Mosca: “Piano Kiev-Gb per dirottare Mig russo su base Nato”. Il Cremlino risponde con una rappresaglia
[quote]MOSCA – Inquietanti dichiarazioni arrivano da Mosca: il Servizio Federale di Sicurezza russo (Fsb) ha fatto sapere di aver sventato una controversa operazione militare ucraina. Secondo la ricostruzione, l’Fsb avrebbe…
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Roma, incendio in edificio occupato a Tor Sapienza. Uomo si lancia per sfuggire alle fiamme, è grave
[quote]ROMA – Una lunga colonna di fumo si è sollevata questa mattina nella periferia est di Roma, sopra via Cesare Tallone, nel quartiere di Tor Sapienza, dove un violento incendio…
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Buddha
Vi sono momenti nella Storia in cui grandi anime che appartengono a mondi e universi apparentemente incomunicabili, per le circostanze della sorte o di quell’intenzione amorevole che noi cristiani chiamiamo «Provvidenza», entrano in contatto e dialogano tra loro. Appare così, come un rivolo nascosto tra i grandi eventi della Storia, un pensiero divergente, paradossale, al tempo stesso ingenuo e dirompente.
È ciò che è avvenuto tra il 1909 e il 1910, quando Lev Tolstoj e Gandhi – l’uno a Jasnaja Poljana, nella Russia europea, l’altro nel Transvaal sudafricano, colonia inglese – si scambiarono alcune lettere. Il futuro mahatma liberatore dell’India, all’epoca quarantenne, aveva letto il testo che l’autore di Guerra e Pace, Anna Karenina e Resurrezione aveva scritto per il giornale The Free Hindustan, su sollecitazione del suo direttore. Tale scritto, oggi conosciuto come Lettera a un indù, non venne pubblicato, forse perché il giornalista indiano, che pur l’aveva sollecitato, sperava in una risposta dai toni diversi, ma giunse tramite un amico nelle mani di Gandhi, che ne rimase molto colpito. In questa lettera Tolstoj teorizzò la lotta non violenta come via di liberazione non solo interiore, ma anche sociale e politica, e contribuì, a detta dello stesso Gandhi, a far maturare in lui la riflessione sul satyagraha, ossia sulla resistenza all’oppressione (coloniale inglese) tramite la disobbedienza civile.
Sono gli ultimi mesi di vita di Tolstoj, che morirà il 20 novembre 1910. Gandhi gli scrive per manifestargli la sua gratitudine. Contestualmente gli chiede se la versione inglese del testo, inizialmente composto in russo, corrisponde alle idee del suo autore, se vada integrato e se sia possibile pubblicarlo nel giornale fondato da Gandhi stesso, Indian opinion.
Tolstoj è divenuto un punto di riferimento intellettuale a livello internazionale. La sua opzione religiosa e per la pace è diventata irreversibile, e per le sue posizioni eterodosse è già stato scomunicato dalla Chiesa ortodossa. Egli sostiene che la legge dell’amore, affermata da Cristo, risponde alla natura profonda del cuore dell’uomo e si ritrova in ogni tradizione religiosa. Questa norma è stata tradita, schiacciata o elusa, manipolata o avvelenata sia dai «religiosi» sia dai pensatori del socialismo «scientifico», che la vogliono far valere nell’ambito della vita personale, ma la ritengono inadatta a quello delle relazioni politiche istituzionali e negli ambiti sociali.
La condanna da parte di Tolstoj è netta, e l’invito a non partecipare ad alcuna forma di violenza irriducibile. Il male si vince con il bene e con l’amore, mai con il male. Chi teorizza la sospensione della legge dell’amore, proponendo il ricorso alla violenza come inevitabile «in alcuni casi», lo fa per paura inconsapevole o consapevole ambizione di potere. D’altra parte, come spiegare che pochi possano dominare su moltitudini, se non per la complicità di queste ultime, che ritengono la violenza architrave dolorosa e necessaria del vivere comune?
Voce isolata, profetica o ingenua, Tolstoj chiede che l’India – come la Cina – non rinunci alla sua tradizione spirituale, di «pazienza» e mitezza, per abbracciare il modello economico e politico occidentale, considerato fallimentare e nel lungo periodo distruttivo. Nello slancio ideale dello scrittore, colpisce verificare l’acume di alcune sue considerazioni, che possiamo trovare applicabili in filigrana ai nodi ancora irrisolti delle tensioni dei nostri giorni, in termini militari e di sviluppo economico.
