Così l’Italia potrebbe attirare investimenti nelle aziende tecnologiche
Come gli effetti della politica fiscale possono attrarre risorse ed investimenti dall’estero
L’aspettativa che la situazione economica-finanziaria in Israele si deteriori e l’attesa di eventuali azioni dell’attuale governo per limitare i trasferimenti di risorse finanziarie fuori dal proprio territorio nazionale ha generato molta apprensione nella “startup nation”. Il contesto di percepita instabilità ha determinato iniziative per ricollocare risorse finanziarie e parte delle operations in altri paesi.
Ne è un esempio Riskfied, azienda “tech” quotata al New York Stock Exchange con una capitalizzazione oggi non molto distante da 1 miliardo di dollari, che ha comunicato l’intenzione di trasferire 500 milioni di dollari fuori da Israele (Fonte Globes, 8 Marzo 2023), ha avviato un piano assunzioni nel dipartimento di ricerca e sviluppo a Lisbona e ha comunicato il pieno supporto ai dipendenti che hanno interesse al trasferimento in Portogallo. Certamente la percezione di instabilità internazionale, in particolare in un paese a noi vicino e importante come Israele, non giova al contesto generale, ed è auspicabile che la tensione possa risolversi nel minor tempo possibile.
E’ sempre più evidente, però, che la competitività di un’economia non può essere ridotta solo al PIL ma deve considerare anche la dimensione politica, sociale e culturale. La capacità di attrazione di investimenti esteri, e quindi la presenza di un ambiente caratterizzato da infrastrutture, istituzioni e politiche efficienti che incoraggino la creazione di valore sostenibile da parte delle imprese, consente l’evoluzione del sistema produttivo stesso.
In tale ottica, “l’attesa” riforma della politica fiscale rappresenta un elemento cardine per mantenere la competitività del nostro Paese. La riforma che ci si aspetta dovrebbe favorire la crescita delle imprese sia in termini di giro d’affari che in termini di consistenza patrimoniale, superando alcune delle principali criticità del tessuto produttivo nazionale, da tempo oramai note. In tal senso l’auspicata riduzione progressiva delle aliquote fiscali per le imprese, premiando quelle che investono e assumono a tempo indeterminato in Italia, va in questa direzione.
La riforma della politica fiscale, inoltre, dovrebbe auspicabilmente creare le condizioni per favorire l’ingresso di risorse e competenze da paesi esteri, fronteggiando anche la concorrenza sleale dei paradisi fiscali europei, che invece genera un flusso di risorse e di competenze inverso, ovvero dal nostro territorio nazionale verso altri paesi. Certamente, oltre al vincolo di bilancio dello Stato e dunque di sostenibilità nel tempo, gli interventi di politica fiscale focalizzati e sistemici su specifici settori produttivi o funzioni aziendali hanno mostrato nel tempo una maggiore efficacia e capacità di conseguire i risultati attesi.
Il settore tecnologico rappresenta uno degli elementi principali per mantenere la competitività del Paese, e la capacità di attrarre risorse e competenze qualificate da uno dei Paesi più avanzati in tale ambito, potrebbe rappresentare un’opportunità unica per generare un effetto moltiplicatore sulle competenze già presenti e la creazione di un ecosistema di innovazione attrattivo anche per altri Paesi. Lo sviluppo del settore tecnologico è quello che trasversalmente può generare una crescita in tutti i settori, generando un indotto capace di favorire un impatto sull’ammodernamento di tutto il Paese.
L’Italia ha da sempre un ruolo centrale, seppur faticoso, nell’area del mediterraneo e certamente può rappresentare la porta per l’integrazione europea, per un paese come Israele, con cui si condividono radici culturali e che certamente rispetto al Portogallo rappresenta un contesto economico più avanzato e dimensionalmente assai più consistente, considerato che il nostro PIL è maggiore di quello del Portogallo per circa nove volte.
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Def-inire.
C’è un filo che lega il Def (documento di economia e finanza), approvato ieri dal governo, l’impegno per il pieno successo del Pnrr e le nomine nelle imprese controllate dallo Stato. Che destano nervosismo nella maggioranza. E c’è una partita politica, che accompagna lo sgranarsi di quella collana.
I dati Eurostat confermano un dato positivo e un danno permanente. Il dato positivo è che, fra il 2021 e il 2022, l’occupazione è cresciuta più della media Ue (+1.9% rispetto a +1.5%). Il danno permanente è che in nessun Paese europeo si lavora in meno numerosi che in Italia: da noi il 60.1% della popolazione attiva; nella media Ue il 69.9; ma in Germania (la prima potenza industriale, noi siamo la seconda) il 77.2%. Queste sono medie, se guardiamo dentro la realtà italiana troviamo aree che superano la quota europea e aree d’inammissibile arretratezza. Non solo lavoriamo in pochi, ma non si trovano italiani disposti o capaci di fare molti lavori. Siccome la crescita della ricchezza è frutto del lavorare e dell’intraprendere, noi sommiamo una crescita inferiore al possibile e uno squilibrio territoriale non sostenibile. E questo ci porta al Def.
La dottrina spendarola, a destra e a sinistra, detta una solenne sciocchezza: più lo Stato spende e più si cresce. Se fosse vero, con il debito che ci ritroviamo e, quindi, la spesa in deficit fatta, dovremmo essere i campioni europei. Ma non è vero. Però è affasciante, specie se si punta a raccattare voti usando i soldi dei contribuenti onesti. Per questo è significativamente positivo che il Def descriva un calo progressivo del peso del debito pubblico sul prodotto interno lordo, in continuità con i conti del governo Draghi. Perché segnala che non si è abbracciata la dottrina spendarola. E questo origina già dalla campagna elettorale, quando Forza Italia e Lega reclamavano lo spendarolo “sfondamento di bilancio” e Fratelli d’Italia s’opponeva. Il partito d’opposizione era più draghista dei due al governo. E questo è il punto relativo alla partita politica. Ci arriviamo.
Nel Def il deficit resta alto (4.5), ma in linea con le previsioni. Il 2023 si conferma anno di crescita (l’opposto della recessione inesistente, di cui si strillazzava in campagna elettorale), semmai più marcata: 1%. Senza, però, che ci sia traccia dei soldi Pnrr. Non che il governo non pensi di utilizzarli (sarebbe una follia), ma, prudentemente, non ne contabilizza gli effetti nell’immediato, guarda un po’ oltre. Se tutto andrà per il meglio, insomma, si rivedrà al rialzo la crescita e il governo (giustamente) s’attaccherà una medaglia al petto. Ma può andare per il meglio? Qui si arriva alle nomine.
