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Il cielo di settembre: eclisse totale di Luna, equinozio d’autunno e altre storie stellari!

edu.inaf.it/rubriche/il-cielo-…

Il cielo di settembre: eclisse totale di Luna, opposizione di Saturno, il ritorno in classe con le stazioni spaziali, l’equinozio d’autunno!

#costellazioni #eclissiDiLuna #ilCieloDelMese #Luna #osservareIlCielo

Cielodelmese 09 Settembre 2025 Evidenza
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Contro gli atti di pirateria – Mobilitiamoci con la Global Sumud Flottila


Aderiamo ed inviamo il messaggio di protesta

Gravissimi gli attacchi subiti dalla GSF in acque internazionali nella notte tra il 23 e il 24 settembre 2025.

Invitiamo tutti a mobilitarsi inviando il messaggio che trovate di seguito che come Giuristi Democratici abbiamo già sottoscritto ed inviato.

Al link è possibile inviare il messaggio che trovate di seguito.

SCRIVETE A:

unita.crisi@esteri.it

gabinetto@esteri.it

👉 Messaggio da copiare
OGGETTO: Urgente – Richiesta di supporto per la Global Sumud Flotilla sotto attacco
Gentilissimi,
vi scrivo con urgenza a nome della Global Sumud Flotilla, che si trova attualmente in acque internazionali in missione umanitaria. Nelle ultime ore le imbarcazioni sono state ripetutamente prese di mira da droni e ordigni, con attacchi che mettono in pericolo la vita di tutti i partecipanti.
La GSF ha già registrato esplosioni nelle vicinanze delle imbarcazioni e in alcuni casi è stata colpita, con danneggiamenti riportati, causati da potenti bombe sonore e sostanze urticanti.
Chiediamo con urgenza:
•Un’immediata presa di posizione pubblica per condannare questi attacchi.
•La protezione dei partecipanti da parte delle istituzioni internazionali.
•La pressione diplomatica e politica sui responsabili per fermare queste azioni illegali.
Con urgenza,
[Tuo nome]
A nome della Global Sumud Flotilla

Altri articoli sul tema


All eyes on Gaza. All eyes on Global Sumud Flottiglia – Scioperi e mobilitazioni in corso – Aderiamo


I Giuristi Democratici sono impegnati in tutte le iniziative di solidarietà e di mobilitazione contro i crimini di guerra e contro l’umanità che il governo Netanyahu ed il suo esercito stanno mettendo in atto in Palestina e in Cisgiordania. Aderiamo ed appoggiamo gli scioperi indetti nei posti di lavoro per il 19 settembre ed il 22 settembre , e sosteniamo tutte le iniziative in corso contro ogni complicità con il governo di Israele, contro la consegna di armamenti, innanzitutto.

L’invasione militare di Gaza, che fa seguito ad ormai numerose azioni militari assolutamente inammissibili messe in atto da IDF (i bombardamenti sui civili, sui negoziatori, su paesi terzi, l’appropriazione di terre, le violenze dei coloni) e le affermazioni di prepotenza e dei governanti israeliani sul futuro della popolazione palestinese sono incredibilmente tollerate o ignorate da buona parte dei governi europei, incluso il nostro, e supportate apertamente dall’amministrazione Trump. Sono azioni criminali contro i palestinesi, contro noi tutti e contro il diritto internazionale.

Per questo stiamo con i lavoratori in sciopero, con gli attivisti della Sumud Flottiglia, con gli attivisti che stanno nelle piazze, nei porti e nelle stazioni, a manifestare e cercare di boicottare l’economia di guerra di un governo criminale.

Continuiamo il nostro impegno, giuridico e sociale, insieme ed a supporto di chi si sta mobilitando in questi giorni, per terra e per mare, per fermare il genocidio in atto, e tenteremo di portare anche nelle aule di giustizia la nostra adesione alla giornata del 22 settembre, facendo inserire nei verbali di udienza le nostre dichiarazioni di sostegno.

Giuristi Democratici -19 settembre 2025

Qui sotto la dichiarazione che molti colleghi si apprestano a verbalizzare in udienza il 22 settembre, a sostegno dello sciopero.

Oggi molte persone incrociano le braccia per protestare per quanto sta accadendo a Gaza e in Cisgiordania, per il crimine di genocidio, per i crimini di guerra, per i crimini contro l’umanità che il governo israeliano sta commettendo impunemente ed anzi con l’appoggio di molti altri governi tra i quali il nostro. Credo che sia giusto, in senso etico ben prima che codicistico, che proprio nelle aule dove si “fa giustizia” si ricordi e si condanni quanto sta accadendo, nell’auspicio che quei crimini, tra i più gravi commessi dal 1945 in poi sul nostro pianeta, possano essere un giorno processati. E, come giurista democratic*, mi auguro, anche in queste aule


Questa voce è stata modificata (1 mese fa)

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1 ottobre, firenze: ‘l’area di broca’ al circolo degli artisti “casa di dante”


Mercoledì 1° ottobre, al Circolo degli Artisti “Casa di Dante”, a Firenze, si terrà un incontro con i redattori de “L’area di Broca” per ripercorrere i 50 anni di storia della rivista: dagli anni di “Salvo imprevisti” alle trasformazioni degli ultimi decenni. Nell’occasione sarà presentato il fascicolo conclusivo.

MEZZO SECOLO DI CULTURA
Salvo imprevisti – L’area di Broca
mercoledì 1° ottobre – ore 17:00
Circolo degli Artisti “Casa di Dante”
Via Santa Margherita 1r – Firenze

Nella locandina in calce tutti i particolari dell’incontro. Per altre informazioni si veda: circoloartisticasadante.com

#AlessandroFranci #CircoloDegliArtistiCasaDiDante_ #GiuseppeBaldassarre #GrazianoDei #LAreaDiBroca #MariellaBettarini #PaoloPettinari #RobertoMosi #SalvoImprevisti

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the paragon threat


US immigration agents will have access to one of the world’s most sophisticated hacking tools after a decision by the Trump administration to move ahead with a contract with Paragon Solutions, a company founded in Israel which makes spyware that can be used to hack into any mobile phone – including encrypted applications –> [read the full text here]

theguardian.com/us-news/2025/s…

#crimes #cyberware #DonaldTrump #fascism #ICE #neoFascism #neoFascists #Paragon #ParagonSolutions #peace #privacy #spyware #StephanieKirchgaessner #TheGuardian #Trump #UnitedStates #USImmigrationAgents #USA

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sign the ‘change.org’ petition: icc and icj to investigate trump for war crimes and global warmongering


ICC and ICJ to Investigate Donald Trump for War Crimes and Global Warmongering

We, the undersigned, call on the International Criminal Court (ICC) and the International Court of Justice (ICJ) to investigate Donald Trump for his role in fueling wars, supporting war crimes, and destabilizing global peace. –> [read the full text & sign here]

#changeOrg #DonaldTrump #fuelingWars #globalWarmongering #ICC #icj #InternationalCourtOfJustice #InternationalCriminalCourt #justice #KurdishPeople #Kurds #peaceChange #petition #Trump #war #warCrimes #warmongering #wars

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Astrocampania organizza un evento su prenotazione il 3 ottobre 2025 presso l’Osservatorio Astronomico S. Di Giacomo in Agerola.

Gli esperti dell’associazione vi guideranno in un viaggio verso la conoscenza della Luna nell’ambito della “International Observe Moon Night IOMN” che si svolge in contemporanea in tutto il mondo, l’evento sarà preceduto da videoproiezioni nell’ambito del progetto NOCTIS.

* Evento adatto anche ai bambini * […]

oasdg.astrocampania.it/2025/09…

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Giovani astronomi al TNG: l’esito della seconda edizione

edu.inaf.it/news/premi-e-conco…

Pubblichiamo i risultati della seconda edizione del concorso “Giovani astronomi al TNG”

#concorsi #INAF #SAIt #scuola #TNG


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Treno Intercity 657 con E401.026 per Grosseto in transito a Bolgheri (28/05/2024)


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Treno Merci con E494.013 MIR in transito a Bolgheri (19/05/2024)


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quando Android sta zitto, la morte arriva!!! (strano bug di Android per cui la sveglia non suona)


Ultimamente ho scoperto un nuovissimo meme: immagina che hai la sveglia per prendere l’insulina, perché hai il diabete, ma Android si dimentica e quindi MUORI“… e vabbé, ma neanche a fà così, ho pensato… Però immagina più semplicemente di avere una sveglia perché ti devi svegliare, ma Android si dimentica e quindi ti licenziano a lavoro, o boh, cose del genere… Se questi scenari non mi facessero sotto sotto ridere malamente, ci sarebbe oggettivamente da piangere, perché la situazione, per quanto ipotetica sembra, in realtà è realissima, e appunto non è buona. 👄

Ironicamente, visto quante rogne ho di continuo con Android e quindi lo odio, questa è una delle poche cose con cui io non ho mai avuto problemi… sia sullo Ximi, sia sul tablet, sia sul Huawi vecchio (e sull’S5 Mini non so, perché a 11-13 anni non usavo la sveglia, erano altri tempi), la sveglia è sempre suonata… poi io magari non la sento, ma quello è un problema di skill, non di Android. Invece, cercando online si trovano fin troppe segnalazioni di gente che o dice di vedere personalmente la sveglia che non suona (usando intanto altre sveglie, funzionanti, per svegliarsi), o di non ritrovarsi con la classica notifica di sveglia persa la mattina pur non avendola mai spenta… oppure, il colmo definitivo: nelle notifiche appare che la sveglia non è suonata per “motivi ignoti“! (Per chiarezza, sottinteso in tutti questi casi è che si usi la app Orologio di sistema, su ROM stock.) 💀
La pizzeria di Christian, [9/19/25, 10:39 PM][ Forwarded from Dawn ][🖼 Photo]Clock (4)Missed alarm • Wed ...Alarm did not fire due to an unknown reasonLa pizzeria di Christian, [9/19/25, 10:40 PM]Immagina avere la sveglia di prendere l'insulina per il diabete ma ANDROID si dimentica e quindi muori
Quest’ultimo scenario è così assurdo che, se non ci fossero schermate a documentarlo, faticherei a crederci nonostante le tantissime segnalazioni, e penserei piuttosto sia un’allucinazione collettiva, perché sembra così campato per aria… ma, purtroppo è reale, e in realtà non dovrei sorprendermene, visto che c’è lo zampino di Google; perché questo particolare errore sembra in realtà specifico ai loro Pixel (e le recensioni della app su Google Play sono pesantemente negative anche per questo)… E ora non voglio fare il solito discorso per come lì a Mountain View dovrebbero smettere di produrre dei telefoni venduti come top di gamma che in realtà hanno tremila problemi che nessun cinesone Mediatek preso a caso da Amazon ha, e soprattutto come gli scemi dovrebbero smettere di comprarli, però porca miseria, è imbarazzante! Ma è possibile che che rompono il cazzo con l’IA e il cloud e vattelappesca e poi non funziona il fottuto orologio su sti telefoni schifosi??? 😭

La cosa curiosa, però, è che tutte queste lamentele sembrano di tempi piuttosto recenti. A parte queste con i Google Pixel, che sono notizia fresca di mesi, trovo qualcosa riguardo Samsung (ma sempre solo dalla bocca dei redditor e degli youtuber, quindi prenderei con cautela), ma usando i filtri di Google per cercare in anni già precedenti al 2020 si trova pochissima roba, mentre prima del 2015 non si trova quasi niente. Ci sarebbe a questo punto una teoria interessante da fare, cioè che è il doze di Android che rompe tutto, ma quello è stato introdotto solo una decina di anni fa con Marshmallow (…ricordavo Nougat, mi sbagliavo?), quindi non giustifica un’esplosione di problemi negli ultimissimi anni, specialmente perché chi ha problemi con le sveglie è comunque una minoranza dell’intera base di utenti di Android. Certamente, almeno per Samsung il risparmio energetico dell’OEM potrebbe centrare… 😖

Ho raccolto come sempre milioni di link, ordinati dalle discussioni più recenti alle più vecchie… tra cui anche qualcuna di due decenni fa, che però non fa testo, è giusto per sfizio, che in quei tempi Android era ancora un troiaio rotto tra diversi dispositivi… mica come oggi, che funziona sempre! (Ah ah ah!) memos.octt.eu.org/m/nMCrLjban7…. Boh, resta un mistero, perché per alcuni la soluzione è “pulisci la cache dell’orologio” (che è una frase così distopica che mi sento male solo a scriverla, cazzo se ODIO dove ci ha portati la tecnologia!), per altri non ci sta versi, e da quando su Android ci sono tutte le cose di risparmio energetico forzato io nemmeno mi fiderei ad usare app di sveglia terze, perché pure quelle magari non suonano (c’è una API in Android che le app a tempo possono usare per impostare timer di attivazione eh, ma non è che funzioni perfettamente e ovunque, siamo sempre lì, maremma bona)… un disastro. 💥

#alarm #Android #bug #glitch #GooglePixel #problemi #reports

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nel caso ci stessimo dimenticando per che cosa si manifestava e si manifesterà


a beheaded lady giving birth to her baby. and the context around this.
instagram.com/reel/DO3v8dwCbmW

Palestinian children maimed, killed and injured every day
instagram.com/reel/DNrCe28ZiUL…

mass executions and torture against medical staff at Al Shifa hospital
instagram.com/reel/DOwgoRQEzOD…

UN too says it’s genocide
instagram.com/reel/DOv3ZgFkUz_…

‘this is what you do to our children’.
harsh video: double amputation for a little baby still wearing diaper.
instagram.com/reel/DOyPgyNDtDP…
mastodon.uno/@differx/11523157…

Alessandro Ferretti: a Gaza si muore anche di dolore
alessandroferretti123.substack…

forced palestinian evacuees are being bombed by israeli airstrikes as they leave Gaza City heading south
instagram.com/reel/DO1PuQUjITS…

il significato dell’evacuazione forzata, soprattutto per bambini e anziani (quando non vengono bombardati mentre si spostano)
instagram.com/reel/DO19j4aiqvl…

la distruzione sistematica delle infrastrutture
facebook.com/share/v/1F1GASJDX…

(solo una manciata di link recenti, tra le centinaia che ho raccolto in questi due anni di atrocità)

#AlessandroFerretti #bambini #children #colonialism #deportazione #evacuazione #evacuazioneForzata #Gaza #genocide #genocidio #IDF #invasion #IOF #israelcriminalstate #israelestatocriminale #israelterroriststate #izrahell #massacri #Palestina #Palestine #sionismo #sionisti #starvingcivilians #starvingpeople #warcrimes #zionism


'this is what you do to our children'.
double amputation for a little baby still wearing diaper.
BEWARE: graphic content
instagram.com/reel/DOyPgyNDtDP…

SUCH A MORAL ARMY! SUCH A MORAL STATE!

