomma, siamo di fronte a una sostanziale certificazione del divorzio fra schieramenti e contenuti, sicché i secondi vengono elaborati in una sede diversa da quella in cui i partiti cercano di definire i primi. Ma la logica, la coerenza e la moralità politica vorrebbero l’esatto opposto: prima i contenuti e poi gli schieramenti. Prima si stabilisce che cosa si vuole fare e come si vuole cambiare e poi si cerca di aggregare le forze per riuscirci. Il che vale a qualsiasi livello, laddove invece a tutti i livelli – dal Comune al Continente – lo scopo dei partiti sembra essere diventato quello di vincere, lavorando sulle suggestioni, talché si sente il bisogno di una sede diversa per lavorare alle idee, senza farsi troppo suggestionare.
In triste sintesi: il fallimento della politica.
La Ragione
L'articolo Contenuti e schieramenti proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
REPORTAGE. Afghanistan, una giornata nell’ospedale di Emergency
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di Valeria Cagnazzo
Pagine Esteri, 11 gennaio 2024 – Sono le 8.00 di mattina e S., l’infermiera capo turno, sta controllando sulla lavagna i numeri dei neonati ricoverati, prima dell’inizio di una nuova giornata. Otto in terapia intensiva, undici in quella sub-intensiva, quattro nell’isolamento per le malattie infettive, cinque in osservazione e cinque nella stanza di kangaroo mother care, dove i più piccoli crescono grazie al contatto pelle a pelle con le loro madri. Nella Neonatologia dell’ospedale di Emergency ad Anabah, nella valle del Panshir, trentatré su quarantaquattro posti letto sono occupati prima di iniziare il turno.
La maternità dell’ospedale nacque come una scommessa. Lo raccontava Gino Strada, il fondatore dell’ONG insieme alla moglie Teresa Sarti Strada, nel libro “Una persona alla volta” (Feltrinelli, 2022): “Ricordo le prime reazioni quando decidemmo di aprire un ospedale di maternità in Panshir, in una valle dove la mortalità materna e infantile era tra le più alte al mondo. (…) Le voci più preoccupate erano qui, in Europa: “Come potete pensare di aprire una maternità in Afghanistan? I mariti non permetteranno mai alle mogli di partorire in un ospedale gestito da occidentali. Vi aspetteranno con i kalashnikov ai cancelli, il Mullah vi maledirà”. (…) Oggi in quell’ospedale nascono venti bambini al giorno, le madri si sottopongono regolarmente ai controlli in attesa del parto, le ragazze studiano per diventare ostetriche e moglie e marito vengono normalmente a discutere di pianificazione familiare, affidandosi anche al consiglio di ostetriche e ginecologhe occidentali. Ho visto fallimenti peggiori”.
(Anabah, Emergency, credits Carlotta Marrucci)
Nato nel 1999 come ospedale per la chirurgia di guerra in una valle tra le montagne dell’Hindu Kush, a 200 km da Kabul, in una regione abitata da 250.000 persone, il centro nel 2003 fu predisposto per accogliere anche una maternità, che fornisse cure gratuite alle donne incinte e ai loro figli. L’altissimo tasso di natalità e l’affluenza di pazienti, resero necessario nel 2016 l’ampliamento del progetto, che adesso ospita quattro sale parto, due sale operatorie, una terapia intensiva per le donne che hanno avuto complicazioni durante il parto, un ambulatorio, un reparto di ginecologia, un’area per i follow-up, una per il travaglio, i reparti di neonatologia e l’ambulatorio neonatologico.
La mortalità materno-infantile in Afghanistan resta tra le più alte al mondo. Secondo una ricerca realizzata nel 2019 dalla UNFPA (United Nations Population Fund) in sei regioni afghane, il tasso di mortalità femminile in età riproduttiva supera del 50% quello maschile, circa una morte su due avviene al momento del parto. Secondo un altro studio nazionale, l’incidenza di mortalità materna sarebbe di una donna su 14. Non meno confortanti i numeri della mortalità infantile: circa un bambino su 18 non supera i 5 anni di età, con la maggior incidenza di esiti infausti nel periodo perinatale. Con i suoi 600 parti al mese, circa 5.000 ogni anno, l’ospedale di Emergency di Anabah cerca di sopperire con le sue cure gratuite a un bisogno abissale.