Sono sempre state politiche e sono sempre state spartitorie. I moralismi a intermittenza sono immorali. Preferirei meno Stato nel mercato e diversa procedura, ma questa è la zuppa ed è inutile far boccuccia. La novità è un’altra: da quelle grandi società passa parte significativa delle opere Pnrr. Qui non si giocano delle poltrone, ma la testa dell’operazione. Non è che Meloni, come taluni scrivono, voglia tutto per sé, è che non vuole si riproduca la divisione della campagna elettorale sullo sfondamento, per cui taluni puntano al fallimento per poi inscenare il vittimismo e la rottura europea (con il plauso del Cremlino). Sono forze che vogliono ingabbiare una Meloni già impastoiata con le proprie stesse parole sbagliate: si è ancora fermi sulla concorrenza e il 20 aprile si pronuncia la Corte di giustizia sui balneari.
L’interesse dell’Italia è che quegli investimenti riescano. Un dovere da definire e adempiere. Sarebbe interesse comune che anche l’opposizione se ne rendesse conto, anche perché governare dopo un fallimento sarebbe atroce. Ma, riuscendoci, il partito pragmatico di centro diventerà l’attuale destra e quelli che volevano stare al centro verranno sbattuti alla destra protestataria. A quel punto o si fa il salto, portando in Parlamento il dialogo istituzionale, o si resta nella marana delle false alleanze, incapaci di governare.
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Tokyo finanzierà un polo industriale in Bangladesh
di Redazione
Pagine Esteri, 12 aprile 2023 – Il governo del Giapponeha proposto di sviluppare un polo industriale in Bangladesh con catene di approvvigionamento verso gli Stati nordorientali dell’India, privi di sbocco sul mare, e verso il Nepal e il Bhutan, realizzando un nuovo porto e i trasporti nella regione.
La proposta giunge dopo la visita, realizzata in Indiail mese scorso, del Primo Ministro giapponese Fumio Kishida. Durante il viaggio Kishida ha promosso l’idea di un nuovo polo industriale per la Baia del Bengala e l’India nord-orientale, che potrebbe sostenere lo sviluppo della regione abitata da 300 milioni di persone.
Dopo la visita di Kishida, il suo governo ha approvato un finanziamento al Bangladesh di 1,3 miliardi di dollari per tre progetti infrastrutturali, tra cui un nuovo porto commerciale nell’area di Matarbari con collegamenti agli Stati indiani adiacenti senza sbocco sul mare, tra cui il Tripura. Il progetto previsto di Matarbari consentirebbe la realizzazione del primo porto in acque profonde del Bangladesh in grado di ospitare navi di grandi dimensioni.
«Può essere un piano vantaggioso per l’India e il Bangladesh», ha detto martedì Hiroshi Suzuki, ambasciatore del Giappone in India, citando la proposta del polo industriale durante un incontro di funzionari indiani, bangladesi e giapponesi ad Agartala, la capitale dello Stato di Tripura (nel nord-est della penisola indiana).
Il rappresentante diplomatico ha detto che il porto marittimo dovrebbe diventare operativo entro il 2027 diventando la chiave per costruire un polo industriale che colleghi la capitale del Bangladesh, Dhaka, alle aree dell’India che non possiedono uno sbocco sul mare. Lo Stato di Tripura si trova a circa 100 chilometri dal porto marittimo proposto e potrebbe rivelarsi una porta d’accesso per gli esportatori regionali (in primis quelli giapponesi), ha dichiarato Sabyasachi Dutta, responsabile di Asian Confluence, un think tank che ha organizzato l’incontro di due giorni.
L’Indiae il Giappone hanno già sviluppato congiuntamente progetti infrastrutturali in Bangladesh, nello Sri Lanka e in Africa, come alternativa all’iniziativa Belt and Road promossa dalla Cina, al fine di contrastare la diffusione dell’influenza di Pechino. Alla fine di dicembre nella capitale Dhaka è stata inaugurata la prima linea di metropolitana attiva in Bangladesh, realizzata grazie a ingenti finanziamenti giapponesi.
Attualmente più di 300 aziende giapponesi operano già in Bangladesh e si prevede che i due Paesi firmino presto un accordo di partenariato economico che potrebbe dare ulteriore impulso all’industria manifatturiera ed attirare altre aziende straniere.
Il Primo Ministro del Bangladesh, Sheikh Hasina, visiterà il Giappone dal 25 al 28 aprile su invito di Kishida. – Pagine Esteri
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MEPs to call for renegotiation of EU-US data transfer framework
EU lawmakers are set to adopt a non-binding resolution urging the European Commission not to endorse the Data Privacy Framework for transatlantic data flows until fundamental rights concerns are fully addressed. The draft motion, seen by EURACTIV, is expected to...
Dopo il riscontro ottenuto nelle prime tre settimane, l’esposizione de “Il libro del mese” dedicata al Centenario dell’Aeronautica Militare proseguirà fino al 28 aprile.
Qui tutti i dettagli ▶️ miur.gov.
Ministero dell'Istruzione
Dopo il riscontro ottenuto nelle prime tre settimane, l’esposizione de “Il libro del mese” dedicata al Centenario dell’Aeronautica Militare proseguirà fino al 28 aprile. Qui tutti i dettagli ▶️ https://www.miur.gov.Telegram
MYANMAR. Almeno 80 gli uccisi dall’attacco aereo contro raduno per democrazia
della redazione
Pagine Esteri, 12 aprile 2023 – Almeno 80 persone, incluse donne e bambini, sono state uccise a seguito di un raid aereo governativo contro un raduno pro-democrazia nel nord-ovest del Paese. Secondo il quotidiano Nikkei, l’attacco si è verificato durante una cerimonia per l’insediamento dell’amministrazione locale nella regione di Sagaing. Attorno alle 7:40 di ieri un jet ha sganciato bombe sui civili, sui quali poi ha aperto il fuoco anche un elicottero.
Alla fine del mese scorso, durante la parata militare per la Giornata delle forze armate, il capo della giunta Min Aung Hlaing aveva annunciato ribadito che l’esercito intraprenderà “un’azione decisiva” contro gli oppositori e i gruppi armati etnici che li sostengono facendo riferimento indiretto all’esecutivo ombra dell’opposizione formato dai dirigenti della Lega nazionale per la democrazia (Lnd) della deposta leader Aung San Suu Kyi.
La strage di civili è stata seguita da una ampia condanna internazionale della dittatura militare che controlla Myanmar. La giunta ha reagito respingendo accuse e critiche ma poco più di due anni dal golpe del primo febbraio 2021, che ha deposto il governo di Aung San Suu Kyi, il governo militare appare se,mpre più fragile. Il mese scorso la giunta aveva annunciato la proroga dello stato d’emergenza e il rinvio dei piani per un ritorno alle urne, inizialmente fissato per agosto 2023.