#Palestine #Gaza #genocide #amputation #baby #MosabAbuToha #video #graphiccontent #IDF #IOF #izrahell


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Fermezza o trattative con le Brigate Rosse nel 1981


Ma non è certo solo il caso Gioia, o, più in generale, un diverso approccio verso il ruolo della commissione inquirente, a dividere il Psi dal Pci. Gli ultimi mesi del 1980 infatti fanno riaprire vecchie ferite che risalgono a oltre due anni prima, ai giorni del rapimento di Aldo Moro e che ancora non si sono rimarginate. Nel mese di ottobre Berlinguer si reca a deporre presso la commissione parlamentare sul caso Moro ed esprime opinioni critiche nei confronti della condotta del Psi, che aveva rotto il “fronte della fermezza” con il suo tentativo umanitario; l’Avanti definisce «sconcertante» la deposizione del segretario comunista <220. A novembre è il turno di Craxi di deporre in commissione ed il leader del Psi parla dei contatti attivati con gli esponenti di Autonomia e, pochi giorni dopo, rilascia un’intervista all’Europeo sull’argomento. Ma il momento di maggior tensione arriva alla fine del mese quando i quattro commissari del Psi, dopo una riunione con Craxi, abbandonano polemicamente la commissione. In un comunicato si spiega la condotta dei socialisti con non meglio precisate «strumentalizzazioni e violazioni di legge» nei lavori della commissione e con la divulgazione intenzionale di documenti e, soprattutto, la «tendenza a trasferire l’obiettivo dell’inchiesta, trasformando i lavori della commissione in un vero e proprio processo politico diretto contro una tesi, una condotta e una forma politica» <221. A generare le ire del Psi sembra essere stata soprattutto la richiesta da parte della procura di una copia delle deposizioni di Craxi, Landolfi, Signorile e Guiso; ire acuite quando sia la Dc che il Pci (che insieme dispongono della maggioranza dei voti) si dimostrano intenzionati ad accogliere la richiesta dei magistrati <222.
I giorni del rapimento di Aldo Moro ritornano prepotentemente alla memoria di tutti quando, nel mese di dicembre, si verifica una nuova emergenza che ripropone il dilemma tra “fermezza” e “trattativa”. Il giorno 12 del mese viene rapito il magistrato Giovanni D’Urso, presidente di sezione della Cassazione e distaccato presso il ministero di Grazia e giustizia con responsabilità sul trasferimento di detenuti. L’azione è subito rivendicata dalle Br, che chiedono per la liberazione che venga chiuso il carcere dell’Asinara in Sardegna. Questa volta, a differenza di quanto era avvenuto nel 1978, lo schieramento tra fautori della fermezza e disponibili alla “trattativa” si definisce molto rapidamente.
Nel governo i socialisti sostengono che la chiusura del carcere non costituisce una violazione di legge <223 e la si può concedere per salvare una vita umana, mentre la maggior parte dei democristiani ed i repubblicani affermano che, sebbene non rappresenti un’illegalità, la chiusura dell’Asinara significa piegarsi al ricatto, e con ciò dare legittimità ai terroristi. I magistrati in generale dimostrano grande solidarietà nei confronti di D’Urso e, coloro che manifestano un’opinione, sebbene nessuno ovviamente proponga di violare la legge, sono a favore di prendere «tutte le misure possibili» per salvare il giudice rapito <224. Il 25 dicembre Craxi rilascia una dichiarazione nella quale dice che il carcere sardo deve essere chiuso subito; si tratta di quello che Gaetano Scamarcio definisce il «blitz di Natale» <225. Due giorni dopo la vecchia prigione viene effettivamente sgombrata <226, ma il 28 vi è una rivolta nel carcere di Trani organizzata dai terroristi, che prendono in ostaggio diversi agenti di custodia. Questa volta la reazione del governo è di notevole determinazione: il giorno seguente le installazioni di Trani vengono prese d’assalto dalle unità speciali dei Carabinieri, che salvano gli agenti sequestrati e ristabiliscono l’ordine senza vittime.
La posizione del Pci è, dall’inizio, critica di ogni linea d’azione che implichi segni di arrendevolezza nei confronti dei terroristi; dopo la chiusura del carcere sardo, nel commentare le esternazioni di Pertini, il quale si dimostra decisamente contrario a trattative, un editoriale dell’Unità afferma che “…è impensabile che chi governa questo paese sia così sprovveduto […] da non capire quello che anche il più ingenuo degli italiani ha capito subito: che l’Asinara era un pretesto, che cedere su quel pretesto significava esporsi a pagare poi, e forse subito, prezzi e rischi sempre più alti, che nessuna proclamazione di “autonomia” nell’atto di cedimento avrebbe liberato il governo dal sospetto di aver accettato il terreno della contrattazione coi terroristi…” <227
Il 31 dicembre viene assassinato a Roma il generale dei carabinieri Enrico Galvaligi, responsabile della sicurezza esterna delle carceri e quattro giorni dopo le Br diramano un comunicato in cui dichiarano che D’Urso è stato condannato a morte, ma che lasceranno ai compagni detenuti una valutazione definitiva. In favore della trattativa ci sono, oltre al partito Radicale, i cui deputati vanno nelle carceri a parlare con i terroristi, i vertici dell’Anm e, si direbbe, la maggior parte dei magistrati. Tra di essi però non mancano segnali in senso contrario, ad esempio il discorso d’inaugurazione dell’anno giudiziario del Pg di Roma Pascalino, che invita alla fermezza <228; oppure, qualche giorno dopo, la decisione dei magistrati della sezione civile della pretura, che rigettano l’istanza del fratello del giudice rapito con la quale si chiede di ordinare ai giornali la pubblicazione dei documenti Br per uno «stato di necessità» <229; ma quando Curcio accenna alla liberazione del brigatista Gianfranco Faina, la Corte d’Appello di Firenze ne ordina subito la libertà provvisoria, attirandosi le critiche del Pci <230.
I socialisti, mentre Craxi si trova in Africa in vacanza, tengono una direzione e sembrano orientati ad evitare contatti con i brigatisti in carcere <231; poco dopo, l’8 gennaio, i terroristi detenuti a Trani affermano che daranno il loro benestare alla grazia se giornali e Tv divulgheranno documenti preparati dai brigatisti <232. Mentre diversi giornali proclamano quello che verrà definito il “black-out”, per non favorire il disegno dei terroristi, i magistrati si fanno ancora promotori di una linea meno intransigente e l’Anm promuove un incontro con la federazione della stampa per trattare l’argomento; il segretario dell’associazione, l’esponente di Magistratura democratica Senese, spiega che «la nostra posizione è che nel rispetto della legalità si debba fare tutto per salvare il collega […] La cosa peggiore che si possa fare in questo momento è trasformare il dibattito sulle decisioni da prendere in una discussione teologica sui massimi sistemi» <233.
Intanto Craxi rientra dalle vacanze e impone la linea al partito sconfessando la direzione precedente: il Psi appoggerà la campagna radicale per la pubblicazione. Ad essa aderiscono Lotta Continua, il Manifesto, L’Avanti e, in un secondo momento anche il Secolo XIX ed il Messaggero. Il 14 gennaio l’Avanti ospita una lettera dello stesso D’Urso che, dalla prigionia, chiede la pubblicazione dei documenti; il giorno seguente il magistrato viene liberato.
Dopo il rilascio il Presidente del consiglio si reca immediatamente alla Camera per fare una relazione sull’accaduto ma nel suo discorso, ben accolto da Psi, Psdi e radicali, si sforza di non accusare nessuno e non prendere parte nel dibattito tra fermezza e trattativa. I repubblicani appaiono critici <234, ma lo stesso può dirsi di importanti settori della Dc. Il Popolo cita una dichiarazione di Piccoli in cui spiega che «l’atteggiamento di fermezza è stato determinante per la tenuta contro il ricatto delle Br» e poi, illustrando la posizione dei partiti, spiega che “Il Psi ha esposto la propria posizione «in autonomia»” ricordando la polemica di Balzamo contro il Pci, accusato di «farneticare su un presunto partito del cedimento che non è mai esistito» <235. Ma qualche tempo dopo Piccoli apparirà molto più deciso; in occasione del congresso del suo partito, nei primi giorni di maggio 1982, circa la richiesta di
pubblicare documenti ricorderà che “…affermavo: siamo dinnanzi al più grave ed inaccettabile dei ricatti […] furono molti i giornali, anche di partito, che ritennero di accedere alle richieste delle Br […] Mi limito ad osservare che accedere a quella richiesta consentì alle Br di conseguire un obiettivo essenziale della loro strategia di intossicazione psicologica […] Ciò che avrebbe dovuto suggerire maggior cautela a esponenti socialisti nell’affrontare alcune delle questioni poste dalla liberazione di Ciro Cirillo…” <236
Nel caso D’Urso quindi si riprende il gioco delle parti già sperimentato quasi tre anni prima, ma con qualche differenza: a questo punto l’opinione pubblica sembra essersi assuefatta, in qualche misura, alla tesi circa le possibilità che lo Stato si impegni in qualche tipo di “trattativa” con i terroristi. Di conseguenza l’azione del Psi, accompagnata da quella dei radicali, è assai più decisa ed incisiva. L’altra differenza è che questa volta a sostenere il governo in Parlamento non ci sono più i comunisti, e quindi i democristiani si ritrovano soli ad osservare il movimentismo degli alleati socialisti e lo fanno non senza malumori e risentimento.

[NOTE]220 “Sconcertante deposizione di Berlinguer su Moro”, Avanti del 11 ottobre 80
221 “Si sono dimessi i commissari Psi”, Avanti del 29 novembre 80
222 “Commissione Moro”, La Stampa del 28 novembre 80
223 Inoltre la dismissione dell’Asinara era già prevista e al momento del sequestro vi rimanevano solo 25 detenuti.
224 Vedi ad esempio “I magistrati contrari a scelte aprioristiche per Giovanni D Urso”, Avanti del 19 dicembre 80, o “I magistrati favorevoli a chiudere l’Asinara”, Avanti del 31 dicembre 1980, contenente un’intervista a Beria d’Argentine; vedi anche P. Craveri, La Repubblica dal 1958 al 1992 Cit. pag. 858
225 Dichiarazione citata in G. Fiori, Berlinguer Cit. Pag. 412
226 Secondo Fiori, in questa maniera, la chiusura è «data non alle Br per salvare una vita umana, ma a Craxi per salvare il governo», Ibid. Pag. 413
227 “Salvare un governo o la democrazia?”, Unità del 30 dicembre 80
228 “E’ escluso che lo stato possa cedere al terrorismo”, Popolo del 10 gennaio 81
229 “Giornali (con poche eccezioni) prevale la linea della fermezza”, Popolo del 13 gennaio 81
230 “Traspare una torbida trattativa con le BR”, Unità del 9 gennaio 81
231 G. Fiori, Berlinguer. Cit. Pag. 415
232 “33 giorni di prigionia”, La Stampa del 15 gennaio 1981.
233 “Iniziativa dei giudici verso stampa e partiti”, Avanti del 7 gennaio 81
234 “Le BR annunciano: liberiamo d’Urso”, Unità del 15 gennaio 81
235 “La maggioranza unita nella lotta al terrorismo”, Popolo del 15 gennaio 81
236 “Relazione di Piccoli al congresso”, Popolo del 3 maggio 82
Edoardo M. Fracanzani, Le origini del conflitto. I partiti politici, la magistratura e il principio di legalità nella prima Repubblica (1974-1983), Tesi di dottorato, Sapienza – Università di Roma, 2013

#1980 #1981 #1982 #Asinara #Berlinguer #BrigateRosse #carabinieri #carcere #Craxi #DC #EdoardoMFracanzani #EnricoGalvaligi #fermezza #generale #GiovanniDUrso #magistrato #PCI #Piccoli #Pri #PSI #radicali #rapimento #rilascio #trattativa #uccisione


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se domani


non è così assurdo pensare che se domani gli usa e israele legalizzassero & normassero il cannibalismo, lo stupro, l’incesto, la pedofilia, lo stragismo, la fucilazione senza processo, le bombe sulle abitazioni civili e la sedia elettrica per qualsiasi ‘diversità’, non ci stupiremmo come dieci-venti anni or sono.

sarebbe atroce, antiumano, ci rivolteremmo; ma vedremmo questi orrori come non completamente fuori quadro rispetto a come già stanno le cose adesso.
(src)
#bombe #cannibalismo #fucilazione #incesto #Israele #orrori #pedofilia #sediaElettrica #StatiUniti #StatiUnitiDAmerica #stragismo #stupro #USA

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¿israel as a self-determination project?


as for now, and for what history shows, israel as “a self-determination project” is

(1) refused by thousands of jews of the diaspora;

(2) the thin mask hiding an old & long term colonialist/apartheid project;

(3) a genocidal machine from the beginning;

(4) a dramatically failed attempt at offering a place or shelter to some people at the sole expense of the lives and land of other people;

(5) the truest bloody betrayal of the heritage of the Shoah.

#bambini #children #colonialism #Gaza #genocide #genocidio #IDF #invasion #IOF #israelcriminalstate #israelestatocriminale #israelterroriststate #izrahell #massacri #Palestina #Palestine #sionismo #sionisti #starvingcivilians #starvingpeople #warcrimes #zionism

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Che fa l’universo?

edu.inaf.it/rubriche/risate-sp…

Dilemma cosmico

#AlbertEinstein #AlexanderFriedmann #EdwinHubble #relatività_


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oggi, 23 settembre, radio onda rossa: “briganti”, di e con gianfranco berardi


Tutta Scena Teatro ★ Radio Onda Rossa 87.9 fm

martedì 23 settembre 2025, ore 14:40

BRIGANTI

scritto, diretto e interpretato da Gianfranco Berardi

Il progetto nasce nel 2000 attraverso un lavoro di ricerca storico-sociale e affronta il brigantaggio meridionale post-unitario (1860-61). La scena si svolge in una cella delle carceri dell’ex Regno delle Due Sicilie, dove, attraverso le memorie di un giovane ventiseienne caduto prigioniero in battaglia, si rivivono avvenimenti che hanno segnato la vita delle popolazioni del Mezzogiorno d’Italia.
L’universo dei fatti narrati trae spunto da vicende realmente accadute e spesso tralasciate dalla storiografia ufficiale. Ad essi si miscela il mondo della tradizione orale popolare, non privo di spunti fantastici.
Il testo trasforma in sogno realtà crudeli, ironizza su temi ancora vivi ponendo attenzione sulle radici culturali del problema. “L’ignoranza genera violenza, violenza genera violenza” è uno dei principi che si intende trasmettere.
Una storia ancora per un certo verso negata, ancora attuale e sicuramente universale: si mettono in scena particolari, dettagli, racconti ispirati a precise zone o personaggi storici evitando di chiudere il tutto in una realtà spaziale circoscritta, senza alcuna narrazione filologica. Alla vita di Carmine Crocco, alla quale possono essere paragonate molte biografie di eroi celebri, e alle sue scorribande nelle province lucane, è liberamente ispirato il lavoro, in quanto testimone di ribellione come reazione e non rivoluzione.

archive.org/details/Radioteatr… (32′)
berardicasolari.it/spettacolo/…

#Briganti #CarmineCrocco #GianfrancoBerardi #meridione #RadioOndaRossa #ROR #RORRadioOndaRossa #teatro

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Su Gaza l’Italia s’è desta


Centinaia di manifestazioni si sono svolte contemporaneamente in tutta Italia, il 22 settembre, per fermare il genocidio in Palestina e per riaffermare il diritto alla vita e all’esistenza di quella popolazione.

