L'arresto di un latitante italiano trafficante di cocaina in Colombia, grazie alla collaborazione con INTERPOL (Progetto I-CAN)
Avrebbe organizzato spedizioni di cocaina verso diversi porti europei con cartelli della droga in Colombia per conto dell'organizzazione mafiosa 'Ndrangheta. Massimo Gigliotti, 55 anni, è stato arrestato in Colombia dopo essere sfuggito alla cattura in diversi paesi dell'America Latina.
Uno sforzo congiunto da parte della Polizia Nazionale Colombiana (#PolicíaNacionaldeColombia) e dei Carabinieri italiani di Bologna, con il sostegno di #Europol e del Progetto di Cooperazione #INTERPOL contro la #'ndrangheta (#I-CAN), ha portato alla cattura del latitante. Dallo scorso settembre INTERPOL/I-CAN aveva segnalato le ricerche di Gigliotti alle autorità di Brasile, Colombia, Repubblica Dominicana, Panama e Venezuela.
L'arrestato ha legami con molti esponenti di alto rango della criminalità organizzata italiana e dei cartelli della droga latinoamericani, ed aveva trascorso diversi mesi in laboratori clandestini di droga. Gli investigatori sono stati in grado di stabilire come la 'ndrangheta avesse inviato l'individuo sino alle montagne della Colombia per lavorare direttamente con i produttori di droga nei loro impianti di produzione, con l'obiettivo di portare queste nuove competenze in Europa.
Infine pochi giorni fa, il latitante è stato fermato nei pressi della sua residenza temporanea, nonostante abbia cercato di identificarsi con un documento d'identità colombiano falso.
L'Europol aveva sviluppato informazioni affidabili sulle attività internazionali di traffico di droga di questo individuo - per il quale l'INTERPOL aveva emesso un red notice (avviso rosso) - ed ha quindi riunito tutti gli investigatori coinvolti per concordare una strategia comune per arrestare il sospetto. A tal fine, Europol ha anche istituito un posto di comando virtuale per coordinare le attività sul terreno. L'operazione è stata sostenuta dall' #EMPACT e dalla #reteON, finanziata dall'UE (Progetto Fondi Sicurezza Interna 'ISF4@ON') e guidata dalla Direzione Investigativa Antimafia italiana.
Il Direttore del supporto operativo e dell'analisi dell'INTERPOL, Cyril Gout, ha dichiarato: “Attraverso questo arresto, I-CAN continua a dimostrare la sua efficacia nel combattere una delle organizzazioni criminali più estese e potenti del mondo. Il modello I-CAN si basa sulla fornitura ai paesi di un modello di cooperazione che apporta valore aggiunto operativo, in particolare in un momento in cui è necessaria un’azione globale urgente e coordinata per contrastare la criminalità organizzata transnazionale”. Voluto dal Dipartimento italiano di Pubblica Sicurezza, I-CAN aumenta la consapevolezza e la comprensione globale sulla 'Ndrangheta e sul loro modus operandi, condividendo informazioni di polizia per smantellare le loro reti e operazioni e arrestare sospetti ricercati. Dal suo lancio nel 2020, I-CAN ha facilitato l’arresto di 93 fuggitivi in tutto il mondo.
Per saperne di più sul Progetto I-CAN 👉 interpol.int/en/Crimes/Organiz…
Qui un video che illustra il Progetto I-CAN 👉 inv.citw.lgbt/watch?v=6UR7lTQz…
INTERPOL Cooperation Against ‘Ndrangheta (I-CAN)
Disrupting ‘Ndrangheta global networkswww.interpol.int
Riciclaggio di veicoli. La risposta della polizia italiana e dell'INTERPOL. Dallo scambio di informazioni ai consigli per i proprietari delle auto.
Presso il Compartimento #PoliziaStradale per il Lazio e l’Umbria a Roma si è svolto recentemente il “Motor Vehicle Crime”, incontro cui hanno partecipano le Forze di Polizia Europee, durante il quale sono state pianificate nuove strategie rivolte al contrasto del riciclaggio internazionale di veicoli.