R. lavora come ostetrica da quattro anni. Sotto al velo si scorge una treccia di capelli neri che le avvolge il capo come una coroncina, un piercing rosa al naso è in pendant con l’uniforme lilla che indossano lei e le sue colleghe. Nella sala d’attesa degli ambulatori ginecologici, ci racconta dell’ultima IUFD, morte fetale intra-uterina, alla quale ha appena assistito. “La madre ha raccontato che non sentiva i movimenti del feto da almeno due giorni, ma il suocero, il suo capo-famiglia, si è rifiutato di accompagnarla in ospedale fino a oggi. Adesso, però, è troppo tardi”. I fattori culturali rappresentano, insieme a quelli socio-economici, i principali determinanti dell’aumentato rischio per le gravidanze in questo Paese.
Dare alla luce molti figli è un requisito spesso fondamentale per le donne per essere accettate dai mariti, dalle loro famiglie e dal tessuto sociale in cui vivono, ma ogni gravidanza rappresenta un pericolo ulteriore di complicazioni per le successive. Come per il suocero della sua paziente, l’ostetrica di guardia racconta che spesso per le famiglie far sottoporre le donne incinte agli screening di routine è facoltativo, spesso non necessario. “Quando arrivano qui, spesso hanno già le membrane rotte. Non hanno mai fatto una visita medica, hanno diverse gravidanze alle spalle, spesso alcune terminate con tagli cesarei, una pratica molto remunerativa negli ospedali privati nazionali. A volte non ci riferiscono di aver subito quei cesarei e il rischio di complicanze estreme durante il parto aumenta drammaticamente”.
Nella stanza dell’isolamento in neonatologia, l’unico suono che si sente ogni tanto è quello dei monitor, che si illuminano per segnalare una desaturazione o l’accelerazione improvvisa di una frequenza cardiaca. Attorno all’incubatore numero uno, i medici discutono del colore grigio-verde, così lo chiamano, del neonato. Nel suo sangue, gli antibiotici di terza linea trattengono a stento la forza replicativa del germe che continua a replicarsi da quando è nato. Le infezioni congenite sono un’altra conseguenza delle gravidanze non seguite. Spesso conducono a nascite premature, come quelle di B., nato nel mese di novembre a 27 settimane e 700 grammi di peso. Quando sua madre ci incontra, nelle corsie dell’ospedale, con il suo velo rosso e gli occhi nerissimi affilati come aghi, allarga le braccia per salutarci e sussurra ringraziamenti in farsi. Il suo piccolo continua a crescere, viene definito da tutti un piccolo miracolo.
(Anabah, Emergency, credits Carlotta Marrucci)
Lo scarso accesso alle cure è determinato anche dai costi e dalle distanze che le coppie devono coprire per raggiungere le strutture sanitarie. La scelta alla quale le donne si trovano di fronte se vogliono eseguire degli screening in gravidanza è tra le strutture private e quelle pubbliche. Negli ospedali privati, i costi delle prestazioni, dei medicinali, della degenza sono proibitivi per la maggioranza della popolazione afghana. La crisi economica in cui versa il Paese, d’altro canto, continua a svuotare la sanità pubblica di beni e servizi.
F. è l’infermiera della sala parto, ha almeno vent’anni di esperienza in quest’ospedale. Mentre avvolge un nuovo nato, il quindicesimo della giornata alle 17.00 del pomeriggio, in un telo asciutto e riscaldato, ci tiene a precisare che la sanità nazionale dovrebbe essere gratuita: “Spesso non ci sono le medicine, però, così i parenti devono andare a comprarle da fuori. Né le garze, né le siringhe. A volte mancano proprio i medici. Di notte, per esempio, nessuno resta di guardia. Al pomeriggio spesso si assentano per arrotondare facendo visite negli ambulatori privati. E quanti medici hanno già lasciato questo Paese, e quanti vogliono farlo”, sospira, aggiustandosi il velo. Secondo un rapporto pubblicato da Emergency e CRIDEMIM nel marzo 2023, un afghano su due non avrebbe accesso ai medicinali e oltre l’85% della popolazione avrebbe contratto dei debiti per potersi permettere le cure mediche.