C’è una grande novità rispetto alle mobilitazioni precedenti, come quella di Radio Gaza al Castello Ursino, di cui ci parla Nino Bellia.

In questo caso si è trattato di uno […]

Leggi il resto: argocatania.it/2025/09/23/su-g…

#Gaza #manifestazioneDiSolidarietà #Palestina

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27 settembre, studio campo boario (roma): “poesia ibrida”, di valerio cuccaroni


presentazione di "poesia ibrida", di Valerio Cuccaroni, a cura di centroscritture.it

27 set 2025, 18:30, Studio Campo Boario
Roma, viale del Campo Boario, 4a

presentazione di

Poesia ibrida


di Valerio Cuccaroni

Coordina Valerio Massaroni

Presentano Francesco Muzzioli ed Emanuele Franceschetti

Interviene l’autore

Ospite speciale Lamberto Pignotti

Il volume analizza le nuove forme di testualità poetica intermediale, emerse dall’ibridazione del linguaggio verbale con l’arte visiva, il cinema, la musica, l’informatica e la performance. ​Concentrandosi sul panorama poetico successivo all’avvento dei dispositivi elettronici, audiovisivi e informatici, l’autore, dopo avere sintetizzato il dibattito sulla vexata quaestio della poesia per musica, si concentra in particolare sulla poesia visiva, la videopoesia, la poesia elettronica e il PJ set. Il libro si propone come uno studio approfondito e aggiornato sulle nuove frontiere della poesia contemporanea, caratterizzate dalla contaminazione tra diversi linguaggi e dalla continua ricerca di nuove forme espressive.

Valerio Cuccaroni (Chiaravalle, 1977) dottore di ricerca in Italianistica all’Università di Bologna e Paris IV Sorbonne, è docente di lettere e giornalista. Collabora con «Le Monde Diplomatique – il manifesto», «Poesia», «Il Resto del Carlino» e «Prisma. Economia società lavoro». È tra i fondatori di «Argo». Ha curato i volumi La parola che cura. Laboratori di scrittura in contesti di disagio (ed. Mediateca delle Marche, 2007), L’Italia a pezzi. Antologia dei poeti italiani in dialetto e altre lingue minoritarie tra Novecento e Duemila (con altri, ed. Gwynplaine, coll. Argo, 2014) e Guido Guglielmi, Critica del nonostante (ed. Pendragon, 2016). Ha pubblicato il libro L’arcatana. Viaggio nelle Marche creative under 35 e tradotto Che cos’è il Terzo Stato? di Sieyès, entrambi Gwynplaine. Lucida tela (Transeuropa, 2022) è il suo primo libro di poesie. È direttore artistico del poesia festival La Punta della Lingua.

#Biblion #EmanueleFranceschetti #FrancescoMuzzioli #intermedialità #LambertoPignotti #poesia #poesiaIbrida #poesiaIntermediale #prosa #scrittureComplesse #StudioCampoBoario #ValerioCuccaroni #ValerioMassaroni

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pagina di startaggio fatta dall’ia per risolvere la pigrizia di android e la casa rotta (startpage HTML5 custom creata per webapp su mobile)


Come mi lamentai “qualche tempo fa” (e minchia, è passato già un mese…), dovrei inventarmi qualcosa per ovviare allo strano bug di Android per cui i collegamenti alle webapp e ai siti spariscono dal launcher. E beh, avendo provato varie hack, ma tutte invano, l’unica vera opzione sarebbe farmi un’appina WebView per contenere almeno tutte le mie appine web… ma la cosa è seccante e quindi, per ora, indovinate un po’, non c’ho avuto voglia. 😩

Beh, non ci ho pensato molto sul subito, perché credevo fosse un’idea decente semplicemente aprire Chromium ogni volta (di modo che ogni volta si apra con la schermata di lancio con i collegamenti rapidi, ovviamente)… ma poi ci ho pensato meglio e no, fa schifo, perché i collegamenti sono pochi e nemmeno viene usato bene lo spazio a schermo per mostrarli. E, ovviamente, il widget dei preferiti di Chromium (e chissà se questo è colpa sua in assoluto, di Mulch, o della MIUI che rompe tutto…) sulla home si rompe, quindi usare quello purtroppo nemmeno mi è possibile. ☠️

Ieri però mi sono seccata (proprio, il mio spirito è evaporato e io sono rimasta secca croccante), e quindi, almeno per apparare (…app-arare?) la situazione un po’ meglio fintanto che non mi decido a fare quella cosa di cui sopra, ho pensato di fare una semplice pagina HTML con i miei collegamenti personali. Tuttavia… visto che il vibe di base comunque era la mancanza di voglia, e non ho trovato online template di pagine iniziali che fossero sia decenti per quello che ora volevo (stile mobile con griglia di icone), sia funzionanti (quanto odio i troiai…)… me la sono fatta fare da DeepSeek la paginetta, evviva la pigrizia! 👍
Schermata della home con l'icona cerchiata, e poi la pagina aperta nel browser Mulch.
Octo Startpage“… fa già ridere così. Le uniche cose che ho fatto sono state togliere una barra di ricerca mezza rotta che lui mi aveva messo (tanto, se proprio mi serve, uso direttamente quella del browser sopra), rendere le icone più grandi (anche perché altrimenti sul mio telefono, con i DPI aumentati, uscivano fin troppo piccole), aggiungere l’uso di caratteri (emoji o lettere) quando un’icona normale manca, e impostare un’icona per la pagina stessa… Così da aver poi potuto aggiungere un collegamento ad essa nel mio launcher (e la bomba PNG di WhatsApp usata così ha indubbiamente il suo perché, comunque). 😳

La UI ha quel tratto tipico del vibe coding, ma ehh, forse anche quella ha un suo perché… è comunque sia certamente guardabile e fa il suo, quindi mi accontento ampiamente, che ora non ho voglia di trastullarmici. Rimane sempre una non-soluzione, perché comunque è solo una pagina web che apre altre pagine web, quindi rimane quel problema per cui mi si riempie di spazzatura la lista delle schede (e per cui si vede l’interfaccia del browser sopra, che spreca un minimo di spazio, ma pensandoci meglio questo aspetto non è un’enorme tragedia con un display da 6.2″ e i DPI aumentati), ma è già meglio di 1 giorno fa. 💣

La pagina sta sul mio server, così che io la possa modificare ed aprire con (suppongo) meno bestemmie, anche se tecnicamente non è ad uso pubblico… ma eh, l’indirizzo si vede nell’immagine, quindi comunque lo riscrivo qui, se qualcuno vuole rubare (è 95% IA, quindi non ne detengo copyright, niente licenza, via): https://hlb0.octt.eu.org/startpage.html. La cosa figa, però, è che mi è accessibile anche offline, senza aver dovuto impostare service worker o altri rompimentissimi di scatole, semplicemente avendo cliccato il tasto download dentro Chromium, quindi… se un giorno mi esplode il server, posso comunque usare la pagina per aprire quei miei siti che stanno su server diversi da quello esploso! (E l’icona di bomba a quel punto potrebbe rivelarsi ironicamente sensata.) 🕸️

#HTML5 #mobile #startpage #VibeCoding #webapps


androidastica sparizione delle icone dei ragni (glitch per cui le scorciatoie web spariscono dal launcher)


Tutte le volte che penso, presumo, ritengo di odiare tremendamente Android… puntualmente scopro che il mio odio è sempre più basso di quello che davvero dovrebbe essere per questo sistema oberativo letteralmente bacato, infestato dai problemi, introgolato di merda che porca puttana… SPARISCONO LE FOTTUTE SCORCIATOIE SULLA SCHERMATA HOME!!! Una roba così pestifera non è mai successa nemmeno su Windows, o qualunque altro sistema che notoriamente non funziona mai bene… Sarà forse questo, la sparizione delle icone, che i fanboy segretamente intendono quando dicono che “su Android tutto è possibile“…??? 😫

Più di preciso, qualche settimana fa mi stavo (ri)lamentando di questo problema per cui a volte, a caso, quando gli piace a lui, stranamente non sempre (insomma, non è manco un bug ricreabile al 100%), dopo un riavvio del sistema mi spariscono tutte (zio totalitario…) le scorciatoie ai siti, sia normali che PWA, appunto dalla home… ma mai nessuna scorciatoia ad app native. A quel punto però avevo preso atto della merdata, avevo imputato immediatamente tutta la colpa al launcher di MIUI (dato che non ricordo questa cosa succedere su altri dispositivi o altre ROM), e avevo quindi installato Lawnchair (usando il terminale per superare il blocco di cambio launcher), e perdendo così 20 crediti sociali… 💔

Peccato che stamattina è successo di nuovo, dopo che ho dovuto riavviare il telefono perché dal nulla mentre lo stavo usando aveva preso a glitcharsi, con la app che avevo in foreground che era crashata e la home che mostrava una schermata nera anziché caricare il launcher… e quindi, sotto sotto, la colpa non era di Xiaomi, e quindi ancora una volta la deduzione dei miei crediti sociali si rivela giustificata. In effetti, cercando un po’ meglio dell’altra volta, ho trovato sul web delle segnalazioni di questo preciso glitch… e in effetti la cosa non pare legata per niente a Xiaomi: . 🙀

Mi verrebbe da pensare che non ho mai notato questa rogna nel lontano passato solo perché non usavo così tante webapp… ma sul tablet attualmente ho più o meno la stessa quantità di scorciatoie del telefono, eppure rimozioni coatte lì non ne ho ancora (ancora…) mai (mai!!!) viste. Comunque sia, un fatto rimane, e cioè che questo è un fottuto problema, perché le scorciatoie alle webapp MI SERVONO! E il perché lo dice il nome stesso: sono short-cuts, servono a tagliare corto, cosa che è specialmente necessaria su un dispositivo che già è laggante… ma poi perché le webapp vanno per forza installate sulla home per fungere da PWA, quindi avere la loro scheda nella schermata multitasking e non avere l’interfaccia del browser in alto a rubare spazio. 😵

La cosa più strana è che, a questo punto, non riesco a comprendere a cosa sia quindi dovuto il problema. Tolti launcher e ROM, penserei al browser stesso (o parte di esso, in caso di fork), nonostante una app Android di per sé non abbia alcun modo di far sparire le sue stesse scorciatoie… ma, nonostante buona parte delle volte le icone che spariscono sono quelle di Mulch (Chromium), sono abbastanza sicura di aver visto anche quelle poche di Firefox che ancora avevo in giro venir spedite al regno delle ombre, una (1) volta quella settimana passata in cui cringiavo con i launcher e mi si era inspiegabilmente resettato il predefinito da Lawnchair a quello MIUI dopo un riavvio. La stringa di Intent per le scorciatoie di Chromium è perfettamente identica a qualsiasi di deep link per qualsiasi app nativa, se non per il fatto che il nome interno è un UUID anziché il nome della Activity ripetuto, quindi perché cazzo spariscono??? 🌋

Un telefono con la mela stampata dietro, ovviamente, non posso permettermelo, nonostante (almeno, penso, poi che la mia aura sia capace di far spuntare sempre bug in tutto è un’altra storia) lì le icone non prendano a fottutamente sparire da un momento all’altro dalla home… quindi, che cazzo si fa??? Non lo so. A parte magari provare Edge (sigh) anche sul telefono oltre che sul tablet, perché hanno cambiato talmente tanta roba in quel robo che forse il bug non c’è… potrei solo rispolverare l’idea del browserocto, quel browserino minimale fatto principalmente per le webapp che non fu mai completato… Ma comunque CHE PALLE, sia mai che le cose funzionino! 😭

#Android #launcher #scorciatoie #shortcuts #webapp #webapps


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le piazze di oggi


da facebook.com/share/p/1BH3SxehT… (Lorenzo Tosa)

#freeGaza #freePalestine #Gaza #Palestina #perGaza #perLaPalestina #piazze #sciopero #scioperoGenerale

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Il programma provvisorio del nostro decimo convegno, che è anche il decennale della fondazione dell’associazione, è già disponibile a partire da qui. Apriremo le iscrizioni all’inizio del mese di ottobre.

aisa.sp.unipi.it/x-convegno-ai…

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La transizione linguistica che nessuno racconta


di Antonio Zoppetti

L’altro giorno leggevo che l’accademia della Crusca ha partecipato alla Bright Night 2025 dell’Università di Firenze, e sul suo sito si legge:

Bright Night (‘Brilliant Researchers Impact on Growth Health and Trust in research’) è il nome dato alla Notte europea delle Ricercatrici e dei Ricercatori, la manifestazione ideata dalla Commissione Europea con l’obiettivo di diffondere la cultura scientifica delle Università.”

Leggendo tra le righe, si intuisce una certa insofferenza per questa denominazione in inglese, presentata come qualcosa di imposto da altri, e affiancata alla traduzione italiana a cui viene dato maggior risalto.
Bisognerebbe però spendere qualche riflessione su quello che l’Accademia, ma più in generale i linguisti e gli intellettuali italiani, non dicono.

Perché l’Università di Firenze ha scelto l’inglese?

La scelta di denominare in inglese i nomi delle manifestazioni non è un’insolita bizzarria – come si potrebbe evincere dalle parole della Crusca – è invece una ben precisa strategia che vale per ogni tipo di manifestazione, evento o mostra. In ottobre, a Milano, ci sarà la Cook-Fest, il food festival del Corriere della Sera, e il settimo Fringe Milano Off International ideato da due nativi italiani con la testa nell’anglosfera. Tempo fa avevo denunciato come persino una mostra dedicata alla figura simbolo dell’italiano era stata anglicizzata attraverso il Dante Vibes, e prima ancora avevo fatto delle ricerche sulle denominazioni in inglese che erano prevalenti rispetto a quelle in italiano persino nelle manifestazioni paesane (notevole il Tractor Day).