Anche in questo particolare settore la cooperazione tra le Forze di Polizia, il coordinamento e lo scambio delle informazioni sono elementi fondamentali per ostacolare la criminalità dedita al furto e al riciclaggio dei veicoli, che in Italia, come negli altri Paesi europei coinvolge articolati sodalizi criminali.
Nel corso dell'incontro si è sottolineata l’importanza del coinvolgimento di partners privati per una collaborazione più ampia ed efficace e si è discusso delle possibili iniziative congiunte per il rafforzamento della cooperazione.
Importante segnalare che l' #INTERPOL è in prima linea in quello che viene definito «crimine automobilistico», che – come abbiamo indicato sopra – ha di per sè una ampiezza transnazionale: si pensi al riciclaggio di auto rubate in un Paese e trafficate in nazioni diverse.
A tal proposito INTERPOL non manca di fornire consigli per i proprietari di auto, ivi compresi quelli riferiti alle «chiavi elettroniche» di apertura e messa in moto, ormai in dotazione alla maggior parte delle autovetture.
Ebbene, INTERPOL – nel rinviare ad un video di esempio della West Midlands Police inglese, che potete seguire qui 👉 inv.citw.lgbt/watch?v=8pffcngJ… nel quale si vedono dei ladri che «intercettano» il segnale della chiave elettronica di un'auto di lusso, cosa che gli consente di rubarla – suggerisce di:
Non lasciare la chiave accanto alla porta o alla finestra
Conservare le chiavi in una scatola RFID per interrompere l'emissione di un segnale
Parcheggiare il veicolo in un'area sicura per scoraggiare i criminali che prendono di mira il tuo veicolo
Fare attenzione alle persone sospette intorno a te mentre chiudi la macchina (un altro modo in cui i criminali sfruttano il portachiavi è durante il processo di chiusura del veicolo. Mentre chiudi l'auto, i criminali possono intercettare e bloccare il “segnale di blocco” inviato dal portachiavi al veicolo, lasciandolo sbloccato. Il criminale può quindi facilmente rubare il contenuto all'interno del veicolo o il veicolo stesso
Controllare che le porte siano bloccate prima di lasciare l'auto
Chiudere sempre il vostro veicolo e non lasciarlo incustodito con il motore acceso
Assicurarsi che i dispositivi antifurto dell'auto siano chiaramente visibili (volante e blocca freno, allarmi, ecc.)
Non contrassegnare mai le chiavi della macchina con nome e indirizzo (nel caso in cui si perdessero le chiavi).
Non conservare i documenti di immatricolazione nel veicolo; questo rende difficile per il ladro venderlo al mercato nero.
Non tenere oggetti di valore o un GPS in vista nell'auto.
INTERPOL ha due progetti sull'argomento furto e riciclaggio internazionale di veicoli:
Progetto INVEX: coinvolge attualmente 25 paesi e produttori selezionati che scambiano regolarmente dati con INTERPOL. Fin dalla sua nascita nel 2009 in Germania, INVEX ha contribuito al rilevamento di automobili e componenti rubati in più di 100 paesi, portando a migliaia di sequestri e relative indagini di follow-up.
Nuovi produttori stanno cercando di collaborare ad una terza fase di questo progetto, che dovrebbe iniziare entro la fine del 2023. In questa fase verranno implementate nuove caratteristiche tecniche.
Progetto FADA-RI: fornisce un accesso sicuro per i paesi membri dell’INTERPOL al sistema tedesco di identificazione dei veicoli noto come FADA. Questo è uno strumento prezioso per identificare i veicoli forgiati. Nello specifico il progetto si concentra sui produttori tedeschi Audi, BMW, Porsche e Volkswagen e sui loro marchi affiliati. Attualmente conta 132 utenti attivi, 25 Paesi membri e oltre 40.000 ricerche dal lancio nel 2021.