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Hikikomori. Un’indagine in Italia | La Città di Sotto
"I ragazzi e le ragazze in ritiro sociale volontario usano l’isolamento come forma di autodifesa, rispondendo con questa forma di resistenza ai principi, ai dettami, ai tempi e alle forme relazionali di una società che li vuole sempre prestazionali, impeccabili, senza possibilità di errore. Abbiamo voluto accendere una luce sulle loro storie e bussare a quelle porte chiuse. Non per giudicarli, ma per provare a riaccompagnarli al mondo."
Il carburante della Russia arriva in Iran su rotaia
Pagine Esteri, 12 aprile 2023 – È cominciata negli ultimi mesi l’esportazione di carburante russo verso l’Iran. Il massiccio accordo energetico tra Mosca e Teheran era stato siglato lo scorso anno, per un valore di 40 miliardi di dollari.
Con l’inizio della guerra in Ucraina e in seguito alle sanzioni imposte dai Paesi occidentali alla Russia, il Cremlino aveva necessità di trovare nuove vie di esportazione per i propri carburanti. E così, tra febbraio e marzo, secondo i dati diffusi, attraverso le proprie fonti, dall’agenzia Reuters, la Russia ha consegnato 30.000 tonnellate di gasolio e benzina all’Iran.
Carri cisterna per il trasporto di petrolio su rotaia
I carichi di carburante hanno attraversato il Kazakistan e il Turkmenistan su rotaia. Non senza difficoltà: è previsto per quest’anno un aumento delle forniture ma la congestione ferroviaria potrebbe rallentare il progetto. Un volta in Iran, parte dei carburanti sono stati inviati su camion ai paesi vicini, compreso l’Iraq.
Una raffineria di petrolio in Iran
Prima della guerra in Ucraina la Russia forniva piccole quantità di carburante a Teheran e tutte attraverso il Mar Caspio. Come è noto, l’Iran possiede grandi giacimenti e raffinerie ma a quanto pare la produzione interna non riesce più a soddisfare la domanda, che negli ultimi anni è aumentata.
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Gli stipendi devono crescere poco: il governo Meloni lo ha scritto davvero | L'Indipendente
«Il governo Meloni tutelerà la “moderazione della crescita salariale per prevenire una pericolosa spirale salari-prezzi”, come si legge nel comunicato stampa dell’ultimo Consiglio dei ministri. In poche parole, gli stipendi devono crescere poco perché tanto, prima o poi, l’inflazione si arresterà risolvendo il problema. A pagarne le spese, nel frattempo, è il potere di acquisto degli italiani che per sopravvivere tra inflazione e caro vita devono attingere ai propri risparmi.»
In Cina e Asia – Pechino si prepara a regolamentare i chatbot
Pechino si prepara a regolamentare i chatbot
Gli Usa aiuteranno Taiwan a aumentare la propria partecipazione internazionale
Le preoccupazioni di Seoul per la fuga di documenti del Pentagono
Myanmar, raid aereo fa strage di civili
No allo stress. Sì a lavori ordinari e meditazione
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Il Cile approva la riduzione della settimana lavorativa a 40 ore
della redazione
Pagine Esteri, 12 aprile 2023 – Il Congresso cileno ha approvato un disegno di legge per ridurre gradualmente la settimana lavorativa da 45 ore a 40 ore. Si tratta di una vittoria legislativa molto importante per il presidente socialista Gabriel Boric che si è insediato lo scorso anno promettendo un programma ambizioso di riforme sociali ed economiche.
Questo successo, che contribuisce a smantellare il sistema economico cileno fondato sul liberismo, giunge dopo alcune battute d’arresto, come la bocciatura della nuova costituzione progressista e di un disegno di legge fiscale.
La nuova legge prevede un’ora in meno alla settimana di lavoro all’anno fino a quando la settimana lavorativa non raggiungerà le 40 ore, portando il Cile in linea con la maggior parte delle nazioni industrializzate. Al Congresso ha avuto un sostegno schiacciante, con 127 voti a favore e solo 14 contrari.
Diverse aziende in Cile hanno già annunciato che adotteranno il disegno di legge, incluso il gigante statale del rame Codelco, che all’inizio di quest’anno aveva annunciato di voler ridurre la settimana lavorativa a 40 ore entro il 2026. Imprese più piccole invece hanno criticato la nuova legge, affermando di non avere risorse sufficienti per assumere più lavoratori e sostituire le ore di lavoro perse. Il ministro del lavoro Jeannette Jara ha detto ai giornalisti che l’attuazione graduale è stata progettata per affrontare proprio questo problema ma, ha poi sottolineato, “la cosa principale è che dobbiamo fare progressi nei diritti dei lavoratori”.
La società di design Organic Style, che ha introdotto volontariamente la settimana di 40 ore durante la pandemia, ha affermato che il cambiamento si è rivelato positivo. “È un’ottima iniziativa che ha cambiato le nostre vite”, ha dichiarato la proprietaria Danitza Becerra. Pagine Esteri
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Fr. #26 / Di faide social e spioni
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Elon Musk vs Substack
Paura e delirio nelle strade di Twitter per una faida tra Elon Musk e Substack. Tutto inizia qualche giorno fa, dopo l’annuncio di un nuovo servizio da parte della piattaforma che ospita anche Privacy Chronicles: Substack Notes, una sorta di estensione social che in sarà molto simile al funzionamento di Twitter.
Re Elon non ha preso bene la notizia, iniziando così una serie di azioni di guerriglia contro tutto ciò che è Substack: tweet, menzioni, link. Ad esempio, negli ultimi giorni era impossibile interagire con i tweet contenenti link ad articoli su Substack, e i link stessi venivano identificati come contenuto potenzialmente malevolo. Una censura di massa che ha colpito anche me.
Twitter è fico, ma vogliamo parlare di Privacy Chronicles?
Oggi Elon sembra invece aver cambiato idea, e la situazione è tornata altrettanto velocemente alla normalità. Come mai? È una questione di proprietà privata e incentivi economici.
Come saprete, se c’è una cosa che Elon Musk odia più della concorrenza sono i mass media mainstream, che ricambiano cortesemente. Censurando Substack, una delle primarie fonti d’informazione alternative, Elon ha però finito per agevolare i primi, censurando la voce di milioni di persone che permettono a Twitter di essere quello che è.