Chi si occupa di studiare la lingua italiana non solo dovrebbe raccontare queste cose, ma anche quantificarle (qual è la percentuale delle denominazioni in inglese nel panorama culturale italiano? Non trovo studi in merito, chissà come mai… ma la mia impressione è che prevalgano).
Invece di limitarsi a contare gli anglicismi magari per concludere che sono pochi, passeggeri o poco frequenti, i linguisti dovrebbero riflettere seriamente sulle loro cause e soprattutto sul loro impatto nella nostra società. Alcuni studiosi sono convinti che il fenomeno nasca da una “moda”, dal loro essere “di prestigio” o dal fatto che siano più sintetici degli equivalenti italiani. Ma queste spiegazioni sono ridicole e insufficienti, la verità è un’altra ed è ben più profonda: certe manifestazioni ideate dall’Ue come la Bright Night – ma anche dalle realtà tutte italiane che inseguono la stessa strategia a partire dalla Rcs Academy che forma i futuri giornalisti e comunicatori – non hanno solo “l’obiettivo di diffondere la cultura scientifica delle Università”, ma anche di diffondere l’inglese, che fa parte del pacchetto, benché non sia dichiarato e avvenga in modo surrettizio.

Se la nostra società spinge i cittadini verso la transizione ecologica ed energetica (e vorrebbe convincere tutti a comprare auto elettriche che hanno per ora scarso successo), o verso la transizione digitale (con ostacoli all’uso del contante o balzelli che di fatto escludono chi non è in grado di usare internet), è in atto anche un’altra transizione che però viene sottaciuta: la transizione linguistica.

La transizione linguistica

La transizione linguistica è il graduale processo di adozione dell’inglese da parte delle popolazioni non anglofone con l’obiettivo di renderlo un requisito per tutti, e risolvere così i problemi della comunicazione internazionale, strategica soprattutto per i mercati globali. Il progetto include un profondo cambiamento culturale e organizzativo per fare in modo che le popolazioni non anglofone imparino l’inglese, e le realtà dove questo è già avvenuto – per esempio l’Olanda, l’Islanda o alcuni Paesi scandinavi – sono presentate come “virtuose” e avanzate, mentre le altre sono considerate “arretrate”, perché questo processo non si è “ancora” realizzato, e dietro quell’ancora si svela un ben preciso progetto di colonizzazione linguistica. Questo progetto è perseguito senza che nessuno ne metta in risalto gli effetti collaterali, e cioè la regressione delle lingue locali e la loro anglicizzazione. E quel che è peggio nessuno o quasi sembra cogliere che mentre tutto il mondo dovrebbe convertirsi allo studio dell’inglese, i Paesi anglofoni non hanno l’esigenza di apprendere alcuna altra lingua al di fuori della propria che preferiscono rendere “universale”. Tutto ciò comporta invece problemi etici, cognitivi ed economici di grande rilevanza. Ma guai a sollevare il problema, non aprite quella porta!

Le leve della transizione linguistica sono molteplici e differenziate, ma ruotano attorno a due cardini: ci sono interventi espliciti per introdurre e ufficializzare l’inglese a partire dalla scuola, e altri indiretti che si basano sull’esclusione e la stigmatizzazione sociale di chi non si inchina alla dittatura dell’inglese.

Questa seconda strategia è ben visibile per esempio quando un politico italiano è costretto a esprimersi in inglese in qualche contesto internazionale. Se lo parla in modo disinvolto supera la prova mediatica – e in ogni trasmissione di attualità si esalta la padronanza della lingua superiore di volta in volta di Draghi, Meloni e via governando – altrimenti viene esposto al pubblico ludibrio (come nel caso di Renzi o Rutelli).

La gogna mediatica spinge perciò a bollare come ignorante (in assoluto) chi non conosce l’inglese, indipendentemente dal contesto e dalle sue competenze. In quest’ottica, un professorone che conosce a menadito il latino o il greco, e che magari è un poliglotta che parla correntemente francese, spagnolo e tedesco, se non sa l’inglese è comunque un riprovevole ignorante, che non può che vergognarsi. Viceversa, un imprenditore statunitense arricchito e imbruttito che non sa parlare altro che la propria lingua naturale e che possiede la cultura pragmatica e poco profonda di uno statunitense medio è visto come un modello positivo (in fin dei conti sa l’unica cosa che vale la pena di sapere: la lingua dei padroni).

L’affermazione della superiorità della lingua inglese comporta allo stesso tempo lo svilimento dell’apprendimento di altre lingue straniere (tedesco, francese, spagnolo…) che viene considerato un vezzo privo di obiettivi concreti, un po’ come studiare il pianoforte, che non fa parte del paniere della “cultura” ufficiale. Questa visione coloniale non è messa in discussione quasi da nessuno, a parte qualche paria escluso dal panorama culturale italiano.

L’idea è che essere internazionali non significhi esprimere qualcosa in tutte le lingue del mondo, ma viceversa abbandonarle per adottare la lingua naturale dei Paesi dominanti. Chi non si adegua ne paga le conseguenze, come sta avvenendo per esempio nei contesti scientifici. Anche se nessuno vieta di pubblicare nella propria lingua nazionale, o in quelle ben più diffuse dell’inglese come il cinese o lo spagnolo, di fatto esistono una serie di pregiudizi che premiano le pubblicazioni in inglese a cui viene attribuita maggiore rilevanza e dunque visibilità. Perciò, pubblicare in inglese diventa conveniente, se non indispensabile, per poter essere presi in considerazione ed emergere. Dunque, uno studio in italiano non ha la stessa circolazione di uno pubblicato in inglese (a meno che qualcuno non lo traduca nella lingua dominante per rilanciarlo in questo modo), per motivi linguistici e non in base ai contenuti scientifici che veicola.

La transizione linguistica, però, non si persegue solo attraverso queste e altre modalità surrettizie, ma anche attraverso politiche linguistiche più coercitive.

La politica linguistica per istituzionalizzare l’inglese

Le politiche linguistiche nella scuola italiana ed europea prevedono di creare le nuove generazioni bilingui a base inglese sin dai primi anni delle elementari, per arrivare a privilegiare l’inglese come lingua di insegnamento per l’università e i corsi di specializzazione a discapito delle lingue locali. Negli ultimi vent’anni, gli atenei italiani che hanno scelto di insegnare direttamente in inglese, escludendo l’italiano come lingua della formazione, sono infatti sempre di più. Anche in questo caso la transizione linguistica è incentivata dai sistemi di punteggio “internazionali” (in realtà statunitensi) che si basano sulla capacità di attrarre gli studenti stranieri, e questo obiettivo si persegue insegnando direttamente in inglese e non certo favorendo l’insegnamento dell’italiano a chi viene da noi né erogando corsi in altre lingue (“non avrai altra lingua al di fuori di me”, recita il primo comandamento della transizione linguistica anglomane). E così il progetto Erasmus, nato per favorire gli scambi interlinguistici, si è ben presto trasformato in una potente leva per la diffusione del monolinguismo a base inglese, visto che nella pratica si declina solo così. Lo stesso vale per i programmi scolastici che prevedono l’apprendimento di una materia direttamente in una lingua straniera, denominati con la sigla inglese “CLIL” (Content and Language Integrated Learning): sulla carta c’è scritto “lingua straniera”, ma di fatto quella lingua diventa sempre e solo l’inglese e non circolano analoghi corsi in altre lingue, a parte poche eccezioni.

Se a scuola, un tempo, era obbligatorio studiare una lingua straniera, grazie alle riforme che hanno sostituito “lingua straniera” con “inglese”, oggi la lingua della perfida Albione è diventata un obbligo e un requisito per tutti. Dalla scuola si è poi passati alla pubblica amministrazione, e con la riforma Madia l’inglese è diventato anche un requisito per accedere ai concorsi pubblici. L’inglese è diventato la lingua obbligatoria per presentare i Progetti di ricerca di interesse nazionale (PRIN) e anche il Fondo italiano per la scienza (FIS): nel nostro Paese si devono presentare e discutere in inglese, mica in italiano, e questi sono i primi passi che ufficializzano l’inglese anche nel nostro territorio.

Intanto l’inglese è già diventato la lingua ufficiale internazionale per esempio dell’aviazione o del mondo dei militari (almeno del blocco occidentale, e cioè dei “buoni” che sanzionano Putin ma non Netanyahu).

Quanto all’Unione Europea, nonostante sia nata all’insegna del plurilinguismo, l’inglese è sempre più introdotto come la lingua della comunicazione pubblica – anche se è conosciuto da una minoranza di europei e di italiani – e soprattutto è ormai la lingua di lavoro prevalente o quasi unica (soprattutto nella documentazione in Rete): l’italiano è da tempo stato estromesso, e il francese e il tedesco rimangono sulla carta ma di fatto sono in via di abbandono.

La transizione linguistica insegue la filosofia di “una fetta di salame alla volta” (ogni fettina non porta risultati visibili in modo macroscopico, ma piano piano il salame si consuma) ed è fatta di tantissime piccole mosse che sembrano insignificanti, prese singolarmente, ma nel complesso ci portano dove ci vogliono portare. Per esempio i documenti personali o sanitari che sono diventati bilingui, dunque nelle carte d’identità rilasciate dalla Repubblica italiana le scritte sono ormai bilingui (nome/name, scadenza/expiry), come se l’inglese fosse la lingua ufficiale dell’Europa.

Questo suicidio linguistico inseguito dalle politiche anglomani tutte interne si inserisce in un ben più ampio fenomeno mondiale che è la conseguenza dell’egemonia culturale, politica, economica e sociale degli Stati Uniti, e in particolare dell’espansione delle multinazionali. E così arriviamo anche al fenomeno degli anglicismi, che si moltiplicano con ritmi esponenziali da ormai molti decenni, e sono solo l’effetto collaterale dell’affermarsi dell’inglese globale.

Se, nei piani alti, si allarga il progetto di instaurare in modo ufficiale una diglossia post-moderna che fa del globalese la lingua superiore, nei piani più bassi il ricorso al lessico, alla terminologia e alla ri-concettualizzazione in inglese (assassino/killer, calcolatore/computer, verde/green) è la conseguenza di questo modo di essere “internazionali”. E così la città araba di Gaza si esprime nella lingua di chi sta sterminando i palestinesi e pianifica la sostituzione etnica (Gaza City), il confinamento al tempo del covid è diventato lockdown, mentre le insegne dei negozi (divenuti shop, store, megastore, outlet, showroom…) sono sempre più in inglese, come i titoli dei film al cinema e le trasmissioni dei palinsesti televisivi, in un’anglicizzazione dei generi cinematografici (biopic, romance) e persino dei libri, che fuori dall’editoria si declina con i nomi degli eventi e delle fiere in inglese. È l’intero panorama linguistico italiano che sta cambiando pelle, a partire dalle comunicazioni bilingui della metropolitana milanese o delle ferrovie dello Stato che ci induce a una sorta di ipnosi bilingue (prossima fermata… next stop…) che ci ribalta nell’inconscio in modo sempre più profondo.

Ecco perché hanno deciso di chiamare in inglese la manifestazione a cui ha partecipato la Crusca, per tornare da dove eravamo partiti: non perché questa decisione sia una stravaganza isolata, ma perché è l’espressione della transizione linguistica in atto che nessuno si prende la briga di raccontare.

#anglicismiNellItaliano #inglese #ingleseNellaScienza #interferenzaLinguistica #internazionalismi #itanglese #linguaItaliana #paroleInglesiNellItaliano


Dante Vibes: come uccidere la lingua di Dante con la scusa di promuoverla


di Antonio Zoppetti

Gabriele Valle mi ha segnalato un obbrobrio partorito dalla biblioteca comunale di Trento che ha passato ogni limite. Si tratta di una mostra che si propone di celebrare la grandezza del padre della lingua italiana con un titolo in itanglese: Dante Vibes.

Questa modalità di comunicazione — inappropriata, patetica e provinciale — è al contrario un oltraggio a Dante e alla nostra lingua.

Gabriele non è rimasto inerte, e ha denunciato questa porcheria scrivendo agli organizzatori e ai giornali. Il quotidiano locale l’Adige (17 aprile) ha pubblicato le sue considerazioni: vibes (che si pronuncia vaibs), “insieme agli altri quattromila anglicismi che hanno gettato radici nei nostri dizionari”, è un anglicismo nordamericano frequente nell’ambito colloquiale che deriva da vibrations.
“Ci si domanda – ironizza Valle – se Dante sarebbe riuscito a pronunciare il titolo dell’omaggio che vuole rendergli la Biblioteca comunale di Trento. (…) Ciò che stupisce è che proprio un tributo al cosiddetto padre della lingua venga fatto con un titolo espresso in itanglish. La biblioteca comunale è un formidabile pilastro della comunità. Trovo grottesco che abbia fatto una concessione a una diffusissima tendenza, che per qualcuno ‘emana buone vibrazioni’”.

Per comprendere meglio la sua (e la mia) indignazione basta riflettere sulla nostra storia linguistica e sul perché Dante è diventato il simbolo dell’italiano.

Perché “Dante Vibes” è un oltraggio?

Scrivendo la Comedia nel volgare fiorentino, il Sommo Poeta ha saputo creare una lingua che si è affermata in tutto il Paese diventando il canone dell’italiano.

A quei tempi la lingua della scrittura era il latino, la lingua della cultura, mentre le lingue del volgo, che oggi potremmo far coincidere con i dialetti, non possedevano lo stesso prestigio, erano solo la lingua della quotidianità che le masse utilizzavano nel parlare. Al contrario del latino, i volgari nella lingua del sì non possedevano una grammatica consolidata né un lessico comune a tutte le genti italiche. E non avevano ancora prodotto una letteratura in grado di superare i propri confini regionali per saper arrivare a tutta l’Italia (che era solo un luogo geografico, ma non politico).

In Europa, i primi volgari che erano stati impiegati per comporre opere poetiche in alternativa al latino erano soprattutto quelli francesi, cioè la lingua d’oc utilizzata dai poeti provenzali, e l’antico francese, la lingua d’oïl dei cicli epici di re Artù, da cui è derivato l’odierno “oui”. Questi modelli stranieri avevano una risonanza internazionale, come l’odierno inglese, e in un primo tempo anche molti poeti italici scelsero queste lingue per comporre le prime opere poetiche, invece di scrivere in latino o nella lingua del sì. Poi qualcuno cominciò a pensare di comporre direttamente nelle nostre parlate. Ma i componimenti nei volgari del nord non riuscirono a guadagnare un’universalità che li facesse arrivare in ogni regione, mentre quelli in umbro di San Francesco e Jacopone da Todi erano considerati preghiere in musica per il popolino, senza una dignità letteraria. Solo la lirica della scuola siciliana voluta da Federico II era riuscita a entusiasmare anche i lettori colti di un po’ tutto il Paese, in particolare in Toscana e in Emilia, ma il progetto politico e linguistico federiciano era stato una meteora, e si era esaurito con la morte di Federico. L’unificazione dell’Italia era dunque fallita, e anche la poesia in siciliano si dissolse.