Extension of voluntary chat control is an admission of EU Commission’s failure!
Now that the EU plans for mass screening of private communications and undermining secure end-to-end encryption (chat control 2.0) have been put on ice due to a lack of majority among EU governments, the EU Commission is proposing an extension of the existing voluntary chat control regulation, which is currently set to expire on 3 August 2024, by two years. The planned fast-track procedure has not yet been communicated by the EU Commission. For Pirate Party lawmaker and most prominent opponent of chat control Patrick Breyer, who is also his group’s lead negotiator on the file, the proposal is an admission of failure:
“Proposing to continue working with the status quo is an admission of failure of the scandalous methods of Home Affairs Commissioner ‘Big Sister’ Ylva Johansson to implement authoritarian chat control in Europe.” Due to her unprecedented, radical attack on digital privacy and secure encryption, ‘big sister’ Johansson is directly responsible for the complete failure to achieve any better protection of our children from abuse. Johansson’s personal crusade for and ideological obsession with mass surveillance is blocking truly effective preventive measures, for example by requiring online services to be secure by design. Victims of child sexual abuse deserve politicians who are capable of protecting children in an effective, politically and legally feasible way – this is cross-party consensus in the EU Parliament.”
At the same time, Breyer criticises the instrument of voluntary chat control: “The Commission’s report on the supposed effectiveness of voluntary chat control has been overdue for months. No surprise: the voluntary mass surveillance of our private communications by US services such as Meta, Google or Microsoft makes no significant contribution to rescuing abuse victims or convicting producers of child sexual abuse material. It instead criminalises thousands of minors, overburdens law enforcement and opens the door to arbitrary private justice by internet companies.”
“The regulation on voluntary chat control is both unnecessary and violates fundamental rights: Social networks as hosting services do not need the regulation to screen public posts. And the error-prone NCMEC reports that result from the indiscriminate screening of private communications by Zuckerberg’s Meta will end as a result of the announced introduction of end-to-end encryption by the end of the year. The legal opinion of a former ECJ judge finds that voluntary chat control violates fundamental rights. A victim of child sexual abuse and I are taking legal action against this.”
The EU Commission intends to inform the justice and interior ministers on 4 December 2023.
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Palau diventa il 196esimo Paese membro dell'INTERPOL
Tra gli eventi della 91ma Assemblea Generale dell'INTERPOL di Vienna (dove 100 anni fa fu creato quello che viene definito "corpo di polizia mondiale"), l'accesso di Palau come 196esimo Paese membro dell'Organizzazione.
La posizione di Palau
Palau, ufficialmente Repubblica di Palau, è uno Stato insulare nell'oceano Pacifico, situato a circa 500 km a est delle Filippine. Ha ottenuto l'indipendenza dagli Stati Uniti d'America nel 1994.
La richiesta di Palau è stata approvata con una maggioranza di oltre due terzi dei voti.
Palau istituirà quindi il suo Ufficio centrale nazionale (BCN). Le BCN sono organismi nazionali preposti all'applicazione della legge e operano in conformità con la legislazione nazionale. Costituiscono l'unico punto di contatto di quel paese con la sede del Segretariato generale dell'INTERPOL a Lione, in Francia, nonché con le BCN di altri paesi.
La bandiera di PALAU
Cosa comporta l'adesione all'INTERPOL
L’adesione all’INTERPOL significa che le forze dell’ordine nazionali possono condividere e ricevere istantaneamente informazioni di polizia vitali da tutto il mondo in una serie di aree criminali tra cui la tratta di esseri umani, il traffico di droga, la criminalità informatica, la criminalità automobilistica e il terrorismo.
Palau beneficerà inoltre delle capacità di polizia fornite dal Segretariato generale, quali formazione, analisi, squadre di specialisti e supporto da parte del Centro di comando e coordinamento.