Elon ha ragione da vendere a voler intralciare con ogni mezzo un suo competitor, ma non può farlo: censurare Substack significherebbe contraddire i suoi stessi principi e finire per autodistruggere ciò che rende Twitter un social unico nel suo genere.
Nel diventare il Regno di Elon Musk, Twitter oggi ha chiari incentivi economici per essere molto più equilibrato e libero rispetto a quando era invece una democrazia rappresentativa con un Board eletto, che non avendo skin in the game poteva prendere decisioni scellerate senza alcuna conseguenza.
Based FBI
Secondo un dossier FBI intitolato “Involuntary Celibate Violent Extremism” usare termini sui social come “Chad”, “Based”, “Red Pill”, “Stacy” potrebbe farvi finire in una watchlist di persone considerate a rischio di estremismo violento.
Fonte: zerohedge.com/political/fbi-do…
Non è ben chiaro cosa ci faccia l’FBI con queste watchlist, ma dato che ricadono nell’ambito del terrorismo domestico, certamente nulla di buono.
Se i Twitter Files12 ci hanno insegnato qualcosa, è che della buona sorveglianza non va mai sprecata. Attività di questo tipo, agevolate dai social, possono portare a una profilazione politica delle persone che tornerà molto utile durante le prossime elezioni presidenziali.
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Tesla ti spia nel garage
Secondo il Seattle Times i dipendenti di Tesla avrebbero l’abitudine di guardarsi le registrazioni delle telecamere montate sulle Tesla e condividerle tra loro. Sì, anche i video registrati nei cortili di casa.
Per chi non lo sapesse, le automobili Tesla posseggono telecamere in grado di registrare e analizzare l’ambiente circostante grazie a un servizio chiamato Sentry Mode. Con il Sentry Mode l’auto può anche svolgere delle funzioni automatizzate come far suonare l’allarme nel caso in cui il sistema (dotato di algoritmi di machine learning, presumo) identifichi qualcosa come una minaccia. Le registrazioni sono ovviamente disponibili ai tecnici Tesla per diversi motivi, che ci fanno poi un po’ quello che vogliono.
Il Sentry Mode può essere configurato per evitare le registrazioni in alcuni luoghi e può anche essere disattivato, ma tra il dire e il fare… In ogni caso non c’è nessun problema: pare che Tesla abbia iniziato ad avvertire i clienti che il Sentry Mode potrebbe violare le normative sulla privacy.
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Certo è che il concetto di “auto-sorveglianza” assume tutto un altro significato.3
Meme del giorno
Citazione del giorno
“Democracy virtually assures that only bad and dangerous men will ever rise to the top of government.”
Hans-Hermann Hoppe
Articolo consigliato
La nuova arma legale degli Stati Uniti contro Cina e Russia
Il governo degli Stati Uniti ne è convinto: TikTok è un problema di sicurezza nazionale e va vietato. Il sentimento comune è che il social network di ByteDance potrebbe essere a tutti gli effetti un cavallo di Troia del governo cinese per spiare gli Stati Uniti. Come misura preventiva, già a dicembre l’installazione dell’app è stata vietata su qualsiasi dispositivo federale…
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4 days ago · 5 likes · Matte Galt
Twitter Files: dalla censura politica al ban di Trump
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"Pay or Okay" - the beginning of the end?
"Pay or Okay": l'inizio della fine? "PUR Abo" su derStandard.at illegale secondo la DPA austriaca
Manuel D'Orso reshared this.
La fuga di documenti segreti sull’Ucraina è la punta dell’iceberg: l’analisi che fa tremare gli Usa. Di @Idart87 su @fanpage
@Politica interna, europea e internazionale
La divulgazione di documenti top secret del Ministero della Difesa Usa su Twitter e Telegram, verificatasi nei giorni scorsi, rappresenta la peggiore violazione della sicurezza nazionale degli ultimi anni, ma si tratta solo della punta dell'iceberg, trattandosi di materiali che avevano iniziato a circolare molto prima che tutto ciò fosse notato.
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Senza rete
La crescita economica dell’Italia, per il presente e il prevedibile futuro, dipende dalla capacità odierna di rendere effettivi gli imponenti investimenti e le decisive modernizzazioni previste dal Pnrr. Il governo ci si gioca la faccia. L’opposizione non può scommettere sul fallimento, perché sarebbe anche quello dell’Italia. Eppure s’assiste a continui rinvii e distratti silenzi. Come se la partita si giocasse in un altro stadio, animato da propagande che sembrano essere la sola specializzazione degli astanti. Parliamo di servizi e reti digitali, di cui pare non interessi nulla a nessuno.
Il piano del governo era quello di far confluire il Sistema pubblico di identità digitale (lo Spid) nella Carta d’identità elettronica (Cie). Tanto che s’era supposta, allo scadere della convenzione con i privati che lo forniscono e gestiscono (il prossimo 23 aprile), l’estinzione dello Spid. Il che gettava nella costernazione quanti avevano tribolato e pagato per averlo. Ma, a parte le difficoltà e le lentezze nel rilascio della Cie, alcuni numeri avrebbero dovuto suggerire un approccio meno assertivo: attualmente sono stati assegnati 33.5 milioni di Spid e consegnate 32.7 milioni di Carte, dimostrandosi che gli italiani si dispongono con piacere ad avere interazioni digitali con la Pubblica amministrazione, ma, dal punto di vista operativo, con lo Spid sono stati effettuati 1 miliardo di accessi ai servizi, con la Carta 21 milioni. Supporre di chiudere il primo era fantasioso.
Nel mentre il problema serio è quello di predisporre servizi amministrativi digitalmente efficienti, con schemi e tracciati sempre uguali – non ciascuno secondo il proprio gusto – e senza che il procedimento s’interrompa quando hai già compilato tutto e devi ricominciare da capo; posto che le amministrazioni locali lamentano enormi difficoltà anche solo nell’utilizzo della piattaforma (ReGis) per seguire e rendicontare le opere Pnrr; l’idea governativa di riassetto s’è conclusa con una proroga dei contratti dei privati, per lo Spid, fino al 2024, con un costo aggiuntivo di 40 milioni, mentre per il riordino ci si vede nel 2025. Chi ci sarà.