La povertà continua a rappresentare in tutte le sue forme il più grave pericolo per la salute materno-infantile in Afghanistan. Secondo le Nazioni Unite, almeno 29 milioni di abitanti saranno dipendenti dagli aiuti umanitari nel 2024, la maggior parte di loro in condizioni di difficoltà “estrema”. A preoccupare le organizzazioni internazionali è la possibilità che dal prossimo anno la situazione in Afghanistan non sarà più considerata un’”emergenza”, con una conseguente contrazione dei finanziamenti per il terzo settore, nonostante il 4 dicembre scorso l’UNHCR, l’Agenzia Onu per i rifugiati, abbia definito quella nel Paese “un’emergenza per sempre”.
Alla fine della giornata, l’infermiera T. si lava le mani insaponandosi fino ai gomiti, poi è pronta per la notte, è lei la nuova capo turno. E’ orgogliosa del suo lavoro, nonostante avrebbe voluto continuare a studiare, per diventare un medico, ci dice. Come lei, sono tante le donne che hanno dovuto rinunciare agli studi, da quando, nel dicembre del 2022, il decreto del governo de facto ha vietato alle donne di frequentare l’università. Nella maternità, però, le infermiere, le ostetriche e le specializzande in ginecologia hanno ancora la possibilità di imparare e di diventare delle brave professioniste. T., per questo, sorride sempre, anche se a volte, racconta, “la situazione è davvero difficile”. E’ l’unica a portare uno stipendio a casa, nella sua famiglia numerosa, ma non è solo la sua situazione personale a preoccuparla. “Qui la gente ha fame, non ha niente. Io mi sento fortunata”. Come le sue colleghe, quando le si chiede come immagina il futuro, scrolla le spalle, dice che proprio non lo sa. Poi va verso la lavagnetta in corridoio, quella che tiene il conto dei neonati. Corregge il numero dei pazienti in terapia intensiva, ne aggiunge uno, ricoverato mezz’ora fa. Un altro nato prematuro da una gravidanza non seguita, una nuova incubatrice sulla quale vigilare con pazienza.
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USA e Gran Bretagna attaccano lo Yemen. Navi, sottomarini e aerei colpiscono la capitale e le città portuali l Pagine Esteri
"USA e Gran Bretagna hanno bombardato nella notte lo Yemen, colpendo obiettivi logistici e militari Houthi nella capitale Sanaa e in altre città, compresa Hodeidah, la più grande città portuale controllata dagli Houthi."
Nessun vanto, ma salvi
Dunque vantarsi è escluso. Ma il vanto è anche la conseguenza di un mondo competitivo, in cui devi sempre dimostrare di essere all’altezza, di essere migliore… Ci si vanta infine perché siamo riusciti a prevalere in qualche ambito.
Invece, il non aver niente per cui vantarci, ci toglie da questo schema competitivo con gli altri, con noi stessi e con il nostro Signore. Per la sua croce, Gesù proclama beati i miti, i poveri di spirito, coloro che cercano sì giustizia, ma non se la possono fare da soli, e ci dà speranza di resurrezione.
Non siamo più in competizione, dunque e riceviamo la grazia di Dio e viviamo liberi dalla paura di non farcela, di non essere in grado. In questo modo daremo il meglio di noi e saremo gli uni con gli altri fraterni.
pastore D'Archino - Nessun vanto, ma salvi
La comunità di Corinto a cui l’apostolo Paolo scrive è attratta da eloquenti predicatori e da teorie filosofiche, che quelli presentano come potenti e salvifiche. Paolo ribadisce invece che lui ha …pastore D'Archino
L'antifascismo da salotto del PD e la tolleranza all'olio di ricino dei liberali l L'Antidiplomatico
"L'indignazione del centro-sinistra, che per decenni ha lavorato con solerzia alla riabilitazione dei neofascisti e alla revisione storica della Resistenza, non può che apparire come un gioco delle parti, un'occasione per PD e Italia viva di simulare l'opposizione che non c'è al governo di Giorgia Meloni."