Attraverso I-24/7, la rete di comunicazione globale sicura della polizia dell'INTERPOL, i paesi possono inviare messaggi e anche accedere a più database globali, inclusi quelli su persone ricercate, veicoli a motore rubati, documenti di viaggio rubati e smarriti, impronte digitali, DNA e riconoscimento facciale.
Naturalmente l’INTERPOL rispetta la sovranità di ciascun paese membro. I paesi membri mantengono la piena proprietà dei dati che condividono con INTERPOL e decidono con quali altri paesi i loro dati vengono condivisi.
INTERPOL. La dichiarazione di Vienna
A conclusione della 91ma Assemblea Generale dell' #INTERPOL di Vienna (dove 100 anni fa fu creato quello che viene definito "corpo di polizia mondiale"), il Presidente Ahmed Naser AL-RAISI ed il Segretrio Generale Jürgen STOCK hanno rilasciato la "Dichiarazione di Vienna", sull'impegno dell'Organizzazione nella lotta alla criminalità organizzata.
La Dichiarazione di Vienna definisce le cinque azioni prioritarie (traduzione non ufficiale, il testo ufficiale è scaricabile qui interpol.int/content/download/… ):
1. La lotta alla criminalità organizzata transnazionale deve diventare una priorità globale per la sicurezza nazionale.
I gruppi criminali organizzati, che operano oltre i confini, stanno minando le società, le comunità e le loro
economie. Le forze dell’ordine in molti paesi non riescono a far fronte al fatto che i criminali acquistano influenza politica,
lanciare attacchi informatici da diversi continenti o operare a livello transnazionale. Questo crimine transnazionale
epidemico deve essere trattato al più alto livello governativo come una priorità globale. Il mondo ha bisogno di
lavorare insieme per risolvere questa crisi di sicurezza.
2. Costruire una maggiore cooperazione per contrastare le attività criminali.
I paesi non possono più fare affidamento solo sugli scambi bilaterali o regionali. Condivisione delle informazioni attraverso
i confini sono fondamentali e devono essere la norma, non l’eccezione, se vogliamo sconfiggere il significativo
aumento della criminalità organizzata.
3. Maggiore condivisione delle informazioni.
I decisori responsabili della polizia, della giustizia e della sicurezza nazionale devono allineare gli sforzi nella costruzione
una risposta globale rimuovendo gli ostacoli ad una maggiore condivisione delle informazioni.
4. Potenziamento della polizia in prima linea.
Ogni agente di polizia è un anello della catena che protegge le proprie comunità così come la comunità
mondiale. Ogni agente di polizia, compresi quelli in prima linea e quelli che proteggono i nostri confini, devono farlo
avendo accesso alle informazioni di cui hanno bisogno dai database globali per interrompere l'attività criminale e
offrire un migliore supporto tecnologico, formazione e informazione sulla lotta alla criminalità globale.
5. Maggiori investimenti in innovazione e tecnologia.
Gli investimenti delle forze dell’ordine globali in tecnologia e innovazione vengono superati dai criminali.
La storia della cooperazione. Ultima parte. Fino ai giorni nostri.
A guerra conclusa, nel 1946, su iniziativa del Belgio, fu convocata l’anno dopo a Bruxelles la quindicesima Assemblea Generale per la ricostruzione dell’organizzazione. L’ICPC accettò l’offerta del governo francese di un quartier generale a Parigi insieme a uno staff del Segretariato Generale composto da funzionari di polizia francesi.
(Giuseppe Dosi)
Nello stesso anno fu scelto – su proposta di un funzionario di polizia italiano, Giuseppe Dosi (immagine precedente) – per l’indirizzo telegrafico il nome “INTERPOL”, che ancora contraddistingue l’Organizzazione.
Nel 1947 venne emesso il primo “Red Notice”, per le ricerche internazionali di un russo ricercato per l’omicidio di un poliziotto. Fu l’avvio del sistema di avvisi codificati a colori, ampliato nel corso degli anni per coprire altri avvisi, seppure l’“Avviso rosso” per le persone ricercate rimane uno strumento chiave e, per certi versi, un simbolo dell’Interpol ancora oggi.