Il successo di Dante ha fatto invece scuola, ha elevato la nostra lingua alla stessa dignità di quelle francesi e degli antichi Romani, ed era destinato a dare vita al moderno italiano. Il sommo poeta, come notava Leopardi, aveva attinto parole dal provenzale, dal latino, dall’arabo e anche dagli altri volgari italici, ma le aveva toscanizzate nelle desinenze e nei suoni, facendole diventare voci perfettamente italiane. Questo ha reso Dante il “padre” della nostra lingua. E quando le parole non c’erano o non gli bastavano, ricorreva all’invenzione di nuovi vocaboli, creando neologismi che seguivano gli stessi criteri (inurbarsi, disvicinare…).

La grandezza di Dante esaltata da tutti, nella nostra storia, sta in questo. Machiavelli, nel Discorso o dialogo intorno alla nostra lingua, metteva in bocca a Dante queste parole:

“Perché le dottrine varie di che io ragiono, mi costringono a pigliare vocaboli atti a poterle esprimere; e non si potendo se non con termini latini, io gli usavo, ma li deducevo in modo, con le desinenze, ch’io gli facevo diventare simili alla lingua del resto dell’opera.” Lo stesso giudizio che Ludovico Antonio Muratori (Della perfetta poesia italiana, 1706) estendeva a tutti gli scrittori del secolo d’oro, che dalla lingua “Latina, e dalla Provenzale, e da i vari Dialetti d’Italia presero non pochi vocaboli, e modi di parlare, e li fecero divenir propri dell’Italiana.”

Una mostra intitolata Dante Vibes – con inversione sintattica rispetto per esempio a “vibrazioni dantesche” – va invece nella direzione opposta: non è l’italianizzazione di ciò che arriva da fuori, bensì la distruzione dell’italiano che viene deformato in un mischione che non è più né italiano né inglese.

Che cosa avrebbe pensato Dante di questo progetto? Lo si può intuire da un passo del Convivio, un’opera che ricorreva al volgare non solo per la lirica, ma anche per il commento alle poesie proposte, perché il latino internazionale dei dotti non sarebbe stato adatto a commentare i ritmi e le rime dell’“italica loquela”, che era più conveniente spiegare nella loro stessa lingua. Tra le ragioni del volgare c’era anche il “naturale amore de la propria loquela” – “l’amore ch’io porto a la mia loquela, che è a me prossima più che l’altre” – che gli faceva respingere le ragioni dei “malvagi uomini d’Italia” che disprezzano la propria lingua in favore de “lo volgare altrui”. Dunque avrebbe mandato con ogni probabilità i curatori della mostra all’Inferno.

L’itanglese? Vuolsi così colà dove si puote

La scelta dell’itanglese è sempre più spesso spacciata per essere “di moda”, come fosse qualcosa di simpatico per accalappiare un nuovo pubblico che però, più che esistere – si vuole creare. Questo pubblico vive solo nella testa colonizzata dei nuovi operatori della comunicazione. Mi chiedo quanti italiani sappiano cosa significhino Dante Vibes, Open Mic ed escape room e quanti preferiscano davvero i reading alle letture e declamazioni.

Se, un tempo, la prima regola della comunicazione era quella di usare un linguaggio adatto al destinatario, i nuovi strateghi del marketing puntano oggi alla strategia opposta, quella di imporre a tutti il proprio linguaggio anglomane da addetti ai lavori che si formano solo su testi in angloamericano.

Anglicismo dopo anglicismo, in uno stillicidio quotidiano, in questo modo l’inglese viene così proposto (e allo stesso tempo imposto) da una classe dirigente in preda alla coazione a ripetere. La parola d’ordine è anglicizzare, e non c’è ormai evento, manifestazione, progetto che non ricorra a questa strategia.

E così l’inglesorum erede del latinorum è il nuovo canone degli azzercagarbugli della comunicazione che se ne fregano di come parla la gente, perché nella loro testa c’è solo la newlingua dell’élite di cui fanno parte, una lingua aristocratica e di classe che vogliono affermare.

Il perché della proliferazione dell’itanglese è allora semplice: perché vuolsi così colà dove si puote, per citare Dante. Ma oggi il luogo dove “si puote” non è il paradiso, sta nei nuovi centri di irradiazione della lingua, che stanno abbandonando l’italiano per privilegiare l’inglese in ogni ambito. Lo si vede nelle iniziative scellerate come quella della biblioteca di Trento, e nei progetti istituzionali, nella lingua dei giornali e in quella del lavoro, della scienza, della cultura…

L’itanglese non è il sempice ricorso a qualche anglicismo, è un nuovo canone linguistico

Carlo Vurachi, per esempio, mi ha segnalato un’iniziativa della regione Friuli-Venezia Giulia denominata in inglese: il Recruiting Day Young rivolto agli under 35. Intanto, su un articolo del Corriere dei giorni scorsi il vecchio concetto di ubriacone, beone, avvinazzato, trincone (come il papà di Braccio di Ferro Trinchetto o come Spugna, il nostromo di Capitan Uncino), ma anche parole storiche come alcolizzato, alcolista, etilista… cedono il posto ai binge drinker dell’Alcohol Prevention Day, e non alla giornata di prevenzione dell’alcol (quest’ultima è una voce italianizzata di origine araba). Questa newlingua è stata partorita dall’Osservatorio “nazionale” dell’acol che in teoria dovrebbe esprimersi in italiano, nei suoi “Report”. E la mentalità coloniale che punta a esprimersi con l’inglese è ancora più disarmante in un articolo dove i letti separati diventano sleep divorce. Perché? Perché questa “tendenza” che è vecchia come il cucco oggi negli Stati Uniti è detta così, e noi sudditi ripetiamo ciò che arriva dagli Usa nella loro lingua superiore a cui siamo asserviti.

Mentre certi linguisti rimasti agli anni Ottanta pensano che l’itanglese consista nell’accogliere qualche singola parola in inglese, la realtà è un’altra. Dante Vibes non accoglie l’anglicismo “vibes” che non compare nemmeno tra i neologismi della Treccani, è un riversamento dell’inglese che esce dai dizionari e si porta con sé l’inversione sintattica. Lo stesso si può dire del Recruting Day Young che non consiste nell’importazione di singole parole, ma nel passare direttamente alla struttura della lingua inglese, oltre che al lessico.

L’itanglese travalica ormai la semplice sfera lessicale, si trasforma in enunciazioni mistilingui di una portata superiore, genera una gamma di espressioni che non è più possibile registrare nei dizionari, perché uscendo dal lessico si animano di vita propria, e si ricombinano. E così le radici inglesi diventano prefissoidi (under/over 35), generano parole ibride scritte e pronunciate un po’ in italiano e un po’ inglese (zoomare, softwarista), mentre spuntano sempre più pseudoanglicismi e ricombinazioni maccheroniche delle radici inglesi (smart working) che convivono con espressioni realmente inglesi… Tutto ciò è lo sfaldamento dell’italiano, non la sua modernizzazione.

L’itanglese non è un vezzo senza conseguenze, assurge a un‘ostentazione compiaciuta dei suoni inglesi, a uno stilema linguistico ricercato dai comunicatori che vanno nella direzione opposta a quella del padre della nostra lingua, Dante, che attingeva dalle lingue allora dominanti facendole diventare italiane.

In questo modo l’italiano diventa “volgare”, inteso come codice espressivo popolare che non possiede lo stesso prestigio.

La lingua di Dante, disonorata in patria ma amata all’estero e da re Carlo

Mentre noi ci vergogniamo dell’italiano e lo mescoliamo alla nuova lingua superiore, all’estero il nostro idioma – che continua a essere rappresentata soprattutto dalla lingua di Dante – è invece amato e ammirato, e gode di un prestigio che in patria non possiede più. E così, poche settimane fa, Re Carlo ha scelto di tenere in italiano parte del suo intervento pronunciato in parlamento. Lo ha fatto nell’incipit del suo discorso (“spero di non stare rovinando la lingua di Dante”), in alcuni passi più sentiti e anche nella conclusione: “E quindi uscimmo a rivedere le stelle”.

A rovinare la lingua di Dante ci pensa invece la biblioteca di Trento, non il re del Regno Unito, che con la sua scelta di esprimersi in italiano – particolarmente significativa visto che i sistemi scolastici anglofoni non puntano all’insegnamento di altre lingue – ha lanciato un segnale importante in favore del plurilinguismo, e anche della bellezza della nostra lingua che in patria è invece svilita.

Sul discorso di Carlo voglio divulgare l’immagine che mi ha mandato il professor Jacopo Parravicini, docente di fisica all’università di Firenze. Credo che potrebbe aiutare a riflettere i comunicatori anglomani della Biblioteca di Trento.

Intanto se qualcuno vuole inoltrare le sue proteste sul nome della manifestazione, sul sito della biblioteca, in basso, ci sono i recapiti a cui rivolgersi.

#anglicismiNellItaliano #Dantedì #inglese #interferenzaLinguistica #itanglese #linguaItaliana #paroleInglesiNellItaliano #rassegnaStampa


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Report finale Assemblea nazionale Rete a pieno regime – Roma 21 settembre 2025


Report finale ed interventi

Si è svolta a Roma presso Spin Time l’assemblea nazionale, convocata dalla Rete NO DDL Sicurezza, che ha visto un’ampia partecipazione delle molte realtà che hanno dato vita al percorso collettivo partito contro il DDL sicurezza lo scorso anno.

Dopo i tanti interventi alla conclusione c’è stata la lettura del report finale.

“Questa assemblea si propone di attraversare le lotte e le giornate di mobilitazione, a partire già da domani 22 settembre con in mente la proposta di costruire insieme una data che possa aggredire questo governo con una convergenza reale, verificando le condizioni per una mobilitazione in occasione della discussione della finanziaria di guerra a dicembre, un passaggio cruciale in questa fase di accumulazione di risorse verso l’alto e che attaccherà la vita di tutte e tutti noi. La nostra lotta è per la vita!”

Nella pagina FB della Rete NO DDL potete trovare il report finale e i video di tutti gli interventi dell’assemblea.

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Dopo 4 mesi di leva forzata, 2 giornalisti tornati a casa.


[:it]Sono diversi gli episodi di individui, fra cui giornalisti, attivisti, esponenti del mondo della cultura che da mesi vengono letteralmente sequestrati dai servizi segreti del Burkina Faso e spediti al fronte, inquadrati nella milizia dei Volontari pe

Sono diversi gli episodi di individui, fra cui giornalisti, attivisti, esponenti del mondo della cultura che da mesi vengono letteralmente sequestrati dai servizi segreti del Burkina Faso e spediti al fronte, inquadrati nella milizia dei Volontari per la difesa della Patria (VDP), quale forma punitiva per aver espresso le proprie idee nei confronti della dittatura al potere. Fra di essi Guezouma Sanogo, presidente dell’Associazione Giornalisti del Burkina Faso, e per radio Femina FM, Phil Roland Zongo, i quali, dopo 4 mesi al fronte dalle parti di Fada N’Gourma, da marzo 2025, tornarono finalmente dalle rispettive famiglie a Ouagadougou alla fine del mese di luglio 2025. La stessa sorte l’avevano subita anche i giornalisti Boukari Ouoba, Luc Pagbelguem, Kalifara Séré riapparsi l’11 luglio dopo 380 giorni.

censura dei media in Africa

Guezouma Sanogo venne arrestato presso il Centro Nazionale di Stampa Norbert Zongo a Ouagadougou il 24 marzo da presunti membri dell’Agenzia Nazionale di Intelligence (ANR). Un giorno prima, il 23 marzo, toccò a Roland Zongo essere arrestato nella propria abitazione; la sua cattura venne nascosta sino al momento della sua liberazione.

Questi eventi si verificarono dunque in concomitanza con il congresso dell’Associazione dei Giornalisti del Burkina Faso (AJB), il 21 marzo, durante il quale sia Sanogo che Zongo denunciarono la trasformazione dei media pubblici in strumenti di propaganda. I due giornalisti contestualmente richiesero la liberazione dei colleghi rapiti e costretti al servizio, richiamando l’attenzione sulla grave situazione della libertà di stampa nel paese.

Secondo Reporters without Borders:

“Il ritorno di Guezouma Sanogo e Phil Roland Zongo pone fine al calvario vissuto da questi membri dell’Associazione dei Giornalisti del Burkina – quasi quattro mesi dopo la coscrizione forzata di altri tre membri dell’AJB, tutti rilasciati tra il 17 e il 21 luglio. Questi giornalisti non avrebbero mai dovuto essere arruolati con la forza! Tutti questi rapimenti sono avvenuti dopo che i giornalisti avevano denunciato pubblicamente la repressione della stampa e la coscrizione mirata di giornalisti – almeno due dei quali risultano ancora arruolati al momento della stesura di questo testo. RSF chiede alle autorità di fare piena luce sul destino dei giornalisti – che con ogni probabilità sono ancora arruolati o scomparsi – e di porre fine alla cultura del silenzio e della paura imposta ai giornalisti in Burkina Faso.”

L’arresto di Sanogo e Zongo e dei loro colleghi rappresenta non solo un attacco individuale contro questi professionisti ma anche un chiaro segnale di repressione verso tutti coloro che osano esprimere opinioni critiche nei confronti del governo. La libertà di stampa è un fondamento della democrazia e la sua erosione costituisce una grave minaccia per i diritti civili e politici nel paese. È fondamentale che la comunità internazionale continui a sostenere gli sforzi per la protezione dei giornalisti e per la salvaguardia della libertà di informazione in Burkina Faso e oltre.

Fonte Reporters without Borders


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Un interessante Sabato al Pisa Street Photography International con talk di autori internazionali quali:
- Amedeo Novelli
- Pau Buscato
- Ania Klosek
- Collettivo UP Photographer
- Gustavo Minas
Una giornata molto interessante e formativa.
Un ringraziamento agli organizzatori per l'ottimo lavoro svolto, e arrivederci al prossimo anno 👋
Per approfondire: pspifestival.it/
#streetphotography #street #streetphotographer #pisa

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La Notte dei Ricercatori e delle Ricercatrici 2025 dell’INAF

edu.inaf.it/news/eventi/notte-…

Torna la Notte Europea delle Ricercatrici e dei Ricercatori il 26 settembre! Segui la diretta Instagram e scopri il ricco programma di proposte INAF sparse in tutta Italia.