Per far funzionare qualsiasi interazione digitale occorre avere efficienti reti di telecomunicazione. Nella diffusione della banda ultra larga (più velocità e tempi infinitesimali, vitali per chi ci lavora) l’Italia è indietro, rispetto agli altri europei. Il piano per mettersi in pari, integrato nel Pnrr, è stato elaborato sotto la direzione di Vittorio Colao, nel governo Draghi. Nessuno è perfetto e siamo tutti peccatori, ma Colao rese gigante una multinazionale delle telecomunicazioni, Vodafone. Non se ne è accorto quasi nessuno, ma la settimana scorsa si è riunito – per la prima volta con il governo Meloni – il Comitato interministeriale per la transizione digitale (Citd), decidendo di non transitare, archiviando il piano Colao e creando un coordinamento interministeriale per riscriverlo. Il tutto nel mentre le reti esistenti vedono la partecipazione societaria del governo in aziende diverse e che furono concorrenti, in un trionfo di conflitti d’interessi e mancato coordinamento, e nel mentre giungono offerte di acquisto della rete. Offerte che sono sì di fondi stranieri, ma che già sono presenti nella struttura societaria delle reti italiane e segnatamente in quella della Tim. E nessuno sa, al momento, come andrà a finire (ammesso vada a finire).
Quindi, da una parte si dice che si deve correre e recuperare il tempo perduto, dall’altra si è in piena saga del rinvio, senza che neanche sia chiaro quale si vorrebbe che fosse il punto di approdo.
Questi problemi sono difficili e non mi piace farla facile. Ma c’è un problema grosso, permanente e trasversale: si comincia a studiare un problema quando s’arriva al governo, anziché andare al governo per averlo studiato e avere proposto degli indirizzi. Con un guasto aggiuntivo: il tempo della borsa di studio coincide con la durata del governo. E l’Italia resta indietro.
L'articolo Senza rete proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
La consapevolezza che manca agli Stati europei
Indispensabile, irrealizzabile. Accostando questi due aggettivi si comprende in che cosa consista il dramma europeo. Come dimostra, da ultimo, anche il viaggio del presidente francese Emmanuel Macron in Cina. Mentre l’Europa avrebbe bisogno di una maggiore integrazione per fronteggiare le crescenti minacce alla sicurezza di tutti noi europei, forze potenti, soprattutto il peso e la pressione del passato sul presente, rendono quasi impossibile (il «quasi» è una concessione alla imprevedibilità del futuro) realizzarla.
Il più «europeista» dei presidenti francesi, Macron, ha incontrato Xi Jinping in veste di francese, non di europeo. L’Europa, in quel viaggio, è stata rappresentata dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen ma ha fatto da contorno: una spruzzatina di europeismo su una missione «francese». C’era qualcosa di paradossale. Da un lato, un presidente della Francia che ha sempre l’obbligo di fingersi (perché questo impone la cultura politica nazionale di cui è espressione) il rappresentante di ciò che non c’è più da un pezzo: la grande potenza che la Francia è stata nei secoli passati.
Dall’altro lato, il capo di una superpotenza che mentre stringeva la mano a Macron probabilmente pensava: è solo questione di tempo e questi europei me li comprerò tutti. E difatti, il business è stato in quell’incontro l’unica cosa concreta.
In coincidenza con la nuova prova di forza della Cina contro Taiwan, Macron ha rilanciato ora, in polemica con gli Stati Uniti, l’idea di una «autonomia strategica» europea, di una Europa capace di tutelare i propri interessi, divergenti da quelli dell’America (sottinteso: Taiwan non ci riguarda). Può affascinare certi europei ma si colloca nel solco della tradizione gollista. È l’idea di un’Europa a egemonia francese. Macron si guarda bene dal dire che è pronto a cedere all’Unione il seggio francese all’Onu o di metterle a disposizione la sua forza nucleare. Gli altri governi (tedesco intesta) non possono che essere scettici. Macron sembra parlare più ai francesi che agli altri europei.
Ma non si tratta di gettare la croce sulla Francia. Gli ostacoli a una maggiore integrazione riguardano tutti gli Stati europei, nessuno escluso. È difficile il passaggio dalla «età dell’innocenza» alla «età della consapevolezza». C’è stato un tempo in cui eravamo così «innocenti», così ingenui, da pensare che un giorno, grazie all’integrazione economica, il mercato unico, l’euro eccetera, l’integrazione politica ci sarebbe caduta in grembo come un frutto maturo. Vero che non tutti erano d’accordo. I federalisti spinelliani pensavano che occorresse uno scatto
consapevole, un atto di volontà politica. Ma non dubitavano del fatto che quell’atto fosse possibile. Stiamo entrando, ahinoi, nell’età della consapevolezza. Cominciamo a capire quanto potenti, e forse insormontabili, siano gli ostacoli a una maggiore integrazione che tuttavia dobbiamo continuare ad augurarci, soprattutto a causa dei cambiamenti in atto negli equilibri mondiali. Che faremmo se un giorno gli Stati Uniti decidessero che l’alleanza con l’Europa non è più per loro una priorità? Gli europei antiamericani stapperebbero bottiglie di champagne ma, in assenza di integrazione politica e militare, per l’Europa si tratterebbe del passaggio da una lunga fase di pace, sicurezza e benessere a una fase in cui nessuno di quei beni potrebbe più essere garantito. E sarebbe, probabilmente, anche l’inizio della fine per diverse democrazie europee.
Le integrazioni politiche avvengono nell’uno o nell’altro di due modi: o perché uno Stato potente conquista altri Stati con le armi o perché certi Stati si uniscono per fronteggiare una minaccia esterna. Si spera che la consapevolezza dei pericoli incombenti spinga l’Europa ad unirsi. Ma, al momento, non sembra proprio. In presenza di sfide esterne l’Europa rischia di fare il tragitto contrario, di disgregarsi, di perdere anche quel tanto di integrazione che ha messo insieme negli ultimi settant’anni. Ha osservato giustamente Federico Fubini ( Corriere , 8 aprile) che la guerra in Ucraina spinge gli elettorati europei a premiare partiti nazionalisti, tutti più o meno ostili a una maggiore integrazione politica. Altro che unirsi per fronteggiare il pericolo.
Ci sono sempre stati coloro che, per ottusità o per la spocchia intellettuale che li spinge a non tenere in conto sentimenti e paure dei cittadini comuni, preferiscono demonizzare piuttosto che tentare di comprendere queste tendenze. Eppure, non ci vuole molto a capire. Se ti senti, a ragione o a torto, minacciato, ti aggrappi a ciò che conosci, non a ciò che non conosci. Vuoi essere protetto dal governo del tuo Stato, non da un’entità che non esiste ancora e della quale ti sfuggono le finalità. Anche il caso italiano, come altri, si spiega, almeno in parte, così. Va aggiunto che le persone, in maggioranza, sono legate solo alla comunità in cui sono cresciute, con cui condividono lingua e tradizioni. E le tradizioni europee, dell’Europa del Nord, di quella dell’Est, di quella latina, sono molto diverse. Anche nella cosiddetta Europa carolingia le differenze — fra Francia, Germania, Italia — sono assai forti. Il che spiega perché nemmeno l’idea di una maggiore integrazione solo «fra chi ci sta», da molti invocata, sia realizzabile. La verità è che, a ben guardare, al momento, «non ci sta» nessuno. Come dimostrato anche dal comportamento della Germania. È il passato, la storia europea, il principale ostacolo a una maggiore integrazione.