Nel 1949 l’ICPC ottenne lo status consultivo dalle Nazioni Unite (che consentiva ad esso di tenere “accordi adeguati alla consultazione con organizzazioni non governative che si occupano di questioni di sua (dell’ONU, ndr) competenza”). Dal 1946 al 1955 i suoi membri crebbero da 19 Paesi a 55. Nel 1956 l’ICPC ratificò una nuova costituzione, sotto la quale fu ribattezzata Organizzazione Internazionale di Polizia Criminale (OICP–Interpol).
Negli anni a seguire crebbe la connessione con altre Organizzazioni Internazionali: nel 1959 si tenne un primo incontro con la partecipazione del Direttore dell’Ufficio che si occupava di traffico di stupefacenti delle Nazioni Unite.
Il traguardo simbolico di cento Paesi membri fu raggiunto nel 1967. Nel 1972 lo status venne rafforzato da un accordo di sede con la Francia, Paese ospitante, che riconobbe INTERPOL come organizzazione internazionale. Quello stesso anno l’Assemblea Generale adottò le Regole sulla cooperazione internazionale di polizia e sul controllo degli archivi, un quadro giuridico necessario per il trattamento dei dati personali.
(attuale sede dell'Interpol)
Il 27 novembre 1989 il Presidente francese François Mitterrand inaugurò la nuova ed attuale sede, spostata a Lione (immagine precedente). Nel frattempo, gli Stati–membri erano saliti a 150.
L’Organizzazione ricercò nuove possibilità anche sotto l’aspetto prettamente operativo.
Negli anni ’70 la capacità di combattere l’imperversante terrorismo era ostacolata dall’articolo 3 della sua costituzione – che vietava “interventi o attività di carattere politico, militare, religioso o razziale” – e da una risoluzione del 1951 dell’Assemblea Generale che definiva un “reato come quello le cui circostanze e motivazioni sono politiche, anche se il fatto stesso è illegale ai sensi del diritto penale”.
Una fonte di questi ostacoli fu quindi rimossa nel 1984, quando l’Assemblea Generale rivide l’interpretazione dell’articolo 3, per consentire all’Interpol di intraprendere attività antiterroristiche in determinate circostanze ben definite.
Nel 1993 poi fu istituita l’Unità di intelligence criminale analitica, per studiare i collegamenti tra sospetti, crimini e luoghi, identificando così i modelli di criminalità e fornendo avvisi di minacce.
Nel 2001 l’Organizzazione è divenuta operativa 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana, in seguito agli attacchi terroristici contro gli Stati Uniti dell’11 settembre, quando il Segretario Generale promise che “le luci dell’INTERPOL non si spegneranno mai più”. Inoltre, venne istituita la carica di Direttore Esecutivo per i servizi di polizia, creata per sovrintendere su diverse Direzioni, comprese quelle per i Servizi di polizia regionali e nazionali, i Reati Specializzati e il Supporto operativo alla polizia.
Tale modernizzazione è stata implementata negli ultimi venti anni anche sotto l’aspetto tecnico, mediante l’AFIS, il sistema automatico di identificazione delle impronte digitali che ha velocizzato i tempi necessari per effettuare i controlli delle impronte digitali (una prova che ha sempre svolto un ruolo cruciale nella polizia, ma le impronte erano precedentemente su carta e venivano confrontate manualmente), ed il Sistema globale di comunicazione della polizia, che offre a tutti i Paesi membri una piattaforma sicura per accedere ai database e alle informazioni ed al database del DNA, per aiutare a collegare i crimini internazionali.
Attualmente più di 80 Paesi forniscono profili DNA di autori di reati e scene del crimine. Il database può essere utilizzato anche per persone scomparse e resti umani non identificati.