#INAF #ndr #NotteEuropeaDeiRicercatori

Notte Europea Ricerca Astronomia
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Comune di Catania, il silenzio sul disavanzo


Scade tra una settimana, il 30 settembre, il termine per l’approvazione del Documento Unico di Programmazione (Dup) da parte del consiglio comunale. La votazione è stata calendarizzata, appena in tempo, per i giorni 26 e 29.

Qualche giorno prima, giorno 24, si dovrebbe approvare, con cinque mesi di ritardo, il bilancio consuntivo 2024, appena in tempo per evitare l’assurdo di dover […]

Leggi il resto: argocatania.it/2025/09/22/un-d…

#BilancioComunale #ComuneDiCatania #RegioneSiciliana

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free palestine _ sciopero generale, oggi 22 settembre 2025, contro il genocidio e per la libertà e l’autodeterminazione del popolo palestinese


slowforward si unisce allo sciopero collettivo di protesta contro il genocidio in corso

fanpage.it/attualita/sciopero-…

usb.it/leggi-notizia/usb-procl…

#Gaza #genocide #genocidio #Palestine #Palestina #warcrimes #sionismo #zionism #starvingpeople #starvingcivilians #iof #idf #colonialism #sionisti #izrahell #israelterroriststate #invasion #israelcriminalstate #israelestatocriminale #children #bambini #massacri #deportazione #concentramento #famearmadiguerra #sciopero #scioperogenerale

#bambini #children #Cisgiordania #coloni #colonialism #concentramento #deportazione #famearmadiguerra #Gaza #genocide #genocidio #ICC #icj #IDF #invasion #IOF #israelcriminalstate #israelestatocriminale #israelterroriststate #izrahell #massacri #ostaggi #Palestina #Palestine #prigionieri #sciopero #scioperoGenerale #scioperogenerale #settlers #sionismo #sionisti #starvingcivilians #starvingpeople #warcrimes #WestBank #zionism

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sistemazioni contro il malore in HTMLy per scrivere decente (nuova funzione per editor Markdown a schermo intero)


Ogni tanto, per risolvere problemi pratici merdosi, mi invento soluzioni tecniche complesse e cursate del tipo di reimplementare la API di WordPress dentro HTMLy per poter gestire il blog basato su quello con la app di WordPress… ma, questo è uno spoiler che non dovrei fare, almeno fintanto che non finisco di lavorarci, cazzarolina. Tuttavia, qualche altra volta, se il caso vuole, mi escono piuttosto soluzioni tecniche semplici ed eleganti… come, in questo caso, aggiustare l’editor di post già presente in HTMLy, senza sostituirlo, per risolvere i problemi pratici merdosi in un modo banalissimo: aggiungere una modalità fullscreen. 🤯

L’editor Markdown base dentro quel coso, fatto di una semplice <textarea> con una barra degli strumenti bonus (e scorciatoie da tastiera) per la formattazione, con un’anteprima a parte (che, tra l’altro, non è accurata rispetto a come il Markdown viene poi renderizzato dal frontend del sito, ma questa è un’altra rogna), per qualche motivo infatti non mi ha mai completamente convinto, ma non mi sono mai messa a riflettere abbastanza da capire come mai ciò fosse il caso… Almeno fino a prima di adesso (cioè, di qualche giorno fa), quando ho capito che il problema è il layout assoluto della pagina admin; non l’editor intrinsecamente, insomma, ma il contesto in cui questo è inserito. 👌

In breve, pensandoci, tutti gli editor di testo normali e i programmi di videoscrittura, e le interfacce di blogging di conseguenza, non hanno ‘sta cosa dove la pagina è un form classico con tremila campi, che scrolla pure verticalmente perché ovviamente è bella grande, e il contenuto sta in una delle tante scatoline… bensì è circa tutto il contrario, cioè che il contenuto è al primo posto e tutto il resto sta attorno. In qualcosa come il Blocco note di Windows, questo “attorno” è solo barra dei menu + barra di stato, mentre in WordPress è una serie di tasti importanti sopra e campi misti di lato (o in un menu a parte nella app Android), su Word è la barra gigante in alto, e così via… 🎐

Ma quindi, la soluzione a questo apparentemente insignificante dettaglio di UI/UX, che però mi causa (e penso a molti causerebbe) dei mal di testa (o, almeno, uno stato di controvoglianza nell’uso), — come sempre, perché le interfacce fatte per bene sono invisibili, mentre quelle che non lo sono causano sempre dolore — potrebbe sintetizzarsi in, semplicemente, aggiungere una funzione per cui il campo di testo dell’editor possa andare a finestra intera, prendendo precisamente tutto lo spazio, e non di più o di meno (più la barra degli strumenti fissata). ⚗️

A confronto, modalità schermo intero e normale con finestre su desktopDemo dello schermo intero in una finestra su desktop con Lorem Ipsum
Demo dello schermo intero con Lorem Ipsum su mobile, con la tastiera aperta

Ora, ovviamente l’ideale massimo sarebbe in ogni caso solo rifare da capo l’intera pagina per farle avere alla base una struttura decente, ma significherebbe appunto ricostruire tutto; e sicuramente con JavaScript potrei riuscirci senza dover rompere ogni cosa, ma per ora chiaramente non c’ho voglia. Già questa piccola modifica tanto basterà per alleviare tantissimo il mal di capa causato da quello che spesso è un doppio scrolling (specialmente su mobile, dove la sofferenza viene credo triplicata), della pagina + l’area di testo (che non si ridimensiona mai automaticamente), o in alternativa il dover scrollare troppo la pagina per raggiungere altri campi se l’area fosse alta quanto il contenuto… e le controindicazioni sono assolutamente zero, quindi ho fatto subito una pull request al capo del progetto, fiduciosa che verrà accettata (quando si sveglia domani, che lui è indonesiano, quindi ora starà nel lettino). 🔧

Pure a livello di codice, ribadisco, non è stato difficile; è bastato un po’ di puro CSS per dichiarare il layout, e del JavaScript integrato nell’editor già esistente per attivare e disattivare l’ambaradan a necessità, col bottoncino o con la combinazione da tastiera che ho registrato (CTRL+P). Per mobile ho in realtà aggiunto anche una proprietà del meta viewport che ho scoperto letteralmente stasera, cioè interactive-widget=resizes-content, per indicare al browser (almeno, per Chromium e Safari si, su Firefox chi lo sa) di ridurre il l’area della pagina quando la tastiera virtuale è aperta, così da evitare un altro doppio scrolling che altrimenti ci sarebbe… e ora si che è comodo lì, pare nativo! 👄

Va detto comunque che l’idea di base non l’ho inventata io, anche se mi è dovuta comunque arrivare come intuizione personale perché io potessi considerarla (poiché non arriva mai nessuno da me a suggerirmi le cose in anticipo e semplificarmi così le missioni, mannaggia alla polvere). Infatti, pensandoci lo fa anche un plugin di cui non ricordo il nome che ho sulla mia DokuWiki, che aggiunge un tasto al campo di editing anch’esso semplice vecchio stile da <textarea> buttata in una pagina alla bene e meglio, per mandare a schermo intero… ma quell’implementazione è mezza rotta e meno elegante di cosa ho fatto io qui, che ho riutilizzato gli elementi già presenti nel DOM, senza duplicare il campo di testo o fare strane scemenze. Detto questo, però, è proprio strano che questa idea non solo non sia mai venuta al grande capo di HTMLy, ma nemmeno ad altri contributori… non esistono issue o pull request al riguardo, a parte qualcuno che vorrebbe sostituire l’intero editor Markdown con altri più avanzati (che no, non risolverebbe direttamente questo specifico mal di cervello, e lo so perché sulla mia installazione ci ho provato; non è la mancanza di WYSIWYG che mi uccide, è il layout che scrolla e fa cose che bleh… ma ora grazie al cielo non più). 🙌

#blogging #CMS #HTMLy #improvement #Markdown #OpenSource #webdev

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in reply to minioctt

comunque, si, alla fine la pull request è stata accettata.


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[libro] Ci siamo già visti?


Autrice: Sadie Dingfelder
Titolo: Ci siamo già visti? – Come ricordiamo e riconosciamo (o no) le facce, le persone e il mondo intero
Editore: ilPost – Iperborea, collana Altrecose
Altro: ISBN 9791281729100; I ed. it. 2025; p. 320; 20,00€; traduzione di Francesca Pè; titolo originale: Do I Know You? – A Feceblind Reporter’s Journey into the Science of Sight, Memory, and Imagination; genere: saggistica, divulgazione scientifica

Voto: 8/10

Il tutto inizia con Dingfelder che rimprovera suo marito al supermercato per aver preso un prodotto che non doveva. Il marito la guarda con due occhi sgranati. Dingfelder scopre così che chi stava rimproverando non era suo marito. L’autrice parte da questo evento per indagare una sua peculiarità: non riconosce le facce delle persone. Questa condizione si chiama prosopagnosia. Da giornalista scientifica coglie l’occasione per indagare questa neurovariabilità e scrivere degli articoli per il suo giornale. Ha quindi contattato numerosi neurologi e psicologi che studiano il problema, si è sottoposta a numerosi esami, anche sperimentali, e ha scoperto di avere altre interessantissime neurodiversità: è stereo cieca (vede il mondo in 2D e non in 3D), è afantasica (non riesce a visualizzare una situazione) e non ricorda i dettagli di cosa ha vissuto (SDAM). E altre piccole stranezze.

Queste non abilità, chiamiamole così, non sono classificate come malattie, ma come modi (estremi) in cui il nostro cervello può funzionare. Ci sono anche estremi opposti, come persone che sono degli iper-riconoscitori dei volti (e sono usati dalla polizia per riconoscere i ricercati fra la folla), chi ha una vista molto 3D (e guida aerei da caccia) o chi ricorda troppi particolari della propria vita vissuta. Ognuno di questi modi costringe queste persone a tecniche compensative per vivere in un mondo che non è fatto per loro. Dingfelder, per esempio, si scrive tutto, mette in forma di storia quello che vive, per ricordare quello che fa. E quindi è un’ottima giornalista.

Ma queste diversità sono anche un ottimo modo per i neuroscienziati per capire come funziona il nostro cervello. La prosopagnosia, per esempio, ci ha fatto scoprire che ci sono aree dedicate al riconoscimento dei volti, scollegate dal riconoscimento degli oggetti. A seguito di un trauma, per esempio, si può perdere la capacità di riconoscimento dei volti, ma non degli oggetti o viceversa.

Il viaggio in questo strano mondo senza volti, in 2D e senza immagini nella mente, è molto affascinante per noi neurotipici e l’autrice è capace di raccontarlo con grande (auto) ironia e in modo da divulgare le ultime ricerche fatte in questo campo. Il racconto della sua ricerca scorre veloce e mi ha lasciato con una consapevolezza nuova: quello che sentiamo con i nostri sensi e come lo elaboriamo ci condiziona nel nostro modo di pensare molto di più di quanto vorremmo ammettere. Dovremmo stare più attenti a come vivono gli altri le cose, essere meno giudicanti. Dimenticare una storia d’amore finita male è molto più facile se è soltanto una pagina nel nostro diario o un numero in una rubrica telefonica. Un po’ meno se è un intero film che abbiamo nella mente, magari con miriadi di dettagli.

Personalmente mi sono trovato molto vicino all’autrice. Pur non soffrendo di prosopagnosia, ho difficoltà a riconoscere le somiglianze fra le persone tanto che una donna che cambia taglio di capelli e trucco potrei fare fatica a riconoscerla. Inoltre in alcuni casi – non ho capito ancora quale è il discrimine – faccio molta fatica ad associare un nome al volto, anche se le persone le incontro spesso. (Un saluto a due care amiche della Comizietta, che dopo 5 anni ancora confondo i loro nomi.) Anche i dettagli che ricordo degli eventi penso che siano molti meno di altre persone, come per esempio la mia Saì.

Non mi resta che consigliarvi la lettura di questo volume per scoprire nuovi mondi letteralmente mai visti prima.

#afantasia #CiSiamoGiàVisti_ #divulgazioneScientifica #libro #prosopagnosia #recensione #sadieDingfelder


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nel podcast ‘la finestra di antonio syxty’, oggi, 21 settembre 2025: “etica dei ritagli”, di giovanni cianchini


open.spotify.com/episode/75K4O…

Etica dei ritagli, di Giovanni Cianchini (Arcipelago Itaca, collana Lacustrine, 2023, introduzione di Laura Cingolani), ospite del podcast ‘La Finestra di Antonio Syxty’, oggi, 21 settembre 2025. Con l’autore e A.S. interviene Simone Beghi.