Lettera a un indù, Lettera a un cinese e Karma, insieme alla breve ma luminosa corrispondenza tra Gandhi e Tolstoj, sono contenute in questo piccolo e prezioso libro. Come ha scritto nell’Introduzione Davide Brullo, con questo testo ci si muove nell’ambito rarefatto delle parole ultime di una vita lunga, carica di parole, eventi e riflessioni.
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Dialogo: Cei-Pisai, presentate a Roma “Schede per conoscere l’islam”. Don Savina (Cei), “uno strumento che promuove cultura e conoscenza come vero antidoto a ogni forma di pregiudizio” - AgenSIR
“La produzione delle schede per conoscere l'ebraismo, e oggi quelle per l'islam, è un processo molto importante.Daniele Rocchi (AgenSIR)
Sono parte dell’infinito
A settant’anni dalla morte di Albert Einstein, il neuroscienziato Kieran Fox ci regala un commovente e inedito ritratto del celebre fisico, mettendo in luce il profondo senso del sacro che ha sempre contraddistinto la sua ricerca di un intimo connubio tra scienza e spiritualità del genio tedesco. Tutti i più grandi scienziati – Copernico, Keplero, Galileo, Newton – sono stati cercatori instancabili di verità, esploratori della mente divina, al di là della brillante creatività scientifica.
Einstein auspicava un risveglio etico della coscienza, in una sorta di rivoluzione interiore, guidata dalla speranza, da una severa disciplina dello spirito e da un forte desiderio di pace cosmica. Tra i suoi modelli spirituali si annoverano san Francesco d’Assisi e i saggi orientali illuminati, come il Buddha o il Mahatma Gandhi, partendo dal presupposto che la sua religiosità era l’unione di mente e materia, lontano da ogni dogmatismo. «L’immagine dell’universo fisico che ci viene presentata dalla scienza moderna – disse Einstein – è come un grande dipinto o un grande brano musicale che richiama lo spirito contemplativo, che è una caratteristica così marcata dell’anelito religioso e artistico» (p. 18).
Il grande pensatore era convinto dell’esistenza di una religione cosmica, la cui essenza si traduce nell’assunto che ogni uomo ha un valore unico ed è parte dell’infinito, cercando di scorgere in ogni dove uno spiraglio di eternità in cui si rivela il divino. «Einstein, com’è noto, sosteneva che il sentimento religioso cosmico è la spinta più forte e nobile verso la ricerca scientifica» (p. 43). Egli stimava il filosofo Schopenhauer, uno dei primi a studiare a fondo i testi della spiritualità orientale come i Veda e le Upanishad, i più antichi scritti sacri dell’India, da cui trasse ispirazione, affascinato dalla loro saggezza.
Lo straordinario potere della sua mente rende Einstein non solo un genio, ma un uomo illuminato, capace di destare stupore. Egli ci insegna che la mente umana non è in grado da sola di comprendere e spiegare l’armonia che regola l’immensità dell’universo e la meraviglia della natura, ma che c’è un oltre che sfugge alle limitate e fragili capacità umane. Lo scienziato, secondo Einstein, incarna l’archetipo del cercatore di verità e del vero esploratore della spiritualità umana, mosso dalla curiosità.
Tutta l’esistenza di Einstein fu segnata da un’appassionata ricerca della verità sia scientifica sia interiore. Pur essendo ben consapevole delle intense pratiche meditative dei monaci che aveva visto praticare in Asia e da cui era rimasto profondamente colpito, egli non si definì mai un mistico. Il genio che elaborò la teoria della relatività seguì fin da subito le orme di Pitagora, il filosofo che gettò i semi della rivoluzione scientifica: «Per i pitagorici, la matematica era più di un semplice metodo scientifico: era un sentiero mistico» (p. 99). Per Einstein, la matematica è stata il suo percorso mistico. In linea con la fede pitagorica, egli ha rappresentato un po’ una sintesi di questo antico tentativo di conciliare ragione e religione: considerava la scienza un mezzo di comunione tra microcosmo e macrocosmo, un dono che poteva elevare la nostra anima, avvicinandola all’incontro con il divino. Riprendendo l’eredità spinoziana, Einstein cercava ovunque tracce del divino e, come il filosofo olandese, credeva nel panteismo: «L’Eterna Sapienza di Dio si è manifestata in tutte le cose e specialmente nella mente umana» (p. 137).