Nel 2004, INTERPOL ha aperto un ufficio di Rappresentanza Speciale presso le Nazioni Unite a New York. Seguirà uno presso l’Unione Europea a Bruxelles nel 2009.
Il resto è storia di oggi.
PER SAPERNE DI PIÙ:
L. SCHETTINI, La tratta delle bianche in Italia tra paure sociali e pratiche di polizia (XIX-XX secolo), in “Italia contemporanea”, dicembre 2018, n. 288.
M. DEFLEM, The Logic of Nazification: The Case of the International Criminal Police Commission (Interpol) in International Journal of Comparative Sociology 43(1):21–44, 2002.
M. DEFLEM, International Police Cooperation — History of, Pp. 795-798 in The Encyclopedia of Criminology, edited by Richard A. Wright e J. Mitchell Miller, Routledge, New York, 2005.
M. DEFLEM, Wild Beasts Without Nationality: The Uncertain Origins of Interpol, 1898–1910. Pp. 275–285 in The Handbook of Transnational Crime and Justice, edited by Philip Reichel, Thousand Oaks, CA: Sage Publications, 2005.
O. DI TONDO, Giuseppe Dosi, la polizia internazionale e la nascita dell'Interpol, in Giuseppe Dosi il poliziotto artista che inventò l’Interpol italiana, (a cura di) R. CAMPOSANO, Ufficio Storico della Polizia di Stato, Roma, 2014.
R. BACH JENSEN, The Battle against Anarchist Terrorism: An International History, 1878–1934. New York: Cambridge University Press, 2014.
T. BEUGNIET, La conférence anti–anarchiste de Rome (1898) et les débuts d’une coopération internationale contre le terrorisme de la fin du XIXe siècle à la Première Guerre mondiale, mémoire, (dir.) Stanislas Jeannesson, Nantes, Université de Nantes, 2016.
Journa.host e la proprietà dei server Mastodon. Una storia sulla fragilità emotiva e professionale dei giornalisti
@Giornalismo e disordine informativo
Riportiamo le riflessioni di Laurens Hof, autore della newsletter fediversereport
Il server Journa.host , un server Mastodon dedicato ai giornalisti, ha trasferito la proprietà. Con ciò arrivano domande riguardanti le aspettative tra i proprietari/operatori del server e le persone che utilizzano il server. Il server Journa.host è iniziato come un progetto incentrato sulla comunità, con il finanziamento iniziale del Tow-Knight Center for Entrepreneurial Journalism presso la Craig Newmark Graduate School of Journalism della CUNY. Recentemente la proprietà del server è stata trasferita alla Fourth Estate Public Benefit Corporation. Questa organizzazione gestisce anche il server Mastodon newsie.social e, fino a poco tempo fa, anche il progetto verifyjournalist.org (la cui proprietà è stata recentemente trasferita a The Doodle Project).
Questo trasferimento di proprietà del server ha innescato una discussione da parte del giornalista etiope Zecharias Zelalem, che si è allontanato dal server journa.host a seguito di questo trasferimento di proprietà. Nei suoi post sottolinea i rischi reali che derivano dall'essere un giornalista, soprattutto nel suo contesto. Il trasferimento dei dati personali dei giornalisti e il controllo della loro presenza sui social media alla nuova proprietà senza alcun preavviso e spiegazione solleva interrogativi sulle considerazioni dei precedenti proprietari su questo trasferimento. Uno dei punti sollevati è che ci sono poche informazioni disponibili sull'identità del nuovo proprietario, Jeff Brown. È comprensibile che i giornalisti si sentano a disagio quando non è chiaro chi sia responsabile di una parte importante della loro presenza digitale. Allo stesso tempo, la maggior parte dei server non è finanziariamente sostenibile e non si può presumere che anche i server che ricevono finanziamenti da luoghi affidabili rimangano operativi per sempre quando i fondi si esauriscono. Nel frattempo, sotto la nuova proprietà, journal.host consentirà nuovamente la registrazione di nuove applicazioni per il server journal.host.