Finita la Guerra fredda, e unificata la Germania, gli europei, con il trattato di Maastricht (1992), grazie al quale disponiamo della moneta unica, ebbero l’impressione di avere ormai imboccato, con passo spedito, la strada dell’integrazione politica. Ma forse gli storici futuri giudicheranno Maastricht in un altro modo: come il canto del cigno dell’integrazione europea. Abbiamo interdipendenza economica e mercato unico. Ma non sappiamo per quanto tempo ancora.
Riassumendo, mutamenti negli equilibri internazionali di potenza combinati a una forte polarizzazione, una divisione acuta, che sembra destinata a durare, all’interno della democrazia statunitense, non garantiscono che in futuro l’Europa potrà godere ancora a lungo della protezione americana. In questa eventualità, servirebbe una integrazione politica e militare. Ma, per le ragioni dette, quella strada appare bloccata. Naturalmente, e forse per fortuna, per quanti sforzi si facciano per prefigurare gli scenari del futuro, la storia resta imprevedibile. Magari nuovi ed inaspettati eventi mostreranno possibile ciò che ora non sembra esserlo. Tenuto conto di quanto grande sia la posta in gioco per noi europei, non possiamo smettere di augurarcelo.
L'articolo La consapevolezza che manca agli Stati europei proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
‘A curturata
Curturarmente parlando, la destra sembra avere una certa invidia per la prestazione della sinistra: basta con il loro dominio egemonico, ora anche la cultura di destra vuole il suo spazio e intende dedicarsi alla costruzione di un <<immaginario italiano>>. Il che lascia immaginare un titanico scontro di citazioni. Colti in flagranza di rivincita, stanchi d’essere colti di sorpresa, sfidano la sinistra a non essere colta in contropiede. Una specie di ritorno adolescenziale alle camerette con i poster, salvo scoprire appresso a quali caratterini dispotici avevano intestato gli appizzati a monito dell’identità culturale del colà dormiente.
Sul serio la sinistra dominò la cultura? Ne ricordo diversi, di intellettuali che più che “di sinistra” erano comunisti, desiderosi che non si ricordasse che erano stati fascisti. E come il fascismo dedicò qualche attenzione alla costruzione di una propria identità culturale, con il risultato di sputtanare presso i posteri i chiamati a contribuire, anche il comunismo s’impegnò nel medesimo esercizio, ottenendo il medesimo risultato. Sicché toccò a noi antitotalitari ripescare nei due secchi quel che effettivamente aveva un valore, a prescindere dall’impostura dell’arruolatore e dalla viltà dell’arruolato. Se può servire ad evitare un inutile dimenarsi citazionista, segnalo che i due approcci hanno diversi tratti in comune: ad esempio il progressismo sinistro se la prese con il latinish, come il conservatorismo destro se la prende con l’inglesorum. Ma la faccenda è piuttosto semplice: solo l’incolto usa il vocabolo che crede colto, laddove chi voglia esprimere un pensiero cerca la parola appropriata e d’uso comune, senza far distinzione di lingua. Sul punto fu piuttosto chiaro un milanese che metterei fra le colonne della cultura italiana e che non cito per non partecipare alla corrida citazionista. Illustrò come il linguaggio oscuro serve ad azzeccare garbugli in danno altrui.
Generosa l’idea di tracciare il solco della cultura nazionale, che ribadisca un’identità che si suppone altri voglia sbiadire. Ma, a parte il fatto che una cultura si esalta nel diffondersi contaminandosi e non nel difendersi marmorizzandosi, sarà interessante vedere come la si metterà con uno dei poemi epici fondativi della stirpe italica, ove si narra di progenie giunta emigrando dall’estero, non a caso figli di Troia, mediante un barcone e con l’anziano babbo in collo, da accollare ai popoli ove si sbarca. E chissà se fra i messaggeri della cultura non si vogliano mettere anche quelli che emigrarono illegalmente dall’Italia, inseminando le terre d’arrivo di lavoro, usi e costumi, qualche crimine e non pochi pargoli.
Ma non divaghiamo: quindi la cultura fu di sinistra? Non so, talora ripasso davanti ai miei scaffali farciti di Editori Riuniti, i cui prodotti furono letti per cieca fede e indottrinamento comunista, ma tanta parte dei quali risultano indigeribili anche ai ruminanti. Sul serio volete imitarli? Suvvia, ma non è forse vero che se non eri di sinistra non ti pubblicavano? No, non era vero. Ma era (ed è) vera una cosa che gli è vicina: el pueblo unido ama il conformismo, che aiuta a conoscere un libro senza leggerlo e ad apprezzare un film dormendo durante la proiezione. E non c’è dubbio che il soccorso al vincitore (op. cit. ma di chi?) resta sport nazionale.
Una variante vuole che ‘a curtura sia quella popolare, trasmessa dalla Rai. Dalla Rai, non dalla televisione, perché solo la Rai si lottizza, mentre le televisioni commerciali, il cui artefice è un Tale forse non sconosciuto, a destra, non trasmisero Le sorelle Materassi, ma l’intrattenimento all’americana. Se, quindi, tutto ciò serve a prendersi una fetta più grossa della Rai, fate pure. Io la venderei. Una avvertenza: la satira funziona, in un Paese bacchettone e anarchico, ma quella di sinistra percula la sinistra. Fatece ride.
La cultura è libertà. Quella colorata è già più circense. Quella di parte è solo in parte cultura. Cosa l’autore voti o con chi (e quanti) vada a letto, sono affari suoi. Libero di raccontarcelo, ma avrà un senso se sarà difficile e doloroso, altrimenti chiamasi ruffianesimo. La cultura non ha casa né chiesa. Se provate a irreggimentarla, magari con gli Stati generali (ma non era roba francese?), sarete colti con le mani nel saccente.