Ben(e)detto del 12 gennaio 2024
Cerimonia conclusiva Scuola di Liberalismo Messina 2023 – Servizio TV Gazzetta del Sud
Scuola di Liberalismo, cerimonia conclusiva – Gazzetta del Sud
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Ben(e)detto dell’11 gennaio 2024
“Digital euro”: Pirate amendments want to enable real digital cash
On Monday, the negotiating teams in the European Parliament’s LIBE Committee will discuss amendments for the first time. Pirate Party MEP Patrick Breyer, his group’s lead negotiator in the LIBE Committee, is requesting fundamental changes to the proposal:
“For the digital euro to be worthy of its name and have meaning and added value compared to credit cards and cryptocurrencies, digital cash must be as anonymous and free to use as notes and coins – not just when both parties are physically present. The introduction of digital cash is overdue in the current reality of life in the information age.
As there is no limit to the amount of cash we can hold and pass on, there should be no limit to the amount of digital euros in our hands. And just as cash can be used to make confidential payments and controversial donations anonymously and without fear of disclosure, trace-free payments in digital euros must not be made impossible or limited to an unknown and variable amount, as proposed by the EU Commission. The justification of wanting to combat money laundering and terrorism is just a pretext for gaining more and more control over our private transactions. Where every payment is recorded and stored forever, there is a threat of hacker attacks, unauthorised investigations and chilling government control over every payment.
Cash is financial freedom without the pressure to justify it. What medicines or sex toys I buy is nobody’s business. For thousands of years, societies around the world have lived with privacy-preserving cash. This financial freedom must also be guaranteed in the information age. We need to find ways to take the best features of cash into our digital future.”
Specifically, Breyer calls for decentralised offline payments directly between end devices to be permitted not only in physical presence (amendment 76) and for them not to be subject to any disadvantages compared to cash, such as limits (amendments 203-205, 207).
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La parabola di Chiang Wan-an, sindaco di Taipei
Una storia che riflette il rapporto dell'isola di Taiwan con l'ex presidente (e suo bisnonno) Chiang Kai-shek
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In Cina e Asia – Cina e Usa accelerano il dialogo prima delle elezioni a Taiwan
Cina e Usa accelerano il dialogo prima delle elezioni a Taiwan
Cina e Russia insieme contro la “politica conflittuale” dell'Occidente
Mar cinese meridionale, la ministra tedesca Baerbock: “Azioni rischiose che violano i diritti e lo sviluppo delle Filippine e preoccupano l’Europa”
Seul accusa la Corea del Nord di vendere nuovi missili alla Russia
Papua Nuova Guinea: distrutte proprietà cinesi, Pechino protesta
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I CASCHI VERDI PER L’AMBIENTE ITALIANI A DISPOSIZIONE DELLE NAZIONI UNITE
UN ARTICOLO SULL’EVOLUZIONE DEL RUOLO DELL’ONU NELLE OPERAZIONI DI PEACEBUILDING
L’ultimo numero della rivista edita dal CoESPU (Centro di eccellenza per le Unità di polizia di stabilità) ci fornisce l’occasione per tornare a parlare di ambiente e del ruolo in questo contesto delle operazioni di peacekeeping a guida Nazioni Unite.
copertina della Rivista CoESPU
Il Tenente Colonnello Donatello Cirillo, comandante del Gruppo Carabinieri Forestali di Catanzaro, indica che alla protezione dell’ambiente nelle operazioni di pace dell'ONU dovrebbe essere data la stessa importanza della tutela dei diritti umani.
Logo del CoESPU
Innanzitutto, che cos’è il CoESPU? Si tratta di un think tank a guida Carabinieri italiani, che lavora in collaborazione con la Global Peace Operations Initiative degli Stati Uniti, per aiutare a costruire capacità globale per le Nazioni Unite e le operazioni regionali di sostegno alla pace, addestrando le forze di mantenimento della pace. La sua sede è a Vicenza.