Dan Hon ha scritto un articolo interessante sulla situazione, tracciando parallelismi con il nuovo libro di Cory Doctorow "The Internet Con", che vale la pena leggere. Sta anche ospitando un incontro digitale per piccoli gruppi "Giornalismo, notizie e social network federati", organizzato anche in risposta a questa conversazione. Qui puoi trovare ulteriori informazioni su questo incontro "Hallway Track".
Le nostre considerazioni sulla vicenda
Quando abbiamo creato l'istanza mastodon poliversity.it, dedicata agli accademici e ai giornalisti, ci siamo resi conto che mentre gli accademici hanno iniziato a frequentarla, i giornalisti l'hanno praticamente disertata, preferendo stare dentro istanze generaliste come mastodon.uno o la gigantesca mastodon.social Ma altri hanno preferito iscriversi nelle due istanze tematiche anglofone più grandi dedicate al giornalismo, newsie.social e journa.host.
Il motivo dichiarato è che i giornalisti preferivano stare nei luoghi più comodi, più frequentati o più esclusivi. Insomma, preferivano Un posto al sole...
Ma questa individuazione dell'istanza del fediverso più affollata nasconde la pigrizia tipica della maggior parte dei giornalisti oltre alla impellente necessità di mettersi in mostra. Quando abbiamo creato la nostra istanza dedicata al giornalismo, abbiamo sempre affermato che si doveva trattare di una soluzione temporanea, in attesa di fare in modo che i giornalisti stessi creassero delle proprie istanze, legate alla piattaforma editoriale per cui già lavoravano o ai consorzi di cui fanno parte alcuni dei migliori giornalisti italiani ed esteri.
Invece questi progetti non sono ancora nati. In questo senso, troviamo che le lamentazioni di Zecharias Zelalem siano stucchevoli: non riguardano l'orgoglio del giornalismo, ma la semplice lamentela del giornalista che si vede cambiare padrone, che si vede cambiare il soggetto ospitante
Anche l'accusa nei confronti di Jeff Brown ossia quella di non essere un giornalista, è una cosa volgare che manca totalmente l'obiettivo: Il fatto è che Jeff Brown non deve essere un giornalista ma al massimo deve essere un bravo "editore"!
Il punto però è che il fediverso consente a ciascun giornalista o a ciascun gruppo di giornalisti di essere editore di se stesso. L'incapacità di comprendere la realtà da parte proprio di quei soggetti che dovrebbero raccontarle, è al nostro avviso l'aspetto più problematico e in un certo senso oscena di tutta questa vicenda.
Verso un ecosistema di scienza aperta. Il contributo di Bonfire nel realizzare un framework modulare per applicazioni social federate
All'interno di Bonfire, è possibile creare diversi plugin per scopi come la collaborazione nella ricerca, la pubblicazione pre-stampa e la revisione tra pari. Inoltre, un sistema di riconoscimento e verifica chiaro e verificabile potrebbe supportare la creazione di un ecosistema federato di scienza aperta.
Una massiccia adozione di protocolli federati da parte delle istituzioni accademiche aiuterà a potenziare le implementazioni della scienza aperta e a includere le comunità non accademiche nel processo di produzione della conoscenza. Immaginiamo che queste implementazioni vengano realizzate all'aperto, attraverso un processo di co-progettazione che unisce scienziati, ricercatori e attivisti. Questo sforzo collettivo garantirà che le funzionalità sviluppate soddisfino i meticolosi standard degli strumenti accademici sfruttando al tempo stesso l’esperienza utente dei social network. La nostra aspirazione è che ciò possa innescare conversazioni significative e ampliare l’accessibilità delle discussioni scientifiche a un pubblico più ampio, promuovendo una comunità di conoscenza globale vivace, inclusiva e interconnessa.