L'articolo ‘A curturata proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Ministero dell'Istruzione
🌊 Oggi, 11 aprile, si celebra la #GiornatadelMare. Il Ministero sarà a Genova il 14 aprile per festeggiare, insieme a 700 studenti e alla Guardia Costiera, questo evento.Telegram
L’era dell’Intelligenza artificiale tra competizione geopolitica e ingegneria sociale | L'Indipendente
"L’uso di algoritmi sempre più sofisticati ha portato al potenziamento del cosiddetto capitalismo della sorveglianza, ossia quel capitalismo che sfrutta i dati a disposizione provenienti dal web e non solo per profilare gli utenti, osservandone gusti, criteri, tendenze, comportamenti e cercando poi di modificarli e orientarli attraverso tecniche precise. Ciò significa che la tecnologia, e il suo processo illimitato di sviluppo, non tiene conto delle reali esigenze dell’uomo, ma le induce artificialmente. Di conseguenza, essa non è più un mezzo a disposizione dell’individuo per raggiungere determinati fini, ma diventa – con la sua sola presenza – in grado di dettare fini e bisogni, in un capovolgimento di prospettiva in cui la tecnica diventa soggetto e l’uomo oggetto."
Fair weather
When we walk, side by side, like brothers
Oh, glory will stand up and whirl
Then Gabriel will blow as he never has blown before
There'll be fair weather
Together
Side by side
It will know, that hate will die, and love will win
So go forth, heroes!
Peace on earth, and good will to all
Who make it divine and so real
Plant seeds for good deeds, like the trees and of course, love will grow!
Money doesn’t fit into the scheme of things
So how can a house be built on angel wings?
Fair weather
Together
Fair weather my friend
When we walk, side by side, like brothers
Oh glory will stand up and whirl
Then Gabriel will blow as he never has blown before
There'll be fair weather
Together
Fair weather my friend
- Herbie Hancock
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Una storica nebulosa come mai vista prima | Passione Astronomia
"La Nebulosa del Granchio è parte del residuo di una supernova risalente al 1054. Al centro di questa esplosione è rimasto, invece, un corpo celeste particolarmente compatto che prende il nome di pulsar del Granchio. Si tratta di una stella che concentra circa due masse solari entro un diametro paragonabile alle dimensioni medie della città di Roma. Da questa pulsar provengono i cosiddetti ‘venti’, composti da plasma accelerato a velocità relativistiche da un campo magnetico in rapida rotazione, che generano onde d’urto nel mezzo interstellare circostante."
🎨 Quest’anno i nostri auguri sono realizzati in collaborazione con l’Istituto Comprensivo Statale Via Nitti di Roma.
La nuova arma legale degli Stati Uniti contro Cina e Russia
Il governo degli Stati Uniti ne è convinto: TikTok è un problema di sicurezza nazionale e va vietato. Il sentimento comune è che il social network di ByteDance potrebbe essere a tutti gli effetti un cavallo di Troia del governo cinese per spiare gli Stati Uniti. Come misura preventiva, già a dicembre l’installazione dell’app è stata vietata su qualsiasi dispositivo federale.
Anche l’Unione Europea si è lasciata contagiare, e la Commissione ha recentemente deciso di vietare l’installazione di TikTok sui dispositivi dati ai burocrati europei.
Fa un po’ ridere, considerando che abbiamo passato gli ultimi due mesi a discutere di palloni spia nel cielo senza che nessuno sapesse esattamente cosa farne. In ogni caso, loro ne sono convinti, e probabilmente è anche vero.
Ne sono così convinti che il 7 marzo è stata introdotta una proposta di legge pensata proprio per giustificare legalmente un eventuale divieto totale dell’app. Purtroppo, la legge rischia di fare molto di più, e potrebbero esserci implicazioni anche per noi europei.
Presto, iscriviti prima che venga vietata pure Privacy Chronicles!
Il RESTRICT ACT
Il RESTRICT ACT (Restricting the Emergence of Security Threats that Risk Information and Communications Technology Act)1, così è chiamata la proposta di legge, conferisce al Secretary of Commerce il potere di identificare e gestire rischi “inaccettabili” per la sicurezza nazionale derivanti dall’uso di tecnologie ICT controllate da “foreign adversaries”.
Una prima lista degli avversari è già inclusa nella proposta di legge:
- Cina, Hong Kong e Macao
- Cuba
- Iran
- Korea del Nord
- Russia
- Venezuela, sotto il regime di Maduro (sì, è proprio scritto così)
Il Secretary of Commerce avrà poteri pressoché illimitati. Prima di tutto, avrà il potere, in consultazione col direttore della National Intelligence, di rimuovere o inserire foreign adversaries alla lista, in base al suo giudizio.
Ministero dell'Istruzione
Con il decreto legge approvato in Consiglio dei Ministri, il Ministero ha avviato oggi un piano di assunzioni a tempo indeterminato di docenti, per l’anno scolastico 2023/2024, in attesa dello svolgimento dei concorsi previsti dal #PNRR.Telegram
Vorompatra di Marco Sommariva
Reduce da un corposo tomo che narra di distopia – Ombre dal futuro per le Edizioni Malamente –, per alleggerire un po’ il nostro spirito Marco Sommariva (scrittore genovese, classe 1963) torna in libreria per i tipi di Evoé col romanzo Vorompatra, a vent’anni dalla prima pubblicazione di questo romanzo con Sicilia Punto L. La copertina è opera del fumettista Otto Gabos, la prefazione di Piergiorgio Pulixi. @L’angolo del lettore
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New Kind of Kicks-Marzo 2023
#MastoRadio #fediradio @Musica Agorà
Cerco nei meandri più reconditi la via di fuga dalla normalità, cerco persone non allineate, cerco pensieri fuori dalla scatola e, per fortuna, ogni mese ne trovo.
Con : 3D and the Holograms, Dell’Anima Nella Serpe, Dyatlov, Gravitsapa, Heavy Mother, Itchy & the Nits, Red Mass, Hood Rats, Zoids, Josnali, Bzdet, Legume Sex, Losers Parade, Nightman, Nosferatu, Parking Lot, Poster Fantasi, Receptacles, Sarin Reaper, Teo Wise, Timber Rattle, Uma Vox, Yamamara, Wasted Pido, Zipper
iyezine.com/new-kind-of-kicks-…
New Kind of Kicks-Marzo 2023
Con: 3D and the Holograms, Dell’Anima Nella Serpe, Dyatlov, Gravitsapa, Heavy Mother, Itchy & the Nits, Red Mass, Hood Rats, Zoids, Josnali, Bzdet, Legume Sex, Losers Parade, Nightman, Nosferatu, Parking Lot, Poster Fantasi, Receptacles, Sarin Reaper…Tommaso Salvini (In Your Eyes ezine)
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Fr.#25 / Di guardie e ladri digitali
Il Garante Privacy blocca OpenAI, un commento
Lo saprete tutti: da qualche giorno chatGPT non è più disponibile per l’Italia. Il servizio è stato sospeso dopo un provvedimento del Garante Privacy contro OpenAI, la società dietro al sistema d’intelligenza artificiale.