Qui il libro: arcipelagoitaca.it/products/et…

#AntonioSyxty #ArcipelagoItaca #audio #GiovanniCianchini #LaFinestraDiAntonioSyxty #Lacustrine #LauraCingolani #podcast #poesia #prosa #RenataMorresi #SimoneBeghi

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Il PCI solidarizzava con i Vietcong, ripensando alla Resistenza in Italia


Contro l’idea del ‘tradimento’ degli ideali resistenziali e la concezione rivoluzionaria e classista della Resistenza portata avanti dai movimenti (e da alcune frange del partito, per la verità), il PCI oppose (e ripropose) una narrazione della Resistenza entro la cornice togliattiana della svolta di Salerno: una Resistenza interclassista e democratica, fortemente ancorata al concetto di ‘popolo’, legata semanticamente a quello di ‘nazione’, costruita discorsivamente sull’unione delle diverse componenti sociali e politiche del paese (quelle progressiste, ovviamente) <20. In occasione del ventennale della Resistenza, il 25 aprile del 1965, si invocava una «nuova unità operaia e democratica» , mentre l’anno seguente un giovane Achille Occhetto, dal 1963 segretario della federazione giovanile, parlava <21 della Resistenza nei termini di «vittoria del popolo» e «guerra di popolo». Contro la ‘Resistenza rossa’ si scagliò anche Paolo Spriano <22, opponendo la «verità storica» alla formula coniata dal movimento studentesco. E la verità (neanche a dirlo) risiedeva proprio nell’elemento popolare: «quando si vuole adoperare la formula ‘ci fu una sola Resistenza e fu Resistenza proletaria’, si dice cosa non vera: non vera nella realtà, poiché alla Resistenza parteciparono forze sociali e politiche diverse, non vera neppure nelle intenzioni comuniste, nella piattaforma che i comunisti le davano. […] La Resistenza che è culminata nell’insurrezione al Nord, fu un grande sommovimento di popolo, fu vittoriosa, anche perché il PCI, che tanta parte ebbe nel suscitarlo, intese profondamente questo carattere unitario, nel quale la classe operaia assunse una funzione di direzione, una funzione positiva, nazionale nuova». <23
Sarebbe certamente tedioso fare un elenco delle centinaia di articoli e le decine di pubblicazioni sulla Resistenza che uscirono intorno alla metà degli anni settanta, soprattutto per il trentennale, nel 1975, ma è opportuno semmai metterne in luce alcuni aspetti. Tra questi, vale la pena ricordare il ruolo importante assunto dal discorso sul Vietnam. Tra la metà degli anni sessanta e la metà del decennio successivo, infatti, ‘popolo’ e ‘Resistenza’ si trovarono con altissima frequenza sullo stesso asse discorsivo della narrazione delle lotte del popolo vietnamita contro l’imperialismo statunitense. «Ha diritto il popolo del Viet Nam del Sud a essere indipendente e libero e unito anche se questo turberà ‘l’equilibrio’ a sfavore dell’imperialismo americano nel sud-est asiatico?», chiedeva retoricamente Mario Alicata ai lettori de l’Unità nei giorni dell’evacuazione di Hanoi nel luglio del 1966. E ancora: «Ha diritto l’imperialismo americano a massacrare impunemente un popolo, a trascinare il mondo verso un conflitto generalizzato, per opporsi all’inarrestabile marcia dei popoli verso la loro indipendenza nazionale, sol perché in alcuni paesi tale bandiera è stretta nel pugno in primo luogo dai comunisti?». <24
In generale, sulla stampa di partito, la semantizzazione del discorso sul Vietnam si basava sul alcuni fondamentali assunti: l’eroismo del popolo vietnamita <25, la sua forza <26, il suo coraggio <27, la sua unità <28, la sua volontà <29, il suo sacrificio <30, la sua conseguente invincibilità <31; la rappresentazione biblica del re Davide contro il gigante Golia <32; la denuncia del genocidio di un popolo e di una ‘guerra sporca’ <34; il collegamento locale/globale, tra la lotta del popolo vietnamita e la lotta dei popoli del mondo (tra cui quello italiano) <35; il discorso sulla ‘guerra di popolo’ <36; la congiunzione spirituale tra la Resistenza del popolo italiano e la resistenza del popolo vietnamita. Ciò che collegava narrativamente i due popoli era proprio la vitalità degli ideali resistenziali. Nel ventennale della Resistenza italiana, nel 1965, Enrico Berlinguer spiegava, in un articolo su l’Unità dal titolo evocativo, “La Resistenza oggi”, che l’attualità della lotta partigiana era data da «ciò che [avveniva] nel mondo», e cioè «l’attacco barbaro che gli americani [stavano conducendo] contro il popolo del Viet Nam», e «ciò che [accadeva] in Italia» contemporaneamente, ossia «un’offensiva padronale e un’involuzione politica che [mettevano] in causa le conquiste fondamentali delle classi lavoratrici e le prospettive stesse di un’avanzata del nostro regime democratico». Perciò, concludeva, non era retorico l’appello che aveva fatto Longo «perché l’Italia della Resistenza [fosse] tutta, moralmente, politicamente, e in tutte le forme concrete che si renderanno necessarie, con la Resistenza del popolo del Viet Nam». <37
È presente in questo passo un nodo fondamentale del pensiero e della politica berlingueriana, poi anche base discorsiva del ‘compromesso storico’. In Italia, come in altre parti del mondo per certi aspetti affini, la possibilità di scivolamento nella crisi istituzionale, cioè di un’involuzione politica e di un rovesciamento delle conquiste democratiche a opera di forze reazionarie sempre presenti nel tessuto sociale, gettava un’ombra perenne sul paese.
È a partire dagli anni sessanta, dunque, che l’idea della crisi era entrata in sordina nel discorso del partito. Il XII congresso, svoltosi a Bologna tra l’8 e il 15 febbraio del 1969, rilevando l’approssimarsi della conclusione dell’esperimento del centrosinistra, aveva sottolineato la necessità di una «nuova maggioranza di forze laiche e cattoliche» che fosse «espressione politica dell’aggregazione di un nuovo ‘blocco politico’ di classi e ceti sociali». Ma se inizialmente la crisi era concettualizzata eminentemente come fenomeno <38 politico, in seguito, nel corso degli anni settanta e con i primi segnali di recessione, fu sempre più spesso presentata anche come questione economica. Il XIII congresso, infatti, tenutosi a Milano tra il 13 e il 17 marzo del 1972, registrava lo stato di crisi politico-economica in cui versava il paese, che si era generato grazie alle storture di una crescita non (o mal) regolamentata. Un episodio drammatico come la strage di piazza Fontana a Milano, il 12 dicembre 1969, aveva nel frattempo concorso a rafforzare gli scenari più bui <39. Per «isolare e per battere il fascismo», aveva scritto Alessandro Natta su Rinascita del luglio 1973, occorreva «una politica capace di risolvere in termini di libertà, giustizia, di progresso i problemi delle masse popolari» attraverso un «incremento di libertà e di giustizia» e l’«espansione della partecipazione e del controllo popolare». <40

[NOTE]20 Bassi, “Una guerra semantica”. Si veda la figura n. 21, Carlo Levi, “25 aprile”, l’Unità, XL, 113 (25 aprile 1963), in appendice iconografica. Nell’illustrazione era scritto: «Se per la prima volta noi ci incontrammo insieme nella nuova coscienza di lotta e di rivolta, nel sangue, nell’azione sbocciata come un fiore, questo nuovo valore, questa è la Resistenza. Se questo primo seme comune, sotterrato negli anni, ha germogliato nuovo a un luglio di popolo per l’oggi, per il dopo, questa è la Resistenza».
21 “A venti anni dalla gloriosa insurrezione nazionale del 25 aprile. Trionfino gli ideali della Resistenza con una nuova unità operaia e democratica”, l’Unità, XLII, 113 (25 aprile 1965).
22 Achille Occhetto, “Andare avanti”, l’Unità, XLIII, 113 (25 aprile 1966).
23 Paolo Spriano, “Ancora sull’antifascismo tra i giovani. ‘Resistenza rossa’?”, l’Unità, XLVIII, 139 (23 maggio 1971).
24 Mario Alicata, “Il mondo a una svolta”, l’Unità, XLIII, 178 (24 luglio 1966).
25 Si parlava, per esempio, di «eroica lotta del popolo vietnamita, m.d.b., “Esaltante incontro di massa con le donne vietnamite”, l’Unità, XLIX, 299 (1° ottobre 1972), o di «eroici combattenti per la libertà», “Gli USA rispettino i patti!”, l’Unità, XLIX, 299 (1° novembre 1972).
26 “Un crimine immane che non ha piegato il Vietnam. Il martirio di un popolo”, l’Unità, L, 23 (24 gennaio 1973).
27 L’articolo “Hanoi: senza il sabotaggio di Nixon oggi nel Vietnam ci sarebbe la pace”, l’Unità, XLIX, 299 (1° novembre 1972) parlava per esempio di «lotta coraggiosa del popolo vietnamita».
28 Per esempio, in “Il Vietnam della tempesta”, l’Unità, XLV, 33 (3 febbraio 1968) si parlava di «un intero popolo» e di «lotta di tutto un popolo».
29 Per esempio: «il nemico non ha spezzato la volontà dell’eroico popolo del Vietnam», “‘Libertà e unità della Patria’ scopo della lotta del Vietnam”, l’Unità, L, 1 (2 gennaio 1973); «rafforzano il popolo vietnamita nella sua determinazione di combattere e vincere», “Continua la lotta e la vigilanza dei popoli mentre riprendono gli incontri di Parigi”, l’Unità, L, 1 (2 gennaio 1973).
30 Si parlava sovente di «popolo martoriato», “Gli USA rispettino i patti!”, l’Unità, XLIX, 299 (1° novembre 1972); di «sacrificio del popolo del Vietnam» e ancora di «popolo martoriato», “Manifestazioni e iniziative in tutta Italia”, l’Unità, XLIX, 350 (22 dicembre 1972).
31 Per esempio: «[Nixon] vuole sterminare tutto un popolo, ma il popolo vietnamita è come la terra, che sempre fa rinascere i suoi germogli e la vita», “Le donne protagoniste dell’esaltante manifestazione al Flaminio. Da ogni quartiere, da ogni comune per le loro sorelle del Vietnam”, l’Unità, XLIX, 299 (1° ottobre 1972).
32 Si vedano: «Oggi lo stesso popolo tiene testa, in condizioni di incredibile sproporzione di forza e con un incredibile coraggio, alla più grande potenza industriale del mondo, alla più avanzata tecnologia militare» “Il Vietnam della tempesta”, l’Unità, XLV, 33 (3 febbraio 1968); «La più potente e feroce macchina di guerra del mondo non è riuscita a soffocare la voce di libertà e indipendenza di un piccolo popolo», “I bombardamenti sono cessati. Ora si deve conquistare la pace”, l’Unità, XLV, 294 (2 novembre 1968).
33 Erano frequenti le espressioni come «barbaro genocidio», “Chi sono i Vietcong’”, l’Unità, XLV, 33 (3 febbraio 1968), o «barbaro massacro», “Manifestazioni e iniziative in tutta Italia”, l’Unità, XLIX, 350 (22 dicembre 1972).
34 Per esempio: “Alla notizia dell’accordo che pone fine alla sporca guerra nel Vietnam emozione ed entusiasmo in tutta Italia”, l’Unità, L, 24 (25 gennaio 1973).
35 Si diceva per esempio: «Una data storica che segna la vittoria dell’eroico popolo del Vietnam e di tutte le forze democratiche e di pace del mondo intero», “Accordo di pace. Continui la mobilitazione e la vigilanza”, l’Unità, L, 23 (24 gennaio 1973). Si veda anche “Una storica vittoria dell’eroico Vietnam e di tutti i popoli del mondo”, l’Unità, L, 24 (25 gennaio 1973).
36 «È la guerra di popolo che si sviluppa. Oggi colpisce il nemico più forte che mai, e non isolatamente, ma su tutto l’arco del fronte interno che risulta tutto in movimento, scompaginato da un’iniziativa militare e politica che rivela non solo uno slancio eroico inimmaginabile ma una linea politica robusta, nazionale, legata alle masse, profondamente connaturata con le esigenze di libertà e indipendenza tradizionali del popolo vietnamita», “No all’aggressione”, l’Unità, XLV, 33 (3 febbraio 1968). Sullo stesso numero, a pagina 8 e a caratteri cubitali: “Generazioni di vietnamiti in lotta per la libertà e l’indipendenza contro gli stranieri. Una guerra di popolo”, l’Unità, XLV, 33 (3 febbraio 1968).
37 Enrico Berlinguer, “La Resistenza oggi”, l’Unità, XLII, 113 (25 aprile 1965).
38 Alberto Cecchi (ed.), Storia del PCI attraverso i congressi (Roma: Newton Compton, 1977), pp. 321-322.
39 Dalla metà degli anni settanta, peraltro, il discorso sulla Resistenza (e sul popolo) risentirono del clima complicato dalla tensione sociale. Per esempio, nel giugno 1974 Arrigo Boldrini scriveva: «La risposta inequivocabile che la schiacciante maggioranza del popolo italiano ha dato al terrorismo degli squadristi neri contiene anche una indicazione che occorre cogliere in tutto il suo significato: gli ideali della Resistenza che furono a base del patto costituzionale e della nascita della Repubblica debbono permeare profondamente l’azione di ferma difesa dell’ordine democratico e debbono ispirare tutta la nostra vita sociale», “La Resistenza e le Forze armate”, l’Unità, LI, 150 (2 giugno 1974).
40 Alessandro Natta, “Per un modo nuovo di governare”, Rinascita, XXX, 27 (6 luglio, 1973)
Giulia Bassi, Parole che mobilitano. Il concetto di ‘popolo’ tra storia politica e semantica storica nel partito comunista italiano, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 2015-2016

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26 settembre 2025, “parola plurale” venti anni dopo: seminario online della biblioteca pagliarani


La parola plurale venti annin dopo
cliccare per ingrandire

26 settembre 2025, h. 18:30, incontro online:
La Parola plurale venti anni dopo.
Il genere antologia nel primo quarto di secolo degli anni Duemila

Per seguire il seminario:
meet.google.com/ceu-jjpd-jgw

Interventi di Marilina Ciaco, Claudia Crocco, Riccardo Frolloni, Paolo Giovannetti.
Coordina Marianna Marrucci

*
pdf della locandina leggibile e scaricabile qui:
slowforward.net/wp-content/upl…

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venezia, 25 settembre: “naturale artificiale”


incontro a Venezia - intelligenza naturale artificiale

Si terrà giovedì 25 settembre, alle ore 15:00, presso lo Speakers’ Corner alle Corderie dell’Arsenale, il secondo appuntamento del ciclo di incontri di Construction Futures Research Lab, il progetto di ricerca che riunisce tre progetti partecipanti alla 19. Mostra Internazionale di Architettura – La Biennale di Venezia – Machine Mosaic (Daniela Rus), Co-Poiesis (Philip F. Yuan, Bin He), A Robot’s Dream (Gramazio Kohler Research, ETH Zurich – MESH, Studio Armin Linke) – sostenuto da Fondamentale – la filiera delle costruzioni ededicato alla sperimentazione di robotica e intelligenza artificiale in edilizia.

Disegnare un futuro sostenibile, in sinergia con il mondo della cultura e della ricerca: questo il filo conduttore dell’evento,dal titolo Naturale Artificiale, che punterà l’attenzionesul dialogo e l’interazione fra i due tipi di intelligenza, naturale e artificiale, attraverso il punto di vista di esperti e docenti di campi diversi: estetica, filosofia della scienza, architettura/urbanistica, neuroscienze. La giornata si aprirà con l’intervento Naturale, artificiale, collettivo. Cioè paesaggio di Paolo D’Angelo, professore ordinario di Estetica presso il Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo dell’Università degli Studi Roma Tre, per proseguire con Giorgio Vallortigara, professore ordinario di Neuroscienze presso il Centro Interdipartimentale Mente/Cervello (CIMeC) dell’Università degli Studi di Trento, che affronterà Il grande mistero dei cervelli naturali. Abitare l’ibrido è il tema del contributo di Marta Bertolaso, professore ordinario di Filosofia della scienza e dello sviluppo umano presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma, mentre Ezio Micelli, professore ordinario presso il Dipartimento di Architettura e Arti dell’Università IUAV di Venezia, parlerà di Intelligenza diffusa e ambiente urbano. La giornata vedrà anche la partecipazione dei discussant Federica Brancaccio, Presidente dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE), Fabrizio Salomoni, Responsabile settore Costruzioni Confcooperative Lavoro e Servizi relatore, e – in veste di moderatore – di Domenico Melidoro (Ethos Luiss), ricercatore in Filosofia Politica presso Universitas Mercatorum.