Qui il post completo pubblicato da @Equipo Nibö :niboe: e Biogarabatos post sul blog di @Bonfire
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Le classifiche delle migliori università del mondo lasciano il tempo che trovano
@Universitaly: università & universitari
Nonostante l’indubbia attenzione che ottengono, però, queste classifiche sono da anni molto criticate. Un po’ perché si basano su criteri arbitrari, che riflettono poco la moltitudine di ruoli sociali e culturali che le università svolgono sul territorio. Un po’ perché sono progettate quasi sempre sulla base del sistema d’istruzione inglese e statunitense, che riflette male come funzionano le università nel resto del mondo. Un po’, semplicemente, perché non è chiaro a cosa servano, se non a indirizzare attenzione e fondi verso le società che le stilano e le università che figurano ai primi posti.
L'articolo di @Viola Stefanello 👩💻 è qui su Il Post
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Fantastico modo di pensare! In effetti è proprio vero: gli osservatori influenzano ciò che osservano in questo caso e come l'hai scritto tu è perfetto.
È deprimente allo stesso modo che qualcosa che teoricamente sarebbe interessante (statistiche delle università a priori sarebbero anche cose utili) finisca per essere una forte fonte di influenza degli studenti e delle università. I fini di queste agenzie di classifiche non sono nobili...
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Legge di Goodhart: quando una misura diventa un obiettivo, cessa di essere una buona misura. L'intero sistema capitalista è costruito in violazione di questa legge.
ConstipatedWatson likes this.
L reshared this.
“Hello World” è la prima comunità Lemmy italiana dedicata alla programmazione
Qui possiamo condividere notizie, tutorial e manuali, video, interviste ad addetti ai lavori ma anche link a repository di progetti personali (rigorosamente open source).
È fondamentale non dare più spazio ai negazionisti climatici: la nostra risposta di Valigia Blu a un lettore sull’articolo dei quattro fisici italiani ritirato dalla casa editrice
@Giornalismo e disordine informativo
La vicenda ci dice che i direttori delle riviste dovrebbero essere un po' più attenti quando pubblicano articoli con analisi e conclusioni potenzialmente controverse. Questo non vuol dire che non debbano essere pubblicati, ma solo che vale la pena assicurarsi che vengano esaminati in modo approfondito e attento prima di pubblicarli
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0ut1°°k
in reply to Poliversity - Università ricerca e giornalismo • • •rag. Gustavino Bevilacqua
in reply to 0ut1°°k • • •@outlook
C'è gente, come Zecharias, che RISCHIA LA PELLE per fare il giornalista, e magari non gli va molto a genio far sapere i suoi affari personali a sconosciuti dei quali non si trovano molte tracce in giro.
Se qualcunә riesce a dimostrare che Jeff Brown non è uno delle tante Wanna Marchi della rete, che cerca solo polli da mungere… sarà una buona notizia.
macfranc
in reply to rag. Gustavino Bevilacqua • • •Dài @GustavinoBevilacqua conosci troppo bene il fediverso per capire che non è questo il punto! Se hai bisogno di sicurezza, non devi cercare la "fiducia" di nessuno, ma devi solo avere il "controllo"!
Se vuoi usare l'istanza di un altro, il minimo che devi (Minimo che DEVI) fare è iscriverti con protonmail e collegarti con TOR project.
L'ottimale è crearti una tua istanza e comunicare solo con sistemi crittati (matrix, signal, session, etc)
@outlook @poliversity @giornalismo
macfranc
in reply to macfranc • • •@GustavinoBevilacqua aggiungo infine che nessuno deve
> dimostrare che Jeff Brown non è uno delle tante Wanna Marchi della rete, che cerca solo polli da mungere… sarà una buona notizia.
Questo è indifferente, così come lo è il fatto che sia o non sia un giornalista (per me è un "editore di fatto" e si posiziona nell'intervallo tra Wikileaks ed Elon Musk!): quello che conta è chi sei tu, utente che ti iscrivi là dentro...
@outlook @poliversity @giornalismo