Profondamente influenzato dall’antico ideale indiano della nonviolenza di matrice gandhiana, lo scienziato tedesco seguì gli ideali pacifisti, prerequisito di ogni vera religione: «La vita dell’individuo – egli affermava – ha senso solo nella misura in cui contribuisce a rendere più nobile e più bella la vita di ogni essere vivente» (p. 175). La vera essenza della spiritualità einsteiniana consiste nell’accettare con serenità la nostra finitezza, fragilità e ignoranza, accogliendo il mondo come un mistero e come una fonte inesauribile di meraviglia da riconoscere e amare. «Einstein ha probabilmente contribuito più di chiunque altro nella storia alla nostra comprensione del cosmo, ma ha sempre avuto un atteggiamento di umiltà riguardo ai traguardi della mente umana e delle sue potenzialità» (p. 257).
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Usa, Trump grazia Giuliani e gli altri alleati che negarono la sua sconfitta nel 2020
[quote]WASHINGTON – Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha concesso la grazia a chi tentò di ribaltare il risultato delle elezioni presidenziali nel 2020 dopo la vittoria di Joe…
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Shutdown, accordo per lo stop al blocco del governo federale. Decisivi i voti di otto democratici
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Atalanta, panchina in bilico: Juric verso l’esonero. Palladino il possibile sostituto
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Sondaggio Only Numbers, i “Sì” al referendum sulla giustizia superano ampiamente i “No”
[quote]ROMA – Gli italiani vogliono la separazione delle carriere. Un sondaggio di Alessandra Ghisleri rassicura il governo. In base all’ultima rilevazione di Only Numbers, il “Sì” sarebbe in ampio vantaggio…
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Gaza, la confessione di soldati dell’Idf: “Si può sparare senza freni”
[quote]LONDRA – Nessuna regola, solo il caos. Il documentario televisivo “Breaking Ranks: Inside Israel’s War” – che questa sera, 10 novembre, sarà trasmesso nel Regno Unito sul canale televisivo ITV…
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Report Asaps, 356 pedoni uccisi da inizio 2025. Lazio e Lombardia maglia nera
[quote]In Italia non si arresta la strage dei pedoni. È quanto emerge dal nuovo rapporto dell’Osservatorio Asaps che evidenzia come nell’ultima settimana ci sono stati 14 decessi e il totale,…
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Strade di sangue, 356 vittime dall’inizio del 2025 (Fatto del giorno)
A cura di Elisa Ortuso
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Terremoto alla Bbc. I vertici delle news si dimettono per il documentario ritoccato su Trump
[quote]LONDRA – Duro colpo per la Bbc, costretta ad attraversare quello che secondo il Corriere della Sera è probabilmente il più grande scandalo dal dopoguerra. Al termine di una settimana…
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Manovra, scontro sul taglio Irpef. Giorgetti: “Noi massacrati”. Schlein: “Aiutano i ricchi”
[quote]Il titolare del Mef difende la legge di bilancio. Intanto i pentastellati propongono una raider tax
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Il messaggio di Papa Leone XIV sull’IA: “Dignità umana resta la priorità assoluta”
[quote]ROMA – “Interagendo con le macchine, l’uomo rischia di perdere la propria umanità”. Con queste parole Papa Leone XIV si è rivolto ai partecipanti del Congresso internazionale della Pontificia Accademia…
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Cecchini per gioco durante il massacro di Sarajevo, fra loro anche italiani. La Procura di Milano apre un’inchiesta
[quote]MILANO – Pagare per giocare alla guerra e uccidere civili indifesi. La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano apre un’inchiesta sui cecchini per gioco durante il massacro di…
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La luce dell’anima
Meister Eckhart è uno dei più importanti teologi, filosofi e mistici del Medioevo cristiano, noto per i suoi numerosi sermoni in latino e tedesco. Questi sono peculiari per contenuto e forma e presentano un linguaggio semplice, con stile ermetico, a tratti paradossale. Eppure, a un’attenta analisi, essi rappresentano una manifestazione attiva del pensiero, una guida all’intima essenza di Dio.