Peacekeeper ONU
Nel suo articolo, Il Colonnello Cirillo argomenta che la sicurezza è fondamentale per la stabilità di un Paese. Richiede quindi un approccio antropocentrico e multidimensionale, che includa la sicurezza economica, ambientale e personale, la stabilità sociale, la stabilità politica, la sicurezza alimentare e la garanzia della salute.
Il concetto di gestione ambientale postbellica si è evoluto negli anni ’70, con particolare attenzione ai danni ambientali causati dai conflitti.
Le Nazioni Unite hanno posto la protezione ambientale al centro del loro modello di sviluppo umano sin dagli anni ’70, con la creazione del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP).
La politica ambientale delle Nazioni Unite mira a preservare le risorse naturali dello Stato ospitante e a prevenire effetti negativi sul personale e sul conflitto stesso. Sottolinea inoltre la creazione di un ambiente protettivo per i civili per prevenire la violenza fisica, sostenere la legittimità dello Stato ospitante e stabilire lo stato di diritto e la catena della giustizia penale.
Peacekeeper ONU
Queste azioni dovrebbero diventare prioritarie una volta che il conflitto si sarà calmato e saranno presenti condizioni favorevoli: dovrebbero includere la riforma del settore della sicurezza, i sistemi amministrativi, i quadri giuridici, i diritti umani e la governance democratica. Anche il sostegno ai processi politici, inclusa la partecipazione delle donne, è fondamentale per la protezione a lungo termine dei civili.
L’obiettivo principale del rafforzamento delle capacità nelle operazioni multidimensionali è creare una pace sostenibile, concentrandosi sull’auto sostenibilità e sulla gestione delle risorse naturali. Il mandato del Consiglio di Sicurezza per la protezione civile copre tutte le azioni necessarie per prevenire le minacce alla pace, compresa la protezione degli ecosistemi. La scarsità, lo sfruttamento eccessivo, la cattiva gestione e l’iniqua ridistribuzione delle risorse naturali spesso causano tensioni e conflitti, portando a tentativi di pace più complessi e resistenti. I conflitti ambientali precipitati in violenza tendono a riemergere più facilmente e ad esacerbarsi più di altri. Il Sud del mondo è quello che registra il maggior numero di conflitti a causa della concentrazione delle risorse naturali e della debolezza delle istituzioni. Il cambiamento climatico è un moltiplicatore di minacce, che incide sull’acqua, sul cibo, sulla salute e sulla vita delle persone, colpendo in modo sproporzionato le popolazioni più povere e più esposte.
Peacekeeper ONU
Le attività di rafforzamento delle capacità ambientali richiedono personale altamente specializzato e la qualità del personale dispiegato è fondamentale per garantire la corretta esecuzione del mandato e il buon esito delle missioni sul terreno. Il Decreto Clima italiano del 2019 fornisce un modello per ampliare la componente ambientale in operazioni multidimensionali, attivando la task force “Caschi Verdi per l’Ambiente”, un gruppo di 22 esperti dell’ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e di personale tratto dall’Arma dei carabinieri, per intervenire negli scenari nazionali e internazionali a tutela della biodiversità e risorse ambientali e forestali all’interno dei siti protetti.
Si può quindi affermare che le operazioni multidimensionali di costruzione della pace mirano principalmente a creare una pace sostenibile e a proteggere l’ambiente naturale. Tuttavia, queste operazioni sono tecnicamente complesse e richiedono una pianificazione a lungo termine, compresa la gestione sostenibile delle foreste e delle risorse naturali, la protezione dell’ecosistema e un’adeguata gestione dei rifiuti.
Avere cura dell'ambiente
La transizione e il consolidamento devono essere guidati dai principi di proprietà nazionale e di inclusività, compresa la riconversione delle attività economiche preesistenti. L’importanza e la portata degli interventi richiedono programmi con lunghi periodi di sviluppo ed effetti positivi visibili solo dopo pochi decenni.
Si rileva inoltre una tendenza generale al ribasso del personale impiegato a livello globale, con il contributo principale fornito dai paesi in via di sviluppo.