Partito lo scorso 13 giugno con il primo appuntamento dal titolo Artificiale Collettivo, il ciclo di cinque incontri, ideato e curato da Daniele Pittèri in collaborazione con l’Osservatorio Ethos LUISS Business School, proseguirà in autunno nelle seguenti date: 16 ottobre (Le intelligenze per governare le trasformazioni delle città), 5 novembre (Il rapporto Uomo Macchina) e 21 novembre (Le intelligenze al servizio del patrimonio).

La cornice è quella del GENS Public Programme della Biennale Architettura 2025, che intende indagare implicazioni, relazioni, opportunità e pericoli che i tre tipi di intelligenza (Natural, Artificial, Collective) hanno nel grande ambito del costruire, anche di fronte alle grandi sfide e ai potenziali cambiamenti che ci aspettano nell’immediato futuro. L’idea di fondo parte dalla constatazione che fra tutte le attività umane quella del costruire non solo è una delle più antiche, ma è anche quella in cui continuativamente i tre tipi di intelligenza hanno sempre interagito.

Construction Futures Research Lab è supportato daFondamentale – La Filiera delle Costruzioni, l’unione di dodici sigle che rappresenta i protagonisti del settore edile, imprese e sindacati dei lavoratori: Ance, Anaepa Confartigianato Edilizia, Cna Costruzioni, Fiae Casartigiani, Claai, Confapi Aniem, Agci Produzione e Lavoro, Confcooperative Lavoro e Servizi, Legacoop Produzione e Servizi, FenealUil, Filca Cisl, Fillea Cgil, insieme a Formedil e Sanedil, e realizzato con la collaborazione di alcuni prestigiosi atenei internazionali.

Il pubblico potrà fare esperienza di Construction Futures Research Lab anche attraverso la sezione espositiva, pienamente inserita nel percorso della 19. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia dal titolo Intelligens. Natural. Artificial. Collective. a cura di Carlo Ratti. Basata su tre progetti realizzati in collaborazione con tre prestigiosi atenei internazionali – Politecnico di Zurigo, Tongji University e MIT di Boston – la sezione espositiva porta ad immergerci nel futuro, e sperimentare soluzioni concrete rappresentate dai robot umanoidi in grado di svolgere lavori ad alto rischio o attività usuranti, contribuendo ad aumentare il livello di sicurezza. Le tre installazioni sono Machine Mosaic di Daniela Rus (MIT Computer Science and Artificial Intelligence Laboratory), Co-Poiesisdi Philip F. Yuan e Bin He (Tongji University) e A Robot’s Dream di Gramazio Kohler Research, ETH Zurich – MESH e Studio Armin Linke.

Previsto inoltre un progetto di studi, chesi presenta come un vero e proprio laboratorio interno agli spazi espositivi della Biennale Architettura 2025, dove ricercatori delle tre università che hanno realizzato le installazioni con i robot sperimenteranno con ricercatori di altrettante università italiane, tra cui il Politecnico di Torino, nuove possibili applicazioni dei robot in un ambito edile.

*

Per accedere alle Corderie dell’Arsenale e allo Speakers’ Corner, i visitatori devono essere in possesso di un biglietto valido per la Biennale Architettura 2025.

Fondamentale – La Filiera delle Costruzioni:
https://www.filierafondamentale.it

GENS Public Programme | 19. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia:
https://www.labiennale.org/it/architettura/2025/gens-public-programme

#AI #architettura #art #arte #BiennaleArchitettura #BinHe #CoPoiesis #IA #intelligenzaArtificiale #Magma #MITDiBoston #naturaleArtificiale #PhilipFYuan #PolitecnicoDiZurigo #progetti #TongjiUniversity

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Oggi l’Etna è la candela che illumina la Palestina


Etna, monte Frumento. Sabato alcuni appassionati della montagna hanno esposto una grande bandiera Palestinese.

A Muntagna, così è chiamata l’Etna dai catanesi, è un simbolo di rinnovamento e prosperità, che la sua forza possa contribuire a fermare il genocidio.

“Mentre prepari la tua colazione, pensa agli altri,non dimenticare il cibo delle colombe.Mentre fai le tue guerre, pensa agli […]

Leggi il resto: argocatania.it/2025/09/21/oggi…

#Etna #Gaza #Palestina #poesia

Questa voce è stata modificata (3 settimane fa)

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superpaturnie del sabato senza grossa ispirazione cosmica


Oggi è sabato, e quindi è proprio un momento adattissimo per le riflessioni… Non perché è solo fortuitamente capitato che oggi fosse sabato, E contemporaneamente io sono piena di disperazione, no no… È proprio che il giorno è intrinsecamente ideale per le riflessioni, per motivi cosmici che neanche io sono in grado di decifrare ma che, viste tutte le cose cosanti, sono necessariamente veri. Questo perché ho realizzato un dubbio — o meglio, esso mi è tornato in mente nella pratica di questi giorni — che mi manda fuori di testa: per quale razza di motivo, meno sono distratta e meno mi viene da scrivere??? 🤥

Oh, questa cosa mi fa incazzare veramente (e non direi più del dovuto come al solito, perché qui la cosa è dovutissima), perché, a parte l’essere semplicemente sconveniente, mi sembra contro-intuitiva: non dovrebbe essere il caso che, più si è in condizione di concentrazione, e più le cose dovrebbero uscire? Intendo sia idee per scrivere, che attimi vibranti per farlo. …O, forse, semplicemente la cosa non funziona trasversalmente come a me sembra che dovrebbe, e quindi, se sono estremamente concentrata sui momenti epici allora non posso riuscire ad esserlo anche su quelli scritturepici? 🤔

Più nello specifico, in genere, nei normali giorni l’entropia dell’universo fa gentilmente sì che mi arrivino vari trigger… ma invece, quando per qualche giorno sono fissata sul programmare qualcosa (come l’ultima appina fatta, che oggi ho continuato ad aggiornare, oppure nel breve futuro un firmware per creare una bomba con Arduino, non lo so ancora), le scintille non arrivano. Ma è strano, perché non ho chissà che standard alti io, lo sappiamo bene… nei giorni normali mi vengono idee per le solite belle stronzate semi-riciclate, mentre quando sono concentrata anziché superdistratta neanche queste arrivano. 💥

Probabilmente questa schifezza ha qualcosa a che fare con il ben noto fatto che la noia porta la mente a svarionare e far uscire idee stellari, tra cui quelle per i post pazzi, mentre il non annoiarsi inibisce questo meccanismo… e, dato che quando programmo certamente non mi annoio (almeno, nel 97% dei casi), probabilmente il mio cervello si rifiuta di elaborare oltre. Ma perché mai??? Eppure dovrebbe saperlo bene che se non riesco a scrivere almeno 1 post al giorno qui sopra ci rimango male, quindi dovrebbe impegnarsi un po’ di più a non far accadere ciò, no? 😾

Da un lato vorrei dare la colpa di questo anche al famigerato tempo, come sempre evasivo ed andante solo verso avanti, mai indietro per farne recuperare un po’… ma, a pensarci davvero, non sono sicura che sia davvero lui il principale bastardo in questa questione. Per quanto si, mettermi a programmare dalla mattina alla sera mi rubi una quantità considerevole di tempo, ci sono ogni tanto casi per cui sono completamente distratta, stando in mezzo ad altri impegni vari o eventi frammentati, ma nessuno su cui mi fisso particolarmente, e in un dato giorno di quelli mi escono 2, o anche 3 (ormai più raro questo, “rest in piss superoctt, they say you will not be missed and so they do not deserve to be pleased“) post qui. 😴

Una cosa è certa: il tutto non è miao (non è positivo). Sono quindi sempre alla ricerca di nuovi hackeraggi mentali e, per chiunque me ne proponga (a patto che NON richiedano l’assunzione di sostanze tossico-stupefacenti), sono pronta a provarne. Magari dovrei provare replicare quello che sto attualmente testando per gli animali crostini, ma con un gioco che sia meno diarizzabile, e così facendo potrebbero uscire nuove cose da scrivere qui ogni giorno (non lì eh, qui; il patto col diavolo accidentale riguardo lo scrivere ogni giorno l’ho fatto qui) quasi automaticamente… però troppa roba così rischia di richiedere tempo che non posso sempre allocare, e quindi non posso contarci troppo. 😫

Vabbè, sono cucinata ed evaporata, questo è quanto. Non mi succedono tante cose interessanti quindi, davvero, niente da fare. (Quanto vorrei trasformarmi nel sonno in un peluche di Kuromi gigante, così da non essere più costretta a fare i conti con queste mie paturnie umane troppo umane…)

#pensieri #problemi


la nuova appistica NoteTand per scrivere note col dente blu (app Android di appunti Bluetooth!!!)


Mi secca non averlo potuto scrivere ieri, ma completare questo nuovo momento epico mi ha rubato un po’ di tempo, e quindi si era fatto tardi, e rip… ma l’importante è che ora l’ennesima app dall’utilità iperspecifica è per mano mia esistente, e stavolta è una app Android per scrivere note e sincronizzarle con il fottuto Bluetooth… NoteTand (visto che NoteTooth era brutto)!!! Infinite copie del file APK sono già disponibili qui: https://gitlab.com/octospacc/NoteTand/-/raw/main/app/release/app-release.apk. 🤩
Schermata della app che mostra una nota con testo ed emoji sul mio Xiaomi con Android 12, stile Holo Light
Allora, fa strano a me in primis aver creato l’ennesima app di note TXT (almeno, per ora solo quelle, poi se ho voglia si possono mettere Markdown e altre cose), come se non solo non ne esistessero centinaia, ma come se non ne avessi già una io, cioè WhichNot… E, infatti, inizialmente l’idea era di aggiungere una funzione di sincronizzazione Bluetooth lì, ma il problema è che al momento, per quanto ho provato, non riesco a far girare quella app su browser molto vecchi, quindi non potrei usarla sui telefoni molto vecchi come mi servirebbe… quindi pazienza, e nuova app, stavolta nativa e per ora senza crittografia (ma questo porta il vantaggio che, a differenza di tante altre app di note per mobile, di questa si possono maneggiare esternamente i file, senza root, in /sdcard/Android/data/.../files/notes/). 👾

Perché esiste, e come si usa, è subito detto. Sfruttando le API Android del Bluetooth per lo scambio di dati binari (profilo seriale RFCOMM o quello che è), che in realtà sono state meno peggio da usare di quanto temessi visto cosa offre di solito Android, avere una app dedicata per scambiare note via Bluetooth è infinitamente meglio che usare il classico menu Bluetooth di Android per condividere testo… perché basta 1 solo click sul dispositivo ricevente per avviare inizialmente il server, e 2 click su quello mittente per effettuare l’invio in sé, e tanto basta per avere una data nota effettivamente sincronizzata dentro la app, senza le solite conferme manuali che rendono lo scambio di file generico su Bluetooth un inferno, e senza la creazione di file volanti in /sdcard/Download. In realtà è strano che non esistesse già una app così, visto che per cazzeggiare col Bluetooth facendo chat e simili ci sono, eppure questa mancava. 👌

Il come mai mi serve, invece, potrebbe essere più complicato… però mentirei se dicessi solo che “è uno strumentopolo che mi servirà più tardi“. E allora diciamo che potrebbe uscirmi fuori la necessità di usare un secondo telefono solo per scrivere appunti, quando sono in giro (quindi non ho il PC, e spesso neanche il tablet) e il mio telefono principale è occupato… perché magari su di esso sto eseguendo un gioco, e devo scrivere proprio riguardo ciò, ma sappiamo che MIUI si rifiuta in ogni modo di fare multitasking. Ovviamente, un po’ il fatto che su telefoni secondari non ho Internet se sono fuori casa (e fare tethering è un inutile spreco di tempo), un po’ anche il fatto che se mi metto col WiFi a scrivere direttamente su app di rete (ancora peggio se nel browser) la batteria crollerebbe a picco, e l’unica soluzione sensata è risultata il Bluetooth. 🦷

Nella pratica, è veramente veramente bona, tanto immediata esattamente come la pretendevo, e dovrebbe funzionare dall’ultima versione di Android (o almeno, su 12 funziona) fino a 2.3.3 Gingerbread (ma il rottame su cui io la userò sarà probabilmente 4.4 KitKat, quindi ora non so se funge così indietro)… posso scrivere qualcosa dal telefono principale, poi inviarla sul telefono (piccolo e per certi versi più comodo…) che vado a riciclare come quaderno (un quaderno molto gen-Z devo dire, senza carta, seppur comunque senza Internet) se devo fare multitasking, modificare da lì, e poi rimandare indietro sul dispositivo iniziale, per caricare su Internet o chissà dove. (Per tenere la UX semplice e ridurre i permessi richiesti, comunque, i dispositivi con cui scambiare devono essere prima accoppiati dalle impostazioni Bluetooth di sistema.)

Gli angoli molto ruvidi li ho già smussati, e quindi oltre all’APK anche il codice è già caricato… ma, per (vostro) favore, non guardatelo, perché per fare presto non l’ho ancora ripulito, e ci sta in mezzo ancora tutto il vibe coding fatto da Claudio (che in parte ho potuto sfruttare, come la schermata delle note, e in parte ho dovuto buttare, come il codice di sincronizzazione Bluetooth), oltre al vibe coding fatto da me (nel senso di righe provate alla bene e meglio dalla mia testa, e poi commentate anziché cancellate). Ci sono ancora stringhe non tradotte e minchiate simili da sistemare, ahimè, ma alle cose importanti ci ho già pensato… come la possibilità di scegliere tema Holo o Material chiaro o scuro, nelle impostazioni; e questo forse già batte fin troppe altre app in circolazione… GODI POPOLO!!! 💣💣💣

#Android #app #Bluetooth #notes


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per seguire oggi l’incontro del centroscritture nella marsica


diretta fb: facebook.com/share/17LuX6X6qF/

#CentroScritture

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roma, seconda settimana del festival dell’aperossa


L’Aperossa 2025: al via la seconda settimanaheader dell'aperossa

Dal 22 al 26 settembre

La Villetta Social Lab, Via degli Armatori 3 – Roma

Il progetto, promosso da Roma Capitale – Assessorato alla Cultura, è vincitore dell’Avviso Pubblico Roma Creativa 365. Cultura tutto l’anno, in collaborazione con Zètema Progetto Cultura
La manifestazione è promossa e realizzata dalla Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico ETS

Ingresso gratuito fino a esaurimento posti
Info: eventi@aamod.it

Il programma completo è qui: slowforward.net/wp-content/upl…

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