I motivi della sospensione possono essere sintetizzati nelle seguenti violazioni della normativa privacy europea:
Diffida delle imitazioni, iscriviti a Privacy Chronicles!
- Mancanza di una informativa agli utenti e a tutti gli interessati i cui dati vengono raccolti da OpenAI
- Assenza di una base giuridica per la raccolta e conservazione di dati personali usati per “addestrare” gli algoritmi
- Assenza di un filtro per la verifica dell’età degli utenti
Il Garante ha quindi disposto la limitazione immediata del trattamento dei dati di tutti gli utenti situati nel territorio italiano. OpenAI avrà 20 giorni di tempo per comunicare al Garante le misure intraprese per risolvere le violazioni, in attesa dello svolgimento dell’istruttoria aperta.
Guido Scorza, membro del Collegio, commenta così il provvedimento di sospensione1:
Davvero si tratta di scegliere se imboccare la strada dell’innovazione o quella del rispetto dei diritti, delle libertà e della dignità delle persone ed è impossibile pensare di orientare l’innovazione in una direzione più rispettosa delle persone?
Il problema è che la risposta di OpenAI è stata molto semplice: bloccare l’accesso al servizio a 60 milioni di italiani e continuare come se niente fosse. Era la soluzione più efficiente, veloce e scontata. Tutti sapevano che sarebbe andata così.
Ma a parte la risposta di OpenAI, c’è da dire che questo è un provvedimento strano, che non capisco. È strano il suo tempismo, perché è stato qualificato come provvidimento “in via d’urgenza” ancor prima di concludere un’istruttoria. Era davvero urgente sospendere un servizio del genere per mancanza dell’informativa privacy e delle verifiche sull’età degli utenti? Perché poi ricorrere a una misura così forte? La sospensione totale del trattamento non è mai stata richiesta neanche a Google, Meta o TikTok in casi analoghi o ben più gravi. Perché per OpenAI è diverso?
Bloccare l’accesso a 60 milioni di persone crea più danni di quanti ne risolva. Anche a livello sistemico. Sembra infatti che anche altri paesi europei si stiano interessando all’esempio dell’Italia e potrebbero arrivare a bloccare OpenAI. Chi mai vorrebbe investire in UE su tecnologie controverse come l’intelligenza artificiale, sapendo che i loro servizi potrebbero essere bloccati da un momento all’altro? Il rischio imprenditoriale è troppo alto.
Noi italiani / europei potremmo davvero rimanere senza accesso per molto tempo. Con la velocità delle sperimentazioni in questo campo, perdere anche solo qualche mese significa rimanere indietro rispetto al resto del mondo. Perdere accesso del tutto sarebbe un cataclisma.
A che punto l’applicazione della legge smette di essere a tutela delle persone e diventa harakiri?
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I tedeschi se la prendono con Twitter
Pare che la Germania ora ce l’abbia con Twitter. Dopo aver perseguito Telegram adesso hanno deciso che è Twitter a non seguire le regole.
L’Internet non è un luogo senza regole, dicono. Vero, dico io, ma non è detto che le regole debbano essere quelle imposte da loro con la forza. Il Ministro della Giustizia tedesco Marco Buschmann del partito FDP (liberali) avrà sicuramente una sua personalissima idea di regole e giustizia, che grazie alla sua posizione di potere vuole imporre a qualcun altro.
Twitter oggi non piace ai liberali perché è espressione delle idee di Elon Musk, come giusto che sia. Ai liberali non piacciono le idee altrui, specie quando sono apprezzate secondo meccanismi di libero mercato e non imposte con la forza. E non è neanche la prima volta che Musk viene velatamente minacciato da qualcuno dell’Unione Europea.
Magari fra qualche mese ci servirà una VPN per connetterci anche a Twitter, oltre che chatGPT.
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Se non hai niente da nascondere, l’inc… è dietro l’angolo
E se in Europa abbiamo Autorità e legislatori che pretendono il rispetto delle regole, in Egitto abbiamo invece un esempio di come le autorità siano sempre al di fuori di ogni regola di decenza.
La notizia del giorno è che la polizia egiziana sta usando profili fake o profili reali sequestrati a utenti di Grindr per individuare e arrestare gay e altre persone LGBT.
Da qualche giorno infatti il fornitore dell’applicazione ha diffuso un avvertimento2 che non lascia molto alla fantasia:
“We have been alerted that Egyptian police is actively making arrests of gay, bi, and trans people on digital platforms. They are using fake accounts and have also taken over accounts from real community members who have already been arrested and had their phones taken. Please take extra caution online and offline, including with accounts that may have seemed legitimate in the past.”
Quale esempio migliore per ricordare a tutti che privacy e anonimato non sono solo dei vezzi, ma una protezione contro l’abuso dei più forti? Queste persone certamente non avranno nulla da nascondere, ma forse dovrebbero iniziare a farlo e preferire app in grado di tutelare i loro interessi, piuttosto che questi aggregatori che diventano facilmente degli honeypot per le autorità.
Meme del giorno
Citazione del giorno
“Government” itself does no harm, because it is a fictional entity. But the belief in “government” – the notion that some people actually have the moral right to rule over others – has caused immeasurable pain and suffering, injustice and oppression, enslavement and death.”
Larken Rose
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Collettivismo vs Privacy
Questa settimana ho letto un interessante articolo tradotto da Bitcoin in Italiano che parla di Bitcoin vs Collettivismo e mi sono detto: cavolo, questa è anche roba da Privacy Chronicles. Possibile che in questi due anni io non abbia mai dedicato un articolo specifico al tema…
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4 days ago · 8 likes · Matte Galt
https://startupitalia.eu/195521-20230401-ecco-perche-abbiamo-deciso-di-silenziare-chatgpt
STEFANO CAVANNA “IL SUONO DEL DOLORE – TRENT’ANNI DI FUNERAL DOOM”
Da qui a pensare di realizzare un volume come “Il Suono del Dolore – Trent’anni di Funeral Doom” il passo è (relativamente) breve. Buon per noi che la Tsunami abbia scelto di sposare il risultato delle sue fatiche, altrimenti non avremmo tra le mani quello che ad oggi possiamo considerare come il volume “definitivo” sul funeral doom metal.
@L’angolo del lettore
iyezine.com/stefano-cavanna-il…
Stefano Cavanna "Il Suono del Dolore" - 2023
"Il Suono del Dolore - Trent’anni di Funeral Doom" riesce ad attrarre immediatamente, finendo per incuriosire anche chi se lo ritrova tra le mani casualmente mentre sfoglia le novità in libreria.Marco Valenti (In Your Eyes ezine)
Poliverso likes this.
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