Il Fondo delle Nazioni Unite per il peacebuilding ha stanziato almeno 60 milioni di dollari per la cooperazione ambientale, e altre agenzie delle Nazioni Unite hanno iniziato a inviare esperti di sicurezza climatica nelle zone di conflitto vulnerabili dal punto di vista ambientale. L'approccio della comunità internazionale alla pace e alla sicurezza è cambiato radicalmente negli ultimi decenni, con l'aumento degli attori non statali e la necessità di personale più specializzato.
La concezione contemporanea dello scenario di sicurezza si è evoluta dalla prevenzione dei conflitti al mantenimento e al consolidamento della pace. Per raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile, dobbiamo agire con urgenza per ridurre le minacce dei conflitti armati all’ambiente, alla salute e ai mezzi di sussistenza. Va quindi in conclusione sottolineata l’importanza della protezione ambientale prima, durante e dopo i conflitti.
Per scaricare l'articolo originale (in inglese), clicca qui => tinylink.onl/3757
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USA e Gran Bretagna attaccano lo Yemen. Navi, sottomarini e aerei colpiscono la capitale e le città portuali
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Pagine Esteri, 12 gennaio 2023. USA e Gran Bretagna hanno bombardato nella notte lo Yemen, colpendo obiettivi logistici e militari Houthi nella capitale Sanaa e in altre città, compresa Hodeidah, la più grande città portuale controllata dagli Houthi.
Il viceministro degli Esteri Houthi ha dichiarato “Il nostro paese è stato sottoposto a un massiccio attacco aggressivo da parte di navi, sottomarini e aerei da guerra americani e britannici. Dovranno ora prepararsi a pagare un prezzo pesante e a sopportare tutte le terribili conseguenze di questa palese aggressione”.
L’attacco è stato supportato da Bahrain, Canada e Paesi Bassi. Il primo ministro inglese Rishi Sunak ha definito i bombardamenti del Regno Unito allo Yemen un “atto di autodifesa”.
Il presidente USA Joe Biden ha dichiarato che “sono un chiaro messaggio che gli Stati Uniti e i nostri partner non tollereranno attacchi al nostro personale o permetteranno agli attori ostili di mettere in pericolo la libertà di navigazione in una delle rotte commerciali più critiche del mondo. Non esiterò a indirizzare ulteriori misure per proteggere la nostra gente e il libero flusso del commercio internazionale, se necessario”.
Alcuni membri democratici del Congresso USA non hanno però accolto con favore la decisione del presidente Biden, sottolineando che secondo la Costituzione statunitense solo il Congresso può autorizzare il coinvolgimento militare nei conflitti all’estero.
Gli Houthi hanno attaccato ripetutamente le navi israeliane e quelle dirette verso Israele in risposta ai bombardamenti di Tel Aviv nella Striscia di Gaza che hanno causato più di 23.000 morti. I loro portavoce hanno più volte dichiarato che non vogliono mettere a rischio il commercio mondiale nel Mar Rosso ma che non intendono permettere il passaggio di navi israeliane o con carichi diretti a Tel Aviv.
La Russia ha chiesto una riunione urgente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per discutere degli attacchi allo Yemen.
Il portavoce di Ansrallah (Houthi), Mohammed AI-Bukhait, ha dichiarato: “Se non fosse stato per la follia di Bush nello spingere Ali Saleh ad attaccarci a Saada nel 2004, il popolo yemenita non avrebbe lanciato la rivoluzione del 2014 che ha posto fine al governo dell’ambasciatore americano a Sana’a e ne ha espulso i Marines.
Se non fosse stato per la follia di America e Gran Bretagna nello spingere l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti a dichiararci guerra nel 2015, lo Yemen non sarebbe stato in grado oggi di adempiere al proprio dovere religioso, morale e umanitario nel sostenere la Palestina.
Non c’è dubbio che l’America e la Gran Bretagna oggi rimpiangano le loro precedenti follie, e presto si renderanno conto che l’aggressione diretta contro lo Yemen è stata la più grande follia della o loro storia”. Pagine Esteri
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L'articolo USA e Gran Bretagna attaccano lo Yemen. Navi, sottomarini e aerei colpiscono la capitale e le città portuali proviene da Pagine Esteri.