Da acuto conoscitore del mistico domenicano, il traduttore Marco Vannini in questa raccolta presenta 25 sermoni, di cui cinque inediti, in latino e tedesco. La scelta dei sermoni trascende l’orizzonte temporale e invita il lettore a interrogarsi sulla potenza originaria che abita l’anima. La lettura è un itinerario che accompagna a vivere un’esperienza diretta con il divino, spogliato di ogni effigie e mediazione. Meister Eckhart, nelle sue prediche, distilla, attraverso il «distacco», il concetto di «luce nell’anima» con un’intensità teologica e mistica singolare. Il suo pensiero oscilla tra la filosofia classica e quella cristiana su questi punti: l’ascensione dell’umano verso la bellezza e il divino (Platone); la preminenza dell’intelletto puro (Aristotele); il «distacco», che libera l’anima dai limiti effimeri (Plotino); l’itinerario del rientrare in sé stessi (sant’Agostino).
La dottrina di Eckhart è radicale e limpida; la via per giungere al «distacco» passa necessariamente dalla conoscenza di sé stessi: «Chi vuole penetrare nel fondo di Dio deve prima penetrare nel fondo più intimo di se stessi; essenziale è ri-conoscerci nella realtà più profonda, in quella dello spirito che Eckhart chiama Grund der Seele, “il fondo dell’anima”» (p. 8). In questo «fondo», l’uomo si riconosce come spirito, come Dio è spirito. In questo «fondo» non vi è separazione né discontinuità, ma unità permanente: la realtà è la visione in cui non vi è né tempo né spazio, perché tempo e spazio sono coordinate intimamente connesse. In questo «fondo» «c’è una luce nell’anima dove mai è penetrato il tempo e lo spazio. Tutto ciò che il tempo e lo spazio hanno mai toccato, mai è giunto a questa luce. E in questa luce l’uomo deve permanere» (p. 60).
È in questo chiarore che l’uomo deve abitare; esso è la sua autentica essenza, la sua vera esistenza divina e spirituale. L’uomo che desidera «raggiungere la verità più alta, ricevere il dono divino del presente, generare nella stessa luce di Nostro Signore Gesù Cristo» (p. 52) deve essere distaccato, «abbandonare tutto ciò che è accidentale, tutto ciò che è sottomesso al tempo e allo spazio» (p. 149) e tendere all’«eterno presente» di Dio.
Nel «qui ed ora», nel «fondo dell’anima» non entra nessuna creatura né immagine di Dio, ma la pienezza della vita e del puro spirito. In questo amore, l’anima e Dio divengono una cosa sola, al di sopra di spazio e tempo. «Quando l’anima giunge alla pura luce, penetra nel nulla» (p. 52), e in questo «nulla» l’uomo deve permanere. Qui scompare ogni immagine, e l’uomo accoglie la rinuncia a ogni attaccamento, a ogni pretesa di voler sapere.
Con il distacco, l’uomo, attraverso la via negationis – nulla volere, nulla sapere, nulla avere –, si appropria della sua traslazione, vive l’istante misterioso, l’insondabile incontro del tempo con l’eterno, accoglie Dio nella sua essenza più pura. «Quando l’anima giunge nel luogo senza nome, nel luogo di Dio, essa riposa» (p. 68), rimane «nell’ora dell’eternità», conosce in Dio tutte le cose, come puro, nudo spirito, accoglie Dio per riversarsi in lui, cercarlo al di sopra del tempo «e vivere la pienezza del tempo, quando non c’è più il tempo» (p. 70) e «l’anima si è sottratta al tempo» (p. 73). Dio è «generato» incessantemente in questo essere umano, il quale, a sua volta, è sempre generato in Dio. Più l’uomo si denuda, più diventa simile a Dio e vive nella sua stessa beatitudine.
Il libro di Eckhart è un incoraggiamento a riscoprire il fascino dell’introspezione e la forza della luce che risplende, nascosta, dentro ogni uomo.
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